C'è chi ha capito Matrix e chi non vi è riuscito, c'è qualcosa nel film che lascia alcuni
spettatori interdetti ed altri
eccitati. Nessun franchise cinematografico ha mai chiesto tanto al suo pubblico. Il film The Matrix ci ha introdotti in un mondo in cui il confine fra illusione e realtà sfuma costantemente ed i corpi umani vengono immagazzinati dalle macchine come fonte d'energia, mentre le menti abitano un mondo di allucinazioni digitali. Neo, il protagonista hacker divenuto messia, entra nel movimento di resistenza di Zion, il quale lavora per annientare gli “agenti” che plasmano la realtà per i loro scopi inquitanti. Il sequel, The matrix Reloaded, si apre senza nessun riepilogo e presuppone una nostra padronanza della sua complessa mitologia e del cast di personaggi secondari in continua espansione. Si chiude improvvisamente con la promessa che tutto verrà chiarito nel corso della terza puntata, The Matrix Revolution. Per apprezzare fino in fondo ciò che stiamo guardando, abbiamo quindi un compito arduo da svolgere. I registi disseminano degli indizi che sembrano non avere senso ed i fan corrono stupiti dalle sale cinematografiche alle liste di discussione su Internet, dove ogni dettaglio sarebbe stato scandagliato e sarebbe stata discussa ogni possibile interpretazione. The matrix Reloaded ha battuto tutti i record di vendita del genere, guadagnando 134 milioni di dollari nei primi quattro giorni dall'uscita. Del videogame sono state vendute un milione di copie nella sola prima settimana. The Matrix è intrattenimento per l'era della convergenza mediatica. In esso molteplici testi sono integrati in una trama narrativa così complessa da non potersi dipanare attraverso un singolo medium. Ma The Matrix è anche intrattenimento per l'era dell'intelligenza collettiva. Pierre Lévy si interroga su quali tipi di opere estetiche rispondano alla domanda della cultura della conoscenza. Egli sostiene che la “distinzione tra autori e lettori, produttori e spettatori, creatori ed interpreti, si confonderà” per formare “un circuito” di espressione in cui ogni partecipante è impegnato a “sostenere l'attività” degli altri. L'opera diverrà ciò che egli chiama un “attrattore culturale”, vale a dire un prodotto che unisce diverse comunità offrendo loro un terreno comune. Possiamo anche descriverla come un attivatore culturale, poiché stimola attivamente alla sua interpretazione, esplorazione ed elaborazione. La sfida, continua Lévy, consiste nel creare opere di uno spessore tale da giustificare sforzi su larga scala: “qui si mira anzitutto ad impedire che si chiuda troppo presto, senza aver dispiegato la varietà delle sue ricche potenzialità”. The Matrix funziona chiaramente sia da attrattore che da attivatore culturale. I consumatori più interessati seguono dati disseminati su più piattaforme mediatiche ed esplorano ogni testo per avere qualche idea del mondo. Keanu Reeves ha spiegato ad un giornale: “ciò che il pubblico percepirà da Revolutions dipende dall'energia che deciderà di dedicarvi. Il copione è ricco di passaggi segreti e vicoli ciechi”. Gli spettatori ricavano ancora di più dall'esperienza se si confrontano fra loro e condividono le risorse invece di tentare di procedere individualmente. Il fenomeno The Matrix è un esempio di narrazione transmediale, ovvero una storia raccontata su diversi media, per la quale ogni singolo testo offre un contributo distinto ed importante all'intero complesso narrativo. Nel modello ideale di narrazione transmediale ciascun medium coinvolto è chiamato in causa per quello che sa fare meglio, cosicché una storia può essere raccontata da un film ed in seguito diffusa da televisione, libri, fumetti e videogiochi. Ogni accesso al franchise deve essere autonomo in modo tale che la visione del film non sia propedeutica al gioco o viceversa: ogni singolo prodotto diviene così una porta d'accesso al franchise nel suo complesso. La transmedialità comporta una profondità dell'esperienza di fruizione che aumenta la motivazione al consumo. La rindondanza, però, può far svanire l'interesse dei fan e danneggiare il franchise, mentre l'offerta di nuovi livelli di comprensione e di esperienza può rafforzarlo ed incoraggiare la fedeltà dei consumatori. Di solito il cinema e la tv si rivolgono ad un pubblico molto variegato, mentre fumetti e giochi hanno un pubblico più ristretto: un buon franchise transmediale cerca di attrarre pubblici differenziati proponendo i suoi contenuti in modo un po' diverso per ciascun medium. Ma The Matrix è anche un opera valida? Molti critici cinematografici hanno stroncato i sequel, non giudicandoli sufficientemente autonomi e coerenti. Molti critici dei giochi hanno distrutto il game perché troppo dipendente dal film e non sufficientemente attraente per il pubblico. Molti fan hanno espresso il loro disappunto perché le loro teorie sul mondo di The Matrix erano più ricche e sfumate di quello che si era visto sullo schermo. In ogni caso, al momento non abbiamo ancora a disposizione dei validi critici estetici per giudicare opere transmediali quindi, per adesso, si può dire che The Matrix è stato un esperimento con molte pecche, un fallimento interessante, ma che le sue falle non tolgono nulla al significato di quel che cercava di realizzare. Fino ad oggi sono stati davvero pochi i franchise che hanno raggiunto tutto il potenziale estetico della narrazione transmediale, gli attori mediali stanno ancora cercando, in tale direzione, la buona strada, ma non sono propensi a correre troppi rischi.</p></div></div><div><div><p><i>Che cos'è The Matrix? </i></p><p>Che cos'è che fa di una pellicola un film di culto? Non è necessario che sia ben fatto, ma deve permettere di fantasticarvi sopra. Non è necessario che sia coerente: meglio se spinge in direzioni opposte, asseconda diverse comunità e modalità di fruizione. Un film è cult se è fatto per essere citato, se è costruito su illusioni, allusioni e rimandi. Detto questo è facile pensare a The Matrix come l'emblema del cult nell'epoca della cultura convergente. Gli infiniti riferimenti presenti accendono la reazione del pubblico, catalizzano e sostengono la voglia di scoprire dei fan. Alcune allusioni emergono dallo schermo subito dopo la prima visione del film, altre si rivelano ex post, solo dopo aver parlato del film con gli amici. Ci sono inoltre molti richiami ad altro che possono risultare più chiari solo quando si assemblano i pezzi d'informazione provenienti dalle molteplici fonti disponibili, come molti altri che invece richiederebbero un esplorazione attenta del dvd fotogramma per fotogramma. Più ci si esercita nella caccia più emergono segreti che di volta in volta sembrano fornire la chiave del film, anche se la grande abbondanza di riferimenti e messaggi criptici presenti nel film rende quasi impossibile allo spettatore di penetrare nel contenuto del franchise. In questo contesto i fratelli Wachowski erano bene felici di assumersi i meriti di tutti i significati individuati dai fan e, nel contempo, facevano capire che c'era molto, molto altro da scoprire, se la comunità avesse messo in azione la sua intelligenza collettiva. Rispondevano a domande con altre domande, ad indizi con altri indizi. Ogni traccia, dal momento in cui veniva fuori, si prestava ad altre interpretazioni. Detto questo non si può che considerare che, nonostante tutte le pubblicazioni di The Matrix in dvd e la possibilità di esaminare il soggetto all'infinito, i fan più accaniti stanno ancora tentando di decifrarlo e di capirlo, mentre gli spettatori più casuali – non abituati a dedicare tanto impegno ad un film di azione – hanno concluso semplicemente che i singoli pezzi non stanno insieme. </p><p><i>Narrazione sinergica </i></p><p>Le vecchie storie di hollywood si basavano sulla ridondanza, che permetteva agli spettatori di riallacciare il filo della trama in ogni momento, anche se si distraevano e si allontanavano dallo schermo per riempire la zuppiera dei pop corn durante la scena cruciale. La nuova Hollywood ci chiede invece di non staccare gli occhi neppure per un attimo dallo schermo e, ancor di più, di giungere già documentati alla visione del film. E' probabilmente su questo punto che si basa l'incomprensione dei critici verso The Matrix: abituati a concentrarsi sulla pellicola e non sul suo apparato paratestuale, pochi di loro hanno dedicato attenzione al gioco, ai fumetti o ai corti animati e, di conseguenza, pochi hanno assorbito i dati in essi contenuti, essenziali alla comprensione del film. Comunque, anche coloro che compresero la rilevanza esplicativa contenuta negli altri testi di Matrix, sospettavano delle motivazioni più economiche che culturali dietro ad una simile scelta narrativa. E' chiaro che ci sono forti motivazioni economiche dietro la narrazione transmediale: la convergenza fra media rende inevitabile il flusso di contenuti su più piattaforme mediatiche e nella struttura dell'odierna industria dell'intrattenimento tutto è costruito in vista della costruzione e del potenziamento del franchise. Abbiamo già visto che c'è un forte interesse ad integrare intrattenimento e marketing al fine di creare forti attaccamenti affettivi che conducono all'aumento delle vendite. Il franchise The Matrix è frutto di una nuova visione di sinergia: l'impresa mediatica principale - che molto spesso è quella della produzione del film - vende ad un terzo soggetto, spesso non affiliato, i diritti per fabbricare prodotti relativi all'opera, di cui ha i diritti di sfruttamento. Le licenze, comunque, limitano l'uso di personaggi ed idee, questo per proteggere la proprietà originale. Tale sistema è quello che darà il via a ciò che gli addetti ai lavori chiamano “co- creazione”. Nella “co-creazione” le aziende collaborano fin dall'inizio per generare un prodotto in cui siano coinvolti tutti i loro settori, permettendo ad ogni medium di generare nuove modalità di consumo ed ampliare i punti di accesso al franchise. Nonostante, come appena detto, le logiche economiche dei grandi conglomerati mediatici incoraggino a pensare in termini di sinergia e franchise, i prodotti transmediali di maggior successo sono stati, fin'ora, opera di un solo creatore o controllati da un singolo settore creativo (es. Indiana Jones e Star Wars, entrambi curati attentamente dalla Lucasfilm, soprattutto per quanto riguarda gli altri prodotti immessi sul mercato, come libri e videogiochi). Nonostante i buoni propositi i media non hanno ancora raggiunto un livello di collaborazione sufficiente a garantire la creazione di prodotti attraenti. Perfino all'interno di uno stesso conglomerato è probabile che i settori siano in competizione e, tale condizione, a detta di molti, inibisce la creazione di contenuti transmediali. </p><p><i>Scrittura collaborativa </i></p><p>I conglomerati dei media hanno fornito ai fratelli Wachowski il contesto per condurre il loro esperimento estetico. La loro intenzione era quella di giocare con un nuovo tipo di narrazione e sfruttare la potenza promozionale della Worner Bros per raggiungere un pubblico vasto. I registi hanno assunto animatori e scrittori di fumetti che disponevano già di un oroprio pubblico appassionato ed erano </p></div></div><div><div><p>già conosciuti per stili e tecniche particolari. Hanno dunque inteso la co-creazione come un veicolo di espansione del loro potenziale mercato globale, coinvolgendo collaboratori provenienti da settori diversi della cultura popolare di diverse parti del mondo. Per realizzare The Animatrix, infatti, si sono serviti della collaborazione di artisti giapponesi e di altra nazionalità asiatica e nel film ricorrono spesso riferimenti importanti ai manga ed agli anime. Il cast, inoltre, si proponeva come marcatamente multirazziale: la popolazione di Zion, ad esempio, era composta da afroamericani, ispanici, sudasiatici, sudeuropei ed aborigeni. I registi si sono impegnati personalmente anche nella scenografia e nella regia del game, hanno abbozzato le scenografie di alcuni dei corti animati e collaborato ad alcuni dei fumetti. Per i fan il loro coinvolgimento collocava tutti gli alti testi nel mondo di Matrix, facendo si che fossero considerati molto più che dettagli e ornamenti della pellicola, tant'è che i fratelli W. hanno rischiato perfino di indispettire gli spettatori per aver concesso a questi elementi una parte centrale nel racconto. </p><p><i>L'arte della creazione di mondi </i></p><p>I fratelli Wachowski hanno dato vita ad uno spazio per la sperimentazione di altri artisti e l'esplorazione dei fan. Per realizzarlo i registi hanno dovuto immaginare per The Matrix un mondo così coerente da permettere ad ogni opera di costruire una parte riconoscibile del suo universo ed allo stesso tempo così flessibile da potersi dotare di diversi stili di rappresentazione. Tutte le manifestazioni del franchise sono attraversate da dozzine di motivi ricorrenti e nessun singolo formato riproduce tutti questi elementi, ma ciascuno di essi ne usa abbastanza da permetterci di riconoscere le sue parti come appartenenti ad uno stesso mondo finzionale. La narrazione è divenuta sempre più l'arte della creazione di mondi, dal momento che gli artisti creano ambientazioni affascinanti non completamente esplorabili e non concluse in un unico lavoro o su un singolo medium. Il mondo è più grande del film, e perfino del franchise, dato che le elaborazioni e le congetture dei fan lo espandono in varie direzioni. La creazione di mondi segue una propria logica di mercato, in un'epoca in cui i registi sono occupati a generare prodotti suscettibili di molte forme di sfruttamento almeno quanto lo sono nel raccontare storie. Ogni elemento interessante della storia può potenzialmente dar vita ad una nuova e differente della storia può potenzialmente dar vita a una nuova e differente linea di prodotti, come scoprì George Lucas quando creò sempre più giocattoli che riproducevano i personaggi secondari dei suoi film. Uno di essi, Boba Fett, ha goduto di vita propria, anche grazie al successo ottenuto tra i bambini, fino a conquistarsi il ruolo di protagonista di romanzi e giochi, arrivando quindi ad interpretare un ruolo sempre più centrale nei film successivi. In ogni caso, aggiungere troppe informazioni, può comportare dei rischi: i fan hanno a lungo dibattuto sull'ipotesi che sotto l'elmetto di Boba Fett fosse nascosta una donna, poiché non si era mai vista la sua faccia né ascoltata la sua voce. Tuttavia, quando Lucas stesso smentì le ipotesi, chiuse delle possibilità e fissò dei limiti importanti alle congetture dei fan, pur aggiungendo al contempo informazioni che avrebbero potuto sostenere nuove fantasie. La teorica dei new media Jane Murray ha scritto a proposito della “capacità enciclopedica” dei media digitali, che, come lei ritiene, ci condurranno a nuove forme narrative dal momento che i pubblici in cerca di informazioni attraversano i confini della singola storia. Per rendere questi momenti inventati ancora più realistici, i narratori e i lettori cominciano a creare dei “mezzi di contestualizzazione – percorsi codificati a colori, cronologie, alberi genealogici, mappe, orologi, calendari e così via”. In modo simile hanno funzionato, per The Matrix, i corti animati, il gioco e i fumetti, fornendo informazioni ulteriori e aggiungendo volta per volta le parti di mondo mancanti, in modo tale che tutto divenisse più convincente o più comprensibile. Molti critici cinematografici sono abituati a pensare in termini di strutture narrative tradizionali e sempre più spesso parlano di collasso della narrazione. Dovremmo invece diffidare di tali proclami poiché è difficile credere che il pubblico abbia realmente perso interesse nelle storie. Stiamo piuttosto assistendo all'emergere di nuove strutture narrative, che si complicano ampliando la gamma di possibilità del racconto anziché tracciare un percorso lineare con un'inizio, un centro ed una fine. Il 1999 fu l'anno in cui conquistarono il mercato film come The Matrix, The Blair Witch Project, Fight Club, ecc., e fu anche l'anno che segnò una svolta nel modo di fare cinema. Gli spettatori, infatti, abituati a media non lineari come i videogame, aspettavano una diversa esperienza di intrattenimento e, se si giudicano i film sopracitati secondo i vecchi criteri, in effetti sembrano essere più frammentati, ma è esattamente questo aspetto che permette ai consumatori di poter gestire le loro connessioni e la loro esperienza di consumo nei tempi e nei modi che preferiscono. Nonostante le sue qualità sperimentali ed innovative, la narrazione transmediale non è del tutto un'invenzione recente: prendiamo per esempio la storia di Gesù come veniva narrata nel Medioevo, oppure - per fare un esempio più recente - prendiamo i libri di Tolkien, essi imitano gli stilemi del racconto folcloristico o mitologico, generando un gruppo di storie concatenate che danno vita al mondo della Terra di Mezzo. E seguendo questa scia si arriva ai miti greci ed al loro particolare modo di essere tramandati: quando ascoltavano le storie di Ulisse le persone non avevano bisogno di spiegazioni su chi egli fosse, da dove venisse o quale fosse la sua missione, è per questo che Omero poté creare un'opera epica basandosi su frammenti e pezzi di informazione di miti preesistenti, perché sapeva che il suo pubblico, bene informato, avrebbe potuto sciogliere ogni confusione. Questo è anche il motivo per cui tanti studenti liceali faticano a capite il poema, manca loro la stessa cornice di riferimento del pubblico originale. Questa considerazione potrebbe </p></div></div><div><div><p>essere d'aiuto per capire come, un ostacolo del genere, possa essere avvertito dai loro genitori nel capire e nell'affrontare i temi dei franchise cinematografici così amati dai figli. Spesso, infatti, nelle narrazioni transmediali, i personaggi non hanno bisogno di essere introdotti, ma reintrodotti, perché conosciuti già dal pubblico per via di altre fonti. La familiarità degli utenti con questo tipo di strutture narrative, permette allo sceneggiatore di tralasciare passaggi e sequenze descrittive ed esplicative, gettandoci direttamente dentro il cuore dell'azione. The Matrix, dunque, è un'opera strettamente legata alla nostra fase storica per diversi aspetti che riguardano sia i temi che vengono affrontati, sia la maniera in cui questi vengono narrati. </p><p><i>Comprensione additiva </i></p><p>La “comprensione additiva” è il tentativo, da parte dei produttori, di dirigere o plasmare le nostre interpretazioni di ciò che vediamo, visto che non hanno la possibilità di esercitare un controllo totale su ciò che apprendiamo dalle loro storie transmediali. In alcuni film, infatti, non è un caso che vi si trovino indizi che sembrano poter aiutarci a dare un'interpretazione di ciò che abbiamo visto. I registi di Matrix sono stati fin troppo intransigenti nella loro aspettativa che il pubblico seguisse il contenuto cinematografico al di là della sala , che buona parte del risultato emotivo dei film successivi è accessibile solo a coloro che hanno giocato al gioco. I tentativi del film di tamponare i buchi della trama hanno deluso molti dei suoi grandi fan. Il loro interesse per The Matrix raggiunse l'apice a metà percorso, quando il film era ancora gonfio di possibilità interpretative. Al consumatore casuale chiedeva troppo. Al fan appassionato invece concedeva troppo poco. Un film avrebbe mai potuto combinare le aspettative crescenti della sua comunità di fan con le interpretazioni in continua espansione, e rimanere allo stesso tempo accessibile al pubblico di massa? Ci deve essere un punto oltre il quale i franchise non possono spingersi, i subintrecci non possono aggiungersi, i personaggi secondari non possono essere identificati, ed i riferimenti non possono essere colti a pieno. Ma non sappiamo ancora dove si trovi. In un insieme di siti web e liste di discussione, i fan stavano assemblando informazioni, seguendo allusioni, ricostruendo le catene di comando, costruendo cronologie, scrivendo guide di riferimento, trascrivendo dialoghi, espandendo la storia con la loro fan fiction, e discutendo come matti sul significato del tutto. La profondità e l'ampiezza dell'universo di The Matrix rendeva impossibile per ogni singolo spettatore “capirlo” fino in fondo, ma l'emergere delle comunità del sapere garantiva al gruppo in quanto collettività di scavare più a fondo in questo testo infinito. Presto questi principi transmediali e ipertestuali si applicheranno anche alla fiction di qualità destinata ad un pubblico adulto, mentre le soap, caratterizzate per tradizione da complesse relazioni tra personaggi e trame serializzate, potranno facilmente espandersi dalla televisione ad altri media. Si possono immaginare gialli in cui si chiede ai lettori di scovare gli indizi lungo un percorso multimediale, oppure fiction storiche basate sulla comprensione additiva attivata da più testi per rendere vivo il passato. Quest'impulso transmediale batte nel cuore di ciò che il libro chiama cultura convergente. La cosa fondamentale è che, anche in uno scenario come questo, il livello di intensità del consumo dovrà rimanere un'opzione, una scelta dei fruitori, e non l'unico modo di intrattenersi con i franchise mediatici. Alcuni consumatori, infatti, si divertono a partecipare alla comunità del sapere on line e ad ampliare la loro conoscenza personale, combinandola con l'intelligenza collettiva del gruppo; altri, invece, hanno semplicemente voglia di mettersi seduti e guardare.