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Francesco Cassata
Rigenerare la razza: la via italiana all’eugenica
Se è giusto considerare che la radice di certi mali non si sopprime con la morte
di pochi malvagi, è pur vero che i delitti hanno scemato di intensità e ferocia in
questi ultimi secoli anche in grazia della pena di morte, distribuita allora in così
larga copia e con tanta pubblicità; che se avrà contribuito per qualche quota a
nuovi delitti collo spirito di imitazione e coi feroci pubblici spettacoli, deve pur
averne scemati moltissimi altri, prevenendo radicalmente ogni devazione, ogni re-
cidiva ed eredità nei delinquenti, facendo insomma quello che fece la natura,
quando, colla selezione della specie, dagli esseri più inferiori, giunse a darci il gran-
de dominatore del globo.7
Nella capitale britannica, Raffaele Garofalo non presenta una relazione spe-
cifica, ma compare come membro onorario del comitato organizzatore del
congresso, a testimonianza di quanto l’eugenica sia importante per la scuola
positiva di diritto penale. Fin dal 1885, infatti, il giurista ha sostenuto a gran
voce la custodia in manicomio criminale a tempo indeterminato per gli au-
tori di delitti contro le persone, allorché «per la precedenza di altri reati, per
degenerazione ereditaria e per un insieme di caratteri psichici ed antropologi-
ci spiccati, si possa presumere che il reo sia un imbecille morale o delinquen-
te istintivo »12. Allo stesso modo, per Garofalo, è innanzitutto la necessità di
una protezione eugenetica a giustificare il ripristino, nel codice penale, della
pena di morte, la quale, nel passato, avrebbe avuto il merito di «rendere im-
possibile la prolificazione dei delinquenti, e di tramandarcene quindi un nu-
mero minore»13.
Anche nel caso di Niceforo, l’eugenica si inserisce a corollario di una ri-
flessione sulle cause antropologiche – tanto ereditarie quanto ambientali – del-
l’inferiorità della «razza meridionale» e delle classi povere – intrapresa a par-
tire dagli ultimi anni dell’Ottocento14. Per lo statistico, la debolezza biologica
è la principale causa dell’inferiorità socioeconomica: «Gli individui delle clas-
si inferiori presentano, al confronto con i soggetti delle classi superiori, uno
sviluppo minore della statura, della circonferenza cranica, della sensibilità, del-
la resistenza alla fatica mentale, un ritardo nel momento in cui la pubertà si
manifesta, un rallentamento nella crescita, un numero più grande di anoma-
lie e di arresti dello sviluppo»15. Sono dunque le caratteristiche biopsichiche de-
gli individui il motore del ricambio sociale: i più dotati tendono a concentrarsi
nelle classi superiori, mentre i deboli o tarati inevitabilmente discendono nel-
la scala sociale. Intesa come « antropologia delle classi sociali », l’eugenica,
secondo Niceforo, deve allora contribuire a facilitare il naturale movimento
delle « molecole » sociali: verso l’alto per quelle superiori, verso il basso per
quelle inferiori16.
Tra i delegati italiani a Londra, Giuseppe Sergi, che diverrà nel 1913 il
presidente del primo Comitato italiano per gli Studi di Eugenica, è il solo ad
aver conosciuto personalmente Francis Galton: nel 1886, durante una visita a
Roma dello scienziato britannico. Era poi stato ospite nella sua casa londinese
e lo aveva rivisto in occasione di successivi soggiorni romani, l’ultimo dei
quali nel 190317. Oltre che alla conoscenza delle teorie di Darwin e Galton e,
in generale, della cultura scientifica anglosassone, l’avvicinamento di Sergi ai
temi dell’eugenica può essere ricondotto alla sua specifica trattazione del
problema della degenerazione, a cui è dedicato un celebre saggio del 188918.
Definita la degenerazione come una forma di « adattamento inferiore », una
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bilire con sicurezza che l’eredità umana proceda secondo il concetto di Men-
del »23. Allo scetticismo di Sergi circa il rischio di eccessive generalizzazioni
« mendeliste » non è estranea la sua definizione di eugenica come di una di-
sciplina sospesa fra biologia e sociologia, incentrata sul ruolo dell’ambiente nel-
le trasformazioni ereditarie e sulla centralità dell’«educazione»24. Lo stesso con-
cetto positivistico di progresso è chiamato a giustificare il potere eugenetico
dell’educazione: «Noi dobbiamo concedere un qualche valore al potere edu-
cativo, se l’educazione sarà razionale e sotto la guida della biologia e di quel-
la genetica di cui finora noi sappiamo molto poco e di cui si danno interpre-
tazioni varie secondo teorie differenti»25.
L’ambientalismo sociologico di Sergi si propone, tuttavia, non come alter-
nativa, ma come completamento dell’eugenica “negativa”: « Non basterà eli-
minare gli elementi umani che portano tare ereditarie patologiche e degene-
rative in qualunque modo tale eliminazione si faccia; ma è necessario anzitut-
to aver cura degli elementi sani della razza»26. Non a caso Sergi dichiara, nel
1914, l’inutilità sociale dell’«educazione dei deficienti»: «Il pericolo non è im-
maginario; perché i deficienti sono la semenza da cui nascono i criminali, le
prostitute, gli squilibrati, i pazzi e i pazzeschi, i vagabondi e i mendicanti»27.
Una posizione drastica, che attirerà subito le accuse di crudeltà da parte di
Paolo Mantegazza28, ma anche di un altro eugenista al fianco di Sergi a Lon-
dra: il celebre psichiatra Enrico Morselli. A Morselli, fondatore della «Rivista
di filosofia scientifica» e illustre esponente della psichiatria antropologica ita-
liana, si deve un’interpretazione originale dell’eugenica, incentrata sostanzial-
mente su due elementi: da un lato, la centralità metodologica ed epistemolo-
gica della psichiatria nella nuova disciplina fondata da Galton; dall’altro, il suo
legame intrinseco con la «dottrina delle razze». Intervenendo al congresso di
Londra, Morselli sottolinea, innanzitutto, il ruolo determinante della psico-
logia nel pensiero eugenetico, a fianco della biologia e della sociologia29. Alla
psichiatria spetta infatti il compito di analizzare e spiegare il problema capi-
tale dell’eugenica, ovvero quello dell’«eredità patologica nelle famiglie»30. Al
mendelismo, pervaso – nel pregiudizio nazionalistico morselliano – dalla
« mentalità germanica sempre affetta da metafisicheria »31 e soprattutto inca-
pace di spiegare le cadenze ereditarie delle grandi patologie mentali, Morselli
preferisce la « teoria della degenerazione » di Bénédict-Auguste Morel: « In
sostanza – scrive Morselli – l’Eugenica deriva dalla dottrina moreliana. [...]
L’esogenesi dei morbi non è soltanto individuale: diventando, per mezzo della
trasmissione ereditaria, endogenesi, essa si fa collettiva»32. Nella legge di Morel
vi è tutta «la essenza della Eugenica», non solo nei suoi aspetti scientifici, ma
anche in quelli politico-sociali: se Morel pensava, infatti, a « un piano ben
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citamente, nel 1896, di aver assunto in larga parte la «dottrina della eterogeneità
sociale» dagli scritti di Otto Ammon e di Georges Vacher de Lapouge49, espo-
nenti di rilievo del darwinismo sociale di fine Ottocento. Tuttavia, pur mani-
festando il proprio debito intellettuale nei confronti dell’anthroposociologie,
l’economista ne respinge le tipologizzazioni e gerarchizzazioni razziologiche,
ritenendo il concetto di razza privo di un adeguato grado di scientificità.
Quando si discorre di razza latina, germanica, ecc. – afferma Pareto nel Cours –
si utilizza un’accezione etno-linguistica del termine “razza”, la quale non ha
alcun significato dal punto di vista zoologico. Agli stessi anni risale, non a ca-
so, la polemica con Cesare Lombroso, al quale Pareto, pur riconoscendone
l’«ingegno», rimprovera la grave mancanza di «rigore scientifico», in partico-
lare per quanto riguarda l’utilizzo del concetto di razza50.
Per Pareto, dire « che esistono nelle società uomini che possiedono certe
qualità in misura più eminente di altri e dire che esiste una classe di uomini
assolutamente migliori del resto della popolazione non è già la stessa cosa»51.
L’eterogeneità sociale non comporta una gerarchizzazione razziale, ma alimenta
un complesso meccanismo di “selezione sociale”, che risulta anch’esso forte-
mente debitore nei confronti del pensiero di Ammon e Lapouge. Nel discor-
so paretiano, la selezione è una condizione necessaria alla preservazione degli
organismi vitali. Ogni società comprende, infatti, «elementi non adatti alle sue
condizioni di vita »52 e se l’azione di questi elementi non è contenuta entro
certi limiti, «la società è annientata»53. Tre sono le possibili misure, di effica-
cia decrescente, utili a evitare un simile pericolo: primo, «sopprimere gli ele-
menti inadatti »; secondo, « impedir loro di nuocere, sia incutendo il timore
della conseguenza dei loro atti, sia togliendo loro la libertà di agire, sia anche
mettendoli fuori della società temporaneamente o definitivamente»; da ulti-
mo, «emendarli e modificare la loro natura»54.
La soppressione degli elementi di qualità inferiore, «largamente adottata da
allevatori e coltivatori»55, presenta un’«efficacia incontestabile», ma risulta, nel-
l’ottica di Pareto, inapplicabile alle società umane, non soltanto per gli «abusi
spaventosi» che deriverebbero dalla sua adozione, ma soprattutto perché essa
contraddice quei «sentimenti d’altruismo e di pietà, che è indispensabile svi-
luppare perché la società sussista e prosperi ». Alla selezione diretta occorre
pertanto sostituire la selezione «indiretta»: vi sono infatti, secondo Pareto, «pa-
recchi mezzi, disgraziatamente molto imperfetti, con cui gli elementi infe-
riori sono eliminati ». Sull’efficacia selettiva della legislazione penale (pena di
morte, esilio o schiavitù per i criminali) e della guerra, Pareto, prendendo le
distanze da Ammon e Lapouge, manifesta alcune riserve. La « selezione più
importante» sarebbe invece compiuta dai differenziali riproduttivi delle clas-
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si sociali. Dal punto di vista «qualitativo» – afferma infatti Pareto – una «mor-
talità elevata, soprattutto dell’infanzia, sopprime in gran numero gli indivi-
dui deboli e mal formati »56. Inoltre, nella specie umana, la « mortalità degli
adulti sopprime molti individui che non hanno abbastanza padronanza di se
stessi per resistere a inclinazioni viziose, almeno spinte fino a certi eccessi »:
un uomo debole di carattere diviene più facilmente un alcolizzato, acceleran-
do così «la sua degenerazione e quella dei suoi discendenti». Sul piano quan-
titativo, la selezione demografica ha in più il vantaggio di agire su un nume-
ro molto elevato di individui e la sua efficacia è chiaramente dimostrata,
secondo Pareto, dall’effetto immunizzante di alcune patologie57.
Il fulcro del discorso paretiano risiede nel tentativo di conciliare l’istanza
selettiva con il sentimento «umanitario»:
Il problema da risolvere è il seguente: anzitutto, v’è qualche mezzo per far dimi-
nuire, ridurre al minimo il numero delle nascite di individui disadattati alle con-
dizioni della vita sociale ? In seguito, se non si può far diminuire il numero di que-
ste nascite, se l’aumento del numero di questi individui diventa un pericolo per
la società, come eliminarli, con un minimo di errore nella lora scelta e di soffe-
renze da infligger loro, e senza troppo urtare i sentimenti umanitari, ch’è utile
sviluppare?58
Sembra molto probabile che la selezione rigorosa che avviene nelle classi inferio-
ri, soprattutto pei bambini, abbia un’azione delle più importanti. Le classi ricche
hanno pochi bambini e li salvano quasi tutti; le classi povere hanno molti bam-
bini e perdono in gran numero quelli che non sono particolarmente robusti e
ben dotati. È la stessa ragione per cui le razze perfezionate degli animali e delle
piante sono molto delicate, in paragone alle razze ordinarie.72
Dal punto di vista paretiano, sbagliano sia coloro (gli «etici») che vorrebbero
persuadere le classi sociali più elevate ad avere più figli, sia coloro (gli «umani-
tari») che vorrebbero ridurre la mortalità infantile fra le classi sociali più basse.
Entrambe le soluzioni finirebbero per alterare il perfetto equilibrio eugene-
tico della circolazione delle élites73.
A differenza di Ammon e Lapouge, per Pareto le classi sociali più basse non
rappresentano una minaccia per le aristocrazie, ma costituiscono piuttosto il ser-
batoio cui attingere per la continua formazione delle élites: le classi inferiori, e
in particolare le «classi rurali», sono «il crogiuolo nel quale si elaborano, nel-
l’ombra, le élite future. Esse sono come le radici della pianta, di cui l’élite è il
fiore. Questo fiore passa e appassisce, ma è subito rimpiazzato da un altro, se le
radici non sono intaccate»74. L’esperienza dimostra, infatti, che presso gli strati
inferiori esistono individui maggiormente dotati di quelli delle classi superiori:
«Chiunque abbia un po’ frequentato gli operai sa che s’incontrano tra di loro
individui ben più intelligenti di quel tale o tal altro scienziato onusto di titoli
accademici»75. E questo dato – sottolinea polemicamente Pareto – rende piut-
tosto inattendibili le statistiche di de Candolle e di Galton sulle genealogie de-
gli uomini di genio. Nel tentativo di spiegare la provenienza di «elementi di
prim’ordine» dalle classi rurali, Pareto introduce un’ipotesi biologica destinata
a notevoli fortune nell’eugenica italiana: «Può darsi che il fatto stesso che le clas-
si rurali sviluppano i loro muscoli e lasciano riposare il loro cervello abbia pre-
cisamente l’effetto di produrre individui che potranno lasciar riposare i loro mu-
scoli e fare lavorare eccessivamente il loro cervello»76. Di conseguenza, ostacola-
re il processo di circolazione delle élites, attraverso l’introduzione di una rigida
suddivisione castale, non può che condurre alla «decadenza»77.
Al First International Eugenics Congress di Londra non sono pochi gli in-
terventi italiani che, pur muovendo in alcuni casi da posizioni ideologiche so-
cialiste, rivelano una chiara influenza paretiana. L’esempio più limpido è in-
dubbiamente rappresentato dall’economista Achille Loria, il quale – ripren-
dendo le critiche mosse, negli anni precedenti, all’antroposociologia di Otto
Ammon –78 contesta la corrispondenza fra élite economica ed élite biolo-
gica79. Proprio sul principio della non coincidenza tra diseguaglianza econo-
mica e diseguaglianza biologica deve, secondo Loria, fondarsi un’eugenica
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In primo luogo, una forza di volontà che consente loro di dominare i caratteri più
deboli; in secondo luogo, una superiore capacità di comprensione, che impone
il rispetto; una profonda, “catoniana” dote di convincimento, una forza delle idee
che spesso confina con il fanatismo e che, per la sua intensità, suscita l’ammira-
zione dei seguaci; una sicurezza di sé spinta fino al punto della presunzione, che
comunque ha il potere di essere comunicata alla massa; in certi rari casi, infine,
la bontà di cuore e il disinteresse.82
Selezionando una forma di superiorità non legata al reddito, ma alle doti fisi-
che e psicologiche, l’organizzazione di partito svolge così una duplice funzio-
ne eugenetica: in primo luogo, garantisce l’ascesa sociale dei self-made men dal-
le classi lavoratrici ai ruoli di leadership del movimento operaio; in secondo
luogo, favorendo l’affermazione dei leader socialisti, alimenta indirettamente
la realizzazione di una politica sociale più efficace sul piano eugenetico, in
quanto tesa a ridurre le diseguaglianze economico-sociali e a ristabilire «la lot-
ta per la vita su basi più sane e naturali, permettendo ad un più ampio numero
di uomini di occupare nella società il posto, a cui le speciali e innate qualità,
l’intelligenza e l’energia danno loro in un certo senso diritto»83.
Proprio a Pareto Michels dedica, inoltre, la raccolta di saggi intitolata Pro-
blemi di sociologia applicata – pubblicata in tedesco nel 1914 e in italiano nel
1919 – il cui primo capitolo è specificatamente dedicato all’eugenica. Il prole-
tariato (o meglio il «popolo»), per la sua consistenza numerica e per le «tristi
condizioni biologiche in cui esso si trova», deve essere, secondo Michels, l’og-
getto specifico di studio e di intervento dell’eugenica. Frutto di una sintesi fra
biologia ed economia politica, l’eugenica ha di fronte a sé il cruciale compito
di capire fino a che punto l’inferiorità delle classi povere derivi da una «gra-
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Come nel Sesso, anche in questo articolo la causa della «minore attività ripro-
duttiva » dei ricchi rispetto ai poveri viene attribuita alla « minor forza del-
l’istinto sessuale»: questa conclusione – afferma lo statistico – starebbe «bene
in armonia coi dati della biologia, della zootecnica e della medicina, i quali ci
mostrano come le funzioni sessuali sieno favorite, nelle specie superiori, da una
vita di affaticamento fisico e si manifestino, nelle specie inferiori a generazio-
ne alternante, sotto lo stimolo di condizioni sfavorevoli di ambiente»91.
Dopo aver descritto il diverso accrescimento delle classi sociali come «una
legge biologica valida per tutte le società umane»92, Gini elenca le possibili con-
seguenze applicative della propria acquisizione. Innanzitutto, la paretiana cir-
colazione delle élites ne risulta sostanzialmente confermata, per quanto Gini
preferisca attribuirle il nome di «ricambio sociale», poiché, sul piano demo-
grafico, alla corrente ascensionale non corrisponderebbe una parallela corren-
te discensionale. Anche dal punto di vista eugenetico, le indicazioni di Pareto
vengono ribadite da Gini, in polemica diretta con le posizioni di Karl Pear-
son: a differenza di quanto sostengono gli eugenisti britannici, le classi povere
non costituiscono infatti una minaccia biologica, ma una risorsa necessaria93.
Un’ulteriore conseguenza interessa il campo dell’antropologia: in seguito ai
meccanismi del ricambio sociale, le caratteristiche fisiche e psicologiche delle
classi più basse si estenderebbero al resto della popolazione, contribuendo al
mutamento dei suoi caratteri antropologici e culturali. Infine, sul versante eco-
nomico, Gini – basandosi su un metodo matematico che tenga conto non sol-
tanto del numero di censiti nelle varie classi di reddito o di patrimonio, ma
anche dell’ammontare del loro reddito o patrimonio – contrappone alla cur-
va dei redditi di Pareto, ritenuta costante in ogni luogo e tempo, un nuovo in-
dice che descrive, per contro, una tendenza generale alla concentrazione del-
la ricchezza: è il primo abbozzo del ben noto, ancora oggi, “indice di Gini”.
Descrivendo il diverso accrescimento delle classi sociali come una legge bio-
logica universale dalle molteplici implicazioni eugenetiche, antropologiche e
socioeconomiche, Gini si distacca dall’influenza paretiana e pone le premesse
di quel vasto programma di ricerca in campo demografico, biologico e
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Conclusioni
Note al saggio
1
Cfr., a solo titolo di esempio, Paolo Mantegazza, L’anno Tremila – Sogno, Treves, Milano 18972;
Id., Un giorno a Madera. Una pagina dell’igiene dell’amore, Salani, Firenze 1910.
2 Cfr., in particolare, Gaetano Bonetta, Corpo e nazione. L’educazione ginnastica, igienica e sessua-
le nell’Italia liberale, FrancoAngeli, Milano 1990; Claudia Mantovani, Rigenerare la società. L’eu-
genetica in Italia dalle origini ottocentesche agli anni Trenta, Rubbettino, Soveria Mannelli 2004,
pp. 87-114.
3Cfr. Bruno Wanrooij, Storia del pudore. La questione sessuale in Italia, Marsilio, Venezia 1990; Gior-
gio Rifelli, Per una storia dell’educazione sessuale, La Nuova Italia, Firenze 1991.
4
Cfr. Francesco Cassata, Molti, sani e forti. L’eugenetica in Italia, Bollati Boringhieri, Torino,
pp. 49-51.
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5Cfr., in particolare, Daniel Pick, Volti della degenerazione: una sindrome europea. 1848-1918 [1989],
La Nuova Italia, Firenze 1999; Richard A. Soloway, Demography and Degeneration: Eugenics and
the Declining Birthrate in the Twentieth Century Britain, North Carolina University Press, Chapell
Hill 1990.
6
Francis Galton, Inquiries into Human Faculty and its Development, Macmillan, London 1883.
7Cesare Lombroso, Troppo presto. Appunti al nuovo progetto di codice penale con appendici [1888],
Bocca, Torino 1889, pp. 23-24.
8 Cassata, Molti, sani e forti. L’eugenetica in Italia cit.
9
Sui progetti di schedatura, cfr. Mantovani, Rigenerare la società cit., pp. 50-51.
10Cesare Lombroso, Genio e follia in rapporto alla medicina legale, alla critica e alla storia, Bocca,
Torino 1882.
11Sulla nota polemica riguardante le “due Italie”, dal punto di vista antropologico, cfr. Vito Teti,
La razza maledetta: origini del pregiudizio antimeridionale, Manifestolibri, Roma 1993; Claudia
Petraccone, Le due Italie: la questione meridionale tra realtà e rappresentazione, Laterza, Roma-Bari
2005.
12
Raffaele Garofalo, Criminologia. Studio sul delitto, sulle sue cause e sui mezzi di repressione, Bocca,
Torino 1885, p. 449-450.
13 Ivi, p. 419.
14Sull’argomento, cfr. in particolare Bernardino Farolfi, Antropometria militare e antropologia della
devianza (1876-1906), in Franco Della Peruta (a c. di), Storia d’Italia. Annali 7: Malattia e medicina,
Einaudi, Torino 1984, pp. 1181-1222.
15
Alfredo Niceforo, The cause of the inferiority of physical and mental characters in the lower social
classes, in International Eugenics Congress, Problems in Eugenics: Papers Communicated to the First
International Eugenics Congress Held at the University of London July 24th to 30th, Eugenics Edu-
cation Society, London 1912, p. 187.
16 Ivi, p. 189.
17 Giuseppe Sergi, Francis Galton, in «Rivista di Antropologia», XVI, 1911, 1, pp. 179-181.
18 Id., Le degenerazioni umane, Fratelli Dumolard, Milano 1889.
19 Ivi, p. 204.
20 Ivi, p. 223.
21
Cfr., ad esempio, Cesare Artom, Principi di genetica, in « Rivista di Antropologia », XIX, 1914,
1-2, pp. 281-410. Sulle fasi iniziali della genetica in Italia, cfr. Alessandro Volpone, Gli inizi della
genetica in Italia, Cacucci, Bari 2008.
22 Giuseppe Sergi, Problemi di scienza contemporanea, Remo Sandron Editore, Milano-Palermo-
1912, p. 292.
35 Id., L’eugenica e le previsioni sull’eredità cit., p. 321.
36 Id., La lotta per l’etnarchia, in «Nuova Antologia», 16 gennaio 1911, n. 938, p. 232.
37
Id., Antropologia generale. L’uomo secondo le teorie dell’evoluzione, Unione Tipografico Editrice,
Torino 1911, p. 1335.
38
Id., Progresso sociale ed evoluzione, in «Rivista italiana di Sociologia», XV, 5, settembre-ottobre
1911, p. 528.
39 Id., Antropologia generale cit., p. 1336.
40 Id., L’eugenica e le previsioni sull’eredità cit., p. 331.
41Id., Problemi di psicopatologia applicata. È socialmente utile l’educazione dei frenastenici?, in «Qua-
derni di Psichiatria», II, 5, maggio 1915, pp. 223-231.
42 Charles Richet, La sélection humaine, Alcan, Paris 1919.
43
Enrico Morselli, L’uccisione pietosa (l’eutanasia) in rapporto alla medicina, alla morale e all’euge-
nica, Bocca, Torino 1923.
44Vilfredo Pareto, Cours d’économie politique, F. Rouge, Lausanne 1896-97, voll. I-II [ed. utilizzata
Boringhieri, Torino 1961].
45Id., Les systèmes socialistes, Giard & Brière, Paris 1901-02, voll. I-II [ed. utilizzata Utet, Torino
1974].
46 Id., Manuale di economia politica, Società Editrice Libraria, Milano 1906 [ed. utilizzata EGEA-
50 Cfr. Id., L’uomo delinquente di Cesare Lombroso e Polemica col Prof. Lombroso, in Id., Écrits
sociologiques mineurs, a c. di Giovanni Busino, Droz, Genève 1980, pp. 111-125.
51 Id., Corso cit., p. 392.
52 Id., I sistemi socialisti cit., p. 541.
53 Ibid.
54 Ibid.
55
Ivi, p. 542.
56 Ivi, p. 545.
57
Ivi, p. 546.
58 Ivi, p. 554.
59 Ivi, p. 559.
60
Id., Corso cit., p. 394.
61 Id., I sistemi socialisti cit., p. 561.
62
Ivi, p. 559.
63 Cfr. Gustave de Molinari, La viriculture, Guillaumin et Cie, Paris 1897.
64 Pareto, I sistemi socialisti cit., p. 561.
65Id., Epistolario. 1890-1923, a c. di Giovanni Busino, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1973,
vol. I, lettera di V. Pareto a G. Prezzolino, 17 dicembre 1903, p. 507. Cfr. anche Id., Manuale cit.,
p. 302 (con riferimento ad Ammon e Lapouge) e Id., I sistemi socialisti cit., p. 131 (con riferimento
ad Ammon).
66
Id., Corso cit., p. 416.
67 Id., I sistemi socialisti cit., p. 133.
68 Ivi, p. 342.
69 Id., Corso cit., p. 397.
70 Ivi, p. 416.
71
Ibid.
72 Pareto, I sistemi socialisti cit., p. 134.
73
Ivi, p. 135.
74 Ivi, p. 134.
75 Id., Corso cit., p. 396.
76
Id., I sistemi socialisti cit., p. 135.
77 Id., Corso cit., pp. 416-417.
78
Ibid.
79 Id., Èlite fisio-psichica ed élite economica, in International Eugenics Congress, Problems in Eugenics
cit., p. 177.
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80 Ivi, p. 178.
81Ivi, p. 179. Nel corso del Congresso, la posizione di Loria suscita l’approvazione del filosofo anar-
chico Kropotkin.
82Roberto Michels, Eugenics in party organisation, in International Eugenics Congress, Problems
in Eugenics cit., pp. 234-235 (la trad. dall’inglese è mia).
83 Ivi, p. 237.
84 Id., Problemi di sociologia applicata, Bocca, Torino 1919, p. 4.
85 Ivi, p. 14.
86 Ibid.
87Alla tesi viene assegnato, nel 1907, il premio Vittorio Emanuele per le scienze sociali e politi-
che, presso l’Università di Bologna.
88
Corrado Gini, Il sesso dal punto di vista statistico. Le leggi della produzione dei sessi, Remo Sandron,
Milano-Palermo-Napoli 1908, p. 454.
89 Ivi, pp. 458-459.
90
Id., Il diverso accrescimento delle classi sociali e la concentrazione della ricchezza, in « Giornale
degli Economisti », s. II, vol. 37, gennaio 1909, p. 35.
91 Ivi, p. 37.
92 Ivi, p. 33.
93 Ivi, p. 38.
94 Id., I fattori demografici dell’evoluzione delle nazioni, Bocca, Torino 1912.
95
Id., Contributi statistici ai problemi dell’Eugenica, in «Rivista italiana di Sociologia», anno XVI,
maggio-agosto 1912, p. 385.
96 Ivi, p. 381.
97
Ivi, p. 383.
98 Ivi, p. 384.
99
Ivi, p. 385.
100 Ivi, p. 370.
101
Id., I fattori demografici dell’evoluzione delle nazioni cit., p. 107.
102 Ibid.
103
Ivi, p. 139.
104Cfr. Atti del Comitato Italiano per gli Studi di Eugenica, in « Rivista di Antropologia », XVIII,
1913, pp. 543-546.
105Cfr. Ivi, pp. 550-552. A ogni socio, in particolare, viene inviata una circolare in cui si richiede
di inserire le proprie pubblicazioni all’interno di una schema bibliografico predefinito, suddiviso
in “eugenica teorica” ed “eugenica applicata”, e di trasmetterne copia all’indirizzo universitario
di Corrado Gini a Padova.
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