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STORIA DEL COSTUME

La maggior parte delle informazioni sull’abbigliamento antico


sono state ricavate da fonti indirette, come dipinti e scritti.

Anticamente la tessitura coinvolgeva tutta la famiglia, ed era


un’occupazione di prestigio. Anche nell’antica Grecia l’arte del
tessere non solo non era considerata un lavoro da umile artigiano,
ma addirittura le divinità venivano ritratte durante la tessitura.
Omero, nell’Iliade, descrive la dea della saggezza come una
tessitrice orgogliosa per l’eccellenza dei suoi prodotti.

L’evoluzione delle espressioni artistiche della civiltà ellenica, è


divisa con riferimenti a importanti eventi storici in tre periodi:
• ARCAICO (700 a.C. - 480 a.C.) - la civiltà sente ancora le
conseguenze delle delle civiltà passate, quindi non sente la
propria personale visione del mondo;
• CLASSICO (480 a.C. - 323 a.C.) - corrisponde con il maggior
splendore di Atene;
• ELLENISTICO ( 323 a.C. - 30 d.C.) - periodo di decadenza
politica.

L’arte greca, rispetto alle precedenti (ex. Mesopotamia), fu meno


simbolica, meno ieratica e meno spiritualista, ma più quotidiana e
umana.
Il gusto greco, in confronto a quello Orientale, appare più gentile e
misurato, presentando precisi caratteri di originalità.
Nell’Antico Egitto, erano gli uomini ad occuparsi della tessitura,
perchè essa era considerata un compito molto importante.
MATERIALI D’ABBIGLIAMENTO
I materiali che inizialmente l’uomo usava per l’abbigliamento
erano:
• Pelle: utilizzatori cacciatori, era il materiale attraverso la quale,
oltre che per coprirsi dal freddo, potevano comunicare quelli che
erano i diversi ruoli. Iniziavano quindi ad utilizzare
l’abbigliamento per mostrare i propri ruoli.
• Lana o fibre vegetali: principalmente usate dagli agricoltori
(cardatura).

LA PITTURA VASCOLARE
Gran parte delle documentazioni che riguardano il costume greco
antico, ci sono state tramandate dalla pittura vascolare.
Generazioni di artigiani hanno realizzato vasi. Di ogni grandezza e
forma, sui quali erano riprodotti disegni di vegetali, animali e
uomini in scene di vita quotidiana ed episodi mitici.

L’ARCHITETTURA
Nell’architettura la distribuzione delle linee e dei volumi era
dosata in rapporto agli effetti che si volevano tenere. Le colonne
avevano il fusto scanalato affinché il chiaro-scuro contribuisse ad
accentuare il ritmo verticale e ad assottigliare a massa.
Tutto, nell’arte greca, era studiato secondo un ordine estetico: i
capitelli, le cornici ben profilate e finemente decorate, la distanza
tra le colonne dei templi determinate in rapporto al loro numero..
ecc.
L’insieme costituiva una fusione di elementi geometrici e
volumetrici che accontentava l’occhio e il senso di armonia.
L’architettura è in quale modo strutturata sull’essere umano. Essa
era caratterizzata da un ritmo tra le diverse scanalature che
caratterizzavano le colonne greche.
I capitelli greci
Così come nell’arte si distinguono i vari periodi che
determinarono lo sviluppo e la decadenza della civiltà greca, anche
nel costume si notano alcuni mutamenti, derivati dall’evoluzione
storica e sociale di quel popolo.
Gli ordini architettonici sono tre:

- Dorico: avevano una visione del mondo più guerriero, più


spartano. Infatti, questi capitelli erano molto semplici e
razionali. L’ordine dorico è sobrio e solenne.
- Ionico: periodo ateniese, dove inizia ad esserci la filosofia. Le
“chiocciole” sul capitello, è come se fossero un cervello in
movimento. Le scanalature sono più fisse e ferree. L’ordine
ionico che venne successivamente, è più delicato e prezioso.
- Dorico: il bello è fine a sé stesso. È molto più articolato e
decorato. Il decoro non è però portatore di significato. Questo
capitello è ispirato ad una combinazione di volute e di foglie
d’acanto.
La grande distinzione tra il popolo greco e quelli precedenti è la
presenza dell’essere umano all’interno di ogni loro pensiero.
Mentre nella mitologia orientale e quella egiziana rappresentavano
gli dei attraverso sembianze sovrannaturali, i greci diedero una
mirabile prova di fierezza elevando l’uomo all’altezza del mito. Gli
dei erano infatti rappresentati con figure umane; ad essi erano
attribuiti tutti i valori fisici e psichici dell’uomo (ex. Atena
abbigliata con abiti umani).
Il panneggio dell’abito classico nella sua doviziosa scioltezza e
semplicità costituiva uno tra i principali fattori che ponevano in
massima evidenza il bel portamento. L’abito greco, al contrario di
quello orientale, cessava di essere qualcosa di staccato
dall’individuo che lo indossava, liberandolo da quel senso di
sovraccarico dovuto all’eccessivo sfoggio di ornamenti a cui l’uomo
era sembrato fino ad allora doversi assoggettare per antica
tradizione.

PEPLO, CHITONE, HIMATION.


L’abbigliamento greco non aveva distinzioni, se non per il nome.
Gli abiti erano uguali sia per le donne che per gli uomini.
L’abbigliamento era costituito da un abito per il sopra e da un
abito per il sotto. Il peplo (dori) e il chitone (ioni) sono pressapoco
lo stesso abbigliamento; costituivano l’abito per il sotto, quindi la
tunica. L’himation era l’abito per il sopra, quindi il mantello,
definito in questo modo perchè uguale sia per i dori che per gli
ioni.
L’abito per il sotto era più a contatto con la pelle, mentre l’abito
per il sopra, il mantello, serviva per coprirsi dal freddo, quindi era
un abito funzionale. Tutto ciò che era funzionale non era
interessante, perchè non portatore di senso.
Il corpo è concepito come intero, non ci sono divisioni. Il sopra e il
sotto sono intesi come strati, non come divisioni.

PERIODO CLASSICO (480 a.C. - 323 a.C.)


A. Peplo dorico
Durante il periodo classico, che costituì l’epoca di maggiore
splendore della civiltà greca, l’abito non evidenzia più le linee
della vita e dei fianchi, ma cade sciolto sulle spalle, acquistando
forme più morbide. La semplicità d’insieme è accentuata dalla
scomparsa totale dei ricami. C’è grande familiarità con le colonne
doriche.
Nel peplo dorico l’effetto è principalmente dato dal tradizionale
risvolto del tessuto che ricade dalle spalle alla sommità delle quali
è puntato in doppio. I due lati più lunghi del telo rettangolare si
accostano sul fianco destro della persona e sono lasciati aperti per
conferire maggiore praticità all’indumento, che denota un’eleganza
più sobria ed essenziale, e la cadenza delle pieghe è verticale e
maestosa. Composto di un unico rettangolo di. Lana misurava
1,80m in larghezza e dalla spalla alla caviglia era lungo circa 45 cm
in più (risvolto) della persona che lo indossava. Il tessuto veniva
poi avvolto intorno al corpo e l’eccedenza ripiegata in alto è detta
apoptygma. In seguito la veste veniva appuntata alle spalle;
quando avanzava ricadeva in modo da creare l’illusione di una
mantellina. Spesso veniva
aggiunta una cintura, non tanto
per la funzionalità, ma per
evitare di scomporre le
scanalature che venivano ben
strutturate ogni volta che ci si
vestiva.
B. Chitone ionico
Si avvale di una maggiore scioltezza di linea dovuta soprattutto
al tessuto più fine. Infatti il tessuto di lana introdotto in Grecia
dai dori fu sostituito dal lino e dalla seta. Anche questa veste
consisteva in un unico rettangolo di stoffa, più largo di quello
usato per il peplo dorico, misurava infatti circa 3 metri e mezzo
in larghezza, mentre in lunghezza era esattamente dalla spalla
alla caviglia. La sua enorme larghezza rendeva necessario l’uso
di 8 o 10 fibule per fissarne il bordo superiore. Per questo
motivo la stoffa sulle spalle braccia veniva unita in più punti,
formando maniche lunghe fino al gomito.
Si intuisce che la differenza con il dorico è la stessa che si nota
all’interno dei capitelli, non è solo il cambio della manualità,
troviamo una certa morbidezza. Essendoci maggiore quantità
di tessuto, si riesce a dare un’idea più ampia del movimento.

PERIODO ELLENISTICO (dal 323 a.C al 30 d.C)


L’espansione del mondo mediterraneo, raggiunta dalla civiltà
ellenica, determinò una maggior diffusione della letteratura e
delle arti greche. Allo stesso tempo però tale civiltà subì
l’influsso della cultura di altri popoli. Il costume assunse
espressioni di una nuova e straordinaria raffinatezza. dall’India
giunsero tessuti leggeri come cotone e seta che incontrarono
grandissimo favore nelle donne. La leggerezza e la varietà delle
tinte dei tessuti importati, consentono fantasiosi drappeggi.
C. Himation
Le donne greche indossavano vari tipi di mantelli. l’Himation,
simile a quello maschile, si nota in tutte le epoche e differiva
soltanto per ampiezza e per il modo di indossarlo. Poteva
essere un drappo di dimensioni ridotte, appoggiato sulle spalle
come uno scialle o come un vero e proprio manto. Era
costituito da un rettangolo di stoffa di lana, in principio veniva
usato per coprire il peplo fuori dalle abitazioni. Con l’adozione
del chitone ionico, essendo più leggero, l’imatio potè essere
indossato in qualsiasi momento. Con il tempo le sue
dimensioni aumentarono, fino a raggiungere i 3 metri di
larghezza per 1,5 metri di lunghezza,
così i modi di drappeggiarlo
divennero infiniti.

1 fase: dorico
Sino dalla metà del periodo arcaico il modo più comune di
disporre il tessuto consisteva nell’avvolgerlo intorno al dorso,
farlo passare sotto il braccio sinistro facendo ricadere
l’eccedenza sul braccio destro, ed assicurandola con diverse
piccole spille.
2 fase: dorico
Verso la fine del V secolo, l’himation raggiunse il massimo
della larghezza e della complessità. Tutta la larghezza della
stoffa era fissata sulla spalla destra del chitone. Tutta la
lunghezza della stoffa era poi fatta aderire sul petto, passando
sotto al braccio sinistro per una metà, e l’altra metà intorno al
capo. Poi passava sulla schiena e sopra il braccio destro, e
nuovamente intorno al corpo.
SINTESI
La civiltà greca è legata a una concezione molto moderna
dell’uomo. Siamo in presenza del primo caso nella storia di
uomini liberi. I greci erano molto orgogliosi di se stessi, si
consideravano i migliori del mondo e pensavano che l’uomo
fosse una creatura grande e misteriosa, incline ai difetti, ma
dotata della nobiltà, dell’intelligenza e della creatività. In
particolare pensavano che il corpo umano soprattutto quello
maschile fosse bellissimo. Il loro modo di vestirsi era molto
semplice e non aveva lo scopo di nascondere ne modificare le
caratteristiche naturali. La condizione naturale dell’uomo è il
corpo nudo. Cosi gareggiavano e combattevano i migliori tra i
giovani: gli atleti di Olimpia. Da qui la base per
l’abbigliamento Occidentale.
- davano una forma all’informe, i greci attraverso loro
abbigliamento sono riusciti a dare una forma concreta al
pensiero. L’abbigliamento doveva solamente esaltare, da un
punto di vista etico; era una sorta di amplificazione di ciò
che l’uomo aveva già dentro di sé. L’abito è semplice, non
perchè non erano capaci, ma proprio perchè ciò che
dovevano rivestire, per oro era già perfetto.
Così come nell’arte, si distinguono i vari periodi che
determinano lo sviluppo e la decadenza della civiltà greca
anche nel costume si notano mutamenti derivati
dall’evoluzione storica e sociale di quel periodo. La differente
concezione della vita tra le due principali correnti etniche, i
Dori, ce si stabilirono nel Peloponneso, e gli Ioni che
occuparono l’Attiva, si manifestò con l’evolversi delle vicende
politiche e militari. I Dori, fieri pugnaci, erano portati a
concepire tutto con molta sobrietà. Gli Ioni invece popolo
dotato di più una fervida intelligenza e quindi di maggior
fantasia si abbandonavano a fogge più leziose.
La base dell’abbigliamento era costituito da rettangoli di stoffa
di lana o lino, fermati con spille e cinture. Non c’era differenza
tra uomini e donne. Quasi niente era cucito, tutto dipendeva
dal drappeggio, cioè da come si facevano scendere i tessuti
intorno al corpo. È straordinario come gli antichi greci fossero
capaci di trarre dal drappeggio effetti di grande bellezza, come
li possiamo ammirare dalla statuaria conservata in tanti musei
nel mondo. L’eleganza scultoria delle vesti pieghettate si
richiama all’effetto delle colonne dei templi: più semplice
l’abbigliamento dorico, più ricercato quello iconico, nel quale
il motivo del capitolo a volute si identifica nella fluttuante delle
vesti.
Il chitone era una semplice tunica, fino al V secolo lungo fino
ai piedi (detto podere), che sin dai tempi omerici venne
considerata la veste per eccellenza degli uomini greci. Simile
alla tunica femminile, era cucito solo su un fianco e fermato
sulle spalle da bottoni oda cucitura. In epoca classica, gli
uomini abbandonarono il lungo chitone, il quale restò
appannaggio solo dei nobili e ricchi ateniesi, che lo
continuarono ad utilizzare come elegante abito talare durante
solennità e le circostanze ufficiali, ma anche dei musicisti,
degli attori, degli aurighi e della gente di stirpe ionica. A
partire dalla metà del V secolo, fu introdotto un altro abito più
corto, il chitonikos (detto chitonia), che, molto più pratico,
arrivava poco sopra il ginocchio ed era stretto in vita da una
cintura, o anche due. FINE SINTESI.
L’abbigliamento maschile inizia ad acquisire importanza solo
nel periodo ionico. Diventa importante diversificare la
differenza tra i capi, si sente la necessità di definire, dare un
nome a diversi capi d’abbigliamento.

CHITONE (podere e chitonia), HIMATION, CLAMIDE


1. Podere (o chitone maschile)
Podere significa “lungo fino ai piedi”. Era una veste prestigiosa
indossata dagli uomini anziani e dai membri di spicco della
comunità. Differenza della versione femminile, quella maschile
era sempre cucita sui fianchi ed era allacciata in maniera
diversa. Gli uomini, presumibilmente pi attivi delle donne,
ritenevano necessario assicurare l’indumento alle spalle in
modo da essere liberi e più sicuri nei movimenti. Una striscia
molto stretta passa dietro la nuca sulle spalle poi attaccati ad
un cappio di corda dietro la nuca.

2. Chitonia (o chitone maschile)


Il chitonia era molto più pratico, arrivava poco sopra il
ginocchio ed era stretto in vita da una o due cinture. Il chitone
lungo fino alle ginocchia (chitonia), a differenza del chitone
podere, era il vestito di tutti i giorni, indossato dai lavoratori,
soldati e giovani.
Il chitone amphimachalos era allacciato su entrambe le spalle,
mentre il chitone eteromaschalos era allacciato su una spalla
sola. Del genere del’eteromaschalos faceva parte l’exomide: in
questo la parte non allacciata del vestito poteva ricadere giù ed
eventualmente in caso di necessità essere nuovamente
allacciato sulla spalla. Artigiani e servi, personaggi socialmente
ai margini della scala sociale, indossavano regolarmente il
chitone eteromaschalos ed exomide.

3. Himation clamide
La clamide, indumento esterno più corto, era una veste greca
tipicamente maschile. Indossata di solito sul chitone corto, era
adottata soprattutto dai cavalieri, dai viandanti e dai soldati in
quanto meno ingombrante dell’imatio. Anche la clamide
consisteva in un rettangolo di lana. In genere veniva
drappeggiata intorno alle spalle ed assicurata sotto la gola o
sulla spalla destra con una fibula.
Anche gli uomini indossano l’himation. Come nella versione
femminile, era costituito da un unico rettangolo di lana,
relativamente piccolo all’inizio del periodo arcaico e, in
seguito, sempre più largo. Dapprima l’imatio veniva indossato
sciolto sulle spalle. In seguito fu appuntato sotto la gola o sulla
spalla destra con una fibula, ma, già prima della metà del V
secolo, per questo indumento esterno vennero adottati
drappeggi sempre più elaborati. Veniva indossato sia sul
chitone lungo sia su quello corto, ma diversamente da quello
femminile, che spesso era portato sul corpo nudo.

Quando veniva usato come un unico indumento, moda seguita


soprattutto dai filosofi e dagli oratori, il drappeggio diventava
sempre più complesso. Una foggia diffusa, che sviluppava tutto
il corpo, era ottenuta passando il tessuto intorno al busto,
fissandone l’estremità sotto l’ascella sinistra, mentre il resto
del tessuto ricadeva, dal dietro, sulla spalla sinistra, per
ricoprire il petto ed avvolgere il braccio destro passando sulla
spalla destra, per appoggiarsi ancora sulla schiena ed infine
ricadere con un drappeggio sul braccio sinistro.
ABBIGLIAMENTO FEMMINILE ROMANO
Quando fu fondata Roma, (metà VIII secolo a.C.), in Italia si
stavano verificando due fatti: l’affermazione nelle regioni
centrali della penisola della civiltà etrusca e la fondazione nel
meridione delle prime colonie greche.
I romani non ebbero una cultura originale, però seppero
raccogliere e riassumere però le esigenze morali e artistiche di
altri popoli, dando loro un significato unitario di eccezionale
valore civile.
La civiltà si basò soprattutto sul patrimonio delle istituzioni
giuridiche e della tecnica costruttiva dell’urbanistica degli
Etruschi e sui costumi, le arti e la sapienza dei Greci.

Nel campo artistico i Romani si ispirarono ai Greci, riguardo


gli ordini architettonici e alla scultura, mentre degli Etruschi
adottarono l’arco e la volta.
I periodi di maggior significato della civiltà romana sono:
• Il periodo regio (753 al 509 aC);
• Il periodo repubblicano (509 al 29 aC);
• Il periodo imperiale (29 al 476 dC).
La leggendaria fondazione di Roma avvenne dunque nel 753
a.C., ma le nostre conoscenze sulla civiltà precedenti al
periodo repubblicano sono talmente scarse che a quell’epoca
l’importanza del popolo romano fu talmente insignificante che
il nostro studio inizia dalla prima metà del periodo
repubblicano.

I romani emularono i greci copiandone le sculture e


l’abbigliamento. Perfino l’Eneide fu un tentativo di dare al
popolo romano un equivalente dei racconti omerici. Gli
scrittori greci hanno fornito agli storici preziosissime
informazioni sull’abbigliamento e sulle abitudini sociali ad
esso connesse, ma i romani li superarono di gran lunga sia
nella descrizione dell’insieme e dei dettagli sia nel commento
sulle funzioni sociali dell’abbigliamento. Le opere di scrittori
come Livio, Plinio e Svetonio con le loro dettagliate
descrizioni di fogge, metodi di tessitura e significato sociale di
ogni tipo di abito eliminando ogni nostra incertezza.

Anche il costume dei romani come quello dei greci era


composto da due capi fondamentali: la tunica e il mantello;

• Indumenta erano le vesti che i romani infilavano dalla testa,

• Amictus era ciò che veniva avvolto attorno al corpo.


L’ideale del periodo repubblicano era rappresentato
dall’austerità e sobrietà. Il periodo Imperiale è associato alla
ostentazione e alla decadenza. Nonostante questo mutamento
radicale l’influenza greca sull’abbigliamento non subì scosse e
rimase sostanzialmente inalterata.

INDUMENTA (TUNICA), AMICTUS (MANTELLO)

L’elevato senso del dovere e la severa disciplina che regolava la


vita civile e militare, ispirata a concetti di alto contenuto
morale, portarono il cittadino romano a considerare
l’abbigliamento come un elemento fondamentale per porre in
evidenza i valori individuali.

Nei tessuti impiegati per le vesti, avevano grande importanza la


lana e il lino; il cotone e la seta erano prodotti di importazione
molto costosi perciò impiegati solo eccezionalmente.
Il fiocco di lana era trasformato in filato e poi in tessuto con
procedimenti domestici e rudimentali. Il filato intrecciato dava
origine a stoffe grezze di forma quadrangolare le cui modeste
dimensioni erano determinate dalle scarse possibilità offerte
dai primi telai disposti verticalmente.

Pertanto le vesti, che inizialmente erano confezionate con


stoffe grezze, assunsero, di pari passo con il progredire della
vita sociale, un aspetto sempre più ricercato. Le vesti dei
romani si presentano semplici e solenni nello stesso tempo.
Nel corso dei secoli, dal periodo repubblicano a quello
imperiale, pur mantenendo gli stessi caratteri, questi
indumenti subirono una evoluzione nell’impiego,
nell’ampiezza, nella qualità dei tessuti, negli ornamenti e nella
definizione della nomenclatura.

I Romani primitivi

Risulta che i Romani primitivi vestissero in modo molto


semplice: con un’unica stoffa si cingevano i fianchi formando
una sorta di perizoma, oppure con un telo di dimensioni più
ampie, piegato in doppio e appoggiato sulle spalle o su una
spalla sola, formando un mantello succinto, molto simile alla
trabea etrusca. I re romani indossavano una trabea più ricca, di
colore bianco e decorata con bande porporine.
trabea

Come nell’arte, così anche nei costumi, Roma subì l’influsso


greco, il quale prevalse ben presto su quello etrusco.
La tunica era il capo d’abbigliamento più semplice e più
pratico, indossato con lievi varianti da tutti. Ma l’indumento
originale, che distingueva maggiormente i romani rispetto agli
altri popoli, era la toga: un mantello costituito da un ampio
tessuto di lana bianca che veniva avvolto e drappeggiato sulla
persona in modo da conferire alla stessa un aspetto improntato
alla massima austerità.

INDUMENTA (TUNICA)

Le donne, in epoca arcaica, indossavano la tunica, di foggia


maschile, differenziato solo dalla posizione della cintura, che le
donne mettevano più in basso. Successivamente adottarono un
abbigliamento più “adatto” all’indole femminile, composto da
una tunica senza maniche, che fungeva da sottoveste e stola.
TUNICA E STOLA

Le matrone ponevano talvolta un’altra veste, molto simile alla


tunica, ma più ampia e lunga fino ai piedi, chiamata STOLA.

La stola era appunto un’altra


tunica più ampia e più lunga,
dall’aspetto più ricercato
della tunica e assumeva il
ruolo di sopravveste. La stola
poteva essere con o senza
maniche; se aveva le maniche,
esse erano corte e
solitamente aperte nella parte
superiore, dove venivano
agganciate con fermagli o
cammei, disposti a intervalli
regolari seguendo gli esempi
ellenistici.

La stola era talvolta decorata con strisce verticali, dette clavi,


oppure con una larga fascia o balza ricamata sull’orlo inferiore.

La stola veniva stretta sulle spalle con dei cammei, solitamente


veniva stretta sotto il seno o alle anche, usando lacci o cinture,
che davano origine ad un largo rimbocco tutto intorno al
corpo.

Si presume che alla stola venisse applicato un lembo


aggiuntivo di stoffa che, fissata sotto la cintura, si prolungava
sul dietro, assumendo una sorta di strascico. Questo lembo
pare abbia avuto, in origine, lo scopo di nascondere i talloni.
L’abbigliamento era completato con un manto di dimensioni
contenute, oppure dall’ampio mantello femminile
corrispondente alla toga, ed era chiamato palla, che le matrone
romane drappeggiavano sapientemente in modo da accrescere
la maestosità naturale del loro portamento.
LA CINTURA

Una cintura utilizzata per il costume femminile, era la zona,


simbolo della loro verginità. Essa era girata attorno ai fianchi e
non doveva essere slacciata se non dallo sposto.

Il cingulum era la cintura delle donne sposate, si portava sotto


il seno, e per ragioni di salute doveva essere tolta durante la
gravidanza.

MANTELLO PALLA

L’abbigliamento era completato con un manto di dimensioni


contenute, oppure dall’ampio mantello femminile,
corrispondente alla toga ed era chiamato palla. Quest’ultima è
una derivazione greca, formata da un unico rettangolo di
tessuto di lana, in genere grezza.
Questo mantello in origine veniva ripiegato
proprio come la toga, con il tessuto che ricadeva
davanti, dalla spalla sinistra fino ai piedi,
passando attraverso la schiena sotto l’ascella
destra.
Più tardi, esso avvolse tutto il corpo ed entrambe
le braccia, ma a differenza della toga era
assicurato con una fibula sopra il seno a sinistra.
Poiché vigeva la regola secondo cui le donne non
potevano presentarsi in pubblico senza coprirsi il
capo, ad esso si sopperiva con un lembo
dell’ampio mantello che veniva posto con grazia sui capelli.
PERIODO IMPERIALE

A contatto con le civiltà Orientali, la semplicità dei romani


venne gradualmente a corrompersi: si usarono ornamenti di
pasta vitrea colorata, cristalli di ambra di grani d’oro con i
quali si fecero bracciali e grossi anelli,... anche l’uso sregolato
di profumi e dei belletti si diffuse tra le classi privilegiate fino
al punto che per legge si tentò di frenare gli eccessi.

L’avvento del Cristianesimo, i cui principi propugnarono il


ritorno alla vita modesta e semplice, condusse, sul finire
dell’epoca imperiale sia pure ormai troppo tardi a una
moralizzazione del costume e alla semplificazione del vestiario.
Nel IV secolo, infatti si abbandonerà la toga e s’imporranno
all’uso generale per ragioni di praticità mantelli più sobri
come il pallio, la lacerna, la penula fino all’affermazione, quale
unico indumento, dell’ampia tunica manicata detta dalmatica.

LA DALMATICA

La dalmatica era usata sia da uomini


che da donne. D’origine dalmata, era
una veste molto semplice di varia
lunghezza, con maniche larghe e
lunghe, ma talvolta anche corte,
solitamente di tessuto bianco e senza
cintura.
TUNICA STOLA

PALLA DALMATICA
IL COSTUME ROMANO MASCHILE
LE BRACHE
A fianco della tunica e della tonache predominano intuito
l’arco della storia romana, c’erano indumenti la cui esistenza è
avvalorata dalla copiosa statuaria e da autorevoli citazioni
letterarie. Tali indumenti, per la loro praticità, erano
soprattutto diffusi fra i militari e coloro che erano costretti a
viaggiare o a svolgere lavori all’aperto; tra questi capi citiamo le
brache, che vennero in uso in epoca tarda nonostante la forte
disapprovazione di coloro che volevano mantenere l’etichetta
tradizionale e che le additavano come capo d’abbigliamento
spregevole, poiché in uso tra le popolazioni barbariche.

Vi era poi una numerosa varietà di mantelli: il


pallio, un mantello quadrangolare come
l’himation, ma meno impegnativo della toga, ma
sempre distintivo di una classe dotta secondo le
tradizioni greche, che veniva appoggiato sulla
spalla sinistra dalla quale scendeva ad avvolgere il
capo.

Clamide: mantello semplice di origine greco-


militare puntato sulla spalla destra.
Plaudamentum: ispirato alla clamide dei
militari, ma divenuto lo sfarzoso
mantello purpureo dei generali.

La penala era una pratica blusa


rotonda, con un foro attraverso il quale
si. Infilava la testa, in alcuni casi era
aperta sul davanti con un cappuccio.

INDUMENTA

Nei primissimi tempi della repubblica, gli uomini avvolgevano


una semplice fascia di lino intorno ai fianchi, che ben presto
venne sostituita dalla tunica, rielaborazione del chitone
(podere). Il modello più semplice consisteva in due pezzi, in
genere di lana e cuciti insieme. Stratto in vita da una cintura,
aveva un’apertura per la testa e due per le braccia. In realtà
questo rimase l’unico indumento degli operai, i quali spesso
indossavano tenendo fuori le spalle, per essere ben più liberi
nei movimenti.
Secondo la ben organizzata gerarchia della società romana, la
tunica, a seconda della sua confezione, rivelava il ruolo sociale
di chi la portava. Per gli uomini la tunica era una veste
estremamente semplice, serrata alla vita con una cintura o un
cordone. Poteva essere più o meno aderente, con o senza
maniche (quest’ultime erano sempre corte). Solo verso il III
secolo d.C. appariranno le tuniche talari, lunghe, di linea
semplice e severa, ma a maniche strette che arrivavano fino ai
polsi (origine orientale).

Per la gente comune, la tunica era bianca o del colore naturale


della lana. I cavalieri e i senatori portavano, applicata alla
tunica, un segno di distinzione, costituito da fasce purpuree
disposte verticalmente sul davanti: i clavi.

Tali fasce erano:

- Angusticlavius: strette per i cavalieri e sacerdoti;


- Laticlavius: larghe per i senatori.
Esse si intravedevano dall’apertura prodotta nel drappeggiare
il mantello sovrastante, la toga. Solitamente queste tuniche
decorate venivano portate senza cintura. Per ripararsi dal
freddo invece, si indossavano più tuniche.
La toga non era altro che un ibrido tra il mantello etrusco
(trabea) e l’himation greco. Toga e romano erano sinonimi; Era
ambizione del cittadino avere la toga ben panneggiata; questo
premeva soprattutto agli oratori, che dovevano presentarsi in
pubblico e che mettevano gran cura perchè non solo
l’eloquenza e gli atteggiamenti concorressero al loro successo,
ma anche al drappeggio della toga.

Quintiliano a questo proposito dona precisi consigli nella


“Istituto oratorio”, la quale ci informa che i più accurati
preparavano questo drappeggio per mezzo di pinze su moduli
di legno, in modo da ottenere pieghe ben nette e durevoli.

Ortensio disponeva in modo veramente armonioso le pieghe


della sua toga, si racconta addirittura che un giorno, volesse
processare un collega il quale, sfiorandolo in uno stretto
passaggio, aveva disordinato inavvertitamente il sapiente
drappeggio della sua veste.

La toga era quindi un grande drappo di lana, che veniva


avvolto con sorprendente maestria sulla persona. Questa
operazione richiedeva una certa abilità, per cui la toga va
considerata il capolavoro degli abiti drappeggiati nel tempo
antico. Senza la toga, divenuta ormai abito nazionale, il
cittadino romano non era ritenuto degno di apparire al
cospetto delle autorità per la tutela dei propri diritti; non
poteva esercitare alcuna pubblica funzione, né frequentare il
Foro, i tribunali, o apparire alle cerimonie civili, militari e
religiose. Il romano era fiero del privilegio a lui riservato di
indossare la toga, privilegio che agli stranieri, agli schiavi e ai
cittadini indegni era rigorosamente negato.

I diversi particolari della toga distinguevano le “classi sociali” a


cui i romani appartenevano, dapprima viene indossata sul
corpo nudo, poi con l’uso della tunica come indumento intimo,
divenne sopravveste.

In un primo tempo la toga era piuttosto ridotta:


ne abbiamo un esempio con la statua
dell’oratore (Aulo Metello, III a.C.), che può
essere considerato il punto di partenza
dell’evoluzione della toga imperiale.

Secondo alcune
interpretazioni, la toga
consisteva in un enorme
drappo di stoffa, tagliata
in forma semiellittica
pressapoco lungo tre
volte e largo due volte le
dimensioni di un uomo.
Secondo altre interpretazioni, la
toga consisteva in un enorme
drappo di stoffa, di forma
ellittica, e prima di indossarlo
veniva doppiato nel senso della
larghezza; in tal modo acquisiva
ugualmente la forma
semiellittica.

Per eseguire il drappeggio della toga sul corpo, il tessuto


veniva appoggiato, previa distribuzione della larghezza in ben
aggiustate pieghe, sulla spalla e sul braccio sinistro, con il lato
rettilineo sul collo. Un lembo della toga era perciò lasciato
cadere, per 1/3 circa della su lunghezza, sul davanti finta
raggiungere i piedi. I 2/3 del tessuto rimasto, passato sul dietro,
veniva fatto salire in modo da coprire il lato destro della
persona, sotto il braccio, che quindi restava libero. La
rimanente stoffa veniva quindi appoggiata di nuovo sulla spalla
sinistra, lasciando ricadere liberamente sul rettola parte
residua. A questo punto colui che aiutava nella vestizione, si
dedicava al ritocco, cioè alla distribuzione dei volumi e delle
pieghe, curando particolarmente i punti ai quali s’intendeva
dar maggior rilievo: umbo e sinus.

Un lembo
terminale
posato sul capo

<—

Entrambe le
spalle ricoperte

—>
1.Toga virilis
2. Angusticlavius
3. Laticlavius
4. Toga praetexta
5. Toga picta
6. Toga trabea
7. Toga pulla

TOGA PICTA

La toga picta era la veste trionfale riservata ai


generali dopo le campagne vittoriose. Di
proprietà dello stato, veniva concessa ai
generali in occasione di cerimonie particolari.
Veniva indossata con la tunica palmata come
questa era ornata di ricami d’oro, sul tessuto di
porpora. In seguito la toga pista diventò la
veste ufficiale dell’imperatore e divenne di sua
proprietà.
TOGA VIRILIS O PURA

Il modello più comune era la toga pure o


virilis. Confezionata in semplice lana
grezza, di solito di circa di 15 cm più
corta delle altre toghe. Veniva indossata
dai comuni cittadini durante le
cerimonie.

TOGA PRAETEXTA

La toga praetexta era l’indumento usato


durante le cariche pubbliche, e la
portavano magistrati, consoli, pretori e
altri ufficiali governativi. Veniva indossata
anche dai giovani nobili prima della
pubertà, prima che avessero diritto alla
toga virilis, che per un anno, in segno di
umiltà, portavano con le braccia avvolte
nelle pieghe del tessuto. La praetexta aveva
una larga fascia di porpora, che in genere
ricadeva sul davanti verticalmente. Giulio
Cesare indossava questa toga con la fascia
avvolta sul braccio.
LA TOGA CANDIDA

La toga cantina era indossata, come


suggerisce il nome, dai candidati delle
cariche pubbliche. Era identica alla toga
virilis ma il tessuto di lana veniva
candeggiato affinché perdesse il giallo
naturale. Era abitudine diffusa che i
candidati portassero la toga senza tunica
apparentemente in segno di umiltà (in
realtà come riferisce Plutarco, per mostrare
le cicatrici riportate al servizio della patria).

LA TOGA PULLA

Era nera, marrone scuro oppure grigia. In


genere era adottata dalle persone in lutto.

LA TOGA TRABEA

Era di 3 tipi:

-purpurea per chi era


consacrato alle divinità;

-di porpora e d’oro per i


regnanti nel periodo
repubblicano;

-a righe porporine e cremisi

—— ———— per gli àuguri.

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