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MODULO C

LEZIONE 1 - SCULTORI E ARCHITETTI DI IV a.C. - EPIDAURO

Nel 404 a.C. si conclude la Guerra del Peloponneso con la sconfitta di Atene la cui supremazia
durata diversi decenni nel corso del V secolo a.C. quindi si conclude. Almeno la prima metà del IV
secolo a.C. non è tuttavia un periodo di pace ma dominato da un complicato intreccio tra le
politiche delle principali città greche (poleis) e le numerose ingerenze del regno persiano. E’ un
periodo caratterizzato da un gran numero di guerre locali che si concludono nella maggior parte dei
casi più per sfinimento che con autentiche vittorie dando origine a brevi periodi di egemonie. Si
apre un periodo breve di egemonia spartana che si conclude nel 371 a.C. con la Battaglia di Leuttra
che vede la sostituzione alla precedente egemonia spartana di un breve periodo di egemonia
tebana a sua volta conclusasi con la Battaglia di Mantinea del 362 a.C. Nel frattempo sullo
scacchiere così intricato di interessi e di politiche delle poleis greche si affaccia definitivamente
anche la Macedonia, in particolare del Re Filippo II (il padre di Alessandro Magno) il quale Filippo II
riporterà una straordinaria vittoria nel 338 a.C. a Cheronea combattendo contro lo schieramento
riunito delle poleis greche che da questo momento perdono la propria autonomia. SIamo così
all’alba di un periodo completamente nuovo che chiamiamo ellenismo caratterizzato da un enorme
dilatamento dei confini geografici e culturali del mondo greco. Un allargamento che è legato anche
alla conquista operata da Alessandro Magno del mondo orientale.
La prima metà del IV secolo a.C. vede ancora l’attivarsi di una serie importante di cantieri edilizi in
Grecia delle poleis, prima cioè dello spegnersi dell’autonomia dell'indipendenza delle poleis che va
ad infrangersi contro l’ambizione di Filippo II di Macedonia e il successivo aprirsi del mondo
ellenistico determinino il progressivo spostamento dei centri propulsori dell’arte e dell’architettura
greca verso zone al di fuori dell’antica Grecia, verso oriente, la dove saranno le grandi capitali
degli ellenistici. Un cantiere importante della prima metà del IV secolo in Grecia è quello legato
alla costruzione di un nuovo tempio per Asklepios ad Epidauro. Epidauro si trova in Argolide e era
centro fin dall’età classica di un particolare culto salutare, legato alla salute e guarigione legato ad
Apollo che nell’orizzonte olimpico della religione greco-olimpica è la divinità che da la malattia ma
anche il dio che può togliere la malattia. Nel mondo greco più antico l’unica divinità legata alla
salute è Apollo. Asklepios in realtà è un uomo dotato di una grande capacità di curare l’uomo e di
guarire. Solo con il passare del tempo si trasforma in una vera e propria divinità il cui culto esplode
con una fortuna enorme soprattutto nella seconda metà del V secolo a.C. quando da prima Atene
successivamente l’Attica e poi l’intera Grecia centro-meridionale saranno afflitte dalla terribile
pestilenza che porta via per esempio Pericle. Proprio l’enorme collasso demografico causato dalla
pestilenza determina un rinnovato interesse dell’uomo nei confronti delle divinità salutari e questo
comporta tra la fine del V-IV e successivi secoli un enorme progressivo successo di questa nuova
divinità (Asklepios). Ecco allora che ad Epidauro nasce un nuovo tempio, che è anche un santuario
della medicina (tempio ospedale), che inizia ad accogliere folle di pellegrini tanto numerosi da
determinare un progressivo arricchimento delle casse di questo santuario il quale al principio del IV
secolo a.C. si dota di nuove strutture, sia di un nuovo tempio per Asklepios sia di strutture di
accoglienza per i pellegrini i quali venivano a questo santuario con la speranza di essere curati da
Asklepios in particolar modo riponevano fede in un particolare sistema terapeutico che era quello
dell’incubazio, cioè si riteneva che Asklepios comparisse durante il sonno in sogno al malato
suggerendo la terapia e la cura da seguire. I pellegrini sostavano nel santuario sotto portici in
attesa della visita in sonno di Asklepio. L’architetto del tempio è Teodoto, nome che ci è
conservato e tramandato dalle fonti letterarie ma di cui non sappiamo altro. Così come poco
sappiamo di Trasimede di Paro, scultore proveniente dall’Egeo, cui sarebbe stata affidata la
realizzazione della statua crisoelefantina raffigurante Asklepios all’interno al tempio appunto per la
divinità. Statua che ci viene non di meno descritta da Pausania che la vede ancora in posto durante
la sua visita nel corso del II secolo d.C., a distanza di centinaia di anni.
Il tempio di Asklepios ad Epidauro è
un tempio dorico (Peloponneso,
patria dell’ordine dorico) esastilo
caratterizzato da un’estensione in
lunghezza di sole 11 colonne, quindi è
un tempio con peristasi di 6 x 11.
Peristasi non canonica che avrebbe
previsto piuttosto un calcolo di 6 x
13. L’accorciamento del tempio è
determinato dal fatto che come
notiamo nella pianta l’edificio
templare manca di opistodomo, si caratterizza per la presenza di un pronao preceduto da una
porzione di ambulacro della peristasi piuttosto profonda a sua volta corrispondente a due
intercolumni e al pronao segue la sola cella mentre manca completamente la parte posteriore del
tempio. Assistiamo con questo tempio all’inizio di un processo di progressiva enfatizzazione della
fronte del tempio a discapito del retro dell’edificio templare e questa messa in enfasi della fronte
è bene espressa nel Tempio di Asklepios dalla presenza della rampa di accesso (rampa che
permette il superamento dei gradini del crepidoma) la profondità dello spazio dell’ambulacro
all’interno della peristasi prima di entrare nel pronao (spazio che corrisponde a ben due
intercolumni) mentre un solo intercolumnio su tutti gli altri lati del tempio e la presenza del
pronao, mentre manca l’opistodomo. SI noti in aggiunta come la cella si presenti ormai come un
vano completamente svuotato, non vi è più la tradizionale doppia fila di colonne interne alla cella
per sorreggere il peso del tetto e la scelta adottata da Ictino per il Partenone di sostituire la doppia
fila di colonne doriche interne con un colonnato interno a pigreco si è trasformato in una presenza
di colonne doriche interne spinte però contro le pareti della cella, cioè esiste ancora il ricordo del
pigreco ma queste colonne sono state spinte contro le colonne della cella, risulta in questo modo
quasi completamente svuotata molto più aerea e spaziosa. Questa ricerca di svuotamento della
cella al fine di renderala il più possibile spaziosa è una ricerca che inizia proprio con le scelte di
Ictino nel Partenone e prosegue poi nel corso del IV secolo attraverso l'Asklepieion di Epidauro ma
con alcuni importanti capisaldi anche altrove nel Peloponneso come ad esempio nella costruzione di
IV secolo del tempio di Atena Alea ad Egea.
Questo tempio aveva un decoro sia sia frontonale sia un decoro di acroteri, ossia sculture collocate
sopra i tre vertici del triangolo frontonale. Sappiamo che il decoro frontonale e la realizzazione
degli acroteri fu affidata a due scultori Timoteo e Teotimo. Di Timoteo non sappiamo granché ma
abbiamo alcuni originali e sarà tra gli scultori coinvolti qualche anno più tardi nel grande cantiere
del Mausoleo di Alicarnasso. A Timoteo si attribuiscono nelle Asklepieion di Epidauro il frontone
con amazzonomachia e anche le figure acroteriali raffiguranti auree (figure femminili ritratte
nell’atto di scendere da cavallo). Timoteo eredita l’attenzione per il panneggio bagnato di
insegnamento fidiaco e quella enfasi ricca sul panneggio che è propria dello stile appunto
postfidiaco (stile ricco).

Fra le sculture attribuibili


a Timoteo, sculture
originali, vi è anche questa
figura acroteriale centrale
(acroterio centrale del lato
occidentale del tempio). Si
tratta di una figura
femminile nella quale si è
voluto identificare Epione
se è vera l’ipotesi che il
volatile tenuto nella mano
destra di questa figura sia
un’oca, perché l’oca era
l’animale sacro di Epione
(moglie di Asklepios). L’originalità, la forza innovativa di questa figura è determinata dal
particolare ritmo di torsione che lo scultore imprime alla figura stessa. I panneggi sono eredi della
sensibilità per le trasparenze, giochi, vortici dei panneggi femminili in personaggi colti in
movimenti particolarmente impetuosi che abbiamo già imparato ad apprezzare sulla scia degli
insegnamenti fidiaci fin dalla fine del V secolo a.C. Ma completamente nuovo è proprio questo
ritmo tortile della figura. Per la prima volta non prevede più un unico punto di osservazione, non vi
è il solo punto frontale di osservazione che permette all’osservatore di cogliere in toto il significato
della figura, per poterla comprendere a pieno è necessario che l’osservatore si sposti e contempli
la figura femminile da ogni punto e ogni punto di visuale perché se si colloca l’osservatore solo in
un punto perde la completezza della figura e del movimento. Siamo di fronte alla ricerca di
tridimensionalità della figura (di terza dimensione nella resa della figura in movimento all’interno
del suo spazio) per il tramite di una scelta precisa, in questo caso ritmo di torsione che tornerà nel
corso del IV secolo a.C. ad esempio con Skopas.

Epidauro è dunque centrale in questi decenni per gli sviluppi non solo dell’architettura ma anche
per gli sviluppi della scultura. A dimostrazione della centralità di Epidauro come fucina di nuove
trovate e sperimentazioni sia in campo scultoreo che architettonico citiamo anche un ornatissimo
tempio circolare che viene costruito a breve distanza dal asklepieion, nel 350 a.C. circa. Questo
elegantissimo policromo e ornatissimo tempio circolare era noto ad Epidauro come zumelle. Il tipo
architettonico è in realtà quello della tholos, cioè dell’edificio templare a pianta centrale di cui
abbiamo qualche raro esempio già in età arcaica ma che conosce una straordinaria fioritura proprio
nel corso del IV secolo con almeno tre esempi: una tholos a Delfi nell’area sacra della Marmaria che
precede il recinto per Apollo, segue di qualche anno la Thymele di Epidauro e infine una terza
tholos ad Olimpia, il cosiddetto Philippeion. E’ da notare come questi edifici a pianta circolare la
cui funzione è tuttora poco chiara si collochino tutti e tre all’interno di santuari importantissimi per
il mondo greco.

Thymele di
Epidauro; 350 a.C.

Thymele di
Epidauro: si tratta
di un edificio
circolare di ordine
dorico
esternamente,
corinzio
internamente. La
colonna corinzia
con il suo capitello
decoratissimo con
foglie d’acanto era
già comparsa
intorno alla fine
del V secolo a.C. ma la troviamo per la prima volta impiegata con un vero e proprio ordine affidato
all’interno del tempio proprio nel corso del IV secolo e un esempio è rappresentato dalla Thymele
di Epidauro. Gli interni della Thymele di Epidauro era caratterizzato anche dall’uso di marmi di
colori differenti, il bianco, il nero ad esempio mentre il blu era applicato dipinto. Questo contrasto
tra rigore esterno e il decorativismo interno è accentuato anche proprio da un decoro scultoreo che
non è tanto un decoro figurato quanto piuttosto un decoro di carattere fitomorfo che eredita quella
sensibilità per l’uso di fiori, palmette e così via. Notiamo alcuni dei dettagli scultorei e
architettonici di questa Thymele decoratissima. Notiamo il fregio con protomi leonine tra girali
d’acanto, le metope dell’ordine dorico esterno caratterizzate da queste grandi rosette ad occupare
la metopa stessa, il portale d'ingresso pure decorato con grandi fiori e grandi rosette e la
straordinaria ricchezza e ricercatezza dei cassettoni dei soffitti sia interni che esterni della
zumelle. Quanto alla funzione di questo edificio tuttora la funzione è dibattuta e la maggior parte
delle ipotesi derivano dal fatto che all’interno della zumelle ed esattamente sotto il pavimento a
losanghe bicrome in marmo bianco e nero sia privo un labirinto sotterraneo che evidentemente era
in qualche modo connesso al culto di Asklepios e probabilmente legato all’allevamento dei serpenti
sacri di Asklepios.

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