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La Partenope

Ovvero

LA ROSMIRA FEDELE
DRAMMA PER MUSICA

DI SILVIO STAMPIGLIA

Tra gli Arcadi Palemone Licurio.

DA RAPPRESENTARSI

Nel Teatro celebre Grimani

IN S. GIO: GRISOSTOMO

Il Carnovale MDCCXXV

IN VENEZIA,
Appresso Marino Rossetti, in Merceria
All’insegna della Pace.
Con Licenza de’ Superiori.

La Musica è del Sig. Leonardo Vinci

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PERSONAGGI1

[R] Rosmira Principessa di Cipro in abito di Armeno sotto nome di Eurimene.

[P] Partenope Regina di Partenope oggi Napoli.

[A] Arsace Principe di Corinto.

[Arm] Armindo Principe di Rodi.

[E] Emilio Principe di Cuma.

[O] Ormonte Capitano delle Guardie di Partenope.

[comparse: Donzelle e Donzelli, Messaggero…]

Intermezzi di Domenico Sarro (Napoli, 1722):

[Eur] Eurilla

[Bel] Beltramme

_______________________________

Edizione musicologica a cura di Dinko Fabris


Con la collaborazione di Patrizia Gesuita

Revisione critica e concertazione a cura di Antonio Florio

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ATTO PRIMO. Ch’io per scampar la vita
Donai le merci, e preziose, e rare
Tutte all’ingorda avidità del mare.
SCENA PRIMA.
SCENA III.
Piazza vicino al mare apparata con Trono di
Partenope, e statua d’Apollo nel mezzo, Ormonte con un Messaggiero di Emilio, e detti.
Ara con fuoco acceso, popolo numeroso, e corteggio.
Partenope in Trono, Arsace, e Armindo O: Regina, in folte schiere
Il Popolo Cumano
P: Tu dell’eccelse mura Ingombra tutto il vicin monte, e il piano.
Di questa, che inalzai Cittade altera, P: Nulla intedesti?
O luminoso Dio, prendi la cura: O: Solo,
Spargi dalla tua sfera Ch’Emilio, il primo lor Prencipe, e Duca
Nel tuo fecondo sen raggi benigni, Teco parlar desìa,
E parlino di lei Sirene, e Cigni. E questo Messaggier dal campo invia
A lei, Regal mia figlia,
Che desta meraviglia e terra, e mare, Partenope pensa.
Oh come lieta, oh come
Or Partenope dona anche il suo Nome. Arm:Che pensi?
A: Non temere.
Coro: Viva viva Partenope viva R: E ti sovvenga,
Chiara al pari del Sole, che adora, Che qui giunse Eurimene.
Le sue spiagge fecondi l’Aurora, P: Emilio venga…
E ogni Musa ne canti, e ne scriva. al messaggiero, che subito parte.
Viva viva Partenope viva. Mi troverà nemica
Se vuol del Soglio mio turbar la pace:
Le Donzelle, e i Donzelli ballano spargendo fiori, e Seguimi Ormonte, e tu mi segui Arsace.
frondi.
Arsace nel partire và guardando Rosmira, e dice:
SCENA II.
A: O Eurimene ha l’idea di Rosmira,
Rosmira in abito di Armeno, che sbarca col seguito di O Rosmira si finge Eurimene:
comparse Armene, e detti. Più lo sguardo in quel volto si aggira,
Più confusa quest’alma diviene,
Arm: Arsace! O Eurimene [ha l’idea di Rosmira,
A: Armindo! O Rosmira si finge Eurimene].
Arm:Osserva…
A: (E qual volto è presente agli occhi miei?) SCENA IV.
Arm:Mira Signora mira!
A: (Parmi Rosmira!) Rosmira, e Armindo.
P: Olà, che vuoi, chi sei?
R: (Finger degg’io: voi m’assistete o Dei!)
Generosa Reina, R: Cavalier, se gli Dei
Delle campagne Armene Rendan pago il tuo cor, dimmi chi sei?
Il Principe Eurimene a te s’inchina. Arm:Armindo, e trassi in Rodi
P: Sorgi, e dì la tua brama. Natali illustri, e con temuto impero
R: (Arsace è qui, non m’ingannò la fama) Sotto quel Ciel sono il Signor primiero.
Con cento vele, e cento R: Sembrami il tuo sembiante
Dell’infido elemento Sparso di duol, giovar ti può Eurimene?
L’onde vaste io scorrea, quando si desta Arm:Non si trova rimedio alle mie pene.
Orgogliosa tempesta, R: Dimmi il ver, del tuo core
Che di ricchezze gravi, Il tormento crudele è amore?
Fuor che la mia, tutte assorbì le navi. Arm:E’ amore.
Al fin l’empia procella Partenope è il mio Nume.
Mi tragge in questo lido, R: Ed ella sente
Odo l’alto tuo grido, Dell’amor tuo pietà?
E vengo a te, che sei sì degna, e bella. Arm: O finge non saperlo, o non lo sa.
P: Eurimene, che chiedi? R: Non ti scopristi?
R: Alle miserie mie soccorso, e aita, Arm: Ed a che prò?
R: Perché?

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Arm:Ad Arsace giurò costanza, e fe’. A: Dimmi, che chiedi?
R: E Arsace? R: Sai, che chiedo? Ma prima,
Arm:E pena, e more Per esser ben sicura
Di Partenope amante. D’ottener quanto io vò, prometti, e giura.
R: (Ah traditore!) A: Di far ciò, che vorrai
Spiegati, e di che l’ami, Giuro ad Amore, al Cielo, ai Numi.
Di che pietà tu brami, R: Ah frena
Dille, che vuoi mercé. La sacrilegha lingua, e a chi giurasti?
Scoprendole il tuo foco, Giura, non su la tua, su la mia fede.
Vedrai, che a poco a poco R: Non devi
Sospirerà per te. Dir, ch’io sia Donna, e che Rosmira io sia:
A scoprirmi non hai
SCENA V Da qual sia mai barbaro caso astretto.
Mi prometti così? Parte
Armindo. Rosmira.
A: Così prometto.
Arm:Armindo ardisci, e prova
Di palesarti amante: ahi che non giova. SCENA VII.
Non giova? E come il sai,
Se non tentasti mai Arsace.
Chieder conforto agli aspri tuoi tormenti?
Può giovarti il tentar, dunque si tenti. A: Rosmira, o Dio, Rosmira
Al mio tesoro Sotto mentite spoglie
Dirò, che peno, Di me sen viene in traccia
Dirò, che moro, Rinova le mie doglie, e vuol, ch’io taccia,
E ch’abbia almeno Tacerò come chiede:
Di me pietà. Ma già vacilla, e cede
A dar ristoro Al primo ardor la mia seconda face.
Alle mie pene E appena gli occhi miei
Forse il mio bene Riveggono Rosmira,
Si moverà. Che quest’alma sospira, e torna a lei.
La rondinella, che a noi sen riede,
SCENA VI Trascorre il lido,
E appena il vede,
Giardino del Palazzo di Partenope. Che torna al nido,
Arsace, e Rosmira. Che abbandonò:
E’ ver, che fece del mar tragitto,
A: O che Arsace delira, Ma nell’Egitto,
O che d’esser tu nieghi, e sei Rosmira. Benché lasciata in lontananza,
Veggio che il tuo sembiante Della sua stanza
L’imago di Rosmira in se ritiene, Non si scordò.
E quale amai Rosmira, amo Eurimene.
R: Ma da te non vorrei SCENA VIII.
Al pari di Rosmira esser tradito.
A: Come? Armindo da una parte, Partenope dall’altra.
R: Arsace, ti sei
Così presto smarrito? Arm: Signora…
Senti per seguir te, tutto abbandono, P: Armindo, e sempre
E pur ti giungo al fin: Rosmira io sono! Così dolente, e mesto?
A: Bella… Che mal t’affligge, e che infortunio è questo?
R: Bella mi chiami Arm: Regina, io vivo amante…
Tu, che fede non hai, tu che non m’ami? P: Segui, di qual sembiante
A: T’amo… Vada acceso il tuo cor saper desìo.
R: Non può chi aspira Arm: Troppo chidesti, Addio.
Di Partenope al soglio amar2 Rosmira. P: Fermati, e per tua pace
Di questa Reggia al trono Scoprimi l’Idol tuo.
Aspira, ingrato Arsace, io ti perdono: Arm:No, viene Arsace.
P: Odimi Armindo, e quale
Prendi sdegno d’Arsace?
Bramo se mel concedi Arm:E’ mio rivale!
Favor non grande… P: Quella dunque son io,

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Che sospirar ti fa? Tu godi un sì bel vanto
Arm:Regina, Addio. Parte E tu riserba in sen
P: Non posso amarti, e non poter mi spiace, D’amor la spene.
Ma non è colpa mia, colpa è d’Arsace.
SCENA XI.
SCENA IX.
Arsace.
Partenope, Arsace, e dopo Rosmira.3
A: O Rosmira gradita
A: E di che reo son’io? Bella cagion della mia prima piaga
[P:] D’aver fatto del tuo servo il cor mio. O Partenope mia cagion pur vaga
Per me languisce Armindo. Della seconda dolce mia ferita,
A: Armindo? Se in due non mi divido
P: E sai, O son’ingrata a una, o all’altra infido.
Quanto ad Armindo io devo: egli sen venne Dimmi pietoso Ciel,
Con mille armate antenne Di queste belle mie, quale abbandono?
E delle vele mie si fe’ seguace. Se torno al primo amore
Per te moro. Perché il secondo dica: ah, traditore.
P: Ed io per te. Se a questo poi mi volto
A: Cara gioja… Quello gridare ascolto
P: Amato bene… Con lamentevol suono:
A: Taci, basta. Ricordati infedel che il primo io sono.
P: Perché?
A: Giunge Eurimene. SCENA XII.
P: E se giunge Eurimene?
A: E vuoi, che sappia Stanza di udienza.
Straniero Cavaliere i nostri amori?
P: Non soggiace a rossori Partenope, e poi Ormonte, il quale parte, e poi torna
Acceso cor di puro foco onesto: con Emilio, Rosmira, Arsace e Armindo.
Senti Eurimene, il mio bel Nume è questo.
R: E tu sei riamata? O: Regina, Emilio arriva:
P: Son riamata. L’inclita Reggia osserva,
A: (Ohimé!) E i tuoi grand’avi effigiati in sassi.
P: E ci giurammo fe’ P: Vanne, incontralo, e passi parte
R: Sorte spietata! (vuol partire) Ormonte
P: Dove Eurimene, dove? Guerrà avrà se vuol guerra,
R: A lagrimar la mia sventura altrove. E se stringer gli piace
P: Quale sventura? Meco amicizia, ed amicizia, e pace.
R: Ascolta.
A: (Ora mi scopre) S’apre la portera, e si vede una fuga di stanze con
R: Vidi la sua sembianza, e chiaro in quella numeroso corteggio. Torna Ormonte, e vengono con
Vidi l’anima tua quanto sia bella. lui Emilio, e gli altri, e subito entrati si richiude la
Onde in un tratto amore portiera.
Della parte migliore,
Che la fragile adorna il cor m’accese; E: Regina alle tue piante
Ma perché m’è palese, Par ch’io venga nemico, e vengo amante.
Che già d’altri tu sei P: Amante già non parmi
Sperar più non poss’io conforto, e pace: Chi viene a me cinto di squadre, e d’armi.
Nascesti sol per tormentarmi Arsace. E: Partenope, se vuoi
A: (Respira il cor amante, Sudditi i miei guerrieri aver tu puoi.
E confuso or s’aggira P: Come?
A Partenope intorno, ora a Rosmira) E: Il letto, ed il trono a me destina.
P: Con affetto sì degno E de’ Popoli miei sarai Reina.
Prencipe se tu m’ami, io non ti sdegno. Arm: (Ahi, che richiesta!)
R: Lieve ristoro. R: (Udisti? Tra loro
P: Altro sperar non puoi, due (=Arsace e Eurimene/Rosmira)
Ch’esser non voglio infida a gli amor suoi. A: A me non spiace
Non posso amarti, o Dio, Ch’ella d’Emilio sia.
Sol questo è l’idol mio, R: Povero Arsace)
Il caro bene. P: Principe, e quando amore
Mi piace averti a canto Per me t’accese il core?

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E: Dal dì, che in queste rive D’ogni armata mia schiera,
Posaste il pie’ ti vidi, ignoto, ed arsi: Perché uniti a pugnar l’onor vi sproni,
A da quel dì mille sospiri ho sparsi. Io la scorta sarò, voi miei Campioni.
Deh non sforzarmi A far straggi a far vendetta
Contro di chi tant’amo a prender l’armi. Il mio braccio ormai s’affretta
P: Prendile pur se vuoi, vieni al cimento, Ma tu caro non temer.
Che se tu forse temi, io non pavento. E aggitata in seno l’alma,
E: Guerra non voglio, e quando Abbandona la sua calma,
Tu la volessi, ecco a tuoi piedi il brando: Sol fra l’armi per goder.
Già de’ tuoi lumi al lampo
Vinto mi chiamo, ed abbandono il campo.
P: Emilio sorgi, nulla SCENA XV.
Con sì vil cortesia degno ti rendi.
Vanne, e i Popoli tuoi reggi, e difendi. Armindo, e Rosmira.
E: Quest’anima accesa
Da lumi sì belli Arm: Deggio ti te lagnarmi:
Ritorna all’impresa, Ti fido le mie pene, poi sleale
E vincer saprà. Tu degli amori miei ti fai rivale?
Ma il core nel seno R: Non ti dolere, a tuo favor mi fingo
Dal dardo di quelli Di Partenope amante
Ferito vien meno, Per deviar dalla sua mente Arsace.
E chiede pietà. Arm: Se il tuo gentil sembiante
A Partenope piace?
SCENA XIII. R: A te la cedo.
Arm: E s’ella
Partenope, Arsace, Rosmira, Armindo, Ormonte. Te per sposo desìa?
R: Non potrà, benché voglia, esser già mia.
P: Arsace tu sarai Arm: Forse con altra bella
Degli eserciti miei duce primiero. Ne’ lacci d’Imeneo stretto sei tu?
Arm: Forse valor guerriero R: Di me ti fida, e non cercar di più. Parte
Non è in me pari al suo? Armindo.
O: Non ho fors’io
Core eguale al suo cor nel petto mio?
R: Forse, di me perché t’è ignoto il merto,
SCENA XVI.
Poco forte mi stimi in campo aperto?
A: Giuro, qual si richiede Rosmira.
In tanta impresa invitta fe’. Vo meditando sempre
R: Che fede? Contro l’infido Arsace ingiurie nuove
Sai pur, che ti ravviso E tenerezza e crudeltà mi move.
Segni di poca fe’ scolpiti in viso. Piena d’affetto, ed ira
P: Troppo ardisci Eurimene Or minaccia, or sospira
Arm: (E il soffre Arsace?) Quest’alma innamorata,
O: (Così l’offende, e tace?) Che per lui pena, e di schernirlo ha core:
P: A Partenope innanzi… Sono gli sdegni miei figli d’amore.
A: Ah frena l’ire, So che il riso, e so che il vezzo
Di giovanetta età scusa l’ardire. Dolcemente accende un core.
R: Tu dell’ardir mi scusi, Ma il disprezzo
E me d’incauto, e di leggiero accusi? Lo fa struggere d’amore
P: Non più!Voglio, che questo Domandar gli fa pietà.
Principe di Corinto
Abbia dell’armi il general comando.
Arm: Andrà dunque indistinto SCENA XVII.
Il mio nome?
O: Il mio brando… Campo con padiglioni dove sta schierato l’esercito di
R: E confuso tra gli altri Emilio.
Anch’io stringer dovrò la spada, e l’asta? Poi viene con trombe, e tamburi alla testa delle sue
Arm: Non è ragion… squadre Partenope, Arsace, Rosmira, Armindo, e
O: Non è giustizia… Ormonte.
P: Basta!
Con generosa lite E: Forti schiere, vicino è il cimento4
Cessate omai di garreggiare, e udite. E alle palme vi chiama il mio core
Amazona guerriera Benché grande è l’impresa ch’ion tento,

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E’ men grande del vostro valore. Et onori
P: Siamo d’Emilio a fronte Con tromba festiva:
E chiaro5 a me dimostra Viva, viva, Partenope viva.
Ciascun di voi, che la vittoria è nostra.
Col favor degli Dei… Fine dell’Atto Primo.
E: …Con valorosa mano…
P: L’esercito Cumano… INTERMEZZO PRIMO
E: Gli Eroi Partenopei…
P: Ognuno feroce abbatta. Eurilla con giustacuore, e vesta cappello con piume in
E: Ognun assaglia. testa e spada al fianco e poi Beltramme, uno dei finti
Tutti: A battaglia, a battaglia! Armeni servi di Rosmira.

Segue la pugna, e si vede uscir Partenope da una parte Eur. Eccomi pronta all’armi di sentire
incalzata da alcuni guerrieri Cumani, viene Armindo Già parmi ch’abbia vinto Partenope,
dall’altra, e li pone in fuga. ma quando fosse stata abbattuta
sarà da questo brando
P: Soccorso! la città sostenuta. Ma chi sei?
Arm: Armindo è teco! Bel. Chi sono? Beltramme amico buono
P: Armindo, aita: Eurilla mia.
A te deggio la libertà, la vita. Eur. Ch’Eurilla! Sono un’avventuriera
Arm: S’uccida… Generosa guerriera che di nobile
P: Si disarmi… Ardir tutta sfavilla.
Arm: L’inimico, che fugge, Bel. Dico di Eurilla sei?
A 2: All’armi, all’armi! Eur. Non sono Eurilla.
Bel. Scommetto ch’io non erro.
Partano seguitando i Cumani, e torna un breve, ma Eur. Non più parole, metti mano al ferro.
caldo combattimento, e vien fuori Bel. Mi stupisco di lei,
Rosmira incalzata, e già abbattuta da Emilio, non posso metter man se non son sei.
sopragiunge Arsace con alcuni Soldati, Eur. Meriti una mentita.
e libera Rosmira, e fa prigioniero Emilio. Bel. Sotto pena di vita, tal precetto
In Armenia me fu dato.
E: Renditi o pure estinto Eur. Or sei fuora di stato.
Ora a pie’ mi cadrai! Bel. Ma il precetto si stende
A: Cedi, sei vinto! Per tutto ovunque giro
E: Getto il brando tradito, e disperato, Perché per tutto colgo dove tiro.
Non cedo al tuo valor, cedo al mio fato. Eur. Gente nemica.
R: Arsace, i meno arditi Bel. Ohimè.
A soccorrer ten vola. Eur. Tè Beltramme tè, tè.
D’uopo non n’ho, che a trionfar mi aiti, Senti se vuoi sentire,
Perché la spada mia sa vincer sola. più non si vede un anima vivente.
E: Guerrier non tanto orgoglio, tremando di paura
De’ miei casi infelici Bel. Scusami dell’ardire,
Vada altiero il Destin. corsi, e respinsi la nemica gente.
Eur. Ed io scorgo, che temi,
Torna Partenope, e Armindo con alcuni Soldati. e sbigottito impallidisci e tremi,
P: Vincemmo, o Amici. Bel. Impallidisco e tremo per natura,
Ma de’ trionfi miei mosso dall’ira, non dalla paura.
Tu gloriosa pompa Emilio sei. Par che la febbre a freddo
Preda cotanto illustre Abbiano l’alma, e il core,
Vo’ saper di chi sia. sì grande è quel furore,
A: La preda è d’ambo noi. che sbattere mi fa.
R: La preda è mia. E se non mi raffreddo
E: Io de’ tuoi crini d’oro nell’ira mia feroce
Son prigioniero, e non d’alcun di loro. la tremola mia voce
più s’interromperà.
Arriva Ormonte con molti prigionieri fatti, e spoglie Eur. Non tante agitazioni
conquistate. Chetati, e ricomponi
Il tuo sangue commosso.
Coro: Ti circondi la gloria di allori, Bel. Or mi sento venire il foco addosso.
La tua fama trascorra ogni riva, Eur. Saldo Beltramme, saldo.
Empi i lidi Bel. Dopo la febbre a freddo, eccola a caldo.
Degli alti tuoi gridi.

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Eur. Ti duol la testa? Eur. Mi scusi.
Bel. Non mi duol, mi gira, Bel. Eh, non ci far più smorfie,
e so ben’io l’origine te ne mori di voglia, e mi ricusi,
di questa mia vertigine. maritati, maritati.
Eur. Vuoi rimuover l’effetto, Eur. Mi scusi.
rimuovi la cagione. Bel. Come cera accanto al foco
Bel. Io non ne voglio la rimozione. vita mia strugger mi fai.
Eur. Dunque creder conviene, Eur. Questo è poco,
che tu brami il tuo male, Bel. Questo è assai.
Bel. Anzi il mio bene. Quando pranzi e quando ceno
Eur. Stravagante appetito. Sempre penso al tuo bel volto.
Bel. Non mi capisci? Eur. Questo è meno.
Eur. No. Bel. Questo è molto.
Bel. Piglia marito. Già per te crudel fanciulla
Accennandole sé medesimo A morir vò di galoppo.
Eur. Son zitella poverella Eur. Questo è nulla.
Priva d’ogni requisito, Bel. Questo è troppo.
non ho dote, non son bella, a2
ne trovar potrò marito: Eur. Vanne indietro, e vanne in là.
pur se un giorno lo trovassi, Bel. Vieni avanti, vieni in qua.
tacerei con gli occhi bassi Eur. Più che me pregando vai
ma dappoi direi di si. Più di te mi prendo gioco.
Sono anch’io come son l’altre Bel. Questo è troppo, è molto, è assai.
Figlie scaltre, Eur. Questo è nulla, è meno, è poco.
che bramose Del tuo duol nulla mi cale.
d’essere spose Bel. Questo è male.
van talora replicando: Eur. Dar conforto a te, non deggio.
quando, quando, Bel. Questo è peggio.
quando mai verrà quell’ora Eur. Ci vuol flemma, così va.
quando mai verrà quel dì? Bel. E’ ingiustizia e crudeltà.
Bel. Allegramente Eurilla,
e pronta l’occasione,
se a modo mio farai,
tu Venere farai, Beltramme Adone. ATTO SECONDO
Eur. Ci vorrai quello, il quale
È chiamato Porco cignale. SCENA I.
Bel. Non ci vuol simil bestia.
Eur. Ci vuole si, ci vuole
Strada addobbata con varj adornamenti, e con arco
Per rinnovare tutta la memoria
trionfale di trofei di frondi, e di fiori, la quale
di questa, qual si sia, favola, o istoria.
corrisponde fuori della Città. Partenope sopra un gran
Bel. Ma perché?
Carro, preceduto da uno stuolo di Baccanti, che
Eur. Perché Adone
vengono ballando, e da numeroso corteggio, parte del
Deve restare dal cignale ucciso,
quale porta diverse insegne, armi, e spoglie
e lacrimosa in viso
conquistate.
la suo bel corpo accanto
Arsace, Armindo, Rosmira, Ormonte, ed Emilio
Venere ha da versar fiumi di pianto.
incatenato con altri prigioni.
Bel. Saria funesto il fine
della nostra commedia:
P: Care mura in sì bel giorno
dev’essere cosa lieta, e non tragedia.
A voi torno
Dunque lasciando fuora
E vi porto i lauri miei.
L’Adonicidio, il porco,
E che poi
lasciando ogn’altro deplorabil atto,
Sarà di voi,
rappresentiamo solo l’antefatto.
Se v’ornate
Eur. Non voglio questi abusi
Appena alzate,
Caro signore Adone ella mi scusi.
E di palme, e di trofei?
Bel. Non è dover che restino
E: Alta Reina.
Gli affetti miei delusi,
P: Bastami aver già reso
finiscila, finiscila.
Più degno co’ tuoi lacci il mio trionfo:
Eur. Mi scusi.
Olà, de ferri il peso
Bel. Non tante cerimonie,
Più non s’aggravi. Gli vengono tolte le
ch’è negozio da farsi ad occhi chiusi,
catene.
risolviti, risolviti.

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E: Con gentil rigore R: (Ingrato, ingrato) piano tra loro
Le catene mi togli
Se al pie’ le sciogli, e le raddoppi al core. SCENA III.
P: Emilio esprimi invan sensi d’amore.
E: Partenope ti piaccia, Rosmira, Armindo, Emilio.
Che i miei sensi io palesi:
Colà nel campo intesi, E: Non può darsi in un petto…
Che il forte Armindo con valor guerriero Arm: Mai non vidi in un core…
Si fe’ tuo scampo in gran periglio. E: …spirto più vile,
P: E’ vero. Arm: …e concordia maggiore.
R: Vidi, che trasse Ormonte R: Alternar falsi accenti
Prigionieri, armi, e insegne a te d’innanzi. Contro il valor d’un inclito guerriero,
Io già vinto poc’anzi Non è da Cavaliero.
Emilio avea: Regina, con tua pace, Arm: Eurimene, convienti
E che di grande in guerra ha fatto Arsace? Ingrandir per tua gloria il tuo nemico.
E: Cavalier, cinto andrebbe R: Soffrite voi, s’io dico,
Il brando mio di bella palma altera, Che Arsace ha spirto in seno
Se da Arsace soccorso il tuo non era. Eguale al vostro, e forse il vostro è meno?
P: Dunque? A Rosmira Dunque a parlar di lui meglio imparate,
A: Lascia, che sia Che se voi l’oltraggiate, io lo difendo.
Anche gloria di lui la gloria mia. Arm: (Io per me son confuso)
R: Emilio co’ tuoi detti E: (Io non l’intendo)
Nulla offendi Eurimene, Arm: Ma s’egli ha sì grand’alma
Scusar la tua caduta a te conviene. Perché all’offese tue muto diventa?
Ma superbo tu sei (Ad Arsace E: E perché quando lo sfidi egli paventa?
Mentre donar mi vuoi R: Forte leon tra cento, e cento belve
Vanti che non son tuoi, che son già miei. Nell’Africane selve
O: (Tanto Eurimene ardisce?) Grave, e superbo stassi,
Partono Partenope, e Ormonte seguitati da tutto il Move ruggendo i passi,
carteggio E maestoso in faccia
restando solo i soldati, che custodiscono Rosmira. Tutte con ciglio altier sfida, e minaccia.
E pur, se il lampo vede
SCENA II. D’un’accesa facella,
L’audacia del Leon non è più quella.
Arsace, Rosmira, Armindo, ed Emilio. Tale a fronte di voi
A fronte ancora d’altri Arsace, è prode,
A: Ti bramo amico, e teco E se vacilla poi
Non vuol guerra il mio core. Solo alla vista mia, questa è mia lode:
E: (Che viltà!) Che ben chiaro egli vede
Arm: (Che timore!) Una agli sguardi vostri ignota face,
R: Tu vuoi placarmi ed io Che in me scintilla, e che sgomenta Arsace.
Solo guerra desìo, E: Non scorgo
Se vendetta non fò, non son contento. Arm: Non ravviso
Arm: (Che valor!) E: Altro lampo
E: (Che ardimento!) Arm: Altro lume
A: Tanto rigore oblìa. E: Che quel dell’Idol mio
R: Non lo farò se prìa Arm: Quel del mio Nume
Non giungo a vendicarmi. R: Tradita, innamorata
A: Senti… Pace trovar non so, ma il cor la spera
R: Di pace mai più non parlarmi! Egli ancor è qual’era
A: E vuoi con dure tempre Ma qual’era non è quello d’Arsace
Di fiero sdegno armato Forse per ingannarmi, e soffre, e tace.
Così schernirmi sempre? Tormentosa crudel gelosia
R: (Infido ingrato!) piano ad Arsace Già comincia nell’anima mia,
A: E contro me tant’ira, A versar il mortale velen.
Ha nel tuo petto il nido? Ella è solo che dentro il mio core
(Rosmira, o Dio, Rosmira) Gelo, e ardore mi sparge nel seno.
R: (Infido) piano tra loro
A: In me lo sguardo gira,
Non esser sì spietato SCENA IV.
(Rosmira, o Dio, Rosmira)

9
Galleria. Partenope e Arsace. R: T’inganna assai.
O: Celar la gelosia,
P: A pro’ di che t’offese? Nascondere l’amore
Perché tante preghiere, Facile par che sia;
Perché tante difese? Ma facile non è:
A: Pugnò per te. De gelo, e dell’ardore,
P: Ma con parole altere, Che porti in seno accolto,
E con incaute risse Ravviso nel tuo volto,
Ardì troppo Eurimene, e troppo disse. Un certo non so che!
A: Partenope, deh, rendi
Di belle grazie adorno SCENA VIII.
Questo delle tue glorie inclìto giorno.
P: E che ti muove Arsace
A favor d’Eurimene? Armindo, e Rosmira.
A: Un non inteso impulso, un certo che,
Che sento in me, ma non so dir, che sia: Arm: Quanto godo Eurimene
So che muove a pietà l’anima mia. Vederti in libertà!
P: Voglio appagarti: olà! Al paggio R: Godi perché non sa
Volgi ad Ormonte i passi: Scorger la vista tua le mie catene.
Di’ ch’Eurimene in libertà si lassi. Arm: E qual nodo ti stringe,
Digli, che gli palesi, Qual beltà t’innamora?
Che della grazia intercessor fu Arsace: R: Tempo verrà, che lo saprai tu ancora.
Gli vieti, che a me innanzi Dimmi scopristi mai
Divenir più non osi: A Partenope tua l’ascoso ardore?
Parti, e sappi eseguir quanto t’imposi. Arm: Si, ma timido il core,
A: Molto ti devo. E svelò le sue fiamme, e non svelò.
P: Or ti consola, e lieto R: Mercé chiedesti?
Rasserena i tuoi lumi. Arm: No.
A: Far nol posso. R: E che vil tema è questa?
P: Perché? Arm: Ahi, che vana conosco ogni richiesta.
A: Par che vogliano i Numi R: Armindo io vo, che lieto,
Fulminar contra me strana sventura. Goda di tue faville:
A: Sento che va coprendo, Sentimi, va alla Reina e dille,
Priva della sua calma Ch’io le debbo scoprir altro segreto;
Quest’alma Fa che parlar le possa, ed io m’impegno,
Il suo martir. Che a te si volga, e prenda Arsace a sdegno.
Peno, ma non intendo Arm: Un impossibil tenti.
Qual sia R: Ai miei voti acconsenti.
La pena mia, Arm: Farò quanto tu chiedi.
E non la so ridir. R: Prencipe va, spero conforto, e credi.
Arm: Vanne, e spera:
Lusinghiera
SCENA VII. La speranza così dice,
E credendo il cor le va’.
Ormonte, e Rosmira. Spero sì d’esser felice,
Che speranza menzognera
O: Principe, ti narrai, Questa speme non sarà.
Con qual divieto libertà concede
Partenope al tuo piede. SCENA IX.
R: Non disse, che alla Reggia
Io non volga le piante, Emilio, e Rosmira.
Disse, che a lei più non mi porti avante?
O: Ti piaccia il mio consiglio: E: Gran coraggio, Eurimene,
Lascia in riposo Arsace, Superbo sostener, che a te mi resi.
E non scherzar così col tuo periglio. R: Sì, ch’io ti vinsi, e prigionier ti presi.
R: Io lascerò la vita E: Se non veniva Arsace
Pria di lasciare il mio nemico in pace. Vinto non già, ma vincitor sarei.
O: Tempra la brama ardita, R: Come? Principe sei,
Che d’ira tal, mentre te stesso accendi, E m’oltraggi così? Se a te ben noto,
Oltraggi Arsace, e la regina offendi. Fosse chi sia questo straniero oggetto
R: Tu del mio sdegno la cagion non sai. Meno ardimento avresti, e più rispetto.
O: Vien da rivalità… E: Parla più cauto.

10
R: Emilio
Tu più cauto ragiona, Le comparse armene portano fuora un tavolino, sopra
Né mostrarti con me di sdegno acceso, delquale mettono una caffettiera, e sottocoppo con
Che sarà tuo rossore avermi offeso. piattini, e chicchere, e due fogli di avvisi.
E scoprendo chi sono
Mi chiederai pietà, non che perdono. Beltramme fumando tabacco, e poi Eurilla in abito di
E: Emilio non è Arsace. Serva Tedesca
R: Emilio e tutti i Cavalier più audaci
Con me si cangeranno in tanti Arsaci. Bel. Disponete le cose
con tutta proprietà
SCENA X vorrei quel tavolino
un po’ più in qua.
Rosmira, e poi Arsace. Così va bene, ed ora
Portar bisogna un par di sedie fuora.
R: Giva guardando intorno, Entrano comparse, e portano fuora due sedie.
Se vedea, se veniva, Quanto tarda colei
E al fin giungo a veder, che Arsace arriva. ch’è nei pensieri miei la prospettiva!
A: Rosmira mia, mio bene. Gran pena è l’aspettare:
R: Rosmira non son io, son Eurimene. ecco che arriva.
Sono Eurimene, e in libertà già sono, Eur. Beltramme mi perdona
E so, che la reina Se incomodo ti do.
Per opra tua me ne concesse il dono: Bel. Sei mia padrona.
E perch’è dono suo Fumar non è dovere
La libertà mi piace, Lascia la pipa.
Non perché funne intercessore Arsace. Avanti a te, mettiamoci a sedere.
A: E ancor la tua vendetta, Eur. Fuma pur quanto vuoi,
Vaga di offese, all’alma mia sovrasta? ch’oggidì v’è per tutto
Basti la pena al fallo mio. un fumo sì profondo,
R: Non basta! che par, che sia pieno di
A: Da’ pace al mio dolore, nebbia il Mondo.
Rendo il mio core a te, Bel. Lassa ragazza, lassa
Torno a giurarti fe’, prometto amore. Di mormorar, guarda le carte,
e passa.
SCENA XI Prendi una chiccheretta di caffè.
Siedono.
Arsace. Beltramme empie due
chicchere di caffè, e le mette
A: Amante, sopra la sottocoppa.
Che incostante Eur. Ma questa è una bevanda,
Amor cangiando, và, che secondo il proverbio mormorando
Or vien chiamato s’ha da pigliar sedendo e mormorando.
Ingrato, Bel. Eurilla mia non devi
Or senza fedeltà. Parlar così, muta discorso, e bevi.
Or traditore: Presenta una tazza di caffè ad Ermilla
Al fin pietà non trova, e prende l’altra per sé.
Né sospirar gli giova, Eur. Io volentieri accetto
E so ben io perché, l’onore che mi fai
Perché mancò di fe’, perché il caffè mi suol far bene assai.
Al primo amore. Bel. Questo per ogni male
è l’unico rimedio universale.
Fine dell’Atto Secondo. Bevendo.
Eur. Scotta.
Bel. Soffiaci sopra,
che il tuo fiato adorabile
lo farà diventare oro potabile.
Eur. E’ fatto a meraviglia.
Seguendo a bere.
Bel. E a meraviglia in Armenia si fa.
Anche Beltramme va bevendo il caffè.
Eur. L’Armenia dove sta?
INTERMEZZO SECONDO Bel. L’Armenia sta in Levante,

11
ed il Levante sta in faccia del Ponente. Bel. Che Apollo stenderà più decreti,
Eur. Sei molto intelligente. contro i drami, e i poeti,
Bel. E colà nell’Armenia e contro ogni persona,
Mi chiama tanto il popolo, che il Re che li fa, che li canta, e che li sona.
Beltramme del caffè. Eur. E perché questa cosa?
Cara Signora mia saper si può, Bel. Per far giustizia
se verresti in Armenia. alle commedie in prosa.
Eur. Signor no. Eur. La ragion?
Bel. Piano, sentimi e dì Bel. Perché in quelle
il perché dei tuoi no. Non si parla né in musica, né in versi,
Eur. Verrò si, si. non si cantan strofette,
Bel. Dunque se tu verrai nominate ariette,
Meco ti condurrò. a suon di violini e di viole,
Eur. Dove? e si senton tutte le parole.
Bel. In Armenia. Eur. Non saranno obbediti
Eur. No. i decreti di Apollo,
Bel. E ti penti così? perché sia con sua pace,
Eur. Penso e ripenso… il dramma è uno spettacolo che piace.
Bel. E che risolvi? Bel. E pur talor si vede,
Eur. Si. che succede il contrario,
Bel. Ci verrai? come ne può far fede ogn’impresario.
Eur. Ci verrò. Eur. V’è nient’altro di nuovo?
Bel. Dunque se tu verrai….. Bel. Evvi una nuova
Eur. Venir non vò. Di non basso rilievo, e a te la porto.
Bel. Il pipistrello Eur. Dilla.
È un certo uccello Bel. Se non sei mia Beltramme è morto.
Che in su la sera Eur. E rimedio non v’è?
In tal maniera Bel. E’ grande il male mio.
Volando và. Eur. Piglia il caffè.
Ch’ora và in su, Bel. Per questo a nulla vale.
or torna in giù Eur. Dunque non è rimedio universale.
ora và in là, Bel. In te sta il mio conforto.
or torna in quà. Eur. Io non voglio esser tua.
Come fa quello Bel. Beltramme è morto.
Allor che vola S’abbandona sopra una sedia.
Il tuo cervello, Eur. Beltramme sventurato!
la tua parola Se non fosse di vita affatto privo,
pur fa così ora lo sposerei.
or no, or si Bel. Beltramme è vivo.
or si, or no. Eur. Che veggio?
Ah nottoletta Bel. Per servirti
La dico schietta Eccomi in vita subito risorto.
Io ben m’avveggio, Eur. Sposar non ti vogl’io vivo, né morto.
che questi modi Io non son di quelle tali,
non son che frodi, alle quali
e ancor di peggio il prorito
temendo vò. di marito
Eur. In quel foglio che v’è? fa sposar certi animali,
Bel. Vi son gli avvisi, che son belve
prende un foglio d’avvisi. delle selve,
Eur. Che portan? e passeggian la città.
Bel. Vari intrichi. Io lo voglio che sia bello,
Tra l’ombre dei moderni, che sia pratico del ballo,
e degli antichi. che sia bravo nel duello
Eur. Intorno a che? tanto a piedi che a cavallo.
Bel. Sovra diverse cose Voglio alfin che sia persona
Che consistono tutte in opinione d’una buona
E ciascuna pretende aver ragione. qualità.
Eur. Quell’altro foglio? Bel. Deh movetela ad amarmi
Bel. E’ il foglio di Parnaso. Stelle belle, stelle care.
Prende l’altro foglio. Eur. Incomincio a innamorarmi,
Eur. E che dice? e principio a sospirare.

12
Bel. Seguitate stelle amate, A: (Oh se potessi favellar!)
seguitate P: Che sento?
a farvi onore. Qual ingiuria l’ha resa
Eur. Uh, che spasimo è l’amore! Contro sì nobil vita
Bel. Foco, foco. Tanto crudel?
Eur. Fiamme, fiamme. R: L’esser da lui tradita.
Bel. Si mia vita. P: L’amò?
Eur. Si Beltramme. R: Quanto se stesso:
A2 Refrigerio per pietà. Lo dica l’infedel…
Eur. Tutta pena. P: Dillo!
Bel. Tutto duolo. A: Il confesso.
Eur. Qual dolente Filomena. R: Di più, giurolle fede.
Bel. Quall’afflitto Rusignuolo. A: (Che angustia!)
A2 Mi lamento, e par ch’io canti E: (Che rossore!)
Con passaggi tutti quanti A: Arsace lo concede!
D’una gran soavità. P: (Ingannatore!)
R: Crescon ancor gli eccessi,
Fine intermezzo secondo Senti…
P: T’ascolto.
A: (Ah favellar potessi)
R: Suo sposo esser promise…
P: E poi?
ATTO TERZO A: Per seguir te…
R: …quella ferisce.6
SCENA I. Arsace, oh Dio, così
Sala Infido l’ingannò.
Pria l’alma le rapì,
Partenope, Arsace, Armindo, Emilio, e poi Rosmira. E poi l’abbandonò.
P: Chi m’apre i lumi, e mi scioglie il core
Arm: Regina, ti compiaci, Da quell’amore, onde legata io fui?
Che a te venga Eurimene Principe, Arsace oblìo! A Rosmira
L’arcano, che racchiude udir conviene Che rapir non degg’io gli amanti altrui.
P: Non m’induce a sentirlo Né più da me si prezza
Curioso desìo: Un’alma ingrata a i tradimenti avezza.
Ma dal tuo merto sol mossa son io.
Eurimene si chiami. Ad un paggio. P: Armindo spera, e godi,
R: Partenope, Eurimene, Ché de’ tuoi dolci modi,
Mercé de tuoi favori, ecco a te viene. Or che cieca non son me stessa appago.
P: Narra gli arcani tuoi. Arm: Son io felice! A Partenope
R: Dirò. E fosti tu presago A Rosmira
P: Partite voi (A tutti gl’altri) E: Emilio ancor t’adora…
R: Desìo non vieto, P: Formi vane querele.
Che a tutti noto sia l’alto secreto. E: (Si scoprisse infedele Armindo ancora…)
P: Dunque restate. P: Godi, e spera, e sai perché? Ad Armindo
R: Ascolta, Perché bella è la tua fe’. Ad Arsace
E senza sdegno il tuo voler m’arrida: Perché Arsace è un traditor Ad Armindo
Devi sforzar Arsace Quanto vago agli occhio miei Ad Armindo
Ad accettar la sfida. Tanto orribile tu sei Ad Arsace
P: E pur sei tanto audace Infedele, ingannator.
Quando ragion non hai?
R: Altra ragion cercai SCENA II.
Per non turbare agli amor tuoi la pace: Arsace, Rosmira, Armindo, Emilio.
Ma della pugna mia la giusta brama,
Or ti svelo il segreto, è di gran Dama. E: Principe ardir… Ad Arsace
P: E chi sdegnata aspira piano
Ad oltraggiar l’idolo mio? Arm: Quanto ti devo! Piano a Rosmira
R: Rosmira! E: E temi Ad Arsace
P: Rosmira? piano
R: Si, di Cipro D’uno, che sa stringere il brando appena?
La principessa offesa R: In marziale arena Piano ad Armindo
Di là mandommi al singolar cimento. Te per compagno io chiamo.

13
Arm: Acconsento all’impegno, anzi lo bramo. Vuol tornare alla sua sponda
E: Io da lui provocato Piano ad La rubella
Arsace Navicella,
Andrei nel campo Che la sponda abbandonò.
Certo di trionfar con alma audace. Ma quel lido,
A: Non diresti così se fossi Arsace. Respingendo indietro un’onda,
E: E qual tema t’affanna? Da te scaccia il legno infìdo.
A:7 (Oh potessi parlar!) Tanto poi tornando viene,
R: (Son pur tiranna) Che a posarsi alfine arriva
E: Men superba andrà la sorte Su l’arene
Più che forte De la riva,
La disprezza il nostro core; Che da se lo discacciò.
E nemici avendo i fati,
Pugneremo sventurati SCENA V.
Ma non privi di valore. Partenope, Armindo, Ormonte.

SCENA III. P: Ormonte, ti destino


Arsace, e poi Rosmira, che torna. Giudice della pugna.
O: A te m’inchino.
A:8 Rosmira, ove ti guida Arm: A favor d’Eurimene
Sdegno tiranno, e cieco? Assiste il braccio mio:
Dove o Rosmira, e dove sei? Invitommi, accettai.
R: Son teco. P: Paga son io.
A: E pur de’ miei tormenti O: E di Arsace in difesa?
Non ben sazia sei tu? Arm: Emilio s’impegnò.
R: Vi resta ancora un non so che di più. P: Segua l’impresa.
A: Dovresti alfin placarti, Vanne, l’armi prepara,
Perdonando a chi t’ama. Ed il campo disponi,
R: Arsace parti. Poi vengano a cimento i due campioni.
A: Ch’io parta? E agli occhi tuoi O: Saprò, servo fedel de’ tuoi comandi
Son d’orrore così? Disporre il campo, e preparare i brandi. Parte
R: Partir non vuoi? Arm: Splendan per me sereni
A: Non adirarti, addio. Parte a passo Di Partenope i lumi,
lento E mi seconderanno, e Sorte, e Numi.
R: (Quanto strana son’io! Dal chiaro splendore
Da me lo scaccio, e in seno Di stelle
Idolo del mio cuore egli soggiorna) Sì belle
A: Mi richiamasse almeno! Al porto bramato
R: Arsace, torna! Guidato
A: Eccomi, deh pietosa Sarò.
Al grave affanno mio Un’aura seconda
Porgi qualche ristoro. Conforta il mio core
R: Arsace addio. E lieto per l’onda
A: Cara, le piante arresta. Godendo men vò.
R: Taci, partir mi voglio, e tu qui resta.
A: Barbara, mi schernisci, e questa è fede?
Tiranna mi disprezzi, e questo è amore? SCENA VI.9
Ahi, che negar perdono a chi tel chiede Logge pensili, che per andar al boschetto del Giardino
E’ troppa crudeltà, troppo rigore. del Palazzo di Partenope.
Arsace, e poi Rosmira.

SCENA IV. A: Non chiedo o miei tormenti,


Rosmira. Che mi lasciate in pace,
Sol per brevi momenti
R: Par che d’Arsace sia Date qualche respiro al cor d’Arsace.
Implacabil nemica, e sono amante; Stanche son quelle luci
In un medesmo istante, Di vegliar sempre al duolo.
Piena di gelosia, piena d’amore, Deh, con placido volo
Lo sgrida il labbro, e lo sospira il core. Vieni, o pietoso oblìo,
Egli torna io lo scaccio, Ristora il petto mio cadente, e lasso:
E pure alfin dovrà posarmi in braccio. E de’ riposi miei sia letto un sasso.

14
Si mette a dormire al suono di breve sinfonia. INTERMEZZO TERZO
R: Ancor temo di Arsace,
Prìa mi promette fede, Eurilla in abito d’Armena e poi Beltramme
Poi Partenope brama,
Indi quella disama, e a me sen riede. Eur. Ho risoluto al fine
Vedi, che instabil core, Di andarmene in Levante,
E come varia agevolmente amore, vestita come van le Levantine
S’egli tacer saprà senza la cuffia, e senza il guardinfante.
Sino a quel punto, che Rosmira chiede, Qui non ho forte alcuna
Altro segno darà d’una gran fede. Vò cangiar loco per cangiar fortuna.
Che miro? Arsace dorme, Permetterà Aprimene,
Sogno infausto, ombra rìa quando ritornare in Oriente
Non funesti il tuo sonno, anima mia! con tutta la sua gente il mar sen varca,
Begli occhi del mio ben dormite in pace ch’io mi possa imbarcar nella sua barca.
Dormite in pace sì, ma vegli il core! Bel. Chi farà mai costei?
Guardandola attentamente.
Eur. Ancor non mi ravvisi?
SCENA VII. Bel. Tò, tò, che vedo! Eurilla mia tu sei.
Partenope, e detti. Eur. Eccomi fatta Armena.
Bel. Tu vai mutando scena.
R: Vien la regina, ardire, E in ogni metamorfosi che fai,
che simulare io deggio: ottimamente stai,
Dormi Arsace? né di guardarti io saziar mi posso,
Partenope resta indietro osservando. ciò che ti metti ti sta bene addosso.
P: Che veggio? Solo a prò dei miei guai
R: Potrei con questa spada Scorgo, che bene non ti muti mai.
Del tuo sangue infedele aprir le vene; Eur. Non è come tu credi,
Ma l’alma d’Eurimene che mutata mi son da capo a piedi.
D’esser rea di viltà non è capace. Bel. Si nella vestitura,
P: Che ardito cavalier! ma la tempra del core, è molle o dura?
R: Destati, Arsace! Lo scuote, lo sveglia Eur. Per te nel petto mio
A: Rosmira… Sì gran pietà si genera,
P: Se la tradisti, e come ch’io tutta diventai tenera tenera.
Ardisci di chiamar Rosmira a nome? Bel. A tanti miei sospiri
R: Parla con chi nol sente, pur al fin ti sei mossa.
E da Rosmira aver pietade aspetta, Eur. Son composta ancor io
E Rosmira lo sdegna, e vuol vendetta. di carne e d’ossa.
P: Voglio vendetta anch’io. Languiscono d’amor tanto i pastori,
R: La vuole il braccio mio, che fanno innamorar le pastorelle,
Da forte impegno a prò di lei son messo. e mosse a corrispondere agli amori,
P: Si, si vendetta! al fin diventan pecore l’agnelle.
A: (E favellar non posso!) Bel. Veramente è così, dagli e ridagli,
P: Un core infedele è difficile assai che tu la sbagli.
Si deve punir. Eur. Sai perché? Perché amore
A: (Che pena crudele, Piace alle poverine, e alle signore.
Mi sento morir!) Bel. E un uomo senza amore
R: Un’anima ingrata è un uom salvatico,
Si deve spezzar. che amor d’ogni bell’anima
A: Sei troppo spietata Piano a Rosmira è il companatico.
(Potessi parlar!) Io per te serbo in petto fiamma,
P e R: Amante che non sarà dal tempo estinta:
a2 Incostante tu m’ami?
Nel regno d’amore, Eur. E di che tinta?
Che pensi di far? Bel. Sicchè sperar potrò
A: (Che fiero dolore Qualche mercè.
Tacere, e penar!). Eur. Più presto si, che no.
Bel. Oh, potessi arrivare
A stabilir le nozze del desio.
Eur. Impegnati di fare sempre,
ma sempre sempre a modo mio.
Bel. Ci farò nelle cose

15
Ragionevoli, oneste e doverose. Del corpo le vene.
Eur. Te l’accordo, ma senti, Eur. Si mio bene.
al pari d’una libera licenza Bel. Si mia cara.
la stitichezza aborro. A2 Tira, tira, lenta, lenta,
Concorri tu col mio parer? ferma, ferma, para, para,
Bel. Concorro. tira, lenta, ferma, para.
Guance morbide, guance intatte Eur. Tante gioie, se piovono adesso
Tutte fragole e tutte latte… In appresso,
(è impossibile di star saldo) che cosa sarà?
Oh che caldo, Bel. Queste piovano, e piova bem presto
che caldo che fa. Anche il resto,
Smaniando per la scena, facendosi vento. Si e diluvio verrà.
ricompone. Eur. Venga pure.
Bel composto di più cose Bel. Si venga.
Odorose, A2 Ma non spenga
saporite, Una fiamma sì rara.
delicate, Eur. No, mio bene.
voi mi dite, Bel. No vita mia cara.
voi mi fate…
ma già il caldo tornando mi và.
Eur. Per dolce refrigerio
Dell’estremo calor, che senti in seno SCENA ULTIMA.
Qualche favonio respirasse almeno. Luogo destinato per il duello attorniato da chiuso
Bel. A mitigare il mio steccato con luogo da coprirsi nel mezzo e circondato
Fervidissimo caldo del Demonio, da numeroso popolo, spettatore. Trono di Partenope.
ragazza, ci vuol altro che favonio. Tavolino* con foglio della disfida, e due spade nude
Eur. Esser può, che riesca sopra Partenope, e Ormonte, e poi Rosmira, e
Di temprare il to foco all’acqua fresca. Armindo, Arsace, ed Emilio.
Bel. Recar non può ristoro
A fiamma sì cocente e smoderata
Né l’acqua fresca, né l’acqua gelata. O:10 Regina in queste arene Legge il
Eur. Ti consiglio a pigliar l’acqua a passare foglio della sfida in piedi
Bel. Nulla farei se ne pigliassi un mare. Il Principe Eurimene,
Eur. Dunque il tuo foco è un foco, Cavaliere di Rosmira,
ch’estinguer non si può. A pugnar con Arsace il campo chiede
Bel. Ben puoi tu sola Perché a Rosmira egli mancò di fede.
Smorzarlo un poco. P: Qui vengano a cimento
Eur. Io te ne do parola. Eurimene, ed Arsace, io mi contento.
Bel. (me felice), ma poi Ormonte siede; suonano le trombe, e calate le catene a
Prenderai qualche scusa. destra, e a sinistra, le quali Subito tornano ad esser
Eur. No. alzate, vengono da una banda Rosmira, e Armindo,
Bel. Conclusa è la cosa. dall’altro Arsace, ed Emilio.
Eur. E’ già conclusa.
Si danno la mano. E: Arsace t’avvalora,
Bel. Vedo Amore, che pien di dolcezza Perché tanto smarrito?
Colla frezza R: Già del conflitto è l’ora.
D’intorno ci gira. Arm: Più cauto, e meno ardito A Rosmira
Eur. Tira, tira Ti bramo negli assalti.
L’armata tua canna A: (Oh Dio!).
Tutta manna, R: Già parmi,
ch’io sono contenta. Che il trionfo sia mio.
Bel. Lenta, lenta P: Si venga all’armi.
La corda fatale, R: Pronto già stringo il brando,
che al tuo strale Vieni a pugnar!
già perdo la scherma. E: Coraggio… Ad Arsace
Eur. Ferma, ferma, R: Arsace, e quando?
la piaga è già troppo, O: (Come confuso ei resta!)
non ho stoppa E: E di che temi?
per farci la chiara. R: Che tardanza è questa?
Bel. Para, para Arm: Tanto non ti fidar del tuo valore…
La gioia, che abbonda R: Ho già vinto!
Tutte inonda

16
E: A battaglia! Ad Arsace Ecco Rosmira giace:
A: E con qual core? Ad Emilio Sallo amor s’io son essa, e sallo Arsace.
E: E che t’opprime i sensi? E: Che ascolto mai!
O: (Quanto sospeso stà!) O: Che sento!
R: Che fai, che pensi? Arm: Inaspettato evento!
P: Arsace più non tardi, P: Sorti, t’abbraccio:
Al cimento sia mosso E tu perché tacesti? Ad Arsace
Dal mio comando. A: Ella impose così.
A Partenope resta Rosmira pensosa, e confusa come R: Fu mio volere
stava Arsace. Per far di lui vendetta,
Per provar la sua fe’ nel suo tacere.
A: Pronto già stringo il brando O: Ora intendo…
Vieni a pugnar, ma scopri il petto… e quando? E: Or conosco…
E: Gran dubbio in me si desta O: …perché senza parlar soffristi tanto.Ad Arsace
D’occulta frode… E: …Che l’alterezza tua degna è di vanto. ARosmira
A: E che tardanza è questa? Arm: Or so qual’è la face, A Rosmira
Arm: Dove sono Eurimene Che in te scintilla, e che sgomenta Arsace.
Gli alteri del tuo cor nobili sensi? P: Armindo sia mio sposo!
O: (Certo è l’inganno suo!) Arm: Sospirato riposo!
A: Che fai, che pensi? P: Sia tua Rosmira! [Ad Arsace]
Arm: Qual timor discolora A: Alfin pur mia sei tu!
La tua sembianza? R: Idolo mio non mi tradir mai più.
A: E non risolvi ancora? P: Tu vanne in libertà: [Ad Emilio]
P: Togli l’altrui sospetto. Regna di Cuma in sul bel lido aprìco;
R: Ch’io denudi il mio petto?11 Se amante non ti vo’, ti voglio amico.
Ch’io scopra il seno mio,
Dove un popolo intier m’osserva, e mira? Coro: Viva viva Partenope bella
Ah reìna, non posso: io son Rosmira! Viva viva Partenope viva;
P: Tu Rosmira! Tutt’adorna di luce novella
Si leva in piedi, poi scende dal soglio. Splenda sempre quest’inclita riva.

R: Ai tuoi piedi IL FINE


S’inginocchia

1
Questa nostra edizione del libretto segue come fonte principale - quando non diversamente indicato - la partitura
manoscritta autografa di Vinci conservata a Londra, British Library (GB-Lbl), confrontata con le edizioni di Napoli
1699, Napoli 1722 e Venezia 1725 (quest’ultima conservata presso il Civico Museo Bibliografico Musicale del
Conservatorio di Bologna: I-Bc) del testo di Silvio Stampiglia nelle varie elaborazioni musicali. Alcuni tagli sono stati
imposti dal manoscritto musicale in cui Vinci non ha musicato alcune intere scene. Non presentano divergenze i testi
delle arie staccate di Rosmira fedele di Vinci conservate nella Biblioteca Nazionale Marciana (d.f.).
2
1725: “amor”.
3
Nel ms. autografo: “Ars. E poi Rosmira e Partenope”.
4
1725: “il è cimento”.
5
1725: “E’ chiaro”.
6
1725: “derisce”.
7
1725: Arsace è indicato come Rosmira.
8
1725: Arsace è indicato come Rosmira.
9
1725: “Scena IV”.
10
Nei primi 5 versi di Ormonte i caratteri del libretto sono inversi: didascalie in tondo e versi in corsivo.
11
1725: “Ch’io denudi mio il petto?”.

17

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