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KURT COBAIN E I NIRVANA

Kurt Donald Cobain nasce nel febbraio del 1967 ad Aberdeen, una piccola
cittadina di provincia non lontana da Seattle, da Wendy e Donald Cobain. La
prima parte della sua infanzia trascorre molto serena. Kurt è quello che si
può definire un vero e proprio bambino prodigio. È precoce su tutto e ha
una propensione artistica enormemente sviluppata sin dai primi anni di vita.
È un bambino curioso e molto sensibile, impara a disegnare benissimo
ancora prima di iniziare a parlare. È sempre impegnato in qualche attività,
energico e in costante movimento. La sua camera da letto è ricordata dai suoi
parenti come una sorta di studio d'arte, dove disegnava con precisione i suoi
personaggi preferiti di film e cartoni animati.
Cobain inizia a manifestare dell'interesse per la musica all'età di due anni.
Qualsiasi canzone gli venisse richiesta, Cobain riusciva a interpretarla sia
strumentalmente sia vocalmente dopo averla ascoltata poche volte. All'età di
quattro anni inizia a suonare il pianoforte e a cantare. Grazie alla madre, Kurt
impara ad ascoltare e ad amare artisti come i Ramones e i Beatles.
Successivamente quando Cobain comincia ad andare a scuola si unisce
all'orchestra dell’istituto, in cui suona il tamburo e la batteria. Durante le
lezioni non impara a leggere la musica, bensì si limita a imitare ciò che i suoi
compagni suonano. Per il suo quattordicesimo compleanno Cobain riceve
dalla zia una chitarra elettrica e un amplificatore. Inizia a suonarla, sebbene
fosse disastrata e nonostante il parere contrario della madre, e capisce di aver
trovato il suo strumento. Dopo una settimana impara gli accordi principali e
memorizza Back in Black degli AC/DC e Stairway to Heaven dei Led
Zeppelin e inizia a scrivere le proprie canzoni. Cobain è ambidestro, ma più
in là sceglie di suonare la chitarra da mancino con le corde montate
normalmente poiché c'erano pochi musicisti mancini e in tal modo sarebbe
stata una caratteristica che lo avrebbe distinto.

L’ inesauribile energia creativa di Kurt inizia con il passare degli anni a


preoccupare la madre che non è in grado di gestirla. Come succedeva molto
spesso all’epoca, Kurt viene portato da un pediatra che lo etichetta senza
troppi problemi come “iperattivo” con disturbo dell’attenzione e la madre,
sul consiglio del medico, inizia a “curarlo” con dei tranquillanti. Ma i veri
problemi iniziano all’età di 8 anni, quando i suoi genitori divorziano. Per
Kurt è un vero e proprio spartiacque. Da quel momento inizia a diventare
introverso e solitario. Nella piccola e bigotta cittadina di Aberdeen quasi
nessuno è divorziato e i compagni di classe lo prendono in giro e lo
escludono per questo. La frustrazione che deriva dall’umiliazione e dal senso
di inadeguatezza sarà una costante della vita di Cobain e le origini sono da
ricercare proprio in questo evento. Kurt non accetta la realtà e vuole
disperatamente una famiglia normale. Sfoga tutta la sua tristezza e il suo
disagio rendendo impossibile la vita alla madre e alla sorella, poco più piccola
di lui. Inizia a frequentare pessime compagnie e a commettere molte bravate.
La madre decide, quindi, di allontanare Kurt dalla sua casa, mandandolo a
vivere con il padre. Il primo periodo di convivenza con il padre si rivela per
Kurt uno dei momenti più felici della sua adolescenza, ma l’idillio si spezza
nel momento in cui Donald Cobain decide di risposarsi con una donna che
aveva già altri due figli. Per Kurt è l’ennesima delusione e ricomincia a
comportarsi in maniera aggressiva e violenta. Viene sballottato come un
pacco da una casa all’altra tra zii e nonni. Tutti lo cacciano di casa dopo due
settimane finché la madre a malincuore non è costretta a riprenderlo con sé.
A causa di quel periodo di “rifiuti”, Kurt svilupperà un senso di insicurezza e
un’enorme paura di essere ferito emotivamente che lo accompagneranno per
tutta la vita e che saranno spesso il motore di alcune delle sue canzoni più
straordinarie.
Secondo quando racconta lo stesso Cobain, il suo primo tentativo di
suicidio risale proprio all’epoca del liceo. Dopo aver bevuto e fumato erba, si
stende sui binari di un treno che tuttavia all’ultimo momento devia sul
binario adiacente. Dopo una serie di risultati negativi, Kurt decide di lasciare
gli studi e la madre, stanca della sua problematicità, lo caccia di casa. Inizia
così un vero e proprio periodo da homeless. Kurt dorme dove capita, a volte
nella sala d’attesa dell’ospedale della città, a volte in macchina o a casa di
amici. Sta di fatto che proprio in questo periodo Kurt decide di darsi una
possibilità attraverso l’unica cosa che gli piace fare davvero: suonare e
comporre.

Aberdeen, d’altra parte, non offre grandi possibilità artistiche. È un piccolo


centro di commercianti di legname che dopo aver avuto un breve momento
di sviluppo nel boom economico del dopoguerra diventa negli anni ’80 la
città con più alto tasso di disoccupazione nello stato di Washington, un
ambiente bigotto e conservatore senza nessuno stimolo artistico per ragazzi
come Kurt. L’unico gruppo locale che si era affermato nel pantheon del punk
nazionale erano appunto i Melvins, che hanno avuto un’influenza
incalcolabile sul giovane Cobain, sia a livello personale che a livello musicale.
Erano, infatti, i tempi in cui i gruppi punk raramente attiravano più di un
centinaio di persone ad un concerto, e dopo i live spesso i musicisti si
mischiavano con il pubblico. Kurt aveva visto i Melvins dal vivo per la prima
volta nel 1984, a sedici anni e in quell’occasione stringe amicizia con il leader
della band, Buzz Osborne che qualche giorno dopo gli avrebbe dato una
cassetta con una compilation di pezzi punk, tra cui i brani dei Black Flag e
dei Flipper. Kurt ne rimane folgorato e passa i mesi successivi ad imparare a
memoria quelle canzoni. Con la scoperta del punk Kurt trova la sua vera
ispirazione: quei brani esprimevano esattamente ciò che sentiva dal punto di
vista sociale e politico ed era un bel sollievo scoprire che, per certi versi, non
era solo nella sua rabbia e nel suo disagio.

Qualche tempo dopo sarà proprio Buzz a presentare a Kurt Krist Novoselic,
amico fraterno per tutta la vita di Kurt nonché bassista e cofondatore dei
Nirvana e Dale Crover, il batterista dei Melvins che suona nelle primissime
demo dei Nirvana (è sempre Buzz che qualche anno dopo presenta Dave
Grohl agli altri due). Krist e Kurt diventano inseparabili e il loro principale
riferimento musicale è in questo momento è un genere che possiamo
definire un interessante ibrido sonoro tra le esperienze passate del
primo punk (Sex Pistols), l’hard rock dei Led Zeppelin e dei Black
Sabbath e una vena melodica di evidente marca pop. Questo particolare
tipo di rock nasce proprio a Seattle (a pochi km da Aberdeen) verso la
metà degli anni Ottanta e per quanto limitato dal punto di vista commerciale
per i fan era quasi paragonabile ad una religione, al centro della quale c’era
un gruppo di artisti del tutto ignorati dai canali mainstream. D’altra parte i
musicisti punk di questo periodo non consideravano il successo commerciale
un elemento indispensabile per legittimare il loro lavoro e avevano parecchi
pregiudizi nei confronti della musica popolare. La cultura punk è di forte
ispirazione per Kurt quindi non solo a livello musicale, ma anche etico e
culturale. Visto che molti dei suoi artisti preferiti non avevano visibilità sulle
radio commerciali e i loro dischi non raggiungevano la grande distribuzione,
bisognava cercarli nei negoziati indipendenti che per i fan del punk
diventarono una specie di seconda casa.

Mentre la sua cultura musicale si accresce, Kurt trova lavoro come bidello e i
pochi soldi che guadagna li investe per affittare una sala - prove dove passa
intere giornate a suonare con Krist e i vari batteristi che si avvicenderanno
prima di Grohl. Kurt si dimostra sin dall’inizio un vero e propio maniaco
della perfezione. Chiede al gruppo di suonare e risuonare lo stesso brano per
ore finché non è convinto di ogni singolo particolare. È accurato nella scelta
delle parole e dei suoni, maniacale sulla resa della potenza dei riff e sulle
ritmiche. Insomma lavora da professionista fin dal primo momento, anche se
inizialmente si tratta semplicemente di prove davanti ad un paio di amici.

Nel 1986 nascono ufficialmente i Nirvana e Kurt si decide a lasciare la


confort zone della sala prove per iniziare a portare la loro musica in giro.
All’inizio si tratta di concerti in piccoli club, date spesso non pagate o come
apertura a gruppi più importanti, ma per Cobain e Novoselic è un periodo
felice ed esaltante, in cui iniziano a credere di poter trasformare la loro
passione in un progetto professionale. Lavorano sodo, Kurt scrive ogni
giorno e il gruppo perfeziona il repertorio e il sound. Vengono così notati
dalla Sub Pop, un’etichetta indipendente che ha sotto la sua ala molte di
quelle nuove band che poi costituiranno il serbatoio principale del Grunge
americano (saranno i primi a mettere sotto contratto oltre i Nirvana, i
Mudhoney e i SoundGarden). La musica prodotta dalla Sub Pop rispecchia
in pieno lo stato d’animo dei giovani americani dei tardi anni Ottanta, non
più in prima linea nel difendere i diritti civili e nel condurre campagne
pacifiste (come era stato per la cultura hippie), ma impegnati piuttosto a
fronteggiare quel senso di insicurezza e di impotenza per un avvenire privo
di riferimenti. È una generazione senza sogni collettivi e che ha perso il
gusto della contestazione, vive in maniera passiva e indolente e intuisce il
malessere che la circonda ma lo guarda con aria disincantata, come se non
fosse parte di sé.

Inizia così ufficialmente l’avventura discografica dei Nirvana che incidono per
la Sub Pop il loro primo singolo Big Cheese e subito dopo, con la produzione
di Jack Endino, giungono a pubblicare nel 1989 il loro primo album
BLEACH (che la leggenda vuole realizzato con un budget di appena 600
dollari). Con questo primo album i Nirvana si affacciano ufficialmente sul
panorama grunge rock del momento che vede schierata un’intera legione di
bands, tra cui i SoundGarden, i Pearl Jam e gli Alice in Chains (solo per
citare i più famosi). Bleach contiene già tutti gli elementi del sound del
gruppo anche se è di matrice decisamente più punk che grunge, con canzoni
prevalentemente assordanti, sgraziate, spigolose con riff nevrotici, che
prendono in prestito le sonorità di Rolling Stones e degli Aerosmith, ma
sempre sorrette da una melodia paurosamente umana e quasi pop, e con
ritornelli così violenti da far pensare a slogan rivoluzioni più che a canzoni
rock. È fortissima anche l’influenza dell’hard rock dei Led Zeppelin con
sfumature decisamente blues. Eppure il capolavoro di questo primo album è
forse proprio About a Girl, in cui la sonorità garage rock si unisce ad una
melodia dolce da folk-rock anni settanta. L’effetto dell’album sulla scena
indipendente è esplosivo, la band diventa rapidamente oggetto di culto nei
circuiti alternativi.

ABOUT A GIRL - BLEACH (1989 il batterista è Chad Channing)

https://www.youtube.com/watch?v=JIx2H-plXdU

Il tour americano di Bleach, invece, è decisamente punk: la band assume


sul palco comportamenti volutamente provocatori e fuori controllo. Quando
Kurt distrugge la chitarra sul palco, praticamente il marchio di fabbrica dei
primi Nirvana, imita apertamente Pete Townshend degli Who, che fin dal
1964 lo faceva dopo aver suonato My generation, il loro inno anni Settanta.
Sfasciare gli strumenti era perfettamente in linea con il lato più anarchico del
punk, ma a differenza dei suoi colleghi Kurt fin da questo primo disco mostra
la ossessione e devozione artistica per i Beatles, cosa davvero insoliti per la
scena musicale da cui provenivano i Nirvana. I componenti della band si
riferivano ai Beatles utilizzando l’espressione “la parola con la B”, come se
ascoltarli fosse una sorta di guilty pleasure.

Dopo il tour americano, nel 1989, i Nirvana partono per la loro prima
tournée europea che si rivela poco proficua in termini di successo. È in
questo periodo che Cobain inizia a soffrire di episodi sempre più frequenti di
depressione che, aggravata dai sempre più lancinanti dolori allo stomaco che
lo perseguitano fin dall’adolescenza (nella tappa di Roma il cantante ha un
collasso nel bel mezzo del concerto), lo porta a iniziare a fare uso di eroina.
Con il rientro a Seattle, le cose sembrano prendere la giusta piega: Dave
Grohl, già apprezzato batterista nella scena underground di Washington, si
unisce stabilmente ai Nirvana. Per Kurt è come trovare il pezzo mancante e si
crea finalmente quell’alchimia sonora che Cobain andava cercando da tempo.
Kurt sente che è il momento di scattare di livello e cercare di portare la
musica dei Nirvana dalla scena indipendente ad una realtà commerciale più
vasta. Pur riconoscendo che la scena indipendente aveva avuto
un’importanza fondamentale nella sua crescita artistica e continuando a
nutrire rispetto per la cultura indie, Kurt non si ritrovava più in
quell’atteggiamento fondamentalista, secondo cui cercare una diffusione
mainstream equivaleva necessariamente a “vendersi”. I Nirvana, insomma,
sono pronti per firmare con una major, ma ovviamente è necessario trovarne
una che sia in grado di rispettare e valorizzare la vera natura della band. La
scelta della band ricade alla fine sulla GEFFEN RECORDS, dal momento
che avevano avuto riscontri positivi dai Sonic Youth, uno dei gruppi indie di
riferimento dei Nirvana (che anni prima li avevano scelti per aprire alcune
delle loro date) che aveva firmato con quella major qualche anno prima.

Il risultato è l’album NEVERMIND del 1991, prodotto da Butch Vig,


registrato in poco più di 16 giorni quasi tutto dal vivo, forse il più importante
album rock del decennio con cui i Nirvana raggiungono nel giro di un anno il
primo posto nelle classifiche di vendita degli Stati Uniti. La vera forza di
questo album è propio quello che Kurt aveva iniziato a sperimentare con
“About a Girl” di Bleach: la combinazione geniale tra la crudezza di suoni
punk e hard rock con una complessità lirica e una purezza emotiva che
raramente si trovava nel pop dell’epoca. La cosa che più stupisce di questo
album, infatti, è proprio la straordinaria sensibilità pop di Kurt per la
melodia e per il fraseggio e la sua capacità di creare dei “ganci”, degli “hook”
capaci di imprimersi nell’orecchio e nella memoria dopo il primo ascolto. Il
successo, infatti, arriva sopratutto in virtù di un brano, Smell like Teen
Spirits. A renderlo uno dei 10 brani più importanti della storia del rock non è
solo il riff di chitarra, non è solo la voce di Kurt che passa dal sussurro
all’urlo, ma soprattutto la notevole capacità di Kurt Cobain nel songwriting.
Cobain è innanzitutto un autore di canzoni, conosce bene l’arte della
melodia, costruisce brani su progressioni armoniche non usuali (proprio
come facevano i Beatles) e gioca con intelligenza con i contrasti. Recupera
dall’Inghilterra la poetica del dark con liriche semplici ma dal grande effetto
visivo e recupera i suoni del Metal e dell’Hard Rock per trasformarli nell’urlo
di una generazione che all’alba degli anni Novanta si sente invisibile e
inascoltata.

Il successo, tuttavia, si rivela un’arma a doppio taglio per Kurt. Già prima
della lavorazione di Nevermind, Cobain era preoccupato per la possibile
reazione negativa del pubblico indie. Non voleva dare l’impressione che
d’improvviso stesse puntando al successo commerciale ma piuttosto
desiderava condividere la sua personale visione della musica con un pubblico
sempre più vasto. E infatti le critiche non tardarono ad arrivare: alcuni
puristi punk dichiararono che si trattava di un album troppo rifinito, trollo
leccato e che la band si era “venduta” e snaturata. In Kurt inizia
probabilmente a crescere un dissidio interiore: a livello artistico e personale,
Kurt voleva essere accettato in tutte le sue sfaccettature del suo adolescente
interiore. Si identificava profondamente con gli emarginati che si rifugiavano
nella sottocultura indie, aveva sempre difeso ogni tipo di minoranze, era
apertamente femminista e si batteva per i diritti dei gay (causa che gli stava
molto a cuore dal momento che sua sorella era lesbica e al liceo uno dei suoi
pochi intimi amici era apertamente omosessuale), ma allo stesso tempo
apprezzava la gioia di entrare in sintonia con un pubblico più vasto e i
Nirvana erano eccitati all’idea che la loro musica fosse trasmessa dalle grandi
radio rock. Anche Mtv è stata fondamentale per rendere i Nirvana un
fenomeno di massa: il video di Smell like Teen Spirits (il cui storyboard viene
interamente disegnato da Kurt) fa sì che la musica dei Nirvana raggiunga un
target di pubblico, fino a quel momento insperato per un gruppo grunge.

SMELL LIKE TEEN SPIRITS

https://www.youtube.com/watch?v=hTWKbfoikeg

Iconica esibizione ad SNL contro l’omofobia 1992

https://www.youtube.com/watch?v=qeIXZXtbGjQ

D’altra parte Kurt si rende ben presto conto di essere intollerante ad alcuni
aspetti del successo: odia fare interviste e rispondere a domande banali e
superficiali, è nauseato dalla pratica della firma degli autografi e
dall’impossibilità di girare in libertà senza essere riconosciuto. È disgustato
dall’idea di essere “adorato” da orde di ragazzini che si vestono esattamente
come lui e odia essere etichettato come portavoce della cosiddetta
“generazione X” perché il suo obiettivo non è mai stato quello di creare
categorie e definizioni, ma solo di esprimersi con la sua arte e condividere il
suo malessere con chi poteva riconoscervisi e sentirsi meno solo, proprio
come era accaduto a lui dopo aver ascoltato la sua prima compilation punk.
La pressione mediatica per uno come Kurt, da sempre un outsider e un
emarginato, doveva sembrare surreale e il cantante iniziò sempre più spesso
a camuffarsi per non essere disturbato quando andava in giro.

Nel momento dell’apice del successo dei Nirvana a complicare le cose nella
vita di Kurt arriva Courtney Love, leader e cantante dell’esordiente gruppo
post punk delle Hole, carismatica e problematica. I due si innamorano e si
sposano e mentre Nevermind supera in classifica persino Dangerous di Michael
Jackson insieme riprendono a fare uso di eroina quotidianamente. Così nei
due anni seguenti, quelli che separano il successo di Nevermind dall’uscita
del terzo album dei Nirvana IN UTERO, l’esistenza di Cobain è
costantemente illuminata dai riflettori dell’informazione: la sua vita privata,
il matrimonio con Courtney, la gravidanza di lei, le loro storie con la droga,
l’acquisto di armi, le liti e le rissa in casa diventano oggetto di infiniti
articoli, non solo su giornali scandalistici, ma anche su testate come “Vanity
Fair”. La coppia aveva reagito inizialmente con calma e poi con crescente
nervosismo fino a chiudersi letteralmente in un isolamento volontario dentro
il loro appartamento. Nel 1992 la coppia mette al mondo la loro unica figlia,
Frances, che nasce tossicodipendente e che viene inizialmente sottratta ai
coniugi Cobain dai servizi sociali. Per riavere l’affido della piccola, Kurt e
Courtney sono costretti a ripulirsi momentaneamente della droga e Kurt
trova finalmente la forza per disintossicarsi temporaneamente e rimettersi a
comporre.

Nel 1993 viene pubblicato il terzo e ultimo album dei Nirvana, IN UTERO,
con la produzione di Steve Albini (che in un primo momento doveva
intitolarsi I HATE MYSELF AND I WANT TO DIE), un grandissimo
successo anche se meno esplosivo dell’album precedente, un disco segnato
dalla crisi sempre più profonda di Kurt, della sua incapacità di sopportare il
peso della fama, la tensione del successo e l’ansia della creatività. Anche se
alcune canzoni del disco risaliva ad anni prima, Kurt le ordina in base ad una
specie di visione mistica che lega insieme nascita, malattia, morte e rinascita.
Oltre a “Rape me”, molti dei brani nascono dalla convinzione che gli attacchi
a Courtney (ormai vista da tutti come la donna che lo aveva fatto precipitare
nell’abisso) avessero una forte valenza misogina. Alcuni brani, invece, furono
scritti dopo la nascita di Frances, e parlano della paura di essere genitori.
“Heart shaped box” parla invece di quanto poco gli uomini comprendano le
donne e ingenerale l’album è una profonda riflessione su cosa significhi stare
accanto ad una donna. La stessa copertina dell’album è ispirata ai
cambiamenti che avvengono nel corpo femminile durante la gestazione.
Comunque per quanto l’intenzione di Kurt fosse con questo album ritornare
ad un sound più punk e aggressivo, è il disco in cui ci sono le melodie più
belle.

Nel frattempo Kurt scivola di nuovo nel tunnel dell’eroina, ma stavolta


minimizza il problema e si rifiuta di fare terapia. In questo periodo riesce
ancora a tenere la dipendenza sotto controllo e riesce ancora a spingere i
Nirvana verso un’ulteriore evoluzione. Dopo aver sperimentato un set
acustico di 20 minuti durante il tour di promozione dell’album riesce a
convincere Mtv a realizzare quello che è definito da tutti il miglior concerto
dei Nirvana in assoluto: l’MTV UNPLUGGED a New York del 1993. Per
quanto le persone della crew abbiano confermato che Kurt era strafatto poco
prima del concerto, l’esibizione di Kurt è tra le più intense e commoventi,
complice anche l’arrangiamento dei brani in chiave acustica con il supporto
anche di un secondo chitarrista e una violoncellista. È tra le più grandi
performance rock di tutti i tempi. Per l’intera serata Cobain, pur non
riuscendo a nascondere il suo nervosismo, rimane lucido e controllato. Il
pubblico era in un religioso silenzio e l’atmosfera era intima, surreale e
ultraterrena. Subito dopo, quando la manager del gruppo si avvicina a Kurt
per fargli i complimenti, Kurt replica: “Abbiamo fatto cagare. Sono un
chitarrista di merda”. In realtà l’Unplugghed di Mtv rende davvero giustizia a
Kurt perché palesa il suo talento più grande, quello di songwriter e di
cantante. inoltre, gli aveva dato l’occasione di dare visibilità agli artisti che
ammirava, ad esempio presentando una cover del brano di Bowie, The Man
Who Sold the World.
SOMETHING IN THE WAY - MTV UNPLUGGHED 1993

https://www.youtube.com/watch?v=1YhR5UfaAzM
THE MAN WHO SOLD THE WORLD - MTV UNPLUGGHED 1993

https://www.youtube.com/watch?v=fregObNcHC8

Nel marzo del 1994, dopo un litigio con Courtney, Kurt tenta il suicidio con
un mix di alcol e anti depressivi a Roma, entra in overdose e viene ricoverato
in ospedale tra la vita e la morte. Dopo una lavanda gastrica, si riprende, ma
da quel momento Cobain entra in una spirale di depressione e auto
distruzione. Courtney lo convince a rientrare in riabilitazione in una clinica a
Los Angeles, ma dopo pochi giorni Kurt scappa e l’8 aprile del 1994 viene
trovato morto nella sua villa a Seattle dopo essersi sparato (probabilmente
tre giorni prima) un colpo di fucile in pieno viso. Pare che accanto a lui sia
stata ritrovata una lettera scritta da Kurt a “Boddah”, amico immaginario del
cantante sin dall’infanzia.

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