Corpi deformabili
1. Considerazioni introduttive
Nei capitoli XIII e XIV è stata studiata la meccanica dei
corpi rigidi, definiti come tali se la distanza tra due loro punti
generici resta invariata, qualunque sia la sollecitazione alla quale
sono soggetti. In realtà l’esperienza mostra che le sollecitazioni
determinano deformazioni più o meno notevoli, dipendenti dalla
natura del corpo. Una sbarra metallica e un elastico, soggetti
alla stessa sollecitazione, presentano deformazioni molto diverse;
nella prima la deformazione è rilevabile solamente con apparecchi
molto sensibili, nel secondo è molto vistosa.
A parte queste situazione estreme, un corpo o, più in generale,
un mezzo sottoposto a sollecitazioni, presenta deformazioni che
diremo elastiche se, cessata la sollecitazione, il corpo ritorna alle
dimensioni iniziali; anelastiche se le deformazioni risultano per-
manenti. Lo studio di questi fenomeni, legati essenzialmente alla
struttura microscopica della materia, costituisce un argomento
molto importante della Fisica dei materiali. Ci limiteremo a con-
siderare il problema da un punto di vista macroscopico e prende-
remo in esame corpi in equilibrio, perché se il corpo, soggetto a
forze, è in moto, le deformazioni assumono caratteristiche diffe-
renti.
F
C B A
Fig. 15.1
O ε0 ε
σ = E; (1)
2. Sforzi
Consideriamo ora con maggiore dettaglio, le caratteristiche
degli sforzi. Le forze esterne che agiscono su un corpo vanno clas-
sificate in forze di volume e forze di superficie. Le prime sono forze
che agiscono su ogni particella del corpo; per esempio, la gravità,
le forze d’inerzia, le forze elettromagnetiche ecc. Le seconde sono
forze che agiscono sulla superficie del corpo; cioè forze di contatto
dovute ad altri corpi che esercitano tensioni o compressioni.
Detto dV l’elemento di volume, è conveniente rap-
presentare la forza di volume che agisce su tale ele-
F1 mento con la notazione FdV , dove F rappresenta la
F2 forza per unità di volume. Analogamente, detto dS
l’elemento di superficie del corpo, la forza di super-
B ficie che agisce su tale elemento si indica con FdS,
∆F n dove F è la forza per unità di superficie. Consideriamo
F3 un corpo, in equilibrio, soggetto a forze di volume e
∆S
P di superficie esterne, figura 5. Le forze di coesione,
π
F6 interne, equilibrano le sollecitazioni impresse al corpo.
Scegliamo un punto P interno al corpo, e immagi-
niamo di sezionare il corpo con un piano π generico,
passante per P , in modo da dividerlo in due parti A e B; se il
F5 corpo è in equilibrio, le forze di coesione interne esercitate da B
F4
e le forze esterne applicate ad A hanno risultante nulla. Analo-
gamente, si ha equilibrio tra le forze esterne applicate a B e le
Fig. 15.5
forze di coesione esercitate da A. L’effetto delle forze di coesione
si può ritenere distribuito sul piano π. Su tale piano consideriamo
una areola ∆S nell’intorno di P e fissiamo in corrispondenza la
normale n̂ orientata. Indicando con ∆F la forza relativa a ∆S,
definiamo sforzo nel punto P , la grandezza
∆F
σ = lim .
∆S→0∆S
Naturalmente, per la legge di azione e reazione, uno sforzo oppo-
sto −σ , si desta sull’altra faccia dell’elemento d’area considerato.
Lo sforzo può essere scomposto in un componente lungo la nor-
male n̂, sforzo normale σn , e in un componente tangente a ∆S,
2. Sforzi 381
z
σ z
σzx σzz
σxx
σyx
n̂ σyz
y
σzy σxz
P
σyy σzy
σxy σzx σyy
k σyz
j σxx σyx σxy
O σxz
i y
σzz x
x
Fig. 15.7
In generale, indicando con lzx , lxy , lxz , ecc..., i nove coseni diret-
tori che gli assi x , y , z formano con gli assi x, y, z, le componenti
degli sforzi si trasformano secondo la legge:
σ i j = lii σij ljj ,
i j
Esempi
1. Una sbarra omogenea di sezione S, è sottoposta a trazione mediante
due forze F opposte, applicate lungo l’asse, ai suoi estremi. Determinare
l’orientazione della sezione in cui lo sforzo di taglio ha il valore massimo e
calcolare il corrispondente sforzo normale.
Si immagini di sezionare la sbarra con un piano la cui normale forma
l’angolo θ con l’asse, figura 9. Detta S1 la sezione praticata, si ha
F · n̂ F cos θ F sin θ
σn = = . σt = . n̂
S1 S1 S1
Poiché S = S1 cos θ, possiamo scrivere: S1 σn
F ϑ F
2
F cos θ F sin θ cos θ
σn = , σt = , σ
S S
Fig. 15.9
†Il lettore può consultare: Finzi e Pastori, Calcolo Tensoriale e applicazioni,
Zanichelli.
384 Capitolo 15 - Corpi deformabili
(σxx − σn )
σxy
= 0.
σyx (σyy − σn )
2. Sforzi 385
3. Equazione dell’equilibrio
Si consideri un cubo elementare di volume dV = dxdydz di
un corpo elastico in equilibrio, soggetto a forze di volume e di
z superficie figura 10. Siano σx , σy , σz rispettivamente gli sforzi
sulle facce (dy, dz), (dx, dz), (dxdy); limitandosi a variazioni del
primo ordine:
∂ σx ∂ σy ∂ σz
dz − σx + dx , − σy + dy , − σz + dz ,
dx ∂x ∂y ∂z
dy
k gli sforzi sulle corrispondenti facce opposte. Il segno negativo
O dipende dall’orientazione dei versori degli assi cartesiani. Per l’e-
j y
i quilibrio, si ha
x ∂ σx
FdV + σx dydz − σx + dx dydz + σy dxdz
∂x
Fig. 15.10 ∂ σy ∂ σz
− σy + dy dxdz + σz dxdy − σz + dz dxdy = 0.
∂y ∂z
Svolgendo i prodotti, si ricava:
∂ σx ∂ σy ∂ σz
F= + + . (10)
∂x ∂y ∂z
4. Deformazioni 387
4. Deformazioni
Lo stato di deformazione di un corpo è conseguenza degli
sforzi ai quali è soggetto; infatti le particelle del corpo mutano la
loro posizione iniziale, subendo uno spostamento elementare che,
per comodità, indichiamo con s. Se tutte le particelle presentas-
sero lo stesso spostamento, il corpo non subirebbe deformazioni e
il risultato netto sarebbe uno spostamento rigido. Si ha deforma-
zione quando le particelle hanno spostamenti differenti, cioè se s
è funzione del vettore r che individua la posizione della particella.
Più esattamente, se un punto del corpo nella posizione r, subisce
uno spostamento s ed un punto nella posizione r + dr subisce uno
spostamento s+ds, lo stato di deformazione può essere rappresen-
tato attraverso il vettore ds, o meglio, dalla relazione che lega ds
a dr. La figura 11 mostra il diagramma di tali vettori nell’intorno
di un punto.
ds
dr+ds
s+ d s
s
ds
dr
d s +d r d sn
r d st
O
y
δϕ
dr
x
ds = T dr, (11)
ossia:
∂sx ∂sx ∂sx
∂x ∂y ∂z dx
∂sy ∂sy ∂sy
ds =
∂x
dy .
∂y ∂z
∂sz ∂sz ∂sz
dz
∂x ∂y ∂z
Tuttavia il tensore cosı̀ definito, non solo esprime lo stato di defor-
mazione nell’intorno di P , ma anche una rotazione rigida del
corpo. Occorre dunque isolare la parte di rotazione da quella
di deformazione.
Il tensore T può essere espresso mediante la somma di un
tensore simmetrico TS e di un tensore antisimmetrico TA :
T = TS + TA ,
4. Deformazioni 389
dove:
∂sx 1 ∂sx ∂sy 1 ∂sx ∂sz
+ +
2 2 ∂z ∂x
∂x
∂y ∂x
1 ∂s ∂sx ∂sy 1 ∂sy ∂sz
y
TS = + + ,
2 ∂x ∂y ∂y 2 ∂z ∂y
1 ∂s ∂sx 1 ∂sz ∂sy ∂sz
z
+ +
2 ∂x ∂z 2 ∂y ∂z ∂z
e
1 ∂sx ∂sy 1 ∂sx ∂sz
0 − −
2 ∂y ∂x 2 ∂z ∂x
1 ∂s ∂sx 1 ∂sy ∂sz
y
TA = − 0 − ,
2 ∂x ∂y 2 ∂z ∂y
1 ∂s ∂s 1 ∂sz ∂sy
z x
− − 0
2 ∂x ∂z 2 ∂y ∂z
cosicché la (11) si scrive:
ds = (TS + TA )dr. (12)
Il tensore simmetrico ha elementi Tij = Tji ; il tensore antisim-
metrico ha elementi Tij = −Tji . Il termine TA dr rappresenta lo
spostamento rotatorio elementare del corpo elastico. Infatti si ha:
TA dr =
1 ∂sx ∂sy 1 ∂sx ∂sz
0 − − dx
2 ∂y ∂x 2 ∂z ∂x
1 ∂s ∂sx 1 ∂sy ∂sz
y
− 0 − dy ,
2 ∂x ∂y 2 ∂z ∂y
1 ∂s ∂sx 1 ∂sz ∂sy
z
− − 0 dz
2 ∂x ∂z 2 ∂y ∂z
da cui si deduce:
1 ∂sx ∂sy ∂sx ∂sz
(TA dr)x = − dy + − dz
2 ∂y ∂x ∂z ∂x
1 ∂sy ∂sx ∂sy ∂sz
(TA dr)y = − dx + − dz
2 ∂x ∂y ∂z ∂y
1 ∂sz ∂sx ∂sz ∂sy
(TA dr)z = − dx + − dy .
2 ∂x ∂z ∂y ∂z
La relazione precedente si compendia nell’equazione nell’equa-
zione vettoriale:
1
TA dr = ∇ × s × dr. (13)
2
Tenendo presente il significato di rotore, paragrafo 7.3-VI si può
scrivere
1
∇ × s = δ ϕ,
2
essendo δ ϕ il vettore rotazione elementare. Pertanto l’equazione
TA dr = δ ϕ × dr,
390 Capitolo 15 - Corpi deformabili
†Il lettore può consultare: S.M. Edelglass, Engineering Materials Science, The
Ronald Press Company, New York.
392 Capitolo 15 - Corpi deformabili
xx − −
E E
1 µ
σxx =
yy −
,
D
E E
µ 1
zz −
E E
394 Capitolo 15 - Corpi deformabili
dove
1 1
D= 3
(1 − 2µ3 − 3µ2 ) = 3 (1 + µ)2 (1 − 2µ).
E E
Poiché
µ µ
xx − −
E E
1 µ
yy −
=
E E
µ 1
zz
−
E E
1 µ µ
= 2 (1 − µ) xx + 2 (µ + 1)yy + 2 (µ + 1)zz ,
2
E E E
risulta:
(1 − µ2 )/E 2 E(1 − µ)
C11 = =
(1 + µ) (1 − 2µ)/E
2 3 (1 + µ)(1 − 2µ)
(µ + 1)µ/E 2 µE
C12 = = .
(1 + µ)2 (1 − 2µ)/E 3 (1 + µ)(1 − 2µ)
Si ha dunque
Da queste si ricava:
E 3µσ
σxx = xx +
1+µ 1+µ
E 3µσ
σyy = yy + (27)
1+µ 1+µ
E 3µσ
σzz = zz + .
1+µ 1+µ
Si osservi che i tensori degli sforzi e delle deformazioni (6) e
(16), si possono scrivere rispettivamente come segue:
σxx 0 0 0 σxy σxz
Tσ = 0 σyy 0 + σyx 0 σyz ,
0 0 σzz σzx σzy 0
e
xx 0 0 0 xy xz
T = 0 yy 0 + yx 0 yz .
0 0 zz zx zy 0
Pertanto le (27) si possono esprimere nella forma:
σxx 0 0 0 0 100
0 σyy 0 =
E xx
3µσ
0 yy 0 + 0 1 0 . (28)
1+µ 1+µ
0 0 σzz 0 0 zz 001
Analogamente le (25):
0 σxy σxz 0 xy xz
σyx 0
σyz = 2G yx 0 yz . (29)
σzx σzy 0 zx zy 0
Introducendo la quantità
xx + yy + zz = 3 = θ, (30)
che chiamiamo dilatazione cubica, e sommando le (26), si ottiene:
1+µ 3µ 3σ
θ = 3 = 3σ − 3σ = (1 − 2µ),
E E E
cioè:
E
σ=.
1 − 2µ
Questa equazione esprime lo sforzo normale medio in funzione
della deformazione normale media. Introducendo questa quantità
nella (28), si ha
σxx 0 0 0 0
0
E xx
σyy 0 = 0 yy 0
1+µ
0 0 σzz 0 0 zz
(31)
1 0 0
3µ
+ 0 1 0 .
1 − 2µ
0 0 1
396 Capitolo 15 - Corpi deformabili
Esempi
Dall’ultima equazione si ha
σzz = C − ρgz,
|σxx | = |σyy | = σ.