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THE APOCALYPTIC TRINITY: THOMAS ALTIZER ALLE PRESE COL DOGMA

di Giuseppe Mirabella (14/11/2020)

Come già notava Heidegger a proposito della teologia, essa non procede nella ricerca ma si
cristallizza in “una sistematica dogmatica” 1 che non può e non vuole avere un apparato concettuale che
insista nel cercare nuovi sentieri che conducono l'uomo a Dio, esaurendo tutto in “fondamenti” e
depositi di fede conchiusi. Un teologo e pensatore americano, il protestante Thomas Altizer, ha
dimostrato col suo libro della maturità, The Apocalyptic Trinity (2012), quanto il dogma può essere
sottoposto a verifica e a posizioni di problemi in maniera si direbbe creativa, e coerente con gli altri suoi
lavori. Lo stilema, il linguaggio, l'espressione della teologia altizeriana si intersecano con la tradizione
dell'apocalittica, non estranea al cristianesimo, a partire dal cattolicesimo per finire con le tante
denominazioni protestanti. Si deve però premettere che la teologia, e la filosofia sottesa che rende
possibile lo stesso discorso teologico, sono inquadrabili tra le tante costellazioni di pensiero nell'alveo
della teologia radicale, e solo in questo, e in quello dello hegelismo più implicato nel concetto dell'Età
dello Spirito predicata da Gioachino da Fiore e poi fatta propria da Jakob Boehme, con Hegel che
diventa il profeta dello “Spirito” (Geist) Assoluto ed in-e-per-sé, Spirito simpliceter religione, disgregata
in un processo che porta la stessa disgregazione occasionata dalla morte in seno a una conquista
dell'essere, dello spirituale appunto, come ciò che è reale ed essenziale, con ampie possibilità di
pensiero, pensiero che non esclude dal suo orizzonte l'espressione Dio è morto2 come destino tragico
della certezza della coscienza (infelice) che smarrisce il saper di sé. O come possibilità di un Esserci che
è anche essere-per-la-morte, come sostiene Heidegger.
La fondamentale ed importante differenza nell'apocalittica Altizer la coglie nel distinguere una
apocalittica “popolare” come quella proposta da alcune sette come i Testimoni di Geova o gli Avventisti
del Settimo Giorno e una apocalittica alta, grandiosa (great) come quella che si ritrova in un Gioachino
da Fiore, in un Pietro di Giovanni Olivi, in un Blake o un Hegel, sgombrando il campo da
interpretazioni millenariste da “fine del mondo”, che forse riguardano più la etnologia di un Ernesto De
Martino, se non la psicopatologia 3, Questa apocalittica alta e grandiosa è un richiamo a una visione
radicale, sempre penultima e prossima, di amore e giustizia come forma di rivoluzione cris tiana in cui la
prospettiva di una Trinità apocalittica è all'origine di una Trinità effettivamente pensabile come fonte
inevitabile di speranza4. Altizer afferma, però, che il pensiero gioachimita è stato sottoposto a censura
mentre al contrario viene dimenticata la monumentale opera di Henri de Lubac su Gioachino e la sua
eredità spirituale5.
Il revanscismo apocalittico che coinvolge un po' tutto il cristianesimo è dovuto ad una malintesa
lettura dei “segni dei tempi”: si pensi alle prime comunità cristiane in attesa di una imminente parusia e
il seguente interesse per la storia quando questa rimaneva sì il “teatro” dell'economia della salvezza ma
non quello di una manifestazione subitanea e maestosa di un Messia che è una incrostazione
dell'apocalittica di origine ebraica all'interno del cristianesimo degli inizi, argomento mai esauribile per
l'infinità di letture critiche e di bibliografia che si moltiplica a dismisura 6.
Nel quinto capitolo di Apocalyptic Trinity Altizer affronta il nucleo della questione della Trinità
apocalittica in termini quasi pastorali, lui che non aveva responsabilità di quel tipo, scrivendo, nel suo
stile ricorsivo, della semplicità del nulla come della 'semplicità' dell'esistenza dell'uomo, e come
cominciamento dell'esistenza assoluta ma finita. “Non c'è alterità di esistenza e nulla, e ciò è il primo
“universale ora”, un qui e ora totale in cui l'esistenza non si dilunga nei contrasti col nulla, non
polemizza sulla soglia del nulla. Cosa è ora pensabile, pensabile come l'alterità in sé dopo la morte di
Dio; l'alterità in sé dopo un nichilismo unico, moderno, assoluto; una nuova alterità in sé dopo il
nichilismo dell'alterità del sé; l'inizio dell'alterità in sé come 'vita vera'”. Certo, che la vita sia quella che
1 SuZ, § 3
2 GW 9: 401 (ed. B/H)
3 Cfr. E. De Martino, La fine del mondo. Contributo all'analisi delle apocalissi culturali, Einaudi, Torino 2002 (ed.
orig. 1977)
4 T.J.J. Altizer, The Apocalyptic Trinity, Palgrave Macmillan, New York 2012, pag. 5-6
5 Id., ibid., pag. 2; cfr. H. de Lubac, La posterità spirituale di Gioacchino da Fiore, 2 Volumi, Jaca Book-IST FTL,
Milano-Lugano 2016
6 Come testo introduttivo si indica, per es., M. Delcor, Studi sull'apocalittica, Paideia, Brescia 1987
si incarna nella Trinità, o prende corpo in tale Trinità assolutamente nuova, ciò è la Trinità apocalittica 7.
L'alterità (otherness), come concetto, non si discosta dalla parola relazione utilizzata a volte per
descrivere le relazioni divine fra le tre Persone della Trinità, l'amore reciproco 'personificato' del Padre e
del Figlio esprimentesi come originaria dello Spirito Santo, un 'Io – Tu – Noi', alterità che si esplica
anche come ospitalità od accoglienza – distinzione ed unità, mistero di redenzione prima di ogni
riferimento alla creazione.
Altizer si distingue e si distanzia dagli studiosi di apocalittica intesa in modo ortodosso come
disciplina all'interno delle scienze bibliche e teologiche tanto che se si leggono i titoli dei lavori citati
nel suo libro troviamo Beckett, Joyce piuttosto che Bernanos o Milton, finanche Dante e Sofocle: torna
utile qui conoscere il fatto che lo statunitense, oltre ad insegnare Religious Studies, si occupava anche di
letteratura. Si capisce ciò dal fatto che uno dei più autorevoli studiosi di apocalittica fosse W.
Pannenberg che bollò l'operazione sessantottina della Death-of-God Theology come una “moda
spirituale”, quasi a declassare il pensiero di Altizer, di W. Hamilton e Paul van Buren a passeggera
tendenza teologica che si sarebbe esaurita presto. Contrariamente a questo si dimostra l'instancabile
lavoro dello statunitense Thomas Altizer che nel 2012, sei anni prima della sua scomparsa, dava alle
stampe il suo libro più ecumenico, proprio The Apocalyptic Trinity, che matura temi che si distaccano
dalle idee fortemente radicali, pur conservandone la carica rivoluzionaria mai sopita, e dalle modalità
shoccanti di trasmissione di queste idee (come pubblicare un articolo di teologia su una rivista per
adulti, come avvenne negli Anni Sessanta). In questo libro trova cittadinanza il pensiero dei
contemporanei K. Rahner, gigante del pensiero teologico cattolico e K. Barth e la sua Dogmatica intesa
come punto d'appoggio e di riferimento del protestantesimo, anche quello incamminato nell'eresia, per
arrivare ad Agostino d'Ippona, al francescano spirituale Olivi, all'Aquinate e al Cardinal Newman;
pesante l'assenza di un Ernst Käsemann, il quale affermava che l'apocalittica “è stata la madre di ogni
teologia”8, o ancor peggio di un Rudolf Bultmann, teologo impegnato a tenere pervicacemente la scia
dell'opera di Barth.
A parte queste precisazioni, ovvero quelle che indicano Altizer come un teologo con un seguito di
lettori interessati alla teologia più fruibile, pur nella difficoltà del periodare dello statunitense, questi si
impegna a portare temi di attualità teologica ad un ampio pubblico, avendo anche uno stile non proprio
popolare: la sua teologia è un conservare la filosofia strumentale alla teologia togliendo
contemporaneamente a questa filosofia il nesso con la teologia più implicata nella metafisica. Si è
parlato di hegelismo, ed è questa la cifra filosofica, la chiave che apre la serratura del fitto discorso
altizeriano; si legga di seguito: “Qui e ora l'assoluta alterità della Trinità passa dentro l'assoluta presenza
della Trinità, una presenza impossibile distanziata dall'epilogo finale di tutte le alterità o differenze, un
epilogo che è una negazione assoluta nel senso hegeliano, pertanto soltanto e non s olo un epilogo ma
una conservazione che trascende la Trinità dei primordi od originaria. Probabilmente noi possiamo
soltanto pienamente comprendere la Trinità al modo di una negazione assoluta hegeliana, una negazione
che è una auto-negazione o una auto-privazione, e precisamente questo movimento kenotico è il
movimento profondo della Trinità. Questo movimento è perduto dove la Trinità è solo conosciuta come
Trinità gloriosa la quale è la comune (common) Trinità della Cristianità, e una Trinità che è l'una e
l'altra, ovvero un tradimento e una dissoluzione della reale consistenza della Trinità. Certamente, una
tale Trinità è molto difficile, se non impossibile, da capire perché essa non è una Trinità effettiva, ma al
più e piuttosto una Trinità dominata da un Padre “inoriginato”: un Padre eternamente causante il Figlio e
lo Spirito Santo, che fa in modo che attraverso un sentiero di potenza assolutamente somma abbia il
proprio opposto in un potere kenotico”9. La potenza somma è Dio Padre che si annulla nella kenosi del
Figlio, kenosi che la teologia chiama abbandono della natura o sostanza divina, che in Gesù è un evento
momentaneo ed eterno contraddistinguendo il pensiero di Altizer: il Figlio di Dio che si affratella con
l'uomo e la sua debolezza. Il movimento di cui si discute è proprio quello che Hegel intendeva, una
dialettica implicante Dio che in Sé espone se stesso e si sostanzia, poi si soggettivizza in oggetto e
contenuto e finalmente rimuove oggetto e contenuto ridiventando sostanza: in parole povere, questo
movimento procede e si dispiega in una tesi, un Dio-sostanza, un'antitesi, sostanza oggettivata e che
diventa contenuto del discorso, e una sintesi, rimozione di ogni differenza, come quando Altizer scrive
7 Altizer, Apocalyptic Trinity, p. 98
8 K. Koch, Difficoltà dell'apocalittica. Scritto polemico su d'un settore trascurato della scienza biblica, Paideia,
Brescia 1977, p. 94
9 Altizer, Apocalyptic Trinity, p. 128
alterità (la hegeliana Anderssein), parola che può divenire significante di differenza, intesa come
annullamento (o mediazione, ma anche scissione) tra sostanza e kenosi della sostanza stessa, tra
esistenza e nulla, plenum e vacuum.
Il testo di Altizer ha in appendice un breve saggio su D. G. Leahy, pensatore cattolico americano, a
cui è anche dedicato il lavoro espresso nelle pagine di Apocalyptic Trinity. Ebbene, il libro di Altizer
marca decisamente questo approccio ecumenico in quanto rivaluta il pensiero trinitario contemporaneo
di Leahy, che Altizer riassume nella formula “Triplo Non-essere della Divinità”, pensiero da cui trae la
parola “semplicità”, di cui si è già scritto più sopra in questo breve articolo. Leahy sostiene che
l'incontro tra neoplatonismo e cattolicesimo è stato un tradimento concettuale anche se il platonismo
agostiniano si realizza nelle sue opere dogmatiche, e secondo Leahy, a cui fa eco Altizer, è necessaria
una opposizione diametralmente opposta alle speculazioni che hanno poco di rivoluzionario rispetto alle
nuove sfide del cattolicesimo ma anche della cristianità tutta. Scrive Leahy in Foundation: Matter of
Body Itself che “la divinità di Dio si identifica in sé come prologo di Dio nella forma di una resurrezione
della Trinità, nella forma della Unità effettivamente ed idealmente trascesa nella Differenza con la e
nella identità di Dio. Questo è il prologo della Trinità come la semplice identità della Divinità come
nulla. Per la prima volta la Tri-unica Identità è la sostanziale e ideale semplicità del nulla. Questo è il
primo inizio dell'ideale nulla, l'assolutamente e puro Primo (pure First), ovvero la 'fede universale' che
ora veramente ed effettivamente inizia sostanzialmente e completamente prima, con la divinità come
forma reale del nulla10.” Un esempio di teologia apofatica, in cui si sente risuonare lo Pseudo-Dionigi
quando scrive “che le cose più divine e più alte tra quelle visibili e pensabili sono soltanto parole che
suggeriscono alla mente le realtà che rimangono sottoposte a colui che tutto trascende e che rivelano la
sua presenza superiore ad ogni pensiero, situata al disopra delle vette intellegibili dei suoi luoghi più
santi11.”
Tra Leahy e Dionigi c'è una barriera chiamata platonismo: l'Aeropagita, in una lettura teologica
negativa platonizzante scrive di “mistica dell'ignoranza”, che forse troppe volte è stata fraintesa non con
il “sapere di non sapere” ma col “non sapere e basta.” Ma anche questa “mistica dell'ignoranza” è
tenebra, secondo Dionigi, parola costantemente presente nell'opera altizeriana, ad esempio quando si
tratta di discutere di “tenebre della storia”. L'indicibile è anche una altra caratterizzazione del pensiero
di Thomas Altizer, tanto che diceva spesso che il teologo accorto deve amare il silenzio e deve compiere
sintesi cruciali dove estatica gloria e apocalittica Trinità sono inseparabili 12.

10 Id., ibid., p. 152


11 Ps. Dionigi l'Areopagita, Teologia mistica, Cap. I, III
12 Altizer, Apocalyptic Trinity, p. 150

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