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REGOLAMENTO DI CONTI:

TRE TESI SU HEIDEGGER

di Giuseppe Mirabella (22-XII-2020)

L'essere come abisso senza fondo è il nulla.


Il nulla è la più estrema contrapposizione a tutto ciò che è vano.
(Martin Heidegger, Hegel)

Premessa

Questo breve saggio è occasionato dalla lettura di un testo a cura del professor Adriano Fabris
dell'Università di Pisa, in specie dalla lettura delle pagine 26 e 27 in cui vi è un nodo cruciale della
filosofia politica e dei pronunciamenti di Heidegger trattati dallo studioso del “Heidegger Institut”
di Wuppertal, Peter Trawny. In sintesi una risata amara ha generato quel che segue in questo
modestissimo scritto, quando Heidegger nel 1944 definiva Marx, l'ebreo, il sovvertitore della
germanica filosofia hegeliana e di poi, appena un anno dopo, lo assurgeva ai più alti vertici della
storiografia, in sostanza del materialismo storico.1

1. Heidegger parolaio

«I romantici per le loro costruzioni filosofiche attinsero non poco a simili fonti [Jakob Böhme in
primis, nda] dove si abbevera in modo incontinente anche lo Heidegger, il quale si mette a giocare
in maniera non nuova con il fascino magico-etimologico delle parole». 2

Già nel 1940, uno studioso attento alla filosofia tedesca, nonché il più autorevole traduttore della
Fenomenologia hegeliana dell'epoca, Enrico De Negri, in tempi non sospetti, notava come
Heidegger giocasse con le parole, addirittura in “modo incontinente”. Con Lutero, Meister Eckhart
e soprattutto Jakob Böhme l'alto-tedesco cerca di cristallizzrsi in deboli e malcerte regole
grammaticali ma trovando pur sempre il modo di fare giochi linguistici. Si pensi anche alle prime
opere del giovane Hegel, quasi prive di punteggiatura.
E si prenda come esempio la parola Lichtung, termine fondamentale nel lessico heideggeriano,
sinonimo di Waldblöße, radura boschiva, con una assonanza, se non comunanza, tra Lichtung e
licht, luce, a sua volta derivata da loh, bosco sacro come luogo della liethen dei mistici scaturente
leuchten, da cui in-liuhtunge, illuminazione e di nuovo licht che in un circolo ermeneutico riporta a
Lichtung, connesso però anche a leicht, leggero ed a erleichtern, alleggerire, e di nuovo a lichten,
togliere l'ancora.3 Tra mare e monti si capisce come il discorso sull'etimologia sia appesantito,
anche se il filosofo tedesco intende alleggerimento, illuminazione e luogo libero da alberi che
oscurano, infine “radura”. Heidegger, in una affermazione che sembra programmatica, dirà che
proprio «l'appesantimento è una delle condizioni fondamentali e decisive per la nascita di tutto ciò
che è grande».4
La pesantezza si ripresenta con la parola versagen, negarsi, e Versagnis, intensificazione del
diniego, Verhaltenheit, disposto al ritegno, oppure Wesung, permanenza essenziale da wes,
permanere, e poi di seguito: anwesen, venire alla presenza, abwesen, essere assente, verwesen,

1 Metafisica e antisemitismo. I Quaderni neri di Heidegger tra filosofia e politica, a cura di Adriano Fabris, Edizioni
ETS, Pisa 2014
2 Enrico De Negri, «Introduzione. Teologia e storicismo», p. XX, in G.W.F. Hegel, I principî. Frammenti giovanili.
Scritti del periodo jenense. Prefazione alla Fenomenologia, a cura di E. De Negri, La Nuova Italia editrice, Firenze
1974 (ed. orig. 1940)
3 Cfr. Leonardo Amoroso, «La Lichtung di Heidegger come lucus a (non) lucendo», pp. 140-141, in Il pensiero
debole, a cura di Gianni Vattimo e Pier Aldo Rovatti, Feltrinelli, Milano 1983
4 Martin Heidegger, Einfuhrung in Metaphisik (1935), 9 [22s.]
degenerare. E poi Er-eignis, evento, ent-eignis, espropriazione.5 Poi ancora Geschick, destino
comune, Schicksal, destino individuale, Volksgeschik, destino del popolo, Ge-, ricerca comune, e
-schicken, comunità. Ma il gioco di parole più spudorato è “pensare è ringraziare”, Denken ist
Dankes. Heidegger “poteva permettersi il lusso” di scrivere una parola e poi cancellarla con il
kreuzweise Durchstreichung. Insomma, travalicava anche il segno linguistico con quello non
convenzionale della cancellatura a forma di croce, affermando e ad un tempo negando la parola-
guida che voleva enfatizzare. Quasi un aufheben meta-semantico. Gli heideggeriani indugiano
anch'essi nell'arzigogolare dell'esitante (sic!) maestro, e pare che la forma compiuta sia la
confusione organica ed organizzata per pensatori esoterici, come quando non si esita a distinguere
un Heidegger esoterico, nelle opere dedicate al lettore “iniziato” ed uno essoterico, come quello
delle lezioni universitarie. Si dovrebbe andare fieri del fatto di essere sbarazzati fin dal principio
nell'accostamento all'opus heideggeriana come degli impreparati. Questo si prefiggeva Martin
Heidegger a Le Thor, località francese – in Francia non a caso ma per ripulirsi l'immagine – in cui si
tenevano dei Seminari tra il 1966 e il 1969 ora raccolti in un libro.6

2. Heidegger nazionalsocialista

Nel 1944 Heidegger si pronunciava così sull'ebraismo politico: «La comunità ebraica è
nell'epoca dell'Occidente cristiano, e cioè della metafisica, il principio di distruzione. Ciò è
distruttivo nel rovesciamento del compimento della metafisica – cioè della metafisica di Hegel
attraverso Marx. Lo spirito e la cultura diventano una sovrastruttura della “vita” – cioè
dell'economia e dell'organizzazione – cioé della sfera biologica – cioé del popolo».7
E incalza il commentatore dell'appena citato Heidegger, Peter Trawny, direttore del “Heidegger
Institut”: «Marx, l'ebreo, rivolta la metafisica di Hegel e così lo spirito diventa epifenomeno
dell'economia e dell'organizzazione. […] la “comunità ebraica” e l'ebraismo mondiale sono fonte
del bolscevismo, dell'americanismo [e della politica egemone, nda] dell'Inghilterra» 8, e quindi di
tutti i “mali”, secondo il filosofo di MeßKirch.
In fondo il neokantiano Heidegger, quando fu tale, si dimostrò allievo fedele delle idee del
filosofo di Königsberg secondo cui “i negri puzzano” e che “la nazione è la comune discendenza di
una stirpe” e non ultimo, nell'opera del Kant risalente al 1775, Sulle diverse razze degli uomini, si
«sgombrava subito il campo da ogni dubbio sulla comune origine del genere umano» 9 , aderendo a
quelle che saranno poi chiamate teorie poligeniste. In fondo Heidegger si rispecchiava in pieno
nell'idealtipo germanico e nella Deutschtum, legato alla terra, alla stirpe, come, in fine, “popolo
originario”, che non si manifesterà soltanto parossisticamente col nazismo: l'origine sarà da
ricercarsi nell'Illuminismo e in quello tedesco.

3. Heidegger smemorato

Vi fu un repentino aggiustamento della filosofia politica di Heidegger, già nella Lettera


sull'“umanismo”, appena un anno dopo l'annotazione sui Quaderni neri che riguarda l'ebraismo
come origine di tutti i mali (ovvero il comunismo, l'imperialismo americano e l'egemonia culturale
inglese). Si legga di seguito:

«Poiché Marx, nell'esperire l'alienazione, penetra in una dimensione essenziale della storia, la
5 Cfr. Franco Volpi, «Avvertenza del curatore dell'edizione italiana», in Contributi alla filosofia (Dall'Evento),
Adelphi, Milano 2007
6 Cfr. F. Volpi, «Avvertenza», p. 10, in M. Heidegger, Seminari, Adelphi, Milano 1992
7 M. Heidegger, Anmerkungen I-V, GA 97, Klostermann, Frankfurt a.M., di prossima pubblicazione
8 Peter Trawny, «Heidegger e l'ebraismo mondiale», pp. 26-27, in Metafisica e antisemitismo. I Quaderni neri di
Heidegger tra filosofia e politica, a cura di Adriano Fabris, Edizioni ETS, Pisa 2014
9 Marco Marsilio, Razzismo. Un'origine illuminista, Vallecchi, Firenze 2006, p. 44
concezione marxista della storia è superiore ad ogni alta storiografia». 10

Il filosofo tedesco sembra “rinsavire” in maniera subitanea finanche definendo il materialismo


storico di Marx superiore ad ogni altra ed “alta” maniera di intendere la storia; ma come? Marx non
era l'ebreo che rovescia la metafisica del più svevo dei filosofi tedeschi, ovvero Hegel!? La cultura
viene definita sovrastruttura, in una accezione negativa, tanto è elitario il filosofare di Heidegger, il
quale non trovò mai occasione per sostenere l'idea che la filosofia stessa fosse una via attraverso cui
vivere virtuosamente. Ci ricorda Alfredo Marini, uno dei più attenti studiosi di Heidegger, «che, tra
gli uomini, il diritto di parola è la prima libertà e condizione della facoltà dell'agire». 11 Ma il
pensatore Heidegger con un diniego netto non vede una “missione sociale della filosofia” e
incalzato su questo argomento da Richard Wisser della televisione tedesca in una trasmissione del
1969 risponde:

«No! […] se si vuole rispondere a questa domanda ci si deve domandare innanzitutto: “Che cos'è
la società?”, e pensare al fatto che la società attuale è l'assolutizzazione della soggettività
moderna, e che, a partire da qui, una filosofia che abbia superato il punto di vista della soggettività
non ha il diritto di esprimersi con lo stesso tono». 12

Heidegger rispondendo così non ammette il contraddittorio e si smarca sì da quello che oggi
chiamiamo il politically correct, ma afferma che la filosofia è oggettiva, ma oggettiva per chi? per
chi la produce e rimane ai margini del dibattito socio-politico, e dal punto di vista degli accadimenti
storici, lo si ammetta, Heidegger assume una posizione di certo opportunista: fu pur sempre un
iscritto al Partito nazionalsocialista, e mai si pentì di questa scelta, e da appunti e note varie si
desume che seguiva gli scellerati discorsi di Adolf Hitler con attenzione. E ammettiamo ancora, un
Giovanni Gentile non ha niente a che spartire col filosofo dei Quaderni neri.
E Heidegger si dimostra anche e soprattutto smemorato quando nel 1928 scrive alla moglie
Elfriede Petri (tradita sistematicamente con l'ebrea e sua allieva Hannah Arendt) che
«indubbiamente gli ebrei sono “i migliori”», per poi sapere della propagante notizia negli ambienti
accademici che nel 1933 Heidegger si era iscritto al Partito nazionalsocialista, per opportunismo,
per idealismo, per scavalcare il maestro Husserl (al quale negò una dedica su Sein und Zeit, prima
scritta e poi ritirata), per conservare durevolmente l'incarico di rettore a Friburgo!? I pareri sono
discordanti, ma rimaniamo ai fatti: «il suo antico amico e collega Karl Jaspers aveva palesato, nel
rapporto redatto nel 1945 per l'università di Freiburg [ad uso degli Alleati, nda], le proprie reticenze
rispetto alla posizione che Heidegger mostrava nei confronti degli ebrei».13

Conclusione

Heidegger è forse il filosofo più sopravvalutato della storia del Novecento, e il più saggio
filosofo Enrico Berti, cattolico, ma conta poco, anche Heidegger entrò in un noviziato dei gesuiti
per poi uscirne, lo critica apertamente per la sua lettura semplicistica della metafisica di Aristotele,
ad esempio. Addirittura la sua dissertazione di docenza su Duns Scoto si regge su una tesi
debolissima e su uno scritto di malcerta origine del francescano medievale oxoniense. Si dica pure
che Heidegger vende, come pure i suoi “nipotini”, e la Gesamtausgabe lievita a vista d'occhio ormai
dal 1975 ininterrottamente fino ad oggi! Ma Heidegger ha soprattutto la grave colpa di aver
immesso nella filosofia sic et simpliciter un cinico nazismo bieco e posato, con tutti i luoghi comuni
annessi, ma verosimili se non veri – che taluni liquidano sbrigativamente come gossip filosofico –
10 M. Heidegger, Brief über den Humanismus, in Wegmarken, GA 9, Klostermann, Frankfurt a.M. 1996, p. 340
11 Alfredo Marini, «La politica di Heidegger», p. 49, in M. Heidegger, Ormai solo un dio ci può salvare. Intervista con
lo «Spiegel», a cura di Alfredo Marini, Guanda, Parma 1987, (ed. orig. 1966)
12 Citato in Philippe Capelle-Dumont, Filosofia e teologia nel pensiero di Martin Heidegger, Queriniana, Brescia 2011,
pp. 34-35
13 Cfr. M. Heidegger-Karl Jaspers, Briefwechsel 1920-1963, Klostermann, Frankfurt a.M., 1990, p. 270
attorno al “penoso caso” del professore di Friburgo, il filosofo contadino spinto a forza nel castello
dei pensatori. Heidegger, che fare?

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