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Educazione Finanziaria
Supporto al questionario di profilatura MIFID 2
INDICE
PAGINA 22 ........................................ STRUMENTI FINANZIARI DERIVATI OVER THE COUNTER (OTC) UTILIZZATI CON FINALITÀ DI
COPERTURA SUI TASSI DI INTERESSE
PAGINA 24 ........................................ STRUMENTI FINANZIARI DERIVATI OVER THE COUNTER (OTC) UTILIZZATI CON FINALITÀ DI
COPERTURA SUI CAMBI
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EDUCAZIONE FINANZIARIA
Prima di prendere decisioni in materia di investimenti è molto importante comprendere la relazione tra il
rischio e il rendimento di un investimento.
Al crescere del rendimento offerto da un investimento finanziario, cresce anche il rischio connesso a
quell’investimento.
Pertanto è fondamentale avere aspettative di rendimento realistiche, in quanto per ottenere un investi-
mento che accresca il valore del capitale impiegato nel tempo, e che non ne protegga semplicemente il
potere di acquisto dall’inflazione, è necessario essere pronti ad assumersi più rischi.
La diversificazione consiste nella costruzione di un portafoglio composto da più attività finanziarie i cui
rendimenti non siano tra di loro perfettamente correlati. E’ quindi una strategia che si pone l’obiettivo di
ridurre la rischiosità del portafoglio, creando un vantaggio per l’investitore.
Se si investe il capitale su un unico strumento finanziario, il risultato dell’investimento dipenderà esclusi-
vamente da quello strumento: se esso registrerà una performance negativa, l’investimento risentirà com-
pletamente di tale effetto.
Esempio
Con una somma a disposizione di 20.000 euro, ipotizziamo di fare un unico investimento su un’azione che, al momento del di-
sinvestimento, registra una perdita del 10%: si registrerà una perdita di 2.000 euro.
Diversificando invece l’investimento, all’atto del disinvestimento si potranno bilanciare i risultati ottenuti.
Supponiamo ad esempio, in astratto, di investire: 5.000 euro sull’azione, 5.000 euro su un fondo azionario globale e 10.000 euro
su un fondo obbligazionario e supponiamo, sempre in astratto, che all’atto del disinvestimento questi strumenti registrino questi
risultati:
- l’azione una perdita del 10%
- il fondo azionario globale una crescita del 7%
- il fondo obbligazionario una crescita del 2,5%
I risultati ottenuti sarebbero: una perdita di 500 euro sull’azione, un guadagno di 350 euro sul fondo azionario globale e un
guadagno di 250 euro sul fondo obbligazionario. Complessivamente avremmo quindi ottenuto un risultato positivo di 100 euro,
contro la perdita di 500 euro che avremmo registrato investendo l’intera somma sul solo titolo azionario.
Il rendimento ottenuto con gli altri investimenti compensa perciò la perdita subita con l’azione e, grazie alla diversificazione, si
trae un vantaggio, mitigando il rischio di investimento.
La diversificazione si consegue, quindi, scegliendo di investire non soltanto su strumenti finanziari diversi, ma
anche su settori di attività differenti (quindi non tutti titoli industriali, o bancari, o energetici, etc.), su mercati
diversi (quindi non solo mercati obbligazionari ma ad esempio anche azionari) o su differenti aree geografiche.
RISCHIO DI CAMBIO
Il rischio di cambio si verifica investendo in titoli in valuta diversa rispetto a quella propria (o di riferimen-
to) ed è legato alla variabilità del rapporto di cambio tra le due valute. Si tratta quindi di un rischio legato al
prezzo al quale una valuta (come l’euro) può essere scambiata con un’altra (ad esempio il dollaro).
Nel caso la valuta di riferimento sia l’euro (come è normale sia per un investitore italiano), il rischio di cam-
bio si manifesta qualora si scelga di investire su uno strumento finanziario denominato in un’altra valuta.
Esempio
Nel caso di un investimento dal valore nominale di 10.000 euro su un’obbligazione denominata in euro, alla scadenza è previsto che
siano rimborsati i 10.000 euro investiti, senza alcun rischio di cambio.
Investendo invece la stessa cifra su un’obbligazione in dollari americani (10.000 dollari), occorre per prima cosa verificare il tasso di
cambio per effettuare l’acquisto in dollari. Supponiamo che il tasso di cambio euro/dollaro sia 1,22 (1 euro può essere convertito in
1,22 dollari), l’acquisto dell’obbligazione di 10.000 dollari vale quindi 8.196 euro (10.000 / 1,22), ossia il nostro investimento.
Ipotizzando inoltre che l’obbligazione abbia una durata di 3 anni, al termine del periodo il capitale investito verrà rimborsato in dollari
e occorre quindi verificare il tasso di cambio euro/dollaro a scadenza, per capire il reale guadagno di tale investimento.
Se, ad esempio, fra 3 anni il tasso di cambio euro/dollaro dovesse essere 1,30 (ossia maggiore di quello registrato a inizio investimen-
to) significa che 1,30 dollari potranno essere convertiti in 1 euro. Convertendo in euro i 10.000 dollari rimborsati otterremo 7.692 euro
(10.000 / 1,30). L’operazione avrebbe comportato una perdita, collegata al rischio di cambio, di 504 euro rispetto al valore iniziale per
il solo fatto che è variato il tasso di cambio tra l’euro e il dollaro. Questo investimento in valuta diversa dall’euro ha quindi comportato
l’assunzione di un rischio aggiuntivo sull’investimento.
Il rischio di liquidità si riferisce alla difficoltà di vendere o acquistare rapidamente (cioè entro un lasso di
tempo breve) e a condizioni di prezzo eque (cioè senza penalizzazioni in termini di valore di realizzo) uno
strumento finanziario: ad esempio, un’obbligazione o una polizza finanziaria prima della sua scadenza o un
titolo azionario.
Gli strumenti finanziari definiti “liquidi” (la maggior parte dei quali è quotata sui mercati regolamentati) sono
quelli che sono acquistabili o vendibili in un tempo molto breve e per controvalori anche importanti perché ci
sono molti operatori che scambiano quei titoli ed è facile trovare una controparte per concludere l’operazione
a un prezzo equo.
Altre tipologie di strumenti finanziari, che spesso non sono quotati sui mercati regolamentati, sono invece
definiti “illiquidi” in quanto caratterizzati da un ampio spread denaro-lettera, cioè da uno scarto rilevante tra il
prezzo a cui è possibile vendere e quello a cui è possibile acquistare, comportando di conseguenza un elevato
costo di transazione. In genere gli strumenti illiquidi sono caratterizzati da volumi poco elevati e instabili, non-
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EDUCAZIONE FINANZIARIA
ché da un’elevata volatilità, soprattutto nelle fasi di mercato critiche. A titolo di esempio, può trattarsi di alcune
tipologie di obbligazioni, di polizze assicurative a contenuto finanziario o di titoli azionari a scarso flottante.
Quando si investe in questa tipologia di strumenti è importante essere consapevoli che è possibile incorrere in
tale difficoltà e occorre quindi avere la consapevolezza che è opportuno mantenerli fino a scadenza naturale
quando è prevista, e comunque investire per controvalori limitati.
OBBLIGAZIONI
Le obbligazioni, come ogni attività finanziaria, comportano dei rischi; in generale è bene sapere che se
un’obbligazione offre un interesse elevato è perché comporta dei rischi altrettanto elevati.
I rischi tipici di un’obbligazione sono:
• rischio di interesse, relativo alla possibilità che il prezzo del titolo diminuisca per effetto della varia-
zione dei tassi di interesse. I titoli obbligazionari a tasso fisso e a lunga scadenza sono quelli maggior-
mente esposti a questo rischio; infatti, se i tassi di interesse sul mercato aumentano, l’obbligazione
a tasso fisso non potendo modificare la propria cedola subirà una diminuzione del proprio valore. Le
obbligazioni a tasso variabile invece hanno cedole che si adeguano al nuovo livello dei tassi sul mer-
cato, e quindi il loro prezzo risente molto meno di questa variazione.
• rischio di credito, detto anche “rischio emittente”, è legato alla possibilità che l’emittente sia inadem-
piente, ovvero che non paghi gli interessi e/o non rimborsi il capitale a scadenza. Sotto questo profilo
esistono titoli obbligazionari con un profilo di rischio molto diverso:
• quelli emessi da emittenti finanziariamente molto solidi, che con ogni probabilità faranno fronte
all’impegno sia di pagare gli interessi, sia di rimborsare il capitale a scadenza;
• quelli emessi da emittenti finanziariamente più deboli, che potrebbero anche non essere in gra-
do di far fronte all’impegno di pagare gli interessi e di rimborsare il capitale a scadenza.
Sul mercato vengono effettuate delle valutazioni del rischio di solvibilità degli emittenti, normalmente
espresse con il termine di “rating”.
Gli emittenti con il miglior grado di solvibilità sono quelli ai quali è attribuito un rating “AAA”; a scendere i
rating AA, A, BBB, BB, B, C… D… sono invece collegati a livelli di solvibilità via via più bassi.
A parità di altre condizioni, un emittente poco solvibile, e quindi con un rating basso, deve offrire un rendi-
mento più elevato perché le sue obbligazioni sono molto più rischiose (elevato rischio di credito / rischio
emittente), per chi le sottoscrive.
OBBLIGAZIONI SUBORDINATE
Le obbligazioni subordinate sono titoli per i quali il pagamento delle cedole e il rimborso del capitale, in
caso di particolari difficoltà finanziarie dell’emittente, dipendono dalla preventiva soddisfazione degli
altri creditori non subordinati (o subordinati di livello inferiore). Per questo motivo, a parità di emittente,
le obbligazioni subordinate dovrebbero rendere di più di un’obbligazione non subordinata con simili carat-
teristiche.
In circolazione esistono obbligazioni aventi diversi livelli di subordinazione ai quali corrispondono diversi
livelli di rischio.
Il livello più basso di subordinazione è il cosiddetto “Lower Tier 2”: le obbligazioni di questo tipo differisco-
no dalle obbligazioni ordinarie perché queste ultime godono di priorità in caso di liquidazione dell'emitten-
te. Il pagamento delle cedole delle obbligazioni subordinate Lower Tier II può essere bloccato solo in caso
di insolvenza. Hanno scadenza compresa fra 5 e 10 anni.
Al livello successivo di subordinazione si trovano le obbligazioni cosiddette “Upper Tier 2”: più rischiose
rispetto alle precedenti in quanto prevedono la possibilità per l'emittente di sospendere il pagamento delle
cedole in caso di profitti insufficienti o in caso di sospensione dei pagamenti di dividendi sulle azioni ordi-
narie. Tuttavia le cedole bloccate vengono cumulate e corrisposte quando vengono meno le condizioni che
hanno determinato la sospensione del pagamento.
Infine, ci sono le obbligazioni subordinate cosiddette “Tier 1”: la tipologia più rischiosa. Sono titoli senza
scadenza, in cui l'emittente ha la facoltà di rimborso anticipato dopo un certo periodo di tempo dall'e-
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EDUCAZIONE FINANZIARIA
missione (10 anni). Il rischio per il sottoscrittore è elevato dato che il pagamento delle cedole può essere
annullato (e non solo sospeso). Inoltre, qualora vengano realizzate perdite in grado di compromettere la
solidità patrimoniale dell'emittente, il capitale da rimborsare viene decurtato, pro-quota, di queste perdite.
Le emissioni di obbligazioni subordinate più recenti sono distinte tra quelle di Classe 1 (Tier I) e di Classe 2
(Tier II): queste ultime comprendono le preesistenti “Lower Tier 2” e “Upper Tier 2”.
Con l’entrata in vigore del meccanismo del “bail-in”, nel caso in cui una Banca (che spesso è emittente di
obbligazioni subordinate) sia sottoposta a una procedura di risoluzione (perché si viene a trovare in una
situazione di grave difficoltà finanziaria), i possessori di obbligazioni subordinate vengono chiamati a par-
tecipare al risanamento della Banca e quindi corrono il rischio di non ottenere il rimborso delle obbligazioni
subordinate sottoscritte.
OBBLIGAZIONI STRUTTURATE
Le obbligazioni si dicono “strutturate” quando hanno una struttura complessa basata sulla combinazio-
ne di due elementi:
• una componente obbligazionaria ordinaria, che normalmente prevede il pagamento di cedole pe-
riodiche e la restituzione del capitale alla scadenza;
• un contratto derivato, il quale fa sì che la remunerazione prevista per l’investitore non sia predeter-
minabile a priori, ma dipenda dall’andamento di uno o più parametri finanziari (come ad esempio gli
indici di borsa o combinazioni di essi oppure i tassi di cambio).
Sono obbligazioni di questo tipo quelle, ad esempio, in cui il valore della cedola che viene corrisposta, op-
pure il valore del capitale che verrà rimborsato a scadenza, dipende dall’andamento di un indice azionario
o da un paniere di indici. Sono strumenti che presentano un rischio elevato perché non è possibile sapere
a priori quale sarà l’andamento dell’indice sottostante e quindi non c’è alcuna certezza di quello che sarà il
rendimento dell’obbligazione.
AZIONI
Le azioni sono le parti in cui è diviso il capitale sociale di una società per azioni. Acquistando delle azioni
si diventa soci della società e quindi si partecipa all’attività economica della società, con i diritti e i rischi
che ne derivano.
I principali diritti di un azionista sono la partecipazione alle assemblee della società e, se questa realizza
degli utili e decide di distribuirli, la percezione del cosiddetto “dividendo”. Quando si investe in un’azione,
quindi, non si può essere certi che verrà corrisposto un dividendo, perché dipende dalla decisione della
società di distribuire eventuali utili.
Inoltre, partecipando all’attività economica della società, se ne assumono i rischi relativi: nel caso in cui la
società dovesse avere un andamento negativo, non riuscisse a realizzare degli utili o li realizzasse in misura
inferiore alle attese, questo si rifletterebbe sul valore delle azioni, che subirebbe una diminuzione.
Le variazioni di prezzo a cui sono soggette le azioni sono spesso molto marcate e repentine: l’investimento
in titoli azionari è quindi un investimento rischioso perché soggetto a fluttuazioni significative.
FONDI
I fondi comuni di investimento rientrano nella categoria degli Organismi di Investimento Collettivo del Ri-
sparmio (OICR) e sono forme di investimento che permettono di riunire le risorse finanziarie di una plu-
ralità di risparmiatori in un unico patrimonio indifferenziato, che viene investito in attività finanziarie. Un
fondo comune di investimento è un patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità
di partecipanti, gestito in monte.
L'investimento in un fondo comune può avvenire con un versamento in un’unica soluzione (Piano di Investi-
mento Capitale - PIC) o attraverso versamenti periodici (Piani di Accumulo - PAC). La commercializzazione
di quote di fondi comuni è subordinata alla pubblicazione di un prospetto informativo redatto secondo le
disposizioni stabilite dalla Consob. Tale prospetto deve contenere informazioni relative al soggetto propo-
nente, nonché le caratteristiche dell'investimento offerto.
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EDUCAZIONE FINANZIARIA
ETF
ETF è l’acronimo di “Exchange Traded Fund”: una tipologia di Fondo d’investimento o Sicav con due prin-
cipali caratteristiche:
• la negoziazione in Borsa, al pari di un titolo azionario;
• l’obiettivo di investimento di replicare l’indice al quale di riferisce (cosiddetto “benchmark”) attra-
verso una gestione totalmente passiva. Un ETF ha quindi una performance molto vicina o identica
a quella del suo benchmark di riferimento. Se gli strumenti finanziari in cui investe l’ETF, a replica
dell’indice al quale si riferisce, perdono valore, anche l’ETF rifletterà tale variazione.
L’ETF é uno strumento attraverso il quale si può investire in modo diversificato perché ad esempio, ac-
quistando un ETF che ha come indice di riferimento il FTSE MIB, si ottiene, con un unico investimento, una
performance in linea con l’andamento dell’intero indice del mercato azionario.
I dividendi o gli interessi che l’ETF incassa a fronte delle azioni detenute nel proprio patrimonio possono
essere distribuiti periodicamente agli investitori o capitalizzati stabilmente nel patrimonio dell’ETF.
Investendo sull’ETF si riduce notevolmente il rischio emittente perché l’ETF è un Fondo Comune di investi-
mento e come tale ha un patrimonio separato rispetto a quello delle società che ne curano la costituzione,
gestione e amministrazione.
Gli ETF possono essere:
• “CONFORMI” alla Direttiva UCITS (la direttiva che prevede una serie di regole di contenimento e
frazionamento del rischio cui deve attenersi il gestore del fondo): in questo caso sono anche detti
“Armonizzati”;
• “NON CONFORMI” alla Direttiva UCITIS: in questo caso sono anche detti “Non Armonizzati”.
FONDI FLESSIBILI
I fondi flessibili sono una tipologia di fondi comuni di investimento, che si distinguono per il fatto che non
hanno alcun vincolo in materia di asset allocation e non si caratterizzano per alcuno specifico fattore di
rischio (geografico, settoriale, valutario, ecc...).
Per i fondi flessibili non è prevista l’indicazione del parametro oggettivo di riferimento, ossia il benchmark; gli
unici vincoli ai quali il gestore deve attenersi sono quelli espressamente previsti dal regolamento del fondo.
Ad esempio se all’interno del prospetto è previsto che la percentuale azionaria possa oscillare tra 0% e
100%, la scelta relativa all’asset allocation sarà totalmente a discrezione del gestore e quindi legata alla sua
visione del mercato non avendo un parametro di riferimento a cui attenersi.
Unit linked: queste polizze sono prodotti assicurativi vita di Ramo III a contenuto finanziario, le cui presta-
zioni sono collegate direttamente a quote di fondi di investimento interni (appositamente costituiti dall’im-
presa di assicurazione) o da fondi esterni (OICR, Organismi di investimento collettivo del risparmio).
Di seguito le caratteristiche delle polizze unit linked:
• Fondo Interno, ovvero un portafoglio di valori mobiliari gestito separatamente dalle altre attività della
compagnia, diviso in comparti (azionario, bilanciato, obbligazionario, monetario);
• valutazione delle attività finanziare del Fondo Interno al prezzo di mercato. Ciò comporta una spicca-
ta volatilità dello strumento finanziario;
• il contraente può scegliere il comparto secondo il profilo di rischio più adeguato ai propri obiettivi.
Le diverse soluzioni di investimento (azionario, bilanciato, obbligazionario, monetario) consentono
di individuare quelle più coerenti con il proprio orizzonte temporale e con la propria propensione al
rischio;
• non è prevista la garanzia di restituzione del capitale a scadenza contrattuale.
Esempio
il contraente, all’atto della sottoscrizione del contratto, versa il premio e, dedotti i costi, acquista un certo numero di quote del
comparto prescelto. Il numero di quote acquistate dipende dal valore quota del comparto in quel momento. Se versa 100,00
euro e la quota vale 5,00 euro, acquisterà 20 quote. Se il giorno successivo la quota avrà un valore di 6,00 euro, il suo capitale
ammonterà a 6,00 euro x 20 = 120,00 euro. Viceversa se la quota avrà un valore di 4,00 euro, il suo capitale ammonterà a 4,00
euro x 20 = 80,00 euro.
Index linked: le polizze index linked sono prodotti assicurativi vita di Ramo III a contenuto finanziario, le cui
prestazioni sono collegate all'andamento di un valore di riferimento, come ad esempio un paniere di titoli,
indici azionari, inflazione e valute.
Quando si investe in una polizza index linked, occorre considerare che queste sono caratterizzate da:
• possibilità di sottoscrizione in un periodo di tempo limitato (il collocamento avviene in un intervallo di
tempo pre definito) e versamento di un premio unico;
• la parte preponderante dell’investimento è effettuata in obbligazioni strutturate che presentano due
diverse componenti:
• derivata, da cui dipende l’extra rendimento, ovvero la parte variabile della prestazione (quest’ulti-
ma può essere rappresentata da indici azionari e azioni o panieri di indici azionari sia a carattere
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EDUCAZIONE FINANZIARIA
Si tratta dunque di prodotti piuttosto complessi, che prevedono l’investimento di una somma di denaro
a medio/lungo termine. Sono adatti a coloro che intendono beneficiare degli eventuali rialzi dei mercati
finanziari, mantenendo comunque la certezza di restituzione quantomeno del premio versato, bilanciando
quindi l’obiettivo della crescita del capitale in caso di performance positive con quello della garanzia di re-
stituzione dello stesso qualora i mercati finanziari da cui dipendono le prestazioni del contratto registrino
risultati negativi.
Polizza multiramo: le polizze multiramo offrono la possibilità di diversificare la gestione dei propri risparmi,
in quanto in parte si investe in una tradizionale gestione separata, che garantisce il capitale versato e offre
un rendimento minimo, e in parte in fondi assicurativi di tipo unit linked, che consentono di partecipare agli
andamenti dei mercati finanziari, con tutti i rischi collegati.
OBBLIGAZIONI “PERPETUAL”
Le obbligazioni “perpetual” sono obbligazioni che non hanno una scadenza e quindi, teoricamente, il
capitale non viene mai rimborsato.
A fronte di questa caratteristica corrispondono un tasso di interesse più alto rispetto alle obbligazioni ordi-
narie ma, in quanto prive di scadenza, presentano una volatilità (cioè una variabilità del loro prezzo) molto
elevata.
Spesso il regolamento di queste obbligazioni prevede la possibilità per l’emittente di procedere comunque
unilateralmente con il loro rimborso (clausola di tipo “call”). Molto spesso queste obbligazioni, oltre ad una
clausola di tipo “call”, prevedono anche una clausola di subordinazione.
Poiché molto spesso le obbligazioni perpetual sono anche subordinate, di seguito viene data una spiega-
zione anche delle caratteristiche di questa tipologia di strumento.
Le obbligazioni subordinate sono titoli per i quali il pagamento delle cedole e il rimborso del capitale, in
caso di particolari difficoltà finanziarie dell’emittente, dipendono dalla preventiva soddisfazione degli
altri creditori non subordinati (o subordinati di livello inferiore). Per questo motivo, a parità di emittente,
le obbligazioni subordinate dovrebbero rendere di più di un’obbligazione non subordinata con simili carat-
teristiche.
Con l’entrata in vigore del meccanismo cosiddetto del “bail-in”, nel caso in cui una Banca (che spesso è
emittente di obbligazioni subordinate) sia sottoposta a una procedura di risoluzione (perché si viene a
trovare in una situazione di grave difficoltà finanziaria), i possessori di obbligazioni subordinate vengono
chiamati a partecipare al risanamento della Banca e quindi corrono il rischio di non ottenere il rimborso
delle obbligazioni subordinate sottoscritte.
L’investimento su questa tipologia di obbligazioni, a seguito dell’introduzione di questa disciplina, deve
quindi essere valutato in modo ancora più attento, tenendo conto della propria tolleranza al rischio.
CERTIFICATES
I certificates sono strumenti finanziari derivati cartolarizzati (cioè incorporati in un titolo negoziabile)
che replicano, con o senza effetto leva, l’andamento dell’attività sottostante, che può essere di diversa
natura: ad esempio un indice di mercato, una valuta oppure una materia prima. Permettono inoltre all’in-
vestitore di accedere a prodotti difficilmente raggiungibili (es. metalli preziosi), ed a strategie dalla com-
plessa realizzazione (es. protezione parziale o totale del capitale investito, performance dell’investimento
migliore rispetto a quella del sottostante, in determinate condizioni). L’operatività in certificates espone
comunque l’investitore alla possibilità di perdita totale del capitale investito, in base alle caratteristiche
dello strumento prescelto.
Si dividono in:
• Leverage Certificates: replicano l’andamento dell’attività sottostante permettendo di partecipare,
con effetto leva, alla performance della stessa. Sono strumenti finanziari che consentono all'investi-
tore di assumere una posizione rialzista oppure ribassista, e sono adatti esclusivamente ad investito-
ri che tendono ad avere una strategia di investimento altamente speculativa, perché sono strumenti
caratterizzati da un’elevata rischiosità;
• Investment Certificates: costituiscono, sia in termini di capitale investito che in termini di rischio,
un’alternativa all’investimento diretto nel sottostante Si categorizzano come segue:
• Classe A: certificates che replicano l’andamento dell’attività sottostante non incorporando alcun ef-
fetto leva (conosciuti anche come “benchmark”);
• Classe B: certificates che replicano l’andamento dell’attività sottostante incorporando una o più op-
zioni aventi carattere accessorio (es. protezione totale o parziale del capitale investito, maggiorazio-
ne della resa dell’investimento al verificarsi di determinate condizioni).
“L’effetto leva” è una tecnica che consente di acquistare o vendere attività finanziarie per un ammontare
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EDUCAZIONE FINANZIARIA
superiore al capitale posseduto, impegnando solo una parte della liquidità necessaria per effettuare l’ope-
razione. Questo tipo di operatività consente di beneficiare di un rendimento potenziale maggiore rispetto
a quello derivante da un investimento diretto nel sottostante ma, al contrario, di esporsi anche al rischio di
perdite molto significative nel caso in cui il mercato si muova nella direzione contraria a quanto desiderato.
Tale rischio è tanto più elevato quanto maggiore è la leva utilizzata.
Gli ETF “non armonizzati” sono fondi d’investimento quotati (quindi negoziati come azioni e obbligazio-
ni) che, a differenza di quelli cosiddetti “armonizzati” non hanno l’obbligo di conformarsi alla direttiva
europea sui fondi d’investimento mobiliari: la cosiddetta direttiva “UCITS” (Undertaking Collective In-
vestment on Trasferable Securities, equivalente inglese dell’acronimo OICVM - Organismi di Investimen-
to Collettivo in Valori Mobiliari).
Questa direttiva prevede una serie di regole di contenimento e frazionamento del rischio cui deve atte-
nersi il gestore (per esempio regole di diversificazione del portafoglio e divieti o limiti all’uso di determinati
strumenti finanziari); non dovendo seguire queste regole, gli ETF non armonizzati potrebbero essere ca-
ratterizzati da profili di rischio più alti rispetto agli ETF armonizzati, fermo restando che la principale deter-
minante del rischio è la natura dell’indice sottostante l’ETF.
Quasi tutti gli ETF quotati nei Paesi europei sono armonizzati, così come lo sono quelli quotati in Borsa Ita-
liana, mentre non lo sono ad esempio quelli quotati alla borsa di New York o al Nasdaq.
ETN
Gli Exchange Traded Notes o “ETN” sono strumenti derivati cartolarizzati (cioè incorporati in un titolo
negoziabile) che replicano un indice azionario, obbligazionario, di valute o tassi.
Similarmente agli ETF, gli ETN sono negoziati in Borsa, come delle azioni e replicano passivamente la per-
formance del sottostante (tipicamente un indice) a cui fanno riferimento.
Al pari degli ETC invece, gli ETN non sono fondi, ma titoli senza scadenza emessi da una società a fronte o
dell’investimento diretto nel sottostante, o dell’investimento in contratti sul sottostante. La differenza tra
ETC ed ETN risiede nella natura del sottostante: quando è una materia prima ci si riferisce agli ETC, negli
altri casi agli ETN.
Investendo su questi strumenti è quindi possibile di fatto fare un investimento su sottostanti che non sa-
rebbero accessibili con gli ETF e gli ETC, replicandone passivamente la performance.
Si differenziano dagli ETC per il fatto che questi ultimi hanno come sottostante una materia prima. Questi
strumenti vengono emessi a fronte dell’investimento diretto dell’emittente nel sottostante o in contratti
derivati sul medesimo. Il prezzo di un ETN è pertanto legato, direttamente o indirettamente, all’andamento
del sottostante di cui replicano passivamente la performance.
Si tratta di fondi d’investimento alternativi (FIA), istituiti generalmente in forma chiusa, che investono
nel capitale di rischio di aziende non quotate oppure in altri FIA che investono nelle stesse asset class
(fondi di fondi di Venture Capital e Private Equity).
L’investimento in Private Equity e Venture Capital è un investimento in capitale di rischio e quindi realizzato
con l’obiettivo di un rendimento atteso di livello elevato nel medio/lungo periodo: per contro, all’assunzione
del rischio tipico di un investimento azionario si aggiungono i rischi legati alla ridotta liquidità e alla minor
trasparenza legati all’assenza di quotazione delle società sulle quali è realizzato l’investimento.
I fondi d’investimento di Private Equity e Venture Capital hanno un ciclo di vita lungo, generalmente fra i 7
e i 12 anni. Sono quindi strumenti finanziari relativamente rischiosi, illiquidi e complessi e con rendimenti
attesi potenzialmente alti e decorrelati rispetto all’andamento dei mercati finanziari tradizionali.
Se istituiti in forma riservata (come spesso avviene), sono dedicati a investitori istituzionali e professionali,
oppure a investitori retail che investano almeno 500.000 Euro. Tale importo deve comunque rappresentare
una frazione del patrimonio dell’investitore.
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HEDGE FUND
Si tratta di Fondi d’Investimento Alternativi (FIA), istituiti in forma aperta, che investono nel mercato mo-
biliare minimizzando la correlazione con i principali mercati finanziari. Per conseguire questo obiettivo gli
hedge fund fanno uso di strategie di investimento sofisticate quali vendite allo scoperto, derivati, hedging
(operazioni di copertura da determinati rischi) e leva.
Il fondo hedge non è soggetto alle norme di frazionamento e contenimento del rischio dei fondi aperti UCI-
TS (Undertaking Collective Investment on Trasferable Securities, equivalente inglese dell’acronico OICVM
– Organismi di Investimento Collettivo in Valori Mobiliari): va quindi considerato un investimento rischioso,
di lungo periodo e complesso, adatto a investitori con disponibilità finanziarie significative e che siano in
grado di comprenderne pienamente le caratteristiche e le complesse tecniche di gestione.
La principale caratteristica che contraddistingue l’attività di gestione di questi fondi è la ricerca di un ren-
dimento assoluto, cioè di un aumento del valore dell’investimento il più possibile indipendente dall’anda-
mento dei principali mercati
COVERED WARRANT
I covered warrant sono strumenti finanziari derivati emessi da un intermediario finanziario che conferi-
scono all'acquirente il diritto di acquistare (nel caso di covered warrant call) o vendere (nel caso di cove-
red warrant put) un'attività sottostante a un prezzo prestabilito (detto “prezzo di esercizio” o strike price),
a una data specifica o entro tale data. L’esercizio di un covered warrant di norma comporta la liquidazione
monetaria della differenza, se positiva, tra il prezzo del sottostante e lo strike price (nel caso di covered
warrant call) o della differenza, se positiva, tra lo strike price e il prezzo del sottostante (nel caso di covered
warrant put), senza prevedere il ritiro o la consegna del sottostante.
Esempio
Acquistando un covered warrant di tipo “call” sul titolo X con prezzo base (strike price) pari a 10 si ottiene il diritto ad acquistare
il titolo X pagandolo 10. Se il prezzo del titolo X sale ad esempio a 15, esercitando il covered warrant viene liquidata la differenza
positiva di 5. Il covered warrant di tipo “call” quindi viene acquistato nel momento in cui si ha una previsione di rialzo sul sotto-
stante.
Se invece si acquista un covered warrant di tipo “put” sul titolo Y con prezzo base (strike price) pari a 10, si ottiene il diritto a
vendere il titolo Y al prezzo di 10. Se il prezzo del titolo Y scende ad esempio a 7, esercitando il covered warrant viene liquidata
la differenza di 3. Il covered warrant di tipo “put” quindi viene acquistato nel momento in cui si ha una previsione di ribasso sul
sottostante.
Con riferimento allo stile di esercizio, un covered warrant può essere americano, se esercitabile in ogni
momento nel corso della sua vita, o europeo, se può essere esercitato solo a scadenza.
Il soggetto che investe in un covered warrant call ha delle aspettative di rialzo del sottostante (analoga-
mente all'acquirente di una opzione call), in quanto beneficia di un importo di liquidazione tanto più elevato
quanto più alto è il valore del sottostante; viceversa per i covered warrant put.
Rispetto a un investimento diretto nell’attività sottostante l’esborso monetario necessario per investire in
covered warrant (il premio) è inferiore, ma il rischio di perdere tutto il capitale investito è molto più elevato:
è sufficiente che a scadenza il prezzo del sottostante sia inferiore allo strike per i call, viceversa per i put.
Esempio
Nell’esempio sopra riportato, se alla scadenza del covered warrant di tipo “call” con strike price 10, il prezzo dell’azione X anziché
salire a 15 fosse sceso a 8 non ci sarebbe stata nessuna convenienza a esercitare il covered warrant che dà la possibilità di ac-
quistare il titolo X pagandolo 10 (lo strike price) quando sul mercato il titolo vale 8. Il titolo X anziché avere un andamento al rialzo,
come atteso, lo ha avuto al ribasso, e quindi in questo caso viene di fatto persa interamente la somma investita per acquistare
il covered warrant.
OPERATIVITÀ SHORT
La vendita allo scoperto (short selling o short) è un’operazione finanziaria che consiste nel vendere titoli,
che il venditore non possiede al momento della vendita, e nel successivo riacquisto. Questa operazione
si effettua se si ritiene che il prezzo al quale gli strumenti finanziari si riacquisteranno sarà inferiore al prez-
zo inizialmente incassato attraverso la vendita.
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EDUCAZIONE FINANZIARIA
Caso a)
Successivamente alla vendita allo scoperto, il prezzo dell’azione scende a 8 euro.
Il titolo viene riacquistato spendendo 800 euro.
Il profitto lordo realizzato è pari a 200 euro (1.000 – 800).
Caso b)
Successivamente alla vendita allo scoperto, il prezzo dell’azione sale a 12 euro.
Il titolo viene riacquistato spendendo 1.200 euro.
La perdita lorda realizzata è pari a -200 euro (1.000 – 1.200).
Caso c)
Successivamente alla vendita allo scoperto, il prezzo dell’azione sale a 24 euro.
Il titolo viene riacquistato spendendo 2.400 euro.
La perdita lorda realizzata è pari a -1.400 euro (1.000 – 2.400).
Le oscillazioni al rialzo dei prezzi degli strumenti finanziari venduti allo scoperto possono quindi comportare perdite di entità
superiore all’incasso iniziale.
OPERATIVITÀ IN LEVA
Esempio
Si ipotizza di avere a disposizione 100 euro da investire in un titolo.
Caso a)
Investimento diretto nell’azione Alfa.
Si acquistano 100 azioni Alfa al prezzo di 1 euro, spendendo 100 euro.
Se il prezzo dell’azione sale a 1,05 i titoli possono essere rivenduti incassando il controvalore di 105 euro.
Il differenziale di prezzo fra vendita e acquisto è positivo, pari a 5 euro (+ 5%).
Se il prezzo dell’azione scende a 0,95 i titoli possono essere rivenduti incassando il controvalore di 95 euro.
Il differenziale di prezzo fra vendita e acquisto è negativo, pari a -5 euro (- 5%).
Caso b)
Acquisto dell’azione Alfa con leva 1:10 (ovvero margine 10%)
Sfruttando la leva è possibile acquistare 1.000 azioni Alfa al prezzo di 1 euro, per un controvalore di 1.000 euro, impiegando i 100
euro di capitale iniziale e ottenendo in prestito i 900 euro mancanti.
Se il prezzo dell’azione sale a 1,05 i titoli possono essere rivenduti incassando il controvalore di 1.050 euro. Dopo aver restituito il
prestito di 900 euro rimarrebbero 150 euro ottenendo un incremento del 50% del capitale iniziale.
Se il prezzo dell’azione scende a 0,95 i titoli possono essere rivenduti incassando il controvalore di 950 euro. Dopo aver restituito
il prestito di 900 euro rimarrebbero 50 euro conseguendo una perdita del 50% del capitale iniziale.
Gli strumenti derivati sono così denominati perché il loro valore “deriva" dall’andamento del valore di un’at-
tività, detta “sottostante”, che può essere di qualsiasi natura o genere.
Il future è un contratto derivato a termine in cui acquirente e venditore si impegnano a scambiarsi una
determinata quantità di un certo sottostante a un prezzo prefissato e a una data futura prestabilita. Il
sottostante di un future può essere un’azione, un’obbligazione, un tasso di interesse, una valuta, un indice
azionario, una merce, etc.
I futures, negoziati sui mercati regolamentati, sono standardizzati per oggetto, dimensione, scadenza e re-
gole di negoziazione. Alle parti è rimessa solamente la possibilità di definire il prezzo di acquisto o di vendita.
È possibile chiudere la posizione prima della scadenza effettuando un’operazione di segno contrario. Se il
future giunge a scadenza, potrà essere liquidato per contanti (cash settlement) oppure potrà avvenire la
consegna fisica del sottostante, in base alle regole definite dal mercato.
Per ogni posizione aperta in acquisto o in vendita, è richiesto il versamento giornaliero dei margini iniziali e
dei margini di variazione.
I margini iniziali vengono richiesti a garanzia delle posizioni in essere e sono trattenuti fino alla chiusura
della stesse. Servono per coprire i costi teorici di liquidazione della posizione in caso di inadempienza.
I margini di variazione invece derivano dalla rivalutazione giornaliera delle posizioni mediante il pagamen-
to/incasso del differenziale tra prezzo di carico (prezzo di negoziazione o di chiusura del giorno preceden-
te) e prezzo di regolamento (prezzo di negoziazione o di chiusura del giorno).
I margini di variazione vengono determinati nel modo seguente:
• nel giorno di apertura posizione, dalla differenza tra prezzo di negoziazione e prezzo di chiusura del
giorno;
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EDUCAZIONE FINANZIARIA
• nei giorni successivi a quello di apertura posizione, dalla differenza tra prezzo di chiusura del giorno
e prezzo di chiusura del giorno precedente;
• nel giorno di chiusura della posizione, dalla differenza tra prezzo di chiusura del giorno precedente e
prezzo di negoziazione.
I futures presentano un forte “effetto leva", in quanto l’investimento iniziale richiesto per l’apertura di una
posizione (c.d. margini iniziali o di garanzia) è pari a una frazione del controvalore del sottostante, mentre i
guadagni e le perdite sono rapportate al sottostante stesso. L'effetto leva amplifica i guadagni e le perdite
che si otterrebbero sul sottostante, rendendo tali strumenti particolarmente rischiosi. Tale rischio è tanto
più elevato quanto maggiore è la leva utilizzata. È’ quindi importante capire che il margine iniziale versato
non rappresenta la massima perdita associabile ad una posizione in futures.
Per valutare questa operatività è necessario considerare, oltre al differenziale di prezzo tra vendita e acqui-
sto, anche i costi di negoziazione applicati dall’intermediario.
Esempio
Supponiamo che venga acquistato un FTSE MIB Future al prezzo di 21.000 punti e che il margine iniziale richiesto sia pari al 10%.
Di seguito le principali caratteristiche del contratto utili all’esempio.
• Sottostante: indice FTSE MIB (il paniere delle principali Blue Chips italiane)
• Quotazione: in punti indice
• Valore di un punto indice: 5 euro
• Valore nozionale contratto: prezzo del futures moltiplicato per il valore di un punto indice
Il valore nozionale del contratto è di 105.000 euro (21.000 * 5), ma l’investimento iniziale richiesto è soltanto 10.500 euro (margine
iniziale = 105.000 * 10%).
Ipotizzando che il future si sia mosso a favore e che la posizione venga chiusa a 21.210 punti, il guadagno lordo sarebbe pari a
(21.210 – 21.000) * 5 = 1.050 euro.
Tale risultato è + 1% se rapportato al valore del contratto ma +10% se rapportato al margine iniziale.
Ipotizzando che il future si sia mosso contro e che la posizione venga chiusa a 20.790 punti, la perdita lorda sarebbe pari a
(20.790 – 21.000) * 5 = - 1.050 euro.
Tale risultato è - 1% se rapportato al valore del contratto ma -10% se rapportato al margine iniziale.
Gli strumenti derivati sono così denominati perché il loro valore “deriva" dall’andamento del valore di un’at-
tività, detta “sottostante”, che può essere di qualsiasi natura o genere.
Le opzioni sono contratti che danno al compratore il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare (opzione call)
o di vendere (opzione put) una data quantità di un’attività sottostante a un prezzo stabilito (strike price o
prezzo di esercizio), a una data specifica (opzione europea) o entro tale data (opzione americana). Il sot-
tostante di un’opzione può essere un’azione, un’obbligazione, un prodotto derivato, una valuta, un indice
azionario, una merce, etc.
Nel momento in cui il compratore dell’opzione esercita il diritto, il suo ricavo consisterà:
• nel caso di opzione call, nella differenza tra prezzo corrente del sottostante e prezzo di esercizio;
• nel caso di opzione put, nella differenza tra prezzo di esercizio e prezzo corrente del sottostante.
Tale differenza è detta “valore intrinseco” e non può assumere valori negativi poiché il compratore ha la fa-
coltà, ma non l’obbligo, di acquistare o vendere il sottostante e quindi rinuncia all’esercizio se le condizioni
sono a lui sfavorevoli.
Di conseguenza:
• l’opzione call a scadenza non avrà alcun valore se il prezzo del sottostante sarà inferiore al prezzo di
esercizio;
• l’opzione put a scadenza non avrà alcun valore se il prezzo del sottostante sarà superiore al prezzo
di esercizio.
È possibile chiudere la posizione prima della scadenza effettuando un’operazione di segno contrario. Se
l’opzione giunge a scadenza, potrà essere liquidata per contanti (cash settlement) oppure potrà avvenire
la consegna fisica del sottostante, in base alle regole definite dal mercato.
Le opzioni negoziate sui mercati regolamentati, sono standardizzate per oggetto, dimensione, scadenza e re-
gole di negoziazione. Alle parti è rimessa solamente la possibilità di definire il prezzo di acquisto o di vendita.
Esempio
Supponiamo che il giorno t venga negoziata un’opzione call su azioni Alfa al prezzo di 0.10 euro.
Si riportano di seguito alcuni scenari che potrebbero presentarsi alla scadenza dell’opzione.
Caso a)
Alla scadenza dell’opzione il prezzo di mercato dell’azione Alfa scende a 9,5 euro.
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EDUCAZIONE FINANZIARIA
In questo caso l’opzione viene abbandonata poiché lo strike-price è superiore al prezzo di mercato.
Il compratore dell’opzione subisce una perdita di 100 euro pari al premio pagato per acquistare l’opzione.
Il venditore dell’opzione consegue un guadagno di 100 euro pari al premio incassato dalla vendita dell’opzione.
Caso b)
Alla scadenza dell’opzione il prezzo di mercato dell’azione Alfa sale a 10.5 euro.
In questo caso l’opzione viene esercitata poiché lo strike-price è inferiore al prezzo di mercato e quindi il compratore può acqui-
stare le 1.000 azioni sottostanti l’opzione ad un prezzo inferiore a quello di mercato.
Il compratore dell’opzione consegue il seguente risultato:
Quantità x (prezzo mercato – strike price) – importo premio >> 1.000 x (10.5 – 10) – 100 = 500 – 100 = + 400 euro
Il venditore dell’opzione subisce l’esercizio dell’opzione e consegue quindi il seguente risultato:
Importo del premio - Quantità x (prezzo mercato – strike price) >> 100 - 1.000 x (10.5 – 10) = 100 - 500 = - 400 euro
Gli strumenti finanziari derivati sono contratti il cui valore dipende dall'andamento di un'attività sottostante,
che può essere di natura finanziaria (come ad esempio i titoli azionari, i tassi di interesse e di cambio, gli
indici) o reale (come ad esempio il caffè, il cacao, l'oro, il petrolio, ecc).
Le principali finalità associate alla negoziazione di strumenti finanziari derivati sono le seguenti:
• copertura di posizioni: si intende proteggere il valore di una posizione da variazioni indesiderate nei
prezzi di mercato. L'utilizzo dello strumento derivato consente di neutralizzare l'andamento avverso
del mercato, bilanciando le perdite/guadagni sulla posizione da coprire con i guadagni/perdite sul
mercato dei derivati;
• speculazione: strategie finalizzate a realizzare un profitto basato sull'evoluzione attesa del prezzo
dell'attività sottostante;
• arbitraggio: quando si sfrutta un momentaneo disallineamento tra l'andamento del prezzo del deri-
vato e quello del sottostante (destinati a coincidere all'atto della scadenza del contratto), vendendo
lo strumento sopravvalutato e acquistando quello sottovalutato e ottenendo, così, un profitto privo
di rischio.
Gli strumenti finanziari derivati Over The Counter (OTC) sono negoziati bilateralmente (direttamente tra le
due parti) fuori dai mercati regolamentati; in questo caso i contraenti possono liberamente stabilire tutte
le caratteristiche dello strumento. Si tratta di strumenti finanziari illiquidi in quanto il disinvestimento dagli
stessi può risultare difficile, tenuto conto sia del tempo sia delle condizioni di prezzo alle quali può avvenire
lo smobilizzo.
STRUMENTI FINANZIARI DERIVATI OVER THE COUNTER (OTC) UTILIZZATI CON FINALITÀ DI
COPERTURA SUI TASSI DI INTERESSE
Gli strumenti finanziari derivati OTC vengono utilizzati per ridurre, in tutto o in parte, il rischio legato alla
variabilità dei tassi di interesse.
Le imprese che presentano un indebitamento a tasso variabile (come mutui o contratti di leasing indiciz-
zati ad esempio all’Euribor) sono soggette a un rischio potenziale di rialzo dei tassi di interesse, ossia degli
oneri complessivi generati dall’indebitamento.
I principali strumenti che vengono utilizzati per la copertura del rischio di rialzo dei tassi di interesse sono:
• il contratto di Interest Rate Swap (IRS);
• il contratto di Cap sui tassi di interesse.
Esempio
Data iniziale: gg/mm/aa
Data finale: gg/mm/aa+4
Capitale di riferimento: 1.000.000 EUR iniziale e in seguito ad ammortamento come da piano di ammortamento sotto riportato
Acquirente: Cliente
Tasso fisso: 0,30%
Convenzione di Calcolo Tasso Fisso: Act / 360 Mod.foll.adj . Questa modalità significa che quando un giorno di pagamento o una
data utilizzata per calcolare gli interessi maturati cade in un giorno festivo la data viene spostata in avanti nel tempo in modo
tale che cada in un giorno lavorativo
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EDUCAZIONE FINANZIARIA
Periodo del tasso fisso: Semestrale, secondo quanto indicato nel piano di ammortamento sotto riportato
Date pagamento tasso fisso: Date indicate come fine periodo nel piano di ammortamento sotto riportato
Venditore: Banca
Tasso Variabile: Euribor 6 mesi (pari a 0,043% alla data della stipula del contratto)
Convenzione di calcolo tasso variabile: Act /360 Mod.foll.adj
Periodo del tasso variabile: Semestrale, secondo quanto indicato nel piano di ammortamento sotto riportato
Date pagamento tasso variabile: date indicate come fine periodo nel piano di ammortamento sotto riportato
• nel semestre che va dal 21/08/aa+1 al 21/02/aa+2 l’Euribor a sei mesi risulta rilevato allo 0,49% e il Cliente dovrà ricevere
per quel semestre lo 0,19% (pagherà un tasso fisso dello 0,30% e riceverà lo 0,49%, entrambi calcolati su un nozionale di
514.884 EUR): tale importo verrà regolato alla scadenza del periodo, con valuta 21/02/aa+2.
Esempio
Data iniziale: 21/08/aa
Data Finale: 21/08/aa+4
Capitale di riferimento: EUR 1.000.000 ad ammortamento come da piano di ammortamento sotto riportato
Acquirente: Cliente
Venditore: Banca
Tasso CAP: 0,25%
Tasso Variabile: Euribor 6 mesi (pari a 0,043% alla data di stipula del contratto)
Convenzione di Calcolo Tasso Variabile: Act/360 Mod.foll.adj. Questa modalità significa che quando un giorno di pagamento o
una data utilizzata per calcolare gli interessi maturati cade in un giorno festivo la data viene spostata in avanti nel tempo in modo
Periodo del Tasso Variabile: Semestrale, secondo quanto indicato nel piano di ammortamento sotto riportato
Premio: 7.500,00 EUR
Data pagamento premio: 21/08/aa
Piano di ammortamento
DA A Debito residuo
21/08/aa 21/02/aa 1.000.000,00
21/02/aa+1 21/08/aa+1 881.416
21/08/aa+1 21/02/aa+2 761.053
21/02/aa+2 21/08/aa+2 638.885
21/08/aa+2 21/02/aa+3 514.884
21/02/aa+3 21/08/aa+3 389.023
21/08/aa+3 21/02/aa+4 261.275
21/02/aa+4 21/08/aa+4 131.610
• nel semestre che va dal 21/08/aa+2 al 21/02/aa+3 l’Euribor a sei mesi risulta rilevato allo 0,49%, il Cliente dovrà ricevere per
quel semestre lo 0,24% (ossia la differenza per lui positiva tra l’Euribor e il tasso Cap, entrambi calcolati su un nozionale di
514.884 euro): tale importo verrà regolato alla scadenza del periodo ossia con valuta 21/02/aa+3.
STRUMENTI FINANZIARI DERIVATI OVET THE COUNTER (OTC) UTILIZZATI CON FINALITÀ DI
COPERTURA SUI CAMBI
Gli strumenti finanziari derivati OTC, ovvero negoziati al di fuori dei mercati regolamenti vengono utiliz-
zati per ridurre, in tutto o in parte, il rischio legato alla variabilità del rapporto di cambio tra le due valute
(rischio di cambio).
Le imprese che lavorano con l’estero sono esposte a questo rischio in quanto incassano o pagano in divisa
diversa dall’euro, oppure pagano o incassano in euro, ma il prezzo finito delle merci cambia per effetto di
variazioni del tasso di cambio sottostante. Anche le persone fisiche possono incorrere nel rischio di cam-
bio, come nel caso di un portafoglio titoli di un residente in Italia, espresso in divisa estera.
I principali strumenti OTC che vengono utilizzati per la copertura del rischio cambio sono:
• la Compravendita a termine di divisa estera (FORWARD);
• il Domestic Currency Swap (DCS);
• l’Opzione su cambi (CURRENCY OPTION).
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EDUCAZIONE FINANZIARIA
Esempio
Con la Compravendita a termine di divisa estera, il Cliente, che detiene flussi commerciali espressi in divisa estera, intende cau-
telarsi dalle oscillazioni del tasso di cambio prefissando il cambio al quale acquisterà gli USD (dollari statunitensi) per scadenza
futura. La Compravendita a termine di divisa estera permette infatti di stabilire in anticipo a quale cambio verrà regolata una
transazione futura.
I contratti FWD possono essere conclusi anche direttamente tra due divise diverse dall’euro, per esempio
è possibile consegnare dollari americani e acquistare sterline inglesi.
Esempio
Con la sottoscrizione dell'operazione di DCS, il CIiente fissa “a pronti” un cambio in acquisto di USD ad una scadenza futura (”a
termine”: ad esempio dopo 3 mesi). Il Cliente decide di coprire il rischio di cambio fissando il cambio al quale acquisterà i dollari
americani alla scadenza prefissata. L’operazione di DCS comporta un addebito o un accredito in base al differenziale del tasso
di cambio contrattuale e di quello di mercato alla data di regolamento dell’operazione; tale importo viene calcolato sull’importo
denominato in euro (acquistato o venduto) che non viene scambiato tra le parti, il tutto diviso per il cambio fissato alla Data di
Regolamento.
Alla scadenza si presenterà una diversa situazione a seconda che il livello del tasso di cambio eur/usd sia inferiore o superiore
al livello di 1,1118 fissato come cambio a termine.
• se il cambio EUR/USD dopo 3 mesi fosse ad esempio pari a 1,1000 il cambio a termine contrattualizzato dal Cliente (1,1118)
sarebbe migliore rispetto a quello di mercato (1,10): in questo caso il Cliente riceverebbe quindi dalla Banca un differenziale
positivo di 4.825 euro che è così determinato:
• se il cambio EUR/USD dopo 3 mesi fosse invece pari a 1,1200 il cambio a termine contrattualizzato dal Cliente (1,1118) sa-
rebbe peggiore rispetto a quello di mercato (1,12) e il Cliente verserebbe alla Banca un differenziale negativo di 3.293 euro
che è così determinato:
500.000/1,1200=446.428
500.000/1,1118=449.721
446.428-449.721= -3.293 euro
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EDUCAZIONE FINANZIARIA
zione, dalla volatilità della coppia di divise e da dove viene posizionato il prezzo di esercizio (come detto
l’acquirente potrà decidere il prezzo di esercizio ed il premio sarà funzione del prezzo di esercizio stesso).
Valuta premio: la data in cui è dovuto il Premio.
Esempio
Tipo: PUT EUR/CALL USD che rappresenta quindi il diritto di vendere euro e acquistare dollari.
Classe: Vanilla (ossia “semplice”)
Stile: Europeo (esercitabile solo a scadenza)
Prezzo di esercizio (o strike price): 1,1100 che rappresenta il prezzo al quale a scadenza il Cliente potrà acquistare i dollari contro
euro.
Controvalore: 200.000,00 USD
Importo: 200.000 / 1,11 = 180.180EUR
Ora e data di scadenza: 10.00 di New York – gg/mm/aa
Data di consegna: gg+4/mm/aa
Premio: 4.000 EUR
Valuta premio: gg+2/mm/aa
Acquirente: Cliente
Venditore: Banca
Nell’esempio il Cliente acquista il diritto di acquistare USD (in quanto acquista una CALL USD/PUT EUR) al prezzo di esercizio
pari a 1,1100. Trattandosi di opzione di stile europeo, soltanto all’ora e data di scadenza (alle ore 10.00 di New York del giorno gg/
mm/aa) l’acquirente deciderà se esercitare o meno il proprio diritto.
• se all’ora e data di scadenza il cambio EUR/USD sarà superiore a 1,1100 (per esempio 1,1300), l’acquirente non eserciterà
l’opzione ma acquisterà i 200.000 USD al cambio di 1,1300 spendendo 176.991 EUR (200.000/1.1300), che è decisamente più
vantaggioso per lui rispetto ad esercitare l’opzione che gli da diritto di acquistare lo stesso controvalore di dollari spenden-
do 180.180 euro. Non ci saranno effetti per il venditore e nel contempo l’acquirente avrà pagato un premio (nell’esempio pari
a 4.000,00 EUR) per acquistare un diritto che poi ha deciso di non esercitare. Il premio non verrà in nessun caso rimborsato
perché i 4.000 EUR rappresentano un’uscita certa per l’acquirente e un incasso per il venditore.
• se all’ora e data di scadenza il cambio EUR/USD sarà inferiore a 1,1100 (per esempio 1,0900), l’acquirente provvederà ad
esercitare l’opzione e pertanto acquisterà i 200.000,00 USD al prezzo di esercizio di 1,1100 dal venditore dell’opzione, spen-
dendo 180.180 EUR (a cui si sommano i 4.000 EUR pagati inizialmente). Questa opzione infatti è più vantaggiosa per il
Cliente perché per acquistare i dollari al cambio di 1,09 avrebbe speso 200.000/1,09 = 183.486 euro anziché 180.180 euro.
Occorre però evidenziare che il costo del premio dell’opzione acquistata incide negativamente sulla convenienza dell’ope-
razione: il reale vantaggio della stipula di un’opzione in cambi si ha soltanto quando il controvalore di mercato alla scadenza
è superiore all’esborso complessivo del Cliente formato dal controvalore dell’operazione più il premio pagato. Nell’esempio
sopra riportato, poiché ai 180.180 euro pagati esercitando l’opzione si devono aggiungere i 4.000 euro di premio, si arriva ad
un esborso totale di 184.180. Il tasso di cambio al di sotto del quale l’operazione comincia a diventare realmente vantaggiosa
per il Cliente è quindi pari a 200.000/184.180 = 1,086. Se a scadenza ad esempio il cambio EUR/USD fosse ad esempio pari
a 1,08, l’acquisto dei dollari avrebbe comportato un esborso di 200.000/1.08= 185.185 euro, superiore ai 184.180 euro che
rappresentano l’esborso totale sostenuto dal Cliente per acquistare l’opzione ed esercitarla.
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