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Curiosita e testimonianze

Nella mitica epopea babilonese di Gilgamesh, Utnapishtim, saggio re e sacerdote protetto dal dio Ea, offre da bere ai carpentieri impegnati nella costruzione della nave della salvezza, distribuendo vino come se fosse acqua di /iume: "mosto e vino rosso, olio e vino bianco".2

Anche Ia grande civilta babilonese conosceva dun que la bevanda che da l' ebbrezza; e nello straordinario poema che narra Ie vicende di Gilgamesh, il vino e intimarnente collegato alla vita e a un concetto alto di vita: "II compagno di Gilgamesh, Enkidu, passa dallo stato di 'natura' a quello di 'civilta' grazie a una cerimonia iniziatica fondata sul vino e va incontro alla morte proprio perche e stato privato della bevanda sacra.'?

Come in Babilonia, anche in Giordania, in Palestina, in Egitto, si sviluppo la coltivazione della vite, iniziata gia tremila anni prima di Cristo, e diffusa velocemente anche nelle zone dove non era mai cresciuta come pianta spontanea.

Ma se Ie testimonianze di un leg arne tra il vino e alti valori spirituali nella civilta babilonese e antica quanta I' epopea di Gilgamesh, bisogna attendere Erodoto per conoscere

2 Llepopea di Gilgamesb, (a cura di N.K. Sandars), trad. it., Adelphi, Milano 1999, p. 136.

3 Henri Margaron, Le stagioni degli dei. Storia medica e sociale delle droghe, Raffaello Cortina Editore, Milano 2001, p. 27.

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l'uso della bevanda presso gli Egiziani, per apprendere delle loro grandi feste, vissute all'insegna dell'ebbrezza e dedicate alla luna nuova e al plenilunio.

"Viaggiano sul fiume," scrive Erodoto, "uomini e donne insieme, una gran folla di entrambi i sessi sopra ogni imbarcazione; alcune donne hanno dei crotali e li fanno risuonare, alcuni uomini suonano il flauto per tutto il tragitto; gli altri, uomini e donne, cantano e battono le mani; quando giungono all' altezza di un' altra citta, accostano a riva e si comportano cosi: alcune [donne] continuano a fare cia che ho detto, altre a gran voce dileggiano le donne del posto, altre danzano, altre ancora si alzano in piedi e si sollevano la veste. Cosi in ogni citra che incontrino lunge il fiume. Una volta arrivati a Bubasti, celebrano la Festa offrendo imponenti sacrifici; in questa ricorrenza si consuma pili vino d'uva chein tutto il resto dell'anno. Vi accorrono, a quanta sostengono i locali, fino a settecentomila persone fra uomini e donne, senza con tare i bambini. "4

Qui Erodoto descrive la Festa celebrata nella citra di Bubasti in onore della dea eponima della citta, che 10 storico greco identifica con Artemide. Ma la divinita egiziana che pili di ogni altra era legata al nett are degli dei e Osiris, il dio a cui si attribuiva la conoscenza del vino, che veniva di conseguenza usato soprattutto a scopo religioso, rituale.

Era tale la sua importanza spirituale in Egitto che sembra venisse consumato soltanto in occasione di specifiche cerimonie religiose e che l'uso ne Fosse riservato a una ristretta elite di potenti. Pili forte ancora, come prova del valore sacro della bevanda, e la proibizione fatta alle sacerdotesse di aprire una bottega per la vendita del vino: colei che avesse osato violare la legge sarebbe stata bruciata.

Lo studioso Tim Unwin spiega tanta severita con ragioni di devozione religiosa e, a un tempo, di concreta praticita:

"E possibile che, in un periodo in cui sembra che i vigneti

4 Erodoto, Le Storie, libro II, trad. it., Garzanti, Milano 1999, pp. 287-

2~. .

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fossero per 10 piu nelle mani dei sacerdoti del tempio, la cosa sia stata imposta per impedire la vendita del vino destinato alle funzioni religiose nelle comuni botteghe, oltre che per ribadire la preminenza religiosa del vino, in quanta simbolo sacrificale, rispetto alIa birra. "'i

Tuttavia, il valore preminentemente sacrale della bevanda non impediva che alcuni la apprezzassero soltanto per Ie sue qualita intrinseche. Nel racconto di Erodoto Amasi

, ,

che gia da privato cittadino amava here e divertirsi, divenuto sovrano, ogni giorno, dopo aver shrigato gli affari di governo, "beveva, beffava i suoi convitati, ed era frivolo e allegro" .6

D' altro canto sono ormai stati rinvenuti geroglifici risalenti al 2500 a.c. che descrivono con minuzia Ie diverse qualita di vino allora in uso, e non soltanto, e lecito credere, nelle cerimonie religiose. Nelle terre bagnate dal Nilo la pratica della vinificazione era valutata a tal punto che anfore contenenti vini pregiati (con l'indicazione della zona di provenienza, dell' annata e del produttore: una sorta di vera e propria denominazione d'origine controllata, tanto e vero che quasi tutto quello che si fa e gia state fatto) venivano spesso incluse nei corredi funebri dei reo

Dall'Egitto, il percorso del vino, che segue da presso quello delle divinita e delle cerimonie religiose, ci conduce nella nascente civilta greca, che dal paese del Nilo trasse molte delle sue divinita, e tra queste la piu importante ai fini del binomio religionelfilosofia e vino: Dioniso, introdotto in Grecia da Melampo (e sempre Erodoto a darcene testimonianza); Dioniso, il dio che, secondo la tradizione raecolt a da Arriano di Nicomedia, fece conoscere il vino agli uomini: il dio da cui nacque la civilta,

Dall'Egitto, evocato da pittoreschi cortei di menadi e haccanti, Dioniso percorse il territorio ellenico, giungendo

, Tim Unwin, Storia del vino. Geografie, culture e miti, trad. it., Donzelli, Roma 1993, p. 66.

6 Erodoto, Le Storie, libro Il, trad. it., Garzanti, Milano 1999, p. 397.

19

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Walter Benjamin: I'ebbrezza e la sua aura

. ".. " del XX secolo, Walter Benjamin

Grande figura . so~lt~n~ ualita: di Ia dall'esito tragi co

fu pensatore di pnrrussima q . e dar corpo a un'idea

della propria vicend~ personaI;~ s~f: er questa e assai diffilosofica davvero unica, che p lIP cor~ente del secolo appeficile ricondurre a questa 0 que a .

na terminato. ... a acita di analisi speculativa si

In lui, una lucidissima ~ Pt apacita critico-ermeneutiunisce e si fonde a una sapien e c re nuovi squarci di luce

d li di gettare semp

ca, conse~1ten og I di renderlo con rara, penetrante

suI propno tempo, e I comp

chiarezza. .. one di analizzare sono estre-

Le: vicende che egli s~ prhoPd. hi roscuri ma la sua vo-

l e nee e I c iaroscun, 1

mamente comp, esse d n interesse ossessivo per e

lonta di sapere e sosten~t~ . a u

. edibili e scontate.

genealogie meno prey ler ricostruire Ie trame com-

D'altro canto, com~ non V~ato che ha dato luogo a un.a plesse e: sotterranee ?1 u.n p~s. ersona una delle errcivilta di cui Benjam~n v.1sse ~n pn~:e~ulla scena della stosi pili tragiche e radicali mal appa

. ~ wd~

n"La sua vita ven~e infatti violen~b~:~: i~r:~~:~uen':

l'avvento del nazismo, ed e~h s u olitico-cultural

ibili di quella che fu un apoca isse p

POSS1 11 1:

d . deg~

senza prece enti, nil trascorrere '0

Gia i Iettori av~ar:no.nota~o cOl:~~~bbia minore spaz1 anni (e dei secoli), 11 V1110, a un

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nell'analisi filosofica - fatte salve alcune appassionanti eccezioni - dall'altro si trovi sempre pili spesso accostato alle droghe.

E di questo Walter Benjamin costituisce una prova. Awezzo al vino, egli fu anche dedito a droghe come l'hascisch. Sperimento entrambi quali strumenti di ricerca teorico-empirica, mosso dalla convinzione di poter ottenere, grazie alloro impulso, "una capacita di illuminazione profana"348 che gli avrebbe consentito di trasformare radicalmente la percezione normale e obnubilata delle cose: di trasfonderla in una potenziata capacita di individuare quei complessi nessi fattuali che nella vita di ogni giorno finiscono per passare pressoche inosservati.

Solo per gli effetti della Sostanza proibita, egli avrebbe potu to avere la percezione di "inoltrarsi nell'eternita davanti a una tavola imbandita"349 nel ristorante Basso a Marsiglia. COS! come solo la sensazione di inedita leggerezza provocata dall'hascisch poteva fargli percepire il terreno sassoso e diseguale di una piazza come la "superficie levigata di una strada asfaltata".350

Ma soprattutto, solo grazie agli effetti della droga, Benjamin avrebbe potuto comprendere _ in decisa polemica "con i teosof di cui 10 irritavano l'inesperienza e l'ignoranza "351 - che "la vera aura si manifesta in tutte le cose.. e non soltanto in alcune come immagina la gente",3:52

E sempre per effetto dell'hascisch gli era possibile espri. mere la sua vera e ultima aspirazione: "scrivere qualcosa che viene dalle cose ailo stesso modo in cui il vino viene dall'uva",353

n vino e la sua origine dalla vite vengono dun que assunti

348 Giorgio Backhaus, "Nota all'edizione italiana" di Walter Benja-

Illin, Sull'hascisch, trad. it., Einaudi, Torino 1975, p. VIr.

349 Walter Benjamin, Sull'hascisch, op. cit., p. 77.

350 Ibzdem, p. 78.

351 Ibtdem, p. 88.

352 Ibtdem.

35.3 Ibtdem, p. 101.

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da Benjamin quale vera e propria pietra di paragone di una scrittura che anela a coincidere con il manifestarsi stesso

delle cose.

Nulla di pili efficace poteva in verita essere scritto sul va-

lore simbolico-metaforico della bevanda degli dei.

n vino viene senza dubbio da se; perche l'uva vi si realiz-

za per moto proprio, in forza di una necessid perfettamente autonoma e quindi "libera". E Benjamin avrebbe voluto che allo stesso modo anche le proprie parole coincidessero con 10 "sguardo" delle cose stesse; non limitandosi a valere quali espressioni del nostro semplice rivolgerci alle case.

Era questa l' aura in cui egli credeva e che vedeva minacciata dalla tecnica moderna e dall'universale riproducibilita ormai a portata di mano. Ai suoi occhi infatti "avvertire l'aura di una cosa significa dotarla della capacita di guarda-

" 354 re .

Ma ormai l' esperienza dell' aura era stata sostituita da

quella dello chac; come aveva mostrato Charles Baudelaire, autore in cui egli vede, ben diversamente da Sartre, l'occasione di una straordinaria epifania, analizzandolo (come avrebbe compreso Adorno) con uno sguardo superindividuale che gli consente di cogliere nella decadence baudelairiana la pili radicale dissoluzione dell'individuo borghese.

Seguendo la lezione di Baudelaire, quel che egli si propone e cogliere la realta da archeologo e colle zionist a, lasciando siano gli stessi resti di una realta ormai deflagrata (e quindi privata di qualsiasi improbabile appiglio identitario) a pariare, ossia, a raccontare i nessi e le intricate relazioni che hanno sostanziato la loro storia.

Non sorprendera a questo punto sap ere che Benjamin

guarda con particolare interesse anche al fenomeno surrealista. Soltanto nella prospettiva delineata da Breton e dai suoi compagni, egli vede profilarsi la reale possibilid di un nuovo spazio immaginativo, quello in cui si sarebbe final-

354 Walter Benjamin, "Baudelaire e Parigi", in Angelus Novus. Saggi e frammenti, trad. it., Einaudi, Torino 1982, p. 124.

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mente potuta introdurre una illuminazion '

ro, rna costitutivamente rivelatrice e, profana, e ve-

l surrealisti gli se b . r'

trovare "il mistero:: ra~o 1 so 1 ~e~Imente in grado di ri-

dialettica che ricono:~: illta q~do~ld1ana, gr~zie a un'ottica

1" quoti rano come irnpe t bil

impenetrabile come quotidiano" 355 . he 1 ne ra 1 e,

hanno definitivamente c . '1 £POlC e oro soltanto

M B .. onquistato e orze dell' ebbrezza

a enjamin vede I' bb .

ca di una condizi e rezza cOI_Oe espressione simboli-

"h ' one appartenente innanzitutto al " .

ro c e puo trarr .. . penS1e-

f '. e preZIOSI insegnamenti su di se 1

unzionamento d " se e su suo

terazione provoc:t~d:rmerslOne. reable. ne~li abissi dell' al-

E .. e sostanze me nann

ntiene che I'esperienza dell' ebb . . .

persona possa essere com re rezza pro:rata tn prima

quanta riesce a farcene co~ :: davv~ro sol? in rapporto a tato nel dispiegarsi del suo ~, ndere il pens1~ro, sperimen-

Agli oc hi di B . . ~lU concreto funzionamento.

c 1 1 enjarmn, 10 breve . di .

pretare e comprendere l' bb ' non Sl tratta 1 inter-

le insegnamento su u e rezza per trarne magari un uti-

roo II percorso da co~ap~luaI~he supposta verita del pensie"L ., . ere e esattamente quell .

a plu appassionata indagine dell'ebbrezz dO ~p~sto. non insegnera intorno al oensi ,a a ascisch eccellenza) nemmeno la mpet?Sd1~r~ ,(Chhe eil un narcotico per

ull' bb e a 1 ClO C e pen' .

S e rezza da hascisch" 356· siero msegna

Se egli riconosce il su db' .

srno ("al li ~ e Ito ner confronti del surreali-

. surrea lsmo n01 dobbiamo . . .

CUrSlOni nei mondi dell' ebb za") 3~ueste .1mportantllOche "illettor il rezz~, non ignora tuttavia no tipi d'ill e,. p~nsatore, colui che aspetta, il/ldneur so-

urmnati non meno del . d'

Sognatore, dell' ebb ma.ng1atore oppio, del

droga _ noi stessi _ c~o, per ~~cere di quella pili terribile dine". e pren ramo nella forma della solitu-

355 W

19 alter Benjamin, "II surreali ". .

~9, trad. it., Einaudi, Torino 1993 smo26'5In Ombre corte. Scritti 1928-

56 WI B . ' p. .

rater enjarnin "C ' I

oJcriU'192 ' arte per I surrealismo'" . 0 b

3'71 8-1929, op. cit p 290 ' In m re corte.

J Ibidem. .,..

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Ne ha il minimo dubbio che "gli scherzi da oste:ia, i gio~nali umoristici ecc. portino alia luce (spesso sotto 11 travestimen to della parodia) nuove forme di poesia ... nuove tendenze della lingua in generale" ,358 rna e anche c~nsa~evole del ruolo centrale rivestito dalia taverna 0 dalla birreria nella vita del viaggiatore. ., .

Si tenga presente a questa proposi~o della co.nvmz10ne di Benjamin che il viaggiare sia costit~t1vamente mgannevole. AI viaggiatore e infatti totalmente .1gnota la lontananza ne~ bulosa che agli occhi dei borghesi avvolge sempre mondi

sconosciuti.

Il marinaio - figura emblematic a di viaggiatore - sce~de

di rado a terra, e quando 10 ~a~ spes so e gi~ ~uio .. t:Jon S1 f~ incantare dalle palme e dagli iceberg; a lui la vicmanza e entrata nel sangue, e a lui parlano solo le pili esatte sfumature" .359 Ed e talmente a suo agio nel particolare, che le rot~ te su cui incrocia le altre navi diventano per l~i rom.b~nt! autostrade dove bisogna scansarsi. Quello che in ogni c~tta gli s'impone, prima di tutto, "e il ~ervizio a.bordo, e poi la birra tedesca, il sapone da barba lr:glese. e il t.ab.ac,\? olandese" .360 Per lui "la birreria e la chiave di ogni citta ; .sap~: re "dove si beve birra tedesca e geografia ed etnologia pm che sufficiente" .361

"La taverna dei marinai tedeschi srotola insomma la pianta notturna della citra: trovare da n la strada del bor-

dello ~ delle altre taverne non e difficile."362 .

Eppure, proprio una condizione del g~ne~e e rivelat.n~~ dello stato ossessivamente cercato da Benjamin, che egli v. deva rifles so nella illuminante confusione mentale ~roprla del/ldneur, tanto simile ai suoi, occ~i a que~la ~a JUl ste~,sl~ sperimentata sotto l' effetto dell hascisch: poiche la dove

358 Ibidem, p. 283. .' . d it.,

359 Walter Benjamin, Strada a sensa UnlCO. Scritti 1926-1927, tra .

Einaudi, Torino 1983, p. 66. 360 Ibidem.

361 Ibidem, p. 65.

362 Ibidem, pp. 65-66.

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v.erita .diventa un che di vivo", Ia medesima "vive solo nel ntmo m cui Ia proposizione e il suo opposto si sovrappongono per potersi pensare" .363

Ce~?, per. ~n tale habitus mentale "tutto e viso, ogni cosa ha 1. intensrta della presenza viva che permette di cercarvi come in un. viso i tratti apparenti" ,364 rna "in questa circost~z~ p.ersmo una proposizione riceve un viso e questa viso e slffiil~ a q~ello della proposizione opposta" .365

D~ qui Ia nlevanza per lui dello spleen baudelairiano sennrnento che "corrisponde alla catastrofe permanen~

t "366 h f 1" d il

~, ~ c e orse g 1 ncor ava tempo della Ion tan a infan-

zra berlinese, quando di giorno amava spiare Ie vetrine at~,raverso grate orizzontali di Ia dalle quali poteva ap;irsi

~a. bo~ca di lupo, Ia quale serviva a dare un po' di luce e di ana ai lucernari dello scantinato sottostante"·367 mentre di notte ~iniva ~er essere a sua volta fissato da sguardi che da quegli ~te~s~ sotterranei potevano essergli misteriosamente rest1t~ltI;. un te~po in cui non esisteva per lui una v~ra e propna linea di demarcazione tra il mondo che di giorno pOP.olava quelle vetrine e quello che di notte gli venrva mrstenosarnente restituito da strani gnomi dai berretti a punta; u~ te~po in cui poteva dun que apparirgli perfettamente chiaro il senso della strofa racchiusa nel suo Deutsches Kinderbuch:

"In cantina v.og~o andare, / n mio vino voglio bere: / Ma un gobbetto ahirne compare / E si beve il suo bicchiere. "368

363 Walt B . . "ll £1' ".

di " er .enJ~m, aneur ,m Opere complete, IX, I "passages"

I Pangl, trad. rt., Emaudi, Torino 2000, p. 467. 364 Ibidem.

365 Ibidem.

~,~ Walter Benjamin, "Baudelaire", in Opere complete, IX, I "passa ges dl Parigi, op. cit., p. 379.

19367 Walter Benjamin, Infamia berlinese trad. it. Einaudi Torino

97,p.122. '"

368 Ibidem, p. 123.

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Ebbrezze dionisiache nella Parigi degli esistenziallsti

Nel bel mezzo degli anni Quaranta (sebbene Fosse iniziato poco meno di dieci anni prima) esplose in Francia un fenomeno culturale, sociale e di costume, che catturo 1'attenzione spasmodica della stamp a e dei commentatori intorno a un gruppo di filosofi e scrittori che inconsapevolmente consegnarono alla celeb rita e al mito almeno due locali della Parigi del quartiere di Saint-Germain-desPres.

Questi filosofi, intellettuali, scrittori, rna anche musicisti, attori, cantanti, passarono alla storia come teorici dell' esistenzialismo; una nuova visione del mondo particolarmente adatta a quei tempi di crisi, di stanchezza postbellica e insieme di necessita di acquistare un nuovo sguardo sul reale.

Fu soprattutto Jean-Paul Sartre a sancire il vero e proprio incipit di tale deflagrazione culturale; e 10 fece in una conferenza tenuta nel 1946, dal titolo: "L' esistenzialismo e un umanesimo?", alla quale partecipo una vera e propria folla in delirio.

Ma gia nel 1945 era iniziata la pubblicazione della rivista ufficiale del movimento "esistenzialista": "Temps moder-

"

nes .

A quale titolo dunque il movimento esistenzialista entra in questa nostro discorso sulla filosofia del vino?

Si potrebbe ricordare innanzi tutto che il comitato di redazione della rivista era solito riunirsi a cas a dello stessc Sartre, e soprattutto che veniva abitualmente "corroborato

dai bigne di sua madre e dal cognac preso dalla Beauvoir al caffe sottostante, i Deux Magots" .369

Proprio quest'ultimo era infatti uno dei due locali (l'altro era il Cafe de Flore) che sarebbero presto diventati i simboli dell'esistenzialismo Francese. Mentre il gruppo di amici c~~ diede ongme a questo movimento d'opinione sempre piu esteso comprendeva, tra gli altri, oltre a Sartre, Albert Camu~, ~imo?e de Beau~oir e Maurice Merleau-Ponty.

I pnrru a diventare assidui frequentatori del Flore furono Sa:tre ~ Simone d~ ~ea~voir - che, come racconta il propnetano, erano soliti arnvare nellocale, 1'uno strabico, con un cappotto di falsa pelliccia, e l' altra, autentica signora "gran?e e ser~a come un'istitutrice", e occupare ognuno un proprio tavolino. I due passavano nellocale diverse ore al giorno, scriven do in continuazione, dando COS1 il via a una consuetudine che ben presto sarebbe diventata un vero e proprio modo d'essere e di lavorare.

~ ~lore non tardo a giungere un altro gruppo di amici, guidati dal poeta Jacques Prevert, scacciati dal Deux Magots per schiamazzi molesti. Ma nellocale si faceva vedere spesso, soprattutto all' ora dell' aperitivo, anche Picasso con la compagna Dora Maar. In breve, buona parte dell'intellettualita Francese di quegli anni faceva volentieri la sua com~arsa al ~lore - d~ artisti come Giacometti a registi e attori come SImone Signorer e Serge Reggiani, a scrittori come Raymond Queneau.

. Presto, tuttavia, sia il Deux Magots che il Cafe de Flore dIvennero praticamente infrequentabili, tanto si era estesa la loro notorieta; era infatti diventato pressoche impossibile l~vorarci per la confusione costante creata da una folla di glovani che si sentivano "esistenzialisti" soltanto perche frequentavano quei locali.

In quei caffe imperversavano polemiche e discussioni po-

369 D . G 1 . "L" . di S .

B. .ana a arena, rnvenzione 1 amt-Germain- des-Pres", in

oris Vian, La Parigi degli esistenzialisti, trad. it., Editori Riuniti Roma

1998, p. 15. '

203

, .

. _ .......... ........__.. -

tessero essere interpretate nei modi pili fantasiosi e ut~i a soddisfare l'immaginazione morbosa della gente, era s~ntto nelle cose stesse come aveva indicato l' altro grande esistenzialista: Merleau-Ponty, ai cui occhi il mondo e fatto in modo tale che "le nostre azioni cambiano senso uscendo da noi e dispiegandosi al di fuori" .380

Percio tutti noi siamo eroi; eroi di un tempo che non consente di trovare nelle cose alcun destino gia tracciato. n tempo presente e un tempo "in cui i ~ove:i.e i compi~~ sono oscuri".381 Tutti hanno avuto modo di verificare che il c~rso delle cose e sinuoso, che moltoe richiesto dall' audacia, che [tutti] sono soli al mondo e soli l'uno di fronte all' al-

t "382 ro .

Ne scettici ne dilettanti, ne decadenti sono dun que questi nuovi eroi. rna assai pili semplicemente, uomini. Esseri che non son; ess~ri che non hanno istinti fissi, ne il minimo equilibrio 0 rip;so. "P~r lor? le ~ose perd~no sufficien-

. za ed evidenza, e, per un improvvtso rovesciarnento, appaiono arbitrarie e di troppo, cOS1 come anche loro nel

11 di "383

mondo de e cose sono troppo.

Eroi della liberta personale, forse, che giungono al p~mto, in omaggio alia loro filosofia, di rivendicare, d~ sobn, l~ piena responsabilita di quel ehe hanno com PlUtO m stato di ebbrezza.

Tale e, quanta meno, l'atteggiamento ehe Sartre attribu~see a Merleau-Ponty raceontando di lui, in una lettera a SI-

mone de Beauvoir, un singolare aneddoto. .

Intento nella toilette a soddisfare un primario bisogno 6- siologico, Merlcau-Ponty sente dall'~lt~a parte dell~ p~~ta la voce di Scipion, inalberata, urlare Siete una cretma. E subito si dice che certe persone, convinte di potersi permet-

380 Maurice Merleau-Ponty, Sensa e nan sensa, trad. it., Garzanti, Mi-

lano 1974, p. 57.

381 Ibidem, p. 217. 382 Ibidem.

383 Ibidem, p. 65.

tere tutto di la da ogni assunzione di responsabilita, andassero trattate come meritavano.

Ma a questa punto lasciamo la parola a Sartre. "[Merleau- Ponty ] esce riabbottonandosi, entra nella stanza e scopre ehe, essendo sua moglie l'unica presente, senza alcun dubbio era a lei che Scipion si rivolgeva. Dice: 'Avete trattato mia moglie da cretina?' Scipion dice: 'No'. Merleau-Ponty dice: 'Non avete memoria', e 10 schiaffeggia. Scipion se ne va tenendosi la guancia e dicendo: 'Oh 1 la, la!' La signora Merleau-Ponty dice a1 signor MerleauPonty: 'E vero che mi ha trattato da cretina, rna prima io l'avevo trattato da cretino venti volte in un' ora.' 'In questa caso, mia cara, deploro che tu ti sia messa in una simile situazione, e non mi resta che scusarmi con Scipion.' Va da Scipion: 'Restituitemelo.' 'Che eosa?' 'Lo schiaffo.' 'Ah, no, non ve 10 restituiro.' 'Si.' 'No.' AlIa fine glielo ha reso. Merleau-Ponty, soddisfatto dell'onore, ha portato Scipion fuori a bere. Si stavano lasciando da buoni amici quando Scipion ha avuto la sfortuna di concludere: 'Insomma, voi origliate ai cessi.' AI che Merleau-Ponty si e tolto la giacca, e anche Scipion. Si sono guardati a lungo in maniche di camicia, poi ciascuno s'e infilato la giacca e si sono separati, irriconciliati. Merleau-Ponty dichiara: 'Dopo tutto ho 43 anni e sono professore di morale. Gli debbo insegnare a vivere.' Quanti complessi ci sono sotto. L' anna scorso .aveva schiaffeggiato nello stesso modo Astruc che aveva insultato Suzou. "384

Quanti complessi ci sana sotto ... Anche un filosofo esistenzialista che nega l'esistenza di una "natura" umana puo a volte rimanere interdetto di fronte alla cornplessita di

11" "

que a natura negata.

384 Jean-Paul Sartre, Lettere al Castoro, trad. ir., Garzanti, Milano 1985, citato in Boris Vian, La Parigi degli esistenzialisti, op. cit., pp. 225- 226.

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