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Tamburo è un termine generico per definire uno strumento a percussione della

famiglia dei membranofoni (vedi questa voce per i vari tipi di tamburo). Possono
essere suonati da battenti o bacchette (in legno o con feltri sulla punta).

Organologicamente si definisce "tamburo" uno strumento di forma tubolare cavo in


cui il suono è prodotto percuotendo o raschiando una pelle tesa attraverso una
delle due estremità del fusto.

Indice
1 Storia
2 Tamburi nel mondo
2.1 Italia
2.2 Africa occidentale
2.3 Sud america, caraibi
2.4 Arabia, medio oriente, Nordafrica
2.5 India del nord
2.6 Pakistan
2.7 India del sud
2.8 Brasile
2.9 Irlanda
2.10 Giappone
2.11 Filippine
3 Note
4 Voci correlate
5 Altri progetti
6 Collegamenti esterni
Storia
Il nome deriva dal persiano tambûr e l'oggetto esiste nella maggior parte delle
culture[1]

Nel mondo greco era chiamato tympanon e il nome tympanum passò ai romani. Lo
strumento non è citato nell'Iliade né nell'Odissea, ma nel V secolo a.C. Euripide
lo cita, nella scena iniziale delle Baccanti[2]. I Greci erano quindi convinti che
lo strumento fosse di origine Frigia, mentre i romani pensavano che fosse di
origine siriana. È probabile che i greci ne abbiano ricevuto l'uso dalle colonie
dell'Asia Minore, e lo abbiano trasmesso ai romani. La pelle usata era comunemente
d'asino - da dove la popolare favola di Fedro sull'asino, destinato ad essere
picchiato anche da morto[3].

Il tympanum (le cui immagini antiche presentano sempre uno strumento ad una sola
membrana) si poteva suonare con bacchette o con il tirso, ma l'uso più comune era
suonarlo con la mano (come ancora si fa con il tamburello, al quale il timpano
antico somiglia moltissimo, anche per l'aggiunta di cimbalini e sonagli che ne
potenziavano il suono). Lo strumento passò ad essere simbolo di effeminatezza,
perché ne facevano uso i sacerdoti di Cibele, ritualmente evirati.

Non sono note rappresentazioni antiche, in area mediterranea, di tympanon a doppia


membrana, benché ne parlino autori del basso impero.

Nelle culture tradizionali i tamburi rivestono spesso un carattere ufficiale,


cerimoniale, sacro o simbolico. In alcuni paesi africani, i tamburi rappresentano e
proteggono la regalità tribale, e sono spesso conservati in luoghi sacri. In tutta
l'Asia centrale, in Siberia e presso alcune tribù indigene dell'America
settentrionale il tamburo a cornice è utilizzato come oggetto rituale.

In Europa, Al-tambor arrivò con gli arabi, che per primi usarono questi strumenti
nei loro eserciti.
Era al suono del tamburo che venivano fatti gli annunci sulle piazze a partire dal
Medioevo. Il tamburo è stato utilizzato anche come mezzo di comunicazione. A
partire dal XVI secolo, infatti, batterie di rullanti venivano utilizzate da
militari specializzati, i tamburini, per comunicare istruzioni ai reggimenti di
fanteria europei. In Francia, l'uso del tamburo conobbe un grande sviluppo a
partire dal Primo Impero, soprattutto grazie ai granatieri della Guardia imperiale,
che eccellevano nella maniera di battere (ancora molto usata nelle cerimonie
ufficiali).

Tamburi nel mondo


Questa lista è suscettibile di variazioni e potrebbe non essere completa o
aggiornata.

Italia
In alcune località della Calabria le processioni religiose sono accompagnate dal
ritmo scandito da complessi formati soltanto da suonatori di tamburo. Famosi erano
i "tummarinari" di Pittarella, ricordati in una nota poesia del poeta dialettale
Michele Pane.

In Sardegna, l'utilizzo dei tamburi è soprattutto in periodo di Carnevale,


realizzati anticamente in pelle di cane, oggi di capra, anticamente erano diffusi
in alcuni centri del Logudoro come Pozzomaggiore e, in Barbagia, a Gavoi[4] e
Orani; in Ogliastra nei paesi di Tertenia, Lanusei, Ilbono, Loceri e Ulassai. Il
paese che ha mantenuto la tradizione è solo Gavoi, dove si chiamano
"Tumbarinos"[5], mentre in Ogliastra si chiamano Tamborrusu.

Per la Puglia, Athanasius Kircher nel seicento attestò l'uso del "surdastro", un
tamburo bipelle che si percuoteva su entrambi i lati con due bacchette, e della
zampogna, per eseguire la musica che si pensava curasse i tarantolati.

In Campania è tipica la "tammorra", un tamburo a cornice di grossa dimensione, con


pelle di capra o montone e cinque coppie di piattini risonanti inseriti e
distribuiti simmetricamente nel fusto. Essa prende spunto dal setaccio agricolo,
sia nella movenza coreografica sia nella tecnica di esecuzione. A questo proposito
è caratteristica è la danza della "tammurriata", espressione coreutica rurale di
corteggiamento, integrazione sociale e cordialità o sfida.

Il putipù è uno strumento a percussione usato nella musica folk napoletana e, più
in generale, nella musica folk di gran parte del Sud Italia, in realtà si tratta di
un tamburo a frizione.

Tobarra (Spagna): Monumento al tamburo


Africa occidentale
Djembe
Sabar
Tamburo parlante
Sud america, caraibi
Bombo leguero
Bongo
Conga
Timbales
Batá
Arabia, medio oriente, Nordafrica
Darbuka
Bendir
India del nord
Tabla
Pakhawaj
Nagarat
Dhol
Dholak
Naal
Pakistan
Chimita
India del sud
Mridangam
Kanjira
Tavil

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