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ALIMENTAZIONE

1)Definire il concetto di alimentazione restrittiva e analizzarlo in rapporto al controllo del peso (pag 141):
Questa teoria parte dal presupposto che gli individui hanno un valore di riferimento per il peso corporeo
che viene mantenuto fisiologicamente e potrebbe essere geneticamente determinato. Per mantenere e
ottenere un peso inferiore al proprio valore di riferimento gli individui devono frenare il loro istinto di
mangiare. I mangiatori restrittivi quindi cercano di contenere il loro consumo di cibo attraverso vari
processi di autocontrollo. Quando questi processi di autocontrollo falliscono si verifica la disinibizione
alimentare e scatta un meccanismo di eccessivo consumo di cibo. Si è anche visto che i mangiatori restrittivi
non adattino la propria assunzione di cibo in base ad una assunzione precedente, a differenza di ciò che
invece fanno i mangiatori non restrittivi (aggiustano il loro consumo alimentare mangiando meno in un
momento successivo) I mangiatori restrittivi non attuano questa correzione e mangiano la stessa quantità
di cibo che mangerebbero se non avessero consumato niente in precedenza. La restrizione del consumo
alimentare può essere una determinante dell’obesità.

Definire che cosa si intende con il consumo etico? e le motivazioni alla base…

2)Illustrare la teoria del comportamento pianificato e illustrarne le relazioni con la scelta alimentare (pag
63):
La teoria del comportamento pianificato di Azjen estende la teoria dell’azione ragionata introducendo una
misura che riguarda la percezione di controllo comportamentale, vista come determinante sia
dell’intenzione sia del comportamento. L’introduzione di questa misura si basa sul fatto che mantenendo
costante l’intenzione, si avrà la percezione di avere un maggior controllo che aumenterà la probabilità che il
comportamento venga attuato con successo.
Dunque la percezione di controllo comportamentale agisce sia come misura prossima al controllo affettivo
sia come una misura della fiducia nelle proprie capacità di realizzare un certo comportamento. La teoria del
comportamento pianificato può essere utile per spiegare le intenzioni comportamentali nell’ambito della
scelta alimentare. I risultati di alcuni studi rilevano che l’atteggiamento, le norme soggettive e la percezione
di controllo comportamentale contribuiscono in modo indipendente a predire l’intenzione di mangiare
grassi. Le ricerche hanno inoltre evidenziato che i fattori sociodemografici (ad esempio genere ed età) sono
mediati da quelli inclusi nella teoria del comportamento pianificato.; quindi le differenze di genere ed età
nell’assunzione di grassi sono completamente spiegate dalle variabili della teoria di Azjen.

3)Descrivere le principali influenze della pubblicità sulla scelta alimentare (pag 201):
La pubblicità rappresenta una delle modalità più esplicite con cui le influenze sociali sono messe in opera. I
mezzi di comunicazione di massa sono una delle fonti di pubblicità più imperanti i quali comprendono la
televisione, i quotidiani riviste, manifesti e radio. Il cibo è uno dei principali beni di consumo per il quale
tutti spendiamo soldi e cosi spesso attira una grande quantità di pubblicità. La pubblicità svolge quindi un
ruolo importante che consiste nel fornirci informazioni rispetto all’uso del prodotto, infatti ci dice quando
dove e con chi dovremmo consumare certi alimenti. Questo può includere informazioni riguardo quali cibi
sono salutari e quali invece andrebbero consumati con moderazione.
I pubblicitari quindi tendono a impiegare tecniche periferiche: fanno leva sulla marca, forniscono modelli di
ruolo e sfruttano la mera esposizione. Il ruolo della pubblicità è duplice, in primo luogo i media
promuovono particolari immagini corporee per entrambi i sessi, selezionando certi tipi di modelli ed attori
fornendo cosi un’ideale di bellezza. In secondo luogo l’industria alimentare ha risposto all’epidemia delle
diete producendo una grande quantità di prodotti dietetici che vengono promossi tramite la pubblicità.
Questi ideali di bellezza proposti dalla pubblicità hanno creato problemi soprattutto nelle donne, le quali
sono incoraggiate dai media a perseguire una forma fisica che è irraggiungibile per la maggior parte di loro.

4)Spiega la teoria del foraggiamento ottimale e descrivine i limiti nello spiegare il comportamento
alimentare.

(P. 49) Il principio alla base della teoria del foraggiamento ottimale è che la scelta alimentare dipende dal
tentativo di conseguire la massima resa con la minima spesa. Dunque gli animali (umani e non) cercano di
massimizzare i loro benefici e contemporaneamente minimizzare i loro costi. Costi e benefici non sono
monetari, ma sono ad esempio la distanza da percorrere, il pericolo connesso, il valore nutrizionale o la
posizione sociale.
La teoria tiene in considerazione:
- la quantità di sforzo richiesto per preparare la preda in modo che sia pronta per essere consumata
- l’energia netta ricavata
Il valore relativo di ottenere un tipo di cibo piuttosto che un altro si determina dividendo l’energia netta per
lo sforzo: il cibo scelto è quello che restituisce il miglior rapporto.
E’ ritenuta in grado di fornire un’utile spiegazione del comportamento di una quantità di specie differenti.
Tuttavia un limite è legato al fatto che non si ritiene etico verificare la teoria del foraggiamento
direttamente sugli esseri umani poiché qualunque esperimento consisterebbe nel manipolare direttamente
l’ingestione di cibo e il consumo di energia di persone.
Inoltre questa teoria è stata formulata tramite l’osservazione e la sperimentazione sul comportamento
animale non umano e quindi offre validi modelli per lo studio del procacciamento di cibo tra gli animali non
umani.
Un altro limite è dovuto al fatto che si concentra sul tipo sbagliato di analisi costi-benefici: si riferisce
solamente ad un insieme ristretto di potenziali influenze sulla scelta alimentare e si basa sul calcolo dei
costi e benefici effettivi.

Consumo etico: caratteristiche e tipologie di consumatori che adottano un consumo etico.

5) Descrivi il legame tra stress, alimentazione e salute e posta qualche esempio dalle ricerche.

(P. 168) Il concetto di stress si è dimostrato difficile da definire, in generale riguarda uno stato avverso in cui
il benessere dell’organismo è minacciato in quanto l’individuo percepisce delle richieste ambientali
superiori o che minacciano le risorse possibili per superare il problema.
Gli eventi stressanti sono stati suddivisi in eventi stressanti quali lutti, divorzi, perdita di lavoro, ed altri di
natura differente quali ad esempio ‘’seccature’’ ed ‘’inconvenienti’’.
E’ stato spiegato il ‘’modello dell’effetto generale’’, in relazione al quale ci si aspetta che lo stress produca
una reazione generale in termini di alimentazione: lo stress agisce quindi sul cambiamento fisiologico il
quale fa si che si inneschi un comportamento alimentare.
Sono stati fatti vari studi circa questo modello, facendo riferimento ad esempio allo studio dei topi, nel
quale si dimostrava che pizzicando loro la coda si manifestavano delle reazioni quali il rosicchiare, mangiare
e leccare cibo; quindi ciò testimoniava che pizzicando loro la coda aumentavano i comportamenti orali
inclusa l’ingestione di cibo.
Alcuni studi effettuati su esseri umani, ad esempio sui bambini, mostrano che questi ultimi tendono a
mangiare di più e soprattutto più cibi grassi nei giorni dell’esame.
Si può quindi affermare che lo stress produca un aumento del consumo di cibo.
Un riferimento è stato fatto anche per la vulnerabilità: chi è più vulnerabile reagisce allo stress con un
cambiamento ambientare o psicologico che promuove sul consumo di cibo: il modello delle differenze
individuali ipotizza che gruppi di persone caratterizzati da livelli diversi di vulnerabilità si differenzino nei
comportamenti alimentari messi in atto in condizioni di stress.
Lo stress è stato analizzato anche in rapporto ad alcune patologie come anoressia e obesità: gli individui in
sovrappeso reagiscono allo stress mangiando in quanto non sarebbero in grado di distinguere la fame
dall’ansia; negli individui normopeso invece lo stress provocherebbe una riduzione della fame.
Per quanto riguarda i disturbi alimentari, è stata riscontrata, dalla maggior parte degli studi, una relazione
costante tra stress e disturbi alimentari: maggiori livelli di stress sono associati ad una maggiore incidenza
di questi disturbi.
Lo stress è legato anche all’emotività in quanto le persone tendono a mangiare di più quando si è ansiosi o
emotivamente attivati, soprattuto nei mangiatori emotivi, in quanto questi ultimi non sarebbero in grado di
distinguere tra fame ed ansia. Uno studio è stato effettuato facendo correlare il numero di ‘’seccature’’
quotidiane con il numero di snack assunti dalle persone e si è verificato che quest’ultimo era positivamente
correlato con il numero di inconvenienti.

6) Elenca i fattori individuati dalla ricerca psicosociale che influenzano in modo negativo e positivo le
strategie di controllo del peso.

(P. 131, 144) Per controllo del peso si intende il risultato dell’equilibrio tra calorie ingerite e consumate. Se
si ingerisce un maggior numero quantitativo di calorie rispetto a quelle che si consumano (bilancio
energetico positivo) il risultato sarà l’aumento di peso, viceversa se se ne consumano di più rispetto a
quelle ingerite (bilancio negativo) si otterrà perdita di peso.
Per ridurre il peso esistono molte strategie alcune delle quali però hanno un’ efficacia nel breve termine
(meno di 6 mesi), e quindi bisogna porre maggiore attenzione su quelle che producono un cambiamento a
lungo termine, ossia oltre i sei mesi, in quanto portano maggiori benefici alla salute.
La maggior parte delle strategie si propone di ridurre l’assunzione di calorie e quindi anche i grassi e inoltre
di aumentarne il dispendio, incrementando quindi anche l’attività sportiva che consente ciò. Altri
componenti sono legati invece ad un maggiore consumo di frutta e verdura, o l’eliminazione degli spuntini
al di fuori dei pasti.
Una strategia negativa è stata quella di proporre diete a bassissimo contenuto calorico (600/800 kcal
giornaliere), che producevano grandi perdite di peso nell’immediato ma un altrettanto aumento successivo
che non permette il mantenimento del peso forma ottenuto.
Una strategia più adeguata risiede nella diminuzione di grassi e nell’aumento dell’attività fisica: i livelli bassi
e moderati di quest’ultima agevolerebbero la perdita di peso e il suo mantenimento piuttosto che livelli
molto elevati di moto.
Un altro metodo è quello di utilizzare abilità di coping e strategie di problem solving: si insegnano
all’individuo strategie per evitare regressi o per ritornare sui propri passi dopo un calo di peso.
Essere in grado di mantenere un peso corporeo accettabile è associato anche all’adozione di particolari
strategie di comportamento ed evitamento di altre: evitare alcolici, cibi fuori dai pasti, promuovere l’attività
sportiva, possono agevolare l’individuo al mantenimento di un salutare peso corporeo.

7) Descrivi come i governi possono ottenere un’efficace comunicazione nella promozione della
sostenibilità ambientale.

(P. 87) Molti governi negli ultimi anni sono stati portati a sviluppare linee guida per promuovere la salute
tramite la dieta. Sulla base di alcune considerazioni, come ad esempio l’inserimento di massicce quantità di
frutta e verdura e il calo di grassi, i governi basano le loro raccomandazioni dietetiche. Ad esempio negli
Stati Uniti, il governo raccomanda che ogni giorno le persone assumano non più del 30% delle calorie totali
di grassi, mangino da 2 a 4 porzioni di frutta e da 3 a 5 porzioni di verdura, e consumino 20-30 grammi di
fibre alimentari.
Il Regno Unito invece raccomanda che la gente non assuma più del 35% delle calorie totali di grassi, 18
grammi di fibre e 5 porzioni di frutta e verdura al giorno. In Italia invece si raccomanda una quantità di
grandi indicativamente del 20-25% delle calorie complessive della dieta.
Queste raccomandazione dietetiche sono definite ‘’interventi a monte’’: interventi di indirizzo politico che
potrebbero includere strategie economiche e legislative, e rappresentano ciò che l’OMS definisce ‘’politica
di salute pubblica’’, basandosi sull’idea che tutta la linea politica di governo debba tener conto delle
possibili conseguenze per la salute pubblica.
Gli ‘’interventi a monte’’ comprendono gli interventi intermedi e a valle: quelli intermedi sono quelli che si
tatuano nelle scuole e nelle comunità, quelli a valle si concentrano su azioni più intensive spesso rivolte a
gruppi a rischio come ad esempio malati di cancro, gruppi a basso status economico..
In generale sembra che più si vada a monte, minore sia l’efficacia degli interventi e minore sia il contributo
fornito dagli psicologi sociali.
I governi possono agire mediante importanti mezzi di comunicazioni al fine di promuovere le proprie idee,
ad esempio tramite pubblicità televisive, radiofoniche e con i giornali.
8) Spiega l’influenza sociale nei confronti della scelta alimentare e poi fai riferimento a teorie e ricerche.

(P. 193) L’influenza sociale può riferirsi all’influenza esercitata da una o più persone: può essere diretta o
indiretta, reale, implicita o immaginaria; cosciente o subconscia.
Questo fenomeno è stato studiato da vari studiosi, tra cui Triplett il quale l’ha collegato al concetto di
‘’facilitazione sociale’’ per far capire come la presenza di altre persone influenzi il comportamento altrui in
maniera inibitoria. Si è voluto così cercare di capire come la presenza di altre persone, conosciute o no,
possano influenzare il soggetto riguardo la scelta alimentare. Si è notato innanzitutto, a partire da alcune
ricerche, che il cibo aumentava nel momento in cui i partecipanti mangiavano assieme ad altri, ma che il
numero dei presenti non condizionava la quantità di cibo. Inoltre è emerso anche che gli individui che
mangiavano con amici tendevano a consumare maggiormente dolci rispetto a coloro che mangiavano con
estranei: i partecipanti infatti ci tenevano a fare una buona impressione agli estranei mentre si sentivano
più rilassati in presenza di amici, e questo perchè ci tenevano a fare buona figura nei confronti degli
estranei, visto che, come emerso da altre ricerche, il giudizio degli altri dipende anche dalle nostre scelte
alimentari.
Possiamo così collegarci anche alla teoria dell’impatto sociale di Latanè, secondo la quale gli individui
offrono meno aiuto a chi ne avrebbe bisogno se ci sono molte altre persone attorno a loro; un principio che
sta alla base di questa teoria è la legge psicosociale, secondo la quale aggiungendo una quarta persona a
tavola, aumenta notevolmente la dimensione del pasto, ma l’effetto dell’aggiunta di una quinta e così via,
produce un aumento inferiore nella quantità di cibo consumato.
Ci sono due fattori che possono spiegare l’influenza delle facilitazione sociale sull’alimentazione: il tempo e
la disinibizione: il tempo poiché trovandosi in gruppi ampi le persone dedicano più tempo al cibo e inoltre
non mangiando più lentamente che soli, tendevano a ingerire più cibo, avendo più tempo; la disinibizione
poiché il controllo cognitivo che le persone spesso attuano nei confronti del cibo, in presenza di altri di
allenta.
La tranquillità quindi dipende anche dai commensali: nel momento in cui si sta con famiglia e amici essa
aumenta, quando invece siamo con colleghi o estranei diminuisce e si presta maggiore attenzione al
controllo cognitivo o alla propria immagine.

9) Illustrare le influenze sensoriali e fisiologiche sulla scelta alimentare.

(P.32/36) La percezione sensoriale svolge un ruolo fondamentale nella scelta del cibo. La maggior parte dei
sensi è coinvolta in qualche modo nelle fasi del consumo alimentare, in particolare il tatto, la vista e l’udito
hanno un peso rilevante nella percezione della consistenza, mentre il gusto e l’olfatto sono i fattori
sensoriali più importanti nel determinare la scelta alimentare. Gli odori possono essere percepiti sia prima
che dopo avere assaggiato un alimento, e contribuisce alla percezione globale del sapore complessivo di un
cibo.
Nelle varie ricerche si è cercato di capire anche se le preferenze per certe qualità sensoriali sono
innate/frutto della genetica oppure si basano sulle nostre esperienze alimentari. E’ emerso quindi che ad
esempio i neonati abbiamo una predisposizione per il dolce, comprensibile delle espressioni facciali di
questi ultimi. Per altri sembra invece che le preferenze alimentari siano apprese e modellate dal contesto, e
questo potrebbe collegarsi al fatto che le persone possano giungere a preferire ciò a cui sono state
abituate.
In ogni caso i fattori sensoriali sono cruciali nel determinare le scelte alimentari.
Ci sono poi le influenze fisiologiche, la cui funzione è quella di regolare il peso corporeo, promuovendo la
dieta e mantenendo un giusto equilibrio. Ciò viene guidato dal processo di ‘’fame’’, che è caratterizzato da
uno stato di motivazione, un impulso ad agire, che viene caratterizzato da vari segnali corporei. Le
sensazioni di fame possono essere influenzate da molti stimoli differenti come la presenza di cibo o l’arrivo
dell’ora di pranzo. Gli individui dopo avere assunto cibo possono imparare che certi cibi possiedono un
forte potere saziante, in grado di sopprimere la fame, e questo può essere un fattore d’influenza.
Il primo processo che conduce alla sazietà è un effetto sensoriale poiché dopo avere assunto una certa
quantità di cibo con determinate caratterisitiche, la nostra voglia di assumerne altro dalle caratteristiche
simili verrà saziata. Si parla quindi di ‘’sazietà sensoriale’’ facendo riferimento al fatto che lo stesso cibo (o
cibi simili) venga consumato in maniera minore in un pasto successivo; così facendo questa sazietà
sensoriale dovrebbe anche promuovere una dieta nutrizionale varia.
La seconda componente fa poi riferimento ad elementi cognitivi, ossia le credenze che le persone
sviluppano relativamente alle proprietà dei cibi e ai loro presunti effetti sul mangiatore. Queste credenze
possono far si che noi ci sentiamo soddisfatti dopo avere consumato porzioni di una certa grandezza di un
determinato cibo.
Una terza categoria invece si riferisce ai processi postingestione, e riguarda quelle azioni che coinvolgono
ad esempio la dilatazione dello stomaco, il tempo che impiega a svuotarsi.
La quarta componente invece si occupa dell’effetto post-assorbimento, ossia gli effetti di assorbimento che
si presentano dopo che il cibo viene assorbito nel flusso sanguigno.

10) Illustrare le fasi del cambiamento nel modello Transteoretico e descrivere le variabili psicologiche che
influenzano il passaggio da una fase all’altra.

L’idea centrale del modello Transteoretico del cambiamento è che al di là del tipo di terapia o di problema
che le persone affrontano, il cambiamento implica sempre il passaggio attraverso fasi di cambiamento
simili. Gli individui percorrono quindi una serie di fasi distinguibili:
I. pre-contemplazione: gli individui non progettano di cambiare il proprio comportamento in futuro,
quindi non c’è la consapevolezza che il proprio comportamento costituisca un problema;
II. contemplazione: le persona stanno pensando di operare un cambiamento ma non hanno ancora
intrapreso alcun tipo di azione;
III. preparazione: gli individui hanno intenzione di passare all’azione e stanno muovendo i primi passi verso
l’attuazione di questa intenzione;
IV. azione: gli individui sono riusciti a concretizzare il comportamento in questione;
V. mantenimento: stanno mettendo in atto il comportamento da sei mesi o più.

(NON UTILIZZARE PER RISPONDERE ALLA DOMANDA)


Sono stati individuati poi dei processi di cambiamento e dei mediatori di cambiamento.
I processi sono delle strategie che gli individui adottano per procedere da una fase all’altra. Questi sono
suddivisi in processi esperienziali, che rappresentano i modi in cui le persone avanzano di fase in fase e
processi comportamentali.
I processi esperienzaii sono:
- presa di coscienza: acquisizione di nuove informazioni riguardanti una particolare questione di salute
- momento drammatico: esperienza emotiva del cambiamento
- rivalutazione dell’ambiente: identificazione delle influenze sociali e fisiche sul proprio comportamento
- rivalutazione di sè: esame delle proprie credenze e dei propri atteggiamenti riguardo all’alimentazione
sana
- liberazione sociale: i cambiamenti nella propria identità sociale, in modo che sia possibile ritenersi un
mangiatore salutista.
I processi comportamentali sono:
- contro-condizionamento: sostituire il comportamento problematico con comportamento alternativo
- relazioni di aiuto: sostegno sociale e supporto delle relazioni interpersonali
- gestione del rinforzo: rivalutazione del modo in cui il cibo viene utilizzato come rinforzo o punizione
- auto-liberazione: impegno della persona a cambiare
- controllo dello stimolo: monitoraggio delle cause che potrebbero scatenare il comportamento.
Ci sono due mediatori del cambiamento che esercitano la loro influenza sul comportamento: auto-efficacia
e bilancio della decisione. Queste due variabili possono essere considerate predittori delle transizioni da
una fase all’altra. Il bilancio della decisione si riferisce ai pro e ai contro che le persone generano
mentalmente quando riflettono se mettere in atto un determinato comportamento oppure no. L’idea è che
quando il numero dei pro super il numero dei contro è probabile che si agisca in direzione dei pro. Questo
concetto è collegato a quello di ambivalenza, che consiste nel possedere allo stesso tempo pensieri e
sentimenti sia negativi che positivi riguardo un dato oggetto; ci si potrebbe dunque aspettare che le
persone siano meno ambivalenti nei confronti del cambiamento di dieta nelle fasi di pre-contemplazione e
di mantenimento, rispetto a quelle di contemplazione preparazione e azione. Inoltre è possibile affermare
che l’aumento di auto efficacia o del numero di pro promuova il cambiamento dietetico. La promozione
dell’autoefficacia rende più positivi i pensieri e promuove il cambiamento dell’alimentazione.
Cap 1 psicologia sociale e comportamento
Psicologia sociale del cibo
Si occipa dell’impatto dei pensieri e dei sentimenti e comportamenti sulla scelta alimentare. Essa è
interessata a capire come la nostra interazione con gli altri e il nostro ambiente sociale possono influenzare
quali cibi mangiare e in che quantità. L’alimentazione riveste un ruolo nella comprensione di noi stessi.

2. Metodi di ricerca in psicologia sociale


Metodi sperimentali e correlazionali
I metodi sperimentali sono caratterizzati dall’analisi della relazione tra 2 o piu variabili indipendenti che
vengono manipolate dallo sperimentatore e una var dipendente
Gruppo sperimentale: riceve la manipolazione
Gruppo di controllo: no manipolazione
Il metodo correlazionale: si focalizza sulla relazione tra due e piu variabili, in questo caso si misurano
entrambe le variabili e si quantifica la relazione tra esse. Validità esterna maggiore validità interna minore

3. Modelli generali di spiegazione delle scelte e delle preferenze alimentari


i primi fattori di influenza sono: Fattori fisici, sociali e fisiologici
Altri fattori di influenza sulla scelta alimentare sono:
-Cibo
-Individuo
-Ambiente

Cibo: caratteristiche del cibo quindi proprietà fisico-chimiche.


Questi attributi del cibo incidono sulla scelta alimentari attraverso tre vie che passono anche per
l’individuo:
1 caratteristiche sensoriali del cibo (sapore, odore, vista)
2 effetti fisiologici (mediante l’esperienza le persone imparano quali sono le conseguenze
dell’assunzione di diversi alimenti)
3 effetti psicologici (alcuni cibi possono incidere sull’umore oppure produrre sonnolenza)

Ambiente: le scelte alimentari variano tra le culture e il contesto sociali in cui gli individui sono immersi.

Individuo: possiamo distinguere tra tre tipi di fattori


fisiologici perché incidono livelli ormonali malattie intolleranze
psicologici: la personalità influenza le scelte alimentari
sensoriali: sensibilità circa gli attributi del cibo

Cap 2. La scelta alimentare


Influenze sensoriali e fisiologiche
Domanda: (P.32/36) La percezione sensoriale svolge un ruolo fondamentale nella scelta del cibo. La
maggior parte dei sensi è coinvolta in qualche modo nelle fasi del consumo alimentare, in particolare il
tatto, la vista e l’udito hanno un peso rilevante nella percezione della consistenza, mentre il gusto e l’olfatto
sono i fattori sensoriali più importanti nel determinare la scelta alimentare. Gli odori possono essere
percepiti sia prima che dopo avere assaggiato un alimento, e contribuisce alla percezione globale del
sapore complessivo di un cibo.
Nelle varie ricerche si è cercato di capire anche se le preferenze per certe qualità sensoriali sono
innate/frutto della genetica oppure si basano sulle nostre esperienze alimentari. E’ emerso quindi che ad
esempio i neonati abbiamo una predisposizione per il dolce, comprensibile delle espressioni facciali di
questi ultimi. Per altri sembra invece che le preferenze alimentari siano apprese e modellate dal contesto, e
questo potrebbe collegarsi al fatto che le persone possano giungere a preferire ciò a cui sono state
abituate.
In ogni caso i fattori sensoriali sono cruciali nel determinare le scelte alimentari.
Ci sono poi le influenze fisiologiche, la cui funzione è quella di regolare il peso corporeo, promuovendo la
dieta e mantenendo un giusto equilibrio. Ciò viene guidato dal processo di ‘’fame’’, che è caratterizzato da
uno stato di motivazione, un impulso ad agire, che viene caratterizzato da vari segnali corporei. Le
sensazioni di fame possono essere influenzate da molti stimoli differenti come la presenza di cibo o l’arrivo
dell’ora di pranzo. Gli individui dopo avere assunto cibo possono imparare che certi cibi possiedono un
forte potere saziante, in grado di sopprimere la fame, e questo può essere un fattore d’influenza.
Il primo processo che conduce alla sazietà è un effetto sensoriale poiché dopo avere assunto una certa
quantità di cibo con determinate caratterisitiche, la nostra voglia di assumerne altro dalle caratteristiche
simili verrà saziata. Si parla quindi di ‘’sazietà sensoriale’’ facendo riferimento al fatto che lo stesso cibo (o
cibi simili) venga consumato in maniera minore in un pasto successivo; così facendo questa sazietà
sensoriale dovrebbe anche promuovere una dieta nutrizionale varia.
La seconda componente fa poi riferimento ad elementi cognitivi, ossia le credenze che le persone
sviluppano relativamente alle proprietà dei cibi e ai loro presunti effetti sul mangiatore. Queste credenze
possono far si che noi ci sentiamo soddisfatti dopo avere consumato porzioni di una certa grandezza di un
determinato cibo.
Una terza categoria invece si riferisce ai processi postingestione, e riguarda quelle azioni che coinvolgono
ad esempio la dilatazione dello stomaco, il tempo che impiega a svuotarsi.
La quarta componente invece si occupa dell’effetto post-assorbimento, ossia gli effetti di assorbimento che
si presentano dopo che il cibo viene assorbito nel flusso sanguigno.

La legge della corrispondenza di Hernestein


Il suo lavoro si è basato principalmente sull’osservazione di piccioni. La sua legge parte dall’idea che gli
animali cercano di massimizzare il loro successo nell’ottenere cibo.
Se un piccione viene ricompensato quando becca due volte il pulsante rosso oppure una volta il pulsante
blu è piu probabile che il piccione becchi il pulsante blu. Le proporzioni differenziali di beccate sono note
come schemi di rinforzo: una volta appresi l’animale adegua ad essi le sue scelte.
Individua 2 rinforzi potenziali:
- ammontare del rinforzo (il suo valore intrinseco)
- l’intervalli di tempo trascorso (prima di ricevere il rinforzo)
quindi il numero di volte che viene scelto un particolare cibo è determinato dalla dimensione del rinforzo e
dal tempo di attesa necessario per ottenerlo.

Teoria del foraggiamento ottimale


Domanda: (P. 49) Il principio alla base della teoria del foraggiamento ottimale è che la scelta alimentare
dipende dal tentativo di conseguire la massima resa con la minima spesa. Dunque gli animali (umani e non)
cercano di massimizzare i loro benefici e contemporaneamente minimizzare i loro costi. Costi e benefici non
sono monetari, ma sono ad esempio la distanza da percorrere, il pericolo connesso, il valore nutrizionale o
la posizione sociale.
La teoria tiene in considerazione:
- la quantità di sforzo richiesto per preparare la preda in modo che sia pronta per essere consumata
- l’energia netta ricavata
Il valore relativo di ottenere un tipo di cibo piuttosto che un altro si determina dividendo l’energia netta per
lo sforzo: il cibo scelto è quello che restituisce il miglior rapporto.
E’ ritenuta in grado di fornire un’utile spiegazione del comportamento di una quantità di specie differenti.
Tuttavia un limite è legato al fatto che non si ritiene etico verificare la teoria del foraggiamento
direttamente sugli esseri umani poiché qualunque esperimento consisterebbe nel manipolare direttamente
l’ingestione di cibo e il consumo di energia di persone.
Inoltre questa teoria è stata formulata tramite l’osservazione e la sperimentazione sul comportamento
animale non umano e quindi offre validi modelli per lo studio del procacciamento di cibo tra gli animali non
umani.
Un altro limite è dovuto al fatto che si concentra sul tipo sbagliato di analisi costi-benefici: si riferisce
solamente ad un insieme ristretto di potenziali influenze sulla scelta alimentare e si basa sul calcolo dei
costi e benefici effettivi.
La teoria dell’aspettativa-valore
Descrive la presa di decisione degli esseri umani. Gli individui sono motivati a massimizzare le possibilità
che si realizzino conseguenze desiderabili e a minimizzare le possibilità di incorrere in conseguenze
indesiderabili. Nel momento in cui si può scegliere tra due oggetti questi sceglieranno quello associato con
l’esito più desiderabile (valutato più positivamente).
Questa valutazione globale (atteggiamento) deriva dalla probabilità percepita che l’oggetto possieda una
serie di attributi chiave.
Il modello dell’aspettativa valore permette di capire il tipo di processo psicologico che influenza la scelta
alimentare dell’essere umano: prevede che l’atteggiamento complessivo di una persona verso l’adozione di
una dieta a basso contenuto di grassi sarà determinato dalle conseguenze salienti associate a tale
comportamento.
Per quanto riguarda la relazione tra atteggiamento e comportamento possiamo affermare che gli
atteggiamenti siano forti predittori dei comportamenti alimentari, quindi ci si potrebbe aspettare che gli
individui che hanno atteggiamenti positivi verso certi tipi di cibo consumino quegli alimenti con maggiore
probabilità rispetto a chi ha atteggiamenti negativi.

Teoria dell’azione ragionata (Fisbhein Azjen)


Secondo la teoria dell’azione ragionata il comportamento è influenzato dall’atteggiamento che il soggetto
ha verso quella particolare azione e verso l’esito che ne seguirà, ossia dalla sua valutazione positiva o
negativa. Gli atteggiamenti sono definiti come predisposizioni apprese a rispondere in maniera
prevedibilmente favorevole e sfavorevole nei confronti di un oggetto, una persona o una situazione.
In secondo luogo il soggetto subisce l’influenza delle norme soggettive, ossia la percezione che quel dato
comportamento sia o non sia atteso dalle persone significative per lui/lei.
Gli atteggiamenti e le norme soggettive danno vita all’intenzione che farà si che si verifichi o meno un det
comportamento.

Teoria del comportamento pianificato (Azjen)


La teoria del comportamento pianificato di Azjen estende la teoria dell’azione ragionata introducendo una
misura che riguarda la percezione di controllo comportamentale, vista come determinante sia
dell’intenzione sia del comportamento. L’introduzione di questa misura si basa sul fatto che mantenendo
costante l’intenzione, si avrà la percezione di avere un maggior controllo che aumenterà la probabilità che il
comportamento venga attuato con successo.
Dunque la percezione di controllo comportamentale agisce sia come misura prossima al controllo affettivo
sia come una misura della fiducia nelle proprie capacità di realizzare un certo comportamento. La teoria del
comportamento pianificato può essere utile per spiegare le intenzioni comportamentali nell’ambito della
scelta alimentare. I risultati di alcuni studi rilevano che l’atteggiamento, le norme soggettive e la percezione
di controllo comportamentale contribuiscono in modo indipendente a predire l’intenzione di mangiare
grassi. Le ricerche hanno inoltre evidenziato che i fattori sociodemografici (ad esempio genere ed età) sono
mediati da quelli inclusi nella teoria del comportamento pianificato.; quindi le differenze di genere ed età
nell’assunzione di grassi sono completamente spiegate dalle variabili della teoria di Azjen.

Cap 3. Cambiare regime alimentare


Esistono parecchi legami tra dieta e salute in particolare bisogna fare riferimento alle malattie
cardiovascolari e ai tumori.
Si pensa che le prime (cardiovascolari) siano causate da un aumento di colesterolo nel sangue e quindi
collegabile ad un’altra assunzione di grassi. Sono state quindi ipotizzate due vie: la prima riguarda la
riduzione del consumo di grassi in maniera considerevole che però tendono a dare risultati soltanto dopo
parecchio tempo. La seconda via prevede invece che aumentare il consumo di frutta e verdura aiuta a
ridurre il colesterolo.
Si pensa che l’alimentazione possa anche essere collegata alla formazione di tumori in tre modi principali:
ingestione di sostanze cancerogene presenti nel cibo, moltiplicazione delle cellule tumorali a causa di certi
alimenti e protezione da alcune forme di cancro da parte di frutta e verdura.

Raccomandazioni dietetiche
Descrivi come i governi possono ottenere un’efficace comunicazione nella promozione della sostenibilità
ambientale.
(P. 87) Molti governi negli ultimi anni sono stati portati a sviluppare linee guida per promuovere la salute
tramite la dieta. Sulla base di alcune considerazioni, come ad esempio l’inserimento di massicce quantità di
frutta e verdura e il calo di grassi, i governi basano le loro raccomandazioni dietetiche. Ad esempio negli
Stati Uniti, il governo raccomanda che ogni giorno le persone assumano non più del 30% delle calorie totali
di grassi, mangino da 2 a 4 porzioni di frutta e da 3 a 5 porzioni di verdura, e consumino 20-30 grammi di
fibre alimentari.
Il Regno Unito invece raccomanda che la gente non assuma più del 35% delle calorie totali di grassi, 18
grammi di fibre e 5 porzioni di frutta e verdura al giorno. In Italia invece si raccomanda una quantità di
grandi indicativamente del 20-25% delle calorie complessive della dieta.
Queste raccomandazione dietetiche sono definite ‘’interventi a monte’’: interventi di indirizzo politico che
potrebbero includere strategie economiche e legislative, e rappresentano ciò che l’OMS definisce ‘’politica
di salute pubblica’’, basandosi sull’idea che tutta la linea politica di governo debba tener conto delle
possibili conseguenze per la salute pubblica.
Gli ‘’interventi a monte’’ comprendono gli interventi intermedi e a valle: quelli intermedi sono quelli che si
tatuano nelle scuole e nelle comunità, quelli a valle si concentrano su azioni più intensive spesso rivolte a
gruppi a rischio come ad esempio malati di cancro, gruppi a basso status economico..

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