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LEONARDO DA VINCI

Nasce tra Empoli e Pistoia, sabato 15 aprile 1452, nel borgo di Vinci nasce Leonardo di Ser
Piero d'Antonio.
Il padre, notaio, l'ebbe da Caterina, una donna di Anchiano che sposerà poi un contadino.
Nonostante fosse figlio illegittimo il piccolo Leonardo viene accolto nella casa paterna dove
verrà allevato ed educato con affetto.
A sedici anni il nonno Antonio muore e tutta la famiglia, dopo poco, si trasferisce a Firenze.
La precocità artistica e l'acuta intelligenza del giovane Leonardo spingono il padre a
mandarlo nella bottega di Andrea Verrocchio: pittore e scultore orafo acclamato e ricercato
maestro.
Possiede una curiosità senza pari, tutte le discipline artistiche lo attraggono, è un acuto
osservatore dei fenomeni naturali e grandiosa è la capacità di integrarle con le sue
cognizioni scientifiche.
Nel 1480 fa parte dell'accademia del Giardino di S. Marco sotto il patrocinio di Lorenzo il
Magnifico, è il primo approccio di Leonardo con la scultura.
Sempre in quell'anno riceve l'incarico di dipingere l'Adorazione dei Magi per la chiesa di S.
Giovanni Scopeto appena fuori Firenze (oggi quest'opera si trova agli Uffizi).
Si presenta allora, con una lettera che rappresenta una specie di curriculum in cui descrive le
sue attitudini di ingegnere civile e costruttore di macchine belliche, al Duca di Milano
Lodovico Sforza, il quale ben lo accoglie.
Ecco nascere i capolavori pittorici: la Vergine delle Rocce nelle due versioni di Parigi e di
Londra, e l'esercitazione per il monumento equestre in bronzo a Francesco Sforza.
Nel 1489-90 prepara le decorazioni del Castello Sforzesco di Milano per le nozze di Gian
Galeazzo Sforza con Isabella d'Aragona mentre, in veste di ingegnere idraulico si occupa
della bonifica nella bassa lombarda.
Nel 1495 inizia il famoso affresco del Cenacolo nella chiesa Santa Maria delle Grazie.
Questo lavoro diventa praticamente l'oggetto esclusivo dei suoi studi.
Verrà terminata nel 1498. L'anno successivo Leonardo fugge da Milano perché invasa dalle
truppe del re di Francia Luigi XII e ripara a Mantova e Venezia.
Nel 1503 è a Firenze per affrescare, insieme a Michelangelo, il Salone del Consiglio grande
nel Palazzo della Signoria.
A Leonardo viene affidata la rappresentazione della Battaglia di Anghiari che però non
porterà a termine, a causa della sua ossessiva ricerca di tecniche artistiche da sperimentare
o da innovare.
L’ANNUNCIAZIONE
L’Annunciazione è una dei capolavori giovanili di Leonardo, realizzato durante il suo periodo
di formazione fiorentino all’interno della bottega del Verrocchio.
Il tema trattato è di soggetto religioso e, prima di Leonardo, esso è stato affrontato anche da
altri artisti importanti, come ad esempio da Simone Martini e Beato Angelico.
Tuttavia Leonardo lo narra in maniera totalmente diversa: contrariamente a quanto fatto dal
Beato Angelico, il quale aveva ambientato la scena in un chiostro, Leonardo la attualizza,
ambientandola nella sua stessa contemporaneità.
Osservando ad esempio l’architettura alle spalle della Vergine infatti, si può facilmente
notare come essa risponda ai canoni quattrocenteschi fiorentini.
Anche il basamento del leggio del resto, è dipinto sul modello scultoreo del XV secolo.
Il Vasari nelle sue Vite descrive Leonardo come colui che Introduce nelle figure il moto ed il
fiato, evidenziando quindi la capacità dell’artista di saper caratterizzare i suoi personaggi dal
punto di vista psicologico.
Una delle peculiarità leonardesche presenti in questa tavola, la si rintraccia nel paesaggio
dipinto oltre la balaustra: l’altura difatti, è definita in base a quella che Leonardo chiamava
la prospettiva “de’ perdimenti”.
Rappresenta la realtà tenendo conto di vari elementi, tra cui: la presenza di umidità negli
strati bassi dell’atmosfera, peculiarità questa che permette ai colori di mutare sfumando
nello specifico verso un grigio-azzurrino (come ad esempio nel paesaggio alle spalle della
Gioconda); della distanza dal punto di osservazione, e del graduale sfocarsi delle immagini.
La luce dell’opera non è piena, ma attenuata poiché si tratta della luce del crepuscolo.
Questo conferisce ai personaggi un maggiore ammorbidimento dei tratti somatici.
È evidente la differenza con opere quasi coeve, come ad esempio La Primavera del Botticelli.
In quest’ultima opera infatti, la vera protagonista è la linea; nell’Annunciazione di Leonardo
invece, la linea è messa in secondo piano, ed è utilizzata solo per la definizione di alcuni
particolari, contrariamente invece alla vastità spaziale la quale risulta essere la vera
protagonista dell’opera.
I personaggi di Leonardo sono quindi dei personaggi vivi: questo lo si comprende anche
osservando le ali dell’angelo, le quali vengono rappresentate proprio nel momento in cui si
stanno per richiudere.
Sono quindi delle ali battenti e vive, il cui piumaggio è definito dall’artista in maniera reale a
seguito dell’osservazione minuziosa delle piume degli uccelli e della loro anatomia.
Questo senso di estrema descrizione del reale, lo si evince anche osservando i fiori del prato
in primo piano: di essi, possiamo chiaramente distinguerne le specie e le varietà floreali, un
po’ come se il mondo dovesse essere osservato sempre con un occhio scientifico-analitico.
VERGINE DELLE ROCCE
La tavola fu dipinta da Leonardo per i frati del convento della Concezione.
La “piramide magica” delle figure è inserita in un ambiente naturale, pieno di mistero.
È una sacra famiglia con Madonna, Gesù Bambino, S. Giovannino e un Angelo. La sacra
famiglia si trova in un paesaggio roccioso.
Le figure in primo piano sono disposte su uno schema a piramide ma molto aperta, sono
disposte a croce cioè su due assi perpendicolari.
I gesti dei personaggi esprimono unità di affetti, di circolarità.
La testa e lo sguardo della Vergine inclinati verso il basso esprimono dolcezza.
Il paesaggio in primo piano è ricco di vegetazione descritta in modo scientifico, mentre lo
sfondo è arido e roccioso per simboleggiare il mondo prima della salvezza, prima della
nascita di Cristo.
È presente una straordinaria prospettiva aerea: un dolce sfumato soprattutto nei corpi delle
figure immerse nell'atmosfera.
L'ombra delle rocce è in contrasto con la luminosità delle figure, il mantello della Vergine
proietta un'ombra azzurra sul drappo del vestito. Questo testimonia l'osservazione della
luce e dei colori reali da parte de Leonardo.
IL CENACOLO
L'ultima cena, dipinto nel refettorio del Convento domenicano di Santa Maria delle Grazie,
gli fu commissionato intorno al 1495 e fu realizzato nell’arco di due anni.
Leonardo però non aveva la formazione dell'affreschista e a ciò è dovuto lo stato,
estremamente precario, in cui versa oggi l'opera.
Contrariamente al processo metodico e costante che richiede la tecnica dell'affresco,
Leonardo aveva prediletto l'uso di una tecnica mista ad olio e a tempera d’uovo che gli
permetteva di ottenere effetti pittorici particolari ma il composto, applicato sulla
preparazione a gesso secco, subì le conseguenze delle intemperie atmosferiche e non riuscì
ad aderire alla parete.
Il tema dell’opera L'ultima cena di Leonardo, è tratto fedelmente dai Vangeli ed è il
momento in cui, durante l’Ultima Cena, Gesù rivela ai dodici apostoli che fra loro è presente
un traditore. Leonardo, con grande maestria, ci presenta non solo la scena in quanto azione
ma anche psicologicamente evidenziando i sentimenti di ogni personaggio davanti a questa
notizia sconvolgente.
Lo spazio de L'ultima cena di Leonardo è prospettico e l’ambientazione della scena é
costituita da elementi architettonici che riprendono la forma reale del refettorio: la
profondità dello spazio è resa mediante lo sfondamento ideale della parete reale, ricostruita
prospetticamente nel dipinto. Le linee prospettiche confluiscono nella figura del Cristo,
elemento centrale della scena.
La scena di Ultima cena di Leonardo è posta più in alto del punto di vista dell’osservatore e i
personaggi sono in scala superiore al naturale, anche rispetto alla tavola sono imponenti e
ciò aumenta maggiormente l’impatto emotivo e la monumentalità.
La composizione de L'ultima cena di Leonardo vede in primo piano una tavola imbandita
posta trasversalmente, vista di scorcio e dietro a essa siede, al centro, Gesù circondato dai
dodici apostoli.
Gli elementi compositivi conferiscono alla composizione una impressione di solennità, e
nello stesso tempo di pacata agitazione causata dalla rivelazione di Cristo che annuncia il
tradimento.
La fonte di luce della scena de Ultima cena di Leonardo è naturale e proviene dalle le tre
aperture sul fondo della sala.
Questa leggera illuminazione determina la disposizione delle luci e delle ombre,
morbidamente in contrasto tra loro.
Questi contrasti, seppur quieti, danno vita ad un avanzare di piani che termina con la
staticità della tavola. La linea percorre la superficie pittorica con una sottile vibrazione, anzi,
essa è quasi impercettibile perché Leonardo nelle sue pitture predilige lo sfumato.
In primo piano nell'opera L'ultima cena di Leonardo da Vinci c’è la tavola, al centro della
quale domina la figura del Cristo, simmetrica, quasi piramidale, mentre gli apostoli sono
suddivisi in quattro gruppi da tre.
Da sinistra la prima triade (a sinistra di Gesù) è composta da Bartolomeo, Giacomo minore e
Andrea, la seconda da Pietro, Giovanni e Giuda Iscariota, la terza (a destra di Gesù) è
formata da Giacomo maggiore, Filippo e Tommaso e la quarta da Matteo, Giuda Taddeo e
Simone.
Leonardo raffigura gli apostoli con una precisione anatomica e mimica formidabile, dovuta
soprattutto alla sua passione per l’anatomia, come rivelano i suoi numerosi studi. Attraverso
i moti espressivi e corporei egli rappresenta il loro turbamento, il loro stupore, il loro
sconvolgimento mantenendo però la concatenazione ritmica radunandoli a tre a tre.
L’elemento nuovo nella lettura dell’evento da parte di Leonardo sta fondamentalmente
nell’analisi psicologica che egli fa dei personaggi.
Attraverso l’anatomia curata, la perfezione ricercata nel delineamento dei moti, nelle
espressioni, nei gesti egli ci comunica qualcosa che va oltre l’evento in quanto tale.
Ci mostra l’atteggiamento, il sentimento di ognuno come se volesse richiamare lo spettatore
ad una presa di posizione personale davanti al fatto rivelato da Cristo.
LA GIOCONDA
Leonardo lo iniziò tra il 1503 e il 1506 a Firenze, ma, affezionandosene, non lo consegnò mai
al committente e se lo portò con se fino in Francia.
Inedito è l'inquadramento a mezzo busto che comprende le mani, ma soprattutto
l'inserimento della donna in un paesaggio, che non è un puro sfondo ma è parte viva e
integrante dell'opera.
Tutto in questo dipinto è in movimento: il paesaggio, che immobile e avvolto nelle nebbie
sullo sfondo si fa vivo in primo piano, con il fiume e un ponte, e la dama, apparentemente
immobile e quieta ma il cui corpo è percorso da una morbida torsione che partecipa alla vita
della natura.
Il celebre sorriso che c'è e non c'è e l'espressione che varia a seconda dei punti di
osservazione incarnano l'essenza stessa dell'attimo in divenire, dei sentimenti umani che
mutano in continuazione e che non è possibile fissare.
Leonardo esprime in questa opera è l'inafferrabilità della natura e dell'animo umano,
tecnicamente ciò è ottenuto con il celebre sfumato, ottenuto attraverso numerose sottili
velature di colore, la manipolazione dei contorni con le dita, l'utilizzo di una luce dorata e la
resa di un'aria spessa e umida che ovatta le forme.
L'incompiutezza dell'opera e il fatto che Leonardo abbia continuato a ritoccarla,
trasformando un ritratto in un'immagine ideale, costituiscono il suo fascino e la rendono il
manifesto stesso non solo del modo di dipingere di Leonardo, ma anche della sua visione
della realtà e della natura come essere in continuo divenire.

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