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Lezione 2

Il secondo capitolo ha come perno la catena del valore; quest’ultima appartiene al mondo del marketing ma
soprattutto al management. Prima di spiegare cos’è bisogna capire in quale contesto può essere inserita.
Partiamo da un’impresa che non si accontenta del mercato domestico e vuole varcare i confini nazionali. Al
di fuori di un perimetro che chiamiamo “confine d’impresa”, ci si imbatte in un mondo che è il
microambiente in cui troviamo i soggetti con cui l’impresa è a più diretto contatto. C’è un criterio
qualitativo-teorico con il quale possiamo dire se quel soggetto appartiene o meno al microambiente
ovvero : i soggetti che appartengono al microambiente possono influenzare il comportamento dell’impresa
e l’azienda può influenzare i comportamenti di questi soggetti.
Le principali categorie del microambiente sono: i fornitori, i distributori, i clienti e i concorrenti.
In particolare, possiamo dividere il microambiente in due sottoinsiemi: anzitutto, quello composto da
fornitori-impresa-distributori (ambiente transazionale) e quello composto da clienti-impresa-concorrenti
(ambiente competitivo).

Una riflessione sui fornitori è importante: genericamente un’impresa produce Y che possiamo spacchettare
in termini qualitativi e in termini quantitativi. Quello che produce un’azienda lo possiamo declinare in
termini qualitativi (cioè la merceologia di quello che fa; settore primario, secondario, terziario o terziario
avanzato) e in termini quantitativi (cioè quanto produce).
Questa Y è una funzione di produzione e possiamo scriverla come Y=f(xi) perché noi abbiamo diverse
categorie di fattori di produzione. I fattori produttivi noi li chiamiamo anche risorse ma per esplicare la
funzione di produzione abbiamo bisogno di risorse materiali, immateriali, umane, finanziarie (sono di due
grandi categorie: capitale proprio e capitale di terzi) e risorse tecnologiche (know-how).

Oltre il microambiente, troviamo una porzione di ambiente che sta più al di fuori: il macroambiente. Il
criterio è che i soggetti che appartengono al macroambiente possono influenzare il comportamento
dell’impresa ma l’impresa non può influenzare il comportamento di quei soggetti (non è reciproco come nel
microambiente).
Nel macroambiente troviamo:
- sistema politico-istituzionale (barriere, dazi, autorizzazioni) ;
- sistema economico-finanziario (Banche, Borse, grandi istituti che governano, controllano e gestiscono le
piazze finanziarie) ;
- sistema socio-culturale (religione, costumi, abitudini) ; ci si adegua ad esso, si viene influenzati da tale
sistema e non possiamo modificarlo;
- sistema tecnologico-informatico.
Questi sistemi non possono essere influenzati a meno che il sistema politico-istituzionale (e forse quello
economico-finanziario) non sia influenzato in maniera sana da quell’attività che viene definita lobbying.
Con questo termine si intende un gruppo di interessi, di soggetti che sono istituzionalmente autorizzati a
interloquire con gli organi istituzionali che devono prendere decisioni. Il lobbista dovrebbe illustrare le
motivazioni per cui un determinato provvedimento dovrebbe essere fatto in un senso oppure in un altro.

Proviamo a ragionare in termini di ambiente transazionale: parliamo prima di MAKE or BUY


(esternalizzazione). Ma con esternalizzazione si intende portare lo svolgimento dell’attività al di fuori dei
confini dell’impresa e non è per forza outsourcing. Con l’outsourcing c’è una qualità del rapporto più
intensa, più manageriale.
Esternalizzare è diverso anche da delocalizzare.
Il MAKE or BUY ci permette di capire se i confini d’impresa si allargano o si restringono. Se svolgiamo
un’attività all’interno (MAKE) allarghiamo i confini d’impresa perché portiamo in “pancia” all’azienda più
cose da fare mentre se facciamo BUY restringiamo i confini d’impresa sono più piccoli perché rinunciamo a
un impianto, un capannone, agli operai etc.
Bisogna considerare anche le filiere che non sono più domestiche ma sono ormai aperte, sono
internazionali perché si va alla ricerca di vantaggi, soluzioni al dilemma MAKE or BUY per ogni singola
fornitura o produzione ci si pone questa domanda.

All’interno dei confini di impresa abbiamo quella che Michael Porter definisce CATENA DEL VALORE, un
modello di management strategico.
Porter ci dice che generalmente qualsiasi tipo di azienda svolge una serie di attività che vengono codificate;
esistono innanzitutto quelle che vengono definite ATTIVITA’ PRIMARIE e in secondo luogo quelle che
vengono definite ATTIVITA’ DI SUPPORTO (o secondarie). Tutte queste attività sono orientate a generare
valore per il cliente. Le attività primarie producono direttamente valore per il cliente: mentre quelle di
supporto producono valore in maniera indiretta.
Le attività primarie sono 5:
- logistica in entrata
- produzione
- logistica in uscita
- marketing e vendita
- servizi
Le attività secondarie sono 4:
- approvvigionamenti (ufficio acquisti)
- gestione risorse umane (ufficio del personale)
- ricerca e sviluppo (laboratorio, ufficio tecnico)
- infrastrutture (contabilità, affari generali, affari legali, manutenzione, ufficio qualità).

Il vero cliente delle attività primarie è esterno; mentre i clienti delle attività di supporto sono i colleghi, sono
interni.
Il valore ha una sua misura poiché rappresenta per il cliente il beneficio economico o psicologico che ha
dall’avere a disposizione quel bene.
La catena del valore di Porter è orientata a massimizzare il valore per il cliente cercando di creare un
margine .
Possiamo quindi definire il Marketing Internazionale come la catena del valore che dialoga con l’estero con
una di queste attività (internazionalizzazione commerciale).

Può capitare che manager italiani vadano all’estero poiché l’azienda si è stabilita lì; si chiamano
expats=espatriati . Rappresentano una categoria ben definita che oggi sta crescendo in maniera
esponenziale.

Possiamo costruirci un grafico: sull’asse delle Y mettiamo il grado di coordinamento (basso-alto) mentre
sull’asse delle X mettiamo il livello di decentramento (basso-alto da sx verso dx).
Avremo 4 possibili combinazioni:
1) strategia di esportazione (EXPORT), grado di coordinamento e livello di decentramento molto basso; sto
in un solo Paese o al massimo in pochi Paesi ;
2) strategia di decentramento, basso grado di coordinamento-alto livello di decentramento; sto in più Paesi
ma ognuno fa le cose sue ;
3) strategia globale ; alto grado di coordinamento (impieghiamo competenze manageriali più sofisticate)
ma siamo in un solo Paese o in pochi Paesi (basso livello di decentramento);
4) strategia transnazionale, alto grado di coordinamento e alto livello di decentramento (le varie attività
sono distribuite a livello mondiale ma ognuna con indipendenza, professionalità e coordinamento).

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