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2-nozione dell’ attività giurisdizionale dal pt di vista della funzione. Il normale presupposto della lesione e l’
attuazione dei diritti in via secondaria e sostitutiva
Dall’ art24 cost si desume k la funzione k ispira l’ attività giurisdizionale, globalmente considerata, è la
tutela dei diritti. Essa consiste, almeno in linea di massima, in una reazione alla loro violazione, nel senso di
impedirla o di eliminarne gli effetti nei limiti del possibile.
Si delineano quindi le due caratteristiche fondamentali dell’ attività giurisdizionale: la strumentalità è la
sostitutività. L’ attività giurisdizionale infatti è strumentale rispetto ai diritti k vuol tutelare xk costituisce lo
strumento x la loro attuazione, nell’ hp in cui tale attuazione non si verifichi spontaneamente.
Visto k i diritti da attuare costituiscono la materia o sostanza dell’ attività giurisdizionale, si delinea la
contrapposizione tra diritto materiale o sostanziale e diritto strumentale o formale, cioè processuale.
Dettando le norme sostanziali quindi, il legislatore ha configurato i diritti soggettivi sostanziali k implicano
una prima forma di tutela di determinati interessi, cioè la tutela giuridica. Qnd xo la norma sostanziale
viene violata e il ds sostanziale viene leso, qst tutela primaria non è più sufficiente. L’ og quindi ricorre allo
strumento del processo, cioè alle norme di diritto processuale k, disciplinando l’ attività giurisdizionale
strumentale, apprestano i mezzi x l’ attuazione della tutela secondaria o sostitutiva.
Gli organi giurisdizionali quindi si sostituiscono a coloro k avrebbero dovuto tenere il comportamento
previsto dalle norme sostanziali in via primaria, x attuare in via secondaria la stessa protezione degli
interessi k era alla base delle norme sostanziali.
Qst sostituzione in effetti è imposta dal fondamentale divieto di autodifesa. L’ og infatti nel momento in cui
vieta al singolo di farsi giustizia da se, gli offre una protezione sostitutiva, cioè la tutela giurisdizionale.
Occorre sottolineare inoltre k essa costituisce uno degli strumenti eteronomi finalizzati alla composizione
delle controversie e contrapposti a qll autonomi, come la conciliazione in cui la risoluzione delle
controversie è realizzata dagli stessi protagonisti e non da terzi, i quali invece hanno solo compiti di
promozione.
3-i casi di attività giurisdizionale senza lesione: giurisdizione costitutiva necessaria e accertamento mero
In alcuni casi l’ attività giurisdizionale non presuppone la lesione del diritto sostanziale. Ciò accade
innanzitutto nelle hp di tutela costitutiva necessaria in cui l’ og ritiene di dover sottrarre all’ autonomia dei
singoli la piena disponibilità di determinate situazioni giuridiche, stabilendo k la costituzione, la
modificazione o l’ estinzione possa avvenire solo attraverso l’ opera dell’ organo giurisdizionale.
Si tratta quindi di eccezioni alla normale disponibilità negoziale dei diritti. Ad es non si può disporre
negozialmente del rapporto coniugale, ma nel concorrere di determinate circostanze espressamente
previste dalla legge, come le circostanze k rendono intollerabile la convivenza, si può ottenere la
separazione xsnl. Qst tipo di attività giurisdizionale è quindi detta giurisdizione costitutiva necessaria.
Nel quadro dell’ attività giurisdizionale costitutiva xo esiste ank l’ attività giurisdizionale costitutiva non
necessaria, nel senso k gli effetti costitutivi realizzabili da essa avrebbero potuto essere attuati ank
indipendentemente dall’ opera dell’ organo giurisdizionale. Quindi l’ attività di qst ultimo soccorre solo qnd
è mancata l’ attuazione spontanea o primaria, nel senso k si è verificata la violazione di un preesistente
diritto alla modificazione giuridica. Si pensi ad all’ obbligo a contrarre, assunto con un contratto preliminare,
rimasto ineseguito ed attuabile con sentenza costitutiva ai sensi dell’ art 2932cc.
In qst casi l’ attività giurisdizionale ha funzione sostitutiva o secondaria.
L’ altro tipo di attività giurisdizionale k prescinde dalla violazione è qll cd di accertamento mero, in cui l’
esigenza di tutela è determinata da una contestazione, nel duplice significato di contestazione dell’ altrui
diritto k il titolare considera esistente e vanto di un proprio diritto nei confronti di un soggetto k lo ritiene
inesistente. Qnd si verifica qst fenomeno si determina una situazione di incertezza obbiettiva circa l’
esistenza di un diritto, k non è ancora una violazione ma potrebbe diventarlo. Lo strumento offerto dall’ og
x eliminare qst situazione di incertezza è l’ accertamento mero. L’ attributo mero si spiega col fatto k in
effetti la funzione dell’ accertamento è una caratteristica generale dell’ attività giurisdizionale di cognizione,
ma qui si presenta allo stato puro, cioè senza la sovrapposizione di altre funzioni.
In sintesi quindi la nozione di giurisdizione dal pt di vista funzionale fa riferimento all’ attuazione del diritto
sostanziale, k avviene per lo più in via secondaria e sostitutiva, cioè sanzionatoria, ma ank in via primaria.
7-l’ ambito della giurisdizione e i suoi rapporti con le altre attività dello stato
La dottrina si è impegnata nel compito di stabilire se la nozione di giurisdizione comprende tt i diversi tipi di
attività. In effetti se si fa riferimento al profilo funzionale, la giurisdizione comprende senza dubbio
cognizione, esecuzione e cautela. Se invece si fa riferimento al profilo strutturale le profonde differenze
esistenti tra le diverse attività inducono a limitare la nozione alla sola cognizione.
Entrambe le nozioni di giurisdizione inoltre restano nettamente contrapposte alla giurisdizione volontaria.
Solo sotto il profilo funzionale quindi la giurisdizione può essere affiancata e contrapposta alle altre attività
fondamentali dello stato, cioè legislazione e amministrazione. Bisogna quindi prendere in considerazione
solo i pochi elementi strutturali comuni alla cognizione e all’ esecuzione, cioè l’ imparzialità dell’ organo e il
riconoscimento alle parti di un ruolo attivo k possa influire sull’ esito del processo.
L’ attività giurisdizionale quindi si distingue dall’ attività legislativa xk qst ultima detta regole generali ed
astratte, mentre la giurisdizione opera sempre in riferimento ai casi singoli x i quali formula una regola
concreta o le da attuazione. Si distingue invece dall’ attività amministrativa xk qst ultima, pur operando in
riferimento ai casi singoli, è svolta dagli enti pubblici e dai loro organi in una posizione k non è imparziale
ma è orientata ad attuare gli interessi di tali enti. Di conseguenza i provvedimenti amministrativi sono
caratterizzati dalla modificabilità e dalla revocabilità.
13-le singole condizioni dell’ azione: possibilità giuridica, interesse ad agire, legittimazione ad agire.
La domanda innanzitutto non è ipoteticamente accoglibile se non contiene l’ affermazione dell’ esistenza di
un diritto. X affermare un diritto xo occorre affermare i suoi fatti costitutivi, contemplati in astratto da una
norma. In sintesi non si può affermare un diritto se non c’è una norma k lo contempli in astratto e se non si
afferma l’ accadimento concreto dei fatti previsti in astratto da qll norma.
La prima condizione dell’ azione, detta possibilità giuridica, consiste quindi nell’ esistenza di una norma k
contempli il diritto in astratto.
La seconda condizione dell’ azione è l’ interesse ad agire consistente nell’ affermazione e allegazione dei
fatti costitutivi e dei fatti lesivi del diritto, da cui emerge il bisogno tutela giurisdizionale. Essa inoltre è
espressamente richiesta dall’ art 101cpc, in base al quale x proporre una domanda o x contraddire alla
stessa è necessario avervi interesse.
Occorre xo sottolineare k in caso di accertamento mero, l’ affermazione del fatto lesivo sarà sostituita dall’
affermazione della contestazione o del vanto; mentre in caso di giurisdizione costitutiva necessaria l’
interesse ad agire è in re ipsa, cioè nell’ affermazione del semplice fatto costitutivo del diritto alla
modificazione giuridica.
La terza condizione dell’ azione infine è la legittimazione ad agire, x cui la domanda non è ipoteticamente
accoglibile se il diritto affermato nella domanda stessa non è affermato come diritto di colui k propone la
domanda e contro colui nei cui confronti si propone la domanda. Qst regola è espressamente prevista dall’
art 81cpc in base al quale “ fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel
processo in nome proprio un diritto altrui”. La norma quindi fa salva l’ hp del rappresentante k può far
valere diritti altrui in nome altrui.
X qnt riguarda i casi espressamente previsti dalla legge di legittimazione straordinaria o sostituzione
processuale, essi si riconducono talvolta a ragioni di opportunità, come nell’ hp dell’ azione surrogatoria
prevista dall’ art 2900cc a favore del creditore nel caso in cui il debitore trascuri di far valere i propri diritti,
o ad esigenze di natura sociale, come la legittimazione attribuita a determinati gruppi x far valere interessi
diffusi o collettivi. Un esempio si riscontra nello statuto dei lavoratori k attribuisce alle associazioni sindacali
una legittimazione ordinaria, qnd è riferita a diritti propri delle associazioni stesse, e straordinaria quando
consente di far valere i diritti degli associati.
Dato k la legittimazione ad agire è condizione dell’ azione sotto il profilo soggettivo, si può dire k il soggetto
legittimato ad agire è titolare dell’ azione.
Il difetto di una o più condizioni dell’ azione infine sarà oggetto di una pronuncia sul processo si ferma al
rilievo dell’ ostacolo k impedisce la pronuncia sul merito.
CAPITOLO IV-LA SITUAZIONE GIURIDICA GLOBALE DEL SOGGETTO K PRESTA LA TUTELA: IL DOVERE
DECISORIO DEL GIUDICE E I SUOI LIMITI.
17- il contenuto del dovere decisorio del giudice: il giudizio
Al generico diritto alla tutela giurisdizionale, cioè l’ azione, corrisponde un generico dovere dello stato,
impersonato nell’ organo giurisdizionale, di prestare tale tutela.
In particolare nel processo di cognizione, di fronte al diritto di azione come diritto ad un provvedimento sul
merito, vi è il dovere dell’ organo giurisdizionale di compiere tt quegli atti k, coordinandosi a vicenda e
correlandosi con gli atti degli altri soggetti del processo, conducono alla pronuncia del provvedimento sul
merito. Il dovere di decidere quindi, k è ank esercizio di un potere, non riguarda solo il compimento dell’
atto finale k contiene la decisione, cioè la sentenza, ma tt gli atti del processo. A tal proposito infatti l’ art
112cpc stabilisce k il giudice dv decidere su tt la domanda e non oltre i limiti di essa.
L’ attività decisoria quindi è un giudizio destinato ad accertare l’ esistenza o l’ inesistenza del diritto
affermato nella domanda. Tale accertamento è un’ operazione logica k si sostanzia nel riscontro k i fatti
previsti in astratto dalla norma come fatti costitutivi del diritto si sono verificati in concreto. L’ operazione
del giudizio quindi è la sintesi di due distinti momenti logici: l’ enunciazione in astratto della portata attuale
della norma, cioè l’ interpretazione della norma o giudizio di diritto; il riscontro k nel caso concreto si sono
effettivamente verificati i fatti contemplati in astratto dalla norma e affermati nella domanda, oltre agli
eventuali fatti lesivi, cioè il cd giudizio di fatto. La sintesi di qst due momenti, k rappresentano la preessa
maggiore e la premessa minore, è il sillogismo del giudice, cioè l’ enunciazione k in ql determinato caso la
volontà astratta di legge è diventata concreta e quindi necessita di tutela.
18-la correlazione con la domanda e i confini del dovere decisorio del giudice
Il giudizio quindi è un’ attività dovuta in qnt costituisce il contenuto o la prestazione del diritto alla tutela
giurisdizionale. Tale prestazione non solo è dovuta solo in qnt è richiesta da colui k esercita l’ azione, ma è
ank dovuta nei limiti in cui è richiesta. Essa infatti consiste nella pronuncia sul diritto k è affermato nella
domanda quindi è dovuta su ql diritto e non su altro, su tt l’ ambito del diritto, ma non oltre. L’ art 112
infatti enunciando la correlazione tra la domanda e il dovere decisorio del giudice, stabilisce k i confini della
prima devono essere i confini del secondo.
Se il giudice non decide su tt la domanda può infatti verificarsi un’ omissione di pronuncia totale o parziale.
Se invece la decisione eccede i limiti della domanda può verificarsi il vizio di ultrapetizione.
In effetti k il dovere decisorio del giudice venga in essere solo con la proposizione di una domanda risulta
già dall’ art 2907cc, in base al quale la tutela giurisdizionale dei diritti è prestata su domanda di parte e, qnd
la legge lo dispone, su istanza del pm. Si tratta dunque del principio della disponibilità della tutela
giurisdizionale, in virtù del quale il titolare del diritto sostanziale è libero di chiedere o non chiedere tale
tutela, o di rinunciarvi dopo averla chiesta. Tale disponibilità sta a sua volta in correlazione con la
disponibilità del diritto sostanziale, dato k chiedere o non chiedere la tutela è un modo di disporre di esso.
La conferma è data dal fatto k i casi in cui la tutela può essere eccezionalmente richiesta dal pm sono
proprio i casi in cui si opera su diritti sostanziali indisponibili.
Il principio della disponibilità della tutela inoltre trova immediata correlazione nel principio della domanda
enunciato dall’ art 99 cpc, in base al quale chi vuol far valere un diritto in giudizio dv proporre domanda al
giudice competente.
Si parla invece di disponibilità dell’ oggetto del processo, in capo a colui k propone la domanda, nel senso k
qst ultimo con la sua domanda vincola il giudice nell’ oggetto del suo giudizio.
Innanzitutto qst vincolo si manifesta con riguardo al tipo di azione esercitata. Infatti se il giudice al quale
fosse stata chiesta una condanna, pronunciasse una sentenza di accertamento mero, incorrerebbe nel vizio
di parziale omissione di pronuncia. Se invece accadesse il contrario, il vizio sarebbe di ultrapetizione.
Occorre inoltre domandarsi se la domanda vincoli il giudice in entrambi i momenti del giudizio, cioè il
giudizio di diritto e il giudizio di fatto.
I fatti costitutivi in effetti svolgono la funzione di concretizzare la volontà astratta di legge e quindi dvn
essere necessariamente allegati. Quindi nei loro riguardi si manifesta l’ esclusiva dell’ attore nella
determinazione del contenuto del dovere decisorio del giudice, cioè dell’ oggetto del processo. Al contrario,
la volontà astratta di legge, proprio x la sua astrattezza e generalità, non può costituire oggetto di un’
esclusiva. Il giudice di conseguenza è libero di applicare le norme di diritto k ritiene più adeguate al cao
concreto, ank se non richiamate nella domanda. Qst regola risulta indirettamente dall’ art113 cpc k, nello
stabilire k il giudice dv seguire le norme del diritto, si riferisce a tt le norme e non solo a qll invocate nella
domanda. Tradizionalmente il principio viene espresso dal brocardo jura novit curia.
La scelta e l’ applicazione della norma presuppone xo la sua interpretazione, un’ operazione k contiene
sempre qlk elemento di creatività, ma non può mai superare il limite dettato dal contenuto obbiettivo della
norma. Bisogna inoltre tenere presente k nel nostro og il giudice non è tenuto ad uniformare la sua
interpretazione a qll di precedenti pronunce.
Dopo aver interpretato la norma nel senso più conforme alla costituzione, se si prospetta un dubbio di
costituzionalità, il giudice dv assoggettare la norma al controllo di costituzionalità, disponendo il rinvio degli
atti alla corte costituzionale.
Se invece sorge una questione di diritto comunitario, il giudice può ( o deve, se si tratta di un giudice di
ultima istanza) rimettere la questione alla cgue, k si pronuncia solo sulla questione pregiudiziale, lasciando
al giudice nazionale l’ applicazione del diritto comunitario.
In conclusione la regola fondamentale enunciata dall’ art 112, cioè il principio della corrispondenza fra il
chiesto e il pronunciato o principio della disponibilità dell’ oggetto del processo, stabilisce k il potere di
determinare l’ oggetto del processo, in modo vincolante x il giudice, spetta alla parte k propone la domanda
k lo esercita con l’ allegazione dei fatti costitutivi e dei fatti lesivi.
Il giudice quindi dv giudicare sui fatti allegati nella domanda e solo su qll, ma a qst fatti può applicare le
norme di diritto k ritiene più adeguate, siano o meno indicate nella domanda, e interpretarle nel modo k
ritiene più corretto, ank in discostandosi dall’ interpretazione prospettata nella domanda.
20- il principio della disponibilità delle prove. Sistema inquisitorio e sistema dispositivo. Il principio della
libera valutazione delle prove
L’ art 115 cpc stabilisce k “ salvi i casi previsti dalla legge, il giudice dv porre a fondamento della decisione le
prove propoate dalle parti o dal pm”, oltre k i fatti non specificamente contestati dalla controparte .
Nel nostro og quindi il giudice è vincolato oltre k dall’ allegazione dei fatti compiuta dalle parti, ank dalle
contestazioni e dall’ assolvimento del relativo onere, nonché dalle offerte di prove ad opera di qst rispetto
ai fatti allegati.
Qst doppio vincolo viene spesso espresso dal brocardo judex secundum alligata et probata judicare debet, k
xo può risultare fuorviante. Non è corretto infatti parlare di probata in riferimento alle circostanze k le parti
hanno offerto di provare. In secondo luogo enunciando qst due vincoli nello stesso brocardo si può
determinare l’ errato convincimento k essi abbiano lo stesso fondamento logico.
In realtà il vincolo secundum alligata è una logica conseguenza del principio della domanda, ma non si può
dire lo stesso del secondo vincolo k rappresenta soltanto un limite x il giudice nel servirsi degli strumenti
tecnici di convincimento, cioè le prove. Quindi non si potrebbe tacciare di incoerenza un ipotetico
legislatore k rispettasse la regola della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, ma al tempo stesso
consentisse al giudice di avvalersi di ogni mezzo di prova, esperibile ank d’ ufficio. Anzi, quando il titolare
del diritto ne chiede la tutela, stabilendo con l’ allegazione dei fatti i confini della sua richiesta, è interesse
dello stato k tale tutela sia prestata nel modo migliore.
In effetti alcuni ordinamenti processuali moderni si sono orientati verso il sistema inquisitorio, nel senso
cioè di lasciare al giudice un’ ampia facoltà di iniziativa nell’ avvalersi dei mezzi di prova. In realtà qst
sistema, k nel processo civile può sembrare più valido e funzionale, può incrinare la posizione di
imparzialità del giudice soprattutto nei suoi presupposti psicologici. Altri ordinamenti sono invece rimasti
legati al sistema opposto, cioè il sistema dispositivo.
Il nostro ordinamento si ispira invece ad un sistema k potrebbe essere definito dispositivo attenuato xk fa
kmq salvi i casi previsti dalla legge.
Uno di qst casi è previsto dallo stesso art115, 2co, il quale afferma k il giudice può ttvia, senza bisogno di
prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto k rientrano nella comune esperienza. Occorre
sottolineare k sono escluse dalla portata della norma le nozioni di natura tecnica, salvo k siano acquisite
dalla conoscenza media, nonché le conoscenze acquisite casualmente dal giudice, ank se in conseguenza
della sua attività giudiziaria, cioè la cd scienza privata del giudice. Sono invece incluse le circostanze
comunemente note nel luogo in cui abitano le parti e il giudice, cioè dotate della cd notorietà ristretta.
L’ art 213 riguarda invece la possibilità x il giudice di chiedere d’ ufficio informazioni scritte alla pa; l’ art 118
consente al giudice di disporre d’ ufficio l’ ispezione di xsn o cose; l’ art 117 prevede invece la possibilità di
disporre d’ ufficio il cd interrogatorio libero k si distingue dall’ interrogatorio formale xk, anziché tendere a
provocare la confessione dell’ altra parte, vuole facilitare il formarsi del libero convincimento del giudice sui
fatti della causa, attraverso un colloquio diretto e spontaneo con le parti. In relazione a ciò l’ art 116
dispone k dalle risposte delle parti in sede di interrogatorio libero e più in generale dal loro
comportamento, il giudice può trarre argomenti di prova.
L’ art281 ter invece attribuisce al giudice del tribunale in composizione monocratica, e indirettamente ank
al giudice di pace, il potere di disporre d’ ufficio la prova testimoniale formulandone i capitoli, qualora le
parti si siano riferite a xsn k appaiono in grado di conoscere la verità dei fatti di causa.
L’ art 115 aggiunge poi k il giudice dv porre a fondamento della decisione ank i fatti non specificamente
contestati dalla parte costituita. La norma quindi rappresenta il fondamento positivo del cd onere della
contestazione e soprattutto della sua necessaria specificità.
Si tratta quindi del principio della non contestazione in forza del quale, nei processi su diritti disponibili, la
mancata esplicita e specifica contestazione dei fatti affermati dalla controparte solleva qst ultima dall’
onere della prova.
L’ art 116 enuncia invece il principio della libera valutazione delle prove da parte del giudice, secondo il suo
prudente apprezzamento. Tale principio xo è accolto solo in via tendenziale xk la norma fa salvi i casi in cui
la legge dispone altrimenti, cioè i casi di prove k vincolano pienamente il giudice e k si chiamano prove
legali.
Un’ altra regola fondamentale in tema di prove è la regola dell’ onere della prova, prevista dall’ art 2697cc,
in base al quale la prova dei fatti è a carico di chi li afferma. Di conseguenza se qst fatti non sono provati, il
giudice dv considerarli non avvenuti.
21- impulso di parte e impulso d’ ufficio. La funzione del pm nell’ ambito del sistema ad impulso di parte
Solo la disponibilità delle prove, ma non la disponibilità dell’ oggetto del processo, può essere sottratta all’
iniziativa delle parti senza contrastare con la disponibilità della tutela giurisdizionale k a sua volta deriva
dalla disponibilità dei diritti sostanziali. Di conseguenza quando si tratta di far valere diritti disponibili, la
scelta x il sistema ad impulso di parte non ha alternativa, se non con riguardo a situazioni particolari.
Tt il nostro sistema quindi è ispirato al principio dell’ impulso di parte, sia x l’ introduzione k x la
progressione del processo.
In realtà nulla avrebbe impedito al legislatore di configurare un tipo di processo fondato sull’ impulso d’
ufficio x far valere i diritti indisponibili. In tal caso xo avrebbe dovuto costruire un modello totalmente
diverso, quindi ha preferito adattare la tecnica dell’ iniziativa di parte alle diverse esigenze inerenti alla
tutela dei diritti indisponibili. È stato quindi creato un espediente k consiste nello sganciamento delle
iniziative processuali dalla titolarità del diritto sostanziale k, qnd non si limita all’ allargamento della sfera
dei legittimati, si estrinseca nella configurazione di un soggetto appositamente creato x operare nel
processo come parte, fruendo di tt le iniziative e i poteri k la tecnica del processo affida alle parti, ma con la
specifica funzione di perseguire la tutela di quegli interessi pubblici k stanno alla base dell’ indisponibilità
dei diritti. Qst soggetto è il pm k dal pt di vista funzionale può essere ricondotto alle finalità proprie di un
processo ad impulso d’ ufficio, ma dal pt di vista tecnico si inquadra nello schema del processo ad impulso
di parte.
CAPITOLO V- LA SITUAZIONE GIURIDICA GLOBALE DEL SOGGETTO CONTRO IL QUALE è CHIESTA LA TUTELA:
IL CONVENUTO
23-diritto alla tutela del convenuto. Inerzia del convenuto e sue conseguenze
Il convenuto è il soggetto nei cui confronti è proposta la domanda. In applicazione della regola del
contraddittorio, quindi, al convenuto dv essere garantita una posizione k, almeno sul piano formale, sia di
uguaglianza rispetto all’ attore. Tale uguaglianza xo in concreto non potrà mai essere completa x il semplice
fatto k qnd il convenuto entra nel processo, l’ oggetto è già stato determinato dall’ attore.
L’ ordinamento quindi in linea di principio impone al convenuto di rispettare qst limiti.
Qst xo non pregiudica la tutela dei diritti del convenuto. Qst ultimo infatti, se vuol far valere diritti estranei
all’ oggetto del processo introdotto dall’ attore, può farsi attore in un altro processo, determinandone l’
oggetto.
La disponibilità del diritto alla tutela esige xo k il convenuto non sia obbligato a difendersi. Egli infatti può
lasciare k il processo si svolga senza assumere alcuna iniziativa, dando luogo ad una situazione detta
contumacia, k consiste nell’ assenza dal processo solo in linea di fatto. In linea di diritto infatti il convenuto
è parte del processo x il solo fatto di essere stato regolarmente citato k, x l’ art 101cpc, è già sufficiente xk il
giudice possa provvedere nei suoi confronti.
L’ inerzia del convenuto infatti non può impedire lo svolgimento del processo. D’ altra parte xo non è neank
sufficiente x condurre all’ automatico accoglimento della domanda dell’ attore. Gli ordinamenti moderni
hanno infatti abbandonato il sistema ispirato ad un atteggiamento punitivo nei confronti dell’ inerte; tant’ è
k la disciplina della contumacia tende a proteggere il contumace.
Nulla esclude quindi k il giudice si arresti ad una pronuncia sul processo, ove riscontri il difetto di un
presupposto processuale o di una condizione dell’ azione, o k si pronunci sul merito respingendo la
domanda.
Solo a livello pratico quindi l’ inerzia del convenuto può giovare all’ attore, k avrà più facilità nel deterninare
il convincimento del giudice.
24-la partecipazione attiva del convenuto nei limiti della domanda e dell’ oggetto del processo
Il più delle volte il convenuto non resta inerte ma assume delle concrete iniziative difensive k si esprimono
nella proposizione di una sua domanda al giudice, k non può non riferirsi alla domanda dell’ attore, nel
senso k di qst ultima chiede il rigetto o l’ accoglimento, oppure si limita a rimettersi al giudice.
Qst ultima ipotesi, non molto frequente, da luogo ad una situazione k in pratica non differisce granchè dall’
inerzia. Qnt all’ hp piuttosto rara k il convenuto chieda l’ accoglimento della domanda dell’ attore, bisogna
sottolineare k neank la convergenza delle domande delle due parti basta x rendere certo e automatico l’
accoglimento. Il compito del giudice infatti non è qll di prendere atto di un accordo delle parti, ma di
emettere una pronuncia fondata su una certezza obbiettiva, k presuppone il suo convincimento da
acquisire in piena autonomia e libertà di valutazione.
Nella maggior parte dei casi ovviamente la domanda del convenuto è una domanda di rigetto della richiesta
dell’ attore. Di solito inoltre egli si adopera x l’ accoglimento di qst domanda, svolgendo un’ attività
difensiva k potrebbe riguardare sia il diritto k il fatto. Se riguarda il diritto, nel senso k ad es il convenuto
contesta k una determinata norma debba essere interpretata in un certo modo, l’ attività difensiva del
convenuto, oltre a non influire sull’ ambito del giudizio, non tocca i poteri del giudice k può applicare il
diritto come crede. Ciò xo non impedisce k in pratica tali suggerimenti possano rivelarsi utili nel
determinare il convincimento del giudice.
L’ oggetto del giudizio non è modificato dall’ attività difensiva del convenuto neank qnd qst concerne i fatti,
sempre k si tratti della semplice negazione dei fatti costitutivi allegati dall’ attore.
Inoltre a sostegno della negazione dei fatti affermati dall’ attore, il convenuto può avvalersi del potere di
offrire al giudice determinati mezzi di prova, come documenti, prove testimoniali etc.
Con l’ esercizio di qst potere quindi pur non influendo sull’ oggetto del giudizio, inflisce indirettamente sui
poteri del giudice xk si avvale della disponibilità delle prove.
25-la partecipazione attiva del convenuto nei limiti della domanda, ma oltre i limiti dell’ oggetto del
processo. L’ eccezione.
Il convenuto inoltre può allegare fatti con portata estintiva, impeditiva o modificativa del diritto affermato
nella domanda, come risulta indirettamente dall’ art 2697 k pone l’ onere della prova a carico di k allega i
fatti, contrapponendo l’ allegazione dei fatti k costituiscono il fondamento della domanda all’ allegazione
dei fatti k rendono inefficaci qst fatti o hanno estinto o modificato il diritto.
L’ allegazione dei fatti estintivi, impeditivi o modificativi è inoltre detta eccezione. Bisogna xo distinguere le
eccezioni in senso improprio, k consistono nella semplice negazione dei fatti costitutivi, dalle eccezioni in
senso proprio, k consistono nella richiesta di una decisione negativa sull’ altrui domanda sul fondamento di
fatti estintivi, impeditivi o modificativi.
Qst allegazioni quindi ampliano l’ oggetto del processo, ma non la domanda stessa, xk riguardano solo i fatti
di cui il giudice può e dv tener conto. Di conseguenza nei limiti in cui l’ og consente qst allegazioni resta in
qlk modo pregiudicata l’ esclusiva sull’ oggetto del processo, k normalmente appartiene all’ attore.
Nella disciplina processuale il dovere del giudice di tener conto delle eccezioni è configurato indirettamente
dall’ art112cpc secondo il quale “ il giudice non può pronunciare d’ ufficio su eccezioni k possono essere
proposte soltanto dalle parti.” Da ciò si desume infatti k può e dv pronunciare sulle eccezioni in genere.
Occorre inoltre domandarsi se a qst limitazione dell’ esclusiva dell’ attore corrisponde un’ esclusiva del
convenuto. In effetti dall’ art 112 si desume k esistono 2 categorie d’ accezioni: qll sulle quali il giudice può
pronunciarsi d’ ufficio e qll k possono essere proposte solo dalle parti. Qst zona di esclusiva del convenuto
quindi esiste ma, anziché investire l’ intera categoria dei fatti estintivi, impeditivi e modificativi, è limitata a
qll k sono a fondamento delle eccezioni k possono essere proposte solo dalle parti e k sono definite
eccezioni in senso proprio e stretto.
In alcuni casi la legge stabilisce espressamente k l’ eccezione è proponibile solo dalle parti, come x l’
eccezione di prescrizione e qll di compensazione. Qnd ciò non accade, i fatti e.i.m. producono il loro effetto
automaticamente, come avviene ad es x il pagamento del credito, la risoluzione consensuale del contratto,
la nullità degli atti giuridici etc. Di qst fatti quindi il giudice dv tener conto d’ ufficio. È evidente quindi k i
fatti di cui non può tener conto d’ ufficio sono qll k non producono i loro effetti automaticamente: il k
accade qnd qst effetti sono oggetto di un controdiritto k la parte k resiste potrebbe far valere con un’ azione
autonoma. Un es è dato dalla risoluzione x inadempimento e più in generale dai diritti all’ annullamento del
contratto x errore, violenza e dolo o x incapacità.
Occorre inoltre sottolineare k come l’ azione non è diritto all’ accoglimento della domanda, ma diritto al
provv sul merito, l’ eccezione non è diritto al rigetto della domanda, ma solo alla pronuncia sul merito ank
dei fatti e.i.m.
Ank l’ efficacia e.i.m. dei fatti k costituiscono oggetto di eccezione può rimanere a sua volta estinta,
impedita o modificata da altri fatti la cui allegazione configura la cd controeccezione. L’ esempio più
frequente è l’ interruzione della prescrizione.
26-la partecipazione attiva del convenuto oltre i limiti della domanda. La domanda riconvenzionale.
Con l’ eccezione il convenuto introduce nel processo fatti nuovi come oggetto di indagine, ma resta kmq nei
limiti della domanda. Il convenuto ttvia può ank andare oltre il limite della richiesta di rigetto della
domanda dell’ attore, proponendo una sua domanda o domanda riconvenzionale k allarga l’ oggetto del
processo.
In linea di principio, l’ ammissibilità delle domande riconvenzionali dovrebbe essere esclusa in qnt causa di
sovrapposizione di diverse materie di giudizio in un unico processo. Ciò xo non impedisce k qst ragioni di
opportunità si invertano nei casi in cui tra la domanda principale e qll riconvenzionale esiste un particolare
rapporto k renda vantaggioso e opportuno, x la cd economia dell’ attività giudiziale, l’ esame di entrambe le
domande in un unico processo.
Il nostro ordinamento nega l’ ammissibilità indiscriminata delle domande riconvenzionali, x riconoscerla
solo in presenza di due particolari ragioni di collegamento. L’ art 36 cpc stabilisce infatti k possono proporsi
nello stesso giudizio le domande riconvenzionali k dipendono dal titolo dedotto in giudizio dall’ attore o da
qll k già appartiene alla causa come mezzo di eccezione. L’ es tipico è dato dall’ eccezione di
compensazione, qnd il controcredito opposto in compensazione ecceda il credito x cui è stata proposta la
domanda: il convenuto quindi, dopo aver chiesto il rigetto di qst ultima, può far valere il suo diritto alla
differenza in via riconvenzionale.
In realtà secondo il prevalente orientamento della cassazione, qnd la riconvenzionale non implica uno
spostamento di competenza può essere proposta ank al di fuori delle hp previste dall’ art 36, purchè
sussista un vincolo di collegamento tra le due domande k rende opportuno il simultaneus processus.
Un’ altra questione riguarda invece l’ ammissibilità della reconventio reconventionis, cioè la
riconvenzionale dell’ attore rispetto alla riconvenzionale del convenuto. In effetti gli stessi principi k
fondano l’ ammissibilità della riconvenzionale conducono all’ ammissibilità di qst domanda, ora
espressamente prevista dall’ art 183cpc.
Infine occorre ricordare k la giurisprudenza parla impropriamente di domanda riconvenzionale ank x
indicare la domanda di un convenuto verso un altro convenuto.
CAPITOLO VI- L’ INDIVIDUAZIONE DELL’ OGGETTO DEL PROCESSO: L’ IDENTITà DELLE AZIONI E I LIMITI
DELLA COSA GIUDICATA. CONNESSIONE E CONCORSO DI AZIONI.
27- l’ identificazione dell’ azione
L’ oggetto sostanziale del processo si determina attraverso l’ esercizio dell’ azione. Il singolo processo
individuato nel suo oggetto sostanziale viene indicato col termine causa.
L’ operazione logico-giuridica di individuazione dell’ oggetto del processo prende il nome di identificazione
dell’ azione, intesa come individuazione dei connotati di una singola azione considerata come fenomeno
giuridico concreto e storicamente determinato.
L’ identificazione dell’ azione è necessaria x l’ applicazione di alcuni principi fondamentali del processo, fra
cui il ne bis in idem.
L’ og infatti ricollega all’ esaurimento dei mezzi di impugnazione la cd cosa giudicata formale k comporta il
divieto a qlss altro giudice di pronunciarsi ulteriormente sulla materia oggetto della pronuncia passata in
giudicato. Se l’ azione su cui è già scesa il giudicato viene riproposta allo stesso o a un altro giudice, qst
ultimo dv stabilire se l’ azione proposta è qll passata in giudicato o è diversa.
La stessa esigenza si determina nel caso in cui la seconda azione viene proposta qnd il processo introdotto
dall’ esercizio della prima azione è ancora pendente. Ank in qst caso la regola del ne bis in idem si traduce
nel divieto x il secondo giudice di pronunciarsi. Egli infatti dovrà dare atto della litispendenza allo scopo di
evitare un possibile contrasto di giudicati sulla stessa azione.
Un problema di identificazione dell’ azione sorge ank con riguardo alle regole del contraddittorio e del
doppio grado di giurisdizione. Il legislatore infatti vieta la proposizione di domande nuove, sia nel corso del
giudizio di primo grado, sia in appello rispetto a qll proposte in primo grado. Quindi x stabilire se una
domanda è nuova bisogna procedere all’ identificazione delle azioni.
28-gli elementi individuatori delle azioni. Gli elementi soggettivi e i limiti soggettivi del giudicato
Un’ azione si individua in base ad elementi soggettivi e oggettivi. Affinchè due azioni possano essere
identiche, e quindi una sola azione, occorre k siano identici tt i loro elementi. Se ank uno solo di essi
dovesse risultare diverso, non si avrebbe identità, ma connessione.
Gli elementi soggettivi dell’ azione sono sono i soggetti k nella domanda vengono affermati quali soggetto
attivo e passivo del rapporto sostanziale e k, di regola, dvn coincidere con colui k propone la domanda e
colui nei cui confronti la domanda è proposta.
Nei casi di legittimazione straordinaria bisogna guardare kmq al soggetto k è affermato titolare del rapporto
sostanziale: in caso di rappresentanza, il rappresentato; in caso di sostituzione processuale, al sostituito.
La regola k risolve i limiti soggettivi del giudicato è codificata dall’ art 2909cc, secondo il quale “ l’
accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi
e aventi causa.” La sentenza dunque non può pregiudicare i terzi estranei alla lite. Bisogna inoltre
sottolineare k col termine parti la norma fa riferimento alle parti in senso sostanziale.
In realtà xo vi sono molte hp in cui il giudicato si estende ank a soggetti k non furono parti, neank
sostanziali, del processo. Qt soggetti sono innanzitutto gli eredi e aventi causa. A tal proposito occorre
sottolineare, da un lato, k la norma si riferisce a qll k sono diventati eredi o aventi causa dopo l’
instaurazione del giudicato, e dall’ altro, k tradizionalmente x aventi causa si intendono gli acquirenti di un
diritto a titolo derivativo.
Esistono xo ank altri casi di estensione del giudicato: il caso di più soggetti legittimati ad un’ azione k può
essere esercitata una sola volta, come l’ impugnazione della delibera assembleare; il caso di un soggetto il
cui diritto si trova in un rapporto di pregiudizialità/ dipendenza rispetto a qll su cui la sentenza ha deciso,
come la posizione del subconduttore nei confronti del conduttore; i casi di estensione anormale k si
verificano solo qnd sono espressamente previsti dalla legge, come x le obbligazioni solidali, k comportano l’
estensione solo x il giudicato favorevole al debitore.
In ogni caso il terzo non può opporsi all’ estensione xk il pregiudizio k egli subisce è di mero fatto.
Al di fuori di qst hp il giudicato non si estende a terzi.
29- gli elementi oggettivi: petitum e causa petendi. I limiti oggettivi del giudicato.
Gli elementi oggettivi dell’ azione sono l’ oggetto e il titolo.
L’ oggetto o petitum è ciò k i chiede con la domanda. Dato k la domanda è rivolta al giudice e alla
controparte, ai quali si chiedono due cose diverse, il petitum assumerà due aspetti diversi.
Si parla di petitum immediato x indicare il provvedimento richiesto al giudice: condanna, mero
accertamento, sequestro etc. ad es l’ azione con cui si chiede la condanna alla consegna di un bene è
diversa dall’ azione con cui si chiede l’ accertamento del diritto alla consegna. Quindi si può proporre l’
azione di condanna, ank se il mero accertamento è passato in giudicato, nel senso k si può chiedere la
condanna proprio sulla base dell’ accertamento già incontrovertibile.
Si parla invece di petitum mediato x indicare il bene della vita richiesto alla controparte, k può essere un
bene, una prestazione etc. Tale richiesta in effetti non può non presupporre l’ affermazione di un diritto
sostanziale k, da un lato, qualifica il bene della vita come petitum, e dall’ altro considerato x se stesso viene
in rilievo come titolo o causa petendi, k sta a significare ragione del domandare. Il diritto sostanziale
affermato quindi assolve ad una specifica funzione di identificazione dell’ azione xk lo stesso bene della vita
può essere chiesto a diverso titolo, cioè in forza di diritti diversi.
A tal proposito xo bisogna ricordare k ciò k individua il diritto come volontà concreta di legge non è la
norma giuridica, k può costituire il presupposto di ql diritto come di un’ infinita serie di diritti analoghi, ma i
fatti costitutivi del diritto. Di conseguenza è evidente k la causa petendi si risolve nel riferimento concreto a
ql fatto k è affermato come costitutivo del diritto.
Inoltre dato k il mutamento del nomen juris non muta l’ oggetto del processo, un’ azione proposta con
riferimento ad un determinato fatto costitutivo, ad es un accordo, non muta x il fatto k qll accordo sia
qualificato comodato piuttosto k locazione. Quindi se è sceso il giudicato sull’ azione proposta con
riferimento a qll accordo e in applicazione delle norme sul comodato, non si può proporre un’ altra azione
tra gli stessi soggetti x la consegna della stessa cosa, invocando xo le norme sulla locazione.
Il discorso sarebbe invece diverso se si proponesse un’ azione x sostenere k in un’ altra occasione venne
concluso un altro e diverso accordo, qualificabile indifferentemente come locazione o comodato. In tal caso
infatti l’ azione sarebbe diversa, ank se diretta alla consegna della stessa cosa, xk diverso è il fatto principale
costitutivo del diritto. Quindi l’ azione non è impedita dal giudicato.
Viceversa vi è identità di azioni se non muta il fatto principale, ma i fatti secondari, cioè degli aspetti
marginali k non incidono sul nucleo dei fatti.
Il fatto costitutivo è sufficiente x individuare la causa petendi solo nei casi in cui la tutela giurisdizionale
prescinde dalla violazione e si dice k l’ interesse ad agire è in re ipsa.
Negli altri casi l’ individuazione del fatto costitutivo dovrà essere integrata con l’ individuazione del fatto
lesivo affermato. Qst ultimo infatti fa emergere l’ interesse ad agire e quindi costituisce un elemento della
causa petendi, detto causa petendi passiva.
Il criteriore orientatore x stabilire se il riferimento a fatti diversi implica diveristà della causa petendi, e
quindi dell’ azione, consiste nel verificare se il fatto diverso fonda un diritto diverso o lo stesso diritto.
Nei diritti relativi o a prestazione genrica, il diritto si riconduce da un proprio e specifico fatto costitutivo. Ad
es il diritto alla restituzione di una somma di denaro a titolo di mutuo è diverso a seconda k sia diverso l’
episodio o l’ evento della vita k sia qualificato come contratto di mutuo. In sostanza dato k il diritto può
venire in essere più volte tra gli stessi soggetti, ad ogni singolo fatto costitutivo corrisponde un diverso
diritto e quindi una diversa causa petendi e una diversa azione. In qst casi quindi la portata individuatrice
dell’ azione è polarizzata nella causa petendi.
Al contrario, i diritti assoluti, in primo luogo i diritti reali, esclusi qll di garanzia, sono sempre identici, quale
k sia il fatto k ne ha costituito la genesi. Il diritto quindi si individua ank indipendentemente dal fatto
genetico e ciò significa k basta affermarsi proprietario xk sia sufficientemente determinata la causa petendi.
In qst casi la portata individuatrice dell’ azione è polarizzata nel petitum. Di conseguenza il giudicato sulla
proprietà copre tt i possibili fatti genetici del diritto di proprietà, come successione, compravendita etc,
salvo k si tratti di fatti successivi al giudicato. A tal proposito infatti si richiama la regola x cui il giudicato
copre il dedotto e il deducibile, ma non ciò k non era ancora deducibile.
Nei diritti ad una modificazione giuridica, o diritti potestativi, la causa petendi può investire invece una serie
di fatti genetici in qnt considerati dalla legge come costitutivi dello stesso diritto. Ad es l’ art 1427cc nel dire
k il contratto può essere annullato x errore, violenza e dolo configura tre diritti diversi e quindi tre diverse
azioni, ciascuna delle quali avrà la sua causa petendi in tt i possibili fatti di errore, di violenza o di dolo.
Con riguardo più specifico al tema dei limiti oggettivi del giudicato l’ art 2909 stabilisce k l’ accertamento
passato in giudicato fa stato. A tal proposito occorre sottolineare k ciò k passa in giudicato è la concreta
decisione sulla domanda proposta, quale emerge dal dispositivo della sentenza. Ttvia la cassazione suole
affermare k ank la motivazione è coperta dal giudicato quando costituisce il presupposto logico e
necessario della decisione.
b)Il secondo ordine di limiti riguarda il fatto k il convenuto sia la pa. Se essa con i suoi atti viola diritti
soggettivi, può essere convenuta davanti al giudice di pace cm qlss altro soggetto giuridico.
Ttvia la pa può violare ank altre sgs dei cittadini, dette interessi legittimi o interessi occasionalmente
protetti, k sussistono qnd l’ interesse di un soggetto determinato trova solo una tutela riflessa xk coincide
con l’ interesse generale k costituisce invece l’ oggetto della tutela diretta da parte della legge, nella
disciplina delle modalità di esercizio del potere amministrativo.
Gli interessi legittimi possono quindi essere fatti valere davanti a giudici speciali, cioè i giudici amministrativi
k sono i tar in primo grado e il cds in secondo grado. Contro le decisioni del cds l’ art111 prevede il ricorso x
cassazione x soli motivi inerenti alla giurisdizione.
Gli interessi legittimi dunque di regola trovano tutela attraverso un giudizio con cui i titolari possono
ottenere l’ annullamento dell’ atto amministrativo k lede tali interessi, con la conseguente possibilità di
esercizio dell’ azione risarcitoria. L’ annullamento dell’ atto amministrativo può essere chiesto x violazione
di legge, incompetenza ed eccesso di potere. A qst figure il legislatore ha ank aggiunto l’ azione avverso il
silenzio della pa e l’ azione x la declaratoria della nullità dell’ atto amministrativo.
Vi sono inoltre ank altri giudici speciali amministrativi con giurisdizione su interessi legittimi limitata a
determinati settori, come la cdc, in materia di contabilità pubblica, comprensiva dei giudizi di conto e di
responsabilità amministrativa e contabile, e il tribunale superiore delle acque pubbliche, x l’ impugnazione
degli atti amministrativi in materia di acque pubbliche.
c)In relazione ad altre ragioni di specialità della controversia, l’ ordinamento contempla altri giudici speciali
con cognizione su diritti soggettivi in determinate materie.
A tal proposito occorre sottolineare k l’ art 102cost, 2co dispone k non possono essere istituiti giudici
straordinari o speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate x
determinate materie, ank cn la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura. La costituzione
quindi vieta l’ istituzione di nuovi giudici speciali, pur mantenendo qll esistenti.
Tra i giudici speciali ka hanno cognizione ank in materia di diritti soggettivi vi sono innanzitutto i tar e il cds
ai quali è stata attribuita la giurisdizione esclusiva x le controversie relative al procedimento amministrativo,
ai rapporti di concessione di bene pubblici, ai pubblici servizi, all’ urbanistica e all’ edilizia, all’
espropriazione x pubblica utilità, agli appalti pubblici.
In qst controversie il giudice amministrativo può disporre l’ assunzione di mezzi di prova, esclusi l’
interrogatorio formale e il giuramento, e può pronunciare il risarcimento del danno ingiusto ank attraverso
la reintegrazione in forma specifica.
Una posizione particolare compete poi alle commissioni tributarie di primo e secondo grado, provinciali e
regionali. La loro natura giurisdizionale viene ora riconosciuta sia xk la relativa disciplina è strutturata in
modo conforme a qll del processo ordinario con tt le relative garanzie, sia xk le situazioni sostanziali oggetto
del loro giudizio secondo l’ opinione prevalente sono diritti soggettivi.
Qnt alle sezioni specializzate menzionate dall’ art 102cost, ricordiamo le sezioni specializzate agrarie in
materia di determinazione dei canoni e di proroga dei contratti agrari, i tribunali x i minorenni e le sezioni
specializzate in materia di impresa.
d)Un limite particolare derivava infine dal concordato con la santa sede del 1929, k riservava ai tribunali
ecclesiastici la giurisdizione in materia di nullità dei matrimoni concordatari, cioè celebrati davanti a ministri
del culto cattolico e aventi efficacia civile.
A seguito dell’ entrata in vigore del nuovo concordato del 1984 qst riserva sembra essere superata a favore
di una giurisdizione concorrente, ank se secondo alcuni vi è un riparto di giurisdizione k lascia ai giudici
ecclesiastici la conoscenza del regime dell’ atto matrimoniale e quindi i giudizi di nullità, mantenendo ai
giudici dello stato il regime degli effetti e quindi l’ annullamento della trascrizione, la separazione e la
cessazione degli effetti civili.
39- statuizioni sulla competenza e regolamento di competenza. Riassunzione davanti al giudice dichiarato
competente
Le pronunce sulla competenza possono assumere le forme dell’ ordinanza, se riguardano solo la
competenza, o della sentenza se riguardano ank il merito. Il normale mezzo x impugnare la sentenza di
primo grado k si pronuncia ank sulla competenza è l’ appello e il ricorso alla cass, alla quale spetta la parola
definitivi. X abbreviare i tempi di qst iter xo la legge configura un mezzo specificamente riservato alle
ordinanze sulla competenza, cioè il regolamento di competenza k da immediatamente luogo ad un giudizio
davanti alla cass.
Il provvedimento impugnabile con qst mezzo è l’ ordinanza, ma è prevista un’ eccezione nei casi di previa
rimessione della causa al collegio, con conseguente pronuncia con sentenza, e nei casi di regolamento
facoltativo di cui all’ art43.
Il regolamento di competenza quindi è un mezzo di impugnazione, tranne k nel caso particolare del
regolamento d’ ufficio. Esso infatti di regola consiste in un’ iniziativa giudiziaria di parte contro una
pronuncia sulla competenza, nella quale la parte k impugna sia rimasta soccombente e tende quindi ad una
riforma di qll pronuncia. Esso inoltre appartiene alla categoria dei mezzi di impugnazione ordinari, la cui
proponibilità condiziona il passaggio in giudicato della sentenza.
Il regolamento di competenza non è proponibile contro i provvedimenti del giudice di pace.
Esistono inoltre due tipi di regolamento di competenza : il regolamento necessario e il regolamento
facoltativo.
Il regolamento è necessario, nel senso k è l’ unico mezzo di impugnazione, nei confronti dei provvedimenti
k pronunciano solo sulla competenza. Se il regolamento viene proposto la cass statuisce sulla competenza o
rigettando il ricorso, nel qual caso resta ferma la competenza di quel giudice k la pronuncia impugnata
aveva dichiarato competente, oppure accogliendolo e determinando in modo definitivo qual è il giudice
competente.
Se invece il regolamento non viene proposto la pronuncia non è più impugnabile e resta ferma la
competenza di ql giudice k la pronuncia stessa aveva dichiarato competente, il quale non potrà contestare
la propria competenza e dovrà senz’ altro pronunciare sul merito, come dispone l’ art44, salvo k si tratti di
incompetenza x materia o di incompetenza x territorio nei casi previsti dall’ art28. In qst casi infatti la
norma eccezionalmente consente al giudice di dichiararsi a sua volta incompetente. Se ciò accade si verifica
la situazione k l’ art 45 definisce conflitto di competenza. Solo in qst caso il giudice innanzi al quale la causa
è stata riassunta e k si ritiene a sua volta incompetente, possa richiedere d’ ufficio il regolamento di
competenza, k in tal caso non costituisce un mezzo di impugnazione.
L’ art42 aggiunge inoltre aggiunge k sono impugnabili col regolamento ank le pronunce k dichiarano la
litispendenza, la continenza o la sospensione del processo.
L’ art43 cpc chiama invece regolamento facoltativo di competenza qll k può essere proposto contro i
provvedimenti k hanno pronunciato sulla competenza e, insieme, sul merito. È facoltativo nel senso k in qst
caso il regolamento non è l’ unico mezzo di impugnazione proponibile, ma concorre con qll ordinari quando
insieme con la pronuncia sulla competenza si impugna ank qll sul merito. La parte k è rimasta soccombente
può scegliere tra il regolamento, con il quale può impugnare solo il capo della sentenza k riguarda la
competenza, oppure l’ impugnazione ordinaria con cui, impugnando la pronuncia sul merito, può
impugnare ank qll sulla competenza. Se è proposto subito il regolamento, l’ impugnazione nei modi ordinari
potrà investire solo il merito; se invece viene proposta subito l’ impugnazione ordinaria, ciò non impedisce
alle altre parti di chiedere il regolamento, ma in tal caso il giudizio sull’ impugnazione nei modi ordinari
resta sospeso. Se invece la pronuncia non viene impugnata affatto, il giudicato sul merito supera la
questione di competenza, sanando ogni eventuale vizio.
Il regolamento si propone con ricorso k dv essere sottoscritto e notificato alle parti k non vi hanno aderito;
dv contenere l’ indicazione del giudice k si ritiene competente e il motivo di censura; dv essere proposto
entro 30 gg dalla comunicazione dell’ ordinanza, salva l’ hp in cui sia già stata proposta l’ impugnazione
ordinaria, nel qual caso il termine decorre dalla notificazione di qst ultima.
Il ricorso dv essere depositato nella cancelleria della corte di cass entro 20 gg dalla notificazione. Le parti
alle quali il ricorso è stato notificato possono depositare memorie entro i successivi 20 gg. Durante la
pendenza del procedimento sul regolamento, il processo resta sospeso. La pronuncia della cass avviene con
forme abbreviate in camera di consiglio e concerne ank le spese.
Infine l’ art5o pone l’ onere della riassunzione della causa innanzi al giudice dichiarato competente, nel
termine stabilito dalla pronuncia della cass o di altro giudice o, in mancanza, entro 3mesi dalla
comunicazione della pronuncia. Se la riassunzione avviene entro il termine stabilito, il processo continua
davanti al nuovo giudice: non si tratta quindi di un nuovo processo, ma dello stesso processo k continua. Si
ha quindi translatio judicii k determina la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda
e l’ utilizzabilità degli atti istruttori eventualmente compiuti.
Se la riassunzione non avviene nel termine, il processo si estingue. Tale fenomeno produce conseguenze
diverse a seconda k la pronuncia sulla competenza sia un’ ordinanza della cassazione o di un giudice di
merito. Nel primo cao infatti sulla competenza così come statuita dalla cass scende una sorta di
incontrovertibilità processuale nel senso k tale competenza resta ferma ank in un eventuale altro processo
k venisse iniziato sulla stessa azione. Nel secondo caso invece x effetto dell’ estinzione, la pronuncia xde
ogni efficacia se non nei confronti dello stesso giudice k l’ ha pronunciata.
41- pregiudizialità, compensazione, riconvenzione e conseguenza sulla competenza. Unificazione del rito x
le cause connesse
Tra le norme dedicate alle modificazioni della competenza x ragioni di connessione, il codice colloca tre
articoli dedicati alla pregiudizialità, alla compensazione e alla riconvenzione.
L’ art34 si occupa delle questioni pregiudiziali di merito, cioè qll questioni k, pur potendo costituire oggetto
di una decisione autonoma, si inseriscono nell’ iter logico-giuridico k conduce alla decisione sulla domanda
principale e quindi, x decidere su qst ultima, dvn essere necessariamente affrontate. Bisogna quindi
stabilire se qst questioni possano essere decise in via incidentale o se debbano entrare a far parte dell’
oggetto del giudizio in modo k ank su di esse scenda il giudicato.
A tal proposito l’ art34 stabilisce k “ il giudice, se x legge o per esplicita domanda di una delle parti è
necessario decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale k appartiene x materia o valore
alla competenza di un giudice superiore, rimette tt la causa a qst’ ultimo, assegnando alle parti un termine
perentorio x la riassunzione della causa davanti a lui”. Ne consegue k se l’ efficacia di giudicato non è
prevista dalla legge o richiesta da una delle parti, la questione può essere decisa incidenter tantum dal
giudice inferiore, senza bisogno di uno spostamento di competenza.
L’ art35 si occupa invece dell’ eccezione di compensazione, stabilendo k “ qnd è opposto in compensazione
un credito k è contestato e k eccede la competenza x valore del giudice adito, questi, se la domanda è
fondata su titolo non controverso o facilmente accertabile, può decidere su di essa ( quindi con una
sentenza con riserva) e rimettere le parti al giudice competente x la decisione relativa all’ eccezione di
compensazione, subordinando, quando occorre, l’ esecuzione della sentenza alla prestazione di una
cauzione. Altrimenti provvede a norma dell’ articolo precedente” : il k significa k, se il titolo su cui si fonda
la domanda principale è controverso e non facilmente accertabile, dv rimettere tt la causa al giudice
superiore.
Infine l’ art36 applica la stessa regola, ovvero l’ attrazione dell’ intera causa nella competenza del giudice
superiore, ank all’ hp di domande riconvenzionali k eccedono la competenza x materia o valore del giudice
adito.
In alcuni casi la trattazione congiunta delle cause connesse può essere ostacolata dalla diversità del rito,
espressione con cui si indicano le particolarità di alcuni gruppi di disposizioni relative a determinate
materie. Si delinea quindi la contrapposizione tra rito ordinario i diversi riti previsti dal codice, come il rito
del lavoro k disciplina il processo del lavoro e previdenziale, il rito locatizio k riguarda le controversie in
materia di locazione di immobili, il rito camerale riguardante i procedimenti in camera di consiglio, il
giudizio di equità e il procedimento sommario di cognizione.
X superare l’ ostacolo della diversità del rito, la l.n.353/1990 ha aggiunto tre nuovi commi all’ art40 k in
determinate ipotesi consentono il simultaneus processus, nonostante le diversità del rito.
Il 3co si riferisce a tt le ipotesi di connessione previste dagli art da 31 a 36cpc, ad eccezione dell’ art33, e
ipotizzando k almeno una delle cause sia sottoposta al rito ordinario, dispone k le cause cumulativamente
proposte o successivamente riunite debbono essere trattate e decise col rito ordinario, salva l’ applicazione
del solo rito speciale quando una di tali cause rientri fra qll indicate negli artt409 e 442, cioè le cause di
lavoro e previdenziali.
Il 4co prevede invece l’ hp k le cause connesse siano tt assoggettate a differenti riti speciali, disponendo k
esse debbano essere trattate e decise col rito previsto x qll di esse in ragione della quale viene determinata
la competenza o in subordine col rito previsto x la causa di maggior valore.
Infine il 5co stabilisce k se una delle cause riunite x effetto dei commi precedenti è stata trattata con un rito
diverso da qll divenuto applicabile ai sensi del 3co, il giudice provvede a norma degli artt 426 e 427, cioè le
norme k nel processo del lavoro prevedono il passaggio dall’ uno all’ altro rito.
La decisione sul rito applicabile, se non espressamente impugnata, preclude il riesame successivo x il
formarsi del giudicato interno.
Quindi l’ unica hp in cui la connessione non determina il simultaneus processus, oltre all’ appartenenza
delle cause a diversi criteri di competenza x materia, è qll della connessione soggettiva tra cause sottoposte
a riti diversi.
SEZIONE TERZA- LE GARANZIE DELL’ IMPARZIALITà DEL GIUDICE. GLI UFFICI COMPLEMENTARI E GLI
AUSILIARI DEL GIUDICE
42-le garanzie dell’ imparzialità del giudice e i limiti della sua responsabilità.
La legge si preoccupa di garantire l’ imparzialità del giudice innanzitutto nel quadro di una normativa k
prevede diverse ragioni di incompatibilità x l’ esercizio delle funzioni giudiziarie. Tecnicamente ciò avviene
attraverso la sottrazione al giudice del potere-dovere di giudicare nelle cause in cui, a causa di determinati
rapporti con una delle parti, si potrebbe obbiettivamente dubitare della sua imparzialità.
A tal proposito l’ art 51 prevede al primo comma una serie di situazioni in cui il giudice ha l’ obbligo di
astenersi; il 2co stabilisce k in presenza di di gravi ragioni di convenienza il giudice può chiedere l’
autorizzazione ad astenersi; il 3co prevede infine la cd ricusazione, ovvero una specifica contestazione k
può essere proposta dalla parte k ha motivo di dubitare dell’ imparzialità del giudice, ma solo qualora
sussista un motivo di astensione obbligatoria e il giudice non si è astenuto.
I motivi di astensione obbligatoria sono: l’ interesse nella causa o in un’ altra vertenza su identica questione
di diritto; la parentela sua o del coniuge o rapporti di commensalità abituale o di convivenza con una delle
parti o dei loro difensori; aver dato consiglio o prestato patrocinio o consulenza tecnica o deposto come
testimone nella causa o averne conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro; x
qnt riguarda il giudice di pace, avere avuto o avere rapporti di lavoro autonomo o di collaborazione con una
delle parti o essere tutore o curatore o amministrazione di sostegno di una delle parti.
Nell’ hp in cui, pur trovandosi in una di qst situazioni, il giudice non si astiene e la parte non chiede la
ricusazione, la soluzione non è univoca. La giurisprudenza infatti distingue tra interesse diretto del giudice,
cioè l’ interesse nella causa o in altra vertenza su identica questione di diritto, e interesse indiretto in tt gli
altri casi. Nel primo caso il motivo di astensione può essere invocato come motivo di nullità del
provvedimento, ank se non è stato fatto valere con la ricusazione. Nel secondo caso invece la ricusazione
esaurisce ogni possibilità di reazione della parte.
L’ iter dell’ astensione si esaurisce nella richiesta di autorizzazione al capo dell’ ufficio e nel suo
accoglimento. L’ istanza di ricusazione invece da luogo ad una sorta di procedimento incidentale, k inizia
con un ricorso sottoscritto dalla parte o dal suo difensore al presidente del tribunale o al collegio del
tribunale, della cda o della cass, a seconda k sia ricusato il giudice di pace o uno dei componenti il collegio.
Il procedimento si conclude con un’ ordinanza non impugnabile, con la quale viene eventualmente
designato il giudice k dv sostituire qll ricusato. Nel caso di dichiarazione di inammissibilità o di rigetto, l’
ordinanza provvede sulle spese e può condannare l’ istante ad una pena pecuniaria non superiore ai
250euro. Il ricorso x ricusazione sospende il processo con la conseguente sottrazione al giudice ricusato di
ogni potere decisorio e ordinatorio.
A tutela dell’ imparzialità del giudice sono previsti ank dei limiti alla sua responsabilità civile, k
rappresentano un punto di equilibrio tra l’ esigenza di evitare i possibili condizionamenti k potrebbero
derivare dal regime ordinario della responsabilità e l’ esigenza democratica x cui l’ esercizio di un potere
non può non implicare un certo grado di responsabilità.
Se xo il fatto commesso dal magistrato costituisce reato, il danneggiato ha diritto al risarcimento nei
confronti sia dello stato k del magistrato secondo le norme ordinarie, cioè senza particolari limiti.
Negli altri casi la disciplina introdotta con la l.n.117/1988 ha configurato un’ azione diretta verso lo stato e
una successiva azione di rivalsa dello stato nei confronti del magistrato. La legge xo è stata oggetto di
condanna da parte della cgue e ha provocato l’ apertura di 2 procedure di contenzioso con la ce. X qst il
legislatore è successivamente intervenuto con la l.n.18/2015
Secondo l’ art2 della l.n.117, l’ azione diretta verso lo stato era prevista x il risarcimento del danno ingiusto
derivante da un comportamento, un atto o un provvedimento posto in essere dal magistrato con dolo o
colpa grave nell’ esercizio delle sue funzioni, esclusa l’ attività di interpretazione delle norme e di
valutazione dei fatti e delle prove. Il danno risarcibile era solo qll patrimoniale, mentre qll non patrimoniale
poteva essere risarcito solo in caso di provvedimenti implicanti la privazione della libertà xsnl e quindi
esclusi di regola i provvedimenti civili. La l.n. 18 ha invece generalizzato la risarcibilità del danno non
patrimoniale.
La nozione di colpa grave era inoltre imperniata sulla negligenza inescusabile k si fosse concretata in una
violazione di legge o in una negazione o affermazione di fatti la cui esistenza fosse incontrastabilmente
risultante o esclusa dagli atti del procedimento. Secondo la nuova disciplina invece costituisce colpa grave
la violazione manifesta non solo della legge, ma ank del diritto dell’ ue; il travisamento dei fatti e delle
prove; l’ emissione di un provvedimento cautelare xsnl o reale fuori dei casi consentiti dalla legge e senza
motivazione. L’ art3bis della l.n. 18 ha poi aggiunto k “ ai fini della determinazione della violazione di legge
o del diritto dell’ ue si tiene conto del grado di chiarezza e precisione delle norme violate e della gravità
dell’ inosservanza. In caso di violazione del diritto dell’ ue si tiene conto ank della mancata osservanza dell’
obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’ art276 tfue, nonché del contrasto dell’ atto o del provvedimento
con l’ interpretazione espressa della cgue.”
La stessa responsabilità era ed è prevista ancora oggi x il diniego di giustizia k sussiste in caso di rifiuto,
omissione o ritardo del magistrato nel compimento di atti del suo ufficio e sempre in quanto sia decorso
inutilmente un termine di 30 gg, prorogabile x non più di tre mesi, dal deposito in cancelleria di un’ istanza
della parte x ottenere il provvedimento. Tale istanza non può essere depositata se non dopo k sia trascorso
il termine di legge x il compimento dell’ atto.
Legittimato passivo nell’ azione di risarcimento del danno contro lo stato e il pcm. La competenza spetta al
tribunale del luogo ove ha sede la cda del distretto più vicino a qll in cui è compreso l’ ufficio giudiziario al
quale apparteneva il magistrato al momento del fatto. L’ azione dv essere proposta entro 3 anni, e non più
due, k decorrono dal momento in cui l’ azione è esperibile.
La proposizione della domanda presuppone una pronuncia di ammissibilità da parte del tribunale k, sentite
le parti, delibera in camera di consiglio dichiarando l’ inammissibilità dell’ azione qnd non sono rispettati i
termini e i presupposti o qnd è manifestamente infondata. L’ inammissibilità è dichiarata con decreto
motivato impugnabile innanzi alla cda in camera di consiglio, il cui decreto è impugnabile in cass.
Se l’ azione è dichiarata ammissibile, si svolge il relativo giudizio in cui il magistrato non può essere
chiamato in causa, ma può intervenire in ogni stadio e grado del procedimento.
In caso di accoglimento della domanda, lo stato, dichiarato responsabile e condannato al risarcimento, ha l’
obbligo di esercitare, nella xsn del pcm, l’ azione di rivalsa nei confronti del magistrato entro 2anni (e non
più uno) dall’ avvenuto risarcimento.
La legge 117 stabiliva k la misura della rivalsa non poteva superare un terzo di un’ annualità dello stipendio,
salvo il caso di dolo; oggi qst limite è aumentato alla metà.
L’ art7 della l.n.18 ha inoltre stabilito k nelle hp di rc x fatto costituente reato, il mancato esercizio dell’
azione di regresso da parte dello stato nei confronti del magistrato comporta responsabilità contabile.
Affianco alla responsabilità civile dei magistrati, xmane la responsabilità disciplinare dinanzi al csm.
Bisogna inoltre ricordare k qnd il giudizio è collegiale, ciascun membro ha diritto di chiedere la compilazione
di un succinto verbale x far risultare la sua opinione eventualmente dissenziente, k lo esime da eventuali
responsabilità.
53- temperamento della regola della soccombenza. Responsabilità aggravata e temerarietà della lite.
Temerarietà attenuata. Distrazione delle spese.
La regola della soccombenza in alcuni casi può essere temperata dalla discrezionalità del giudice.
L’ art 92 infatti attribuisce al giudice il potere di ridurre la ripetizione delle spese k ritiene eccessive o
superflue, nonché di sanzionare la parte k abbia violato i doveri di cui all’ art 88 col rimborso delle spese
ank non ripetibili e indipendentemente dalla soccombenza. Il 2co prevede inoltre il potere discrezionale del
giudice di compensare totalmente o parzialmente le spese tra le parti, nel senso di lasciarle in tt o in parte a
carico di chi le ha anticipate, sia in caso di soccombenza reciproca, cioè qnd la ragione non sta tt da una
parte, sia quando concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni espressamente indicate in motivazione.
Bisogna quindi tener conto del comportamento preprocessuale delle parti con riguarda alla necessità o
meno della lite. Se adesso la parte vittoriosa ha iniziato il giudizio senza prima interpellare l’ altra parte, non
sarebbe giusto rimborsarle tt le spese; così come non sarebbe giusto addossare tt le spese a carico della
parte soccombente, qnd la soccombenza è stata determinata da una dichiarazione di illegittimità
costituzionale o da una modifica legislativa sopraggiunta nel corso del processo.
In altri casi, al contrario, la regola della soccombenza può essere applicata in maniera più rigorosa, fino ad
assumere i caratteri di un autentico risarcimento dei danni. Il risarcimento del danno xo presuppone un
fatto illecito e dato k agire o resistere in giudizio costituisce legittimo esercizio di un diritto, qst
comportamento può assumere i caratteri dell’ illiceità solo qnd si configura un abuso del diritto.
Secondo l’ art 96cpc ciò si verifica quando risulti certo k la parte k ha agito o resistito in giudizio era
perfettamente consapevole del suo torto, ma ha agito x spirito di emulazione o resistito con intenti dilatori.
A qst comportamento di male fede la legge equipara ank la colpa grave, cioè la mancanza della pur minima
avvedutezza e consapevolezza delle conseguenze dei propri atti. L’ art 96 parla a tal proposito di
temerarietà della lite k determina la responsabilità aggravata della parte soccombente e il diritto della parte
vittoriosa al risarcimento di tt i danni k conseguono all’ aver dovuto partecipare ad un giudizio
obbiettivamente ingiustificato ( quindi ank i compensi non ripetibili, le spese di viaggio, eventuali lucri
cessanti, gli interessi in un tasso superiore a qll legale etc).
In base al 2co dell’ art 96, nel processo esecutivo e nel processo cautelare, la responsabilità aggravata
consiste nell’ avvalersi, senza la normale prudenza, di un titolo esecutivo o di un provvedimento cautelare
poi risultati infondati. Avvalersi del titolo o del provvedimento in realtà costituisce esercizio di un diritto,
ma dato k il diritto in essi affermato potrebbe non esistere, o non esistere più, avvalersene senza la normale
prudenza configura abuso del diritto e quindi un comportamento illecito.
La l.n.69/2009 ha poi aggiunto un 3co k attribuisce al giudice il potere, esercitabile ank d’ ufficio e a
prescindere dalla temerarietà della lite, di condannare la parte soccombente al pagamento di una somma
equitativamente determinata. Si tratta quindi di una temerarietà attenuata k presuppone un
comportamento colposo.
L’ art 94 configura invece l’ hp della condanna alle spese, x motivi gravi, di tutori, curatori e rappresentanti
in genere. Qst soggetti infatti, agendo in nome altrui, non subiscono le conseguenza della soccombenza.
X qst motivo sono tenuti ad adottare un comportamento particolarmente prudente e in caso di violazione
di qst obbligo la legge li condanna alle spese.
L’ art 93 stabilisce invece k il difensore della parte vittoriosa può ottenere la distrazione a suo favore diretto
delle spese poste a carico della parte soccombente. Il difensore in effetti ha diritto di percepire il suo
onorario solo dal suo assistito, salvo il diritto di qst ultimo al rimborso nei confronti della parte
soccombente. La ratio della distrazione quindi è qll di offrire al difensore maggiori garanzie nel
conseguimento del compenso. In qst modo infatti egli assume, limitatamente a qst aspetto della pronuncia,
una posizione assimilabile a qll della parte e diventa creditore, oltre k del suo assistito, ank della
controparte soccombente.
In caso di omessa pronuncia sull’ istanza di distrazione delle spese, le sez.un. ritengono ammissibile il
procedimento di correzione degli errori materiali, xk l’ omissione di un provvedimento sul quale il giudice
non può esercitare alcun sindacato si configura come il frutto di una mera svista o dimenticanza.
SEZIONE QUARTA- PLURALITà DI PARTI (LITISCONSORZIO) E MUTAMENTI NELLA POSIZIONE DELLE PARTI
(INTERVENTO, ESTROMISSIONE E SUCCESSIONE)
54- litisconsorzio
Il litisconsorzio necessario si verifica quando più soggetti sono legittimati ad agire o a contraddire in modo
necessariamente congiunto. Ad es l’ art 2900cc stabilisce espressamente k il creditore k agisce
giudizialmente in surrogatoria dv citare ank il debitore al quale intende surrogarsi. Analogamente l’ art
247cc stabilisce k il presunto padre, la madre e il figlio sono litisconsorti necessari nel giudizio di
disconoscimento della paternità.
A tal proposito l’ art 102cpc, rubricato litisconsorzio necessario, dispone k se la decisione non può
pronunciarsi che in confronto di più parti, qst debbono agire o essere convenute nello stesso processo.
L’ espressione debbono non va intesa come dovere, ma come onere. La partecipazione di tt i soggetti infatti
è necessaria nel senso k condiziona il potere-dovere del giudice di pronunciarsi sul merito.
Per l’ hp di difetto della partecipazione congiunta, il 2co configura un ordine del giudice, rivolto alle parti in
causa, di integrare il contraddittorio, cioè di chiamare a partecipare al processo gli altri soggetti k dvn
parteciparvi. Il giudice inoltre assegna alle parti un termine perentorio, la cui eventuale inosservanza da
luogo all’ estinzione del processo.
L’ art 102 si riferisce all’ impossibilità di pronuncia se non nei confronti di tt le parti, k sussiste sia quando è
espressamente prevista dalla legge sia quando la pronuncia sarebbe destinata a produrre effetti ank nella
sfera giuridica del litisconsorte k non è stato chiamato in causa. Ad es l’ accoglimento dell’ azione di
disconoscimento della paternità non potrebbe non influire sulla situazione giuridica della madre. Quindi se
fosse possibile un valido svolgimento del giudizio senza la sua partecipazione, essa dovrebbe subire le
conseguenze di un giudizio riguardante situazioni giuridiche ank sue al quale non ha partecipato, in palese
violazione del principio del contraddittorio e della regola della legittimazione, nel suo aspetto passivo.
Di conseguenza la sentenza eventualmente emessa senza la partecipazione di tt i soggetti interessati è
inutiliter data, cioè priva di effetti non solo nei confronti del codestinatario pretermesso, ma ank nei
confronti delle parti tra le quali è stata pronunciata. Qst inefficacia in realtà dovrebbe essere impedita dalla
regola secondo la quale il passaggio ingiudicato della sentenza la rende incontrovertibilmente efficace tra le
parti. Quindi x superare il rigore di qst regola, bisogna ritenere k il vizio al quale da luogo il difetto del
contraddittorio non sia di semplice nullità, ma addirittura di inesistenza.
Il giudizio su un rapporto sostanziale plurilaterale postula quindi la necessità del litisconsorzio ogniqualvolta
la pronuncia su di esso non possa essere efficace, neppure tra i partecipanti al giudizio, se non in qnt resa
nei confronti di tt i soggetti. Qnd invece, nonostante la plurisoggettività del rapporto, la pronuncia su di
esso può utilmente regolare i rapporti tra alcuni di quei soggetti lasciando impregiudicata la posizione degli
altri, il litisconsorzio non è necessario. La prima hp si verifica x lo più nei giudizi costitutivi relativi a stati o
rapporti plurilaterali. La seconda hp si verifica invece in tt gli altri casi, come nel caso del creditore nei
confronti di due debitori ank se solidali.
Il rilievo della necessarietà del litisconsorzio può e dv avvenire ank d’ ufficio in ogni stadio e grado del
processo. Ttvia in cass può avvenire solo sulla base degli elementi d fatto già acquisiti al giudizio.
Qnd il litisconsorzio non è necessario, si parla di litisconsorzio facoltativo, nel senso k in presenza di ragioni
di opportunità x la partecipazione congiunta di più soggetti allo stesso processo, la legge consente, ma non
impone, k più soggetti agiscano o siano convenuti nello stesso processo.
Qst ragioni di opportunità non possono avere altro fondamento k qll della connessione oggettiva tra le due
azioni. La facoltatività del litisconsorzio si identifica quindi con la possibilità di cumulo soggettivo k la legge
ricollega alla connessione oggettiva.
Un aspetto particolare del litisconsorzio facoltativo è costituito dal litisconsorzio alternativo caratterizzato
dallo stesso petitum contro più soggetti in alternativa tra loro o dallo stesso petitum di più soggetti in
alternativa tra loro contro lo stesso convenuto.
In alcuni casi, nonostante la facoltatività del litisconsorzio, una volta k ci si sia avvalsi di qst facoltà, l’
identità del petitum e della causa petendi esige uno svolgimento formalmente e sostanzialmente unitario k
conduce ad un’ unica decisione. In tal cao si parla di litisconsorzio unitario o azione unica plurisoggettiva.
58-l’ estromissione
L’ estromissione è il fenomeno inverso a qll dell’ intervento, in qnt si sostanzia nell’ uscita dal processo di
una parte, sia essa una parte originaria o un soggetto intervenuto o chiamato. Qst uscita si verifica x effetto
di un provvedimento del giudice k riscontra il difetto dei presupposti sui quali si fonda la presenza in
giudizio della parte estromessa o il difetto di qlss domanda di essa o contro di essa: di solito il difetto di
legittimazione, originario o sopravvenuto.
L’ estromissione non è disciplinata dalla legge in via generale, ma solo in due specifiche figure.
La prima è prevista dall’ art 108, k riguarda il garantito e si riferisce all’ hp k il garante compaia e accetti di
assumere la causa in luogo del garantito. Qst ultimo quindi può essere estromesso con ordinanza a
condizione k le altre parti non si oppongano e fermo restando k la sentenza spiegherà i suoi effetti ank nei
suoi confronti.
La seconda figura è prevista dall’ art 109 e concerne l’ obbligato k non contesta la sua obbligazione a favore
di qll parte k sarà riconosciuta creditrice e k non è ancora individuata xk vi è contestazione su qst pt. La
legge quindi stabilisce k se l’ obbligato si dichiara pronto ad eseguire la prestazione a favore di chi ne ha
diritto, il giudice può ordinare il deposito della cosa o della somma dovuta ed estromettere l’ obbligato dal
processo. Ank in qst caso si dv ritenere k l’ estromissione non sottragga l’ obbligato all’ efficacia della
sentenza.
65-regole generali
All’ art 121 seguono alcune regole generali in tema di forma degli atti.
Art 122-in tt il processo è prescritto l’ uso della lingua italiana. Qnd dv essere sentito k non conosce la lingua
italiana, il giudice può nominare un interprete.
Art123- qnd occorre procedere all’ esame di documenti k non sono scritti in lingua italiana, il giudice può
nominare un traduttore.
Art124- se nel procedimento dv essere sentito un sordo, un muto o un sordomuto, le interrogazioni e le
risposte possono essere fatte x iscritto.
L’ estrinsecazione degli atti inoltre può essere orale o scritta. Solitamente sono orali tt quegli atti k si
svolgono con la contemporanea presenza fisica delle parti, x lo più rappresentate dai loro difensori, innanzi
al giudice. La legge xo prescrive k ank degli atti compiuti oralmente debba essere redatta una
documentazione scritta, cioè il cd processo verbale disciplinato dall’ art 126- il processo verbale dv
contenere l’ indicazione delle persone intervenute e delle circostanze di luogo e di tempo nelle quali gli atti
k documenta sono compiuti; dv inoltre contenere la descrizione delle attività svolte e delle rilevazioni fatte,
nonché le dichiarazioni ricevute. Il processo verbale è sottoscritto dal cancelliere.
Una variante del documento critto è il documento informatico k la legge qualifica come rappresentazione
informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti e k ha la stessa efficacia delle scritture se fornito di
sottoscrizione digitale. Tt gli atti e i documenti del processo possono essere compiuti come documenti
informatici sottoscritti con firma digitale dalle parti o dal giudice o dal cancelliere.
I momenti in cui avvengono i contatti tra il giudice e le parti o i loro difensori sono le cd udienze. L’ udienza
è diretta dal singolo giudice o, se si tratta di un giudice collegiale, dal presidente, il quale regola
opportunamente la discussione, k è privata quando si tratta di un’ udienza del giudice istruttore ed è invece
pubblica qnd si tratta di un’ udienza in cui si discute la causa. Chi interviene non può portare armi o bastoni,
dv stare a capo scoperto e in silenzio e non dv in alcun modo disturbare il regolare svolgimento dell’
udienza. Il processo verbale dell’ udienza è redatto dal cancelliere sotto la direzione del giudice ( artt127,
128, 129, 130).
L’ art 125 enuncia invece i requisiti di forma-contenuto minimi dei diversi atti di parte, da integrarsi con la
loro disciplina specifica. Art125- salvo k la legge disponga altrimenti, la citazione, il ricorso, la comparsa, il
controricorso e il precetto debbono indicare l’ ufficio giudiziario, le parti, l’ oggetto, le ragioni della
domanda e le conclusioni o l’ istanza e dvn essere sottoscritte dalla parte o dal difensore, il quale inoltre dv
indicare il proprio codice fiscale e il proprio numero di fax.
66- i termini.
Il capo II è intitolato ai termini, cioè i periodi di tempo k la legge stabilisce x il valido compimento dei singoli
atti processuali. Il legislatore infatti si serve di qst strumento x influire sulla maggiore o minore rapidità del
processo. Sotto il profilo funzionale quindi si suole distinguere tra termini acceleratori e termini dilatori.
Sotto il profilo strutturale si distingue invece tra termini perentori e termini ordinatori, in base alle
conseguenze della loro inosservanza. I termini quindi sono perentori se la loro inosservanza determina
automaticamente la decadenza dal potere di compiere ql determinato atto e non possono essere né
abbreviati né prorogati, secondo qnt previsto dall’ art 153.La l.n.69/2009 ha xo ricollocato in qst articolo l’
istituto della rimessione in termini, attribuendole una portata molto più ampia. Il 2co stabilisce infatti k la
parte k dimostra di essere incorsa in decadenze x causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di
essere rimessa in termini.
Se il termine è ordinatorio, la sua inosservanza non produce decadenza dal potere di compiere l’ atto se
non a seguito di una valutazione discrezionale del giudice. I termini ordinatori inoltri possono ank essere
abbreviati e prorogati dal giudice e, in presenza di motivi particolarmente gravi, la proroga può essere ank
rinnovata ex art 154.
Rispetto a qst distinzione, la presunzione è nel senso della natura ordinatoria, nel senso k un termine non
può essere considerato ordinatorio, se non è espressamente previsto dalla legge come tale.
Di regola i termini sono stabiliti dalla legge, ma possono essere stabiliti ank dal giudice, ank a pena di
decadenza, nei casi in cui la legge lo consente espressamente.
Art155- nel computo dei termini a giorni, si esclude il gg iniziale. X il computo dei termini a mesi o anni si
osserva il calendario comune. I giorni festivi si computano nel termine. Se il gg di scadenza è festivo, la
scadenza è prorogata di diritto al primo gg seguente non festivo. La proroga si applica ank ai termini x il
compimento degli atti processuali svolti fuori dell’ udienza k scadono nella gg di sabato. Resta fermo il
regolare svolgimento delle udienze e di ogni altra attività giudiziaria nella gg del sabato, k ad ogni effetto è
considerata lavorativa.Se la legge indica il termine in un certo numero di giorni liberi, dal computo si
esclude sia il dies a quo k il dies ad quem.
Infine bisogna ricordare k tt i termini processuali sono sospesi di diritto dal 1 agosto al 15 settembre di ogni
atto. La sospensione non si applica nelle cause relative alla materia alimentare, di lavoro e previdenza, nei
procedimenti cautelari, x convalida di sfratto, opposizioni all’ esecuzione, dichiarazione e revoca del
fallimento, e in genere in tt i casi in cui il differimento potrebbe causare gravi pregiudizi alle parti.
Talvolta poi la legge prevede k un atto debba essere compiuto, a pena di decadenza, in concomitanza con
un altro atto, come la domanda riconvenzionale k dv essere proposta nella comparsa di risposta, o nell’
ambito di un determinato stadio o grado del processo. In qst casi si parla di preclusione, definita come
perdita, estinzione o consumazione di una facoltà processuale.
SEZIONE SECONDA- PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE. COMUNICAZIONI E NOTIFICAZIONI.
67- i provvedimenti del giudice
Gli atti giuridici processuali con cui il giudice assolve alle sue funzioni giurisdizionali sono detti
provvedimenti, k si dividono in sentenze, ordinanze e decreti. In base all’ art131 la legge prescrive in quali
casi il giudice debba servirsi dell’ uno piuttosto k dall’ altro. In mancanza di tale indicazione, il
provvedimento dv essere pronunciato nella forma più idonea al raggiungimento del suo scopo.
Di regola la sentenza assolve alla funzione decisoria; l’ ordinanza e il decreto alla funzione ordinatoria, cioè
di regolare l’ iter procedimentale del giudizio. Più precisamente il giudice emette ordinanza qnd il
provvedimento presuppone lo svolgimento di un contraddittorio tra le parti e decreto nel caso opposto. Vi
sono xo dei cai in cui la legge prevede provvedimenti decisori sul merito da emanare nelle forme dell’
ordinanza o del decreto, come ad es il decreto ingiuntivo. Agli effetti dell’ assoggettamento alle
impugnazioni si ha riguardo alla forma del provvedimento. Se xo il giudice pronuncia x errore un
provvedimento in una forma diversa da qll prescritta dalla legge, secondo la giurisprudenza la sostanza dv
prevalere sulla forma.
L’ art 111 stabilisce inoltre k tt i provvedimenti giurisdizionali dvn essere motivati. La disp xo opera
inderogabilmente solo riguardo ai provvedimenti decisori.
68- la sentenza
La sentenza è il provvedimento con cui il giudice assolve alla sua funzione giurisdizionale decisoria. Si
distingue quindi, da un lato, tra sentenza di accoglimento e sentenza di rigetto e, dall’ altro, tra sentenza di
accertamento mero, sentenza di condanna e sentenza costitutiva. Il criterio distintivo tra qst diversi tipi di
sentenza si riconduce al criterio distintivo tra i diversi tipi di azione in concreto esercitata.
Qnd la sentenza assolve interamente alla sua funzione decisoria sul merito del giudizio, pronunciandola, l’
organo giudicante conclude o definisce il giudizio. Ciò accade ank qnd il giudice si arresta alla pronuncia sul
processo, prima di pervenire alla pronuncia sul merito, xk riscontra il difetto di presupposti processuali o di
condizioni dell’ azione o qnd risolve alcune questioni preliminari di merito nel senso impeditivo di una
pronuncia sul merito. In tt qst casi la sentenza si dice definitiva.
Essa è, al contrario, non definitiva qnd non definisce il giudizio xk risolve una questione pregiudiziale o
preliminare nel senso della prosecuzione del giudizio o xk decide il merito solo parzialmente.
L’ art132 elenca i requisiti di forma-contenuto della sentenza: - l’ indicazione del giudice k l’ ha pronunciata,
necessaria a pena di nullità; - l’ indicazione delle parti e dei loro difensori, la cui omissione o inesattezza non
da luogo a nullità, se dal contesto dell’ atto è possibile individuare il soggetto in modo inequivoco e se l’
omissione non ha causato una reale violazione del principio del contraddittorio; - le conclusioni del pm e qll
delle parti, alla cui omissione si può ovviare col procedimento di correzione degli errori materiali purchè la
sentenza abbia tenuto conto di tali conclusioni; - la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto
della decisione, k costituiscono la motivazione, il cui difetto da luogo ad inesistenza della sentenza; -infine il
dispositivo, la data della deliberazione e la sottoscrizione del giudice.
La sentenza emessa da un organo collegiale è sottoscritta soltanto dal presidente e dal giudice estensore: la
mancanza di qst sottoscrizioni da luogo a nullità assoluta e insanabile.
Se il presidente non può sottoscrivere x morte o x altro impedimento, la sentenza viene sottoscritta dal
componente più anziano del collegio purchè prima della sottoscrizione sia menzionato l’ impedimento; se l’
estensore non può sottoscrivere x morte o x altro impedimento, è sufficiente la sottoscrizione del solo
presidente, purchè prima della sottoscrizione sia menzionato l’ impedimento.
Ai sensi dell’ art 133 la sentenza, una volta stesa e sottoscritta , viene depositata nella cancelleria del
giudice k l’ ha pronunciata; di qst deposito il cancelliere da atto in calce alla sentenza apponendovi la firma
e la data. Qst quindi è la cd pubblicazione della sentenza, cioè l’ atto attraverso il quale la sentenza acquista
la sua efficacia autoritativa di dictum del giudice, idoneo a divenire immutabile se non fatto oggetto dell’
impugnazione prevista dalla legge. Entro 5 gg dalla pubblicazione, il cancelliere ne da notizia alle parti
costituite, mediante biglietto contenente il dispositivo, consegnato al destinatario o trasmesso attraverso
pec; laddove ciò non sia possibile, il biglietto è inviato a mezzo fax o rimesso all’ ufficiale giudiziario x la
notifica. Qst quindi è la cd comunicazione della sentenza.
Mentre la data della pubblicazione costituisce il dies a quo x la decorrenza del termine semestrale di
impugnazione in mancanza di notificazione , la data della comunicazione costituisce il dies a quo x il
decorso del termine agli effetti della proposizione del regolamento di competenza.
Agli effetti del decorso del termine x la proposizione di tt le impugnazioni, il dies a quo è qll della
notificazione, cioè dell’ atto con cui l’ ufficiale giudiziario, a richiesta della parte vittoriosa o kmq della parte
interessata al passaggio in giudicato, fa consegna ufficiale di copia autentica della sentenza alla parte k
sarebbe eventualmente interessata all’ impugnazione.
Qnt al momento in cui la sentenza acquista efficacia, bisogna distinguere tra efficacia di accertamento, k
presuppone la sua definitività e quindi il passaggio in giudicato formale, e l’ efficacia esecutiva, k appartiene
provvisoriamente ank alla sentenza di primo grado e di appello.
73- l’ iniziativa della pronuncia della nullità: nullità relative e assolute, sanabili e insanabili.
La pronuncia della nulità dipende da un’iniziativa della parte interessata al rilievo del vizio, la cui eventuale
acquiescenza è segno che il vizio nn ha pregiudicato lo scopo dell’atto. La legge tuttavia nn esclude la
pronuncia d’ufficio della nullità, ma la consente solo nei casi in cui, per l’essenzialità del requisito mancante
e per la conseguente gravità del vizio, il pregiudizio investe nn solo interessi di parte ma anche l’obbiettiva
regolarità del processo. L’art 157 stabilisce infatti che nn pu pronunciarsi la nullità senza istanza di parte se
la legge nn dispone che sia pronunciata d’ufficio.
Il sec comma aggiunge che soltanto la parte nel cui interesse è stabilito un requisito può opporre la nullità
dell’atto per mancanza del requisito stesso e deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all’atto o alla
notizia di esso; mentre il 3 comma stabilisce che la nullità nn può essere opposta dalla parte che vi ha dato
causa né da qll che vi ha rinunciato anche tacitamente. Quindi se il rilievo della nullità nn avviene nei modi
e nei limiti previsti dalla legge si verifica la sanatoria del vizio kn efficacia retroattiva. Ovviamente qst regole
riguardano solo le nullità relative, mentre per qll assolute la rilevabilità d’ufficio nn tollera limitazioni e solo
eccezionalmente la legge prevede dei limiti di stato e grado per la pronuncia.
Ne consegue che le nullità relative sono sanabili e qll assolute sono insanabili salvo che la legge ne preveda
espressamente la sanatoria.
L’art 158 dichiara espressamente insanabile la nullità derivante da vizi relativi alla costituzione del giudice o
all’intervento del pubblico ministero, salva la disposizione dell’art 161. A qs ipotesi si aggiunge, secondo
l’opinione prevalente anche qll della nullità derivante dal difetto di presupposti processuali e in generale qll
della nullità per vizi nn formali.
74- la nullità della sentenza
I vizi di nullità restano privi di rilievo fino a qnd nn interviene una pronuncia su di essi. A tal fine occorre che
la nullità se relativa sia fatta valere ei termini dell’art 157 e kq prima della pronuncia della sentenza ; se
assoluta occorre che sia rilevata dal giudice al più tardi al momento della pronuncia stessa. qnd ciò accade il
giudice pronuncia la nullità kn la sua sentenza che sarà poi assoggettabile ai normali mezzi di impugnazione.
Sennonchè potrebbe anche accadere che la nullità riguardi la sentenza stessa oppure che investa un atto
del processo anteriore alla sentenza ma nn sia stata rilevata: in qst caso se si tratta di nullità relativa
potrebbe verificarsi la sanatoria, ma se si tratta di nullità assoluta o se la parte interessata nn ha avuto
tempestiva conoscenza del vizio la sanatoria nn si verifica e in base all’art 159 il vizio investe tt gli atti
successivi dipendenti, compresa la sentenza che quindi è nulla.
In tt qst casi si verifica il fenomeno della nullità della sentenza per vizi propri o derivati che secondo l’art
161 si fa valere solo con i normali mezzi di impugnazione ai quali la sentenza è assoggettata. I vizi di nullità
quindi si convertono in motivi di impugnazione o gravame, assolvendosi in essi, con la conseguenza
fondamentale che l’eventuale decadenza dal mezzo di impugnazione da luogo alla decadenza dalla stessa
rilevabilità del vizio e quindi alla sua sanatoria.
L’ inimpugnabilità delle sentenze della cassazione, salva solo la proponibilità della revocazione esclude ogni
possibilità di far valere i vizi di nullità in esse eventualmente contenuti.
77- i principi ispiratori del sistema vigente in italia. I principi fondati direttamente sulla costituzione.
Tra i principi fondati direttamente sulla costituzione ricordiamo innanzitutto il principio del contraddittorio,
il principio dell’ uguaglianza non solo formale tra le parti e il conseguente principio delle pari opportunità, k
trovano la loro rispondenza, oltre k nella regola dell’ uguaglianza di cui all’ art3, nel diritto alla difesa k l’
art24 definisce inviolabile.
Il principio della disponibilità della tutela giurisdizionale, il principio della domanda e il principio della
disponibilità dell’ oggetto del processo discendono, come necessità logica, dal principio della disponibilità
dei diritti e quindi sono imprescindibili nei limiti in cui la disponibilità dei diritti è tutelata dalla costituzione.
Sono fondati sulla nostra costituzione e operano nel nostro sistema ank i principi dell’ imparzialità e dell’
indipendenza dei giudici e il principio x cui ogni provvedimento dv essere motivato e conforme a diritto e dv
poter essere assoggettata a controlli idonei a garantire qst conformità.
Nella misura in cui invece i dettami costituzionali risultano non attuati, o non sufficientemente attuati nel
sistema positivo, essi costituiscono, oltre k una fonte di doveri x il legislatore e criteri x l’ eventuale
intervento della corte costituzionale, ank criteri orientatori x l’ interpretazione delle norme vigenti nel
senso più rispondente possibile a tali dettami costituzionali. Ciò vale ad es x gli istituti intesi ad assicurare ai
non abbienti i mezzi x agire e difendersi, solo di recente integrati da un intervento legislativo forse non
ancora adeguato; così come è dubbia l’ adeguatezza e l’ efficacia della legge x il risarcimento del danno
patrimoniale e non patrimoniale x mancato rispetto del termine ragionevole entro il quale va prestata la
tutela giurisdizionale secondo l’ art6 della cedu, ora recepito dall’ art 111cost.