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TEMA 3.

Parte 2: dialetti toscani

1. NOTE STORICHE, GEOGRAFICHE E SOCIOLINGUISTICHE

I dialetti toscani hanno una posizione intermedia, non solo geografica ma anche linguistica,
nella Penisola. Partecipano di alcune caratteristiche del Nord e soprattutto del Sud, pur avendone
altre che li rendono unici in Italia.
Il territorio coincide in linea di massima con la regione Toscana, con alcune eccezioni:
l’estremo nordoccidentale (Lunigiana, Garfagnana), a nord (Firenzuola e dintorni) e a sud
(estremo meridionale della provincia di Grosseto). Il confine è molto più netto a Nord (con i dialetti
emiliano-romagnoli e con i dialetti liguri), mentre lo è meno a sud (con i dialetti mediani).
I dialetti toscani si sono formati su un territorio profondamente romanizzato in cui il sostrato
etrusco (parzialmente coincidente con il territorio toscano) ha avuto un’importanza solo relativa.
Lo sviluppo posteriore, data la situazione non proprio centrale rispetto alle vie di comunicazioni
(agli estremi est e ovest della regione si trovavano la via Flaminia e la via Aurelia) ha permesso
un’evoluzione poco disturbata, che ha prodotto una varietà linguistica romanza conservativa che
(insieme al sardo) costituisce il dialetto o lingua romanza più vicini al latino. Un’altra importante
via di comunicazione nell’Alto Medioevo, la via Francigena, lasciava pure Firenze in una
posizione marginale.
TEMA 3.2. VARIETÀ DIATOPICHE: DIALETTI TOSCANI

Una delle varietà antiche (del trecento) della Toscana, il fiorentino, è alla base della lingua
nazionale, l’italiano, che, per questo motivo, condivide con i dialetti toscani molte caratteristiche,
ma non tutte, giacché alcune di esse sono oggi esclusivamente dialettali. La varietà trecentesca
è quella che hanno adoperato le Tre Corone, Dante, Petrarca e Boccaccio. Altre tappe
fondamentali verso l’italiano moderno solo la pubblicazione delle Prose della volgar lingua di
Pietro Bembo nel 1515 e il lavoro letterario di Alessandro Manzoni, in particolare con I promessi
sposi, la cui edizione definitiva è del 1840.
Il dialetto fiorentino non ha avuto solo questo importante ruolo, ma ha esercitato anche un
forte influsso sugli altri dialetti toscani: basta pensare all’espansione, che parte da Firenze, del
fenomeno dell’aspirazione o gorgia toscana, che oggi raggiunge tutta la Toscana centrale e
occidentale.
Da un punto di vista sociolinguistico i dialetti toscani hanno un rapporto speciale con la lingua
italiana. Mentre negli altri territori linguistici si ha un rapporto di dilalìa, per la Toscana (come
abbiamo indicato nel Tema 1, seguendo G. Berruto) bisogna invece parlare di bidialettismo, cioè
una situazione in cui la distanza tra dialetto e lingua è molto sfumata. La parola dialetto è poco
popolare in Toscana, dove si preferisce usare il nome del dialetto concreto (fiorentino, livornese)
o denominazioni quali vernacolo.

2. DIVISIONE DELL’AREA TOSCANA

Secondo G. B. Pellegrini: Secondo G. Devoto:


a) fiorentino a) orientale (da Arezzo a Chiusi)
b) senese b) meridionale (a Sud di Monte Amiata)
c) occidentale c) occidentale (Livorno, Pisa e Lucca, fino a
1. pisano-livornese-elbano Versilia e Massa)
2. pistoiese d) centrale (fiorentino e senese)
3. lucchese
d) aretino
e) grossetano-amiatino
f) apuano

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STUDI LINGUISTICI 1. A.A. 2019-2020. PROF. CESÁREO C ALVO RIGUAL
TEMA 3.2. VARIETÀ DIATOPICHE: DIALETTI TOSCANI

3. PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEI DIALETTI TOSCANI

NOTA IMPORTANTE: si devono tenere sempre presenti le caratteristiche trattate nella


prima parte di questo tema, che a volte verranno riprese nei paragrafi che seguono;
in altri casi non si indicheranno perché già trattate lì, per cui si danno per scontate.

3.1. Caratteristiche comuni ai dialetti toscani e alla lingua italiana

• Assenza di metafonesi. Dittongazione spontanea di /ɔ/ ed /ɛ/ (ma vedi punto successivo)
• Assenza di vocali labializzate o turbate, caratteristiche dei dialetti settentrionali.
• Evoluzione del gruppo latino RY (cioè R seguita da semiconsonante palatale) > /j/: NOTARIU

> notaio ; AREA > aia ; CORIU > c(u)oio


• Distinzione, in posizione intervocalica interna tra /s/ e /z/, che l’italiano standard tradizionale
imita.
• Raddoppiamento (fono)sintattico (fenomeno comune con i dialetti centromeridionali, con
modalità diverse): si verifica quando la consonante iniziale di parola diventa doppia dopo
certe uscite della parola precedente:
o Dopo parola tronca: però, farò, perché…
o Dopo monosillabo accentato: più, tre, già…
o Dopo alcuni monosillabi atoni: preposizioni a, da, su; altri: che, chi, o, e…
o Dopo sopra, qualche, come, dove
Esempi: che fai /’kef’fai/, più bello /’piub’bello/, dove vai? /’dovev’vai/, ecc.

• Anafonesi:1 fenomeno originatosi in fiorentino per cui le vocali toniche é (< Ĭ, Ē) e ó (< Ŭ, Ō)
si chiudono rispettivamente in ì e ù seguiti da [nʤ], [nʧ], [ŋɡ], [ŋk] o il suono /ʎ/: alle
forme léngua, faméglia, véncere, óngere ecc. di altri dialetti corrispondono le fiorentine e
letterarie lingua, famiglia, vincere, ungere ecc.

3.2. Caratteristiche dei dialetti toscani non presenti nella lingua italiana

• Riduzione del dittongo uo: /wɔ/ > /ɔ/: fuoco > foco, ruota > rota, ecc.
• Attenuazione o deaffricazione: passaggio di /ʧ/ e di /ʤ/ a /ʃ/ e a /ʒ/, rispettivamente, in
posizione intervocalica (e solo se semplici, non doppie).
• Gorgia: aspirazione o perdita delle consonanti occlusive sorde intervocaliche (cfr. la prima
parte di questo Tema).
• Rotacismo (passaggio da /l/ a /r/ in posizione implosiva: arto ‘alto’.

1
Treccani, s.v.: “Fenomeno fonetico, caratteristico nel Medioevo del solo fiorentino e toscano occidentale e poi trasmesso
agli altri dialetti toscani e alla lingua letteraria, per cui le vocali toniche é e ó si chiudono rispettivamente in ì e ù, quando
siano seguite da determinate consonanti: alle forme léngua, faméglia, méschia, óngere ecc. degli altri dialetti
corrispondono le fiorentine e letterarie lingua, famiglia, mischia, ungere ecc.”

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STUDI LINGUISTICI 1. A.A. 2019-2020. PROF. CESÁREO C ALVO RIGUAL
TEMA 3.2. VARIETÀ DIATOPICHE: DIALETTI TOSCANI

• Forme particolari degli articoli maschili, singolare/plurale: i’ / i (tosc. centr.) ~ ir / i (tosc. occ.).
• Uso di te al posto di tu come pronome soggetto di 2ª sing., comune ai dialetti sett.. Esempio:
te non vieni?
• Pronomi atoni di soggetto, come nei dialetti sett.2: e‘ un è miha horpa mia (‘non è mica colpa
mia‘), te tu dici (‘tu dici‘).
• Uso della forma ‘un come negazione.
• Forme uniche (singolare e plurale) dei possessivi mi’, tu’, su’. Esempio: issu babbo ‘suo
padre’.
• Alcune forme verbali, che esistevano nell’italiano antico o letterario: fo (‘faccio’), vo (‘vado’).
• Forme accorciate dell’infinito: anda’, vede’, perde, fini’.
• Struttura noi + si + verbo (nell’indicativo presente): noi si va, noi si prende una birra…
• Sistema dei dimostrativi a tre membri: questo – codesto – quello, di fronte all’italiano, con
solo due (questo – quello).3

3.3. Il lessico

Lessico caratteristico: il lessico esclusivo dei dialetti toscani è più scarso che negli altri dialetti,
data la coincidenza notevole tra questo e la lingua nazionale; infatti questa si è nutrita
essenzialmente del lessico toscano. Ciononostante è possibile segnalare alcune parole proprie
del toscano e altre che sono appartenute in passato alla lingua letteraria: pecchia ‘ape’, desinare,
sciocco 'scarso di sale', acquaio, gota 'guancia', cocomero, punto (rinforzo di negazione), garbare
‘piacere’, grullo ‘stupido’... E possiamo infine segnalare parole dell’italiano regionale toscano:
bercio ‘urlo’, bischerata, bischero ‘stupido’, buco ‘finocchio’, dar di balta ‘rovesciarsi’, manfano
‘marpione, persona scaltra’, mencio ‘floscio’, rigatino ‘pancetta’, riparare ‘sbrigare; sistemare’,
ecc.

NOTA: Sono precedute da asterisco (*) le caratteristiche non condivise dalla lingua italiana, cioè quelle
prettamente dialettali.

2
Esempi presi da Rohlfs, Grammatica storica…, II, §446, pp. 142-143: la zia l’ha ragione, la un lo dica; gli è piovuto tanto;
e’ tira un ventolin…
3
Codesto esiste nello standard italiano, ma è solo del linguaggio burocratico.

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