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9 gennaio 2012
Indice
1 Introduzione — Definizioni 2
Avvertenza: Questi appunti non sono un’esposizione esauriente riguardo le Equazioni differenziali
ordinarie, costituiscono solo un sintetico quadro dei concetti principali.
1 Introduzione — Definizioni
Si dice equazione differenziale (sottinteso: ordinaria) un’equazione funzionale (cioè: un’equa-
zione la cui incognita è una funzione) in cui la funzione incognita y(t) compare con una o
più delle sue derivate.
Esempio 1.1. La più semplice equazione differenziale è
y 0 = f(t),
le cui soluzioni sono tutte le primitive della funzione f(t). Per fissare le idee: le soluzioni dell’equa-
zione
y 0 = cos t
sono tutte le funzioni y(t) = sin t + C, ove C è una costante arbitraria. ♦
Si dice ordine di un’equazione differenziale il più alto ordine di derivazione che in tale
equazione compare.
Un’equazione differenziale si dice in forma normale se è resa esplicita rispetto alla derivata
di ordine massimo.
Esempio 1.2. Sono tutte equazioni differenziali le seguenti:
tra queste equazioni, quelle della prima riga sono del prim’ordine, quelle della seconda riga sono del
second’ordine; inoltre, le equazioni della prima colonna sono in forma normale. ♦
Una soluzione di un’equazione differenziale di ordine n è una funzione y(t), definita in
un certo intervallo I e ivi continua con tutte le sue derivate fino all’ordine n, e che per ogni
x ∈ I soddisfa l’equazione data.
Per stabilire se una funzione y∗ (t) è soluzione di un’equazione differenziale, è sufficiente
sostituirla nell’equazione stessa: se quest’ultima si trasforma in un’identità (se cioè essa
è valida per ogni valore di t in un certo intervallo I), diremo che y∗ (t) è soluzione di
tale equazione nell’intervallo I. Una funzione y(t) che verifica l’equazione (ossia: che ne è
soluzione) è detta integrale dell’equazione, chiameremo integrale generale l’insieme di tutte
le soluzioni della equazione differenziale; a volte, si usa la locuzione integrale particolare
per indicare una singola soluzione, in contrapposizione con tutte le soluzioni dell’integrale
generale.
Esempio 1.3. La funzione y∗ (t) = −1 − ln t è un integrale (particolare) dell’equazione ty 0 =
y + ln t. Infatti, osservato che (y∗ ) 0 = − t1 , l’equazione diviene un’identità:
t(y∗ ) 0 = y∗ + ln t,
1
t − = [−1 − ln t] + ln t,
t
−1 = −1.
ammette come unica soluzione y(t) = 3t2 − 2t3 + 2. In effetti, l’integrale generale dell’equazione
y 0 = 6t(1 − t) è y = 3t2 − 2t3 + C, con C costante arbitraria, e l’unica soluzione che verifica y(1) = 3
è quella con C = 2. ♦
Spesso, la condizione che compare nel problema di Cauchy viene detta condizione iniziale.
Se y(t) è la funzione che descrive l’evoluzione temporale di un certo sistema (quindi: alla
variabile t viene associato il significato di “tempo”), il valore y(t0 ) può essere considerato lo
stato del sistema all’istante t0 , mentre la corrispondente soluzione dell’equazione differenziale
data rappresenta il successivo comportamento del sistema.
Esempio 2.2. Determiniamo la soluzione del problema
y 0 = 1 y + ln t
t ;
y(1) = 3
1
Vi sono casi “clinici”, ad esempio l’equazione differenziale
1 + y2 h i
y0 = 1+ y−t+ t−y
p p
1+t 2
sappiamo già (Esempio 1.3) che l’integrale generale dell’equazione data è y(t) = Ct− 1 − ln t, imponendo
il passaggio per il punto (1, 3) troviamo
3 = y(1) = C · 1 − 1 − ln 1 ⇒ C = 4,
y 0 + a(t)y = f(t);
la funzione a(t) prende il nome di coefficiente di y, mentre f(t) prende il nome di termine
noto. Se f(t) ≡ 0 l’equazione è detta omogenea, altrimenti è detta completa.
Data una certa equazione lineare completa y 0 + a(t)y = f(t), è detta equazione omogenea
associata l’equazione y 0 + a(t)y = 0.
Osserviamo che un’equazione lineare può essere scritta anche in forma normale:
y 0 = p(t)y + q(t),
ovviamente p(t) = −a(t) e q(t) = f(t), questa seconda possibilità comporta una variazione
di segno nelle corrispondenti formule risolutive, è bene fare attenzione alla convenzione
usata. Noi indicheremo le equazioni lineari come abbiamo fatto più sopra, in modo da porre
l’accento sulla differenza del secondo membro tra il caso omogeneo ed il caso completo:
Teorema 3.1 (Principio di sovrapposizione – 1). Se y1 (t) e y2 (t) sono due soluzioni dell’e-
quazione omogenea
y 0 + a(t)y = 0,
3
Valido per equazioni lineari di qualsiasi ordine! Noi ci occuperemo delle equazioni di ordine uno, ma esso
può essere immediatamente esteso a equazioni lineari di ordine qualsiasi.
Appunti sulle equazioni differenziali — cb Marco Boella 5
ma y10 + a(t)y1 e y20 + a(t)y2 si annullano, perché y1 e y2 per ipotesi sono solu-
zioni dell’equazione omogenea, dunque indipendentemente dai valori di C1 e C2
abbiamo che
0
yCL + a(t) yCL = C1 y10 + a(t)y1 + C2 y20 + a(t)y2 = 0,
| {z } | {z }
=0 =0
Teorema 3.2 (Principio di sovrapposizione – 2). Se y1 (t) e y2 (t) sono due soluzioni dell’e-
quazione completa
y 0 + a(t)y = f(t),
la loro differenza
yD (t) = y1 (t) − y2 (t)
è soluzione dell’equazione omogenea associata y 0 + a(t)y = 0.
L’importanza del principio di sovrapposizione consiste nel fornire una “strada” per de-
terminare le soluzioni, l’“integrale generale”, di un’equazione lineare: se (Principio 2) la
differenza tra due soluzioni dell’equazione completa è una soluzione dell’equazione omoge-
nea associata, per trovare tutte le soluzioni dell’equazione completa è sufficiente trovarne
una, e ad essa sommare tutte le possibili soluzioni dell’equazione omogenea associata. In
altre parole:
Teorema 3.3 (Teorema di Esistenza e Unicità). Siano a(t) e f(t) due funzioni continue
rispettivamente negli insiemi Da e Df , e sia I il più grande intervallo aperto contenente t0 e
contenuto in Da ∩ Df :
t0 ∈ I ⊂ Da ∩ Df ,
allora, per ogni valore y0 ∈ R, il problema di Cauchy
y 0 + a(t)y = f(t)
y(t ) = y
0 0
In genere, un teorema che garantisce un risultato come quello appena visto è detto
“teorema in grande”, nel senso che la soluzione di cui viene garantita l’esistenza e l’unicità è
definita almeno4 su un intervallo I di cui è a priori nota l’estensione.
√
Esempio 3.1. Data l’equazione differenziale y 0 + 10 − t y = ln t, si può scegliere come t0 ogni
valore nell’intervallo (0, 10), e la soluzione y(t) tale che y(t0 ) = y0 sarà definita in tutto l’intervallo
(0, 10). ♦
(1) y 0 + a(t)y = 0.
4
Ritorneremo più sotto su questo punto, nel paragrafo 3.5.
5
L’idea è dovuta a G.W. Leibniz, filosofo e matematico tedesco (1646-1716).
Appunti sulle equazioni differenziali — cb Marco Boella 7
Osserviamo in via preliminare che, in virtù del principio di sovrapposizione (parte 1), se
y = y∗ (t) è soluzione di (1), anche tutte le funzioni della forma y = Cy∗ (t) sono soluzioni;
pertanto, una volta ricavata una soluzione, ne avremo a disposizione infinite.
Cerchiamo dunque una soluzione del tipo y(t) = eg(t) . Osservato che y 0 (t) = g 0 (t)eg(t)
inseriamo y(t) nell’equazione (1), ottenendo
0
g (t)eg(t) + a(t) eg(t) = 0,
g 0 (t) = −a(t),
dunque g(t), la funzione che compare all’esponente di y(t), è — cambiata di segno — una
primitiva del coefficiente a(t): g(t) = −A(t).
Grazie a quanto abbiamo detto più sopra, una qualsiasi primitiva di a(t) porta ad una
soluzione di (1). Infatti, poiché due diverse primitive A1 (t) e A2 (t) differiscono per una
costante A:
A1 (t) = A2 (t) + A,
le due corrispondenti soluzioni y1 (t) e y2 (t) sono una multiplo dell’altra:
con A(t) primitiva di a(t), sono soluzioni di (1). Resta da chiarire se, oltre a queste soluzioni,
ve ne siano anche altre. La risposta è negativa: se all’equazione (1) associamo un problema
di Cauchy
y 0 + a(t)y = 0
,
y(t ) = y
0 0
vediamo che per ciascuna coppia (t0 , y0 ), purché t0 sia un valore ammissibile secondo le
ipotesi del Teorema 3.3, in virtù dello stesso teorema esiste una e una sola funzione y(t)
soluzione del problema di Cauchy; d’altra parte, vi è una e una sola funzione della famiglia
(2) che verifica la condizione y(t0 ) = y0 , individuata dal valore della costante arbitraria C∗
tale che
y0 = C∗ e−A(t0 ) ;
dunque, poiché il Teorema 3.3 garantisce l’unicità della soluzione del problema di Cauchy, è
evidente che non vi possono essere altre soluzioni di (1) oltre a quelle della famiglia (2), che
quindi costituisce l’integrale generale dell’equazione omogenea y 0 + a(t)y = 0.
Esempio 3.2. Poiché A(t) = t2 è una primitiva di a(t) = 2t, le soluzioni dell’equazione
y 0 + 2ty = 0
2
si ottengono rispettivamente ponendo C = 1, C = 0 e C = −2et0 :
2 2 2
y1 (t) = e−t , y2 (t) ≡ 0, y3 (t) = −2et0 −t .
Osserviamo en passant che la soluzione identicamente nulla y(t) ≡ 0 è sempre soluzione di qualsiasi
equazione omogenea. ♦
occorre conoscere
nel paragrafo precedente abbiamo affrontato il primo problema, occupiamoci adesso di deter-
minare una singola soluzione di un’equazione completa.
La tecnica che useremo prende il nome di variazione delle costanti arbitrarie: sappia-
mo che le funzioni y(t) = Ce−A(t) sono soluzioni dell’equazione omogenea, cerchiamo una
soluzione di (3) della forma
y(t) = C(t)e−A(t) ;
poiché y 0 (t) = C 0 (t)e−A(t) −C(t)a(t)e−A(t) , inserendo la y così fatta nell’equazione, otteniamo
0
C (t)e−A(t) − C(t)a(t)e−A(t) + a(t) C(t)e−A(t) = f(t),
da cui, semplificando:
C 0 (t)e−A(t) = f(t);
quindi, la funzione C(t) è una primitiva di eA(t) f(t):
Z
C(t) = f(t)eA(t) dt.
Analogamente al caso omogeneo, notiamo che qualsiasi primitiva può essere scelta: se C1 (t)
e C2 (t) sono due diverse primitive, ciò significa che differiscono per una costante C:
C1 (t) = C2 (t) + C,
e quest’ultimo addendo, essendo una funzione della famiglia (2), è comunque compreso
nell’integrale generale dell’equazione omogenea associata.
In definitiva: data l’equazione y 0 +a(t)y = f(t) e indicata con A(t) una qualsiasi primitiva
del coefficiente a(t), una singola soluzione di tale equazione è:
Z
∗ −A(t)
y (t) = e f(t)eA(t) dt.
Collegando questo risultato con l’integrale generale (2) dell’equazione omogenea associata,
possiamo affermare che l’integrale generale di (3) è
Z Z
−A(t) −A(t) A(t) −A(t) A(t)
y(t) = Ce +e f(t)e dt = e C + f(t)e dt .
notiamo che il primo addendo C(t2 + 1) è l’integrale generale dell’equazione omogenea y 0 − t22+
t
1
y = 0,
2 2t 2
mentre [t − arctan t](t + 1) è una soluzione di y − t2 +1 y = t . ♦
0
da cui C = arctan 1 = π
4
, dunque l’unica soluzione del problema di Cauchy è
hπ i
y(t) = + t − arctan t (t2 + 1).
4
♦
In alternativa, si può dimostrare che l’unica soluzione di y 0 + a(t)y = f(t) che soddisfa
la condizione y(t0 ) = y0 è la funzione
R Zt Rτ
− tt a(τ) dτ a(σ) dσ
y(t) = e 0 y0 + f(τ)e 0
t
dt .
t0
poiché a(t) = t1 e f(t) = t13 sono continue nell’intorno di t = 1, grazie al Teorema 3.3 possiamo
affermare che la soluzione y1 sarà unica, e definita in (0, +∞).
L’integrale generale dell’equazione differenziale è (verificarlo per esercizio)
C 1
y(t) = − 2;
t t
la soluzione y1 che soddisfa la condizione y(1) = 3 si ottiene ponendo C = 4:
4 1 4t − 1
y1 (t) = − 2 = .
t t t2
y1 è definita (in base alla teoria) nel più grande intervallo contenente t0 = 1, e a sua volta contenuto
nell’insieme ove a(t) e f(t) sono continui, ossia in R \ {0}, dunque y1 è definita6 , in quanto soluzione
di quel problema di Cauchy, in (0, +∞).
Questa situazione si mantiene identica per qualsiasi condizione iniziale noi scegliamo: se t0 > 0 la
corrispondente soluzione sarà definita in (0, +∞), se t0 < 0 la corrispondente soluzione sarà definita
in (−∞, 0).
6
Attenzione all’equivoco! La funzione g(t) = 4t−t2
1
è definita in R \ {0}, ma la funzione y1 , essendo la soluzione
di un’equazione differenziale, dev’essere continua e derivabile, a partire da t0 = 1, dunque il suo insieme di
definizione si spinge alla destra fino a +∞, e a sinistra si arresta in 0, poiché lì la funzione y1 ha un asintoto
verticale, e duqnue cessa di esistere e di essere continua.
Appunti sulle equazioni differenziali — cb Marco Boella 11
Osserviamo per inciso che, con questa equazione differenziale, una condizione con t0 = 0, vale a
dire una condizione del tipo y(0) = α, risulterebbe priva di significato, indipendentemente dal valore
α. ♦
Il secondo esempio mostra un caso in cui una soluzione è prolungabile, mentre tutte le
altre non lo sono.
Esempio 3.6. Cerchiamo le soluzioni y1 e y2 dei due problemi di Cauchy
y 0 + 1 y = 3t y 0 + 1 y = 3t
(P1 ) t , (P2 ) t ;
y(1) = 3 y(1) = 1
analogamente all’esempio precedente, possiamo in base alla teoria affermare che y1 e y2 esistono,
sono uniche, e definite in (0, +∞).
L’integrale generale dell’equazione differenziale è
C
y(t) = + t2 ;
t
la soluzione y1 che soddisfa la condizione y(1) = 3 si ottiene ponendo C = 2, ricaviamo
2
y1 (t) = + t2 ,
t
che, come previsto, è definita in (0, +∞).
Passiamo a (P2 ): si trova C = 0, dunque y2 (t) = t2 , che in base alla teoria è definita in (0, +∞),
ma che si può prolungare (rimanendo continua e derivabile) anche a sinistra di t = 0.
Osserviamo che, con questa equazione differenziale, una condizione del tipo y(0) = α con α 6= 0
non può avere soluzione, ma la condizione y(0) = 0 ammette come (unica!) soluzione la funzione
y2 (t) = t2 . Ciò non è in contrasto con la teoria: il Teorema 3.3 garantisce la risolubilità di un
problema di Cauchy “centrato” in un valore t0 ove a(t) e f(t) sono sufficientemente regolari, ma non
afferma nulla riguardo quei valori di t ove le funzioni a e f non verificano le ipotesi di continuità
previste. ♦
Il terzo esempio mostra un caso in cui tutte le soluzioni sono univocamente prolungabili.
Esempio 3.7. Cerchiamo la soluzione y1 del problema di Cauchy
y 0 − 1 y = 2t2
(P1 ) t ;
y(1) = 3
ancora una volta, in base alla teoria affermiamo che la soluzione y1 sarà unica, e definita in (0, +∞).
L’integrale generale dell’equazione differenziale è
y(t) = Ct + t3 ;
y1 (t) = 2t + t3 .
Notiamo che, in base alla teoria, y1 è definita in (0, +∞), ma si può prolungare (rimanendo continua
e derivabile) anche a sinistra di t = 0.
Osserviamo che in questo caso tutte le soluzioni, originariamente definite in (0, +∞) o in (−∞, 0)
a seconda del valore di t0 , possono essere univocamente prolungate a tutto R. ♦
Appunti sulle equazioni differenziali — cb Marco Boella 12
L’ultimo esempio mostra un caso in cui tutte le soluzioni sono prolungabili, ma non in
maniera univoca.
Esempio 3.8. Cerchiamo la soluzione y1 del problema di Cauchy
y 0 − 2 y = 2t3
(P1 ) t ;
y(1) = 3
ancora una volta, in base alla teoria affermiamo che la soluzione y1 sarà unica, e definita in (0, +∞).
L’integrale generale dell’equazione differenziale è
y(t) = Ct2 + t4 ;
y1 (t) = 2t2 + t4 .
Al solito, in base alla teoria y1 è definita in (0, +∞), ma si può prolungare (rimanendo continua e
derivabile) anche a sinistra di t = 0.
In questo caso, tuttavia, il prolungamento non è unico: al variare di C tutte le funzioni
Ct2 + t4 t < 0
y1 (t) =
2t2 + t4 t ≥ 0
sono continue e derivabili su R, dunque sono tutte soluzioni del problema (P1 ). Questa situazione
può essere ripetuta qualsiasi sia il problema di Cauchy da cui si parte. ♦
(4) αx + βy = 0
Sappiamo inoltre che nel piano cartesiano l’equazione (4) corrisponde a una retta, passante
per l’origine.
Per determinare le soluzioni dell’equazione lineare (completa) nelle incognite x e y
(5) αx + βy = γ
è sufficiente aggiungere a tutte le soluzioni di (4) una singola soluzione di (5), ad esempio
(x, y) = (0, βγ ):
0
x β
=C + γ .
y −α β
Appunti sulle equazioni differenziali — cb Marco Boella 13
y 0 = f(t)g(y).
Teorema 4.2 (Teorema di Esistenza e Unicità “in piccolo”). Dato il problema di Cauchy
y 0 = f(t)g(y)
y(t ) = y
0 0
ammetterà una e una sola soluzione; al contrario, per un problema del tipo
y 0 = t 2 √
3
y
y(t0 ) = 0
sappiamo dire che vi sarà almeno una soluzione che verifica y(t0 ) = 0, ma non possiamo predire se
tale soluzione sia unica, se siano due, o se siano addirittura infinite.
Consideriamo adesso l’equazione
y 0 = t 2 y2 .
Poiché per ogni coppia di valori (t0 , y0 ) le corrispondenti funzioni f, g, g 0 sono continue, possiamo da
subito affermare che per ogni punto del piano (t, y) passa una e una sola soluzione. In altre parole:
due soluzioni differenti non possono né incrociarsi né lambirsi, poiché nel punto ove ciò accadesse
verrebbe a cadere l’unicità della corrispondente soluzione. ♦
La differenza d’impostazione del prossimo teorema risiede, oltre che nell’ulteriore restrin-
gimento delle ipotesi cui accennavamo prima, nel fatto di prescindere da un particolare
problema di Cauchy, per affermare l’univoca risolubilità “in grande” di un’intera famiglia di
problemi di Cauchy.
Teorema 4.3 (Teorema di Esistenza e Unicità “in grande”). Data l’equazione differenziale
y 0 = f(t)g(y),
se
2 2
• g(y) = e−y e g 0 (y) = −2ye−y sono continue in R,
q
• |g 0 (y)| ≤ e2 per ogni y ∈ R;
dunque grazie al Teorema 4.3, per ogni coppia di valori (t0 , y0 ) il problema di Cauchy
y 0 = (arctan t)e−y2
y(t ) = y
0 0
ammette una e una sola soluzione y(t) definita per t ∈ R. Osserviamo per inciso che non è possibile
2
ottenere l’espressione analitica di tale soluzione, poiché ey non si integra in termini finiti. ♦
4.2 Soluzione
Determiniamo ora le soluzioni, ossia: l’integrale generale, di un’equazione del tipo
(6) y 0 = f(t)g(y).
osserviamo inoltre che l’integrale a primo membro può essere calcolato per sostituzione,
ponendo y 0 (t) dt = dy, in definitiva otteniamo la formula
Z Z
1
(7) dy = f(t) dt + C,
g(y)
L’integrale generale di un’equazione a variabili separabili sarà dunque formato dal risul-
tato di (7), unito alle funzioni costanti y(t) ≡ y∗ .
Esempio 4.5. [Continuazione dell’Esempio 4.3]
Riprendiamo l’equazione y 0 = 3t2 e−y , da
Z Z
1
dy = 3t2 dt + C
e−y
si ricava
ey = t3 + C ⇒ y = ln(t3 + C),
e l’integrale generale è in questo caso y(t) = ln(t3 + C). ♦
Esempio 4.6. [Continuazione dell’Esempio 4.4]
Riprendiamo l’equazione y 0 = (sin t)(y − 1)2 , da
Z Z
1
dy = sin t dt + C
(y − 1)2
si ricava immediatamente
1 1
− = − cos t + C ⇒ y=1+ ,
y−1 cos t − C
Come abbiamo osservato più sopra, non è detto che si possa pervenire ad una soluzione
nella forma “esplicita” y = y(t), il prossimo esempio illustra una situazione di questo genere.
Esempio 4.7. Data l’equazione
ln t 1
y0 = = (ln t) ,
2 + cos y 2 + cos y
1
osservato che g(y) = 2+cos y
6= 0 per ogni y ∈ R, l’integrale generale è dato da
Z Z
(2 + cos y) dy = ln t dt + C,
da cui si ricava
2y + sin y = t ln t − t + C.
Osserviamo che non è possibile ricavare analiticamente y in funzione di t. ♦
8
Attenzione: non è detto che una soluzione di (6) possa essere scritta nella forma y = y(t), cfr. l’Esempio 4.7.
Appunti sulle equazioni differenziali — cb Marco Boella 17
sappiamo che l’integrale generale è y(t) = ln(t3 + C), nel primo caso, sostituendo y = 1, t = 0
otteniamo
e 1 = 03 + C ⇒ C=e
√
e dunque y1 (t) = ln(t3 +e), definita per t > − 3 e; nel secondo caso, sostituendo y = 0, t = 0 otteniamo
e 0 = 03 + C ⇒ C=1
1
0=1+ ⇒ C=2
cos 0 − C
1
e dunque y3 (t) = 1 + cos t−2
, definita per t ∈ R. ♦
Appunti sulle equazioni differenziali — cb Marco Boella 18
Poiché f(t) ∈ C(R), g(y) ∈ C(R), g 0 (y) ∈ C(R), possiamo applicare la considerazione che abbiamo
prima richiamato, e affermare che y(t) = tan t2 è la soluzione del problema di Cauchy assegnato
fintantoché è continua e derivabile, a partire da t0 = 0, dunque per − π2 < t < π2 . ♦
p p
Per il primo problema, imponendo che 1 = 22 + C si trova C = −3, e la soluzione di questo problema
di Cauchy è y1 (t) = (t2 − 3)2 . Contrariamente a quanto potrebbe sembrare la y1 così determinata è
Appunti sulle equazioni differenziali — cb Marco Boella 19
√ √
soluzione del problema solo per t ≥ 3: infatti, dalla formula y = t2 + C si ricava implicitamente
√
la condizione t2 + C ≥ 0, che nel nostro caso (poiché t0 = 2) si riduce a t ≥ 3.
√
Osserviamo inoltre che g(y) = y non è derivabile in y = 0, dunque quando y = 0 viene a cadere
√
la garanzia di unicità della soluzione. In effetti, per t = 3 la soluzione del problema di Cauchy
assegnato si “innesta” sulla soluzione y ≡ 0, costruendo una soluzione
√
0 t< 3
y∗ (t) =
(t2 − 3)2 t ≥ √3
con α ≥ 1. ♦