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La Faccia Nera dell’Italia.

L'idea dell'Italia suscita da secoli un'emozione speciale nell'animo degli europei. Come se lo
spazio della penisola fosse fatto di una materia differente: i suoi panorami, le sue città, i suoi
paesi sono immersi in una sorta di luce mitica il cui segreto resta inaccessibile. I viaggiatori del
Grand Tour non hanno mai smesso di descriverne il fascino. Gli scrittori hanno cercato spesso
di svelarne il mistero. Di fronte alla sovrabbondanza di opere d'arte, Stendhal provava
emozioni così forti da rasentare il malessere che era condiviso da tanti altri visitatori. Secondo
Nietzsche, l'Italia era luce, dolcezza, liberazione. Lì non sentiva il bisogno di dire "no", come
succede a chi esce al mattino per le strade di una città tedesca, ma sentiva la luce, la musica e
"i dolci grappoli d'uva scelti per lui dalla fruttivendola" a Torino negli ultimi tempi della sua
serenità. Per Freud, invece, il paese era una rivelazione necessaria ("quello che mi serve è
l'Italia") e la sua arte uno svelamento dell'inconscio, un'esperienza di alterità e atemporalità.
Ancora oggi nella memoria del viaggiatore riaffiora l'impressione d'incanto e di trasfigurazione
del primo incontro: i paesaggi armoniosi dei grandi laghi, il caffellatte francese che si trasforma
nella schiuma delicata del cappuccino, il suono degli zoccoli di legno sul lastricato di Sirmione,
l'allegria, gli alberi e i fiori. Ma c'è anche un altro versante, un versante nero da tempo noto ai
poeti e agli scrittori italiani. Questo aspetto è già stato esplorato da Alessandro Manzoni nei
Promessi sposi, un romanzo dal titolo innocente che non lascia intravedere gli abissi di oscurità
e tragedia che attendono il lettore.
Come La Certosa di Parma, il racconto di Manzoni si basa su antiche cronache italiane violente
e oscure, ma non ci sono né Fabrizio né Clelia né l'ombra di una Sanseverina. Siamo nel
seicento, ai tempi della peste, in un'Italia dominata dagli spagnoli dove s'intrecciano intrighi
tenebrosi e crimini oscuri. Pagine implacabili, pitture tragiche, che sembrano anticipare, per di
più, i misteri e gli scandali irrisolti degli anni di piombo e dell'Italia contemporanea, come l'ha
vissuta, denunciata e subita Pasolini fino alla sua morte. Le radici della situazione attuale
possono essere rintracciate nel fatto che in Italia il potere è stato esercitato quasi sempre
come "fazione e oligarchia", come pratica autoritaria di fronte alla quale "la cosa peggiore è
non avere protettori". Questo alimenta un'atmosfera di ignavia, un termine che Leopardi usava
a proposito della "vilissima condizione" dei suoi connazionali. Ignavia è l'"inazione per
incapacità di comprendere" in una società simile a quella descritta da Manzoni. Oggi prevale
nuovamente l'ignavia, una passività e un'accettazione che ricordano che il fascismo - durato
vent'anni grazie a un ampio consenso tra la popolazione - non è mai stato sottoposto a un
lavoro di riflessione e giudizio come in Germania con il nazismo.
La costituzione italiana, elaborata dopo la guerra da personalità di diverse appartenenze
politiche ma tutte con una solida coscienza democratica, è la migliore, la più chiaramente
repubblicana e laica tra le costituzioni europee. Dopo la sua approvazione, però, i governi
democristiani non sono mai riusciti a educare il popolo italiano alla democrazia. La sinistra
italiana - un grande partito comunista di stampo gramsciano, più che marxista, e un forte
partito socialista, all'epoca alleati - aveva una chiara vocazione pedagogica. Ma poi ha
cominciato a indebolirsi negli anni settanta, scossi dai conflitti, dal terrorismo e dalla
corruzione.
La corruzione, in particolare, è cresciuta in maniera costante negli anni ottanta sotto l'effetto
della politica craxiana, che ha interrotto bruscamente la tradizione etica della sinistra e ha
fornito un'ideologia utile a quel governo aziendalista che avrebbe poi intaccato le basi della
democrazia. Con la famosa "discesa in campo" del 1994 la società dello spettacolo si è
affermata (per citare il filosofo francese Guy Debord) e ha cominciato ad allungare i suoi
tentacoli come una piovra: niente più passato né futuro, solo un presente immaginario,
mellifluo, fittizio.

Due fenomeni danno la misura della particolarità e della gravità di quel momento storico: lo
stato d'ipnosi in cui gli elettori hanno votato per una destra pseudo liberale e l'asservimento
volontario" di uomini politici che, a parte quelli reclutati ad hoc (imprenditori, avvocati
eccetera), in passato avevano mantenuto una certa dignità e che in quel momento sono stati
pronti a sostenere imperturbabili, con disciplina assoluta, il valore intrinseco e "buono per il
popolo" di ogni nuovo colpo sferrato alla democrazia dal loro re Ubu. A quei tempi ci si
chiedeva come un intero paese potesse essere trascinato in un sonno così profondo senza
violenza (anche se la violenza non era tanto lontana e si è vista poi al G8 di Genova). Le cause
sono diverse e vanno cercate nella storia italiana recente e lontana. I mezzi, usati in modo
ripetitivo, sono quelli relativi all'abolizione dei rapporti tra realtà e finzione, un'abolizione
progressiva raggiunta con forti dosi di una televisione allucinatoria.
La vulgata governativa di allora, secondo cui la sinistra, e più precisamente il Partito
comunista, avevano governato il paese nei cinquant'anni precedenti, non era solo una trovata
da campagna elettorale. La tranquillità con cui l'opinione pubblica ha accettato quella curiosa
riscrittura della storia recente rivela forse una convinzione segreta, e radicata, secondo cui il
governo "naturale" del paese sarebbe stato il regime fascista, artificialmente interrotto in qual-
che modo dalla guerra e dalla disfatta militare. Allo stesso tempo un paese agricolo e cattolico
si trasformava repentinamente in un paese industriale, edonista, senza legge, senza punti di
riferimento. Scivolamento, liquefazione: il tessuto cede silenziosamente, lo stagno si allarga.
I danni sono ancora visibili: revival fascista, razzismo contro gli immigrati - a volte ridotti in
schiavitù, come abbiamo visto poche settimane fa in Calabria -, collusione con la mafia sempre
più centrale ed evidente. Negli ultimi tempi il paese è arrivato all'"anestesia totale", alla
"sonnolenza collettiva", alla "narcosi", termini usati qualche giorno fa da giornalisti
dell'opposizione. Di un'opposizione praticamente impotente, perché secondo un recente
sondaggio l'87% per cento degli italiani riceve informazioni solo dalla televisione che, privata o
pubblica, è sempre più nelle mani del governo.
L'obiettivo originale del radicamento berlusconiano - che la giornalista Rossana Rossanda
definiva come "una capitolazione del paese di fronte all'azienda pura e semplice" - sembra
ormai raggiunto, anche se oggi per la prima volta cominciano a manifestarsi sintomi di
ribellione.

La protezione civile è un'organizzazione destinata all'intervento rapido in caso di "catastrofi


naturali". Si attiva durante le emergenze e opera al di sopra e al di fuori delle leggi. Da qui è
nato un potere assoluto che sfugge a ogni controllo ed è fonte di ogni genere di corruzione.
Alcuni esponenti della coalizione di governo, come il presidente della camera Gianfranco Fini e
l'ex ministro dell'interno Giuseppe Pisanu, hanno preso le distanze dallo scandalo che ha
coinvolto la protezione civile. "L'orizzonte dell'interesse generale è chiuso, si sono aperte le
cateratte dell'interesse privato", ha detto Pisanu.
Ogni giorno scoppia un nuovo scandalo. Forse si prepara una miscela esplosiva fatta di
stanchezza ed esasperazione dei cittadini di fronte a una classe dirigente, "non solo corrotta,
ma decrepita", scrive Curzio Maltese, lucido analista del fenomeno fin dalle sue prime
manifestazioni. Durezza della crisi (migliaia e migliaia di operai e di ricercatori licenziati e
ridotti in povertà), la rivolta delle vittime del terremoto in Abruzzo ("Un anno dopo qui tutto
muore"), il desiderio di un futuro per il momento inimmaginabile. Rivedremo presto il cielo
italiano di Stendhal?

Jaqueline Risset, Le Monde, France.

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