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·  Antologia ed espografia  ·

2 Vetrina della Galleria del


Cavallino, Venezia, 1942 ca.

La Galleria del Cavallino, Venezia


1942-1947 1

Il 25 aprile 1942, in piena guerra, a due passi da piazza San Marco il collezio-
nista e editore Carlo Cardazzo (1908-1963) apre la sua prima galleria in Riva
degli Schiavoni, la fondamenta che conduce ai Giardini della Biennale di cui
due mesi più tardi sarà inaugurata la xxiii edizione. La Galleria del Cavallino,
questa nuova “fucina di idee”, appare immediatamente come il suo contrap-
punto. Libero De Libero (1903-1981), poeta, critico d’arte e direttore della Galle-
ria della Cometa a Roma, approva l’iniziativa di Cardazzo:
Architettura razionale = architettura moderna.
È un posto d’obbligo, una prefazione di attualità, un invito a riflettere. […] Là
86 Architettura non razionale = non architettura. 87
dentro mi sono riconciliato con la Biennale, perché la Biennale era in quelle
Abbiamo bisogno di un nuovo gusto architettonico.
sale. […] Perciò alcune sale e pareti ai Giardini per me altro non divennero
Questa architettura moderna che invochiamo sarà razionale, proprio per-
che dipendenze naturali del Cavallino.2
ché quella che ci ha preceduto da circa un secolo non lo è stata, e non fu ar-
chitettura.4
Raffaello Giolli (1889-1945), intellettuale antifascista che con Edoardo Persi-
co, il campione dell’architettura razionalista, crea a Milano la rivista d’ar-
Questa presa di posizione trova la sua applicazione nel 1937 nel restauro di Ca’
te contemporanea Poligono e la galleria eponima, sottolinea con entusiasmo
Foscari per ospitare l’Istituto superiore di economia e commercio.
quest’autentica prodezza:
Il progetto educativo e culturale di Cardazzo, una galleria “laboratorio”
L’arte e la cultura italiane non accettano la misura della Biennale: hanno progettata da Scarpa, era in linea con il programma ufficiale del ministro
troppe cose da dire. Qui tre Morandi, tre ultimi Carrà, vibratissimi, […] tre dell’Educazione nazionale Giuseppe Bottai (1895-1959), «l’azione per l’arte»,5
de Chirico […], un Modigliani […]. Qui gli artisti italiani vengon avanti senza come dimostra la maniera in cui Cardazzo descrive la sua galleria nel catalo-
paura di disturbare: non pensano alla buona educazione del sottovoce di sa- go della prima mostra:
lotto. […] Al Cavallino c’è anche un architetto: quello che ha ordinato l’in-
gresso e le sale, con intelligenza: Scarpa, proprio un architetto veneziano Una galleria che avesse per scopo il compito di far conoscere al vasto pubblico

che a Venezia non ha mai costruito una casa e che non ha altro da fare che di passaggio in questa città il meglio dell’arte italiana contemporanea.6

occuparsi di vetri soffiati, a Murano.3


«La galleria più celebre d’Italia»,7 ironizza Carlo Scarpa, che prende dunque
Aggiungiamo che per Carlo Scarpa Murano fu anche l’occasione per realizza- le distanze da un contesto politico al quale è ben lontano dall’aderire.8 Ma
re degli stand espositivi e un negozio che testimoniano concretamente la sua già nel 1937, ai tempi dell’inaugurazione di Ca’ Foscari, Bottai aveva giudica-
adesione, dal 1931, al movimento razionalista: to favorevolmente quest’intrusione dell’architettura moderna nel pieno cen-
· Philippe Duboÿ · ·  Antologia ed espografia  ·

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La Galleria del Cavallino, Venezia, 1942. In alto: il corridoio dei disegni. In basso: la sala bianca
e il redent dei libri. Articolo pubblicato su Stile. Architettura, Arti, Lettere, Arredamento, Casa, n. 32-34, La Galleria del Cavallino, Venezia, 1942. In alto: la sala grande. In basso: la sala bianca e, sullo
agosto-settembre 1943, pp. 96-97. sfondo, la sala grande.
· Philippe Duboÿ · ·  Antologia ed espografia  ·

tro storico di Venezia, un’intrusione che agli occhi di molti costituiva uno
scandalo. Quanto a Cardazzo, la scelta dell’architetto, il suo amico Scarpa,
corrispondeva perfettamente alle sue ambizioni di gallerista e il risultato
era all’altezza delle sue esigenze, almeno stando alle dichiarazioni di De Li-
bero, il quale sottolinea anche l’esemplarità dell’operazione:

Io non so se oggi ci sia un altro paese europeo che vanti una Galleria come
questa del Cavallino, in cui la semplicità dell’architettura e dell’arredamen-
to denomini meglio eleganza e gusto nell’insieme; ove le opere trovino luce e
onore.9

Il progetto è cofirmato dall’architetto Mirko Artico (1902-1992), non potendo


Scarpa, “professore d’architettura”, esercitare come architetto. (Finché visse,
il titolo non gli fu mai riconosciuto dall’Ordine degli architetti.)
I pochi disegni che testimoniano l’intervento scarpiano sono già pienamen-
te caratteristici del suo modo di procedere. A partire dal rilievo attento del luo-
go, costituito dall’antico Caffè Orientale, da un’area complessa della Venezia
minore e da un edificio per negozi al pianterreno, Scarpa sfrutta in un vocabo-
Studi delle sale espositive (sala bianca e sala grande) e di diversi sistemi di illuminazione, 1942 ca.
lario razionale la successione degli spazi per creare una promenade architecturale Matita su carta.
90 conforme alla nuova destinazione di galleria d’arte moderna. Lo stato dei luo- 91
ghi determina la scelta di materiali, pavimenti, muri, soffitti ecc.; quelli origi-
nari – una calle stretta, una corte e un magazzino – si armonizzano con la loro direttore. L’illuminazione naturale di questa prima sala, la sala bianca, è zeni-
nuova funzione di spazio espositivo. tale, filtrata attraverso un lucernario rettangolare dal moderno disegno regola-
Questa complessità del luogo è il fondamento stesso del progetto secondo re; le pareti sono bianche (latte di calce o Ripolin) e il pavimento in cotto garan-
una regola di gioco ben precisa: “braccare la luce naturale”. La porta d’ingres- tisce la continuità con il corridoio d’ingresso e con quello a imbuto che conduce
so in vetro è a destra della vetrina, divisa verticalmente in tre parti. La sezione alla grande sala espositiva e che termina in un portico. Questa sala è divisa in
centrale, più larga, permette di vedere dall’esterno il manifesto, un quadro o tre parti da pilastri in pietra preesistenti, intonacati di calce bianca o di Ripolin
una scultura della mostra in corso, presentati su un cavalletto mobile sospe- come i muri. Il pavimento presenta listelli di legno a spina di pesce; i muri sono
so tramite una patera di metallo a sezione quadrata. Sulla parete di mattoni rivestiti da pannelli regolari che, tappezzati da un tessuto leggermente più scu-
dell’ingresso, di fronte alla vetrina, un diaframma convesso staccato dal muro ro delle pareti bianche, permettono di appendere i quadri ad altezza d’occhio.
funge da sfondo per la statua Il Cavallino di Arturo Martini montata su un trep- La parte sinistra riceve un’illuminazione zenitale da un lucernario identico a
piedi anch’esso a sezione quadrata. Il pavimento dell’ingresso è in opus incertum, quella della prima sala. La parte centrale e quella di destra sono illuminate a
lastricato di pietre irregolari. Un corridoio lungo e stretto conduce alla prima intervalli regolari da una serie di faretti metallici standard agganciati al sof-
sala della galleria. Il pavimento è a quadrati regolari di cotto, mentre le pareti e fitto di travi di legno regolari dello stesso bianco dei muri. A destra un pannel-
il soffitto sono rivestiti di stretti e uniformi listelli di legno. Sul muro di destra, lo nero, staccato dal muro di fondo, conclude la prospettiva teatrale di questa
ad altezza d’occhio, si estende una lunga vetrina per disegni e incisioni incor- grande sala espositiva nascondendo il deposito della galleria. L’illuminazione,
niciata da una semplice bacchetta di legno. Il corridoio termina con un redent, naturale e artificiale, è determinante nell’invenzione scenica tesa a valorizzare
una nicchia di colore scuro, per i libri e i cataloghi delle edizioni del Cavallino10 le opere esposte. La disposizione delle panche disegnate da Scarpa, come l’inte-
esibiti in una vetrina. Lungo l’asse del corridoio s’intravede sulla parete di fondo ro mobilio della galleria, accentua la teatralizzazione della sala.
della prima sala espositiva, dietro una porta a vetri, la “segreteria”: l’ufficio del

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