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Massa ed energia

Schema dell’intervento didattico


• Crisi della cinematica classica
– Il valore della velocità della luce come velocità limite
– Espressione della energia cinetica in funzione della velocità e teorema dell’energia
cinetica
• I postulati della Relatività ristretta e le conseguenze cinematiche
– I due postulati di Einstein: invarianza della velocità della luce e principio di relatività
– La dilatazione relativistica dei tempi
• La «dinamica» relativistica
– Quantità di moto come quantità conservata
– Costruzione della espressione della quantità di moto in funzione della velocità in ambito
relativistico
– L’espressione della energia cinetica in funzione della velocità in ambito relativistico
• Il fotone come «oggetto relativistico ideale»
– Introduzione del fotone (effetto fotoelettrico)
– La pressione di radiazione e la «equazione di stato» del fotone (E = p c)
– Un primo esempio di non additività della massa classica: l’assorbimento di fotoni
• Massa ed energia
– Il decadimento beta
– L’energia totale in relatività ed il significato dell’energia a riposo
– E2 = p2 c2 + m2 c4
Strumenti usati nell’intervento
didattico
• Esposizione ed analisi di esperimenti storici «reali»
– Velocità ed energia cinetica di elettroni relativistici (W.
Bertozzi, 1900)
– La pressione della luce (Lebedev, 1900, Nichols et al, 1903)
• Esperimenti mentali
– Orologio a luce
– Urti elastici relativistici
– Assorbimento di fotoni
• Esplorazione di fenomenologie
– Le regole del decadimento beta e la relazione empirica
∆E = ∆m c2
Crisi della cinematica classica
Il valore della velocità della luce come velocità limite
Espressione della energia cinetica in funzione della velocità e teorema dell’energia cinetica

Velocità ed energia cinetica di elettroni relativistici (W. Bertozzi, 1964)


Preliminari
- Richiami del teorema dell’energia cinetica classico
- Il lavoro elettrico. (unità di misura eV)
I contenuti
– Misura sperimentale della velocità di elettroni accelerati mediante
un lavoro elettrico prefissato v in funzione di Lelet .
– Misura calorimetrica dell’energia trasportata dagli elettoni E (K)
in funzione di Lelet .
Gli esiti
– Non validità dell’espressione classica dell’energia cinetica
K = ½ M v2
– Esistenza di una velocità limite (c)
Velocità ed energia cinetica di elettroni relativistici
(W. Bertozzi, 1964)
Velocità ed energia cinetica di elettroni relativistici
(W. Bertozzi, 1964)

C velocità limite
K ≠ ½ M v2
Velocità ed energia cinetica di elettroni relativistici
(W. Bertozzi, 1964)

Misura calorimetrica
Lelet = ∆ Eint ( = K?)
Velocità ed energia cinetica di elettroni relativistici
(W. Bertozzi, 1964)

Conclusioni
-Gli elettroni non accelerano a più di c.
-Il teorema dell’energia cinetica potrebbe valere
ancora in ambito relativistico, ma l’espressione
dell’energia deve essere diversa.
I postulati della Relatività ristretta
e le conseguenze cinematiche
• I due postulati di Einstein: invarianza della velocità
della luce e principio di relatività
– Premessa: La velocità della luce come velocità limite (non
raggiungibile da un osservatore) nel caso più generale
(paradosso di Einstein «a cavallo di un raggio di luce» e l’assurdo di
onde E.M. statiche)
– Conseguenza: La non validità delle trasformazioni
galileiane della velocità in ambito relativistico (un raggio di
luce «sparato» da un mezzo in moto ha come valore di velocità c,
sia nel sistema di riferimento fermo che in quello co-movente con il
mezzo)
Altre cose della cinematica classica che non
funzionano alle altre velocità!
I postulati della Relatività ristretta
e le conseguenze cinematiche
• La dilatazione relativistica dei tempi
Esperimento mentale: l’orologio a luce (applet)
– Cos’è un orologio
– Un orologio fatto con
un raggio di luce
riflesso tra due specchi
– Due orologi a luce,
entrambi esaminati
nel sistema di
riferimento «fermo»
I postulati della Relatività ristretta
e le conseguenze cinematiche
• La dilatazione relativistica dei tempi
Esperimento mentale: l’orologio a luce (applet)
– Da pure considerazioni
geometriche sui
percorsi effettuati LA e LB
c TA = LA = 2 L
(C TB)2 = LB2 = (2L)2+(V TB)2
-->
(CTB)2 (1- (V/c)2) = (c TA)2
TB = TA /(1-(V/c)2) 1/2
I postulati della Relatività ristretta
e le conseguenze cinematiche
• La dilatazione relativistica dei tempi
Esperimento mentale: l’orologio a luce (applet)
Stimoli per la riflessione
Un osservatore è solidale con l’orologio fermo, mentre un
secondo osservatore si muove con il secondo
– I battiti del cuore del secondo osservatore risultano
realmente rallentati secondo il primo?
– Il secondo osservatore sente i propri battiti rallentati?
Invarianza delle leggi fisiche nei due sistemi di riferimento
Invarianza del tempo proprio
La «dinamica» relativistica
• Quantità di moto come grandezza conservata.
L’esperimento di Bertozzi suggerisce che l’energia cinetica
K ed il relativo teorema hanno un significato anche
nell’ambito relativistico, anche se la dipendenza di K dalla
velocità deve essere diversa da quella classica.
E la quantità di moto?
La conservazione della quantità di moto P in meccanica
classica è fondamentale: possiamo fare l’ipotesi che abbia
un corrispettivo anche in ambito relativistico, pur
eventualmente P possa dipendere in maniera diversa
dalla velocità che in ambito classico
La «dinamica» relativistica
• Quantità di moto come grandezza conservata.
Urti elastici ad alta velocità
• Preliminari
– Richiamo degli urti elastici in due dimensioni in meccanica classica
• Contenuti
– Urto radente fra due particelle identiche nel sistema di centro di massa. In tale
sistema di riferimento entrambe sono relativistiche, nel sistema di riferimento
del laboratorio prescelto una delle due ha velocità sufficientemente bassa da
poter essere considerata classica.
– La classicità di una delle due particelle nel sistema del laboratorio permette di
connettere l’espressione della quantità di moto con quella classica, mentre la
forma della seconda particella deriva dalla conservazione della quantità di
moto totale
– Ruolo fondamentale gioca il tempo proprio delle due particelle
– Le componenti delle velocità delle due particelle non rimangono eguali ed
opposte passando da un sistema di riferimento all’altro
• Risultati
– Una espressione per (il modulo del)la quantità di moto in ambito relativistico
La «dinamica» relativistica
• Quantità di moto come grandezza conservata.
Urti elastici ad alta velocità
- Urto radente (C.M.) 1 Y
(piccolo angolo di
X
deflessione piccola
componente di velocità 2
lungo Y piccola componente di quantità di moto
lungo Y)
- Poiché urto elastico, valgono ancora le eguaglianze dei
moduli delle velocità (e delle quantità di moto) prima e
dopo l’urto, e la collinearità tra letraiettorie delle due
particelle
La «dinamica» relativistica
• Quantità di moto come grandezza conservata.
Urti elastici ad alta velocità
1 Y’
- Sistema di riferimento di
laboratorio scelto in modo
da annullare la componente X X’
della quantità di moto di 1. 2
In tale limite, la 1 «rimbalza»
lungo la direzione di Y’.
- Se l’urto nel C.M. era abbastanza radente, la velocità di 1 nel
laboratorio sarà piccola, al limite potrà essere trattata
classicamente.
In questo limite, la quantità di moto di 1 sarà semplicemente
P’1 = M v’1
La «dinamica» relativistica
• Quantità di moto come grandezza conservata.
Urti elastici ad alta velocità
- Consideriamo gli 1 Y
spostamenti ∆Y
X
effettuati lungo Y dalle
2
due particelle nel C.M..
Saranno uguali a parità di tempo ∆t
(simmetria del sistema) o, meglio, di tempo
proprio ∆τ
La «dinamica» relativistica
• Quantità di moto come grandezza conservata.
Urti elastici ad alta velocità
- Nel sistema di laboratorio 1 Y’
i due spostamenti avvenuti
durante l’intervallo di tempo X’
proprio ∆τ (dimensione 2
trasversale alla direzione di
moto del laboratorio rispetto C.M.) rimangono uguali tra loro
- In questo caso però abbiamo che mentre per la particella 1, ∆τ
coincide con il tempo coordinato ∆t’1 (la particella è classica), per la
2 è significativa la dilatazione dei tempi
∆t’2 = ∆τ /(1-(v’2/c)2)1/2
- L’eguaglianza tra gli spostamenti lungo Y’ implica quindi
v’1 ∆τ = v’1 ∆t’1 = v’2(y) ∆t’2 = v’2(y) ∆τ /(1-(v’2/c)2)1/2
cioè
v’1 = v’2(y) /(1-(v’2/c)2)1/2

(STRESS SU DIFFERENZA TRA LE COMPONENTI DELLA VELOCITA’)


La «dinamica» relativistica
• Quantità di moto come grandezza conservata.
Urti elastici ad alta velocità 1 Y’
- Ricordando la conservazione
della quantità di moto dovrà essere X’
P’2(y) = P’1
- Ma 1 è classica, per cui P’1 = M v’1 2
P’2(y) = P’1 = M v’1
- Ricordando il risultato ottenuto in precedenza
P’2(y) = M v’1= M v’2(y) /(1-(v’2/c)2)1/2
- Un ultimo passo: quantità di moto e velocità sono collineari, per cui deve
esistere la stessa relazione di proporzionalità tra componenti dei due
vettori e tra i moduli
P’2 = M v’2 /(1-(v’2/c)2)1/2
oppure, eliminando un po' di indici inutili
P = M v /(1-(v/c)2)1/2
La «dinamica» relativistica
• L’espressione della energia cinetica in funzione della velocità in ambito relativistico
- Il risultato ottenuto per la quantità di moto
P = M v γ ove γ =1/(1-(v/c)2)1/2
Suggerisce che nella «dinamica» relativistica una importante funzione della velocità è la γ.
Vediamo cosa implica ciò per
l’energia cinetica K dell’elettrone
nell’esperimento di Bertozzi 3,5

Qui a fianco sono riportati i valori y = 1.17x - 1.16


3
di K/Mec2 in funzione di γ (è aggiunta
la coppia di valori (1,0), valida
di principio per un elettrone 2,5
fermo).
2
K/Mec2

I dati (entro l’errore sperimentale)


sembrano indicare una relazione 1,5
del tipo
K = A M c2 (γ -1) 1
Ove A è una qualche costante molto
vicina ad 1
0,5

0
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4
γ
La «dinamica» relativistica
• L’espressione della energia cinetica in funzione della velocità in ambito
relativistico
Vediamo cosa implica questa relazione per basse velocità, nel limite classico.
Dobbiamo approssimare la relazione
γ =1/(1-(v/c)2)1/2
Utilizzeremo a tal fine una regola di approssimazione delle potenze (anche
frazionarie) di un binomio espresso nel seguente modo
(1+X)N ≅ 1+ N X
Approssimazione tanto migliore quanto X<<1. Nel nostro caso è N = -1/2 e
quindi
γ = 1/(1-(v/c)2)1/2 ≅ 1- ½ (-(v/c)2)

L’espressione per K diventa


K = A M c2 (γ -1) ≅ A M c2 ( 1+ ½ (v/c)2- 1) = ½ A M v2
Cioè coincidente con l’espressione classica, se A = 1.
La «dinamica» relativistica
• L’espressione della energia cinetica in funzione della velocità in
ambito relativistico
1,2
Una verifica ad alta
velocità dell’espressione
così ricavata la si può 1

fare con i dati


dell’esperimento di 0,8

Bertozzi.

(v/c)2
Si può facilmente ricavare 0,6
che l’espressione che lega
v2 a K nel grafico che 0,4
abbiamo visto, è
V2/c2 = 1- [ mc2 / (mc2+K) ]2 0,2
che riproduce bene
l’andamento dei dati 0
0 5 10 15 20 25

K/(mc2)
Il fotone come «oggetto relativistico ideale»

• Introduzione del fotone (effetto fotoelettrico)


Effetto tipico
nell’interazione a bassa
energia con materiali
metallici
Emissione di
fotoelettroni
L’effetto non si manifesta
per luce con frequenza
troppo bassa, non importa
quanto sia intenso il fascio incidente
Il fotone come «oggetto relativistico ideale»

• Introduzione del fotone (effetto fotoelettrico)


Filmato PSSC http://www.youtube.com/watch?v=8iGOQCeBbEA
Misura dell’energia cinetica dei fotoelettroni con un potenziale
ritardante
Schema di una valvola per lo studio Andamento dei potenziali
dell’effetto di arresto in funzione della
frequenza
Il fotone come «oggetto relativistico ideale»

• Introduzione del fotone (effetto fotoelettrico)


Riassumendo:
• I fotoelettroni non vengono emessi a meno che la
luce incidente non abbia una frequenza superiore ad
un certo minimo (dipendente dal materiale)
• L’energia cinetica dei fotoelettroni emessi è lineare
con la frequenza della luce incidente
• Questi effetti sono indipendenti dalla intensità
luminosa incidente
Il fotone come «oggetto relativistico ideale»

• Introduzione del fotone (effetto fotoelettrico)


Interpretazione di Einstein
• L’interazione tra la luce e la materia avviene per unità discrete, in cui
l’energia trasferita è fissata dalla frequenza della luce ed ad essa
proporzionale
E=hν
• La frequenza limite ν0 per innescare l’effetto corrisponde all’energia
minima necessaria per estrarre l’elettrone dal metallo
W = h ν0
• L’energia cinetica dell’elettrone corrisponde a quanto rimane dell’energia
dopo aver «consumato» il lavoro di estrazione
K = h ν - h ν0
Il fotone come «oggetto relativistico ideale»

• Introduzione del fotone (effetto fotoelettrico)


Interpretazione di Einstein
L’interpretazione di Einstein presuppone quindi l’esistenza di «particelle» di
luce (fotoni) che evidenziano la loro esistenza nell’interazione di natura
discreta con la materia, nella quale interagiscono scambiando una quantità
determinata di energia.
Esistono altre proprietà, oltre che l’energia, che possono essere associate ai
fotoni?
Il fotone come «oggetto relativistico ideale»

La pressione di radiazione e la «equazione di stato» del


fotone (E = p c)
• L’ipotesi che la luce eserciti una «spinta» sui materiali su cui
essa incide nasce con Kepler, che la usa per spiegare la
formazione delle code delle comete (in realtà più dovute al
vento solare)
• Alla fine del 1800 una analoga ipotesi venne fatta da
Maxwell che, a partire dal suo studio della luce come
radiazione elettromagnetica, prevedeva che la luce scambi
quantità di moto, nella misura di p = E / c, ove E è l’energia
luminosa incidente
Il fotone come «oggetto relativistico ideale»
La pressione di radiazione e la «equazione di stato» del fotone
(E = p c)

• Lebedev (1901) e Nichols (1903) effettuarono degli


esperimenti per controllare tale ipotesi.

Radiometro di Nichols
Bilancia di torsione
equipaggiata con due specchi.
Su uno degli specchi viene inviato
un fascio di luce, che provoca
la rotazione dell’equipaggio mobile
Il fotone come «oggetto relativistico ideale»
La pressione di radiazione e la «equazione di stato» del fotone
(E = p c)

- Taratura della bilancia tramite


misure dei tempi di oscillazione e
del momento di inerzia
- Misura della rotazione della
bilancia quando gli specchi sono
illuminati da un fascio di luce.
- Determinazione della potenza
irradiata dal fascio luminoso
mediante misure calorimetriche
Il fotone come «oggetto relativistico ideale»
La pressione di radiazione e la «equazione di stato» del fotone
(E = p c)

I due esperimenti hanno mostrato (con diversi gradi di precisione) che


• la forza F esercitata dalla luce sullo specchio (interpretabile come impulso
trasmesso per unità di tempo) fosse proporzionale alla potenza W associata al
fascio luminoso (interpretabile come energia trasmessa per unità di tempo)
• Tale costante di proporzionalità risulta essere, entro gli errori, pari a (1+ρ)/c
F = W (1+ρ)/ c
ove ρ è la riflettività dello specchio.
• Considerato il bilancio in un intervallo di tempo ∆t, esso può essere interpretato
come l’effetto di un impulso W∆t /c trasmesso dalla luce incidente e di uno ρ W
∆t/c legato alla luce riflessa
• Alla luce incidente allora deve venire associato un impulso P = W ∆t /c cioè
P=E/c
Ove E è l’energia trasportata dalla luce.
Tale risultato poi deve essere esteso anche ad i singoli fotoni che compongono il
fascio
Il fotone come «oggetto relativistico ideale»
Un primo esempio di non additività della massa classica: l’assorbimento di
fotoni

Due fotoni incidono collineari su un corpo


in quiete
In questo sistema di riferimento, PRIMA e DOPO
la quantità di moto del corpo è nulla.

In un sistema di riferimento in moto con velocità v


l’energia dei fotoni può essere diversa
La quantità di moto del corpo PRIMA è (sommando
le quantità di moto lungo l’orizzontale)
P = M γ v + 2ε/c (v/c)
(il fattore v/c dipende dalla geometria)
Il fotone come «oggetto relativistico ideale»
Un primo esempio di non additività della massa classica: l’assorbimento di
fotoni

La quantità di moto DOPO è


P’ = MγvF

MA ….
Nel primo sistema di riferimento il corpo è fermo prima e dopo,
e quindi la velocità vF nell’altro sistema di riferimento deve
essere sempre v
Quindi DOPO
M γ v = M γ v + 2ε v /c2
ASSURDO
Il fotone come «oggetto relativistico ideale»
Un primo esempio di non additività della massa classica: l’assorbimento di
fotoni

Conservazione q.d.m.: M γf vf = M γ v + 2ε v /c2


v f = v ⇒ γf = γ
L’unico modo per risolvere l’assurdo è che la massa DOPO l’assorbimento sia diversa
da quella PRIMA
M’ γ v = M γ v + 2ε v/c2
M’ = M + 2ε/(γ c2)
Ma 2 ε è quanto il corpo ha assorbito di energia: ∆E.
Perciò possiamo affermare se un corpo assorbe energia senza variare la sua velocità,
la sua massa varia di
∆M = ∆E/( γ c2 )
Nel SI in cui il corpo è fermo γ = 1 ⇒ un input di energia ∆E in un corpo a riposo nel
lab. può far aumentare la sua massa di
∆M = ∆E/ c2
mantenendolo a riposo nel SI del lab.
Che cos’è l’energia posseduta da un
sistema fisico?
Se consideriamo un oggetto di massa iniziale trascurabile (m < ε, ε
arbitrariamente piccolo) l’input di energia necessaria perché esso
acquisti una massa m è dato da
∆E = (∆m) c2 = (m – 0) c2 = m c2
⇒ m c2 ≡ E0
può essere vista come l’energia necessaria per la creazione di una
riposo.. E0 = m c2 è l’energia che il corpo
particella di massa m a riposo
possiede per il solo fatto di avere una massa m. O ancora è la soglia
minima di energia che una particella/sistema fisico può possedere:
l’energia di un corpo non può mai andare sotto m c2 , al contrario di
quanto afferma la meccanica classica.
In meccanica classica ha senso che l’energia di una particella/sistema
fisico sia 0, mentre la massa non può mai essere nulla. Qui ci
accorgiamo che possibile pensare a una massa nulla, ma l’energia di
un oggetto di massa m è sempre ≥ m c2 > 0.
Che cosa misura l’energia posseduta da un
sistema fisico?
• La massa misura l’energia complessiva posseduta da un sistema o
particella a riposo: E0 = m c2 .
• E0 è detta energia a riposo.
riposo Ma finora abbiamo ragionato in un
solo SI; prendiamo ora in considerazione l’energia dovuta al moto
del SI solidale all’oggetto rispetto al SI del lab: essa è l’energia
cinetica del corpo nel SI del lab.
• Per ottenere l’energia totale di un sistema dovrò quindi sommare
il contributo di energia a riposo a quello cinetico:
E = E0 + K
La massa misurata nel SI solidale è la stessa che si misura nel lab
perché per misurare m ci si riferisce sempre al riferimento solidale.
In esso si eseguono misure a basse velocità tramite cui si trova il
valore di m utilizzando la F = ma.
La massa è quindi un invariante relativistico: la sua misura dà lo
stesso risultato per tutti i SI. Perciò possiamo sommare:
E = m c2 + m c2 (γγ -1) = m c2 + γ m c2 – m c2 = γ m c2
E = γ m c2 (energia totale relativistica)
Massa ed energia
L’energia totale in relatività ed il significato dell’energia a
riposo

Abbiamo visto due casi in cui la massa di un corpo è variata:


- È aumentata quando il corpo ha assorbito energia dall’esterno (dai fotoni)
∆M c2 = ∆E0
- È diminuita quando nello stato finale è apparsa energia precedentemente
riscontrabile
∆Mnuclide c2 = (-) Kprodotti
o meglio, quando il corpo (il radionuclide) ha ceduto una certa quantità
della sua energia ai prodotti del decadimento (trasformata in energia
cinetica)
∆E = (-) Kprodotti
e quindi la variazione di massa è ancora collegata alla variazione di energia
(totale) del corpo
∆M c2 = ∆E
Massa ed energia
L’energia totale in relatività ed il significato dell’energia a
riposo

Quale è il significato della seguente relazione?


∆M c2 = ∆E0
- Consideriamo un oggetto di massa completamente trascurabile e
supponiamo che la sua energia (a riposo) sia nulla (scelta di uno zero per
l’energia.
- Pensiamo ora di «pompare» energia nel corpo (ad esempio facendogli
assorbire fotoni, come nell’esperimento mentale). La sua massa aumenta,
in maniera correlata alla energia che il corpo ora possiede (sempre a
riposo)
- La massa che si ottiene alla fine del processo «misura» la quantità di
energia che è stata immessa nel corpo per portare M a tale valore
E0= M c2
Massa ed energia
L’energia totale in relatività ed il significato dell’energia a
riposo

C’è un contenuto di energia anche quando il corpo è in quiete, che si


manifesta sono nelle variazioni (assorbimento o emissione).
Se il corpo è poi in movimento, l’energia totale risulta pari a questa energia a
riposo e l’energia cinetica associata al moto.
L’energia totale diventa quindi
E = E0 + K
Oppure, utilizzando i risultati ottenuti per l’energia a riposo e per l’energia
cinetica
E = M c2 + (γ-1) M c2 = γ M c2

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