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1 Instabilità e transizione.
Come ogni altra corrente, anche gli strati limite possono diventare dapprima instabili e,
attraverso una fase di transizione, dare origine a un regime di moto turbolento. Si dice
allora che lo strato limite è turbolento. Il problema della stabilità dello strato limite fu
affrontato già nel 1929, da Tollmien, e successivamente da Schlichting e da Taylor, le cui
intuizioni furono confermate dal lavoro sperimentale di Schubauer e Skramstadt nel 1947.
L’instabilità dello strato limite laminare si manifesta, come di consueto, quando viene
superato un valore del numero di Reynolds che, nel caso della lastra piana ad incidenza
nulla, la teoria linearizzata (di Orr Sommerfeld) prevede dell’ordine di 645, mentre
l’evidenza sperimentale indica valori di circa 420. Ovviamente si tratta del numero di
Reynolds basato sulla velocità esterna e su uno spessore dello strato limite che, nel caso
particolare, è lo spessore di spostamento d * . Al valore di Red * = 420 , data la relazione
(BL.13) d * (x ) =1.72077 x Re x , corrisponde un valore critico basato sulla x pari a circa
60•000 .
L’analisi di stabilità dello strato
† limite fornito
† dall’equazione di Orr-Sommerfeld
mostra chiaramente l’influenza, sia dell’ampiezza delle perturbazioni esterne, sia quella
†
della loro frequenza, e ciò introduce un altro concetto fondamentale della teoria della
†
stabilità, che è quello di ricettività. Senza entrare nei dettagli, è importante tenere presente
che ogni corrente di fluido è assimilabile ad un sistema dinamico più generale e, in quanto
tale, presenta frequenze proprie caratteristiche: non deve stupire se l’instabilità si manifesta
più facilmente quando la forzante esterna contiene, appunto, tali frequenze.
A partire dalle prime instabilità, che si possono prevedere per mezzo di teorie
linearizzate, il successivo (eventuale) processo di transizione al regime turbolento
coinvolge, come è noto, aspetti ben diversi, di natura tipicamente non lineare e ben più
difficilmente modellabili. Non è un caso che la transizione presenti tuttora aspetti
concettuali lungi dall’essere compresi.
Sebbene non lineare, e quindi relativamente improvvisa, la completa transizione dal
regime laminare a quello turbolento ha luogo per valori di Red * decisamente superiori a
quelli delle prime instabilità e, nel caso della lastra piana sono dell’ordine di 2•500 .
I valori del Reynolds critico e di quello di transizione relativi al caso della lastra piana
sono utili a titolo esemplificativo, ma non devono essere assunti a criteri generali. Infatti,
†
stabilità e transizione dello strato limite dipendono in misura notevolissima dall’andamento
†
longitudinale della velocità esterna (o, in altri termini, dal parametro di Pohlhausen): per
correnti esterne fortemente acceleranti l’instabilità può non manifestarsi affatto fino a
valori di Red * superiori a 10•000 , mentre per correnti deceleranti può comparire già per
valori inferiori a 100.
Nel seguito ci limiteremo all’analisi di strati limite in equilibrio temporale (o equilibrio
locale), condizione † che risulta verificata se gli strati limite (esterni, oppure in canali o
†condotti) sono completamente sviluppati e ad elevati numeri di Reynolds, anche in
presenza di un gradiente di pressione longitudinale, purché non eccessivamente elevato 1.
1
Condizione applicabile anche agli strati limite su profili alari ove il gradiente della pressione raggiunge
generalmente i valori massimi (negativi) in prossimità del bordo d’attacco, e cioè in una regione con corrente
esterna fortemente accelerante che, come si è detto, tende a mantenere il regime di moto laminare. Quando
queste due regioni turbolente siano indipendenti e diverse tra loro. Se, da un certo punto di
vista il problema viene superato operando con le equazioni mediate di Reynolds, che
affidano la modellazione degli effetti dinamici di tutto lo spettro delle strutture turbolente
ad un modello di viscosità turbolenta, la difficoltà concettuale viene trasferita, appunto,
nella formulazione di tale modello.
Cerchiamo di chiarire meglio questo concetto di natura multiscala dello strato limite
turbolento, la cui la prima e più importante conseguenza è che esso non potrà mai assumere
quelle distribuzioni simili della velocità adimensionale che, come abbiamo visto,
permettono di semplificarne notevolmente la modellazione nel caso laminare (vedi Blasius,
Falkner-Skan e Pohlhausen) 2. Per la precisione, questa natura multiscala preclude la
possibilità che possano esistere dei profili simili per la velocità adimensionale media validi
per tutto lo spessore dello strato limite turbolento: vedremo però che leggi di similitudine
continuano ad esistere, ma che la loro validità sarà limitata a ciascuno dei singoli sottostrati
in cui può essere concettualmente suddiviso lo strato limite turbolento.
3.1 Convezione
Nell’ipotesi di grande numero di Reynolds (U e (x) ⋅ L n ) , la corrente esterna presenta
una natura prevalentemente convettiva e, se la velocità esterna non presenta variazioni
molto grandi lungo L, la sua scala temporale caratteristica TC (puramente convettiva,
appunto) si può esprimere attraverso la relazione:
†
L
TC @ . (TU.1)
Ue †
2
Questo è il vero problema dello strato limite turbolento: l’impossibilità dell’esistenza di soluzioni simili
per il moto medio. Il problema della turbolenza in sé, al contrario, non richiede alcuno strumento diverso dai
modelli che si usano comunemente nelle correnti turbolente, insieme alle normali equazioni mediate di
Reynolds.
Peraltro, per definizione, lo strato limite è anche sede di importanti fenomeni diffusivi.
Anzi questi sono particolarmente significativi proprio nel caso dello strato limite
turbolento, grazie alla presenza delle fluttuazioni della velocità che, a parità di altre
condizioni, aumentano il trasporto di quantità di moto in direzione trasversale rispetto a
quella del moto medio, e cioè la sua diffusione. L’effetto più evidente di tale diffusione è
un aumento progressivo dello spessore d dello strato limite che, non a caso, è assai
maggiore in regime turbolento che in regime laminare. In termini di moto medio (alla
Reynolds), è possibile tenere conto di questa diffusione attraverso una viscosità cinematica
turbolenta n t , che viene a sommarsi (e supera abbondantemente) la viscosità molecolare
†
del fluido.
Pertanto, in base all’analisi dimensionale, la scala temporale diffusiva turbolenta Tt
dello strato limite è data da:
†
d2
Tt µ (TU.2)
nt †
L† d 2 3
†
µ (TU.3)
Ue nt
† †
3.3 Diffusione 2 (molecolare)
† Un secondo effetto diffusivo si produce in prossimità della parete. Per quanto si è detto
all’inizio di questo paragrafo, la presenza della parete annulla la diffusione turbolenta in un
sottile strato, il cui spessore caratteristico possiamo indicare con ln , all’interno del quale la
diffusione è affidata alla sola viscosità molecolare n e non risente affatto dei moti
turbolenti esterni.
L’analisi dimensionale consente di scrivere il tempo caratteristico Tn dello strato ln nel
†
modo seguente: †
2
l
Tn µ n (TU.4)
n † †
3.4 Conclusione
† Lo strato limite turbolento sembra dunque contenere tre scale temporali caratteristiche:
TC e Tt , relativamente correlate tra loro, e la scala viscosa Tn .
Ora, come si è detto, in prossimità della parete, la diffusione è puramente affidata alla
viscosità molecolare n ed allo sforzo viscoso molecolare:
∂u
† † t n = rn † (TU.5)
∂y
mentre†lo sforzo turbolento, che possiamo scrivere come:
†
3
Questa idea dell’equilibrio temporale è, di fatto, riconducibile alla definizione stessa di numero di
Reynolds, che esprime il rapporto tra la variazione della quantità di moto prodotta dalle forze d’inerzia
(convezione) e quella prodotta dalla risultante delle forze viscose (diffusione).
∂u
t t = -r u' v' = rn t (TU.6)
∂y
è praticamente nullo. Il contrario succede nella corrente lontana dalla parete, dominata
invece dallo sforzo turbolento e praticamente insensibile a quello viscoso molecolare.
Non è quindi più possibile, in presenza di pareti, individuare una sola scala di velocità
† e di lunghezza che permetta di stimare i diversi tempi caratteristici convettivi e diffusivi
attraverso tutto lo spessore dello strato limite.
† Coerentemente con l’analisi delle scale di velocità si definiscono le due scale di lunghezza
caratteristiche della diffusione dentro lo strato limite turbolento su parete idraulicamente
liscia 4.
Si tratta ovviamente di due spessori:
- il primo, che rappresenta la diffusione turbolenta, è direttamente lo spessore
convenzionale dello strato limite, d , già introdotto da tempo;
- il secondo, rappresentativo dello strato dominato dalla viscosità molecolare, è
proprio la lunghezza ln , introdotta nel paragrafo 3.3, che ora, in base alla viscosità
†
4
In effetti, se la parete non è idraulicamente liscia, entra in gioco una ulteriore scala di lunghezza
† caratteristica della rugosità.
dipendente dalla dimensione
Possiamo subito notare che il rapporto tra l’unità interna y + e quella esterna h è :
yut
† y +
du
= n = t
h y n † †
d
e quindi è pari al numero di Reynolds Ret , basato sullo spessore diffusivo esterno e
sulla velocità caratteristica interna, che assume un’importanza fondamentale in tutte le
correnti turbolente di parete.
†
†
6 Analisi multiscala dello strato limite turbolento.
A questo punto siamo finalmente in grado di sviluppare un’analisi multiscala dello
strato limite turbolento, suddividendolo in sottostrati di spessori adimensionali significativi
e di esprimerne le relative leggi di velocità nel modo più generale.
A titolo di esempio, in figura sono identificate le principali regioni di uno strato limite
turbolento a numero di Reynolds elevato (dell’ordine di 107, basato sulla ue e sulla x).
Le scale usate per gli spessori sono logaritmiche e ciascuno strato è misurato, sia in
unità di parete y + , sia in unità esterne h . Le prime assumono valori compresi tra 1 e 5000,
mentre h raggiunge ovviamente il valore unitario per y = d .
† †
† †
possiamo stimare gli spessori dei diversi strati in termini dimensionali, per uno strato
limite che, a titolo di esempio, abbia proprio un valore di Rex pari a 107. Potrebbe trattarsi
di una sezione posta a 2,9 metri dal bordo d’attacco di una lastra piana 5, lambita da una
corrente d’aria con velocità esterna dell’ordine di 50 m/s.
Con la (TU.14) determiniamo innanzitutto il coefficiente d’attrito:
C f = 0,00257 (TU.15)
e, in base alla sua definizione, lo sforzo tangenziale a parete:
†
t W = C f 12 rU 2e = 0,5 ⋅ 0,00257 ⋅1,225 ⋅ 50 2 = 3,936 [ N /m ] .
2
(TU.16)
Dalla definizione:
ut = t W r (TU.10)
† calcoliamo la velocità di attrito ut = t W r =1,792 [m/s] e, finalmente, dalla definizione:
y yut
† y+ = = (TU.13)
ln n
†
la relazione tra la lunghezza dimensionale y e quella adimensionale y + :
y +n
† y= = 809 ⋅10-8 y + . (TU.17)
ut
†
A questo punto, il substrato viscoso, che ha uno spessori di circa 7 unità di parete, avrà
anche uno spessore effettivo di 7y + = 56 ⋅10-6 [m] , ovvero di 56 micron.
Il buffer layer, compreso tra circa 7 < y + < 30 , ha uno spessore di 186 micron, mentre
la regione di sovrapposizione ( 30 < y + < 400 ) è spessa circa 3 millimetri e lo strato limite
ha uno spessore complessivo
† d di circa 5000 unità di parete, ovvero di circa 41 millimetri.
Nel caso della lastra piana, correlazioni sperimentali indicano che lo spessore di
†
spostamento:
†
5 †
Per semplicità, qui ipotizziamo che la transizione avvenga direttamente al bordo d’attacco. Il che,
ovviamente, non è realistico ma non inficia l’utilità delle stime che otterremo.
0,048
d* @ d
0,38
e pertanto i numeri di Reynolds basati sulla velocità esterna e sugli spessori d e d *
valgono, rispettivamente Red =140⋅000 e Red * =17⋅500 , che verificano ampiamente la
† condizione di turbolenza sviluppata ( Red * > 2⋅500 per la lastra piana).
† †
8 Il profilo
† della velocità
† media.
†
L’analisi sin qui condotta ha mostrato che, al fine di garantire l’equilibrio temporale tra le
scale temporali convettiva TC , diffusiva turbolenta Tt e diffusiva viscosa Tn , che è tipico
degli strati limite sviluppati e con debole gradiente di pressione, le scale di lunghezza
caratteristiche delle diverse regioni che compongono uno strato limite turbolento devono
essere necessariamente diverse. In particolare, le due scale diffusive turbolenta e
†
molecolare risultano essere lo spessore † d dello strato limite †
e lo spessore ln del suo
substrato viscoso.
Per questo motivo, la ricerca di profili simili può essere condotta solo a livello dei
singoli strati, ma non per lo strato limite, nel suo insieme.
† † lunghezza imposta)
Procediamo quindi con un’analisi zonale (o multiscala, o a scala di
per definire per ciascuno strato la distribuzione della velocità media u al suo interno.
Risulta subito evidente che, in termini di moto medio, il gradiente ∂ u ∂y stesso
fornisce la scala di tempo in ciascuno di questi strati (in realtà, ∂ u ∂y è l’inverso di un
tempo, ma ciò è del tutto indifferente). Introduciamo † quindi l’ipotesi operativa che,
all’interno di ogni singolo strato, la scala temporale fornita da questo gradiente della
†
velocità media si accordi con (ovvero sia funzione di), quella definita dalle scale di
lunghezza e di velocità che abbiamo definito in precedenza. † Ipotesi che, è bene ricordare, è
valida solo nelle condizioni di equilibrio già definite.
In altri termini, se denotiamo ciascuno strato con le lettere a , b , ecc., formalmente
scriviamo:
Ê ∂u ˆ Ê ua ˆ
Á ˜ = Fa Á ˜ † †
Ë ∂y ¯a Ë la ¯
oppure, in modo equivalente, ma più rigoroso e generale:
Ê ∂ u ˆ Ê ua ˆ Ê y ˆ
† Á ˜ = Á ˜ fa Á ˜ (TU.18)
Ë ∂y ¯a Ë l a ¯ Ë l a ¯
dove le scala di lunghezza l a e di velocità ua sono quelle proprie dello strato considerato,
mentre y è la distanza dalla parete.
† Sfruttando questa sola ipotesi, per integrazione della (TU.18), si otterranno espressioni
analitiche semplici del profilo della velocità media in ciascuno degli strati che compongono
†
lo strato limite turbolento †
in equilibrio.
∂ u ut Ê y ˆ
= fa Á ˜ (TU.19)
∂y ln Ë ln ¯
Si tratta ora di determinare la funzione fa (y ln ) .
A tale scopo riprendiamo l’equazione indefinita di Prandtl (TU.0), valida per gli strati
† limite turbolenti con debole curvatura:
Ê ∂u ∂u ˆ = - 1 dp + 1 †∂ Ê m ∂ u - r u' v' ˆ
Áu
Ë ∂x
+v ˜
∂y ¯
Á
r dx r ∂y Ë ∂y
˜
¯
( ) (TU.0)
che, scritta alla parete e per gradiente nullo della pressione esterna (lastra piana),
implica che:
(
∂ 2u †∂y 2 )
= 0 , e cioè che lo sforzo sia uniforme in un intorno di y = 0 e (di fatto,
y= 0
data l’esiguità del suo spessore, dentro tutto il substrato viscoso). Pertanto:
Ê ∂u ˆ
t int (y= 0) = mÁ ˜ = t W † (TU.20)
† Ë ∂y ¯y= 0
†
6
( 2
)
In base alla (TU.20), (∂ u ∂y)y= 0 = t W m , con t W = rut / m che, per la (TU.11) porta a scrivere la
(TU.22)
† †
All’esterno del substrato viscoso, per circa 5 < y + < 30 , si trova il buffer layer che, per
il momento, trascuriamo. A partire dal confine di questa regione di raccordo, si estende la
parte rimanente dello strato limite, che è, sebbene con modalità diverse, tutta turbolenta.
Nello strato limite compreso tra circa y + > 30 ed h < (0,1÷ 0,15) , che prende il nome di
†
strato turbolento di parete, l’effetto della diffusione molecolare è certamente trascurabile
rispetto a quello della diffusione turbolenta e, come affermato dalla (TU.8), la velocità
caratteristica di questa diffusione è proporzionale alla radice quadrata dell’energia cinetica
† †
turbolenta media u t µ K .
Possiamo quindi scrivere la (TU.18) come:
Ê ∂u ˆ Ê K ˆ Ê y ˆ
Á †˜ = ÁÁ ˜˜ fb ÁÁ ˜˜ (TU.25)
Ë ∂y ¯b Ë l b ¯ Ëlb ¯
e l’evidenza sperimentale mostra che, in tutto lo strato turbolento di parete, la velocità
caratteristica u t è pari alla velocità d’attrito:
†
K µ ut (TU.26)
e, anche in questo caso, risulta evidente che la funzione fb (y k b y) è una costante che
inglobiamo in k b .
†
Possiamo quindi integrare la (TU.25) dopo aver introdotto le variabili adimensionali di
y yu
parete u ut ed y + = = t , ottenendo: †
ln n
†
†
Fluidodinamica
† e Aerodinamica II –Versione 2 giugno 2004
Strato limite turbolento 18-12
Ú du
u
=
tk
1
Úb
1
y
dy +
+
(TU.28)
e infine:
1
† u + = log y + + C (TU.29)
k
dove si è indicata con k la costante k b , che prende il nome di costante di von Kármán, pari
a 0,41 mentre, nel caso di lastra idraulicamente liscia, la costante C è dell’ordine di 5.5.
† In alternativa, ricordando le definizioni di u + e di y + , possiamo anche scrivere il
profilo della velocità dimensionale
† nella forma:
u 1 Ê u ˆ
= log Á y t ˜ + C † (TU.30)
ut k Ë n ¯ †
A questo punto possiamo osservare che, in tutto lo strato turbolento di parete, lo sforzo
si mantiene costante e pari allo sforzo a parete t W .
† Esprimendo lo sforzo attraverso il gradiente del moto medio ∂ u ∂y fornito dalla
(TU.29):
Ê ∂u ˆ ∂ Ê 1 Ê ut ˆ †ˆ 1 1 ut ut
Á ˜ = Á ut log Á y ˜ + Cut ˜ = ut = (TU.31)
Ë ∂y ¯b ∂y Ë k Ë n ¯ ¯ k Ê ut ˆ n† ky
Áy ˜
Ë n ¯
moltiplicato per la viscosità cinematica turbolenta, che è pari al prodotto della velocità
caratteristica della diffusione turbolenta in questo strato per la corrispondente lunghezza di
† mescolamento:
n t = ut ky (TU.32)
si ottiene infatti:
u
t = r t ut ky = rut2 = t W (TU.33)
† ky
Pertanto lo sforzo è uniforme in tutto lo strato di corrente compreso tra la parete e il
10÷15 % dello spessore dello strato limite d .
† 8.3 Strato turbolento esterno.
La regione turbolenta che si estende oltre h @ (0,1÷ 0,15) prende il nome di strato
†
turbolento esterno.
Analogamente a quanto fatto in precedenza, sfruttiamo la relazione di equilibrio temporale
(TU.18), che scriviamo come:
Ê ∂ u ˆ Ê ug ˆ Ê y ˆ †
Á ˜ = ÁÁ ˜˜ fg ÁÁ ˜˜ (TU.34)
Ë ∂y ¯g Ë l g ¯ Ë l g ¯
Ai paragrafi 4.1 e 4.2 si è affermato che la velocità di diffusione turbolenta è u t µ K ,
mentre la sua lunghezza caratteristica è dell’ordine dello spessore d e sulla base di questo
† spessore si è appunto definita la coordinata adimensionale h = y d .
Possiamo quindi assumere che:
†
l g = kgd (TU.35)
†
in perfetto accordo con la teoria di Escudier†(vedi il modello di turbolenza della mixing
length) che ipotizza appunto che la lunghezza di mescolamento sia costante e dell’ordine
del 10% di d , per tutte le distanze dalla parete maggiori di circa 0,2d .
†
† †
Fluidodinamica e Aerodinamica II –Versione 2 giugno 2004
Strato limite turbolento 18-13
Per quanto riguarda la velocità caratteristica della diffusione turbolenta, si può ritenere
che essa sia ancora proporzionale alla radice quadrata dell’energia cinetica turbolenta
media ed assumere quindi:
ug µ K (TU.36)
Sebbene la relazione:
K µ ut (TU.26)
† sia stata adottata per la sola regione turbolenta di parete, si può facilmente verificare
che essa è valida anche nella regione turbolenta esterna. Infatti, le due regioni si devono
necessariamente raccordare per y @ (0,1÷ 0,15)d e quindi la (TU.26) è certamente verificata
†
per tali quote. Per quote maggiori, poi, la diffusione turbolenta si riduce, fino ad annullarsi
(in media) al confine esterno della regione esterna, dove il moto è irrotazionale. Pertanto, si
può ragionevolmente assumere che anche in tutta la regione turbolenta esterna:
†
K µ ut . (TU.37)
Riprendiamo quindi la (TU.34) che riscriviamo come:
Ê ∂ u ˆ Ê ut ˆ Ê y ˆ
Á ˜ = Á ˜ fg Á ˜ (TU.38)
† Ë ∂y ¯g Ë d ¯ Ë d ¯
La differenza tra la (TU.38) e le analoghe espressioni, che si sono ricavate
rispettivamente per il substrato viscoso:
∂ u ut Ê y ˆ
† = fa Á ˜ (TU.19)
∂y ln Ë ln ¯
e per quello turbolento di parete:
Ê ∂u ˆ ut Ê y ˆ
Á ˜ = fb ÁÁ ˜˜ (TU.25)
† Ë ∂y ¯b k b y Ë k b y ¯
sta nella natura della funzione fg che, a differenza delle fa ed fb , non solo non è
affatto una costante, ma non è nemmeno determinabile in forma analitica per
† y ≥ (0,1÷ 0,15)d .
Nel 1956, Coles, analizzando una enorme mole di
† dati sperimentali ha però mostrato
† †
che la distribuzione della velocità media adimensionale u ut in funzione della quota
†
†
Fluidodinamica e Aerodinamica II –Versione 2 giugno 2004
Strato limite turbolento 18-14
adimensionale, valida per tutto lo spessore dello strato limite turbolento (dalla parete fino
ad h =1 ) è data dalla somma di due funzioni:
- la prima è la legge della parete, che si è determinata analiticamente e che è funzione
della coordinata adimensionale di parete (o interna), y + = y ln ,
† - mentre la seconda, che prende il nome di legge della scia ed è indicata con fs , è di
origine empirica e dipende invece dalla coordinata adimensionale esterna, h = y d .
Pertanto si può scrivere:
†
u P Ê y ˆ †
u t
( )
= fw y + + fs Á ˜
k Ëd ¯ † (TU.39)
dove k è ancora la costante di von Kármán, mentre il parametro P contiene, tra l’altro,
il gradiente longitudinale della pressione nella corrente irrotazionale esterna, e rende la
(TU.39) applicabile anche agli strati limite acceleranti o deceleranti con legge arbitraria.
† In figura sono evidenziati separatamente i contributi alla distribuzione della velocità
della legge di parete fw e della legge di scia fs , nel caso †della lastra piana, per la quale il
valore di P è pari a 0,55.
† †
†
La (TU.39) si può considerare l’equivalente, per lo strato limite turbolento, della soluzione
approssimata di Pohlhausen, che fornisce il profilo della velocità per lo strato limite
laminare.
Allo stesso modo, essa permette di trattare strati limite con distribuzione arbitraria della
velocità esterna e, accoppiata all’equazione integrale di von Kármán e, purché si disponga
di condizioni all’ingresso del dominio d’integrazione (generalmente laminari), permette di
calcolare le grandezze integrali dello strato limite turbolento. Tuttavia, nel caso turbolento,
il problema presenta una variabile incognita in più.
Riprendiamo la (TU.39) e l’equazione di bilancio per la quantità di moto, nella forma
integrale di von Kármán:
u P Êyˆ
ut
( )
= fw y + + fs Á ˜
k Ëd ¯
(TU.39)
dJ J du e c f
+ (H + 2) = (TU.40)
dx u e dx 2
†
e vediamo di verificare il bilancio equazioni/incognite del problema in esame.
La (TU.39) contiene le incognite ut e d , mentre il parametro P si può ritenere noto,
† almeno in forma implicita.
La (TU.40) contiene invece le incognite J , d * (nel parametro di forma H) e c f , che
possono essere però determinate
† attraverso
† la (TU.39): J†e d * si possono infatti calcolare
integrando il profilo della velocità, strato per strato, mentre il coefficiente d’attrito è noto
una volta che sia nota la velocità d’attrito
† †ut . †
Si tratta quindi di scrivere una ulteriore equazione, che contenga l’incognita d. A
† †
questo scopo sono stati sviluppati numerosi metodi più o meno empirici: uno di essi è il
metodo di Head, descritto nel seguito che, oltre a fornire concettualmente la chiusura del
†
problema, lo semplifica ulteriormente evitando il ricorso all’integrazione della (TU.39) per
†
determinare gli spessori integrali J e d * , che viene sostituito da relazioni di origine
sperimentale tra gli spessori integrali.
9 Il metodo di Head.
† †
Il metodo di Head (1958) si basa sul concetto che il fattore la crescita dello spessore d di
uno strato limite turbolento in equilibrio (quella che abbiamo chiamata velocità di
diffusione dello strato limite) è legato alle modalità con cui la corrente esterna entra a far
parte dello strato limite, e cioè è funzione di quella che prende il nome di velocità di
trascinamento 7. †
La velocità di trascinamento, indicata con v E (dall’inglese entrainment), è la
componente della velocità esterna allo strato limite, diretta normalmente al suo contorno
esterno, in corrispondenza della quota locale d .
Attraverso un bilancio integrale di portata in massa è possibile definire, appunto, un
legame tra questa velocità e lo spessore d . †
La portata in massa attraverso una generica sezione dello strato limite è:
d †
Û
mF = r Ù u (y)dy (HD.1)
ı0 †
Per rispettare la conservazione della massa in un tratto di strato limite di lunghezza
infinitesima dx , deve essere verificata la relazione:
d (x )
† d Û
rv E = r Ù u (y)dy (HD.2)
dx ı0
†
che, dividendo per la densità (costante non nulla) e ricordando la definizione di spessore di
spostamento:
d (x )
† *
Û Ê u (y) ˆ
d =Ù Á1- ˜dy (HD.3)
ı0 Ë ue ¯
diventa:
7
† La velocità di trascinamento può essere vista, sia come la velocità con la quale lo strato limite si
diffonde nella corrente esterna, sia come la velocità con cui la corrente esterna viene trascinata dallo strato
limite.
d d (x ) d d (x )
vE =
dx
Ú 0
u (y)dy - r
dx 0 (
Ú (1- u(y))dy - d ) (HD.4)
da cui si ricava la relazione:
d
dx
( ( ))
u e d (x) - d * (x) = v E (HD.5)
†
Nel metodo di Head si fanno ora due ipotesi fondamentali: che il rapporto v E u e sia
funzione del solo parametro di forma H1 , definito come H1 = (d - d * ) J , e che
† quest’ultimo sia a sua volta esprimibile in funzione del parametro di forma H = d * J .
Pertanto si scrive: †
vE †
= F(H1 ) = F(G(H)) †
ue
†
dove le funzioni F e G, di origine sperimentale, valgono, rispettivamente:
-1.287
-0.6169 G = 0.8234 (H -1.1) + 3.3 per H £1,6
† F = 0.0306(H1 - 3.0) e
-3.064
G =1.5501(H - 0.6778) + 3.3 per H ≥1,6
La (HD.5) diventa quindi:
d
†
dx
( ( ))
u e d (x) - d * (x) = u e F(G(H) (HD.6)
†
o anche:
d
(u e H1è )= u e F(G(H)) (HD.7)
† dx
che rappresenta una equazione differenziale del primo ordine.