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it 12/02/20, 18(33
CRONACA
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LA STORIA
Messo in sicurezza il fondo gentilizio — con pergamene angioine e lettere di papi e re presso
l’Archivio di Stato diretto da Candida Carrino — resta ora aperto il destino delle «carte del
principe» ovvero del suo archivio musicale che contiene spartiti, una biblioteca e una discoteca.
Un fondo di grande rilevanza come lo era la personalità artistica del compositore e direttore
d’orchestra il cui prestigio nel mondo della musica è stato momentaneamente messo in ombra
da «quer pasticciaccio brutto di via dei Mille».
Si tratta di carte al momento non vincolate dal ministero ma che per la loro unicità, così come
sono geneticamente legate alla personalità di uno dei più importanti compositori del Novecento
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Napoli, dischi e spartiti rari a Palazzo dʼAvalos: bisogna salvare anche questo archivio - CorrieredelMezzogiorno.it 12/02/20, 18(33
— in questo modo viene indicato Francesco d’Avalos — non vanno smembrate ma conservate,
ordinate e magari rese fruibili a un pubblico di studiosi e studenti. Il direttore d’orchestra Keith
Goodman, nel suo intervento Chi era Francesco d’Avalos, e perché dovreste conoscerlo, scrive:
«Tra le più grandi personalità culturali e artistiche del secondo ‘900, la sua figura merita ancora
una piena riscoperta, poiché (nonostante gli importanti riconoscimenti avuti durante la sua
carriera) il suo operato non è ancora abbastanza conosciuto e valorizzato».
Autorevole il ricordo di Dinko Fabris sul Giornale della musica: «Aveva attraversato il Novecento
con distaccata curiosità, collezionando memorie in grandi scatole (ora da salvare ndr). Aveva
acquisito una stima grande come insegnante e più come direttore d’orchestra, eppure pochi
avevano capito che Francesco d’Avalos era semplicemente uno dei più grandi compositori
vissuti nel pieno Novecento».
Ricorda, poi, il sodalizio con Hans Werner Henze: «Quando il giovane Henze si stabilì a Napoli,
tra i due coetanei nacque una intensa e duratura amicizia che prescindeva dalle forti divergenze
ideologiche. Fu Henze a introdurre d’Avalos nell’ambiente tedesco delle post-avanguardie... Dal
1972 d’Avalos fu invitato da Nino Rota a insegnare composizione al Conservatorio di Bari e poi
dal 1979 al 1998 ha insegnato Alta Composizione al Conservatorio di Napoli entusiasmando
decine di allievi. Più tarda ma di alto profilo internazionale fu invece la sua carriera di direttore
d’orchestra, come dimostra la ventina di incisioni discografiche realizzate in gran parte con la
Philarmonia Orchestra di Londra (integrali di Brahms, Clementi, Mendelssohn, e soprattutto di
Martucci)».
La bacchetta d’Avalos ha anche diretto molte prestigiose orchestre: della Rai di Roma, Rai di
Torino, Rai di Napoli, Radio Hamburg, Radio Frankfurt, Jerusalem Philharmonic Orchestra,
Hungarian State Symphony Orchestra e molte volte la Philharmonia Orchestra di Londra e altre.
Il San Carlo gli commissionò l’opera Maria di Venosa. «Il soggetto fu scelto dal Lirico per il
250esimo anniversario del teatro — racconta egli stesso, seduto nel salone degli specchi di
Palazzo d’Avalos, in pochi minuti di un’intervista salvata su Youtube — io non avrei mai pensato
a una storia della mia famiglia. Poi cambiò la gestione del Massimo e l’opera non fu più
rappresentata, come accade per tante cose qui a Napoli... Io intanto l’avevo scritta, però! Così la
eseguii in Inghilterra e ne feci un disco». Tutta questa storia musicale sta per essere inscatolata
in questi giorni convulsi per «casa d’Avalos». Di se stesso il principe diceva: «Nato nel 1930,
sono stato educato per un mondo che non è mai venuto».
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