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GIUDIZIO ED ESPERIENZA NEL VISSUTO MASSONICO

Giudizio di fatto e giudizio di valore

M.M. = Maestro Muratore - C.D.M. = Compagno di Mestiere

C.D.M.
Maestro,
M.M.
Salve Compagno, finalmente anche tu ti decidi a parlare.
C.D.M.
Ho sentito il tuo dialogo con l’altro Compagno
M.M.
Ebbene?
C.D.M.
Mi sono venute in mente altre giornate di lavoro nelle quali tu hai accennato, senza mai approfondire, il
tema della verità. Possiamo oggi affrontarlo?
M.M.
Né oggi, né mai.
C.D.M.
Perché?
M.M.
Perché non è un tema di mio interesse. Perché un Massone non si pone le domande “Questo è vero, questo è
falso”.
C.D.M.
Mi. sconcerti!
M.M.
I Massoni non giudicano né le cose né i fatti umani in base ai criteri di giudizio del vero/falso.
C.D.M.
In base a che cosa d’altro?
M.M.
Sei proprio testardo nella tua ignoranza! Noi non giudichiamo, punto e basta!
C.D.M. [sconsolato]
Ci vuole molta pazienza con te.
M.M.
Almeno quanta con la determinazione delle definizioni. Alle domande sbagliate ricevi risposte piccanti!
C.D.M.
Era sbagliata la domanda?
M.M.
Era posta in modo errato. Tu pensi che vero e falso siano determinazioni storiche, dipendenti dagli
avvenimenti, dalla cultura, dalla sensibilità e conoscenza personali? Che oggi, una cosa è ritenuta vera, un
domani più o meno lontano sarà considerata falsa? Non te ne sei mai accorto?
C.D.M.
Pensavo ci fossero dei concetti universali.
M.M.
Universale può essere il segno, mai la parola e mai lo sarà il significato sotteso a quella parola. Hai capito?
C.D.M.
Credo tu vuoi affermare che la parola è un simbolo al quale si possono dare tutti i significati possibili.
M.M.
No. Solo quei significati che la collettività che usa quel simbolo, ha decretato che esso debba avere. Il
simbolo è sempre un fenomeno caratterizzato da una conoscenza condivisa, altrimenti è uno sgorbio
incomprensibile. Ciò che crea l’uomo è umano e basta. Non puoi considerarlo universale. Fa parte del
vissuto di una tartaruga, forse? O di un abete canadese? O di un cerambice? O di un batterio? E sto solo
parlando di essere viventi, secondo lo schema del carbonio. Ignoro come la pensi il cloruro di sodio. Sappi
distinguere ciò che è umano da ciò che è universale. Il pensiero e i suoi prodotti, come le parole e i concetti,
appartengono all’esperienza umana, solo a questa. In ciò non c’è nulla di universale ma solo di molto
particolare. Lascia l’universale agli dei e agli spiriti.
C.D.M.
Va bene, volevo solo dire…
M.M.
Non sono così rimbecillito da non capire che cosa volevi dire. Tu hai posto la domanda ficcandoci dentro
tutta una serie di presupposti logici, culturali e soggettivi, che neppure immagini. Lasciamoli stare, se ne sei
capace, e torniamo al tuo inespresso quesito.
C.D.M.
Mica è colpa mia se non ho fatto a tempo ad esprimerlo. Comunque, mi chiedevo se e quando una tavola
risponde a verità.
M.M.
È stato sviluppato negli ultimi secoli o forse decenni, un principio: i fatti possono essere espressi sotto la
forma del giudizio di fatto o del giudizio di valore.
C.D.M.
La differenza?
M.M.
Con il giudizio di fatto io decreto l’esistenza di un fatto, mentre, con il giudizio di valore decreto la sua
validità ad esistere o no. Quando dico “quello è un tavolo” semplicemente decido che quella cosa è un
tavolo, ho deciso e giudicato quella cosa come un tavolo e lì mi fermo. Decido sulla sua esistenza per il solo
fatto che è. Quando, invece, dico che quella cosa che è un tavolo è pure bello o brutto, costruito bene o male,
che sta dritto o che zoppica, sto decidendo, giudicando che quel tavolo può o non può appartenere ai miei
modi di apprezzare la realtà.
C.D.M.
Col primo modo fai logica e col secondo modo fai estetica.
M.M.
Molto bene. Il primo modo è accettabile da tutti gli uomini che sono padroni del concetto di tavolo…
C.D.M.
Che vuol dire?
M.M.
Ci sono culture e società umane che si sono organizzate in modo tale da non aver bisogno dei tavoli e dunque
che non posseggono un concetto, cosiddetto universale, di tavolo.
C.D.M.
E allora?
M.M.
Dicevo, per tali uomini che hanno inventato il tavolo, questo risponde ad un concetto generico, a prescindere
dalla sua formalizzazione.
C.D.M.
Come l’idea platonica di tavolo?
M.M.
Mettiamola così. In tal caso, alla parola universalità si dovrebbe aggiungere una serie di aggettivi che
delimitano lo stesso concetto di universalità.
C.D.M.
Ma così non ci sarebbe più l’universalità in senso astratto.
M.M.
Hai capito perché l’uso di questo termine deve essere fatto con estrema discrezione? Proviamo ora a ridurre
umanamente il concetto generale di verità? Che cosa avremo?
C.D.M.
Che la verità è ciò che l’uomo ha deciso che essa sia tale?
……..

Il testo continua nel libro di Francesco Angioni: DIALOGHI MASSONICI (pagine 186) prezzo €18
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