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Con il Trattato di Roma del 1957, i sei paesi fondatori dell’Unione europea decisero
di avviare un processo che avrebbe portato i cittadini europei a condividere quella che
è identificata con il termine “casa comune”.
Il primo passo fu quello di riconoscere la diversità culturale e linguistica dell’intero
continente. Ed è proprio su questo argomento che si è discusso nel primo capitolo di
questo elaborato: multilinguismo e multiculturalismo, due colonne portanti
dell’integrazione europea. Con multilinguismo si intende l’esistenza di un repertorio
(personale o territoriale) che comprende lingue diverse; il multiculturalismo, invece,
riguarda i problemi sociali e politici prodotti dalla convivenza di identità culturali
differenti. Come spesso accade, però, la realtà è diversa da come si vorrebbe che
fosse: l’inglese ha acquisito, negli anni, una forte importanza, per ragioni storiche,
commerciali e scientifiche, in tutto il mondo.
In Europa, malgrado le numerose politiche varate per mantenere ogni lingua e
cultura sullo stesso piano, l’inglese ha assunto un ruolo decisamente importante,
quello di lingua franca, argomento di cui si è parlato nel secondo capitolo. La lingua
franca (English Lingua Franca) è un idioma utilizzato per la comunicazione tra
individui che non condividono la lingua madre. Molti studiosi si sono confrontati
sull’argomento, soprattutto per capire se l’inglese segnerà la fine delle altre lingue o
se solo continuerà a funzionare come mero veicolo comunicativo. L’Unione europea
non ha legittimato il ruolo che l’anglofonia ha assunto ma questo non ha impedito ai
cittadini europei di fare tesoro delle proprie conoscenze inglesi. Per meglio capire ciò
sono stati analizzati numerosi casi di Paesi europei che utilizzano l’inglese nella
quotidianità. Nel terzo capitolo, infatti, dopo aver analizzato la varietà “spanglish”
americana, nata dall’incontro tra spagnolo e inglese americano, sono stati esaminati
termini e strutture nate dalla vicinanza all’inglese. È emerso che i paesi europei
utilizzano la lingua inglese per esprimersi in ambiti scientifici, cinematografici,
tecnologici, musicali e “di moda”; adattano le proprie strutture a quelle inglesi,
cambiando completamente il senso della propria lingua e utilizzando mix che non
potrebbero mai essere compresi da un madrelingua anglofono. Spesso la sola cosa
che conta è che “suoni inglese”, da qui nascono i cosiddetti abusi alla lingua inglese:
sono utilizzati termini del vocabolario inglese ma il loro significato viene
completamente cambiato dando vita a discordanze enormi tra significante e
significato, in base alla lingua in cui essi vengono adoperati.
Questo elaborato è nato con l’obiettivo di capire se l’inglese potrà mai divenire la
lingua comune di tutti gli europei, riconosciuta e legittimata da ogni singola identità
nazionale europea.
1. Multilinguismo e multiculturalismo
1.1 Multilinguismo
Uno dei motti principali dell’Unione Europea è “essere uniti nella diversità”. Per
garantire ciò è stata varata una politica di multilinguismo. Tale principio fu introdotto
nella politica europea fin dall’inizio del processo d’integrazione. Dopo la “Carta delle
lingue della Comunità”, scritta nel 1952, il momento storico più importante per la
politica delle lingue è stato il Trattato di Maastricht del 1992.
Nel mondo globalizzato in cui viviamo la diversità linguistica non può che essere una
risorsa preziosa che aumenta le opportunità per i cittadini (incremento
dell’occupazione, facilitazione dell’accesso ai servizi e ai diritti, maggior dialogo
interculturale e migliore coesione sociale).
1.1.2 I due aspetti del multilinguismo
Il 15 febbraio 2008 a Bruxelles si è tenuta una conferenza ministeriale sul tema
“Promuovere il multilinguismo: un impegno condiviso”. Sotto la presidenza
congiunta del ministro sloveno, Milan Zyer, e del commissario al multiliguismo,
Leonard Orban, i rappresentanti dei 27 Paesi membri dell’UE si sono confrontati
sulla possibilità d’azione a livello nazionale e comunitario a sostegno del
multilinguismo.
Quando si parla di multilinguismo si può far riferimento a due aspetti della realtà
europea:
Coesistenza nel nostro continente di una molteplicità di lingue diverse: il
rispetto delle diversità linguistiche è iscritto nella Carta dei diritti fondamentali
dell’UE.
Le lingue di lavoro della Commissione Europea sono il francese, il tedesco e
l’inglese, ma grazie alla politica sul multilinguismo ogni cittadino europeo può
avere accesso ai documenti dell’UE nella lingua ufficiale del proprio Stato. A
questo scopo, ventitre sono le lingue che hanno ricevuto lo status di “lingue
ufficiali”. Il multilinguismo territoriale europeo, inoltre, va al di là delle
“lingue ufficiali”: l’Unione Europea tutela, anche, attraverso politiche ed
attività di sostegno, le oltre sessanta lingue regionali e minoritarie parlate sul
proprio territorio. Proprio per garantire la conservazione delle lingue
minoritarie, alla fine degli anni ’80, su iniziativa della Commissione Europea,
fu costruita la “rete Mercator”. Essa è costituita da tre centri, specializzati in
settori di ricerca diversi:
1. Il Mercator-Legislation di Barcellona si occupa delle lingue minoritarie
in ambito amministrativo e giuridico;
2. Il Mercator-Media, con sede in Galles, si interessa delle lingue
1.2 Multiculturalismo
Intorno al termine esiste gran confusione. Va precisato che multiculturalismo è
diverso da interculturalità. Entrambi i fenomeni hanno a che fare con la pluralità
culturale, tuttavia il primo riguarda i problemi sociali e politici prodotti dalla
convivenza di identità culturali differenti, come ad esempio i problemi di
“riconoscimento”, mentre il secondo consiste nei processi di mutamento culturale
prodotti dagli scambi tra culture diverse.
1.2.1 Accezioni del multiculturalismo
Esisto almeno tre accezioni differenti del termine:
1. La semplice constatazione di fatto dell’avvenuta diversificazione della
composizione socio-demografica delle società nazionali europee.
2. L’idea di un nuovo progetto politico in grado di mettere in sintonia le
società europee con la nuova struttura socio-demografica. In questa
accezione il multiculturalismo non è un fenomeno ma un progetto politico;
questa visione del concetto lo rende un tema controverso e conflittuale, ma
anche una fonte di rinnovamento e di rivitalizzazione delle istituzioni
politiche e sociali. Il multiculturalismo si pone come un’alternativa ai
problemi innescati dall’immigrazione, primo tra tutti quello
d’assimilazione. L’assimilazione è un processo di integrazione che prevede
omogeneità culturale o etnico-nazionale: l’immigrato deve acquisire la
lingua, i costumi, le abitudini, i valori della comunità ospitante e il senso di
appartenenza verso essa. I mezzi di comunicazione permettono, tuttavia,
agli immigrati di non tagliare i ponti con le proprie origini, non vogliono
tornare in patria ma non si lasciano assimilare vivendo con i loro usi e
costumi in un Paese diverso dal proprio. Il multiculturalismo pone le basi
per ridefinire il significato di appartenenza nazionale.
3. La sfida profonda lanciata dalla differenza culturale al modello liberal
2. Alla presenza di una coordinazione: “because the institutions and the network
Coloro che parlano l’ ELF pongono la propria attenzione sul contenuto del loro
discorso e non sulla correttezza linguistica.
Il secondo caso studio si basa sull’analisi della “miscommunication” (fallimento
dell’atto comunicativo): il differente background linguistico di chi parla l’ ELF non
diminuisce le loro potenzialità di comunicare o “miscomunicare” strategicamente. I
dati raccolti provengono da un meeting d’affari avvenuto in un’agenzia internazionale
del Lussemburgo. L’incontro è stato audio-registrato e quindi può essere considerato
un discorso naturale in ELF. Coinvolge parlanti nativi tedeschi, che sono impiegati
dell’agenzia, e un parlante nativo olandese, rappresentante delle vendite di una
compagnia aerea. Dall’ascolto emerge che entrambe le parti utilizzano la lingua con il
fine di convincere l’interlocutore delle proprie idee. Il parlante olandese si trova a
questo meeting con un incarico molto impegnativo: vendere il proprio prodotto. Per
raggiungere lo scopo egli presta grande attenzione alle parole dei suoi interlocutori e
si dimostra attivo e coinvolto. Le due parti cercano di sfavorire chi hanno di fronte,
ciò è permesso dall’utilizzo di domande strategiche o superflue.
Il seguente estratto è necessario per capire di cosa si sta parlando. Il dialogo
coinvolge tre parlanti (S1 e S3 sono tedeschi, S2 è olandese):
S2: okay.(.) I give you ALL the details [S3] it’s a well i got a total list. From from dubai
and we just (.) reNEWED the whole list. (.) because we CHANGED ou:r (.) truching
(.) PARTNER actually in dubai to a new one. and this one is very good
S3: you working with?
S2: oh i don’t know i forgot the name (.)
S3: [company 13]?
S2: but before n-no.
S3: no?
S2: i don’t believe so. No. Because WHY we changed it we had some some problema (.)
e:r something like (.) i don’t know a YEAR ago. And this trucking company (.) when
we BOOKED something (.) okay we ORDERED (.) i don’t know (.) six seven eight
trucks (.) and then they show up with only FOUR and the next day ANOTHER four
that er well this this is not working properly of corse (.)
S3: but this is pretty normal in dubai
S2: ye:s but (.) you know especially NOW because (.) we a:re (.) NOW with this new
trucking company (.) they want to perFORM them-(.)-SELF very good because they
want to say HEY we are better than this (.) OTHER company.
S1: whit whom are you working now?
S2: again e:r?
S1: with WHOM? (.) which trucking company you’re working?
S2: i don’t i don’t know. but i’ll let you know the name of it.
S2 ripropone la stessa domanda per due volte a S2 in quanto non ha ricevuto una
risposta la prima volta. Questo è un esempio di “miscomunicazione”. In questo caso
S2 delibearatamente crea questo errore di comunicazione per avere dei vantaggi
strategici sul suo interlocutore (S2). Dal momento che entrambe le parti conoscono
le regole del gioco, le regole di un meeting, è necessario considerare anche come S2
risponde alle domande strategiche di S1: “again e:r?”. Questa risposta può essere
interpretata come un tentativo di mitigazione dell’effetto della manovra strategica di
S1.
Ovviamente non è semplice sostenere con certezza cosa un individuo intenda dire con
le proprie parole ma l’intenzionalità di “miscomunicazione” è più facile da
individuare, in particolar modo in situazioni come quelle analizzate (incontri di
lavoro).
Il fatto che i cosiddetti parlanti “non nativi” di inglese non condividano lo stesso
background linguistico e culturale non significa che non siano in grado di utilizzare la
lingua in modo strategico.
L’Europa è un mosaico di paesi relativamente piccoli, eterogenei in termini di gruppi
etnici e linguistici. L’ inglese, candidato ad essere lingua franca d’Europa, è
“proprietà” di due dei Paesi membri dell’UE, Repubblica d’Irlanda e Regno Unito.
L’unica soluzione per impedire che la lingua di questi due paesi acquisti un ruolo di
superiorità rispetto alle altre lingue ufficiali europee, è quella di instaurare un nuovo
inglese, inteso come un concetto indipendente dalle regole che gestiscono la
comunicazione tra parlanti nativi.
Conclusione