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Riassunto Strategie d’impresa avanzato

Strategie D'Impresa Avanzato (Università Ca' Foscari Venezia)

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Strategie d’impresa avanzato

tamma@unive.it

Lucido 1.
“Strategia e agire strategico”

Il campo della strategia d’impresa (o, in senso del tutto equivalente, della strategia delle
organizzazioni di produzione) è tuttora approfondito e presidiato da una molteplicità di discipline e
di prospettive di analisi, ciascuna delle quali ha offerto e offre significativi risultati.
 strategic management

Che cos'è, di che si occupa la strategia?

Intuitivamente, i problemi strategici sono legati alle decisioni più importanti e “profonde” di
un'azienda (quali business, mercati, prodotti, risorse, soluzioni organizzative ....).

Il problema è che tutto appare “importante”.

I decisori devono confrontarsi con questioni articolate che tendono anche a presentarsi
fortemente interrelate tra loro.
 è difficile selezionare e distinguere grandi e piccoli problemi (questioni primarie e secondarie;
nessi causali; la dimensione e la direzione degli effetti ...) e, di conseguenza, creare un ordine e una
gerarchia nelle decisioni da prendere.

L’idea di strategia viene allora associata all’esigenza di concepire e governare unitariamente


la molteplicità di elementi interagenti e di problematiche strettamente interconnesse
che influiscono sullo sviluppo “dell'’identità” dell’azienda e sull'evoluzione del contesto in cui essa
opera.

Nelle organizzazioni produttive si “decide” e si “agisce” (talvolta si agisce e poi si decide di


ratificare), con riferimento ad un eterogeneo complesso di risorse, “interne” ed “esterne”,
sviluppate e impiegate nella produzione, nell’organizzazione, nella ricerca e sviluppo, nel rapporto
con i mercati di approvvigionamento e di sbocco…

Si decide e si agisce, inoltre, cercando di dare un significato e un ordine all’insieme di “episodi di


gestione” che, senza soluzione di continuità, danno forma complessivamente al procedere
dell’impresa.

Definizioni e significati:

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Diverse scuole di pensiero, sviluppatesi nell’arco di quasi un cinquantennio e oramai numerose,


hanno assegnato alla strategia differenti significati e “un’agenda” piuttosto fitta di “compiti” da
svolgere.

D. Chandler Jr. [1962]  la strategia è il determinare obiettivi di lungo periodo, l’adozione di


corsi di azione, l’allocazione delle risorse necessarie per il raggiungimento degli obiettivi.
 strategia come piano per il futuro

Caso di azione  creare un sentiero tale per cui l’insieme delle scelte fatte vertano verso lo stesso
punto

Seguendo l’efficace sintesi “delle cinque P” proposta da Mintberg a più riprese [Mintzberg 1996;
Mintzberg, Ahlstrand e Lampel 1998], si possono riassumere 5 significati diffusamente attributi:
1. Piano (plan)  un corso d’azione futuro, un programma, in grado di portare l’impresa
verso determinati assetti e posizioni.
2. Modello di comportamento coerente nel tempo (pattern)  un sentiero di sviluppo,
rintracciabile ex-post, che dà senso ed interpretazione alle scelte e alle azioni attuate
dall’impresa e ne spiega quindi gli assetti e le posizioni attuali.
3. Posizionamento (position)  l’adozione di quelle combinazioni di prodotto- mercato-
tecnologia in grado, stanti le caratteristiche del contesto, di garantire posizioni di vantaggio
durature e profittevoli.
Porter, acquisizione del vantaggio competitivo.
Analisi delle caratteristiche del contesto settoriale.
4. Prospettivo (perspective)  modo, specifico, originale, con cui un’impresa concepisce se
stessa e i propri business (“theory of the business” [Drucker 1970]), o, esprimendo il
concetto con un’altra nota terminologia, a ciò che connota nel profondo l’identità
dell’impresa e si rintraccia nelle sue vision e mission.
Cercare di riconoscere quel tanto di particolare che rende diverso l’essere di un’impresa da
quello delle altre imprese.
Es. “Think Different”  Steve Jobs
5. NON DA FARE.

Strategy is a:
- Plan  guardare avanti
- Pattern  guardare all’andamento passato
- Position  guardare in basso, a dove si incontrano i consumatori, e fuori, al mercato.
- Perspective  guardare dentro l’organizzazione, nella propria mente, e in alto, alla vision
aziendale.

Molte definizioni e diversi approcci:


- ma sono veramente tutti utili?
- Quali sono i migliori?

Il pensiero strategico richiede una certa elasticità in modo da poter guardare e affrontare i
problemi da più punti di vista.

Ciascun approccio mette dunque in luce aspetti importanti del problema strategico  ma 

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nessuno degli approcci, considerato singolarmente, fornisce una “risposta” esauriente, esaustiva,
al problema.

Funzioni della strategia:


Numerose sono anche le funzioni “attribuite” alla strategia e le “virtù” che essa dovrebbe
possedere:
 mettere in grado i decisori di individuare gli aspetti, i problemi, le opportunità, critici ed
essenziali e quindi, in sostanza, fornire una guida, un ordine, delle priorità, per le decisioni
e i corsi di azione;
 mantenere o migliorare le posizioni raggiunte dall’azienda, cogliendo le opportunità e
sventando le minacce in un contesto che muta, e, se possibile, anticipare tale mutamento -
quando non addirittura crearlo - innovando (sviluppo del “vantaggio competitivo”);
 comporre le istanze dei diversi stakeholder in gioco e rendere possibile l’azione comune;
Stakeholder = portatore di interesse coinvolto nella gestione d’impresa, capace di influire
su di essa. Esterni e/o interni.
 aiuta i meccanismi organizzativi ad influire sull’agire delle persone. Per agire sugli
stakeholder esterni si può decidere di comunicare il proprio andamento anche all’esterno.
 permettere il razionale sfruttamento delle risorse investite (allocazione) e il loro aumento
di valore
 Contribuire in modo decisivo a migliorare il grado di coordinamento fra aree funzionali,
divisioni e unità operative dell’impresa.
 Definire meglio l’impresa e la sua immagine, anche ai fini della comunicazione.

Lucido 2.
“Strategia, complessità, incertezza”

La strategia è utile quando ci si muove nell’incertezza.

LA STRATEGIA E IL PROCESSO STRATEGICO ASSUMONO RILIEVO IN SITUAZIONI DI INCERTEZZA,


QUANDO L’ORGANIZZAZIONE SI CONFRONTA CON LA COMPLESSITÀ
 la complessità genera incertezza  la strategia è la risposta per affrontarla.

Possiamo prendere in considerazione alcune caratteristiche che rendono “complessa” una


situazione decisionale strategica:
a. La decisione comprende numerosi problemi e aspetti
b. Questi aspetti e problemi tendono ad essere fortemente interrelati. Di conseguenza la
soluzione di un problema richiede la contemporanea soluzione di tutti gli altri.
Spesso ciò genera anche nuove dimensioni del problema che devono essere via via
integrate nella soluzione.
Es. è un po’ come il cubo di Rubrick.
c. In poche situazioni è possibile isolare un problema per risolverlo efficacemente in modo
separato dagli altri.

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 nella realtà ogni problema strategico in azienda è complesso, quindi è difficile trovare una
soluzione semplice, immediata e definitiva.

Come ci poniamo di fronte ai problemi


CI sono vari approcci:
A. Puzzle:
Problema sfidante avente una soluzione ottima
unica.
Può essere molto complesso, articolato e difficile da
analizzare.
Se vi sono, ad un certo punto, tensioni contrastanti
(situazioni inconciliabili) è perché ancora non siamo
stati capaci di trovare la soluzione.
Il dovere dello stratega è trovare la soluzione.
E’ l’unico approccio in cui la condizione di ottimo
esiste.

B. Dilemma:
Situazione in cui vi sono due soluzioni che tendono a
versi opposti, e nessuna delle due può essere definita la
migliore in modo assoluto.
Non vi sono regole razionali capaci di stabilire
esattamente cosa sarà meglio scegliere (se così fosse
non sarebbe un dilemma ma un problema di calcolo).
Accetto l’esistenza di due vie contrastanti e svolgo
una delle due vie.

C. Trade-off: (one optimal solution line)


Situazione in cui ci sono molte possibili soluzioni
che combinano due tensioni opposte, nessuna
combinazione è oggettivamente superiore alle
altre.

In questo approccio il conflitto tra i due opposti è


accettato, lo stratega dovrà riuscire a bilanciare tra i
due opposti.

D. Paradosso: (both-and)
Situazione in cui due elementi sono contraddittori, o
anche esclusivi, ma sono importanti e significativi
entrambi allo stesso modo  non si può prenderne
uno e lasciare l’altro.

Un paradosso non ha quindi una soluzione finale, non


c’è modo di integrare razionalmente gli opposti.

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Non sarà facile trovare un ordine  bisognerà


inventarlo! Diversamente dal puzzle, in cui “copi”
una soluzione pre-esistente, cercandola.

Quando adotti una “soluzione”, non so se sia LA


soluzione.

Lo stratega deve trovare una soluzione con buone


prospettive di funzionare, sapendo che questa rimarrà sempre un “cantiere aperto”, cioè
migliorabile, evolvibile.

Anche una volta fatta la scelta, permane l’incertezza  best as possible

Più che un metodo di calcolo si usa il metodo della DIALETTICA:


tesi-antitesi-sintesi  capacità di giungere ad una sintesi

Fattori che “aumentano” la complessità delle decisioni e delle azioni strategiche in azienda:
 Varietà e Variabilità:
L’impresa, nel suo procedere, si trova a dover rispondere a set di richieste differenti
(poche, uguali, tante, diverse nel tempo)

Richieste di adattamento  se la nostra adattabilità fosse istantanea non ci sarebbe alcun


problema, ma le nostra aziende sono caratterizzate anche da elementi di rigidità e funzioni
non adattabili nel breve periodo (irreversibili)  rigidità e non adattabilità.

In definitiva:
Si è in una situazione in cui non si riesce ad avere un “quadro” decisamente convincente, e a
disporre di previsioni efficaci e affidabili sugli elementi in gioco (interni ed esterni).
Di conseguenza, le decisioni non possono essere guidate da regole “semplici” (calcoli e “ricette”).

Le decisioni e le azioni, infatti, possono dar luogo a effetti inaspettati, non prevedibili, anche in
quanto gli attori del contesto si influenzano reciprocamente (interdipendenza) con le loro azioni e
reazioni.

Le decisioni strategiche si trovano dunque a dover affrontare una situazione di incertezza.

Da questo punto di vista si potrebbe anzi dire che le decisioni assumono qualità “strategica”
proprio quando sono caratterizzate da una situazione di incertezza.

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Lucido 3.
“Un approccio evolutivo allo Sviluppo Strategico dell'Impresa”

I comportamenti strategici (plan, pattern) e lo sviluppo di ogni organizzazione, in una visione


evolutiva, possono essere concepiti come una “sintesi”, dialettica, dei rapporti che essa ha con:
a. la sua struttura
b. l'ambiente in cui è inserita

A) Rapporto strategia struttura: (soggetto-sistemi)


Il rapporto tra soggetti e sistemi implica l’accettazione della qualità sistemica della
organizzazione e della presenza inevitabile di soggetti che popolano e la animano.

Sistema = insieme di elementi-componenti interconnessi, che si comporta come un


tutt’uno.
 funziona secondo delle regole, ovvero secondo una struttura di relazioni fra gli
elementi-componenti che è dotata di una certa “stabilità” (procedure, processi, norme di
comportamento...), sufficiente a garantire loro la capacità di operare insieme.

Un sistema presenta quindi un’identità distinta da quella dei soggetti che in esso e tramite
esso agiscono! Ogni pezzo ha le sue proprietà, l’insieme ha altrettante proprietà.
 Ha una tendenza inerziale:
o a crescere e
o a conservare la sua identità (nucleo “duro” della sua struttura di funzionamento).

II contenuto delle decisioni prese dai soggetti si confronta con la direzione di sviluppo che il
sistema tende a mantenere (per preservare la sua identità) e non può comunque eccedere
i limiti imposti dalle reali possibilità di cambiamento del sistema (inerzia del sistema).

Ciò significa che le possibili trasformazioni, dettate dalle decisioni dei soggetti che
governano il sistema-impresa sono limitate in numero e qualità.

Non tutte quelle che si possono, in astratto, immaginare sono possibili in concreto
(quantomeno nel breve e medio periodo)  alcune di queste potrebbero far perdere al
sistema la sua identità e la sua capacità di funzionare correttamente.

Path Dependence = ciò che ho fatto nel passato influenzerà le mie decisioni e capacità
future.

 Il potere (la capacità) di un soggetto di imporre all'impresa un fine (un set di obbiettivi)
torva un limte nella rigidità e nelle inerzie proprie della struttura e dell'organizzazione (il
sistema).

Il sistema, cioè, solo in parte “recepisce” la finalità del soggetto di comando


(l'imprenditore, i managers) perchè “tende” ad operare secondo proprie "leggi" di

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funzionamento e di sviluppo (in larga parte routines, pratiche operative, conoscenze,


relazioni di potere, ecc., già consolidati).

Le "leggi di funzionamento del sistema" (che consideriamo strutturali) si pongono come un


vincolo alla discrezionalità del soggetto di comando, che non può modificare a suo piacere
il funzionamento dell'organizzazione (pena l'inefficienza dell'impresa).

 TENSIONE fra il percorso che i responsabili d'impresa intendono seguire


e le caratteristiche della struttura che tendono ad imporre un percorso diverso.

 SINTESI tra l'intenzione strategica (tesi) la struttura (antitesi).

Si deve però ricordare che, se non tutto è alla portata dei decisori d'impresa, tuttavia
nemmeno la struttura è immutabile.

Nel medio lungo-termine anche la struttura è modificabile e ciò costituisce di solito un co-
obiettivo strategico, da raggiungere in un certo tempo.

B) Rapporto impresa-ambiente:
L'intenzione strategica = il progetto, il fine, l’obiettivo (plan, Pattern)
si confronta anche con l'ambiente, che:
o prima, condiziona le scelte
o in seguito sanziona, con il successo o l'insuccesso, la via intrapresa.

Una delle idee più comuni e diffuse e che la strategia dell'impresa deve adattarsi, essere
consistente, [fit] con le richieste che provengono dall'ambiente e dalla sua evoluzione.

Il contesto cambia, così la strategia deve adattare l'organizzazione al nuovo contesto.

Industry evolution perspective:


“Il rispetto delle (l'adattamento alle) regole del gioco è l'imperativo strategico”.

Questa prospettiva considera l'ambiente (il contesto) come un sistema con un grande
numero di forze che interagiscono; nessuna di queste è in grado di indirizzare
significativamente lo sviluppo di lungo termine del sistema.
 concetto di razionalità collettiva
es. se si crea una coda di macchine, si blocca l’insieme senza riuscire ad individuare il
soggetto causante.

 Il contesto è un dato del problema.

Le imprese sono dei “giocatori” relativamente piccoli di un gioco molto grande. Il loro
comportamento può avere un impatto sullo sviluppo del contesto, ma nessuna impresa
può significativamente incidere sulla sua direzione di sviluppo.

Ciò lascia ai decisori dei margini di manovra molto angusti: la strategia è ridotta a “giocare
bene entro le regole”.

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Ma fino a che punto è possibile concordare con questa visione?

Certamente l'ambiente, i settori produttivi, seguono delle traiettori di sviluppo che nessuno
può “controllare”: queste traiettorie hanno infatti radici profonde nei mutamenti
dell'economia, della tecnologia, della politica, delle strutture sociali.

Industry creation perspective:


Nondimeno è possibile tentare di “plasmare” il proprio ambiente di riferimento.

Le possibilità di riuscirvi dipendono dalla capacità di riconoscere le opportunità, di adottare


comportamenti innovativi, e di promuovere/creare alleanza strategiche.
 collegando questi tre elementi si può modificare il proprio intorno!

In questo senso, le imprese possono “rompere le regole del gioco” se riescono a esercitare
una “pressione sufficiente”.
Ciò è legato alla forza delle loro innovazioni e alla loro abilità nel coinvolgere altre imprese,
clienti, istituzioni nella loro strategia.

fase rossa  si sfruttano gli investimenti fatti, si affina il modo di lavorare, aumenta
l’efficienza e si recuperano gli investimenti.
Fase blu  si investe, si cerca l’efficacia, si rischia.

Lucido 4.
“Strategia: processo, contenuto, contesto”

Processo e contenuto sono legati al contesto in cui si sviluppano.


“contesto di decisione-azione”

PROCESS:

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È il modo in cui la strategia viene in essere.


- Come avviene il processo?
- Chi sono i protagonisti del processo strategico?
- Quando posso dire che la strategia esiste?  basta la progettazione o serve l’azione?

La visione tradizionale riduce questo discorso al modello di decisione razionale  modello lineare
diviso in fasi (identificazione e analisi del problema, scelta, pratica, implementazione…)

ASSUNZIONI:
Il processo è lineare e razionale  possiede info adeguate, che mi permettono di agire
consapevolmente.

Tutto il sistema può essere cambiato in simultanea.

CRITICHE:
troppa enfasi sulla razionalità  importanza della creatività

è surreale pensare di modificare tutto simultaneamente  è un processo graduale e


frammentato, che emerge in modo incrmentale.

CONTENUTO:
Quali sono le strade concretamente prese dalle aziende per il processo evolutivo, quali sono le
politiche scelte per: prodotto, mercato, risorse.
Si collega a PLAN e POSITION (5P).

Il contenuto strategico può essere descritto in termini di:


 Prodotto e policy di mercato:
o Concentrazione
o Differenziazione
o Diversificazione
Opzioni strategiche di base: differenziazione competitiva e leadership di costo.

 Crescita interna, esterna, cooperativa  mobilitazione di risorse dell’ambiente interno e/o


esterno
Esternament:
o Outsourcing
o Coproduzione

 Sviluppo di risorse e competenze.

Nel tempo il contenuto strategico cambia l’organizzazione, la quale modifica:


a. Grandezza
b. Range di prodotti
c. Mercati target
d. Posizioni competitive
e. Pertnership
f. Struttura corporate, finanziaria e organizzativa.

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CONTESTO:
Dove sono incorporati il processo strategico e il contenuto strategico?

Tre livelli:
 Organizzazione
 Settore  ambiente competitivo
 Task environment  ambiente politico, sociale, culturale e stakeholders.

Le rappresentazioni dell’ambiente competitivo:


1) Le cinque forze di Porter:
 mancano gli enti regolatori della competizione e le cooperazioni

2) Value Net – Brandenburger and Nalebuff (1995)

!! Descrivere il contest competitive può essere considerate la descrizione dell’assetto delle


caratteristiche strutturali del settore e delle sue dinamiche, le quali devono essere prese in
considerazione per ogni tipo di decisione strategica.

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Ludico 5.
“Processo Strategico: Formulazione e Formazione”

Ci portiamo nell'ambito degli studi di management strategico che si sono concentrati sul processo
 sugli aspetti procedurali, in ordine all'esigenza di dare al processo decisionale strategico un
possibile ordine “razionale” e delle “regole” (delle “pratiche”).

“Come” può essere concepito e realizzato, in pratica, un “corso di azione” (di successo)?
La strategia si decide o si forma?

Ci sono più idee su come le strategie debbano essere create.

La più grande distinzione si ha tra:


1) Strategia come intenzione strategica (intended course of action)  Plan
2) Strategia come realizzazione strategica (realized course of action)  Pattern

1) L’intenzione strategica è ciò che gli individui e le organizzazioni formulano a priori (un
modello di decisioni).

Il processo tramite cui una intended strategy è creata viene definito “strategy
formulation”; la strategy formulation è seguita dalla strategy implementation.  non
sempre si può fallire o cambiare strada.

2) La realized strategy si riferisce al comportamento strategico nella pratica (un modello di


azioni).

Il processo tramite cui una realized strategy è creata viene definito “strategy formation”;
ciò che si crea può derivare da una intended strategy o può essere il risultato di azioni non
pianificate lungo il tempo (deliberate-emergenti).

 Formazione strategica:
Il processo di formazione strategico comprende la formulazione e l’implementazione.

È l’intero processo che porta al comportamento strategico nella pratica.

I manager che si concentrano solo sulla formulazione, tralasciando l’implementazione


hanno una visione limitata.

 Domande riguardanti il processo strategico:


o Come l’intero processo di formazione della strategia dovrebbe essere gestito per far
sì che le organizzazioni agiscono in modo strategico?
o Quali attività devono essere intraprese?
o Chi dovrebbe essere coinvolto?

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o Fino a che punto la strategia può essere formulata in anticipo?

 Attività della forma strategica:


o IDENTIFYING:
 Agenda setting (dagnosing)
 Mission setting
 External assessment
 Internal assessment
o REALIZING:
 Performance control
 Action taking
 Option generation
 Option selection

 I ruoli nella formazione strategica:


I ruoli nella formazione strategica possono variare a seconda di come i gruppi di lavoro
(tasks) e le responsabilità sono suddivise  le differenze sono dovute a differenti divisioni
del lavoro dal punto di vista delle seguenti dimensioni:
o TOP VS MIDDLE VS BOTTOM ROLES
Divisione vertical delle attività  quanto in basso possono essere spinte le attività?
Quanto beneficio porta all’innovazione investire nei livelli più bassi?
o LINE VS STAFF ROLES
I manager di line e i membri degli staff sono coinvolti nel processo; alcune aziende
istituiscono dipartimenti strategici speciali per prendersi a carico le attività
riguardanti la formazione strategica, la responsabilità di questi dipartimenti varia da
generale facilitazione del processo, a controllo totale del processo o della
formazione.
o INTERNAL VS EXTERNAL
Non tutte le attività necessitano di essere svolte da membri dell’organizzazione,
possono essere acquisite dall’esterno.
Non è raro per le imprese il fatto di sfruttare agenzie esterne per svolgere attività di
diagnosi o per facilitare in generale il processo di formazione strategica.

Alcune imprese hanno consulenti esterni che si legano a tutti gli aspetti del
processo.

PARADOSSO DELIBERATENESS-EMERGENCE:
Il dualismo tra il voler progettare internazionalmente il futuro e la necessità di scoprire poco a
poco imparando ad adattarsi alla realtà è la tensione al centro del tema della formazione
strategica.

Da un lato, i manager vorrebbero prevedere il futuro e orchestrare i piani per prepararli; dall’altro,
i manager comprendono che la sperimentazione, l’apprendimento e la flessibilità sono necessari
per trattare con l’imprevedibilità degli eventi futuri.
 DELIBERATE STRATEGY = realized strategy che derivano da una intended strategy
 EMERGENT STRATEGY = realized strategy che NON derivano da intenzioni.

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La ponderatezza (deliberateness) si riferisce alla qualità dell’agire intenzionalmente,


quando le persone agiscono in modo ponderato, pensano prima di agire: fanno un pinao e
lo implementano.

Tutte le organizzazioni necessitano di ponderare.


Al livello operazioni, molte imprese hanno diversi gradi di planning di produzione, di
risorse, forze lavoro, finanziari.

Quando si parla di comportamento strategico, ci sono anche diversi vantaggi evidenti che
premono le aziende ad utilizzare deliberate strategies.

Una strategia emerge quando viene in essere lungo la strada.


Dove non ci sono piani (o ci si discosta dai piani) ma il comportamento permane strategico,
la strategia viene detta emergente.

Una strategia emergente differisce da un comportamento ad hoc per il fatto che evolve un
modello coerente di azioni.

Se i manager non hanno definito intenzioni a priori, possono esplorare, imparare e unire
insieme i vari prezzi per creare un modello comportamentale consistente e durevole.

Decidere di far emergere una strategia ha diversi vantaggi:


o Opportunismo  il futuro è sconosciuto e imprevedibile, le imprese possono
cogliere le opportunità ancora non pianificate nel momento in cui emergono e
possono rispondere in maniera rapida alle nuove condizioni.
o Flessibilità  non si costringe prematuramente un’organizzazione in un
determinato corso di azioni
o Apprendimento  Il modo migliore per scoprire cosa funziona è fare delle prove
o Imprneditorialità  accrescimento di coalizioni, confonto di idee opposte,
convinzione
o Supporto  costruzione di coalizioni, confronto di idee opposte, convizione.

Prospettive nella funzione di strategia:

20/02

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“cambiamenti strategici”

Per rimanere efficaci ed efficienti le imprese devono costantemente creare alterazioni “fine-
tuning”, tramite le quali le procedure vengono implementate, le attività sono sviluppate e le
persone riassegnate.

I cambiamenti strategici, al contrario, sono diretti a creare un nuovo tipo di allineamento – una
nuova combinazione tra set-up di base dell’impresa e le caratteristiche dell’ambiente.

Mentre i cambiamenti operativi sono necessari per mantenere il sistema di business e


organizzativo, i cambiamenti strategici sono diretti a rinnovare questi elementi.

Aree del rinnovamento strategico:


- Business System: prodotto mercato-risorse-competenze
- Organization System: cultura organizzativa, meccanismo e struttura organizzativa.

PARLIAMO DI CAMBIAMENTO STRATEGICO QUANDO LE ALTERAZIONI FONDAMENTALI VENGONO


FATTE AL BUSINESS SYSTEM E/O ALL’ORGANIZZAZIONE SYSTEM  e la forma del cambiamento?
 Magnitudine del cambiamento (portata)  la taglia dei passi il processo di
rinnovamento strategico dovrebbe consistere in pochi grandi passi di cambiamento oppure
tanti piccoli passi
La taglia degli step del cambiamento è collegata alla magnitudine:
o Scopo del cambiamento (ristretto-espanso)
o Ampiezza dei cambiamenti organizzativi (grande-piccolo)

 Ritmo del cambiamento  i rinnovamenti strategici richiedono tempo:


o tuning del cambiamento (costante-intermittente)
o velocità del cambiamento (rapido-lento)
i due sono correlati.

Un cambiamento può prendere la via della rivoluzione o dell’evoluzione  bisogna quindi


distinguere tra:
1. cambiamento distruttivo (rivoluzione)
2. cambiamento graduale (evoluzione)

1. RIVOLUZIONE:
E’ un processo dove un cambiamento radicale avviene in un periodo di tempo piuttosto
breve.

Questo approccio è generalmente utilizzato quando la rigidità di un’organizzazione è tale


per cui piccole spinte non sarebbero sufficienti a far muovere l’impresa.

Tipiche cause di rigidità:


1. Persistenze psicologiche al cambiamento
2. Persistenze culturali al cambiamento  identificarsi con un’azienda

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3. Persistenze politiche al cambiamento  legate al potere e al fatto che lo status quo


solitamente vuole essere cambiato solo da chi sta peggio.
4. Lock-in  path dependence che pesano sul futuro. Questi sono:
i. Investimenti: devono essere recuperati
ii. Competenze: alcune competenze specifiche svaniscono se viene modificato
il loro campo di applicazione
iii. Sistemi
iv. Stakeholders

Ulteriori fattori che spingono verso mutamenti radicali:


o Pressione competitiva
o Cambiamenti normativi  bisogna adattarvisi
o Vantaggio del pioniere

EVOLUZIONE:
E’ un processo in cui un costante apporto di piccoli cambiamenti graduali viene accumulato in un
lungo periodo di tempo.

Questo approccio “metamorfico” al cambiamento strategico è particolarmente importante


quando il rinnovamento strategico si incardina su un apprendimento organizzativo di larghe
vedute:
a) Appendimento  quando le persone in un’azienda devono sviluppare nuove routines,
nuove competenze, nuovi processi … e necessario del tempo per sperimentare, riflettere,
discutere, testare ed internalizzare.
b) Potere  è spesso troppo disperso per un cambiamento rivoluzionario per essere imposto
alle imprese.

Dove nessuno ha sufficiente presa nell’organizzazione per spingere a sviluppare


cambiamenti radicali, un approccio più evoluzionario può essere l’unica strada possibile.

Prospettive nel cambiamento strategico:

Sebbene la domanda, sia per il cambiamento rivoluzionario che evoluzionario, è chiaramente il


manager in difficoltà nel dover determinare come queste che devono essere combinate e
bilanciate in un processo attuale e in via di sviluppo di rinnovamento strategico.

Il cambiamento rivoluzionario è necessario per creare discontinuità in un processo di


rinnovamento radicale e repentino, che rompe con il passato.

Il cambiamento evoluzionario è necessario per assicurare continuità nel processo di rinnovamento


– moderata e graduale metamorfosi da uno stato all’altro.

Nel trovare un bilanciamento tra queste due domande, la questione è quale delle due deve
giocare un ruolo leader e a quale tipo di cambiamento deve portare.

Promuovere e gestire il cambiamento:

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Le organizzazioni possono presentare diversa capacità e velocità di cambiamento delle loro parti
costituenti, in ragione di ostacoli tanto tecnico-operativi quanto politici.

Inoltre, il cammino che conduce ad un nuovo assetto strategico lungo, frammentato e


caratterizzato da momenti di accelerazione ma anche di stasi.

Se in astratto il sentiero evolutivo dovrebbe interessare il “business system” nel suo complesso, è
pur vero che “trascinare” contemporaneamente tutti gli attori e gli stakeholder, interni ed esterni,
appare una impresa difficilmente praticabile  la questione si sostanzia nel problema di
individuare quanti e quali soggetti coinvolgere e attraverso quale percorso innescare e guidare il
mutamento.

Kim e Mabourgne (2005): necessità di adottare un approccio che porti a concentrare gli sforzi su
alcuni punti critici in grado di provocare un movimento epidemico verso una nuova idea piuttosto
che cercare di affrontare il problema in modo globale e omnicomprensivo.

 ipotesi di lavoro:
1. Un progetto di cambiamento può aumentare le sue chance di affermarsi e divenire
operativo se si riesce ad attivare un numero sufficiente ma limitato di key player (una
massa critica), in grado, nel tempo, di catalizzare e far convergere in modo progressivo e
cumulativo gli interessi e le risorse degli altri attori.
2. Particolarmente delicato è il processo che conduce a selezionare e aggregare i primi
soggetti, a verificare la loro potenzialità e grado di motivazione, nonché le doti di
leadership nei confronti degli altri attori che possono essere successivamente coinvolti e
trascinati nell’iniziativa.
3. Rispetto ai contenuti, il progetto di cambiamento dovrebbe inizialmente concentrarsi su
obbiettivi sfidanti ma realisticamente raggiungibili in tempi medio-brevi. Per ampliare la
base di partecipazione e consenso il miglior incentivo è costituito dai risultati.
4. Diventa importante concentrare primariamente l’attenzione su quei fattori e attività che
richiedono un impegno di risorse relativamente limitato rispetto al potenziale di impatto
positivo che possono generare sulla performance  le risorse necessarie dovrebbero
essere reperite distogliendole da quelle attività che invece presentano un rapporto tra
impegno e performance meno favorevole
5. Irrinunciabile è anche la predisposizione di strumenti di monitoraggio, valutazione e
diffusione dell’andamento delle iniziative che consentono una adeguata socializzazione
della direzione di marcia  l’evidenziazione e la comunicazione dei risultati positivi, e
quindi dei vantaggi e della convenienza a partecipare, può rivelarsi, se curata con
attenzione, una valida leva propulsiva.

7  DIVERSE SCUOLE:
Quattro delle scuole proposte da Mintzberg.
Domanda a cui rispondono:
- Come e quando si decide e si forma la strategia?
- Chi decide/guida/controlla la strategia?

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- Quali sono i contenuti della strategia?


- Qual è la definizione di strategia?

L’ADOZIONE DI UN’IMPOSTAZIONE PIUTTOSTO CHE UN’ALTRA NON E’ AFFATTO NEUTRALE


RISPETTO AL MODO IN CUI CI SI PONE IL PROBLEMA STRATEGICO E AL MODO IN CUI SI PENSA DI
DOVER PROCEDERE, ORGANIZZARSI, DISTRIBUIRE LE RESPONSAIBLITA’.

A. Design School:

Formulazione strategica come concezione del processo

Anni ’50  Selzrick, Chander, Andrews

Idee di base del modello  consonanza tra le capacità “interne” e le opportunità


“esterne”.

Il modello pone il punto di partenza nell’analisi della situazione esterna ed interna, la prima
per scoprire minacce ed opportunità, la seconda per identificare punti di forza e di
debolezza (SWOT).

Premesse:
a) La formazione della strategia dovrebbe essere un processo deliberato di pensiero
consapevole
b) La responsabilità della razionalità e del controllo del processo è del vertice
strategico
c) Il processo di formazione della strategia deve essere mantenuto semplice ed
informare e deve essere esplicito
d) Il processo (disegno) è completo quando la strategia è completamente formulata
come prospettiva; resa esplicita può quindi essere implementata.

Critiche:
o Non c’è apprendimento  la strategia viene considerata solo come un processo di
“concezione”
o La struttura segue la strategia, ovvero promuove la rigidità  una volta che la
strategia è creata, deve essere articolata per l’implementazione. L’azienda deve
funzionare, non solo in direzione della nuova strategia ma anche durante i suo
processo di formazione  si sottovaluta la gestione del cambiamento
o Si separa la formulazione dall’implementazione (solo concezione).

B. Planning School:

Formazione strategica come processo formale

Anni ‘70

Idee di base del modello  focus sulle procedure formali, sulle analisi formali, sulla
raccolta e l’elaborazione di molti numeri.

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Il vertice strategico pone gli obiettivi, poi la struttura elabora i budget e i piani operativi
necessari.

Fasi (tipiche) principali:


I. Fissazione degli obiettivi
II. Analisi dell’ambiente esterno (previsione)
III. Analisi dell’ambiente interno (tecniche formali per misurare risorse e competenze)
IV. Valutazione della strategia
V. Elaborazione dei piani operativi
VI. Programmazione dell’intero processo (scheduling)

Premesse: questa impostazione accetta molte delle premesse della precedente. Il modello
è simile ma la sua esecuzione diviene molto più formale.

Il credo principale è: l’analisi fornirà la sintesi.

L’aspetto operativo, di implementazione, riceve più attenzione (programmazione e


budget).

Critiche:
o L'errore della predeterminazione  un'organizzazione deve essere in grado di
predire l'evoluzione del proprio ambiente, deve poterlo controllare, o, almeno,
assumerne la stabilità.
Senza queste assunzioni non avrebbe senso fissare, inflessibilmente, un corso di
azioni
o Errore della separazione  I manager gestiscono attraverso un controllo “remoto”,
sulla base dei dati (anche numerosi) che gli vengono forniti.
Di fatto sono “separati” dall'oggetto della loro strategia.
Ma i dati (spesso, per non dire sempre) non raccontano nè spiegano, con sufficiente
profondità, che cosa stà succedendo: sono spesso in ritardo, superficiali, e
eccessivamente aggregati rispetto al reale fabbisogno di conoscenze per decidere.
o Errore della formalizzazione  Può il piano strategico riprodurre i processi, la
dinamica, che sostengono l'intuizione, la creatività imprenditoriale ?
o Il grande equivoco dello strategic planning  Poichè l'analisi non è la sintesi, lo
strategic planning non potrà mai essere “strategy making”  l’analisi non potrà mai
sostituire la sintesi.

C. Positioning School:

contenuto strategico

Anni ’80: Porter

Idee di base del modello  focus sul contenuto della strategia: specifiche strategie da
adottare a seconda del contesto.
Solo poche strategie chiave (intese come “posizione” nel mercato) sono “vincenti” in ogni
specifico settore (caratterizzato da un certo assetto e forze): quelle che possono essere
difese dai concorrenti attuali e futuri.

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Le imprese che occupano queste posizioni ottengono dei profitti superiori alle altre
imprese del settore. Ciò consente loro anche di accumulare e dispiegare risorse in misura
superiore ai concorrenti per difendere e consolidare le posizioni.

Premesse:
a) Le strategie generiche sono intese come posizionamento nel segmento di settore
b) Il segmento di settore (contesto) è identificato e analizzato secondo la prospettiva
dell’economia industriale
c) Il processo di formazione della strategia consiste nella scelta di un posizionamento
(fra quelli generici) sulla base di un “calcolo” analitico.
d) Gli “analisti” giocano un ruolo primario in questo processo, fornendo i risultati ai
managers che ufficialmente controllano
e) Di fatto le scelte strategiche sono guidata dalla struttura del mercato e la struttura/
organizzazione dell’impresa è conseguente alle scelte di posizionamento.

Critiche:
o Focus  Il processo è focalizzato sulle variabili economiche (tipiche dell'IO) e in
specie su quelle quantificabili; non sono considerati gli aspetti socio-politici e, in
generale, quelli esprimibili solo qualitativamente.
o Contesto  E' un approccio che pone al centro l'analisi dell'ambiente esterno
(rappresentato in termini di caratteritische di settore e di competizione) e, di fatto,
trascura l'ambiente interno (risorse e competenze).
o Strategia  E' considerata come posizionamento (generico), non come prospettiva
“unica” e originale di ciascuna azienda.

D. Learning School:

Formazione strategica come processo emergente

Anni ’60-’80: Lindblom, Quinn, Mintzberg

Idee di base del modello  Il “policy making” non è un processo “preciso”, ordinato,
controllato (in senso pieno, assoluto). Ci sono momenti di ambiguità, “disordine”,
circolarità. In questo processo i managers devono in realtà fare i conti con un mondo (un
contesto) che essi sanno essere complesso (la cui complessità eccede le loro risorse
informative, di calcolo, di conoscenza..).

Tre questioni:
i. Chi è realmente “l’architetto” della strategia e “dove” ha luogo, all’interno
dell’organizzazione, il processo di formazione della strategia?
ii. In che misura il processo strategico può realmente essere deliberato e razionale?
iii. Fino a che punto è possibile separare la formulazione della strategia dalla sua
implementazione?

Premesse:
a) La complessa e imprevedibile natura dell’ambiente, unita alla
diffusione/dispersione nell’organizzazione delle conoscenze necessarie alla
strategia, preclude un controllo deliberato del processo.

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Lo “strategy making” prende la forma di un percoso di apprendimento nel tempo,


nel quale formulazione e implementazione divengono intrecciate e indistinguibili.
b) Se il leader strategico apprende, e qualche volta è la figura che più “cresce”,
nondimeno è nel collettivo che maturano e si sedimentano le conoscenze: non c’è
quindi la figura monolitica dello “stratega” ma il contributo di più soggetti
dell’organizzazione (ciascuno al suo livello e secondo le proprie competenze e
responsabilità)
c) L’apprendimento procede in modo “emergente” (non predeterminato), attraverso
una relazione circolare (e riflessiva) tra decisioni e azioni.
d) Il ruolo della leadership non è quello di concepire e deliberare (ex ante) la strategia
ma di gestire il processo di apprendimento da cui deve emergere la direzione
strategica.

Critiche:
o Nessuna strategia  In un “regime” di puro incrementalismo viene a mancare una
direzione centrale: essa si dissolve in un insieme di manovre tattiche.
Con altre parole: una serie di decisioni prese giorno per giorno non possono
convergere (quantomeno non è detto convergano) in una chiara direzione.
o Perdita-deviazione dalla strategia  Una eccessiva enfasi sull'apprendimento può
portare a “perdere per strada” una opzione strategica coerente e realizzabile, a
favore di iniziative che vengono “sponsorizzate” solo perchè, sul momento,
appaiono più nuove o più interessanti.
o Strategie errate e non volute  Procedere in modo puramente incrementale può
portare all'emersione di condotte che in realtà nessuno intendeva e voleva.
“Piccole” decisioni incrementali possono cioè “trascinare” verso “grandi” strategie
indesiderate.

10: “Business Level STrategy”

“strategia come contenuto”  politiche di prodotto/mercato, significato competitivo delle risorse


e competenze

Per avere successo, le imprese necessitano di ottenere un vantaggio competitivo rispetto alle
organizzazioni rivali operando nella stessa area di business.

Come le imprese devono creare un vantaggio competitivo sostenibile in ogni business in cui
operano è il tema centrale riguardante i manager che si occupano di business level strategy.

Il tema del vantaggio competitivo:


il vantaggio competitivo si può raggiungere solo se un sistema di business crea un valore maggiore
per i clienti.
1) Il primo elemento di un business di successo è una value proposition superiore.

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Un’impresa deve essere i grado di offrire un prodotto o servizio più vicino possibile ai
bisogni del cliente.

Per essere attrattivo, ogni elemento della gamma di offerta di un’azienda deve essere
indirizzato ad un particolare segmento del mercato e deve avere un mix notevole di
attributo.

2) Il secondo elemento è la capacità di mettere in pratica le necessarie attività che aumentano


il valore in modo efficace ed efficiente.

Queste attività a valore aggiunto, come la R&S, produzione, logistica, marketing e vendite,
sono congiuntamente riferite ad un sistema di attività aziendali (catena del valore).

3) Il terzo elemento è la base di risorse richieste per effettuare le attività a valore aggiunto.

Risorse come il know-how, brevetti, infrastrutture, moneta, marchi e relazioni


compongono lo stock di attività che può essere impiegato per creare l’offerta di prodotto.

Se queste attività specifiche dell’azienda sono distinguibili e utili, possono creare le basi per
una value proposition superiore.

Per creare un vantaggio competitivo, l’allineamento deve essere raggiunto tra tutti e tre gli
elementi del sistema di business:
RESOURCE BASE (stck of assets)  ACTIVITY SYSTEM (value chain)  PRODUCT OFFERING (value
proposition)  MARKETS

Offerta del prodotto:


Per il manager strategico la questione chiave è quali prodotti dovrebbero essere sviluppati e quali
mercati dovrebbero essere serviti.

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Un certo numero di vincoli inibisce le aziende dall’avere un approccio non focalizzato sul mercato
e spinge verso un più focalizzato approccio:
- Basse economie di scala
- Lento apprendimento organizzativo
- Brand image non chiara
- Corporate image non chiara
- Alta complessità organizzativa
- Limiti alla flessibilità

Per queste ragioni, le aziende necessitano di focalizzarsi su un limitato numero di business, e per
ciascuno di questi devono focalizzarsi su un limitato numero di prodotti e consumatori.

La focalizzazione inizia guardando ai confini del business.

Per esplorare come un business può essere definito, è innanzitutto necessario specificare come un
business si differenzia da un’azienda ad un mercato; infatti un business è delineato sia in termini di
azienda che di mercato.

Delineare profili industriali:


Un’industria è definita come un gruppo di aziende che producono tipologie simili di
prodotto e/o usa un set simile di processi o risorse che aumentino il valore.

Prospettiva: similarità dal lato dell’offerta

“la più semplice via per disegnare il confine di un’industria è quello di utilizzare la similarità
di un prodotto come criterio di separazione.

Possono essere utilizzati altri elementi: similarità sulle attività chiave a valore aggiunto e/o
Sulle risorse.

Un’impresa può anche essere definita sulla base del sistema di valore, ad esempio
Considerando le imprese coinvolte nella stessa procedura di creazione del valore.

Segmentazione del mercato:


Mentre gli economisti vedono il mercato come un luogo dove si incontrano la domanda e
l’offerta, nel mondo del business un mercato è definito come un gruppo di consumatori
con bisogni simili.

Prospettiva: similarità dal lato della domanda

Definizione e selezione del business:


Un business è un insieme di combinazioni prodotto-mercato correlate.

Il termine “business” non si riferisce né ad un gruppo di produttori né ad uno di


consumatori, ma al luogo in cui i due si incontrano.

In altre parole, un business è un’arena competitiva dove le imprese offrono prodotti simili
per soddisfare bisogni simili, competendo così per aggiudicarsi la vendita al consumo.

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Le imprese devono indirizzare i loro sforzi, focalizzandosi su due vie:


o La selezione di un numero limitato di business
o Il focus su ogni singolo business scelto

Posizionamento all’interno di un business:


Il posizionamento riguarda sia la questione concernente DOVE competere sia il COME
competere 
o Dove competere: nel selezionare uno scopo competitivo, le imprese possono
scegliere apertamente se essere orientate in modo ampio oppure molto ben
focalizzate
o Come competere: nello sviluppare un vantaggio competitivo, le imprese hanno
molte dimensioni lungo le quali poter tentare di sopraffare i loro rivali.
 Prezzi  diventa il principale segnale informativo di posizionamento
quando, noi clienti, non abbiamo altri canali di posizionamento del prodotto.
(è il primo che usiamo)
 Specifiche
 Pacchetti
 Qualità
 Disponibilità
 Immagine
 Relazioni

Tipi di vantaggio competitivo:


1. differenziazione
2. leadership di costo

o, in un altro tipo di classificazione:


1. eccellenza operazione
2. leadership di prodotto
3. relazioni con i clienti

Lucido 11.

“Business level strategy – sistema di attività”

Per essere capace di fare veramente ciò che si vuole vendere, un’azienda necessita di avere un
sistema di attività in loco.

Un sistema di attività è un set integrato di processi di creazione del valore per l’offerta di prodotti
e servizi.

Il sistema di attività p anche spesso riferito alla catena del valore (Porter).

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La catena del valore:


La «catena del valore» è la rappresentazione sintetica delle attività di una singola area d'affari di
un'impresa diversificata o dell'intera attività di un'impresa specializzata o monoprodotto.

La catena del valore è rappresentabile con un sistema interdipendente di attività generatrici di


valore (value activities= attività responsabili di aver acquisito certe proprietà al prodotto) connesse
da legami e da un margine.

Ciascuna di queste attività, oltre che contribuire alla formazione del valore finale ottenuto,
rappresenta anche una fonte di costo (stante l'impiego di materiali, di ore di lavoro, ecc.).

Un margine positivo implica che l'impresa sia in grado di offrire un prodotto o un servizio per il
quale i clienti sono disposti a pagare un ammontare di danaro superiore alla somma dei costi
relativi a tutte le attività svolte nella catena del valore.

Costruzione della catena del valore:


- identificazione delle attività generatrici di valore (si parte dal modello)
- definizione della catena del valore per il particolare settore e per la specifica impresa (firm-
specific)
- individuazione dei legami all’interno della catena del valore.

Identificazione delle attività generatrici del valore:


Si distinguono:
1. attività primarie:
Sono Ie attività che consentono di “creare” (realizzare) il prodotto, venderlo e consegnarlo
ai clienti, comprensivo dei servizi di assistenza.
o Logistica in entrata  ovvero tutte le attività correlate al ricevimento,
immagazzinamento e movimentazione degli input. Tra queste, la gestione dei
materiali, lo stoccaggio, il controllo delle scorte, la programmazione delle consegne;
o Operations  ovvero le attività associate con la trasformazione degli input in
prodotti finiti. Ne sono un esempio le attività di produzione, di assemblaggio, di
confezionamento, la manutenzione ed il controllo degli impianti;
o Logistica in uscita  costituita dalle attività collegate con la raccolta,
l'immagazzinamento e la distribuzione del prodotto agli acquirenti. Esempi di tali
attività sono lo stoccaggio dei prodotti finiti, la gestione dei materiali, il
processamento degli ordini;
o Marketing e vendite  ovvero le attività relative alle modalità scelte per rendere
disponibile un bene agli acquirenti e quelle per motivarli all'acquisto, quali la
pubblicità, la promozione, la gestione della forza di vendita, la selezione e la
gestione dei canali di distribuzione, la determinazione del prezzo;
o Servizi  ovvero Ie attività associate alla fornitura di un servizio per migliorare o
mantenere il valore del prodotto. Tra queste si annoverano, ad esempio, Ie
installazioni, le riparazioni, la fornitura di pezzi di ricambio.
2. attività di supporto:
Sono le attività che aumentano l’efficienza e l’efficacia delle attività primarie.

o Approvvigionamenti  ci si riferisce in questo caso alla funzione di acquisto e non


ai singoli input acquistati. Gli acquisti di input interessano ogni attività primaria e di

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supporto (si pensi, ad esempio, agli acquisti di attrezzature di controllo per un


laboratorio di ricerca);
o Sviluppo della tecnologia  sono qui ricomprese attività che possono essere
identificate dagli sforzi di miglioramento di prodotti e processi.
o Gestione delle risorse umane  ricerca, selezione, training, sviluppo e retribuzione
dei collaboratori....
o Infrastrutture  finanza, contabilità e controllo, gestione qualità, sistemi
informativi....

Catena del valore per il particolare settore neI quale opera l'impresa

Le diverse attività possono essere disaggregate nelle loro componenti fondamentali, che
dipendono dal particolare settore e dalla strategia dell'impresa.

Partendo dalla catena del valore generica, si passa a dividere le funzioni “ampie” in attività
specifiche.

In linea di principio, si prosegue fino a separare attività che hanno un alto impatto potenziale sulla
differenziazione e/o che rappresentano una parte signficativa dei costi.

Individuazione dei legami all'interno della catena del valore


La catena del valore non è una semplice collezione di attività indipendenti ma un sistema di attività
interdipendenti.

Il valore ottenuto non dipende solo dall'abilità nello svolgere le singole attività, ma anche
dall'abilità nel gestire i legami tra le attività (coordinamento).

I legami sono di speciale rilievo quando il modo utilizzato per realizzare un'attività influenza il
costo o l'efficacia di un'altra attività.

Si pensi alla qualità dei materiali acquistati da un'impresa: se conformi a quanto stabilito possono

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essere assemblati senza difficoltà, con positive ricadute sui costi di produzione.

La gestione dei legami può far leva sull'ottimizzazione e/o sul coordinamento 
- Ottimizzazione: siamo in presenza di una scelta tra attività per raggiungere lo stesso
risultato complessivo.

Ritornando all'esempio precedente, un controllo più selettivo sulla qualità dei materiali
acquistati da un'impresa porta a minori costi di servizio per l'eventuale sostituzione dei
prodotti realizzati.
- Coordinamento: si pensi al fatto che il dover consegnare in tempo porta a dover
coordinare diverse attività, ad esempio le operations, la logistica in uscita, ed
eventualmente i servizi (ad esempio, per l'installazione, se richiesta).

La diversità delle catene del valore:


Anche se a prima vista molte imprese possono apparire simili all'osservatore esterno, si può
affermare che ogni catena del valore è firm-specific, in quanto stilizza le attività di una singola
impresa  esempio: caso delle compagnie aeree “low-cost”.

La diversità tra catene del valore è dunque influenzata:


- Dai gruppi di clienti, ovvero il segmento di clientela Il segmento (chi) è dato da clienti
giovani e da famiglie numerose che hanno limitate richieste di servizio e hanno flessibilità
di tempo.
- Dalle funzioni d’uso, cioè i bisogni da soddisfare  La funzione d'uso è un bisogno di
trasporto a prezzo basso (il cosa) a cui il cliente contribuisce facilitando il servizio (Internet,
accesso ai posti liberi, niente rifiuti).
- Dalle modalità, ovvero il come soddisfare il cliente  Si offrono modi di soddisfazione dei
bisogni essenziali (il come) attraverso una combinazione di operazioni che incidono
decisamente sull'economia del servizio.

Il sistema del valore:


Il disegno (la configurazione) del sistema di attività di una impresa dipende non solo dalla
comprensione della sua catena del valore ma anche da come l'impresa si inserisce nel «sistema –
costellazione - del valore» complessivo che realizza la produzione.

In un contesto a crescente interdipendenza ed interconnessione, la promessa di valore fatta al


cliente viene mantenuta con il contributo di tutte le sue componenti, presidiate da imprese anche
diverse che scambiano e/o co- producono.

Implicazioni:
i. La gestione della catena del valore di un attore può avere forti tipercussioni sulla
performance delle cate delle altre imprese appartenenti al medesimo sistema, e quindi
sulla performance complessiva ottenuta.
ii. Ciascuna impresa tende a disegnare la propria catena del valore specializzandosi in
quelle attività della filiera in cui può ottenere un vantaggio competitivo e appropriarsi
di una quota significativa del valore complessivamente realizzato.

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 Esempio dell’Ikea:
Azienda leader nella progettazione e realizzazione di soluzioni di arredamento “fai da te”.

L'azienda svedese opera su scala internazionale realizzando gran parte del proprio giro di affari sui
mercati non domestici.

Le attività di Ikea si possono comprendere ponendo il focus su quelli che vengono definiti “temi
strategici di ordine superiore”.

Per spiegare il sistema di attività di Ikea si può partire dal prodotto di “design a basso prezzo”.

Viene offerto nei punti di vendita attraverso un servizio essenziale che richiede un forte
coinvolgimento del consumatore.

Il consumatore “deve farsi carico” di attività all'interno del punto di vendita, nonchè effettuare il
trasporto e, spesso, il montaggio del prodotto.

Questo “tipo di offerta” (product/market: formula e tipo di clientela) richiede prodotti facili da
trasportare e da assemblare.

Grande attenzione è perciò posta sulla progettazione modulare dei prodotti.

Vantaggi in termini di costi di produzione e, al tempo stesso, capacità di rispondere alla “varietà”
(esigenze e gusti della domanda).

La produzione è internamente “esternalizzata”.

Rappresentazione del sistema del valore:


Graficamente, il legame tra le singole catene nel sistema del valore complessivo è così
rappresentato.

Questa rappresentazione, quando si considera rigidamente la divisione del flusso produttivo in fasi
e attori distinti, sconta una eccessiva sequenzialità e linearità, così come un'enfasi sul solo
“scambio” a scapito delle forme di co- produzione e partnership.

Per tali motivi la sua capacità di cogliere adeguatamente gli assetti e le dinamiche dei processi di
produzione è stata sottoposta a critiche.

Per descrivere e interpretare la trama di connessioni e relazioni in cui una organizzazione di


produzione si trova effettivamente “immersa” è più efficace il riferimento al concetto di
“costellazione del valore” [Normann e Ramirez 1994; Parolini 1996].

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Adottando questo approccio si comprende meglio come le organizzazioni dinamicamente


concentrino e/o estendano il loro raggio d'azione in diverse ambiti e fasi, ma anche tessano e
sviluppino relazioni -di diverso tipo e contenuto- con altri attori, nella continua ricerca di
controllare e/o mobilitare quelle risorse e funzioni che garantiscono la creazione (e
l'appropriazione) di maggior valore.

Ikea ha un sistema del valore che comprende, fra gli altri, designer e oltre 2 mila fornitori di oltre
50 paesi ai quali affida l'intera produzione degli articoli presenti nei punti vendita.

I fornitori devono:
- interagire con i responsabili degli acquisti di Ikea;
- rispettare le caratteristiche dei disegni proposti;
- garantire la qualità dei prodotti;
- allineare i tempi di consegna;
- predisporre Ie forniture secondo imballaggi facili da gestire da parte dei trasportatori e
degli addetti allo stoccaggio nei punti di vendita.

L'allineamento delle attività dei fornitori facilita l'attività di Ikea che può:
1. aumentare l'efficienza nella rotazione delle scorte,
2. semplificare l'intera attività di manipolazione dei prodotti fino all'utente finale
3. aumentare la produttività

In definitiva, aumentare la creazione di valore.

Le imprese che fanno uso diffuso del sistema del valore rivolgendosi a terzi:
- hanno un'intensa attività focalizzata su competenze centrali svolte e attentamentc
selezionate,
- basate su sistemi di gestione capaci di favorire e coordinare le transazioni e l'interazione
fra le diverse catene del valore coinvolte.

Lucido 12.
“Business level strategy – risorse di base”

Per sviluppare le attività e produrre beni e servizi, le imprese hanno bisogno di risorse.

La base di risorse di un’impresa incluse tutte le risorse a disposizione di un’organizzazione per lo


svolgimento di attività a valore aggiunto.

Altri autori preferiscono il termine “assets”, per enfatizzare che le risorse appartengono
all’impresa.

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Classificazione della base di risorse dell’impresa:


Base di risorse:
- Risorse tangibili:
o Terreni
o Edifici
o Materiali
o soldi
- Risorse intangibili:
o Risorse relazionali:
 Relazione
 Reputazione
o Competenze:
 Conoscenza
 Capacità
 Attitudine (predisposizione)

Competenze= regole che combinano le risorse in modo utile per arrivare a dei risultati in termini
di attività produttiva.

- Conoscenza  può essere definita come l’insieme delle regole e delle idee che possono
essere estratte dalle informazioni. In altre parole, la conoscenza fluisce e influenze
l’interpretazione della informazione  presupposto astratto di risorse e competenze
- Capacità  si riferisce al potenziale dell’organizzazione nel portare avanti una specifica
attività o un set di esse.
Qualche volta il termine “skill” è utilizzato per riferirsi all’abilità di svolgere una task
funzionale o un’attività, mentre il termine “capacità” è riservato per la qualità di combinare
un numero di skill  allocazione pratica nel contesto.
- Attitudine  si riferisce ad uno schema di pensiero prevalente all’interno di
un’organizzazione.

Un diverso linguaggio:
Cosa possiamo intendere per Risorse e Competenze nel contesto che stiamo analizzando?
Esiste una relazione tra Risorse e Competenze?

Potremmo anche dire che le competenze sono determinate combinazioni di risorse a cui seguono
delle azioni (e quindi dei risultati) in termini di attività produttiva dell’impresa.
1) Fungibili  quando sono utilmente utilizzabili e reimpiegabili in contesti di attività diversi
(es. ricorse ecnomico-finanziarie)
a. Risorse di relazione
b. Risorse di formazione e conoscenza
2) Non fungibili (Endosincratiche)  esprimono loro valore in quel contesto applicativo,
BASTA!
 ci conviene adottare l’idea che si trovi tra i due estremi.

 Le risorse sono cioè impiegate congiuntamente e la loro utilizzazione avviene secondo


determinate "regole", appunto le competenze, che rappresentano quindi "l'intelligenza" che le
combina in modo utile al fine di raggiungere determinati risultati.

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I "meccanismi" di selezione, acquisizione, valorizzazione delle risorse, le combinazioni che fanno


emergere competenze nuove, i circuiti di retroazione delle competenze sulle risorse, sono dunque
spiegabili attraverso processi evolutivi di apprendimento e di accumulazione di conoscenza.

La conoscenza rappresenta l'elemento più astratto, meno definibile, del capitale dell'impresa.
Mentre le competenze si definiscono assieme al contesto di applicazione - sono cioè le capacità di
ottenere un certo risultato combinando un certo insieme di risorse - la conoscenza rappresenta
piuttosto il presupposto delle risorse e anche delle competenze [Rispoli e Tamma 1995, capitolo
6].

Capacità:
Un’altra via per indagare sul rapporto risorse-competenze-capacità:
La capacitò non rappresenta una singola risorsa con altre risorse, come l’assetto funzionario, la
tecnologia, il potere dell’uomo, ma piuttosto una via superiore e distinta di allocazione delle
riosrse.

Il complesso processo che forma le capacità organizzative è concepito come collettivo ed è


socialmente inserito in natura, rappresentando una via per il problem solving condivisa
collettivamente.

- Le capacità sono sviluppate nel contesto di allocazione di risorse nell’organizzazione che è


inserito in una struttura sociale idiosincratica.
- Le capacità rappresentano un immagazzinamento delle esperienze storiche
dell’apprendimento organizzato.
- Nel caso di una performance superiore e uno sviluppo unico storico, le capacitò sono
utilizzate per costruire le fondamenta per un vantaggio competitivo sostenibile.
- Le capacità non rappresentano una risorsa, il focus piuttosto è sulla combinazione e il
collegamento delle risorse.

Capacità Dinamiche:
Partendo dall’osservazione che i mercati e la loro posizione è diventata sempre più soggetta ad un
processo di erosione… l’enfasi è passata all’abilità di cambiare e sviluppare velocemente nuove
capacità organizzative come prerequisiti critici per un vantaggio competitivo sostenibile.

Risorse, competenze e vantaggi competitivi:


Gli approcci prima ricordati considerano implicitamente l'impresa come un insieme di risorse e

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competenze e si propongono di identificare quali di queste costituiscano la base specifica che


caratterizza ciascuna impresa, cioè la sua identità, a partire dalla quale diviene possibile sviluppare
e mantenere un vantaggio competitivo.

Alcuni filoni di ricerca, e in particolare la resource-based view [Barney 1991; Grant 1991, Hamel e
Prahalad 1990, Reed e De Filippi 1990] pongono alla base dei vantaggi competitivi di ordine
strategico delle imprese la dotazione e lo sviluppo di risorse e di competenze uniche, non facili da
imitare e difficilmente trasferibili (core competencies).  spiegazione alternativa dei differenziali
competetivi spiegata da tutto l’impianto teorico del posizionamento strategico (la matrice
dominante del tempo).

Alla base di queste teorie vi sono alcune ipotesi, peraltro assolutamente realistiche, riguardanti
l'esistenza di “imperfezioni nei mercati”.

Ai nostri fini ricordiamo in particolare:


a) asimmetrie informative tra le imprese (imprese non hanno tutte le informazioni)
b) disomogeneità delle risorse controllate dalle diverse imprese
c) imperfetta mobilità delle risorse tra le imprese (si collega a concetto di grado di
fungibilità, altre sono così radicate che nascono-vivono-muoiono con l’impresa)

Quali caratteristiche devono possedere le risorse e le competenze per essere fonte di vantaggi
mantenibili? (!!!!!! X esame!!!!!)

Tatutologica  Una tautologia, in logica, è un'affermazione vera per definizione, quindi


fondamentalmente priva di valore informativo. Le tautologie logiche ragionano circolarmente
attorno agli argomenti o alle affermazioni.

Le risorse devono essere:


1. di valore strategico (valuable)  È attribuito alle risorse quando queste consentono di
concepire e attuare comportamenti (azioni strategiche) che, attraverso il miglioramento
delle performance, conducano e consentano all'impresa di porsi in posizione di vantaggio
rispetto ai concorrenti.
2. rare (rare)  Nulla o scarsa condivisione di una specifica risorsa (una o poche imprese la
posseggono o possono accedervi), rilevante per l'attuazione delle strategie in un dato
contesto settoriale. Le imprese che la controllano possono quindi concretizzare e
mantenere una posizione di superiorità.
3. imperfettamente imitabili (imperfectly imitable)  Le imprese che non possiedono la
risorsa non sono in grado di “riprodurla”.
Ciò può dipendere da uno o più motivi, fra i principali:
a. condizioni storiche uniche e irripetibili nelle quali si è sviluppato il vantaggio della
singola impresa
b. l’ambiguità causale che lega la risorsa al vantaggio competitivo (non si riesce a
ricostruire legame che c’è tra risorsa e vantaggio competitivo  non capire
l’alchimia.
Conoscenza codificata 
Conoscenza tacita  es.chef
4. non sostituibili (no-substitutability)  Si riferisce alla circostanza in cui una risorsa,
inserita in una specifica organizzazione ed impiegata nella realizzazione di una particolare

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opzione strategica, non può essere rimpiazzata da un'altra risorsa, il che significa che non
sono disponibili risorse strategicamente equivalenti.

Risorse e competenze e percorsi strategici


Le risorse e le competenze, per essere considerate correttamente vanno inserite in un quadro
strategico definito, ossia sono identificabili e valutabili solo in termini relativi e non in assoluto e in
astratto.

Esse contribuiscono a definire l'identità di uno specifico prodotto, di una particolare forma di
offerta, di un’opzione strategica; assumono quindi significato in riferimento a tali elementi.

In chiave prospettica, i futuri percorsi alternativi di azione, condizionati dalla storia passata
dell'impresa, costituiscono dei framework che assegnano un nuovo significato alle risorse
controllate dall'impresa.

Una determinata opzione strategica può infatti aumentare o diminuire il valore di una risorsa, nel
senso che quest'ultima può rendere percorribile una determinata via ed essere presupposto per il
suo successo, oppure può costituire un limite, rivelando la necessità di trasformare, sviluppare,
ampliare la base di risorse e competenze.

L’idea di essere risorsa (del suo valore) dipende dal contesto di applicazione (es. tavolo da lavoro
in un’officina è una risorsa).

Formazione e gestione di risorse e competenze e acquisizione di vantaggi competitivi:

L’acquisizione di vantaggi competitivi, a parità di altre condizioni, si fonda, da un lato, sul grado di
controllo di risorse e competenze, dall’altro, sulla qualità della loro combinazione [Boschetti e
Lipparini 1998, 94]

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Matrice:
Innovativa  uno sta costrunedo un BM che gli altri non hanno
Imitativa  appiattita su business model dominante

Grado di controllo  risorse scarse e notevoli (accessibili).

Replicazione passiva  imito e ho poche risorse (condizione scarsa di mercato)


Leveraging  posizione forte

Rendita e scarsità  monopolio basato su una risorsa (no concorrenza e poca rendita per i
consumatori)
Combinazione originale e idiosincratica  BM innovativo, con poco a fare molto (poco controllo
delle risorse).

Mantenibilità nel tempo del vantaggio competitivo  veniamo imitati (in alto a destra è in una
botte di ferro; in alto a sinistra è ancora difendibile, ma bisogna che corrano avanti; in basso a
destra viceversa).

L’analisi competitiva delle risorse e competenze: tre livelli


In relazione al contesto della competizione in un particolare business vanno distinti in realtà tre
diversi livelli di risorse e competenze:
1) Ad un primo livello si considera la dotazione delle specificità tecnico-produttive e di
organizzazione necessarie per operare in un certo campo di attività  risorse che
costituiscono la base minima per operare, se non le hai non riesci ad entrare a operare nel
settore.

2) Le risorse e competenze di secondo livello sono quelle che consentono a un’organizzazione


di indirizzare la sua offerta alla domanda di uno specifico segmento del mercato e lì
confrontarsi con le organizzazioni concorrenti.  permettono di stare in un pezzo del
settore (area interna al settore), ma non spiegano ancora la forza competitiva

3) ll terzo livello di risorse e competenze identifica invece qualcosa in più, una capacità di
attrazione dell’offerta distintiva, all’interno di un dato segmento del mercato, che
consente all’organizzazione di costruire e di disporre di un vantaggio competitivo
mantenibile.  fanno la differenza tra competitors dentro lo stesso ambito competitivo.

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Il paradosso mercati-risorse: Outside-in Vs. inside-out

Un’impresa ha un vantaggio competitivo quando ha i mezzi per sconfiggere i rivali nella lotta al
compiacimento del consumatore.

Il vantaggio competitivo è radicato all’interno di un unico sistema di business per cui la base di
risorse, il sistema di attività e la posizione di prodotto-mercato sono tutte allineate per fornire beni
e/o servizi con maggiore adeguatezza rispetto ai bisogni dei consumatori.

La sostenibilità del vantaggio competitivo dipende da:


- consonanza con l’ambiente (al passo con conoscenze e con contesto)
- difendibilità competitiva (non imitati e replicati)

Ma i due fattori sembrano porre esigenze opposte sull’organizzazione.

Costruire un sistema di business distintivo per respingere la concorrenza suggerirebbe di rimanere


fedeli ai propri punti di forza fondamentali (idea di commitment, stare sul progetto, continuare a
investire e un po’ alla volta maturare il business system).

D’altro canto, la consonanza ambientale richiede all’impresa di adattare continuamente il proprio


sistema di business alle esigenze e nuove opportunità nel mercato.
 si crea una tensione: adattamento di mercato vs. influenza delle risorse. (le due richieste

Le imprese si devono adattare agli sviluppi del mercato e devono costruirsi sulle forze della propria
base di risorse e del loro sistema di attività.

Quale dovrebbe essere il fattore dominante che guida un’impresa. Le sue forze oppure le
opportunità?  Possono i manager prendere l’ambiente come punto di partenza, scegliere una
posizione di mercato favorevole e poi costruire la base di risorse e il sistema di attività necessari
per attuare questa scelta? O viceversa (impostazione della resourced based view)?

La soluzione è profilare i due aspetti 

Prospettiva Outside-in:
I manager con questa prospettiva credono che le imprese non devono essere centrate su loro
stesse ma devono continuamente prendere l’ambiente come punto di partenza per determinare
la loro strategia.

Per loro, lo sviluppo della strategia inizia con un’analisi dell’ambiente per l’identificazione delle
opportunità offerte dal mercato.

Bisogna ricercare i potenziali consumatori i cui bisogni potrebbero essere soddisfatti meglio di
quanto non facciano ora i rivali.

Una volta che questi consumatori sono stati conquistati ed è stata stabilita una posizione di
mercato, l’impresa deve costantemente difendere la propria posizione adattandosi ai
cambiamenti dell’ambiente.

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Il posizionamento non è di breve termine né opportunistico, richiede una prospettiva strategica,


poiché posizioni di mercato superiori sono difficili da ottenere, ma una volta conquistate possono
essere la fonte di redditività sostenibile.

I sostenitori di questa tesi riconoscono l’importanza di risorse e attività per riuscire a sfruttare le
opportunità che si sono identificate, tuttavia la base corrente di risorse di un’impresa non
dovrebbe essere il punto di partenza per la determinazione di una strategia, ma dovrebbe
semplicemente essere vista come una potenziale condizione limitante la capacità dell’impresa di
sviluppare la miglior strategia di business.

Prospettiva inside-out:
I manager che adottano questa prospettiva ritengono che la strategia non dovrebbe essere
costituita attorno alle opportunità esterne, ma attorno alle forze dell’azienda.

Le imprese di successo si costituiscono su una resistente base di risorse sostenibile nel tempo, la
quale offre l’accesso alle opportunità del mercato già nel breve-medio termine.

Il problema strategico principale è quali competenze difficili da imitare e assets esclusivi devono
essere acquisiti e/o ridefiniti.

Una volta che la direzione di lungo termine per la costruzione dell’infrastruttura delle risorse è
stata definita, l’attenzione deve spostarsi sull’identificazione di opportunità di mercato in cui le
proprie forze possano essere sfruttate.

Per questi manager, il problema del posizionamento di mercato è fondamentale, in quanto solo
una posizione competitiva forte porterà ad una profittabilità sopra la media.

Ad ogni modo il posizionamento di mercato deve avvenire nel contesto della più ampia strategia
basata sulle risorse.

Molti di questi manager tendono ad enfatizzare l’importanza delle competenze aziendali sulle
proprie risorse tangibili (l’asset fisico)  capabilities-based view
 capacità dinamiche: le aziende con un vantaggio iniziale possono lavorare per aggiornare le
proprie competenze nella corsa per rimanere al vertice:
- focus sulle competenze chiave
- problema rigidità chiave.

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Lucido 13.
“Strategia a livello corporate”

Impresa non diversificata  mono business


Impresa diversificata  pluribusiness
- orizzontale: comincio ad entrare in aree di business in cui prima non ero presente (limitata,
non sono andato lontano dal business originale, fattispecie dell’impresa che da origine a
gruppi industriali)  diventa più robusta, con business simili all’origine
- verticale: forma di diversificazione (a monte a valle, dentro la propria filiera)  ricerca di
portarsi più lontano, con un’idea di diversificazione di opportunità e dei rischi (es. Holding
finanziaria)

Corporate strategy  ragionare sulle questioni strategiche da risolvere per un’impresa


diverisifcata (azienda mono business non ha problemi legati al corporate).

Le aziende che vogliono crescere hanno molte direzioni verso le quali espandersi:
1. stare all’interno dei confini di un solo business:
a. allargare lo sfruttamento del mercato all’interno del segmento corrente
b. estendere la gamma di prodotti
c. muoversi verso segmenti di mercato confinanti o nuove aree geografiche
2. entrare in nuove aree di business, diventando multi-business  per maturità o declino del
settore corrente, opportunità in settori migliori, sono deboli nell’attuare situazioni
concorrenziali.

La strategia a livello corporate riguarda:


- la selezione di un set di business attuale
- la determinazione del modo in cui integrare i business nell’intero aziendale
 configurazione a livello corporate

Questo processo può essere frammentato in due domande:


1. in quali business dovrebbe instaurarsi l’azienda?  composizione aziendale
2. Come dovrebbero essere gestiti questi business?  Management aziendale

Composizione aziendale:
Possibilità di crescita in diverse direzioni:
Diversificazione:
1. Diversificazione orizzontale  business all’esterno dell’impresa (sviluppo mercato)
2. Integrazione orizzontale  business interno all’impresa (sviluppo mercato)
3. Integrazione verticale  business dei fornitori o dei consumatori (sviluppo prodotto)

Dove allocare le risorse e competere?

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 Scopo aziendale  dove allocare le risorse


 Distribuzione aziendale  come distribuire gli investimenti

Management Aziendale:
E’ diventata una politica diffusa quella di organizzare imprese commerciali multi-business in più
business-uni strategiche.

Ogni business-unit strategica ha la responsabilità di servire la particolare domanda di un’area di


business.

Questo approccio dominante mette i manager di fronte al problema di come unire le parti che
sono state suddivise all’interno di un intero aziendale coeso.

Un’azienda può essere divisa in business-unit con l’intento di focalizzarsi su ogni specifica area, ma
questa differenziazione deve essere compensata da un certo grado di integrazione per essere in
grado di affrontare problemi comuni e realizzare sinergie.

Forme di Intregrazione:
i. Centralizzazione  una unità organizzativa
ii. Coordinazione  sinergie tra Business-unit, gestendole come se fosse una
iii. Standardizzazione  pratiche e paletti fissati a priori

Il tema delle responsabilità:


Vi sono due mezzi organizzativi a disposizione per garantire la distribuzione efficace dei
meccanismi di integrazione:
 Controllo
 Cooperazione

Stili del controllo aziendale  finanziario, strategico, pianificazione strategica

Il paradosso della sinergia multi-business – reattività del business


Prospettiva dell’organizzazione integrata Vs. Prospettiva dell’organizzazione del portfolio

1. Sinergia multi-business:
La diversificazione in nuove aree di business può essere giustificata economicamente se

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porta alla crescita di valore.

Vengono fatti tre test:


 Test dell’attrattività del
business
 Test dei costi di ingresso
 Test better-off (affinità
impresa-unità)

Le aziende multi-business devono


essere più della somma delle loro parti.
Devono creare più valore aggiunto dei costi extra sostenuti per la gestione di
un’organizzazione più complessa.

C’è un bisogno di identificare opportunità per creare sinergie tra le varie aree di business e
gestire l’organizzazione in modo che queste sinergie siano realizzabili:

Sinergie tra:
o Risorse di base  cause  coordinamento operativo
o Offerte di prodotto  cause  annullamento costi di transazione
o Attività  cause  crescita del potere contrattuale

2. Reattività del Business:


La reattività è definita come la capacità di rispondere alle esigenze competitive di una
specifica area di business nei giusti tempi e in maniera adeguata.

Nelle aziende multi-business la reattività delle business-unit è costantemente sotto


pressione.

Diversi ambiti/fattori limitano l’abilità di un’impresa di assicurare la reattività del proprio


business.

I problemi più grandi riguardano:


o Alti costi governativi
o Decision making lenta
o Incongruenze nella strategia
o Controllo disfunzionale
o Pochi incentivi

 PROSPETTIVE:
1) Portfolio Organization:
Ogni elemento ha la sua autonomia  alta reattività

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L’unica sinergia è quella finanziaria: il centro aziendale alloca le risorse finanziarie che BU
possono utilizzare.

L’approccio portfolio si adatta particolarmente alla diversificazione attraverso l’acquisizione


piuttosto che attraverso lo sviluppo interno.

2) Integrated Organizaztion:
Il centro aziendale costruisce le core competence e si assicura che siano reimpiegate tra i
confini delle BU, così che gli altri investimenti fatti per lo sviluppo di competenze vengano
diffusamente distribuiti tra le unità.

Spirale di apprendimento rapido

Bassa reattività delle singole BU.

Qualsiasi sinergia è messa al centro della scena e tutti gli elementi coinvolti devono essere
motivati e convinti di essere migliori come parti di un insieme.

Si preferisce la crescita interna.

Lucido 14.
“Strategie e contesti”

Il processo e i contenuti della strategia sono radicati (embedded) nel contesto (strategico)

Vi è il problema di come rappresentare, descrivere e interpretare il contesto di decisione e azione


dell’impresa (contesto strategico) e di comprendere se e come si può agire sul contesto.

Contesto condiviso: una “quasi-struttura”


“Per molti anni, in economia, si inseguita l'idea di rendere calcolabile - con opportune
semplificazioni - l'agire competitivo, ossia l'agire che si manifesta in un campo di forze plasmato o
per lo meno fortemente influenzato dalla presenza di attori concorrenti.”

Struttura competitiva  La teoria della concorrenza che si è sviluppata nell'ambito dell'economia


ha cercato di ridurre l'agire competitivo a un processo di rational choice, compiuto in un “campo di
possibilità” vincolato dalla concorrenza (dalla struttura competitiva).

Due elementi essenziali:


La teoria della concorrenza ha trascurato due elementi essenziali dell'agire competitivo:
1) il “contesto” entro cui si svolge l'interazione competitiva:

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Il contesto è un frame culturale, semantico e causale dell'interazione, che gli attori


ricevono dalla storia, e che possono liberamente interpretare e “modificare” (in certa
misura) se ne hanno la forza e l'estro (Rispoli 1985)  una quasi-struttura

La struttura (intesa alla maniera della prima Economia industriale) è invece un dato
oggettivo, una variabile esogena che «fissa» alcune caratteristiche dell'ambiente (la
tecnologia, i costi, la domanda, la numerosità dei concorrenti ecc.) e che gli attori non
possono modificare col loro comportamento.

La struttura è perfettamente definita sia per l'osservatore che per gli attori, mentre il
contesto no.

AI contrario della struttura quindi, il contesto canalizza il comportamento degli attori in


certe direzioni piuttosto che in altre, ma sempre con un margine di ambiguità e
indeterminazione che richiede una interpretazione, una scelta nel momento di agire.

2) gli aspetti cooperativi dell'agire competitivo su tutta una serie di terreni dove i concorrenti
hanno interessi comuni:

Il “primo” interesse comune che i concorrenti hanno è quello di co-definire il contesto in


cui si deve svolgere la reciproca interazione, elaborando visioni, significati, regole,
posizionamenti che permettono di amministrare la «pace competitiva» e/o di organizzare
la «guerra».

Se il contesto è definito esogenamente, la concorrenza tende ad essere considerata solo


come un gioco a somma zero.

I concorrenti hanno una vesta gamma di interessi, che possono utilmente tutelare con
azioni di tipo cooperativo. Ad esempio:
a. che il loro prodotto (di base - comune) si affermi rispetto ai prodotti sostitutivi o
alternativi,
b. che l'ambiente (tassazione costo del lavoro ecc.) sia favorevole,
c. che si affermino su larga scala gli standard tecnici e linguistici condivisi.
d. che siano rispettate norme e leggi (ad esempio tutela della proprietà intellettuale)

Alla ricerca di una rappresentazione del contesto strategico.


Quale strada prendere?  Rovesciare lo strutturalismo per passare al soggettivismo di “un mondo
creato liberamente dalle strategie degli attori”?  No!

 Il contesto “contiene” “forze”, regole e significati (che indirizzano, vincolano, ma tuttavia non
sono immutabili).
Interessi comuni e convergenze contano, e possono dar vita a iniziative di tipo cooperativo (che, in
qualche misura, modificano, “plasmano” un contesto condiviso).

Contesto industriale:
= l’ambiente “diretto” in cui un’impresa deve competere.

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Come avvengono gli sviluppi industriali:


1. dimensioni degli sviluppi industriali:
a. convergenza-divergenza
b. concentrazione – frammentazione
c. integrazione verticale – frammentazione
d. integrazione orizzontale – frammentazione
e. integrazione internazionale – frammentazione
f. espansione – conentrazione

2. modelli di sviluppo:

 Modelli di Sviluppo

 Modelli di sviluppo del business dominante

 Modelli di sviluppo del business dominante

Lucido 15.
Strategia a livello network

Nessuna azienda è autarchica.

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Tutte le aziende devono necessariamente interagire con altre organizzazioni e individui all’interno
del loro ambiente; e anche sviluppare relazioni inter-organizzative.

Queste relazioni possono evolvere senza particolare intento strategico o calcolo, ma la maggior
parte dei manager concordano nel dire che la determinazione attiva della natura delle relazioni
esterne sia una parte significativa della definizione di strategia.

Anche evitare relazioni con degli enti esterni può essere un’importante scelta strategica.

QUATTRO ASPETTI:
A. Chi sono gli agenti con cui un’impresa può avere relazioni?  Attori relazionali
B. Perché le parti vogliono creare relazioni con gli altri?  Obiettivi relazonali:
I. A fare leva sulle risorse:
Condividendo le risorse con altre compagnie si può aumentare la quantità o
qualità delle risorse a disposizione
 Appendimento  lo scopo è lo scambio di conoscenze e abilità, o di
abbracciare la ricerca congiunta di un nuovo know-how.

 Prestito  quando un’impresa acquisisce risorse specifiche che non può


usare al 100%, o che un’altra impresa può usare meglio, può essere
attrattivo per entrambe il prestito a vicenda di risorse.

Le relazioni basate sui prestiti sono frequenti nelle tecnologie, nei


copyrights… ma anche le risorse fisiche possono essere prestate,
solitamente sotto forma di contratti di leasing.

In ogni caso i benefits di coloro che prestano possono essere finanziari o


costituiti a loro volta da risorse.

II. All’integrazione delle attività:


Poche aziende possono estendersi su un’intera “colonna” industriale dall’alto al
basso ed eccellere in ogni tipo di attività.
 Collegamento  il più comune tipo di relazione nel business è quello
verticale, tra venditore e compratore.
Molte imprese hanno diverse relazioni di collegamento, poiché vogliono
focalizzarsi solo su un limitato numero di attività a valore aggiunto.
 Aggregazione  si ha quando più aziende uniscono le loro attività simili per
sfruttare le economie di scala.

III. All’allineamento delle posizioni:


Anche dove le imprese vogliono mantenere separate le proprie attività a valore
aggiunto, possono coordinarsi nell’ambiente esterno con l’intento di fortificare
le rispettive posizioni
Solitamente questo tipo di coalizione è diretto ad implementare il potere
contrattuale congiunto delle parti che hanno collaborato.
 Learning  dove due o più imprese si uniscono per migliorare la loro
posizione rispetto ad altri attori

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Questo sistema può essere indirizzato alla creazione di una posizione


negoziativa migliore, o alla capacità di offrire una gamma di prodotti e
servizi più attrattiva.

 Lobbying  le imprese possono anche cooperare per conquistare una


posizione più forte rispetto agli altri attori del contesto.
Molti rapporti di lobbying sono diretti a rafforzare la voce dell’impresa nei
confronti degli attori politici e regolatori, come il governo o le imprese
regolatrici.

C. Che tipo di influenze determinano la natura della relazione?  fattori relazionali


Come si sviluppano le relazioni inter-organizzazione è fortemente influenzato dagli obiettivi
perseguiti dalle parti coinvolte.

Vi sono poi anche altri attori che impattano su come si sviluppano le relazioni.
Questi possono essere raggruppati in quattro gruppi:
o Legittimità (leggi e trust)
o Urgenza (tempistiche – pressione)
o Frequenza
o Potere

D. Come possono strutturate le relazioni in una particolare organizzazione perché funzionano


nel modo desiderato?  Organizzazione relazionale
Nella dicotomia classica, l’impresa e il suo ambiente sono rappresentati come entità
distinte.
o “La coordinazione all’interno di un’impresa si ottiene tramite un controllo diretto: la
gerarchia – Williamson

In una gerarchia, un’autorità centrale governa le relazioni interne a ha il potere


formale di coordinare le strategie e risolvere i problemi inter-dipartimentali.

o Nell’ambiente, le relazioni tra aziende non sono gerarchiche, in quanto


interagiscono senza alcuna coordinazione esplicita.
Questa forma organizzativa si identifica nel MERCATO.

L’integrazione di attività interna all’azienda è necessaria quando il mercato “non


funziona in modo appropriato”.

L’azienda deve internalizzare le attività, nonostante gli svantaggi della gerarchia,


dove la “mano invisibile” del mercato non può essere attendibile per essere equi
ed efficaci.

Il contesto delle attività per mezzo di autorità formali – “la mano invisibile” – è
necessaria in queste condizioni.

In realtà, ci sono molte forme organizzative tra il mercato e la gerarchia, queste


sono i networks, le partnerships, e le alleanze.
Nei networks, strategie sono coordinate e le dispute risolte, non tramite una logica

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top-down, m tramite un adattamento mutuale.

Prospettive sulla strategia a livello network

COOPETITION = COOPERATION + COMPETITION

Le imprese devono essere inserite ed indipendenti allo stesso tempo: inserite in un network di
interazioni cooperative, abbastanza indipendenti per maneggiare il loro potere a loro vantaggio.

Il punto che divide i manager della strategia è se le imprese debbano essere più collegate o più
indipendenti.

PROSPETTIVA DELL’ORGANIZZAZIONE DISCRETA:


Le imprese sono entità indipendenti che competono in un ambiente di mercato ostile.
L’etichetta “organizzazione discreta” si riferisce al fatto che ogni impresa è vista distaccata dal suo
ambiente, con netti confini delimitanti l’ambiente esterno.

La prospettiva dell’organizzazione discreta enfatizza il fatto che la chiave per il successo


competitivo è l’abilità di creare una posizione forte.

E’ essenziale per sviluppare il proprio potere riuscire ad evitare la dipendenza dalle risorse.

I sostenitori di questa tesi argomentano che gli arrangiamenti collaborativi sono sempre secondi
all’agire in modo indipendente.

Sotto alcune condizioni, le debolezze di un’impresa potrebbero portarla a stringere alleanze, ma è


sempre e solo una necessità tattica, mai una preferenza strategica.

PROSPETTIVA DELL’ORGANIZZAZIONE INTEGRATA (incorporata):


I sostenitori di questa prospettiva sono in contrasto con l’ipotesi che la concorrenza sia il fattore
predeterminante che determina le interazioni tra le organizzazioni.

Nell’economia moderna, nessuna organizzazione può svolgere efficacemente ogni attività in-
house, infatti la divisione del lavoro ha incoraggiato le imprese a specializzarsi e a sfruttare
l’outsourcing per le attività non-core.

In realtà, la cooperazione è fattore predominante che determina le relazioni inter-organizzative. La


simbiosi, non l’aggressione, è la natura fondamentale del funzionamento dell’economia.

L’etichetta “organizzazione inserita” si riferisce al fatto che le imprese stanno diventando sempre
più integrate nelle reti di organizzazioni reciprocamente dipendenti.

Mentre tali stretti rapporti di collaborazione mettono un’impresa in una posizione di dipendenza
da risorse, i vantaggi sono molto più grandi.

Le imprese di successo si incorporano in reti di relazioni cooperative, sviluppando strategie

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congiuntamente con i vari partner.

Questi network potrebbero competere contro ulteriori network.

Lucido 16
“Un modello di Network industriale”

Lo scopo principale del modello è di rendere possibile un’analisi integrata della stabilità e dello
sviluppo nell’industria.

Mentre la stabilità è vista solitamente come l’opposto del cambiamento e dello sviluppo, questo
modello vede la stabilità come un elemento fondamentale per lo sviluppo.

Un secondo scopo è quello di fornire una base di sviluppo dei ruoli degli attori e degli insiemi di
attori nei processi di sviluppo industriale, data la relazione tra stabilità industriale e sviluppo.

1. Attori  gli attori controllano le attività e/o le risorse:


i. Sviluppano e controllano le attività
ii. Sviluppano relazioni tramite processi di scambio
iii. Basano le loro attività sul controllo delle risorse  il controllo può essere
diretto o indiretto. Il primo è basato sulla proprietà, il secondo si basa sulle
relazioni con altri attori e sulle relazioni di dipendenza associate a questi
attori.
iv. Sono orientati allo scopo (lo scopo generale è di aumentare il controllo sulla
rete)  l’enfasi sul controllo viene dal presupposto che il controllo possa
utilizzato per raggiungere altri obiettivi.
Attraverso il controllo diretto/indiretto, le risorse possono essere mobilitate
per altri scopi.
Il controllo sulla rete si ottiene tramite il controllo su risorse e attività.
v. Hanno conoscenze differenti su attività, risorse e altri fattori del network.

2. Attività:

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Un’attività esiste quando uno o più attori combinano, sviluppano, cambiano o creano
risorse utilizzando altre risorse.

Dato che gli attori hanno diverse caratteristiche, si distinguono due tipi di attività:
o Attività di trasformazione  le risorse vengono cambiate in qualche modo
o Attività di trasferimento  si trasferisce il controllo diretto su una risorsa da un
attore ad un altro.

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