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Lucido 1.
“Strategia e agire strategico”
Il campo della strategia d’impresa (o, in senso del tutto equivalente, della strategia delle
organizzazioni di produzione) è tuttora approfondito e presidiato da una molteplicità di discipline e
di prospettive di analisi, ciascuna delle quali ha offerto e offre significativi risultati.
strategic management
Intuitivamente, i problemi strategici sono legati alle decisioni più importanti e “profonde” di
un'azienda (quali business, mercati, prodotti, risorse, soluzioni organizzative ....).
I decisori devono confrontarsi con questioni articolate che tendono anche a presentarsi
fortemente interrelate tra loro.
è difficile selezionare e distinguere grandi e piccoli problemi (questioni primarie e secondarie;
nessi causali; la dimensione e la direzione degli effetti ...) e, di conseguenza, creare un ordine e una
gerarchia nelle decisioni da prendere.
Definizioni e significati:
Caso di azione creare un sentiero tale per cui l’insieme delle scelte fatte vertano verso lo stesso
punto
Seguendo l’efficace sintesi “delle cinque P” proposta da Mintberg a più riprese [Mintzberg 1996;
Mintzberg, Ahlstrand e Lampel 1998], si possono riassumere 5 significati diffusamente attributi:
1. Piano (plan) un corso d’azione futuro, un programma, in grado di portare l’impresa
verso determinati assetti e posizioni.
2. Modello di comportamento coerente nel tempo (pattern) un sentiero di sviluppo,
rintracciabile ex-post, che dà senso ed interpretazione alle scelte e alle azioni attuate
dall’impresa e ne spiega quindi gli assetti e le posizioni attuali.
3. Posizionamento (position) l’adozione di quelle combinazioni di prodotto- mercato-
tecnologia in grado, stanti le caratteristiche del contesto, di garantire posizioni di vantaggio
durature e profittevoli.
Porter, acquisizione del vantaggio competitivo.
Analisi delle caratteristiche del contesto settoriale.
4. Prospettivo (perspective) modo, specifico, originale, con cui un’impresa concepisce se
stessa e i propri business (“theory of the business” [Drucker 1970]), o, esprimendo il
concetto con un’altra nota terminologia, a ciò che connota nel profondo l’identità
dell’impresa e si rintraccia nelle sue vision e mission.
Cercare di riconoscere quel tanto di particolare che rende diverso l’essere di un’impresa da
quello delle altre imprese.
Es. “Think Different” Steve Jobs
5. NON DA FARE.
Strategy is a:
- Plan guardare avanti
- Pattern guardare all’andamento passato
- Position guardare in basso, a dove si incontrano i consumatori, e fuori, al mercato.
- Perspective guardare dentro l’organizzazione, nella propria mente, e in alto, alla vision
aziendale.
Il pensiero strategico richiede una certa elasticità in modo da poter guardare e affrontare i
problemi da più punti di vista.
Ciascun approccio mette dunque in luce aspetti importanti del problema strategico ma
nessuno degli approcci, considerato singolarmente, fornisce una “risposta” esauriente, esaustiva,
al problema.
Lucido 2.
“Strategia, complessità, incertezza”
nella realtà ogni problema strategico in azienda è complesso, quindi è difficile trovare una
soluzione semplice, immediata e definitiva.
B. Dilemma:
Situazione in cui vi sono due soluzioni che tendono a
versi opposti, e nessuna delle due può essere definita la
migliore in modo assoluto.
Non vi sono regole razionali capaci di stabilire
esattamente cosa sarà meglio scegliere (se così fosse
non sarebbe un dilemma ma un problema di calcolo).
Accetto l’esistenza di due vie contrastanti e svolgo
una delle due vie.
D. Paradosso: (both-and)
Situazione in cui due elementi sono contraddittori, o
anche esclusivi, ma sono importanti e significativi
entrambi allo stesso modo non si può prenderne
uno e lasciare l’altro.
Fattori che “aumentano” la complessità delle decisioni e delle azioni strategiche in azienda:
Varietà e Variabilità:
L’impresa, nel suo procedere, si trova a dover rispondere a set di richieste differenti
(poche, uguali, tante, diverse nel tempo)
In definitiva:
Si è in una situazione in cui non si riesce ad avere un “quadro” decisamente convincente, e a
disporre di previsioni efficaci e affidabili sugli elementi in gioco (interni ed esterni).
Di conseguenza, le decisioni non possono essere guidate da regole “semplici” (calcoli e “ricette”).
Le decisioni e le azioni, infatti, possono dar luogo a effetti inaspettati, non prevedibili, anche in
quanto gli attori del contesto si influenzano reciprocamente (interdipendenza) con le loro azioni e
reazioni.
Da questo punto di vista si potrebbe anzi dire che le decisioni assumono qualità “strategica”
proprio quando sono caratterizzate da una situazione di incertezza.
Lucido 3.
“Un approccio evolutivo allo Sviluppo Strategico dell'Impresa”
Un sistema presenta quindi un’identità distinta da quella dei soggetti che in esso e tramite
esso agiscono! Ogni pezzo ha le sue proprietà, l’insieme ha altrettante proprietà.
Ha una tendenza inerziale:
o a crescere e
o a conservare la sua identità (nucleo “duro” della sua struttura di funzionamento).
II contenuto delle decisioni prese dai soggetti si confronta con la direzione di sviluppo che il
sistema tende a mantenere (per preservare la sua identità) e non può comunque eccedere
i limiti imposti dalle reali possibilità di cambiamento del sistema (inerzia del sistema).
Ciò significa che le possibili trasformazioni, dettate dalle decisioni dei soggetti che
governano il sistema-impresa sono limitate in numero e qualità.
Non tutte quelle che si possono, in astratto, immaginare sono possibili in concreto
(quantomeno nel breve e medio periodo) alcune di queste potrebbero far perdere al
sistema la sua identità e la sua capacità di funzionare correttamente.
Path Dependence = ciò che ho fatto nel passato influenzerà le mie decisioni e capacità
future.
Il potere (la capacità) di un soggetto di imporre all'impresa un fine (un set di obbiettivi)
torva un limte nella rigidità e nelle inerzie proprie della struttura e dell'organizzazione (il
sistema).
Si deve però ricordare che, se non tutto è alla portata dei decisori d'impresa, tuttavia
nemmeno la struttura è immutabile.
Nel medio lungo-termine anche la struttura è modificabile e ciò costituisce di solito un co-
obiettivo strategico, da raggiungere in un certo tempo.
B) Rapporto impresa-ambiente:
L'intenzione strategica = il progetto, il fine, l’obiettivo (plan, Pattern)
si confronta anche con l'ambiente, che:
o prima, condiziona le scelte
o in seguito sanziona, con il successo o l'insuccesso, la via intrapresa.
Una delle idee più comuni e diffuse e che la strategia dell'impresa deve adattarsi, essere
consistente, [fit] con le richieste che provengono dall'ambiente e dalla sua evoluzione.
Questa prospettiva considera l'ambiente (il contesto) come un sistema con un grande
numero di forze che interagiscono; nessuna di queste è in grado di indirizzare
significativamente lo sviluppo di lungo termine del sistema.
concetto di razionalità collettiva
es. se si crea una coda di macchine, si blocca l’insieme senza riuscire ad individuare il
soggetto causante.
Le imprese sono dei “giocatori” relativamente piccoli di un gioco molto grande. Il loro
comportamento può avere un impatto sullo sviluppo del contesto, ma nessuna impresa
può significativamente incidere sulla sua direzione di sviluppo.
Ciò lascia ai decisori dei margini di manovra molto angusti: la strategia è ridotta a “giocare
bene entro le regole”.
Certamente l'ambiente, i settori produttivi, seguono delle traiettori di sviluppo che nessuno
può “controllare”: queste traiettorie hanno infatti radici profonde nei mutamenti
dell'economia, della tecnologia, della politica, delle strutture sociali.
In questo senso, le imprese possono “rompere le regole del gioco” se riescono a esercitare
una “pressione sufficiente”.
Ciò è legato alla forza delle loro innovazioni e alla loro abilità nel coinvolgere altre imprese,
clienti, istituzioni nella loro strategia.
fase rossa si sfruttano gli investimenti fatti, si affina il modo di lavorare, aumenta
l’efficienza e si recuperano gli investimenti.
Fase blu si investe, si cerca l’efficacia, si rischia.
Lucido 4.
“Strategia: processo, contenuto, contesto”
PROCESS:
La visione tradizionale riduce questo discorso al modello di decisione razionale modello lineare
diviso in fasi (identificazione e analisi del problema, scelta, pratica, implementazione…)
ASSUNZIONI:
Il processo è lineare e razionale possiede info adeguate, che mi permettono di agire
consapevolmente.
CRITICHE:
troppa enfasi sulla razionalità importanza della creatività
CONTENUTO:
Quali sono le strade concretamente prese dalle aziende per il processo evolutivo, quali sono le
politiche scelte per: prodotto, mercato, risorse.
Si collega a PLAN e POSITION (5P).
CONTESTO:
Dove sono incorporati il processo strategico e il contenuto strategico?
Tre livelli:
Organizzazione
Settore ambiente competitivo
Task environment ambiente politico, sociale, culturale e stakeholders.
Ludico 5.
“Processo Strategico: Formulazione e Formazione”
Ci portiamo nell'ambito degli studi di management strategico che si sono concentrati sul processo
sugli aspetti procedurali, in ordine all'esigenza di dare al processo decisionale strategico un
possibile ordine “razionale” e delle “regole” (delle “pratiche”).
“Come” può essere concepito e realizzato, in pratica, un “corso di azione” (di successo)?
La strategia si decide o si forma?
1) L’intenzione strategica è ciò che gli individui e le organizzazioni formulano a priori (un
modello di decisioni).
Il processo tramite cui una intended strategy è creata viene definito “strategy
formulation”; la strategy formulation è seguita dalla strategy implementation. non
sempre si può fallire o cambiare strada.
Il processo tramite cui una realized strategy è creata viene definito “strategy formation”;
ciò che si crea può derivare da una intended strategy o può essere il risultato di azioni non
pianificate lungo il tempo (deliberate-emergenti).
Formazione strategica:
Il processo di formazione strategico comprende la formulazione e l’implementazione.
Alcune imprese hanno consulenti esterni che si legano a tutti gli aspetti del
processo.
PARADOSSO DELIBERATENESS-EMERGENCE:
Il dualismo tra il voler progettare internazionalmente il futuro e la necessità di scoprire poco a
poco imparando ad adattarsi alla realtà è la tensione al centro del tema della formazione
strategica.
Da un lato, i manager vorrebbero prevedere il futuro e orchestrare i piani per prepararli; dall’altro,
i manager comprendono che la sperimentazione, l’apprendimento e la flessibilità sono necessari
per trattare con l’imprevedibilità degli eventi futuri.
DELIBERATE STRATEGY = realized strategy che derivano da una intended strategy
EMERGENT STRATEGY = realized strategy che NON derivano da intenzioni.
Quando si parla di comportamento strategico, ci sono anche diversi vantaggi evidenti che
premono le aziende ad utilizzare deliberate strategies.
Una strategia emergente differisce da un comportamento ad hoc per il fatto che evolve un
modello coerente di azioni.
Se i manager non hanno definito intenzioni a priori, possono esplorare, imparare e unire
insieme i vari prezzi per creare un modello comportamentale consistente e durevole.
20/02
“cambiamenti strategici”
Per rimanere efficaci ed efficienti le imprese devono costantemente creare alterazioni “fine-
tuning”, tramite le quali le procedure vengono implementate, le attività sono sviluppate e le
persone riassegnate.
I cambiamenti strategici, al contrario, sono diretti a creare un nuovo tipo di allineamento – una
nuova combinazione tra set-up di base dell’impresa e le caratteristiche dell’ambiente.
1. RIVOLUZIONE:
E’ un processo dove un cambiamento radicale avviene in un periodo di tempo piuttosto
breve.
EVOLUZIONE:
E’ un processo in cui un costante apporto di piccoli cambiamenti graduali viene accumulato in un
lungo periodo di tempo.
Nel trovare un bilanciamento tra queste due domande, la questione è quale delle due deve
giocare un ruolo leader e a quale tipo di cambiamento deve portare.
Le organizzazioni possono presentare diversa capacità e velocità di cambiamento delle loro parti
costituenti, in ragione di ostacoli tanto tecnico-operativi quanto politici.
Se in astratto il sentiero evolutivo dovrebbe interessare il “business system” nel suo complesso, è
pur vero che “trascinare” contemporaneamente tutti gli attori e gli stakeholder, interni ed esterni,
appare una impresa difficilmente praticabile la questione si sostanzia nel problema di
individuare quanti e quali soggetti coinvolgere e attraverso quale percorso innescare e guidare il
mutamento.
Kim e Mabourgne (2005): necessità di adottare un approccio che porti a concentrare gli sforzi su
alcuni punti critici in grado di provocare un movimento epidemico verso una nuova idea piuttosto
che cercare di affrontare il problema in modo globale e omnicomprensivo.
ipotesi di lavoro:
1. Un progetto di cambiamento può aumentare le sue chance di affermarsi e divenire
operativo se si riesce ad attivare un numero sufficiente ma limitato di key player (una
massa critica), in grado, nel tempo, di catalizzare e far convergere in modo progressivo e
cumulativo gli interessi e le risorse degli altri attori.
2. Particolarmente delicato è il processo che conduce a selezionare e aggregare i primi
soggetti, a verificare la loro potenzialità e grado di motivazione, nonché le doti di
leadership nei confronti degli altri attori che possono essere successivamente coinvolti e
trascinati nell’iniziativa.
3. Rispetto ai contenuti, il progetto di cambiamento dovrebbe inizialmente concentrarsi su
obbiettivi sfidanti ma realisticamente raggiungibili in tempi medio-brevi. Per ampliare la
base di partecipazione e consenso il miglior incentivo è costituito dai risultati.
4. Diventa importante concentrare primariamente l’attenzione su quei fattori e attività che
richiedono un impegno di risorse relativamente limitato rispetto al potenziale di impatto
positivo che possono generare sulla performance le risorse necessarie dovrebbero
essere reperite distogliendole da quelle attività che invece presentano un rapporto tra
impegno e performance meno favorevole
5. Irrinunciabile è anche la predisposizione di strumenti di monitoraggio, valutazione e
diffusione dell’andamento delle iniziative che consentono una adeguata socializzazione
della direzione di marcia l’evidenziazione e la comunicazione dei risultati positivi, e
quindi dei vantaggi e della convenienza a partecipare, può rivelarsi, se curata con
attenzione, una valida leva propulsiva.
7 DIVERSE SCUOLE:
Quattro delle scuole proposte da Mintzberg.
Domanda a cui rispondono:
- Come e quando si decide e si forma la strategia?
- Chi decide/guida/controlla la strategia?
A. Design School:
Il modello pone il punto di partenza nell’analisi della situazione esterna ed interna, la prima
per scoprire minacce ed opportunità, la seconda per identificare punti di forza e di
debolezza (SWOT).
Premesse:
a) La formazione della strategia dovrebbe essere un processo deliberato di pensiero
consapevole
b) La responsabilità della razionalità e del controllo del processo è del vertice
strategico
c) Il processo di formazione della strategia deve essere mantenuto semplice ed
informare e deve essere esplicito
d) Il processo (disegno) è completo quando la strategia è completamente formulata
come prospettiva; resa esplicita può quindi essere implementata.
Critiche:
o Non c’è apprendimento la strategia viene considerata solo come un processo di
“concezione”
o La struttura segue la strategia, ovvero promuove la rigidità una volta che la
strategia è creata, deve essere articolata per l’implementazione. L’azienda deve
funzionare, non solo in direzione della nuova strategia ma anche durante i suo
processo di formazione si sottovaluta la gestione del cambiamento
o Si separa la formulazione dall’implementazione (solo concezione).
B. Planning School:
Anni ‘70
Idee di base del modello focus sulle procedure formali, sulle analisi formali, sulla
raccolta e l’elaborazione di molti numeri.
Il vertice strategico pone gli obiettivi, poi la struttura elabora i budget e i piani operativi
necessari.
Premesse: questa impostazione accetta molte delle premesse della precedente. Il modello
è simile ma la sua esecuzione diviene molto più formale.
Critiche:
o L'errore della predeterminazione un'organizzazione deve essere in grado di
predire l'evoluzione del proprio ambiente, deve poterlo controllare, o, almeno,
assumerne la stabilità.
Senza queste assunzioni non avrebbe senso fissare, inflessibilmente, un corso di
azioni
o Errore della separazione I manager gestiscono attraverso un controllo “remoto”,
sulla base dei dati (anche numerosi) che gli vengono forniti.
Di fatto sono “separati” dall'oggetto della loro strategia.
Ma i dati (spesso, per non dire sempre) non raccontano nè spiegano, con sufficiente
profondità, che cosa stà succedendo: sono spesso in ritardo, superficiali, e
eccessivamente aggregati rispetto al reale fabbisogno di conoscenze per decidere.
o Errore della formalizzazione Può il piano strategico riprodurre i processi, la
dinamica, che sostengono l'intuizione, la creatività imprenditoriale ?
o Il grande equivoco dello strategic planning Poichè l'analisi non è la sintesi, lo
strategic planning non potrà mai essere “strategy making” l’analisi non potrà mai
sostituire la sintesi.
C. Positioning School:
contenuto strategico
Idee di base del modello focus sul contenuto della strategia: specifiche strategie da
adottare a seconda del contesto.
Solo poche strategie chiave (intese come “posizione” nel mercato) sono “vincenti” in ogni
specifico settore (caratterizzato da un certo assetto e forze): quelle che possono essere
difese dai concorrenti attuali e futuri.
Le imprese che occupano queste posizioni ottengono dei profitti superiori alle altre
imprese del settore. Ciò consente loro anche di accumulare e dispiegare risorse in misura
superiore ai concorrenti per difendere e consolidare le posizioni.
Premesse:
a) Le strategie generiche sono intese come posizionamento nel segmento di settore
b) Il segmento di settore (contesto) è identificato e analizzato secondo la prospettiva
dell’economia industriale
c) Il processo di formazione della strategia consiste nella scelta di un posizionamento
(fra quelli generici) sulla base di un “calcolo” analitico.
d) Gli “analisti” giocano un ruolo primario in questo processo, fornendo i risultati ai
managers che ufficialmente controllano
e) Di fatto le scelte strategiche sono guidata dalla struttura del mercato e la struttura/
organizzazione dell’impresa è conseguente alle scelte di posizionamento.
Critiche:
o Focus Il processo è focalizzato sulle variabili economiche (tipiche dell'IO) e in
specie su quelle quantificabili; non sono considerati gli aspetti socio-politici e, in
generale, quelli esprimibili solo qualitativamente.
o Contesto E' un approccio che pone al centro l'analisi dell'ambiente esterno
(rappresentato in termini di caratteritische di settore e di competizione) e, di fatto,
trascura l'ambiente interno (risorse e competenze).
o Strategia E' considerata come posizionamento (generico), non come prospettiva
“unica” e originale di ciascuna azienda.
D. Learning School:
Idee di base del modello Il “policy making” non è un processo “preciso”, ordinato,
controllato (in senso pieno, assoluto). Ci sono momenti di ambiguità, “disordine”,
circolarità. In questo processo i managers devono in realtà fare i conti con un mondo (un
contesto) che essi sanno essere complesso (la cui complessità eccede le loro risorse
informative, di calcolo, di conoscenza..).
Tre questioni:
i. Chi è realmente “l’architetto” della strategia e “dove” ha luogo, all’interno
dell’organizzazione, il processo di formazione della strategia?
ii. In che misura il processo strategico può realmente essere deliberato e razionale?
iii. Fino a che punto è possibile separare la formulazione della strategia dalla sua
implementazione?
Premesse:
a) La complessa e imprevedibile natura dell’ambiente, unita alla
diffusione/dispersione nell’organizzazione delle conoscenze necessarie alla
strategia, preclude un controllo deliberato del processo.
Critiche:
o Nessuna strategia In un “regime” di puro incrementalismo viene a mancare una
direzione centrale: essa si dissolve in un insieme di manovre tattiche.
Con altre parole: una serie di decisioni prese giorno per giorno non possono
convergere (quantomeno non è detto convergano) in una chiara direzione.
o Perdita-deviazione dalla strategia Una eccessiva enfasi sull'apprendimento può
portare a “perdere per strada” una opzione strategica coerente e realizzabile, a
favore di iniziative che vengono “sponsorizzate” solo perchè, sul momento,
appaiono più nuove o più interessanti.
o Strategie errate e non volute Procedere in modo puramente incrementale può
portare all'emersione di condotte che in realtà nessuno intendeva e voleva.
“Piccole” decisioni incrementali possono cioè “trascinare” verso “grandi” strategie
indesiderate.
Per avere successo, le imprese necessitano di ottenere un vantaggio competitivo rispetto alle
organizzazioni rivali operando nella stessa area di business.
Come le imprese devono creare un vantaggio competitivo sostenibile in ogni business in cui
operano è il tema centrale riguardante i manager che si occupano di business level strategy.
Un’impresa deve essere i grado di offrire un prodotto o servizio più vicino possibile ai
bisogni del cliente.
Per essere attrattivo, ogni elemento della gamma di offerta di un’azienda deve essere
indirizzato ad un particolare segmento del mercato e deve avere un mix notevole di
attributo.
Queste attività a valore aggiunto, come la R&S, produzione, logistica, marketing e vendite,
sono congiuntamente riferite ad un sistema di attività aziendali (catena del valore).
3) Il terzo elemento è la base di risorse richieste per effettuare le attività a valore aggiunto.
Se queste attività specifiche dell’azienda sono distinguibili e utili, possono creare le basi per
una value proposition superiore.
Per creare un vantaggio competitivo, l’allineamento deve essere raggiunto tra tutti e tre gli
elementi del sistema di business:
RESOURCE BASE (stck of assets) ACTIVITY SYSTEM (value chain) PRODUCT OFFERING (value
proposition) MARKETS
Un certo numero di vincoli inibisce le aziende dall’avere un approccio non focalizzato sul mercato
e spinge verso un più focalizzato approccio:
- Basse economie di scala
- Lento apprendimento organizzativo
- Brand image non chiara
- Corporate image non chiara
- Alta complessità organizzativa
- Limiti alla flessibilità
Per queste ragioni, le aziende necessitano di focalizzarsi su un limitato numero di business, e per
ciascuno di questi devono focalizzarsi su un limitato numero di prodotti e consumatori.
Per esplorare come un business può essere definito, è innanzitutto necessario specificare come un
business si differenzia da un’azienda ad un mercato; infatti un business è delineato sia in termini di
azienda che di mercato.
“la più semplice via per disegnare il confine di un’industria è quello di utilizzare la similarità
di un prodotto come criterio di separazione.
Possono essere utilizzati altri elementi: similarità sulle attività chiave a valore aggiunto e/o
Sulle risorse.
Un’impresa può anche essere definita sulla base del sistema di valore, ad esempio
Considerando le imprese coinvolte nella stessa procedura di creazione del valore.
In altre parole, un business è un’arena competitiva dove le imprese offrono prodotti simili
per soddisfare bisogni simili, competendo così per aggiudicarsi la vendita al consumo.
Lucido 11.
Per essere capace di fare veramente ciò che si vuole vendere, un’azienda necessita di avere un
sistema di attività in loco.
Un sistema di attività è un set integrato di processi di creazione del valore per l’offerta di prodotti
e servizi.
Il sistema di attività p anche spesso riferito alla catena del valore (Porter).
Ciascuna di queste attività, oltre che contribuire alla formazione del valore finale ottenuto,
rappresenta anche una fonte di costo (stante l'impiego di materiali, di ore di lavoro, ecc.).
Un margine positivo implica che l'impresa sia in grado di offrire un prodotto o un servizio per il
quale i clienti sono disposti a pagare un ammontare di danaro superiore alla somma dei costi
relativi a tutte le attività svolte nella catena del valore.
Catena del valore per il particolare settore neI quale opera l'impresa
Le diverse attività possono essere disaggregate nelle loro componenti fondamentali, che
dipendono dal particolare settore e dalla strategia dell'impresa.
Partendo dalla catena del valore generica, si passa a dividere le funzioni “ampie” in attività
specifiche.
In linea di principio, si prosegue fino a separare attività che hanno un alto impatto potenziale sulla
differenziazione e/o che rappresentano una parte signficativa dei costi.
Il valore ottenuto non dipende solo dall'abilità nello svolgere le singole attività, ma anche
dall'abilità nel gestire i legami tra le attività (coordinamento).
I legami sono di speciale rilievo quando il modo utilizzato per realizzare un'attività influenza il
costo o l'efficacia di un'altra attività.
Si pensi alla qualità dei materiali acquistati da un'impresa: se conformi a quanto stabilito possono
essere assemblati senza difficoltà, con positive ricadute sui costi di produzione.
La gestione dei legami può far leva sull'ottimizzazione e/o sul coordinamento
- Ottimizzazione: siamo in presenza di una scelta tra attività per raggiungere lo stesso
risultato complessivo.
Ritornando all'esempio precedente, un controllo più selettivo sulla qualità dei materiali
acquistati da un'impresa porta a minori costi di servizio per l'eventuale sostituzione dei
prodotti realizzati.
- Coordinamento: si pensi al fatto che il dover consegnare in tempo porta a dover
coordinare diverse attività, ad esempio le operations, la logistica in uscita, ed
eventualmente i servizi (ad esempio, per l'installazione, se richiesta).
Implicazioni:
i. La gestione della catena del valore di un attore può avere forti tipercussioni sulla
performance delle cate delle altre imprese appartenenti al medesimo sistema, e quindi
sulla performance complessiva ottenuta.
ii. Ciascuna impresa tende a disegnare la propria catena del valore specializzandosi in
quelle attività della filiera in cui può ottenere un vantaggio competitivo e appropriarsi
di una quota significativa del valore complessivamente realizzato.
Esempio dell’Ikea:
Azienda leader nella progettazione e realizzazione di soluzioni di arredamento “fai da te”.
L'azienda svedese opera su scala internazionale realizzando gran parte del proprio giro di affari sui
mercati non domestici.
Le attività di Ikea si possono comprendere ponendo il focus su quelli che vengono definiti “temi
strategici di ordine superiore”.
Per spiegare il sistema di attività di Ikea si può partire dal prodotto di “design a basso prezzo”.
Viene offerto nei punti di vendita attraverso un servizio essenziale che richiede un forte
coinvolgimento del consumatore.
Il consumatore “deve farsi carico” di attività all'interno del punto di vendita, nonchè effettuare il
trasporto e, spesso, il montaggio del prodotto.
Questo “tipo di offerta” (product/market: formula e tipo di clientela) richiede prodotti facili da
trasportare e da assemblare.
Vantaggi in termini di costi di produzione e, al tempo stesso, capacità di rispondere alla “varietà”
(esigenze e gusti della domanda).
Questa rappresentazione, quando si considera rigidamente la divisione del flusso produttivo in fasi
e attori distinti, sconta una eccessiva sequenzialità e linearità, così come un'enfasi sul solo
“scambio” a scapito delle forme di co- produzione e partnership.
Per tali motivi la sua capacità di cogliere adeguatamente gli assetti e le dinamiche dei processi di
produzione è stata sottoposta a critiche.
Ikea ha un sistema del valore che comprende, fra gli altri, designer e oltre 2 mila fornitori di oltre
50 paesi ai quali affida l'intera produzione degli articoli presenti nei punti vendita.
I fornitori devono:
- interagire con i responsabili degli acquisti di Ikea;
- rispettare le caratteristiche dei disegni proposti;
- garantire la qualità dei prodotti;
- allineare i tempi di consegna;
- predisporre Ie forniture secondo imballaggi facili da gestire da parte dei trasportatori e
degli addetti allo stoccaggio nei punti di vendita.
L'allineamento delle attività dei fornitori facilita l'attività di Ikea che può:
1. aumentare l'efficienza nella rotazione delle scorte,
2. semplificare l'intera attività di manipolazione dei prodotti fino all'utente finale
3. aumentare la produttività
Le imprese che fanno uso diffuso del sistema del valore rivolgendosi a terzi:
- hanno un'intensa attività focalizzata su competenze centrali svolte e attentamentc
selezionate,
- basate su sistemi di gestione capaci di favorire e coordinare le transazioni e l'interazione
fra le diverse catene del valore coinvolte.
Lucido 12.
“Business level strategy – risorse di base”
Per sviluppare le attività e produrre beni e servizi, le imprese hanno bisogno di risorse.
Altri autori preferiscono il termine “assets”, per enfatizzare che le risorse appartengono
all’impresa.
Competenze= regole che combinano le risorse in modo utile per arrivare a dei risultati in termini
di attività produttiva.
- Conoscenza può essere definita come l’insieme delle regole e delle idee che possono
essere estratte dalle informazioni. In altre parole, la conoscenza fluisce e influenze
l’interpretazione della informazione presupposto astratto di risorse e competenze
- Capacità si riferisce al potenziale dell’organizzazione nel portare avanti una specifica
attività o un set di esse.
Qualche volta il termine “skill” è utilizzato per riferirsi all’abilità di svolgere una task
funzionale o un’attività, mentre il termine “capacità” è riservato per la qualità di combinare
un numero di skill allocazione pratica nel contesto.
- Attitudine si riferisce ad uno schema di pensiero prevalente all’interno di
un’organizzazione.
Un diverso linguaggio:
Cosa possiamo intendere per Risorse e Competenze nel contesto che stiamo analizzando?
Esiste una relazione tra Risorse e Competenze?
Potremmo anche dire che le competenze sono determinate combinazioni di risorse a cui seguono
delle azioni (e quindi dei risultati) in termini di attività produttiva dell’impresa.
1) Fungibili quando sono utilmente utilizzabili e reimpiegabili in contesti di attività diversi
(es. ricorse ecnomico-finanziarie)
a. Risorse di relazione
b. Risorse di formazione e conoscenza
2) Non fungibili (Endosincratiche) esprimono loro valore in quel contesto applicativo,
BASTA!
ci conviene adottare l’idea che si trovi tra i due estremi.
La conoscenza rappresenta l'elemento più astratto, meno definibile, del capitale dell'impresa.
Mentre le competenze si definiscono assieme al contesto di applicazione - sono cioè le capacità di
ottenere un certo risultato combinando un certo insieme di risorse - la conoscenza rappresenta
piuttosto il presupposto delle risorse e anche delle competenze [Rispoli e Tamma 1995, capitolo
6].
Capacità:
Un’altra via per indagare sul rapporto risorse-competenze-capacità:
La capacitò non rappresenta una singola risorsa con altre risorse, come l’assetto funzionario, la
tecnologia, il potere dell’uomo, ma piuttosto una via superiore e distinta di allocazione delle
riosrse.
Capacità Dinamiche:
Partendo dall’osservazione che i mercati e la loro posizione è diventata sempre più soggetta ad un
processo di erosione… l’enfasi è passata all’abilità di cambiare e sviluppare velocemente nuove
capacità organizzative come prerequisiti critici per un vantaggio competitivo sostenibile.
Alcuni filoni di ricerca, e in particolare la resource-based view [Barney 1991; Grant 1991, Hamel e
Prahalad 1990, Reed e De Filippi 1990] pongono alla base dei vantaggi competitivi di ordine
strategico delle imprese la dotazione e lo sviluppo di risorse e di competenze uniche, non facili da
imitare e difficilmente trasferibili (core competencies). spiegazione alternativa dei differenziali
competetivi spiegata da tutto l’impianto teorico del posizionamento strategico (la matrice
dominante del tempo).
Alla base di queste teorie vi sono alcune ipotesi, peraltro assolutamente realistiche, riguardanti
l'esistenza di “imperfezioni nei mercati”.
Quali caratteristiche devono possedere le risorse e le competenze per essere fonte di vantaggi
mantenibili? (!!!!!! X esame!!!!!)
opzione strategica, non può essere rimpiazzata da un'altra risorsa, il che significa che non
sono disponibili risorse strategicamente equivalenti.
Esse contribuiscono a definire l'identità di uno specifico prodotto, di una particolare forma di
offerta, di un’opzione strategica; assumono quindi significato in riferimento a tali elementi.
In chiave prospettica, i futuri percorsi alternativi di azione, condizionati dalla storia passata
dell'impresa, costituiscono dei framework che assegnano un nuovo significato alle risorse
controllate dall'impresa.
Una determinata opzione strategica può infatti aumentare o diminuire il valore di una risorsa, nel
senso che quest'ultima può rendere percorribile una determinata via ed essere presupposto per il
suo successo, oppure può costituire un limite, rivelando la necessità di trasformare, sviluppare,
ampliare la base di risorse e competenze.
L’idea di essere risorsa (del suo valore) dipende dal contesto di applicazione (es. tavolo da lavoro
in un’officina è una risorsa).
L’acquisizione di vantaggi competitivi, a parità di altre condizioni, si fonda, da un lato, sul grado di
controllo di risorse e competenze, dall’altro, sulla qualità della loro combinazione [Boschetti e
Lipparini 1998, 94]
Matrice:
Innovativa uno sta costrunedo un BM che gli altri non hanno
Imitativa appiattita su business model dominante
Rendita e scarsità monopolio basato su una risorsa (no concorrenza e poca rendita per i
consumatori)
Combinazione originale e idiosincratica BM innovativo, con poco a fare molto (poco controllo
delle risorse).
Mantenibilità nel tempo del vantaggio competitivo veniamo imitati (in alto a destra è in una
botte di ferro; in alto a sinistra è ancora difendibile, ma bisogna che corrano avanti; in basso a
destra viceversa).
3) ll terzo livello di risorse e competenze identifica invece qualcosa in più, una capacità di
attrazione dell’offerta distintiva, all’interno di un dato segmento del mercato, che
consente all’organizzazione di costruire e di disporre di un vantaggio competitivo
mantenibile. fanno la differenza tra competitors dentro lo stesso ambito competitivo.
Un’impresa ha un vantaggio competitivo quando ha i mezzi per sconfiggere i rivali nella lotta al
compiacimento del consumatore.
Il vantaggio competitivo è radicato all’interno di un unico sistema di business per cui la base di
risorse, il sistema di attività e la posizione di prodotto-mercato sono tutte allineate per fornire beni
e/o servizi con maggiore adeguatezza rispetto ai bisogni dei consumatori.
Le imprese si devono adattare agli sviluppi del mercato e devono costruirsi sulle forze della propria
base di risorse e del loro sistema di attività.
Quale dovrebbe essere il fattore dominante che guida un’impresa. Le sue forze oppure le
opportunità? Possono i manager prendere l’ambiente come punto di partenza, scegliere una
posizione di mercato favorevole e poi costruire la base di risorse e il sistema di attività necessari
per attuare questa scelta? O viceversa (impostazione della resourced based view)?
Prospettiva Outside-in:
I manager con questa prospettiva credono che le imprese non devono essere centrate su loro
stesse ma devono continuamente prendere l’ambiente come punto di partenza per determinare
la loro strategia.
Per loro, lo sviluppo della strategia inizia con un’analisi dell’ambiente per l’identificazione delle
opportunità offerte dal mercato.
Bisogna ricercare i potenziali consumatori i cui bisogni potrebbero essere soddisfatti meglio di
quanto non facciano ora i rivali.
Una volta che questi consumatori sono stati conquistati ed è stata stabilita una posizione di
mercato, l’impresa deve costantemente difendere la propria posizione adattandosi ai
cambiamenti dell’ambiente.
I sostenitori di questa tesi riconoscono l’importanza di risorse e attività per riuscire a sfruttare le
opportunità che si sono identificate, tuttavia la base corrente di risorse di un’impresa non
dovrebbe essere il punto di partenza per la determinazione di una strategia, ma dovrebbe
semplicemente essere vista come una potenziale condizione limitante la capacità dell’impresa di
sviluppare la miglior strategia di business.
Prospettiva inside-out:
I manager che adottano questa prospettiva ritengono che la strategia non dovrebbe essere
costituita attorno alle opportunità esterne, ma attorno alle forze dell’azienda.
Le imprese di successo si costituiscono su una resistente base di risorse sostenibile nel tempo, la
quale offre l’accesso alle opportunità del mercato già nel breve-medio termine.
Il problema strategico principale è quali competenze difficili da imitare e assets esclusivi devono
essere acquisiti e/o ridefiniti.
Una volta che la direzione di lungo termine per la costruzione dell’infrastruttura delle risorse è
stata definita, l’attenzione deve spostarsi sull’identificazione di opportunità di mercato in cui le
proprie forze possano essere sfruttate.
Per questi manager, il problema del posizionamento di mercato è fondamentale, in quanto solo
una posizione competitiva forte porterà ad una profittabilità sopra la media.
Ad ogni modo il posizionamento di mercato deve avvenire nel contesto della più ampia strategia
basata sulle risorse.
Molti di questi manager tendono ad enfatizzare l’importanza delle competenze aziendali sulle
proprie risorse tangibili (l’asset fisico) capabilities-based view
capacità dinamiche: le aziende con un vantaggio iniziale possono lavorare per aggiornare le
proprie competenze nella corsa per rimanere al vertice:
- focus sulle competenze chiave
- problema rigidità chiave.
Lucido 13.
“Strategia a livello corporate”
Le aziende che vogliono crescere hanno molte direzioni verso le quali espandersi:
1. stare all’interno dei confini di un solo business:
a. allargare lo sfruttamento del mercato all’interno del segmento corrente
b. estendere la gamma di prodotti
c. muoversi verso segmenti di mercato confinanti o nuove aree geografiche
2. entrare in nuove aree di business, diventando multi-business per maturità o declino del
settore corrente, opportunità in settori migliori, sono deboli nell’attuare situazioni
concorrenziali.
Composizione aziendale:
Possibilità di crescita in diverse direzioni:
Diversificazione:
1. Diversificazione orizzontale business all’esterno dell’impresa (sviluppo mercato)
2. Integrazione orizzontale business interno all’impresa (sviluppo mercato)
3. Integrazione verticale business dei fornitori o dei consumatori (sviluppo prodotto)
Management Aziendale:
E’ diventata una politica diffusa quella di organizzare imprese commerciali multi-business in più
business-uni strategiche.
Questo approccio dominante mette i manager di fronte al problema di come unire le parti che
sono state suddivise all’interno di un intero aziendale coeso.
Un’azienda può essere divisa in business-unit con l’intento di focalizzarsi su ogni specifica area, ma
questa differenziazione deve essere compensata da un certo grado di integrazione per essere in
grado di affrontare problemi comuni e realizzare sinergie.
Forme di Intregrazione:
i. Centralizzazione una unità organizzativa
ii. Coordinazione sinergie tra Business-unit, gestendole come se fosse una
iii. Standardizzazione pratiche e paletti fissati a priori
1. Sinergia multi-business:
La diversificazione in nuove aree di business può essere giustificata economicamente se
C’è un bisogno di identificare opportunità per creare sinergie tra le varie aree di business e
gestire l’organizzazione in modo che queste sinergie siano realizzabili:
Sinergie tra:
o Risorse di base cause coordinamento operativo
o Offerte di prodotto cause annullamento costi di transazione
o Attività cause crescita del potere contrattuale
PROSPETTIVE:
1) Portfolio Organization:
Ogni elemento ha la sua autonomia alta reattività
L’unica sinergia è quella finanziaria: il centro aziendale alloca le risorse finanziarie che BU
possono utilizzare.
2) Integrated Organizaztion:
Il centro aziendale costruisce le core competence e si assicura che siano reimpiegate tra i
confini delle BU, così che gli altri investimenti fatti per lo sviluppo di competenze vengano
diffusamente distribuiti tra le unità.
Qualsiasi sinergia è messa al centro della scena e tutti gli elementi coinvolti devono essere
motivati e convinti di essere migliori come parti di un insieme.
Lucido 14.
“Strategie e contesti”
Il processo e i contenuti della strategia sono radicati (embedded) nel contesto (strategico)
La struttura (intesa alla maniera della prima Economia industriale) è invece un dato
oggettivo, una variabile esogena che «fissa» alcune caratteristiche dell'ambiente (la
tecnologia, i costi, la domanda, la numerosità dei concorrenti ecc.) e che gli attori non
possono modificare col loro comportamento.
La struttura è perfettamente definita sia per l'osservatore che per gli attori, mentre il
contesto no.
2) gli aspetti cooperativi dell'agire competitivo su tutta una serie di terreni dove i concorrenti
hanno interessi comuni:
I concorrenti hanno una vesta gamma di interessi, che possono utilmente tutelare con
azioni di tipo cooperativo. Ad esempio:
a. che il loro prodotto (di base - comune) si affermi rispetto ai prodotti sostitutivi o
alternativi,
b. che l'ambiente (tassazione costo del lavoro ecc.) sia favorevole,
c. che si affermino su larga scala gli standard tecnici e linguistici condivisi.
d. che siano rispettate norme e leggi (ad esempio tutela della proprietà intellettuale)
Il contesto “contiene” “forze”, regole e significati (che indirizzano, vincolano, ma tuttavia non
sono immutabili).
Interessi comuni e convergenze contano, e possono dar vita a iniziative di tipo cooperativo (che, in
qualche misura, modificano, “plasmano” un contesto condiviso).
Contesto industriale:
= l’ambiente “diretto” in cui un’impresa deve competere.
2. modelli di sviluppo:
Modelli di Sviluppo
Lucido 15.
Strategia a livello network
Tutte le aziende devono necessariamente interagire con altre organizzazioni e individui all’interno
del loro ambiente; e anche sviluppare relazioni inter-organizzative.
Queste relazioni possono evolvere senza particolare intento strategico o calcolo, ma la maggior
parte dei manager concordano nel dire che la determinazione attiva della natura delle relazioni
esterne sia una parte significativa della definizione di strategia.
Anche evitare relazioni con degli enti esterni può essere un’importante scelta strategica.
QUATTRO ASPETTI:
A. Chi sono gli agenti con cui un’impresa può avere relazioni? Attori relazionali
B. Perché le parti vogliono creare relazioni con gli altri? Obiettivi relazonali:
I. A fare leva sulle risorse:
Condividendo le risorse con altre compagnie si può aumentare la quantità o
qualità delle risorse a disposizione
Appendimento lo scopo è lo scambio di conoscenze e abilità, o di
abbracciare la ricerca congiunta di un nuovo know-how.
Vi sono poi anche altri attori che impattano su come si sviluppano le relazioni.
Questi possono essere raggruppati in quattro gruppi:
o Legittimità (leggi e trust)
o Urgenza (tempistiche – pressione)
o Frequenza
o Potere
Il contesto delle attività per mezzo di autorità formali – “la mano invisibile” – è
necessaria in queste condizioni.
Le imprese devono essere inserite ed indipendenti allo stesso tempo: inserite in un network di
interazioni cooperative, abbastanza indipendenti per maneggiare il loro potere a loro vantaggio.
Il punto che divide i manager della strategia è se le imprese debbano essere più collegate o più
indipendenti.
E’ essenziale per sviluppare il proprio potere riuscire ad evitare la dipendenza dalle risorse.
I sostenitori di questa tesi argomentano che gli arrangiamenti collaborativi sono sempre secondi
all’agire in modo indipendente.
Nell’economia moderna, nessuna organizzazione può svolgere efficacemente ogni attività in-
house, infatti la divisione del lavoro ha incoraggiato le imprese a specializzarsi e a sfruttare
l’outsourcing per le attività non-core.
L’etichetta “organizzazione inserita” si riferisce al fatto che le imprese stanno diventando sempre
più integrate nelle reti di organizzazioni reciprocamente dipendenti.
Mentre tali stretti rapporti di collaborazione mettono un’impresa in una posizione di dipendenza
da risorse, i vantaggi sono molto più grandi.
Lucido 16
“Un modello di Network industriale”
Lo scopo principale del modello è di rendere possibile un’analisi integrata della stabilità e dello
sviluppo nell’industria.
Mentre la stabilità è vista solitamente come l’opposto del cambiamento e dello sviluppo, questo
modello vede la stabilità come un elemento fondamentale per lo sviluppo.
Un secondo scopo è quello di fornire una base di sviluppo dei ruoli degli attori e degli insiemi di
attori nei processi di sviluppo industriale, data la relazione tra stabilità industriale e sviluppo.
2. Attività:
Un’attività esiste quando uno o più attori combinano, sviluppano, cambiano o creano
risorse utilizzando altre risorse.
Dato che gli attori hanno diverse caratteristiche, si distinguono due tipi di attività:
o Attività di trasformazione le risorse vengono cambiate in qualche modo
o Attività di trasferimento si trasferisce il controllo diretto su una risorsa da un
attore ad un altro.