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La Barista

In un bar, in una frazione di Roma lavorava come semplice barista, Delilah: una donna alta e
slanciata, con degli ipnotici occhi verdi e con dei lunghi capelli neri come la pece, e proprio
come il catrame intrappolava i dinosauri, e come le ragnatele intrappolano i moscerini, il suo
scuro crine attirava ed intrappolava i cuori di molti spasimanti. Non era tanto la sua
eleganza ad attirare gli uomini, tanto più il suo carattere, così maldestro e indeciso, ma allo
stesso tempo, così consapevole e determinato, docile e solare, ma allo stesso tempo cupo e
pungente.
Dailah, è come una roseto, ti avvicini a lei attirato dai suoi odori, colori e forme, ma se ti
incammini troppo nel roveto per cogliere le rose, per cogliere il cuore di lei, ti ritrovi in un
rovo di spine e di dolorosi sentiment.
Ti viene da piangere e ti senti confuso, ma comunque, la voglia di raggiungerla è così tanta,
che preferisci continuare ad avanzare tra i rovi per arrivare al suo cuore, piuttosto che
voltarti e toglierti le spine dal corpo insieme ad ogni ricordo di lei.
La semplice barista riusciva a mettere ai suoi piedi chiunque, uomini di politica ed
intellettuali, polentoni e terroni, uomini e donne, Don Giovanni ed introversi. Aveva creato
il suo regno di “amanti sudditi”, stravolgendo l’equilibrio tra bene e male, paradiso e inferno.
Questo perché non era una semplice barista, ma un angelo di luciferina bellezza, che
accoglieva nel paradiso dei suoi occhi, anime sfortunate, le quali accecati dall’ amore e dalla
paradisiaca luce del suo fascino ,si ritrovavano a subire le pene dell’ inferno.
Lei era la regina di cuori che rifilava due picche ad ogni re e jack, il desiderio del caldo
fuoco della passione che ti portava in freddi e tristi sentieri, la Mirandolina dei giorni nostri.
 

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