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Sociologia dei processi culturali e comunicativi, teorie dei media

Nel 1936, Walter Benjamin scrive L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica.
Benjamin era a Parigi (can can, arte, avanguardie). L'arte è profondamente cambiata. E' sempre
stata riproducibile, ma la riproducibilità tecnica è ora il modo principale di produzione
dell'esperienza estetica: litografia, foto e cinema sono riproducibili tecnicamente, non c'è più la
manualità nella riproduzione (la Gioconda la conosciamo tutti).
Ci torneremo. Ma perché cominciamo da Benjamin? Sicuramente, siamo consapevoli che parlare di
arte, e cultura, oggi più ancora che all’epoca di Benjamin, non può prescindere dalla questione della
riproducibilità tecnica, che è poi la questione dei media. Ovviamente i media sono oggi molto
cambiati rispetto ad allora (digitalizzazione, social media), ma questo non ha fatto che estremizzare,
e poi dare nuove connotazioni, ai fenomeni già descritti dal teorico tedesco.
Allora, tutto questo significa che in un Master sulle Politiche Culturali, è imprescindibile capire
bene i media, e le questioni che essi introducono, o provocano. Per questo, guarderemo innanzitutto
la storia di tutte le diverse teorie che sono state formulate sui media, per comprenderli e analizzarli.
E penso che sia evidente come conoscere anche le differenze di queste teorie, che hanno
accompagnato lo sviluppo di diversi media, sia importante.
Lo studio dei media si inserisce in Italia in un particolare settore disciplinare di formazione e
ricerca, che si chiama Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi. Ciò significa che i media
sono da considerarsi come degli strumenti per la comunicazione (aspetto forse più ovvio e diretto),
ma anche come dei processi culturali. Quando parliamo di media, quindi, parliamo di cultura.
Allora cominciamo dall’inizio. Chi studia la cultura?

1)
L’antropologia americana dall’800 studiava i popoli primitivi, le culture indigene, mentre la
sociologia aveva come oggetto la società industriale moderna. Ma il concetto di cultura e i metodi
della antropologia avevano influenzato la sociologia (Scuola di Chicago che vedremo poi, anni
‘20-’30, geografia urbana), e soprattutto il metodo etnografico, la raccolta di testimonianze dirette,
l’osservazione partecipante, lo sguardo ravvicinato. Quindi cultura è campo di indagine sia per
antropologia che per sociologia. Il sociologo Emile Durkheim, nel 1912 (Le forme elementari della
vita religiosa) sociologizza invece lo sguardo antropologico, invece di applicare l’antropologia allo
studio della religione. Punta a rintracciare il carattere generale e unitario (che è lo scopo della
sociologia, guardare a un’intera società) del sentimento religioso, selezionandone i tratti
caratterizzanti, ma non per documentare le varietà e le differenze (come invece fa l’antropologia).
La religione, non le religioni. Addirittura vede nella religione una metafora della società e del suo
spirito di coesione. Al di là delle differenze metodologiche, dopo la Scuola di Chicago, la sociologia
non si interesserà più tanto di cultura. In America c’era l’antropologia culturale, e in Europa quella
sociale, che raccoglieva l’eredità di Durkheim.
La cosa importante è che cultura e società vengono considerati due sistemi correlati ma irriducibili,
solo che la sociologia si interessa anche di cultura. Già dall’opera dei classici, troviamo questo
interesse. Nella nostra epoca, le due discipline si toccano maggiormente: ci si interessa soprattutto
alle società avanzate occidentali, e il fenomeno delle migrazioni rende i metodi antropologici adatti
alla sociologia. Ma il traffico delle culture è ormai planetario, e un concetto di cultura localizzato è
ormai inadeguato.

Cercare testi: Le teorie delle comunicazioni di massa e la sfida digitale (Sara Bentivegna, Giovanni
Boccia Artieri, 2019, Laterza)

M. Wolf, Teorie delle comunicazioni di massa, Milano, Bompiani, 1996

Storia della sociologia: Tra i primi a interrogarsi sulla natura della società che si andava costituendo
e a offrire una nuova chiave di lettura va citato Claude-Henri Saint-Simon (1760-1825), considerato
il fondatore del socialismo moderno e della sociologia positivista. Nei suoi scritti, Saint-Simon
elabora il concetto di ‘società organica’, ovvero una società equiparata a un organismo all’interno
del quale tutti i soggetti non sono che parti. All’interno di questo organismo regna l’armonia, frutto
di uno sviluppo progressivo che coinvolge tutti i suoi elementi: infatti, qualora dovesse verificarsi
un mutamento soltanto in uno di essi, si verificherebbe uno squilibrio. Perché possa affermarsi
questo modello, è necessario che la riorganizzazione della società avvenga su basi scientifiche e sul
lavoro industriale. La ‘fisiologia sociale’ di Saint-Simon considera la differenziazione delle parti
all’interno dell’organismo sociale come qualcosa di inevitabile, che può essere controllato e
organizzato su basi scientifiche. Si tenga presente che la differenziazione di cui si parla è quella
introdotta dall’industrializzazione, con i suoi processi produttivi articolati e organizzati in base alla
finalità del profitto economico. Con questa concezione della società, Saint-Simon apporta un
contributo significativo allo sviluppo della sociologia, che verrà ripreso e sviluppato da altri
studiosi: in particolare, sarà proprio l’accentuazione della differenziazione tra le parti a costituire la
base per l’elaborazione della teoria di una società di massa. In questa sede, è sufficiente seguire il
filo rosso che lega Saint-Simon ad Auguste Comte, colui cioè che viene concordemente definito
come il padre della sociologia.
Nel suo Corso di filosofia positiva, Comte propone una concezione organica della società, ovvero la
considera come un particolare tipo di organismo, sia pure di natura collettiva. All’interno di questo
organismo, come già sottolineato da Saint-Simon, è possibile individuare una molteplicità di parti
che operano in modo coordinato. L’equiparazione dell’organizzazione della società a quella di un
organismo implica il presupposto di una divisione dei compiti tra i vari soggetti nell’obiettivo di
mantenere un’armonia complessiva. In breve, comporta l’introduzione del concetto di
specializzazione che, tuttavia, implica il rischio di un eccesso di specializzazione, tale da indebolire
lo spirito d’insieme. Così, può accadere che, in una società all’interno della quale la
specializzazione delle funzioni è fortemente sviluppata, si assista a una scomposizione della stessa
società ‘in una moltitudine di corporazioni incoerenti, che sembrano quasi o per niente appartenere
alla stessa specie.’ Tanto più gli individui occupano posizioni diverse all’interno del sistema sociale
sviluppando forti legami tra simili, quanto più si riduce la capacità di comprendere quei soggetti che
occupano altre posizioni. La specializzazione, che pure garantisce l’armonia dell’organismo sociale,
rischia di produrre distanza e incomunicabilità tra individui, dando vita a inattese forme di
disorganizzazione. L’incomunicabilità e la distanza tra individui intesi come frutto dell’eccesso di
specializzazione rappresenteranno, nelle riflessioni di altri sociologi, uno dei ‘punti di partenza
fondamentali del dibattito sulle comunicazioni di massa’. Sarà, infatti, l’isolamento sociale
all’interno del quale gli individui vengono proiettati a costituire il terreno ideale di sviluppo della
teoria ipodermica.
Riprendendo il filo rosso che lega Saint-Simon a Comte – caratterizzato essenzialmente
dall’attribuzione di una particolare forma organizzativa al sistema sociale con il corollario
dell’inevitabile specializzazione che ne consegue – ciò che ha iniziato a prendere forma è l’idea di
una progressiva e inarrestabile atomizzazione della società. A fronte dell’indispensabilità della
specializzazione delle funzioni, si colloca il rischio di una perdita insostituibile di una rete di
relazioni sociali significative per gli individui, rappresentati sempre più come soli e isolati. Sulla
questione della profonda trasformazione della sfera relazionale dei soggetti, ulteriori elementi di
conferma vengono forniti da Ferdinand Tonnies nel suo lavoro dal titolo Comunità e società. Per
Tonnies, la Gemeinschaft (comunità) si riferisce a un modo di sentire comune, che fa sì che gli
uomini si sentano parte di un tutto, che partecipino della realtà nella quale vivono immedesimandosi
completamente con essa. Per converso, la Gesellschaft (società) è impersonale e anonima, basata
sulla forma di relazione sociale tipica del contratto tra individui in vista di un tornaconto personale.
Con grande chiarezza, il sociologo tedesco così illustra le differenze tra comunità e società:
Tutte le lodi della vita di campagna hanno sempre messo in evidenza che qui la comunità tra gli uomini è più forte e più
viva: la comunità è la convivenza durevole e genuina, la società è soltanto una convivenza passeggera e apparente. E’
quindi coerente che la comunità debba essere intesa come un organismo vivente, e la società, invece, come un aggregato
e prodotto meccanico.
Pur facendo trapelare un evidente personale apprezzamento per la comunità, lo stesso Tonnies è
consapevole dell’inevitabile affermazione della società a danno della comunità a seguito del
processo di industrializzazione. Con estrema lungimiranza, quindi, prevede che nella società
industriale scompariranno ‘gli insiemi di sentimenti comuni e reciproci’ in virtù dei quali gli
individui rimangono uniti, mentre si affermeranno modalità di relazione basate sulla forma del
contratto. Gli individui continuano, così, a essere descritti come sempre più soli e immersi in
relazioni sociali sempre meno condivise fino al punto da arrivare, in casi estremi, a dar vita a ciò
che Emile Durkheim ha chiamato ‘anomia’, ovvero mancanza di norme. Il concetto di anomia
elaborato da Durkheim nell’opera La divisione del lavoro sociale si inscrive all’interno di una più
ampia riflessione sul fondamento morale che deve avere la società. Mediante le categorie della
solidarietà meccanica e della solidarietà organica, Durkheim ricostruisce il complesso delle
relazioni che si stabiliscono all’interno di una società: la solidarietà meccanica deriva dalle
somiglianze tra gli individui, si accompagna a una divisione del lavoro elementare e si caratterizza
per dare vita a un essere collettivo; la solidarietà organica, invece, trae origine dalla eterogeneità tra
gli individui, si traduce in una divisione del lavoro molto sviluppata e vive a seguito
dell’introduzione di numerose relazioni formali e frammentate. L’eterogeneità tra individui e la
marcata divisione del lavoro tipici della solidarietà organica possono, in casi estremi, dare vita a una
situazione caratterizzata da anomia, rintracciabile laddove la società non si configura più come in
grado di regolare e porre limiti all’agire degli individui. Questi ultimi, privi di un’autorità morale
idonea a porre regole e freni, esasperano il tratto individuale e si mostrano incapaci di autoregolarsi,
alla perenne ricerca di nuove mete e nuove soddisfazioni. (Durkheim: rapporto tra individuo e
pressioni esterne, suicidio e condizionamento delle forze collettive; ogni segmento produttivo ha
bisogno del segmento adiacente, solidarietà organica).
La descrizione degli individui operata dai padri della sociologia si definisce in relazione a un
diffuso senso di isolamento, un rischio di anomia, una vita relazionale regolamentata dalla forma
del contratto, una separatezza frutto di un eccesso di specializzazione. In breve, ciò che viene meno
è la capacità di sentirsi parte di una comunità e stabilire relazioni significative con gli altri membri.
In una società così caratterizzata, ne discende che gli individui: a) vivono in una condizione di
isolamento, ovvero al di fuori di una rete di relazioni per essi significativa come quella che
caratterizzava la Gemeinschaft; b) vivono quasi esclusivamente relazioni basate sull’impersonalità
(ad esempio il contratto), tratto caratterizzante la Gesellschaft; c) sono relativamente liberi da
pressioni sociali vincolanti, al punto da rischiare di dar vita a situazioni di anomia. Queste categorie
analitiche vennero utilizzate per interpretare il modello di società che si andava affermando e per
sostenere, indirettamente, l’elaborazione della teoria della società di massa, prima, e della teoria
ipodermica, poi. Fino a tutti gli anni Trenta, infatti, l’idea di società alla quale si faceva riferimento
si declinava nei termini di un crescente isolamento ed eterogeneità degli individui, una netta
prevalenza di relazioni formali, una perdita della capacità di entrare in relazioni significative con
altri soggetti, una diffusa incapacità a identificare forme efficaci di coesione all’interno della
società.

Il XX secolo si apre con un nuovo soggetto che irrompe prepotentemente sulla scena: la massa. Nel
ricostruire tale momento, Gianni Statera (1993) ricorda reazioni diverse e contrastanti, nonché
un’associazione con qualcosa ‘di amorfo, magmatico, imprevedibile, pericolosamente instabile;
“massa” era essenzialmente la “massa bruta”, soggetta alle più svariate sollecitazioni, pronta a
seguire intriganti demagoghi, a piegarsi istintivamente alle parole d’ordine abilmente diffuse da
questi’. Con la sola eccezione di chiavi di lettura ispirate al marxismo – che vedevano nella
presenza di masse organizzate l’occasione per accelerare il processo rivoluzionario – prevaleva una
concezione della massa manipolabile e portatrice di una sorta di istinto di sottomissione, come
teorizzato dalla cosiddetta ‘psicologia delle folle’ (Le Bon, 1895).
Tra impossibili sogni di ritorno al passato e preoccupazioni circa la profonda crisi che attraversava
la società e la cultura tradizionale, il concetto di massa assunse centralità e rilevanza euristica nelle
riflessioni di studiosi e intellettuali. Sul fronte degli studi di sociologia politica, un contributo
significativo alla creazione di un clima di preoccupazione circa la massa proviene dai teorici dell’
‘elitismo’, ovvero, Mosca, Pareto e Michels. Pur con alcune differenze, gli studiosi citati
condividevano l’idea secondo la quale, in tutte le forme di società, la massa non è altro che uno
strumento di manovra a disposizione delle élites. L’inevitabilità di tale situazione deriva dalla forza
dell’organizzazione propria delle élites – in grado di costituirsi come un gruppo omogeneo –
contrapposta alla dispersione e disorganizzazione propria delle masse. Non è sufficiente essere
numerosi per avanzare rivendicazioni e proporsi come alternativa al governo della società; è
necessario, piuttosto, dotarsi di una struttura organizzativa. D’altro canto, se ‘la democrazia non è
concepibile senza organizzazione’ (Michels), ne discende inevitabilmente l’accettazione di una
minoranza organizzata che governa una maggioranza disorganizzata.
Abbandonando il campo della riflessione politica, altri moniti sconsolati si rintracciano circa i rischi
della massificazione e dell’eterodirezione degli individui da parte di Josè Ortega y Gasset. Ortega
pone al centro della sua riflessione la qualità dell’uomo-massa in antitesi all’individuo “colto”: la
massa è irrazionale e incompetente, e con il suo avvicinarsi – o il suo tentare di avvicinarsi – al
centro della società rischia di diffondere ignoranza e irrazionalità, facendo venire meno la
razionalità tradizionale, ovvero l’unica ritenuta in grado di preservare in vita l’organismo sociale.
Lo smarrimento e la preoccupazione di Ortega rispetto ai tempi in cui viveva trapelano dalle sue
stesse parole: ‘il cambiamento del mondo è consistito nel fatto che il mondo in cui si viveva è
crollato; e, per il momento, in nient’altro’. L’irruzione della massa sulla scena sociale, quindi, non
può che rappresentare l’indicatore più evidente di una trasformazione profonda, legata alla perdita
di un mondo che non tornerà mai più.
Su un versante più propriamente sociologico si colloca Georg Simmel, che sostiene che la massa si
fonda sull’esaltazione delle parti che accomunano gli individui piuttosto che di quelle che li
differenziano. Inoltre, le azioni della massa ‘puntano diritto allo scopo e cercano di raggiungerlo per
la via più breve: questo fa sì che a dominarle sia sempre una sola idea, la più semplice possibile.
Capita assai di rado che, nelle loro coscienze, i membri di una grande massa abbiano un vasto
campionario di idee in comune con gli altri’. Ancora una volta, dunque, vengono sottolineati i tratti
dell’irrazionalità, della disorganizzazione, della difficoltà a trovare tratti identitari comuni e
dell’isolamento nel quale versano gli individui che abitano la società di massa. (La modernizzazione
influisce sulla vita dello spirito, favorendo l’estraneazione soprattutto nelle metropoli, plasmando
vite sofisticate e sovraccariche di relazioni poco approfondite, rivestimento astratto dei contenuti
affettivi). - si focalizzò sulle piccole azioni, la vita quotidiana e i fenomeni secondari - studiò la
moda e i tipi sociali in base alla loro funzione e in rapporto ai bisogni degli individui
Un isolamento sottolineato anche da Herbert Blumer (1946), quando sostiene che ‘la massa è
tipicamente un aggregato anonimo o, più precisamente, un aggregato composto da individui
anonimi [tra i quali] esiste scarsa interazione’. Questa carenza di interazione si riflette sulla
difficoltà da parte degli individui a condividere quadri valoriali, modelli e aspettative di vita da un
lato, e a difendersi dal sogno di modelli estranei alla propria sfera di vita, dall’altro. Senza
dimenticare, poi, che la massa non è in grado di darsi una struttura organizzativa e regole di
comportamento.
Volendo sintetizzare il punto di partenza della nascita delle teorie delle comunicazioni di massa, si
può senza dubbio essere d’accordo con Mauro Wolf (1985) allorchè sostiene che ‘l’isolamento del
singolo individuo nella massa anonima è dunque il prerequisito della prima teoria sui media’. Gli
individui rappresentati come isolati e preda, quindi, di chiunque persegua fini manipolatori vengono
posti a confronto con un ‘nuovo tipo di forza unificatrice, un tipo di sistema nervoso molto semplice
che raggiungeva ogni occhio e orecchio in una società caratterizzata da una organizzazione sociale
amorfa e da una scarsità di relazioni interpersonali’. Così, la nuova società ‘prodotta dalla
rivoluzione industriale è intimamente attraversata dai mezzi di comunicazione di massa’.
Questi sono i classici della sociologia, che parlano indirettamente della cultura (la solidarietà in
Durkheim, il denaro in Simmel).
Gli effetti in fasi:

anni ’20-’30 – i media onnipotenti/influenza sociale

anni ’40-metà anni ‘60 – la verifica e il ridimensionamento delle teorie sui media onnipotenti

anni ’50 – ’60 – la riscoperta del potere dei media

fine anni ’60-anni ’70 – ’80 – l’influenza negoziata dei media, effetto l.t.

Anni ’70: da atteggiamenti e opinioni a rappresentazioni della realtà; ridefinizione del ricevente non
come attore passivo

Problemi metodologici

Differenze di impostazione

Gli Usa e la ricerca amministrativa

 Ricerca empirica

 masse (influenza su opinioni e atteggiamenti, fini propagandistici, guerra/mercato)

 conoscenza del sistema mediale, efficacia (committenza)

 Ricerche ad hoc

Europa e la ricerca con finalità speculative

 Riflessione teorica

 Dall’informazione alle conoscenze:

 prodotti simbolici (ideologie e contesto storico-sociale)

 Rapporto mass media e società (difficoltà di approccio)

 Rischio teorie cospirative

Una definizione
“ quegli strumenti utilizzati per realizzare produzione, trasmissione, e diffusione su grandi distanze
di notizie, immagini, suoni atti a raggiungere in modo simultaneo, o comunque in tempi
estremamente brevi, un gran numero di persone” (D. McQuail)

Stampa, radio, TV, new media.

La Scuola di Chicago

- fondatore: Albion Small


- più noto esponente: Robert Park (elaborò il concetto di ‘ecologia umana’, secondo lui le società
moderne sarebbero costituite da un livello ‘vitale’ e uno ‘culturale’ e la comunicazione si farebbe
carico del livello culturale)
- vede la città come ‘laboratorio’ e ‘luogo della mobilità sociale’
- si appoggia a una metodologia etnografica

Quanto detto fin qui, tuttavia, dovrebbe consentire di ricostruire il clima culturale e scientifico dei
primi anni del secolo che ha visto nascere e diffondersi la prima teoria sulle comunicazioni di
massa. A dire il vero, la teoria ipodermica, vale a dire la prima utilizzata per dar conto della
presenza dei mass media nelle società del tempo, può tranquillamente essere ridotta a un modello:
un dispositivo di connessioni che lega l’emittente al destinatario, annullando completamente ogni
variabile interveniente e di contesto. I postulati ai quali fa riferimento la teoria ipodermica
discendono direttamente da quelli alla base della teoria della società di massa: a) nella società
contemporanea si è verificata la scomparsa dei gruppi primari; b) gli individui sono isolati; c) gli
individui annullano l’esaltazione dei tratti personali per lasciare spazio a quelli impersonali della
massa; d) il pubblico delle comunicazioni di massa è un pubblico atomizzato; e) i mezzi di
comunicazione di massa sono onnipotenti e consentono a chi li controlla di manipolare gli
individui.
Payne Fund Studies (1929-32), behaviorismo, stimolo risposta, teoria ipodermica.

Teoria ipodermica (Two-step flow communication theory, o bullet theory) (1920-1940)

La concezione della teoria ipodermica può essere sintetizzata nella frase di Wright ‘ogni membro
del pubblico di massa è direttamente attaccato dal messaggio’.

- nacque nel periodo delle due guerre mondiali e con la diffusione della comunicazione di massa
- fu caratterizzata dalla novità del fenomeno di massa e dalla connessione di quest’ultimo con la
guerra
- risponde alla domanda: quale effetto hanno i media in una società di massa?
- può essere vista anche come una teoria della e sulla propaganda
- guarda all’individuo come un ‘atomo’ isolato il cui comportamento è determinato direttamente
dalle suggestioni provenienti dai mass media; l’individuo è una tabula rasa su cui i media sono
liberi di agire senza resistenze alcune

 Le ipotesi su cui si basa la teoria ipodermica sono:


 pubblico come massa indifferenziata formata da
individui isolati
i messaggi dei media sono persuasivi e si introducono nei soggetti come un ago ipodermico
gli individui sono passivi e indifesi di fronte al potere dei mezzi di comunicazione di massa
 i messaggi sono ricevuti da tutti i soggetti allo stesso modo
La teoria ipodermica rappresenta il primo tentativo di spiegare il rapporto tra media a individui,
ma si tratta di un modello estremamente semplificativo e meccanicistico.

Le teorie della trasmissione

- teorie che spiegano il processo comunicativo riferendosi alla sua dimensione ‘trasmissiva’

Per la prima metà del ‘900 la corrente dominante degli studi di comunicazione di massa è
rappresentata dagli studiosi della mass communication research tra cui è il nome di Harold
Lasswell.
Il processo di comunicazione svolge 3 fondamentali funzioni sociali:
- vigilanza sull’ambiente e la correlazione delle parti della società nel reagire all’ambiente
- trasmissione dell’eredità sociale
- intrattenimento

Lasswell elabora un modello lineare della comunicazione:


• fondato sull’idea che si possa parlare di comunicazione solo quando vi è la possibilità di fornire
risposte ai 5 univoci quesiti che definiscono il processo comunicativo:

CHI? DICE COSA? A CHI? ATTRAVERSO QUALE CANALE? CON QUALE EFFETTO?

• l’emittente gioca un ruolo di primo piano rispetto a un destinatario passivo


• il processo comunicativo – un’attività unidirezionale
• assenza di feedback
• l’effetto la risposta

Risultato interessante che esce dalle indagini compiute sul voto degli elettori:
- presenza degli opinion leaders (persone ben informate) in grado di influenzare il resto
dell’elettorato
- l’esistenza della two-step flow of communication in cui gli opinion leaders mediano il rapporto fra
mass media e la gente
Si delinea meglio il processo e i diversi momenti o attori, ma continua la passività.

Della metà degli anni ’40 fino alla fine degli anni ’70 si dipanarono due linee scientifiche parallele
nello stesso ambito di ricerca:

- la ricerca guidata da Paul Lazarsfeld che apre la strada per l’elaborazione della two-step flow of
communication theory
- elaborata nel 1955 da Lazarsfeld e Katz
- secondo tale teoria non esiste un flusso costante di informazioni che si muove dai media ai
destinatari finali, bensì il flusso passa dai media ai cosidetti opinion leader (persone ben informate)
all’interno di un gruppo sociale di riferimento
- sembra funzionare particolarmente nell’ambito della comunicazione commerciale

- la ‘ricerca motivazionale’ che poi è definita come ‘ricerca amministrativa’, cioè legata alla
necessità di amministrazioni pubbliche, partiti politici, imprese private
fanno riferimento a variabili che definiscono “intervenienti”, perché possono facilitare o ostacolare
il flusso delle comunicazioni di massa.
 Per Klapper (1960) i fattori di mediazione possono essere individuati rispetto:
 al pubblico: variabili intervenienti che favoriscono od ostacolano l’esposizione ai messaggi
 al messaggio: le variabili intervenienti riguardano il contenuto e le modalità di presentazione del
messaggio stesso

La teoria dell’influenza selettiva


- In questa teoria l’audience non risponde al messaggio sulla base di istinti, ma sulla base di
comportamenti e questi comportamenti dipendono da: differenze individuali, differenziazione
sociale e relazioni sociali.

- teorie fondate sul paradigma cognitivo generale della psicologia


- si basano su alcuni punti chiave: apprendimento individuale e sociale, subculture all’interno di
società complesse e importanza delle relazioni familiari/amicali
- si reggono su alcuni principi fondamentali:

• attenzione selettiva – il messaggio deve innanzitutto attirare l’attenzione; c’è più interesse verso i
messaggi che esprimono opinione e idee condivise dai destinatari
• percezione selettiva – si riscontra una selezione delle informazioni da parte delle audiences che
può arrivare finanche alla volontaria non comprensione del messaggio
• memorizzazione selettiva – le opinioni trasmesse, coerenti con quelle dei destinatari, sono
memorizzate meglio
• azione selettiva – non tutti agiscono allo stesso modo anche se sono esposti ai medesimi contenuti

• Fra gli anni ’40 e la fine degli anni ’50 si sviluppò un apparato di studi che oggi definiamo ‘teoria
dell’influenza selettiva’, dove il processo comunicativo è considerato ‘trasmissivo’

Con questa definizione si intendono diversi approcci teorici:

- la teoria delle differenze individuali: si basa sui meccanismi del comportamento umano
Questa teoria sostiene che gli individui pur condividendo dei valori con un gruppo sociale, siano
capaci di elaborarli indipendentemente. Particolare importante di questa teoria: l’atteggiamento
prevale sull’istinto;

- la teoria della differenziazione sociale: è solitamente connessa allo sviluppo della ricerca empirica
in sociologia e aveva notato che la selezione dei contenuti da parte dei fruitori avveniva in modo
differente a seconda delle appartenenza sociali;

- la teoria delle relazioni sociali: all’interno della quale si pone il two-step flow of communication.
Secondo quest’approccio teorico il ruolo delle relazioni di gruppo viene considerato preminente e
analizzato come elemento fondante per la comprensione e l’uso dei messaggi mediali da parte degli
individui;

La persuasione di massa. Robert Merton

- uno dei nomi più significativi nella sociologia funzionalista statunitense


- lavorò sulla radio e sul suo potere d’influenza (anni ’40)
- opera più importante di questo periodo ‘Mass Persuasion’, un vero e proprio esempio di
metodologia della ricerca sui media

La tirannia della radio si trasforma in un meccanismo di persuasione, ma non ha le caratteristiche


della propaganda ed è più simile alla conversazione, ha una dinamica interattiva: si tratta di una
forma di comunicazione bidirezionale

- ha il merito di aver distinto tra comunicazione unidirezionale e bidirezionale; la novità: pubblico


attivo
- l’analisi dei meccanismi persuasori lo conduce al rapporto fra la sfera pubblica e la sfera privata e
all’evidenziazione del disordine sociale che avrebbe permeato la società americana del tempo

Charles Murray
- propose una lista di bisogni fondamentali: l’acquisto, l’esibizione, l’appartenenza, l’autonomia
Teoria matematica dell’informazione

Nel 1949 gli ingegneri Claude Shannon e Warren Weaver mettono a punto la prima teoria
dell’informazione di origine matematica.

- scopo: quello di individuare gli elementi necessari per realizzare una massima efficienza dei canali
di comunicazione e limitare la perdita di informazioni (riduzione delle fonti di rumore, es telefono)
- il processo comunicativo: unidirezionale dall’alto al basso
- non vi è alcun feedback da parte del ricevente
- la meccanicità del processo: privo di variabili sociali e psicologiche
- ha un codice isomorfo
- Emittente o fonte (stimolo), destinatario o ricevente (risposta)
- Assente ogni processo di attribuzione di significato
- Numerosi fattori non sono presi in considerazione

Il modello di Wilbur Schramm

- primo modello: ripropose il modello di Shannon e Weaver introducendo variabili sociali


- secondo modello: individuò nel segnale il punto di contatto dei ‘campi di esperienza’ da emittente
a destinatario
- terzo modello: introduce il concetto di ‘interprete’, quindi un’attività non più solamente meccanica

Il modello di Theodore Newcomb

- formulato nel 1953 ed è denominato ABX


- forma triangolare (graficamente parlando)
- introduce due elementi:
• bidirezionalità del flusso di comunicazione (elimina il disallineamento fra emittente/destinatario
• la X (indica il contesto in cui ha luogo lo scambio comunicativo)

La comunicazione come interazione

• Erving Goffman: la disattenzione civile

- prendere atto della presenza dell’altro evitando qualunque gesto invadente


- l’approccio microsociologico: relazioni fra individui e piccoli gruppi, prossemica e relazioni
faccia a faccia
- sociologia del sé: le strategie di interazione non verbale usate nel processo comunicativo

• Harold Garfinkel

- l’etnometodologia come strategia di ricerca: le pratiche di uso comune usate in determinati


contesti per dare senso alla realtà circostante
- le convenzioni culturali inespresse (‘Sai l’ora?’, ‘Cosa hai fatto domenica’?)
- le strategie di ricerca dell’analisi della conversazione

• La centralità dell’individuo

Spirale del silenzio si tratta di effetti non intenzionali a lungo termine:

- la società isola gli individui devianti


- gli individui temono l’isolamento
- si mantengono nel maintstream

Teoria della coltivazione si tratta di effetti a lungo termine prodotti dalla TV. Si basa sull’idea che
la TV produca l’adozione sociale di modelli stereotipi.

- tra la realtà e l’immagine TV esiste una discrasia


- i media quindi possono influenzare le persone circa la realtà fenomenica e la TV può diventare un
vero e proprio agente di omogeneizzazione culturale
- l’esposizione alla TV induce un meccanismo di mainstreaming

Le prime teorie

Hypodermic effects/teoria matematica


- considerano i media come produttori di effetti diretti sugli individui

Copycat effects
- ritengono che i media siano capaci di attivare dinamiche di imitazione

Innoculation theory
- le audience mediali si desensibilizzano ai contenuti mediali a causa dell’esposizione ripetuta agli
stessi contenuti

Uses and gratification theory


- le audience scelgono da cosa farsi influenzare

Agenda setting

Elaborata da Maxwell McCombs e Donald Shaw negli anni ’70, secondo questa teoria gli individui
tenderebbero a includere o escludere dalle proprie conoscenze ciò che i media includono o
escludono dal loro contenuto.

Effetti di framing

Il modo in cui le notizie sono incorniciate dai giornalisti e il modo in cui le incornicia il pubblico
possono essere simili o differenti.

Frame analysis (priming)

Un fenomeno che deriva dalle scelte giornalistiche di privilegiare o marginalizzare determinati


argomenti, riguarda il peso della copertura informativa sulle varie issues.

Agenda building

Si parla di agenda building negli effetti prodotti dai framing ed è quel fenomeno attraverso il quale
la società seleziona alcuni temi e li consegna alle istituzioni.

La Scuola di Palo Alto

- principali esponenti Paul Watzlawick e Gregory Bateson


- criticano la teoria matematica dell’informazione (rifiutando il suo scarso spessore socioculturale) e
lo stesso modello di Shannon e Weaver
- concetti chiave della scuola:
• la comunicazione si basa su processi relazionali
• qualunque attività umana possiede valore comunicativo
• i disturbi psichici sono spiegabili in termini di difficoltà di comunicazione fra individuo e gruppo
sociale

Il modello di Marshall McLuhan

- il più discusso studioso di comunicazione della seconda metà del ‘900


- fu il primo ad usare l’espressione ‘vilaggio globale’ per indicare la realtà moderna sempre più
collegata grazie all’evoluzione delle tecniche di trasmissione dei messaggi
- il medium è il messaggio
- principali concetti della sua opera:
• media caldi (alta definizione) – non richiedono al fruitore uno sforzo
• media freddi (bassa definizione) – richiedono grande partecipazione da parte del fruitore
- individuò 4 leggi chiamate ‘tetradi’:
• l’estensione – ogni tecnologia estende alcuni elementi particolari in una cultura
• la chiusura corrispondente – al tempo stesso rendono obsoleti altri elementi
• il recupero – ogni medium recupera le caratteristiche di un medium precedente
• il rovesciamento del medium surriscaldato – ogni tecnologia spinta oltre le sue potenzialità
subisce un capovolgimento delle sue caratteristiche

Pausa.

2)
La Guerra dei Mondi.
1930, CBS, radiodramma.
In quel periodo di profonde incertezze (passati pochi anni dalla grande depressione, ascesa del
nazismo in Germania), la radio assolve alla funzione di certificazione della realtà successivamente
assunta dalla TV.
Su 6 milioni di ascoltatori, circa 1 milione crede all’invasione degli Stati Uniti da parte dei
marziani.
La scaletta del programma radiofonico scorreva tra la voce narrante di Welles, le previsioni meteo e
gli inserti musicali. Improvvisamente un annunciatore interrompe il programma per dare notizia
dell’invasione dei marziani.
Seguono bollettini di aggiornamento a intervalli più o meno regolari.
 Il riferimento alle istituzioni scientifiche e accademiche, nonché la progressiva comunicazione dei
dettagli dell’invasione e di testimonianze (immaginarie), contribuirono a dare una parvenza di
ufficialità alla notizia.
Il panico coglie numerosi ascoltatori, i quali si riversano in strada, provocano disagi e chiedono
aiuto alle autorità.

Pausa.

3)
Discussione.
Fattori che incidono sulla reazione: tono realistico, autorevolezza e affidabilità del mezzo
radiofonico, ricorso ad esperti, citazione di località reali, momento della sintonizzazione. Abilità
critica (istruzione, fede religiosa, personalità e insicurezza emotiva).
Pausa.

4) Industria culturale.
La Scuola di Francoforte

- va inserita fra gli approcci ‘culturalisti’


- sosteneva che le ‘industrie culturali’ sono responsabili di una ‘seduzione di massa’
- considera l’audience come un ‘corpo sociale’ senza potere, facilmente soggiogabile
- dedica attenzione al concetto di ‘manipolazione’ dove si trova connesso con il concetto di
‘eterodirezione’
- considera la ‘sindrome manipolativa’ come un modo di concepire la realtà

Pausa.

5) West Side Story, America + Iago Trailer.


Seminario di discussione di fine giornata.

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