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I. U. L. M.
ISTITUTO UNIVERSITARIO DI LINGUE MODERNE
FACOLTÀ DI LINGUE E ~ETTERATURE STRANIERE
MILANO - FELTRE
LINGUA E LETTERATURA
Direzione
CARLO Bo
Comitato di Redazione
GIOVANNI VITTORIO AMORETTI, ONOFRIO CARRUBA, SILVIO CECCATO,
La responsabilità dei giudizi e delle opinioni espressi negli articoli è dei singoli collaboratori
e non impegnano la Direzione e il Comitato di Redazione.
La Direzione e il Comitato di Redazione non sono responsabili del materiale che viene loro
inviato.
I dattiloscritti non pubblicati non si restituiscono.
MARIA VITTORIA CALVI
rario; infatti, l'età d'oro della letteratura spagnola era appena agli inizi. In
ogni caso, disponiamo ormai di numerosi lavori che tracciano un ampio pano-
rama della penetrazione della cultura iberica in I talia, e rendono giustizia di
valutazioni del tutto negative espresse in passato (14).
Da questi studi emerge che il giudizio corrente nei confronti degli spa-
gnoli non fu sempre uguale nel tempo: ne sono prova certe acquisizioni di
spagnolismi che nel mondo cortigiano cinquecentesco implicano un giudizio
positivo, e che in seguito vengono utilizzati in contesti satirici antispagnoli,
assumendo connotazioni decisamente peggiorative (15).
E' il caso del termine «sussiego », che il Castiglione nel Cortegiano (Il,
XXXVII) propone come virtù, la «gravità riposata» tipica degli spagnoli,
e che solo più tardi indicherà uri atteggiamento negativo. 10 stesso Casti-
glione considerava gli spagnoli «maes tri della cortegiania» (Il, XXI): non
a caso nella prima metà del '500, epoca in cui viene delineato il modello
ideale del perfetto cortigiano, prendono piede spagnolismi che denotano
aspetti del comportamento pubblico. Gian Luigi Beccaria sottolinea come
esempio particolarmente significativo il termine «disinvoltura », molto vicino
alla «sprezzatura » vagheggiata dal Castiglione, ma con una maggior concen-
trazione di significato: un misto di gravità e piacevolezza, di aristocratico
decoro, di misura e natura (16). L'adozione del vocabolo è giustificata da un
terreno culturale propizio e da una comunanza di ideali: gli ideali di sponta-
neità ed eleganza depurata da ogni affettazione cari al Castiglione, e rappre-
sentati, sul versante spagnolo, da Juan de Valdés.
Si tratta dei noti princìpi di semplicità e naturalezza che sono alla base
della concezione stilistica espressa nel Dialogo de la lengua:
el estilo que tengo me es natural, y sin afectaci6n ninguna escrivo como hablo;
solamente tengo cuidado de usar de vocablos que signifiquen bien lo que quiero
dezir, y digolo quanto mas lIanamente me es posible (p. 154)
bilità di uomo di mondo; l'esperienza italiana era stata per lui sicuramente
stimolante, e se una certa affinità culturale dava al suo comportamento il
valore di modello ideale, l'autorevolezza di cui era investito gli consentiva
di proporsi agli interlocutori come mediatore qualificato di valori intrinseci
della cultura spagnola (19). Anche se gli insegnamenti religiosi avevano una
importanza prioritaria, l'immagine offerta da Valdés agli amici italiani riuniva
diversi aspetti, legati a una comunione ideologica che andava oltre il terreno
puramente spirituale.
Queste considerazioni si rivelano sostanziali per una completa compren-
sione del Dialogo de la lengua; del resto, la critica ha più volte rilevato i
numerosi riferimenti all'esperienza italiana contenuti nel testo, e preso in
esame i passi illustrativi della personalità di Valdés. Tuttavia, come più avanti
cercheremo di dimostrare, non si tratta solo di elementi di sfondo; la stessa
struttura dialogica dell'opera conferisce un significato particolare alle nota-
zioni relative all'ambiente e ai rapporti interpersonali fra gli interlocutori
coinvolti nel dibattito.
cui emerge l'immagine di un gruppo sociale nella realtà delle proprie relazioni
quotidiane (29).
Apre il testo una battuta di Marcio che suscita curiosità e aspettativa
riguardo al tema della conversazione (« tornemos a hablar en lo que comencé
a deziros esta mafiana » p. 39) e contiene un riferimento al clima di tranquil-
lità e silenzio, ideale per lo scambio di idee, in cui si alterneranno le voci dei
vari interlocutori: «Pues los moços son idos a comer y nos han dexado solos,
antes que venga alguno que nos estorve ... » (p. 39). Quello che conta non è
tanto I'ambientazione esterna quanto l'atmosfera raccolta che rende possibile
lo sviluppo del discorso. Qualche pagina più avanti, verrà ribadita la neces-
sità di non essere disturbati:
Pero mirad que mandéis que el casero sté a la puerta para que, si viniere algu-
no, sea quien fuere, diga que no estamos aqui, porque no nos estorven; y, porque
los que vinieren lo crean y se vayan con Dios, mandad que 108 moços se passen a
jugar hazia la parte de la mar, porque de otra manera no hariamos nada (p. 52).
Esso basta. Y pues avéis començado, proseguid por su orden vuestros vocablos
sin esperar que os preguntemos (p. 120)
Muy bien vais; proseguid adelante, que me dais la vida (p. 121)
Esso se hara después; agora prosigamos como Ivamos por los vocablos adelante
(p. 125)
Hora sus, atajemos esta materia y tornemos a la nuestra (p. 147)
No queremos saber nada desso. Proseguid en vuestros vocablos, que haze màs
al proposito (p. 149)
Proseguid en dezirnos lo que pertenece al estilo de vuestra lengua castellana
(p. 158)
Dexaos desso; tornad a vuestros libros y dezid ... (p. 166).
Anche in questo caso, abbondano le formule brevi del tipo «segun mi opi.
nién » (p. 57), « si mal no m'engafio » (p. 58), « segiin yo pienso » (p. 61),
«pienso yo que» (p. 63) ecc.
Naturalmente, il prestigio di Valdés è tale per cui i suoi interventi sono
spesso più lunghi di quelli degli altri; benché la sua parola non sia inequivo-
cabile, fra lui e i suoi interlocutori domina il rapporto gerarchico maestro-
discepoli: dal maestro ci si attende l'esposizione chiara e concisa della mate-
ria. Non mancano formule di approvazione esplicita: «Esso sta bien dicho»
(p. 76), «Sin falta deve ser assi» (p. 76), «En esso tenéis razén » (p. 78),
«Paréceme tan bien que no os lo oso alabar, porque no me tengàis por
lisongero» (p. 97) ecc.
Ma Valdés non vuole monopolizzare la conversazione: spesso interrompe
il discorso lasciando qualche punto in sospeso o non del tutto chiarito; questa
strategia consente a un altro parlante di'prendere il turno, ad esempio chie-
dendo ulteriori spiegazioni e precisazioni. Talvolta, egli stesso spinge gli amici
a esprimere il proprio parere (<< Estad atentos, porque sobrèllo me digais
vuestros pareceres », p. 52) e a non obbedirgli ciecamente:
Sono pure frequenti sequenze piuttosto estese in cui le voci dei personaggi
si alternano continuamente: gli interventi sono brevi, concisi e piuttosto
vivaci; lo schema ricorrente è quello domanda-risposta, ma non mancano
modelli diversi (affermazione-negazione, commenti, precisazioni ecc.). Se I'im-
postazione pedagogica esige spesso lunghi interventi esplicativi da parte di
Valdés, la brevità è per altro molto apprezzata da tutti, in special modo
quando si tratta di omettere dettagli non necessari:
81
Riorne de ver quan contra vuestra voluntad os hazemos hablar en estas nifie-
rfas, y huélgome de considerar la paciencia con que las tratàis (p. 75).
[Picastes! Pues mas de otras diez vezes os haré picar de la mesma manera
(p 81).
Porque os tengo por tan delicado, que de cada mosquito que os passa por
delante la cara, si no va a vuestra voluntad, os ofendéis (p. 182).
Sea desta manera: que vos nos sufràis a nosotros nuestras preguntas y que
nosotros os suframos a vos vuestra c6lera. (Sois contento? (p. 81).
Apenas puedo creer esso que me dezis, porque a hombres muy sefialados en
letras he oido dezir todo el contrario (p. 46).
83
Dexad estar essas vuestras cerimonias espafiolas para los que se comen las
manos tras ellas, y dezidnos ... (p. 112).
Paréceme que, si honra se gana en estas pedanterfas, os avéis hecho rnàs honra
con esto solo que avéis dicho, que yo con todo lo que he parlado, y por mi os digo
que nunca avia mirado en essos primores (p. 111).
Altrove, invece, è lo stesso Valdés a deviare dal filo del discorso; si giustifica
affermando che di tanto in tanto qualche parentesi non stona, e lo dice ricor-
rendo, come sempre, al linguaggio popolare e figurato:
Ya sabéis que estos paréntesis no son malos a ratos, como entre col y col,
lechuga (p. 149).
84
MARCIO. Sirva esto por manera de paréntesis, y pasemos a lo que haze al caso
(p. 109).
MARCIO. Dexéos agora, por vuestra vida, de hazer anatomia de la pobre Celes-
tina; basta que la hizieron los moços de Calisto. Dezidnos qué os parece del estilo
(p. 175).
Gli spunti polemici, non si limitano al campo linguistico, e sono più frequenti
di quanto l'insistente ripetizione di formule di cortesia induca a pensare;
tema scottante, sono ad esempo i rapporti italo-spagnoli, spesso al centro di
pungenti battibecchi:
MARCIO. No quiero disputar con vos esto, pues tan bien me avéis satisfecho
en lo que os he preguntado (p. 94).
Infine, la continuità col passato comune espressa dalla menzione del carteggio
fra Valdés e i discepoli, viene proiettata sul futuro, nella promessa di ritro-
varsi ancora una volta per affrontare gli stessi argomenti:
Conclusioni
Da quanto detto, emerge che la vivacità del Dialogo de la lengua non
dipende solo da fattori stilistici (frequente uso di proverbi, giochi di parole,
doppi sensi, indovinelli ecc.), ma anche dal modo in cui vengono costruiti i
rapporti interpersonali: le regole della cortesia impongono a Valdés di accon-
tentare gli amici senza far pesare la propria autorità, lasciando spazio per i
loro interventi; da parte loro, Marcio, Coriolano e Pacheco accettano le con-
dizioni imposte dal maestro e si limitano a lievi infrazioni, come nel caso
di Nebrija.
Anche le battute più triviali hanno una precisa funzione all'interno della
struttura testuale: danno organicità al discorso proponendo un esempio coe-
rente di dialogo a più voci. L'esigenza di naturalezza spinge verso la divaga-
zione libera e la battuta imprevedibile, ma è controbilanciata da un desiderio
di brevità e chiarezza concettuale, che determina interventi di controllo da
parte degi interlocutori più qualificati (Valdés e Marcio), onde evitare inutili
prolissità e attenuare i frequenti guizzi polemici.
Mozioni d'ordine, inviti a procedere, interruzioni, divagazioni, bisticci,
precisazioni, correzioni, conferme ecc. creano nel complesso un senso di equi-
librio e misura, in cui risiede lo spirito della vera cortesia, che per Valdés
non è certo la rigida applicazione di norme comportamentali.
In conformità con un ideale di vita che si vuole libero da ogni eccesso,
l'attività del conversare risponde a un codice stabilito che è opportuno seguire
ma in taluni casi infrangere. Così, in questo gioco di botte e risposte, prende
forma, accanto al contenuto dottrinale, un modello di interazioni verbali inse-
rite in un contesto culturale, fissato dal raffinato ambiente della corte rina-
scimentale, in cui l'opera trova la sua specifica funzione e ragione di esistere.
Note
(1) Nonostante la critica sia unanime nel constatare la natura essenzialmente dialogica della
cultura del '400 e del '500, la bibliografia specifica sull'argomento è ancora piuttosto scarsa. Si
veda, comunque, oltre a due opere considerate ormai «classiche», R. Hirzel, Der Dialog. Ein
literarhistoriscbe Versuch, Leipzig, 1895, e G. Wyss-Morigi, Contributo allo studio del dialogo
all'epoca dell'Umanesimo e del Rinascimento, Artigianelli, Monza, 1950 (?), il recente contributo
di P. Floriani, I gentiluomini letterati. (Il dialogo culturale nel primo Cinquecento), Liguori,
Napoli, 1981.
(2) Come è noto, gli erasmisti spagnoli coltivarono di preferenza il dialogo satirico, allo
stesso modo dell'umanista olandese che a sua volta aveva assunto come modello la satira lucia-
nea; per una visione d'insieme sul dialogo nel '500 spagnolo, cfr. L. A. Murillo, Dialogo y
dialéctica en el siglo XVI espaiiol, «Revista de la universidad de Buenos Aires », IV, n. 1
(enero-marzo 1959), pp. 56-66.
(3) Il Dialogo de la lengua, scritto in Italia intorno al 1535, fu pubblicato per la prima
volta, anonimo, in Origenes de la lengua espahola, a cura di Gregorio Mayéns i Siscér, Madrid,
86
1737; l'edizione consultata è quella di J. M. LopeBlanch, Castalia, Madrid, 1982, a cui si rife-
riscono tutte le citazioni del testo.
(4) Sulla «questione della lingua» in Italia, rimando a P. Floriani, op. cit., pp. 68-91,
anche per la bibliografìa.
(5) I possibili influssi del Castiglione e del Bembo su Valdés sono analizzati da L. Terra-
cini in Lingua come problema nella letteratura spagnola del Rinascimento, Stampatori, Torino,
1979, pp. 17-23.
(6) Per l'influsso della Spagna in Italia all'epoca di Valdés, si veda più avanti, n. ll.
(7) Per la bibliografìa di Valdés cfr. E. Cione, [uan de Valdés. La sua vita e il suo pensiero
religioso, Bari, Laterza, 1938, che contiene un'ampia sezione bibliografìca; Fr. Domingo de
S. Teresa, [uan de Valdés. Su pensamiento religioso y las corrientes espirituales de su tiempo,
«Analecta gregoriana », XLVIII-423, Roma, 1957; D. Ricart, Juan de Valdés y el pensamiento
religioso europeo en los siglos XVI y XVII, EI Colegio de México, México, 1958; J. C. Nieto,
[uan de Valdés y los origenes de la Re/orma en Espaha y en Italia, PCE, Madrid, 1979, con
una bibliografìa aggiornata.
(8) Mi riferisco in particolare. al felice ritrovamento delle lettere al Cardinale Gonzaga,
pubblicate da Montesinos nel 1931 (S. Aguirre, Madrid).
(9) Cfr. P. Floriani, op. cit., pp. 18-24.
(10) J. de Valdés, Cartas inéditas al Cardenal Gonzaga, op. cito
(11) La notizia è riportata da E. Cione, op. cit., p. 112, che ne mette in dubbio la veridicità
ma la interpreta come segno della diffusione del magistero valdesiano.
(12) Sulla diffusione delle idee valdesiane in Italia, si veda]. N. Bakhuizen van der Brink,
[uan de Valdés, réjormateur en Espagne et en Italie, 1529-1541. Deux études, Librairie Droz,
Ginevra, 1969 e il recente contributo di P. L6pez, Il movimento oaldesiano a Napoli. Mario
Galeota e le sue vicende col Sant'Uffizio, Fiorentino Editrice, Napoli, 1976.
(13) Cfr. Dialogo de la lengua, op. cit., p. 44.
(14) Sono ormai classici i lavori di B. Croce, La Spagna nella vita italiana durante la Rina-
scenza, Laterza, Bari, 19494 e di A. Farinelli, Italia e Spagna. Saggi sui rapporti storici, filosofici
ed artistici tra le due civiltà, Bocca, Torino, 1929, 2 volI.; più recenti, i saggi di G. L. Beccaria,
Spagnolo e spagnoli in Italia. Riflessi ispanici sulla lingua italiana del Cinque e del Seicento,
Giappichelli, Torino, 1968, di F. Meregalli, Presenza della letteratura spagnola in Italia, Sansoni,
Firenze, 1974, e di J. Arce, Literaturas Italiana y Espahola [rente a [rente, Espasa-Calpe,
Madrid, 1982.
(15) Cfr. G. L. Beccaria, op. cito
(16) G. L. Beccaria, op. cit., pp. 221-223.
(17) Anche se le notizie sul periodo spagnolo della vita di Juan de Valdés sono abbastanza
incomplete, sappiamo con certezza che prestò servizio alla corte del marchese di Villena; poi
forse segui il fratello, entrato giovanissimo nella segreteria imperiale, presso la corte di Carlo V.
(19) Cfr. Dialogo de la lengua, op. cit., pp. 159-168.
(20) Cfr. n. 5.
(21) Su Alfonso de Valdés si veda ad es. M. Bataillon, Alonso de Valdés, auteur du
«Dialogo de Mercurio y Caron», in Homenaje a Menéndez Pidal, Hernando, Madrid, 1925, I,
pp. 403-415; il prologo di J. F. Montesinos all'ed. del Dialogo de las cosas ocurridas en Roma,
La Lectura, Madrid, 1928, e del Dialogo de Mercurio y Caron, La Lectura, Madrid, 1929;
M. Morreale, El «Dialogo de las cosas ocurridas en Roma» de Aljonso de Valdés. Apostillas
[ormales, «Boletin de la Real Academia Espafiola », XXXVII, 1957, pp. 359-417 e Sentencias y
rejranes en los «Diàlogos » de Alfonso de Valdés, « Revista de literatura », XII, 1957, pp. 3-14.
(22) «Porque fuera cosa prolixa y enojosa repetir muchas vezes: "dixo el Arçobispo ", y
"dixo el cura", y "dixe yo", determiné de ponerlo de manera que cada uno hable por SI, de
suerte que sea dialogo màs que tratado ». La citazione è tratta dall'ed. del Dialogo de doctrina
cbristiana a cura di D. Ricart, Messico, 1964.
(23) Per un esame delle funzioni ricoperte dai protagonisti del Doctrina Cbristiana si
veda C. Barbolani, Los diàlogos de [uan de Valdés: ireflexion o improoisacion, in Doce
consideraciones sobre el mundo bispano-italiano en tiempos de Aljonso y [uan de Valdés, Publi-
caciones del Instituto Espafiol de Lengua y Literatura de Roma, Roma, 1979, pp. 139-143. Per
quanto riguarda la terza opera dialogata di Valdés, l'Alfabeto cristiano, conservata in una tradu-
zione italiana del 1546, mi limito a ricordare che in essa l'attenzione si concentra sui due inter-
locutori, Valdés e Giulia Gonzaga e alla loro esperienza mistica; tuttavia, questo atteggiamento
di fuga dal mondo e ripiegamento su se stessi, lascia qualche perplessità e sembra nascondere
amarezze e delusioni. Cfr. C. Barbolani, op. cit., pp. 148-152.
(24) C. Barbolani, op. cit., pp. 139-143.
87
(25) Cfr. l'introduzione di J. M. Lope Blanch alla sua edizione del Dialogo de la lengua,
op. cit., pp. 12-13.
(26) Adotto la distinzione tradizionale fra dialogo mimetico o rappresentativo e dialogo
storico o narrativo ripresa da P. Floriani, a cui rimando per un'analisi delle implicazioni deri-
vanti dall'adozione delle diverse soluzioni tecniche (cfr. op. cit., pp. 41-49).
(27) Oltre al già citato lavoro della Barbolani, si veda a tale proposito L. Terracini, La
sostanza del «Dialogo de la lengua», in Lingua come prolbema nella letteratura spagnola del
Rinascimento, op. cit., pp. 24-42.
(28) Per un'analisi dei personaggi del Dialogo si veda L. Terracini, op. cit., pp. 7-11.
(29) E' un po' il caso del Dialogo della lingua volgare del Valeriano, commentato da
P. Floriani in op. cit., pp. 39-41 e 88-91.
(30) Si veda, in particolare, H. P. Grice, Logica e conversazione, in AA. VV., Gli atti
linguistici, a cura di M. Sbisà, Feltrinelli, Milano, 1978, pp. 199-219; R. LakofI, La logica della
cortesia; ovvero, bada a come parli, in AA. VV., Gli atti linguistici, op. cit., pp. 220-239. Tali
criteri sono stati applicati con profitto all'analisi del testo teatrale, come si può vedere in
AA. VV,. Tnterazione, dialogo, convenzioni. Il caso del testo drammatico, CLUEB, Bologna,
1983. In questa sede, non si intende discutere dal punto di vista teorico l'applicabilità di tale
analisi a un testo dialogico rinascimentale né attenersi rigidamente a un modello di ricerca,
quanto semplicemente avvalersi di strumenti di indagine in grado di evidenziare il dato conver-
sazionale ai fini di un più completo inquadramento dei locutori nell'ambito della cultura che
rappresentano.
(31) Per il concetto di «principio di cooperazione» cfr. H. P. Grice, op. cit., p. 204.
(32) Per il concetto di «mozione d'ordine» cfr. G. Mosconi, Il pensiero discorsivo, Il
Mulino, Bologna, 1978, p. 81.
(33) Cfr. J. B. Avalle-Arce, La estructura del «Dialogo de la lengua», Dintorno de una
época dorada, Pornia, Madrid, 1978, pp. 57-72