Sei sulla pagina 1di 6

“Questione di prospettiva” di Nicoletta Del Gaudio – Prologo e cap.

1
Prologo

La campagna umbra ha un fascino che non cambia col passare delle stagioni, sfoggia colori e
paesaggi che ricordano continuamente i quadri dei pittori del quattrocento. Angela si trovava lì, una
mattina di dicembre, in un piccolo paesino; uscita dall’albergo in cui alloggiava, fu investita da una
sferzata di vento gelido, il termometro segnava meno due e un sole pallido faticava a trasmettere
un po’ di calore. Aveva bevuto una tazzina di caffè bollente sia per svegliarsi che per affrontare il
freddo esterno, e con la sua tuta da jogging cominciò a correre per una strada sterrata che si
districava tra filari di ulivi. Corse a perdifiato, con rabbia, come se qualcuno o qualcosa la inseguisse,
e in effetti qualcosa c’era, non era una presenza fisica, era dentro di sé e pertanto difficile, anzi
impossibile da eludere. Arrivò dopo qualche chilometro ad una specie di piccolo santuario, semplice,
dove erano collocati dei massi uno sopra all’altro e sopra di essi si ergeva il dipinto di una madonna
con Gesù Bambino in braccio, aveva un’espressione appagata, serena, e Angela, quando la vide,
sentì forte esplodere attraverso la sua stessa voce rimasta compressa, implosa per anni: “Che ridi?
Cosa avrai mai da essere così serena e soddisfatta? Cos’è quel sorriso beffardo? Certo, te lo puoi
permettere, sei la madre di Cristo, no? mica di uno qualunque! proprio per questo dovresti saper
consolare, fare di meglio… Perché, perché non hai parlato con Lui al posto mio chiedendogli, anzi,
implorandolo di lasciare che la mia principessa vivesse?? Vent’ anni, aveva solo vent’ anni e tutta la
vita davanti, e tu hai lasciato che tutto accadesse, che quella maledetta macchina guidata da un
ubriaco folle andasse contromano prendendola in pieno senza lasciarle scampo. Come hai potuto,
proprio tu che sai perfettamente cosa voglia dire perdere un figlio? Stava tornando a casa e stava
guidando con la massima prudenza, lo so, la mia principessa non era tipo da cacciarsi nei guai, ha
sempre avuto delle antenne speciali che l’avvisavano del pericolo imminente e lei, prontamente, se
ne allontanava! Come puoi rimanere indifferente a questo dolore che mi toglie il respiro e mi mangia
l’anima? Non ce la faccio, non posso e non voglio continuare a vivere!”. Angela aveva urlato con
tutto il fiato che aveva in gola e il vento si era mangiato ogni sua parola, ogni grido, ogni pianto. Era
spossata, ogni singolo muscolo del suo corpo non le obbedì più e crollò a terra.

Capitolo primo

Aveva solo diciotto anni. Aveva avuto la certezza, ormai da una settimana, che era incinta e non si
era ancora ripresa dalla scoperta. Doveva ancora metabolizzare, pur avendo la consapevolezza che
difficilmente ci sarebbe riuscita. Doveva farlo, assolutamente, altrimenti non avrebbe saputo
affrontare i suoi genitori; doveva informarli al più presto ed essere pronta alla loro reazione epocale.
Sapeva che non sarebbe stata una passeggiata e voleva togliersi il pensiero quanto prima. Così,
tornata da scuola, entrò in camera sua, poggiò lo zaino e fece dei profondi respiri, poi, dopo aver
pranzato, in realtà fece finta di mangiare, disse ai suoi genitori che doveva parlargli, così andarono
in salotto, luogo da sempre deputato per i discorsi solenni, dove si accomodarono. Angela diede
loro la notizia parlando senza interruzioni, seguirono interminabili minuti di silenzio, poi il padre,
Alberto, prese la parola. Era imponente nella sua altezza che sfiorava il metro e novantacinque,
seduto sul divano di pelle bianca misurava come una persona di media statura in piedi; la sua voce
ferma, risoluta, non tradì la benché minima emozione. Uomo tutto d’un pezzo, ginecologo
affermato in una delle cliniche più prestigiose della città, professore d’università; le sue consulenze
erano continuamente richieste anche all’estero, era quindi esperto nel gestire le emozioni di fronte
a platee importanti. Le parlò con distacco, come se trattasse il caso di una paziente qualsiasi, e senza
tanti giri di parole le prospettò di abortire al più presto. Non c’era altro da discutere, non vedeva
altra soluzione che si potesse considerare altrettanto ragionevole. Per tutto il tempo sua madre
Clara era rimasta in silenzio, limitandosi ad annuire sottolineando così la sua adesione a ciò che il
marito stava dicendo. Alle parole del padre, Angela replicò con altrettanta fermezza, quella
soluzione era assolutamente da escludere, mai e per nessuna ragione avrebbe ucciso il suo
bambino! Era pronta a difenderlo con le unghie e coi denti. Quando Angela terminò, Alberto guardò
sua moglie Clara perché intervenisse, la modalità era sempre la stessa ed adesso che lui aveva finito
le era concesso di esprimere la sua opinione al riguardo così che risolvesse in modo concreto la
situazione; Clara, da sempre, era la regina indiscussa nel risolvere pragmaticamente i problemi che
potevano alterare l’equilibrio della famiglia. Così, scandendo le parole che riteneva più appropriate,
e fissando sua figlia con i suoi occhi grigi di ghiaccio disse: “Molto bene, se è così che hai deciso
allora affronterai le conseguenze della tua scelta. Prima che tu abbia finito gli esami di maturità noi
partiremo per una crociera in giro per il mondo che durerà tre mesi, come avevamo stabilito. Ti
lasceremo i soldi necessari per vivere e per l’ospedale. Al nostro ritorno devi essere sparita tu ed il
frutto della tua stupidità e qualsiasi oggetto personale ti appartenga. La tua stanza non ci sarà più,
verrà ristrutturata e diventerà una nuova stanza per gli ospiti. Quando ti trasferirai avrai un assegno
mensile che ti invieremo ad una casella postale che tu, in seguito, ci dirai. Nessun indirizzo, nessun
contatto, dimentica la nostra famiglia, d’ora in poi tu non le appartieni più”. Angela, pur
conoscendoli bene, rimase ammutolita. Non si aspettava certo che avrebbero fatto a gara per
abbracciarla piangendo per la commozione e la felicità di diventare nonni, però la loro indifferenza,
o meglio, la glacialità con cui avevano accolto la sorprendente notizia fu lo stesso una doccia fredda
che le ghiacciò il cuore. All’improvviso fu percorsa da un tremito violento, ma i suoi occhi rimasero
asciutti, impenetrabili, si alzò e l’unica cosa che riuscì a dire fu “d’accordo”. Sentì ancora più
profondo il divario che la separava dalla sua famiglia perché già sapeva che non avrebbe potuto
contare nemmeno su sua sorella Martina. Non erano mai state complici, Martina aveva quattordici
anni più di lei inoltre non aveva mai manifestato alcuna forma di protezione verso la sua sorellina,
nemmeno quando entrambe erano piccole. Chiusa nel suo mondo egocentrico, Angela ricordava
solo di come sua sorella si era sempre adoperata a soddisfare le ambizioni dei suoi genitori,
soprattutto quelle di sua madre. Era in totale simbiosi con lei così che il divario tra sorelle diventava
ogni giorno sempre più profondo. Martina aveva frequentato la scuola con successo e in seguito, si
era iscritta alla facoltà di legge presso una prestigiosa università privata dove dava un esame dopo
l’altro con ottimi risultati gonfiando ogni giorno di più l’orgoglio dei suoi genitori che raggiunsero
piena soddisfazione e compiacimento nel loro operato quando Martina si fidanzò con Massimo, suo
ex compagno di liceo, un ragazzo appartenente a una famiglia altolocata che aveva terminato con
successo l’università e che già lavorava come broker presso una finanziaria avendo al suo attivo
numerosi clienti con grossi capitali che, a quanto pare, lui sapeva gestire egregiamente. Martina,
dopo la laurea conseguita con il massimo risultato, grazie alle conoscenze del padre, aveva trovato
un lavoro ben retribuito presso un prestigioso studio legale che le avrebbe offerto delle grandi
possibilità di carriera. La sua vita era in pieno decollo con ottime prospettive sia nel campo lavorativo
che affettivo. Dopo un fidanzamento di vari anni, finalmente lei e Massimo decisero di sposarsi. Il
matrimonio fu estremamente sfarzoso, la principessa Martina fu accontentata in ogni sua richiesta,
dalla villa antica come location alle sei damigelle. I due mesi che precedettero l’evento dell’anno
furono delirio allo stato puro: un andirivieni continuo di parrucchiere, estetista, truccatrice che
dovevano cimentarsi in prove da farsi a casa perché principessa tornava tardi e stanca dal lavoro, la
wedding planner che, avendo trovato il paese di Bengodi in questa famiglia più che agiata,
proponeva ogni volta elementi sofisticati da introdurre per gli addobbi oppure una band più
prestigiosa con tanto di cantante semi affermato che avrebbe ulteriormente dato un tocco di classe
al ricevimento. In tutto questo affanno Angela non veniva mai consultata, una ragazzina di appena
sedici anni cosa ne può capire di cosa implica organizzare un matrimonio? E poi, non si sta parlando
di un matrimonio qualsiasi, ma quello di una giovane donna di buona famiglia che detiene un posto
preciso nella società! Così Angela si sottraeva a tutto quel delirio chiudendosi nella sua camera,
facendosi completamente dimenticare da tutto e da tutti e tenendo per sé la sua vita, quello che le
capitava e le emozioni che provava, fino all’ora di cena dove magicamente si materializzava davanti
alla sua famiglia e rispondeva alle uniche domande che le venivano poste, sempre le stesse, che
riguardavano la scuola, come se il suo mondo fosse circoscritto a quell’unico argomento. Poi la cena
proseguiva tra varie disquisizioni in cui le uniche interlocutrici erano Clara e Martina che, senza fare
una pausa, discutevano su varie cose: la lista degli invitati, l’abito da sposa di Martina e delle
damigelle, il menù…mentre Alberto continuava a mangiare in silenzio, consapevole che l’unico
contributo richiestogli era quello di tirare fuori il libretto degli assegni al momento opportuno. Il suo
viso non traspariva la benché minima emozione, sapeva di dover, sempre silenziosamente,
pazientare quei due mesi di preparativi per poi, una volta avvenuto l’evento, ritrovare la pace
meritata a cui non avrebbe mai rinunciato. Così arrivò la data fatidica, tutto filò come stabilito,
nessun imprevisto offuscò quel giorno, anche le colombe bianche uscite dalla gabbia in cui sembrava
si fossero addormentate, si librarono nell’aria con eleganza, sotto gli occhi complici ed incantati dei
quattrocento invitati. Tutto il matrimonio si svolse secondo un copione ben definito e Angela fu
l’unica a rendersi conto che l’amore, la condivisione, la prospettiva di una vita insieme dei novelli
sposi sembrava fossero gli unici invitati ad essere esclusi dalla festa. Ovviamente non mancò il
viaggio di nozze spettacolare in luoghi esotici. Il ritorno a casa della coppia venne salutato nella casa
di Alberto e Clara con un pranzo pantagruelico e, allo stesso tempo, da gourmet a cui non potevano
certo mancare i genitori di Massimo. La novella coppia raccontò il fantastico viaggio in ogni
dettaglio, obbligando tutti i presenti, dopo la cena, ad una visione forzata di numerose fotografie
scattate in quei posti meravigliosi. Anche allora Angela sembrò essere l’unica del gruppo ad avvertire
qualcosa di stonato. Dapprincipio lei stessa non sapeva quale fosse la causa di quella dissonanza: i
visi dei giovani sposi erano allegri, i loro racconti entusiastici, ma i loro occhi non trasparivano alcuna
tenerezza, nessuna dolcezza, segnali di affetto, complicità tra loro; sembravano due giovani ospiti
di una trasmissione abbastanza famosa dove i concorrenti raccontano con foto e video un loro
viaggio speciale e il pubblico premia quello da lui ritenuto il migliore. Martina e Massimo
cominciarono la loro vita insieme in un lussuoso attico dove niente era stato lasciato al caso; tutto
venne pianificato: lavoro, vacanze, e dopo due o tre anni un bambino, forse. Non avevano fretta, in
fondo erano giovani e volevano godersi ogni attimo. Clara e Alberto appoggiarono di buon grado
questo loro orientamento, non volevano che affrettassero i tempi, certo non smaniavano per essere
chiamati nonni, tenevano troppo alla loro indipendenza e libertà.

I giorni trascorrevano in un’apparente normalità. Angela andava a scuola regolarmente nonostante


che le preoccupazioni per il suo futuro e quello del suo bambino non le lasciassero trascorrere delle
notti serene, inoltre, da un po’ di giorni, le nausee mattutine che spesso le inducevano il vomito, la
spossavano così tanto da doversi fare violenza per vestirsi ed imboccare la porta di casa per recarsi
a scuola. I suoi genitori non avevano più fatto alcun cenno alla discussione avuta, si comportavano
con la consueta indifferenza che caratterizzava ogni loro azione; solo a pranzo e a cena, costretti a
ritrovarsi tutti insieme intorno alla tavola, Clara e Alberto parlavano del più e del meno ignorandola
volutamente, anche le consuete domande sulla scuola vennero bandite per sempre. Un impalpabile
nervosismo però veniva avvertito da Angela attraverso la meccanicità dei movimenti dei suoi
genitori nel tagliare la carne o nel servirsi dal piatto di portata, ma erano piccoli segnali che solo lei
era in grado di captare, un estraneo probabilmente non si sarebbe reso conto della terribile
atmosfera che aleggiava nell’aria. Dopo ogni pasto, Angela si ritirava in camera sua e per placare
l’angoscia che era sempre in agguato pronta a sopraffarla, indossava le sue inseparabili cuffiette,
accendeva l’i-pod e sentiva a tutto volume la musica sforzandosi di immaginare il viso che avrebbe
avuto il suo bambino o la sua bambina. Ancora non ne conosceva il sesso, era troppo presto, ma
anche se le difficoltà sarebbero state infinite, sentiva di aver preso la decisione giusta perché,
nonostante tutto, era abbastanza serena. Inoltre pensò che tutto sommato fosse anche un po’
fortunata: in fondo il sostentamento economico per lei e per suo figlio non le sarebbe mancato;
quante ragazze, nella sua stessa situazione, avrebbero potuto dire altrettanto? C’era però una cosa
che la faceva stare in ansia, il suo ragazzo, padre del bambino, era totalmente ignaro di tutto. Angela
non gli aveva detto che era incinta, qualcosa le diceva di non farlo, almeno per il momento, forse
più in là chissà…Stavano insieme da quasi due anni, aveva imparato a conoscerlo abbastanza bene,
condividevano non solo gli amici, ma anche svariati interessi: la musica, le passeggiate, i romanzi,
oltre ad avere una discreta intesa sessuale, ma avevano mai parlato di costruire insieme qualcosa?
Angela non se lo ricordava, per quanti sforzi facesse non le veniva in mente nemmeno una volta in
cui fosse successo. Poteva affermare senza ombra di dubbio che erano fatti per stare insieme tutta
una vita crescendo con amore il loro bambino? francamente non si sentì di affermarlo. Ma allora
come doveva comportarsi con lui? Continuare ad uscire come se niente fosse, parlare della scuola,
dell’esame di maturità che si stava avvicinando, andare al cinema, fare l’amore… come avrebbe
potuto incontrarlo facendo finta di niente? Già sapeva che per lei sarebbe stato difficile, anzi
impossibile non parlare del bambino. Inoltre la pancia avrebbe iniziato a crescere di lì a poco, quindi
il tempo a sua disposizione per prendere una decisione era veramente scarso. Era molto
preoccupata, ma sapeva bene che doveva rimanere lucida per ridurre al minimo la possibilità di
compiere la scelta sbagliata. Così, dopo una notte insonne, prese la sua decisione. Gli mandò un
messaggio su whatsapp in cui gli diceva che doveva assolutamente parlargli quel pomeriggio, si
sarebbero incontrati nel parco vicino casa sua. Luca le rispose subito con un altro messaggio, non
sembrava allarmato, infatti le scrisse: “Problemi con i tuoi?”. Angela già altre volte aveva parlato
con lui dell’incomunicabilità che troneggiava nella sua famiglia e di quanto ciò la facesse soffrire,
così, per evitare ulteriori domande, tagliò corto e gli scrisse: “Si”. La mattinata trascorse abbastanza
tranquillamente, ma, man mano che si avvicinava il momento di incontrare Luca, Angela sentiva il
cuore batterle forte e mettendo la mano sulla pancia chiese al suo bambino di darle la forza di
raccontare tutto al suo papà.

Arrivarono tutti e due puntuali. Luca era seduto sul sellino della moto e stava chattando col
telefonino. Non era preoccupato, e perché mai avrebbe dovuto esserlo, Angela doveva sfogarsi con
lui per qualcosa che era successo con i suoi genitori quindi avrebbe dovuto solo ascoltarla e, se
necessario, consolarla. Lei lo raggiunse con passi decisi, voleva dargli subito la notizia e sentire con
le sue orecchie cosa avrebbe detto, insomma, come avrebbe reagito. Appresa la notizia bomba, Luca
diventò bianco come un cencio, la fissò negli occhi e le disse ripetutamente: “Sei sicura? Sei proprio
sicura? Potresti esserti sbagliata!!”. “Ho fatto il test e poi le analisi del sangue in laboratorio!” – le
rispose un po’ seccata. Non lo sopportava quando la faceva sentire una stupida sprovveduta! Voleva
passare alla fase successiva, sapere senza ombra di dubbio cosa le avrebbe detto. “Beh – le disse –
non so proprio come sia potuto succedere visto che avevamo usato il preservativo, non capisco,
tutto sembrava a posto…”. Ecco, già da questa sua affermazione Angela ebbe la conferma di quanto
fossero diversi e capì che mai erano stati una coppia e che mai lo sarebbero stati in futuro. Luca si
stupiva che lei fosse rimasta incinta, ma non gli passava per la testa di sapere come stesse lei, quali
fossero i suoi sentimenti, cosa provasse per quella creatura che, anche se lui continuava solo a
sorprendersi, era anche la sua. Improvvisamente le disse: “Hai già pensato dove risolvere il
problema?”. Non era in discussione il ‘come’, era saltato al ‘dove’; Luca era passato alla fase
successiva perché comunque, secondo lui, il ‘problema’ sicuramente andava risolto eliminando
quell’incidente di percorso, come se il piccolo, essendo tale, non avesse alcuna voce in capitolo.
Angela s’irrigidì e sembrò decisamente più alta del suo metro e sessanta, ma con voce ferma gli
replicò: “Non ho alcuna intenzione di abortire! Non ci penso assolutamente!”. E lui, di rimando: “Sei
seria?? E come farai?” – farai e non faremo, ulteriore indizio che non erano una coppia – “Che farai
con i tuoi genitori? Come proseguirai la scuola? Quest’anno hai l’esame di maturità o forse te ne sei
scordata????”. “No che non mi sono scordata – gli rispose – so di avere gli esami, e per quanto
riguarda i miei genitori lo sanno, mi aiuteranno economicamente ma andremo via di casa
definitivamente perché non ne vogliono sapere più né di me né del bambino!”. All’improvviso Luca,
sempre più bianco in viso, le chiese: “Sanno che sono io il padre?”. Angela sempre più indispettita
gli rispose: “No, stai tranquillo! Forse se lo immaginano, ma non gliene importa niente! Ho diciotto
anni e quindi per la legge sono responsabile delle mie azioni, volevano anche loro che abortissi,
quindi chi sia il padre è l’ultimo dei loro pensieri, comunque io e il bambino non faremo parte della
loro vita, mai più”. Le parole le uscirono tutto d’un fiato, piangendo, ma prima che lei potesse
aggiungere qualcosa Luca le disse: “Se le cose stanno così non abbiamo più niente da dirci. Non ho
alcuna intenzione di appoggiare questa tua follia e ti avverto, non tirarmi in ballo né ora né mai!
Non ho alcuna voglia di rovinarmi la vita per uno stupido sbaglio! Non ti azzardare a dire ai nostri
amici che io sono il padre perché non voglio che arrivi la notizia ai miei genitori, preferisco passare
per uno stupido che la propria ragazza ha tradito con un altro. Stai attenta perché giuro che non hai
la più pallida idea di cosa sarei capace!”. Mentre pronunciava queste parole i suoi occhi grandi di un
verde intenso divennero due fessure, e la sua voce, solitamente dolce e pacata, assunse un tono da
serial killer. Angela era incredula e spaventata allo stesso tempo. Chi era quel ragazzo che le stava
davanti? “Un estraneo. – si disse – Certo non può essere il ragazzo che conosco, o meglio, che
pensavo di conoscere da ben due anni!”. Gli voltò le spalle e cominciò a correre per allontanarsi più
in fretta possibile da quell’incubo e poter piangere senza ritegno perché si sentiva ferita nel
profondo dell’anima. Già prima di parlare con lui sentiva che non sarebbe stato in grado di affrontare
la situazione e quindi non aveva nutrito grandi aspettative al riguardo, ma quello che le fece
veramente male fu non aver intravisto in lui nemmeno l’ombra dell’amico; assistere impotente a
tutto il veleno che le aveva riversato con le minacce fu terribile, si era illusa che durante quei due
anni trascorsi insieme anche se non erano stati una coppia vera e propria, fossero comunque amici.
Ma si era sbagliata, eccome se si era sbagliata! Ritornò a casa completamente distrutta, inoltre le
nausee che solitamente le davano una breve tregua durante il giorno stavano incalzando con
maggiore forza come ogni sera. Entrò in camera sua e si distese sul letto facendo dei profondi respiri
per attutire il senso di malessere che prepotentemente la stava invadendo. Purtroppo i tentativi che
fece furono inutili e dovette correre in fretta al bagno per rimettere; non aveva mangiato quasi
niente a pranzo, quello che vomitò fu essenzialmente la rabbia, avrebbe voluto saper rispondere a
Luca con maggiore convinzione, gridargli in faccia quanto fosse egoista, vigliacco e meschino, ma
non c’era riuscita, e questo aveva provocato in lei quella rabbia violenta che stava tentando
inutilmente di espellere dal suo corpo. Esausta si mise a sedere alla scrivania per studiare, il giorno
dopo avrebbe avuto la simulazione della terza prova dell’esame di maturità e doveva assolutamente
essere pronta, gli esami si avvicinavano ogni giorno di più e si domandò per quanto tempo ancora
avrebbe potuto mantenere il segreto. Già, perché il passo successivo da compiere sarebbe stato
quello di informare i professori e la classe. Così il giorno dopo decise di parlare con la Sgarbini, la
professoressa d’italiano e latino, sapeva che anche questo non sarebbe stato facile. Lei era la sola
professoressa tra i suoi insegnanti che, pur essendo severa, conosceva bene il confine tra autoritario
e autorevole. Sapeva come far appassionare i suoi ragazzi che studiavano le sue materie con un
certo impegno non per la paura del voto, ma perché provavano soddisfazione nell’apprenderle
gratificando così la loro guida per la fatica svolta, inoltre era una donna dotata di una certa
sensibilità, qualità sempre più rara nel mondo della scuola, che le permetteva di interagire con gli
allievi senza risultare invadente. Angela non aveva paura di essere giudicata da lei, ma sapeva che
non le avrebbe risparmiato una ramanzina sulla sua giovane età e le difficoltà che avrebbe dovuto
affrontare, difficoltà di cui Angela, peraltro, era cosciente ma essendo stata sempre una tra le
migliori allieve, era certa che in lei avrebbe trovato una alleata leale. Le avrebbe dato la notizia
omettendone però i dettagli. Aveva deciso di non rivelarle né di Luca né del trattamento che i suoi
genitori le avrebbero riservato dopo la nascita del bambino; era sicura che la Sgarbini non avrebbe
chiesto altro per non risultare invadente. Tutto si svolse esattamente secondo le aspettative. La
professoressa fu molto gentile e comprensiva, si premurò di informare lei stessa i colleghi e le offrì
la sua più totale disponibilità. Non mancò di incoraggiarla e tranquillizzarla su tutto e la ramanzina
che Angela temeva in effetti si limitò a poche parole. Ora restava da affrontare l’altro ostacolo:
informare i compagni. Così, nonostante avesse preso in considerazione svariati modi, decise di agire
d’istinto: entrò in classe, alla prima ora avrebbero avuto proprio la Sgarbini, chiese alla
professoressa la parola, si mise in piedi vicino alla cattedra, si girò di fronte ai suoi compagni e diede
la notizia. Ci fu qualche secondo di silenzio, poi la maggior parte delle ragazze si alzò e andò ad
abbracciarla tempestandola di domande a cui lei, in quel momento, non si sentì di rispondere, ma
promise loro che le avrebbe accontentate durante la ricreazione. I ragazzi invece la fissarono con
sguardi increduli, era incinta proprio lei, Angela, quella tra le prime della classe, quella che scherzava
con loro a ricreazione, quella che ora, improvvisamente, si era materializzata davanti a loro come
donna e mamma. Rimasero ammutoliti, tra loro solo uno, Andrea, timido, sempre seduto nei banchi
in fondo, era impallidito, i suoi occhi espressero oltre all’incredulità sgomento. Andrea era ripetente,
aveva vent’anni, l’unica persona della classe con cui aveva legato era Angela, mentre il resto dei
compagni quasi non si accorgeva di lui. Lei non aveva pregiudizi, non le importava che fosse stato
bocciato, lo trattava come tutti gli altri. Quando si discuteva di qualcosa non mancava di chiedere la
sua opinione e questo Andrea lo aveva notato e apprezzato. Dal primo liceo, da quando era stato
bocciato e reinserito nella classe di Angela era innamorato di lei ma era troppo timido, inoltre aveva
visto spesso, fuori di scuola, un ragazzo che la veniva a prendere, sempre lo stesso, pertanto, pur
continuando ad amarla in segreto, aveva rinunciato a rivelarle i suoi sentimenti. Da quel giorno si
chiuse in un ulteriore mutismo e ci volle molto, molto tempo prima che ricominciasse a fidarsi di
qualcuno.

Potrebbero piacerti anche