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9. IL MOMENTO CULMINANTE.

TRIREMI CHE COMBATTONO NELL’EGEO

(411-405)

Sparta costruisce una flotta

Nell’ultima fase del conflitto c’è una furia crescente da entrambe le parti. Se un isolano voleva fare
il rematore, gli conveniva cercare una paga più alta nella neonata e più grande flotta peloponnesiaca,
che avrebbe pattugliato l’Egeo orientale. Gli ultimi scontri sul mare si trasformarono in una contesa
per i rematori mercenari e in una prova di abilità nautica  la guerra si sarebbe ridotta a un confronto
finanziario impari tra la ricchezza illimitata della Persia e l’impoverita Atene, le cui due fonti
principali di finanziamento (il Laurio e l’impero) erano messe a rischio dai devastatori spartani con
le loro navi.

Nel 407, Lisandro e Ciro stipularono un patto di convenienza  i peloponnesiaci avrebbero ricevuto
un capitale pressoché illimitato per costruire navi e ingaggiare marinai. Gli spartani potevano allora
permettersi di sfidare gli ateniesi sul mare, sapendo che le loro perdite sarebbero state rimpiazzate
mentre logoravano la flotta ateniese.

Al momento di contribuire alla creazione di una flotta peloponnesiaca, gli alleati beoti, corinzi,
locresi, focesi, arcadi, megaresi e gli alleati dello stato dell’Argolide fornirono di 75 navi; Sparta ne
aveva 25 e i siracusani ne mandarono 22  c’era parità numerica tra le due flotte. In più, vennero
inviati ufficiali esperti provenienti da Siracusa e da Corinto.

In meno di un decennio Sparta, che non aveva sbocchi sul mare e detestava l’apparato statale che si
accompagnava alla potenza navale, riuscì a trasformare dei marinai inesperti e delle triremi nuove di
zecca in una formidabile ed esperta rivale della flotta ateniese.

Bagno di sangue

Tra il 411 e il 404 gli ateniesi si scontrarono con gli spartani e i loro alleati in almeno sette grandi
combattimenti.  Sia Atene che Sparta erano disposte a rischiare il tutto per tutto pur di liquidare il
nemico.

Guerra ionica  ultime battaglie combattute nell’Egeo, decise nelle acque antistanti l’Asia Minore
occidentale (Ionia) e nei pressi dell’Ellesponto. In quei luoghi 50000 uomini furono uccisi, dispersi
o catturati nelle battaglie di Cinossema, Cizico ed Egospotami. Inoltre, tra il 412 e il 404 altre migliaia
di ateniesi, persiani e peloponnesiaci morirono in imboscate, attacchi via mare e scontri occasionali
lungo la costa ionica.

Non molto tempo dopo la sconfitta degli ateniesi nel Grande porto di Siracusa, la flotta spartana
affrontò ciò che restava della flotta ateniese in una serie di battaglie non decisive nell’Egeo: a Spireo
(412), Sime (411), Chio (411) ed Eretria (411). Le perdite furono minime in entrambe le parti, il
ripetersi degli scontri non fece che logorare Atene. Soprattutto, furono uccisi 5000 marinai. Quando,
ad Eretria, gli ateniesi persero 22 navi e la maggior parte dei marinai furono uccisi, sulla città si
abbatté il panico.

La fase conclusiva della guerra si spostò presso la costa settentrionale dell’Ellesponto. In queste
battaglie di logoramento (tra cui quella di Cinossema nel 411 1, in cui gli ateniesi, comandati da
Trasibulo, riescono a respingere gli spartani) le maggiori risorse cominciavano a pendere dalla parte
dei peloponnesiaci. La loro nuova aggressività sul fronte navale avrebbe incoraggiato maggiori aiuti
da parte della Persia. Per conto loro, per vincere sul mare gli ateniesi avrebbero dovuto infliggere
schiaccianti perdite agli spartani senza perdere quasi nessuna delle triremi.

Poche settimane dopo, ad Abido, gli spartani combatterono un’altra battaglia e vi persero 30 navi e
migliaia di marinai. Alcibiade era arrivato a capo dei rinforzi (era ritornato ad Atene nel 411 come
ammiraglio capo).

Sparta non si lasciò spaventare dalla sconfitta di Abido. Gli spartani offrirono incentivi persiani ai
rematori che si mettevano a disposizione della marina peloponnesiaca, avendo capito che il salario
più elevato messo a disposizione dalla marina peloponnesiaca avrebbe causato abbondanti diserzioni
dalla flotta ateniese, che ormai si affidava a mercenari.

Nel marzo 410, a Cizico, i peloponnesiaci subirono un’altra sconfitta: andarono perse oltre 60 navi
(tra cui 20 triremi siracusane) e oltre 10000 uomini, tra cui il generale Mindaro, furono uccisi, dispersi
o catturati.

Improvvisamente, l’intero corso della guerra cominciò a mutare: le forniture alimentari di Atene
erano al sicuro; la ribellione degli alleati era meno probabile; il prestigio della flotta navale ateniese
era fuori discussione; generali come Trasibulo, Teramene e Alcibiade si erano dimostrati migliori di
tutti gli ammiragli spartani.

Sparta mandò degli ambasciatori ad Atene per chiedere la pace, ma l’assemblea ateniese,
probabilmente eccitata da demagoghi agitatori come Cleofonte, era ormai eccitata: gli ateniesi

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Secondo Tucidide, arrivò «proprio nel momento giusto»; nonostante fosse una vittoria di poco conto, infuse coraggio
agli ateniesi.
pensavano di mettere le mani sull’intero Egeo. Ma non sapendo come dare seguito ai loro spettacolari
successi, gli ateniesi si misero insensatamente sulla difensiva dal 410 al 407. Ciò permise agli spartani
di riorganizzare le proprie forze; essi, inoltre, trovarono un autentico genio militare in Lisandro.

I politici ateniesi avevano ignorato i consigli degli ammiragli (Trasibulo, Teramene, Alcibiade), non
comprendendo che la guerra era ormai cambiata, poiché gli spartani potevano contare sugli aiuti dei
persiani. Atene non poteva permettersi neanche un errore; non poteva limitarsi a tenere lontana la
flotta spartana.

Lisandro  condottiero più spietato, brillante e poliedrico che la Grecia avesse mai prodotto dopo
Temistocle. Come Brasida e Gilippo, non apparteneva alla nobiltà spartana: era quindi considerato
“sacrificabile”.

Nella battaglia di Nozio (primavera 406), divenne chiaro che gli spartani avevano usato quel vuoto
di tre anni per ricostruire la flotta. Alcibiade lasciò temporaneamente il comando ad Antioco, un
ufficiale di secondo piano, con l’ordine tassativo di evitare lo scontro in sua assenza. Invece gli
ateniesi affrontarono sconsideratamente Lisandro al largo di Efeso, e persero in un colpo solo 22 navi
insostituibili. Questa sconfitta di poco conto scatenò la disperazione ad Atene; Alcibiade, inoltre,
venne di nuovo esiliato.

Pochi mesi dopo, a Mitilene, gli ateniesi persero altre 30 navi, sotto il comando di Conone.
Cominciarono a imbarcare chiunque: giovani e vecchi, schiavi e liberti, ricchi e poveri, nella speranza
di riuscire a mettere in campo abbastanza navi da contrastare la flotta spartana.

Le ultime battaglie

La flotta ateniese era ridotta a meno di 80 triremi. Piuttosto che rinunciare al loro impero, in preda
alla disperazione gli ateniesi armarono alla bell’e meglio 60 nuove triremi – imbarcandovi schiavi e
liberti come rematori – e le spedirono nella Ionia. Con l’aiuto dei Sami, la flotta arrivò a 155 triremi.

Al largo delle isole Arginuse, nonostante la preponderanza di marinai inesperti, gli ateniesi
ritrovarono l’antica superiorità numerica per la prima volta dopo la catastrofe siciliana – affrontarono
120 triremi sotto il comando di Callicratide.

Quella delle Arginuse fu la più sanguinosa battaglia navale della guerra del Peloponneso; dopo una
violenta collisione, gli ateniesi distrussero 77 triremi spartane perdendone solo 36. Si trattava di una
sconfitta che faceva impallidire la catastrofe siciliana del 413  ma la sconfitta non ebbe sugli
spartani effetti psicologici disastrosi: le navi perdute erano state finanziate dai persiani e i rematori
perduti erano mercenari.

Gli ateniesi avevano distrutto la flotta spartana, ma avevano perso 26 navi con tutto l’equipaggio: ad
Atene si diffusero orribili racconti sull’abbandono di «migliaia» di sopravvissuti aggrappati ai relitti
nelle acque agitate, e sul presunto «vilipendio» dei cadaveri abbandonati in mezzo al mare.
Nell’ondata di sdegno che ne seguì, furono giustiziati per negligenza sei generali. Gli altri, che erano
tra i più brillanti ufficiali di Atene, si autoesiliarono per paura di una condanna a morte. Così, dopo il
trionfo l’assemblea ateniese era più angosciata di prima. Gli ateniesi rifiutarono così le proposte di
pace di Sparta e non diedero seguito alla vittoria con un altro attacco alla flotta spartana.

Due anni dopo, la fortuna di Atene si esaurì definitivamente a Egospotami, pochi chilometri a nord
delle Arginuse. Atene non aveva generali abili né equipaggi esperti, le triremi erano state costruite in
fretta e furia. Lisandro attaccò una flotta ateniese rilassatamente ormeggiata a breve distanza dalla
spiaggia; quasi tutti i marinai erano convinti, dopo quattro giorni di finta inazione da parte degli
spartani, che uno scontro fosse improbabile. Ma il quinto giorno Lisandro attaccò e colse di sorpresa
migliaia di ateniesi sparpagliati lungo la costa, alla ricerca di viveri e di legna. Le triremi di Lisandro
colsero di sorpresa gli ateniesi mentre mangiavano, dormivano e oziavano sulla spiaggia, mentre gli
ammiragli si erano dissennatamente accampati a più di tre chilometri dalla base di Sesto.

Il risultato fu un massacro: la flotta spartana distrusse, rese inservibili o catturò 170 triremi su 180,
fece migliaia di dispersi tra i rematori, e poi uccise 3-4000 prigionieri ateniesi, risparmiando solo gli
alleati e gli schiavi. All’indomani della battaglia, la flotta di Lisandro contava 200 navi. La più grande
concentrazione di triremi di una singola città stato da quando la flotta ateniese si era unita agli alleati
a Salamina.

Alcibiade  negli ultimi due anni del conflitto si era ritirato in esilio in una delle sue fortezze private
nei pressi della Tracia. La battaglia di Egospotami fu curiosamente combattuta non lontano dalla sua
residenza temporanea sulla costa ionica; nelle ore che precedevano l’attacco di Lisandro, egli offrì
validi consigli tattici ai generali, che furono rifiutati per ragioni legate alla sfiducia nei suoi confronti.

Il sogno finisce

Dopo Egospotami non vi furono più navi a frapporsi tra gli spartani e il Pireo. Una volta saputo del
disastro, i cittadini ateniesi sono terrorizzati: temono di fare la stessa fine che hanno riservato ai meli.
Atene non si arrese per circa sei mesi, fino al marzo del 404, nonostante il blocco navale operato da
Lisandro e la vicinanza alle mura di due re spartani, Agide in arrivo da Decelea e Pausania alla testa
di un enorme esercito in arrivo dal Peloponneso. Ma le fortificazioni della città erano ancora
inespugnabili: così, gli spartani preferirono attendere l’arrivo della fame e del dissenso politico. Sei
mesi dopo, la fame e la rivoluzione indussero gli ateniesi a trattare. Alcuni oligarchi ottennero dagli
spartani la garanzia che la città non sarebbe stata rasa al suolo, nonostante corinzi e tebani volessero
farlo. Alla fine si accontentarono di cancellare ogni segno di Atene imperiale e di ciò che essa
rappresentava, quando essa accettò di abbattere le lunghe mura, smantellare le fortificazioni del Pireo,
liberare gli stati sudditi e ridurre la propria marina a sole 12 navi, consentire il ritorno degli esuli
conservatori, darsi un governo oligarchico e costituire un’alleanza militare con Sparta.

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