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DALLE PAROLE AI FATTI

RELAZIONI INTERSTATALI E
COMUNICAZIONE POLITICA
NEL MONDO ANTICO

a cura di Luigi Santi Amantini

«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER

III
Copyright © 2005 «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER
Via Cassiodoro , 19 – 00193 Roma

IV
1.
Senza frode e senza inganno: formule ‘precauzionali’
e rapporti interstatali nel mondo greco

FRANCESCA GAZZANO
2
*
«Timeo Danaos et dona ferentis». Con questo celebre
verso, divenuto presto proverbiale1, Virgilio nell’Eneide (2,49)
conferiva accenti poetici alla diffidenza dei suoi compatrioti
nei confronti della scaltrezza dimostrata, specie nelle trattative
interstatali, dai Greci2; costoro, del resto, godevano a Roma di
una reputazione, quanto ad affidabilità, non troppo dissimile da
quella dei Cartaginesi, la cui Punica fides era sinonimo per
antonomasia di ‘malafede’3. E, di fatto, la propensione ellenica
per l’astuzia, l’inganno e lo stratagemma ingegnoso costituisce
un dato ormai acquisito e non necessita di essere ulteriormente
ribadita, giacché dal fondamentale volume di Marcel Detienne
e Jean-Pierre Vernant sulla PKCWLa greca4 la problematica si è
arricchita di numerosi e originali contributi5.
Quanto segue rappresenta un tentativo di individuare quali
forme e quale portata assumesse questo aspetto della mentalità
greca nell’ambito della comunicazione diplomatica e dei rap-
porti interstatali, sia all’interno della fitta rete di negoziati e
accordi stipulati dalle poleis fra loro, sia nel più ampio e mute-
vole quadro delle relazioni che queste intrecciarono nel corso

*
[Ove non diversamente indicato, tutte le date si intendono a.C.]
1
Cf. anche Aen. 2,43-44: «aut ulla putatis dona carere dolis Danaum?».
2
Sul tema vd. in partic. G. BRIZZI, I sistemi informativi dei Romani. Principî e
realtà nell’età delle conquiste oltremare (218-168 a.C.) («Historia» Einzel. 39,
Wiesbaden 1982) 11-37; ID., Fides, mens, nova sapientia: radici greche
nell’approccio di Roma a politica e diplomazia verso l’Oriente ellenistico, in
M.G. ANGELI BERTINELLI/L. PICCIRILLI (a cura di), Linguaggio e terminologia
diplomatica dall’Antico Oriente all’Impero Bizantino. Atti del Convegno Na-
zionale, Genova 19 novembre 1998 («Serta Antiqua et Mediaevalia» IV, Roma
2001) 123-131; ID., Il guerriero, l’oplita, il legionario. Gli eserciti nel mondo
classico (Bologna 2002) 35-43, con ulteriore bibliografia.
3
Cf. p.es. SALL. Iug. 108,3; LIV. 21,4,9; 30,32,7; CIC. de off. 1,38: vd. L.
PRANDI, La fides punica e il pregiudizio anticartaginese, in M. SORDI (a cura
di), Conoscenze etniche e rapporti di convivenza nell’antichità («CISA» 6,
Milano 1979) 93-97. Che la malafede di Annibale avesse in realtà radici gre-
che, connesse con l’educazione ‘spartana’ ricevuta ad opera di Sosilo, è sotto-
lineato da G. BRIZZI, Il guerriero, l’oplita 66-7.
4
M. DETIENNE/ J.-P. VERNANT, Le astuzie dell’intelligenza nell’antica Grecia
(1974), trad.it. (Roma/Bari 1978).
5
Vd. fra altri E. HEZA, Ruse de guerre: trait caractéristique d’une tactique
nouvelle dans l’oeuvre de Thucydide, «Eos» 62 (1974) 227-244; G. CAMASSA,
Dall’«alke» alla «metis», «CCC» 1/2 (1980) 173-193; E.L. WHEELER,
Stratagem and the Vocabulary of Military Trickery («Mnemosyne» Suppl. 108,
Leiden 1988); L. PRATT, Lying and Poetry from Homer to Pindar: Falsehood
and Deception in Archaic Greek Poetics (Ann Arbor 1993); C. GILL/T.P.
WISEMAN (eds.), Lies and Fiction in the Ancient World (Exeter 1993); J. HESK,
Deception and Democracy in Classical Athens (Cambridge 2000).

3
del tempo con le popolazioni anelleniche, dagli ethne indigeni
dell’Occidente, alle potenze orientali, alla stessa Roma. Più in
particolare, ci si propone di indagare in quest’ottica sulle ra-
gioni dell’inserimento, in trattati e giuramenti, di espressioni e
formule definibili – in modo forse non del tutto calzante –
‘precauzionali’, attraverso le quali i contraenti dell’accordo si
vincolavano (o cercavano di vincolarsi) reciprocamente al fair
play e al leale rispetto dei patti. Infatti, se l’inclusione di simili
clausole costituisce già in sé un elemento degno di nota, giac-
ché sembra presupporre che la fiducia vicendevole non fosse
stata sempre piena e perfetta, è però soprattutto la discontinuità
della loro presenza a suscitare curiosità e a rendere, ci si au-
gura, non del tutto superflua la loro disamina.

Dal SROXYPKWLa M2GXVVHXYa omerico6, allo statista ateniese


Temistocle7, agli spartani Dercilida e Lisandro8, ai protagonisti
dei Poliorketika di Enea Tattico9, a quelli degli Stratagemmi di
Polieno10 – per limitarsi a qualche esempio fra i più memorabili
– la letteratura greca offre un panorama quanto mai ricco e va-
riegato di personaggi, reali o immaginari, connotati dal sa-
piente utilizzo delle armi dell’intelligenza astuta e del raggiro.
Di più: la condotta scaltra o addirittura fraudolenta appare so-
vente valutata in senso positivo dagli autori che la
descrivono11, dal cui tono traspare quasi compiacimento per la

6
Cf. e.g.. HOM. Il. 9,312-313; Od. 14,191-359: su ciò, fra altri, vd. P. WALCOT,
Odysseus and the Art of Lying, «AncSoc» 8 (1977) 1-19; A. HAFT, Odysseus,
Idomeneus and Meriones: the Cretan Lies of Odyssey 13-19, «CJ» 79 (1984)
289-306; S. GOLDHILL, The Poet’s Voice: Essays on Poetics and Greek
Literature (Cambridge 1991) 1-68.
7
Vd. C.W. FORNARA, Herodotus: an Interpretative Essay (Oxford 1971) 66-
74; L. PICCIRILLI, Artemide e la metis di Temistocle (1981), ora in ID., Temi-
stocle, Aristide, Cimone, Tucidide di Melesia fra politica e propaganda (Ge-
nova 1987) 14-24; U. BULTRIGHINI, Elementi di dinamismo nell’economia
greca tra VI e IV secolo (Alessandria 1999) 42-50.
8
Sul primo, detto addirittura Sisifo, vd. EPH. FGrHist 70 F 71; XEN. Hell.
3,1,8, con le osservazioni di J. DILLERY, Xenophon and the History of His
Times (London/New York 1995) 105-107; quanto al secondo, si veda il giudi-
zio di PLUT. Lys. 7,5-6, su cui G. BRIZZI, Il guerriero, l’oplita 9-10.
9
Vd. soprattutto M. BETTALLI, in ENEA TATTICO, La difesa di una città asse-
diata (Poliorketika) (Pisa 1990), in partic. 36-45.
10
Vd. da ultima E. BIANCO, in Gli stratagemmi di Polieno (Alessandria 1997)
5-13, e in generale M.T. SCHETTINO, Introduzione a Polieno (Pisa 1999).
11
Sulla terminologia greca concernente l’inganno e lo stratagemma (PKCWLa
VRILYDWHYFQKPKFDQKYDMSDYWKGRYORaVWUDWKYJKPDetc.) vd. l’analisi di E.L.
WHEELER, Stratagem 25-49, e infra, 15 nt. 71, 16 nt. 72.

4
buona riuscita dell’inganno, soprattutto quando questo era
impiegato con profitto nell’attività venatoria12 o bellica13. A tal
proposito, è stato a ragione sottolineato14 come l’immagine del
combattimento oplitico – scontro aperto, evidente e ‘leale’ –
quale standard dell’ideale greco della guerra15, pur non
essendo priva di riscontri storici, costituisse di fatto
un’ideologia, cui nella prassi si accompagnava di frequente il
ricorso a stratagemmi e ad astuzie: già la stessa vittoria di
Salamina era celebrata come il trionfo della PKCWLa di
Temistocle16, e dalla fine del V e soprattutto dal IV secolo
l’evoluzione delle tecniche e le innovazioni belliche
comportarono un impiego sempre più sofisticato delle ruses de
guerre17, come mostra d’altronde la fortuna della letteratura
relativa agli stratagemmi militari18. Laudator temporis acti
appare in questo senso Polibio, laddove (13,3,2-3)19 deprecava
l’abbandono, da parte dei suoi contemporanei20, dei tradizionali
e ‘leali’ modi della battaglia oplitica a vantaggio dell’adozione
in guerra di artifici ingannevoli e tecniche più insidiose:
nondimeno, come si è notato21, lo storico lamentava

12
La stretta relazione fra PKCWLa e arti venatorie è sottolineata da M.
DETIENNE/J.-P. VERNANT, Le astuzie dell’intelligenza 16-37 e passim.
13
Finalità ‘preparatorie’ alla guerra aveva anche l’approvazione dell’uso di
astuzie e inganni nell’educazione militare dei giovani: vd. J.-P. VERNANT, Il
cacciatore nero e l’origine dell’efebia ateniese (1968), trad. it. in M. DETIENNE
(a cura di), Il mito. Guida storica e critica (Roma/Bari 21994) 53-72.
14
Da parte di M. BETTALLI, in ENEA TATTICO, La difesa 39-43, con bibliogra-
fia precedente.
15
Vd. W.K. PRITCHETT, The Greek State at War II (Berkeley 1974) 147-189;
V.D. HANSON, The Ideology of Hoplite Battle Ancient and Modern, in ID. (ed.),
Hoplites. The Classical Greek Battle Experience (London/New York 1991) 3-
11; P.M. KRENTZ, Fighting by the rules: the invention of the hoplite agon,
«Hesperia» 71 (2002), 23-39.
16
AESCH. Pers. 361-362; HDT. 8, 75; 124,1; THUC. 1,74,1; DIOD. 11,23,7;
PLUT. Them. 17,1-2; cf. AEL. ARIST. 46,219-220. Cf. L. PICCIRILLI, Artemide e
la metis, in ID., Temistocle 14-24.
17
Cf. E. HEZA, Ruse de guerre 227-244; S. SAÏD, Guerre, intelligence et
courage dans les Histoires d’Hérodote, «AncSoc» 11/12 (1980-1981) 83-117.
18
Vd. E.L. WHEELER, Stratagem 1-24.
19
Sul passo polibiano vd. F.W. WALBANK, A Historical Commentary on
Polybius II (Oxford 1967) 416-417; J. THORNTON, in D. MUSTI (a cura di),
POLIBIO, Storie V (Milano 2003) 508-509. Cf. pure G. BRIZZI, I sistemi
informativi 25-26.
20
Il bersaglio della critica è qui il sovrano macedone Filippo V, ma cf. anche
28,18 a proposito di Antioco IV.
21
Da parte di J. THORNTON, in POLIBIO, Storie V 509. Cf. ID., I turbamenti del
giovane Polibio. La critica a un detto di Filopemene in XXII 19, «RCCM» 41

5
innanzitutto l’eccesso (X-SHU WR GHYRQ: 13,3,8) nella ricerca
dell’inganno ai fini della vittoria militare.
Comunque sia, il giudizio polibiano induce intanto a esclu-
dere che l’apprezzamento nei confronti di imbrogli e macchi-
nazioni fosse costante e indifferenziato nel mondo ellenico22;
anzi, non mancano testimonianze da cui emergono tendenze di
segno diametralmente opposto. Per esempio, nelle fonti
l’attitudine all’inganno, al falso, alla menzogna appare altret-
tanto spesso appannaggio di categorie di individui giudicati
abitualmente in modo ostile, quali i tiranni23, le donne24, i bar-
bari25. Inoltre, l’accusa di mendacità era consueta nei confronti
del ‘nemico’, almeno a giudicare dal ritratto convenzionale che
gli Ateniesi tracciavano dei Lacedemoni, di regola tacciati di
falsità e di doppiezza: «D>OOD IURQHRYQWZQ NDL D>OOD OH
JRYQWZQ»26, secondo l’efficace formulazione erodotea (9,54,1).

(1999) 219-231, in partic. 222-223.


22
Sul concetto di ‘nobile menzogna’ (PLAT. Rep. 382c 10-d 2) e di ‘giusto
inganno’ (AESCH. F 301-2 Radt; cf. infra, 11 e nt. 54) vd. ora J. HESK,
Deception 143-201, con discussione delle fonti e bibliografia precedente.
23
Cf. HDT. 1,59,3-5; 60,3 (Pisistrato); 3,44,1 e PLUT. Lys. 8,5 (Policrate di
Samo); AEN. TACT. 10,21-22 (Dionigi I di Siracusa), con le osservazioni di M.
BETTALLI, in ENEA TATTICO, La difesa 245-246; DIOD. 11,18-19 (Falaride di
Agrigento); cf. pure G. NENCI, in ERODOTO, Le Storie V (Milano 1994) 304; C.
PETROCELLI, Il sorriso del lupo, in C.G. STARR, Lo spionaggio politico nella
Grecia antica (ed. it. Palermo 1993) 26-27.
24
Vd. e.g. HOM. Od. 454-456; HES. Op. 83; 373-375; Theog. 570-612; AR.
Eccl. 236-238; EUR. Hipp. 616-648; cf. di recente R.G.A. BUXTON, Persuasion
in Greek Tragedy. A Study of Peitho (Cambridge 1994) 122-127; P. WALCOT,
Greek Attitudes Towards Women, in I. MCAUSLAN/P. WALCOT (eds.), Women
in Antiquity (Oxford 1996) 91-102.
25
Benché, a dire di Erodoto, i Persiani fossero educati a «cavalcare, tirare
d’arco e dire la verità» (1,136,1; cf. 138,1), di fatto nel terzo libro delle Storie,
dedicato alla Persia, abbondano le storie di intrighi e di inganni: D. ASHERI, in
ERODOTO, Le Storie III (Milano 21997) XIX-XXII. Un Persiano notoriamente
infido, subdolo e spergiuro risulta Tissaferne, su cui vd. infra 10 nt. 51. Per
altre attestazioni cf. THUC. 8, 108, 4; ISOC. 4,151-152; EPH. FGrHist 70 F 71;
DEM. 23,176-177. Secondo E. HALL (Inventing the Barbarians [Oxford 1989]
121-123) nelle tragedie i barbari erano ritratti ora come ignoranti e stupidi, ora
come eccessivamente astuti.
26
Vd. anche, e.g. AR. Lys. 1233-1235; Pax 1067-1068; EUR. Andr. 445-453 ;
PLUT. Mor. 223 a2; 229 b3 e 4. Su tale ritratto vd. A. BRADFORD, The
Duplicitous Spartan, in A. POWELL/S. HODKINSON (eds.), The Shadow of
Sparta (London 1994) 59-86; S. VALZANIA, L'esercito spartano nel periodo
dell'egemonia: dimensioni e compiti strategici, «QS» 43 (1996) 19-73, in
partic. 59 sgg.; cf. anche, per le ragioni della condotta spartana, A. POWELL,
Mendacity and Sparta’s Use of the Visual, in ID. (ed.), Classical Sparta:
Techniques Behind her Success (London 1989) 173-192.

6
Ancora, si è di recente argomentato, da parte di Jon Hesk27,
che l’ideologia democratica ateniese avrebbe scientemente ela-
borato un modello di comportamento politico in cui la frode e
la menzogna erano oggetto di attenta preoccupazione e il loro
uso condannato come estraneo all’ethos e ai valori della demo-
crazia28. Sfortunatamente, nel suo pur ampio volume lo stu-
dioso non prende affatto in esame la sfera delle relazioni di-
plomatiche e dei rapporti interstatali, che si configura spesso e
volentieri come teatro privilegiato di imbrogli e di raggiri29.
Infatti, ambiguità, trame e intrighi pertengono, si direbbe
quasi ‘naturalmente’, all’universo sfuggente delle trattative e
della comunicazione diplomatica30, ove un ruolo essenziale
svolgeva l’abilità oratoria31 (la parola, dunque, di per sé potente
strumento d’inganno32) di ambasciatori e messaggeri, fine pre-
cipuo dei quali era di persuadere l’interlocutore, o di sondarne i
propositi e di prevenirne le mosse; in un simile contesto – e ne-
gli Acarnesi Aristofane33 metteva in guardia gli Ateniesi dai
raggiri sottesi alle adulazioni (TZSHXRPHYQRXa: 635) degli am-

27
J. HESK, Deception, 21-22 e passim.
28
Tale atteggiamento, secondo J. HESK (Deception 26) troverebbe la sua prima
ed autorevole espressione nell’Epitafio di Pericle (THUC. 2,39,1), su cui vd. ora
U. FANTASIA, in TUCIDIDE, La guerra del Peloponneso, Libro II (Pisa 2003)
386.
29
Vd. G. NENCI, Les rapports internationaux dans la Grèce archaïque (650-
550 av. J. C.) in S. CATALDI/M. MOGGI/G. NENCI/G. PANESSA, Studi sui rap-
porti interstatali nel mondo antico (Pisa 1981) 68-69; D.J. MOSLEY, Envoys
and Diplomacy in Ancient Greece («Historia» Einz. Heft 22, Wiesbaden 1973)
11-16; F. ADCOCK/D.J. MOSLEY, Diplomacy in Ancient Greece (London 1975)
169-170.
30
La connessione fra ambiguità e diplomazia è oggetto di studio anche nelle
moderne relazioni internazionali: cf. e.g. C. BELL, The Conventions of Crisis: A
Study of Diplomatic Management (Oxford 1971); L.S. FREY/ M.L. FREY, The
History of Diplomatic Immunity (Columbus 1999) 14-15.
31
L. PICCIRILLI, L’invenzione della diplomazia nella Grecia antica (Roma
2002) 73-79.
32
Sulla natura ambigua della parola cf. GORG. 82 B23 Diels/Kranz; Hel. 11-12
(= 82 B11, 11-12 Diels/Kranz); ANTIPH. Tetr. II, 3,4; vd. in partic. M.
DETIENNE, I maestri di verità nella Grecia arcaica (1967) trad. it. (Roma/Bari
1977) 35-58, 90-94; J. HESK, Deception 145-151.
33
633-638. Su questi versi vd. N.W. SLATER, Space, character and DMSDYWK:
transformation and transvaluation in the Acharnanians, in A.H.
SOMMERSTEIN/S. HALLIWELL/J. HENDERSON/ B. ZIMMERMAN (eds.), Tragedy,
Comedy and the Polis. Papers from the Greek Drama Conference
(Nottingham, 18-20 July 1990) (Bari 1993) 397-415; J. HESK, Deception 258-
74, con ulteriore bibliografia.

7
basciatori delle città alleate (e non solo di quelli34) – era inevi-
tabile che si verificassero manipolazioni e macchinazioni per
conseguire l’obiettivo, qualunque esso fosse35.
Episodi concernenti il ricorso a imbrogli durante negoziati,
abboccamenti e missioni diplomatiche appaiono piuttosto dif-
fusi, in riferimento a trattative sia fra poleis elleniche, sia fra
Greci e stranieri36: il repertorio è tutt’altro che monotono e
comprende, per non menzionare che qualche esempio, la lunga
e subdola perorazione che Erodoto (5,49,1-8) fa indirizzare da
Aristagora al re spartano Cleomene nel corso del suo viaggio a
Sparta (con ‘replica’ ad Atene) in cerca di aiuti37; i discorsi
ipocriti e falsi indirizzati, sempre secondo Erodoto (7,168), dai
Corciresi agli inviati della Lega ellenica nell’imminenza della
spedizione di Serse38; il trucco escogitato da Temistocle39 per
fuorviare gli Spartani durante la costruzione delle Lunghe
Mura, o ancora il celebre affaire della trappola messa in atto da
Alcibiade ai danni degli ambasciatori spartani nel 42040, epi-
sodi questi ultimi riferiti in primis da Tucidide (rispettivamente
in 1,89,3-92 e 5,44-45). Del resto, Senofonte41 – che nelle Elle-
niche mostra particolare attenzione al tema dello scambio di-
plomatico nelle relazioni internazionali42 – riferiva che durante
34
Vd. la gustosa ma polemica scena dell’ambasceria ateniese inviata in Persia e
dell’accoglienza riservata dall’assemblea ai presunti legati del Gran Re in AR.
Ach. 65-125, in partic. 114.
35
D. J. BEDERMAN, International Law in Antiquity (Cambridge Studies in
International and Comparative Law 16, Cambridge 2001) 92-3; L. PICCIRILLI,
L’invenzione 51-52.
36
Rassegna in L. PICCIRILLI, L’invenzione 51-62.
37
Sul carattere dei discorsi di Aristagora a Sparta (5, 49-51) e ad Atene (5,97)
vd. F. GAZZANO, La diplomazia nelle ‘Storie’ di Erodoto. Figure, temi, pro-
blemi, in L.R. CRESCI/F. GAZZANO/D.P. ORSI, La retorica della diplomazia
nella Grecia classica e a Bisanzio (Roma 2002) 66-67.
38
Per altri esempi di inganno diplomatico in Erodoto vd. F. GAZZANO, La di-
plomazia 62-67.
39
THUC. 1,89,3-92; cf. THEOP. FGrHist 115 F 85; DIOD. 11,40; PLUT. Them.
19; POLYAEN. 1,30,5; IUST. 1,15,6: L. PICCIRILLI, L’invenzione 52-54, con altra
bibliografia.
40
THUC. 5,44-45; PLUT. Alc. 14; Nic. 10,4-5: vd. G. HERMAN, Ritualized
Friendship and the Greek City (Cambridge 1987) 146-150; W. ELLIS, Alci-
biade (1989), trad. it. (Genova 1993) 77-82; D. GRIBBLE, Alcibiades and Ath-
ens. A Study in Literary Presentation (Oxford 1999) 83-84, 186-187; L.
PICCIRILLI, L’invenzione 54-56.
41
Hell. 7,1,1-14. Sui discorsi nelle Elleniche vd. J. BUCKLER, Xenophon’s
Speeches and the Theban Hegemony, «Athenaeum» 60 (1982) 180-204; G.
DAVERIO ROCCHI, in SENOFONTE, Elleniche (Milano 2002) 52-61.
42
Vd. G. DAVERIO ROCCHI, in SENOFONTE, Elleniche 23-28.

8
la conferenza di pace svoltasi ad Atene nel 369 l’oratore ate-
niese Cefisodoto riuscì a far mutare opinione ai propri concit-
tadini insinuando il sospetto che il discorso dell’ambasciatore
Procle di Fliunte mirasse a trarli in inganno (RXMNDLMVTDYQHVTH
HM[DSDWZYPHQRL;: 7,12,1)43. Un cenno merita poi, in questa pro-
spettiva, il velenoso scambio di accuse – incentrate su inganni,
menzogne e corruzione – fra gli ex colleghi di ambasceria De-
mostene ed Eschine nel corso del processo per i fatti della fal-
limentare SDUDSUHVEHLYD. Non meno significativa appare in-
fine la documentazione letteraria concernente il ricorso
all’inganno negli approcci fra i Greci e le popolazioni indigene
dell’Occidente45, almeno prestando fede agli episodi collazio-
nati da Polieno46 a proposito dei raggiri perpetrati dai coloni
greci ai danni degli interlocutori locali.

Più arduo, per contro, risulta stabilire se vi fosse


un’opinione prevalente in merito a tali o ad analoghe vicende:
Erodoto, per esempio, pur non esprimendo un giudizio esplicito
pare biasimare il ricorso all’inganno nelle relazioni diplomati-
che, soprattutto quando perpetrato attraverso il medium della
comunicazione verbale, in discorsi sleali e insinceri47; più di-
43
Sui discorsi di Procle nelle Elleniche vd. ora G. DAVERIO ROCCHI, La città di
Fliunte nelle Elleniche, in G. DAVERIO ROCCHI/M. CAVALLI (a cura di), Il
Peloponneso di Senofonte (Quaderni di «Acme» 64, Milano 2004) 41-56, in
partic. 47-54.
44
In entrambe le orazioni Sulla corrotta ambasceria (DEM. 19; AESCHIN. 2), e
in particolare in quella demostenica, accusatoria, è costante la ripetizione di
vocaboli indicanti inganno come DMSDYWK(DEM. 19,50; 76; 84; 315; AESCHIN.
2, 124), HM[DSDWDYZ(DEM. 19, 17; 27; 29; 38; 53; 69; 77; 79; 92; 97; 102; 103;
109; 110; 124; 137; 152; 182; 187; 220; 320; 332; 336; 341; AESCHIN. 2, 123) o
menzogna, quali i composti con \HXG(DEM. 19, 44; 76; 78; 82; 84; 161; 181;
183; 184; 215; 279; 288; AESCHIN. 2, 2; 5; 8; 44; 46; 64; 87; 88; 92; 95; 96; 98;
119; 123; 127; 149; 153; 154; 163; 170; 183): sulla vicenda vd. da ultimi A.
NATALICCHIO, in ESCHINE, Orazioni (Milano 1998) 5-46 e I. LABRIOLA, in
DEMOSTENE, Discorsi in tribunale I (Torino 2000) 219-248; cf. anche J. HESK,
Deception 231-241.
45
Vd. in proposito soprattutto le osservazioni di S. CATALDI, in G. NENCI/S.
CATALDI, Strumenti e procedure nei rapporti fra Greci e indigeni, in Forme di
contatto e processi di trasformazione nelle società antiche (Atti del Convegno
di Cortona [24-30 maggio 1981], Coll. École Française de Rome 67, Pisa-
Roma 1983) 588-604, in partic. 595-599.
46
5,1,3-4 (Falaride e Sicani); 5,5,1 e 2 (Leontini e Siculi); 6,22 (già in POLYB.
12,6: Locresi e Siculi): vd. S. CATALDI, Strumenti e procedure 598-599.
47
Vd. F. GAZZANO, La diplomazia 62-67. Sulla valutazione, più benevola, di
altri generi di tranelli e inganni da parte di Erodoto vd. M. DORATI, Cultura
tradizionale e tematiche dell’inganno in Erodoto, «QS» 19 (1993) 65-84.

9
staccato si mostra Tucidide, il quale di norma si astiene dal
chiosare gli imbrogli diplomatici che pur descrive. Almeno in
un’occasione sembra però riconoscere – e deplorare – la prete-
stuosità degli argomenti (RXMN DM[LRYORJD: 4,23,1) addotti dagli
Ateniesi, all’epoca della tregua stipulata durante la campagna
di Pilo, al fine di non restituire le navi catturate ai Lacedemoni.
Oltre a ciò, attribuisce a uno Spartano, Brasida,
l’argomentazione che «per chi gode di stima è più vergognoso
(DL>VFLRQ) commettere soprusi (SOHRQHNWKCVDL) con un in-
ganno conveniente (DMSDYWK HXMSUHSHLC) che con aperta violenza
(ELYD HMPIDQHLC): in questo caso, si assale con la giustificazione
della forza, che la sorte dispensa, nel secondo con la frode di
una mente ingiusta (JQZYPKa DMGLYNRX HMSLERXOKC) » (4,86,6)48. Il
passo potrebbe risultare indicativo di una certa mentalità; tutta-
via così non è, giacché l’intero discorso di Brasida agli Acanti
pare in sé tendenzioso e non del tutto onesto49, considerato an-
che che sarà lo stesso Brasida a richiamare – questa volta ai
suoi soldati ad Anfipoli (5,9,4-5) – l’opportunità di sfruttare le
circostanze, di studiare il nemico e superarlo non con lo scon-
tro aperto, ma con l’astuzia50.
Senofonte, per parte sua, nel descrivere la ben diversa con-
dotta del satrapo Tissaferne e del re spartano Agesilao
all’epoca della spedizione di quest’ultimo in Asia nel 396/551,
opera un’interessante distinzione, evidente in entrambe le ver-
sioni della vicenda e soprattutto in quella, encomiastica,
dell’Agesilao52: stipulata una tregua attraverso intese verbali e
lo scambio di promesse e giuramenti, il re spartano tenne fede
alla parola data anche quando la volontà di ingannare di Tissa-
ferne fu acclarata dai fatti, riservandosi peraltro di raggirare

48
Vd. A. BRADFORD, The Duplicitous Spartan 74-76; sulla figura di Brasida
vd. da ultima L. PRANDI, Sintonia e distonia fra Brasida e Sparta, in C.
BEARZOT/ F. LANDUCCI (a cura di), Contro le ‘leggi immutabili’. Gli Spartani
fra tradizione e innovazione («CISA»2 Milano 2004) 91-113.
49
A. BRADFORD, The Duplicitous Spartan 75.
50
Brasida interpreta comunque l’uso dell’inganno nell’ottica tradizionale di
«danneggiare il nemico e favorire l’amico»: THUC. 5,9,5.
51
XEN. Hell. 3,4,5-6, 11, 21; Ages. 1,10-17; cf. NEP. Ages. 2,3-3,6; FRONTIN.
Strat. 1,8,12; POLYAEN. 2,1,8-9; PLUT. Ages. 9,1-4; Mor. 209 a-b; AEL. VH
14,2. Circa gli eventi e la narrazione senofontea vd. J. DILLERY, Xenophon 99-
109 e 269-272.
52
1,10-17: cf. E. LUPPINO MANES, L’Agesilao di Senofonte. Tra commiato ed
encomio (Milano 1992) 118-121.

10
abilmente53 il Persiano quando le ostilità furono ‘ufficialmente’
riprese. Un simile atteggiamento, a giudizio dello storico, di-
pendeva dalla consapevolezza di Agesilao che in caso di con-
flitto dichiarato l’impiego di inganni era non solo permesso, ma
addirittura «santo e giusto (R^VLRYQ WH NDL GLYNDLRQ: 1,17)»54,
mentre in caso di rapporti non formalmente ostili, come du-
rante tregue o negoziati, questo si configurava come indegno e
inammissibile, e in aggiunta privava chi vi indulgeva della
protezione divina (1,12-13)55.
Se dunque il ricorso a menzogne e macchinazioni era con-
siderato legittimo in guerra, nonché in qualche misura ‘fisiolo-
gico’ nelle fasi preliminari e negoziali dell’attività diplomatica
greca, la malafede e l’inganno non dovevano in teoria essere
contemplati nel momento in cui le parti pervenivano alla sti-
pulazione di patti e accordi, i quali per loro stessa natura si
fondavano sulla reciproca SLYVWLa fra i contraenti56 ed erano
inoltre siglati da un giuramento solenne, che ne garantiva e ne
sanciva la validità57. In proposito, non è del tutto chiaro se le

53
A dire di Senofonte (Ages. 1,17), Agesilao «SDLCGD DMSHYGHL[H WRQ 7LVVD
IHYUQKQWKC DMSDYWK».Una ripresa dell’espressione è in PLUT. Phil. 13,6 (a pro-
posito dell’inganno di Filopemene nei confronti degli astuti Cretesi).
54
Cf. PLUT. Ages. 9,3: DMSDYWK GLNDLYD, con le osservazioni di D.R. SHIPLEY,
Plutarch’s ‘Life of Agesilaos’ (Oxford 1997) 38-41; sulla liceità dell’inganno
in guerra vd. anche XEN. Mem. 4,2,15.
55
Cf. NEP. Ages. 2,5; PLUT. Ages. 9,4; Mor. 209 a-b; POLYAEN. 2,1,8. Per os-
servazioni analoghe, attribuite ancora a uno Spartano (Clearco) e indirizzate
sempre all’infido e spergiuro Tissaferne vd. XEN. An. 2,5,7.
56
Circa il ruolo della fiducia (SLYVWLa/fides) nelle relazioni interstatali, oltre a
C. PHILLIPSON, The International Law and Custom of Ancient Greece and
Rome (London 1911) 68-69, vd. S. CALDERONE, 3,67,6 - FIDES. Ricerche di
storia e diritto internazionale nell’antichità (Messina s.d. [ma 1964]) 35-37 e
passim; D.J. BEDERMAN, International Law 48-54; cf. anche in generale É.
BENVENISTE, Le vocaboulaire des institutions indo-européennes I (Paris 1969)
103-121; J. TAILLARDAT, )LORYWKaSLYVWLaet foedus, «REG» 95 (1982) 1-14;
G. HERMAN, Ritualized Friendship 49-50.
57
Sul valore del giuramento negli accordi interstatali, oltre a E. ZIEBARTH, s.v.
Eid, in RE V (1905) 2076-2083, vd. G. TENEKIDES, Droit international et
communautées fédérales dans la Grèce de cités (Ve-IIIe av. J.C.) (Leiden
1957); J. PLESCIA, The Oath and Perjury in Ancient Greece (Tallahassee 1970)
58-74; P. SIEWERT, Der Eid von Plataiai («Vestigia» 16, München 1972); R.
LONIS, La valeur du serment dans les accords internationaux en Grèce
classique, «DHA» 6 (1980) 267-286; D. COHEN, ‘Horkia’ and ‘horkos’ in the
Iliad, «RIDA»3 27 (1980) 49-68; P. (P.) KARAVITES, Capitulations and Greek
interstate Relations («Hypomnemata» Heft 71, Göttingen 1982); ID., Promise-
Giving and Treaty-Making. Homer and the Near East («Mnemosyne» Suppl.
119, Leiden/New York/ Köln 1992) 48-81.

11
perplessità dei Romani sulla Graeca fides fossero infondate,
vale a dire se i Greci avessero alta considerazione dei patti giu-
rati e ritenessero riprovevole e moralmente condannabile la
loro infrazione58: infatti, a fronte delle numerose asserzioni
delle fonti che indurrebbero a crederlo59, si registrano ripetuti
episodi di violazione, talora disinvolta, di accordi e giura-
menti60.
Merita nondimeno rilevare, da un lato, che il ricono-
scimento della relativa inadeguatezza del giuramento come
strumento per garantire la validità degli accordi61 – probabile
conseguenza di una ‘secolarizzazione’ della procedura, svin-
colata dalle connotazioni magico-religiose che ne erano
all’origine – non determinò comunque il suo abbandono a fa-
vore dell’adozione ‘normativa’ e regolare di altri sistemi, quale
per esempio lo scambio di ostaggi che fungessero da garanti62.
D’altra parte, mai nella tradizione letteraria è attribuita una
connotazione positiva all’infrazione di un patto giurato63: di
solito, in occasione del mancato rispetto di un accordo le fonti
riferiscono di accuse vicendevoli, perché la responsabilità della
violazione – determinata in realtà dal mutamento degli equilibri
politici e dei rapporti di forza64 – era da entrambi i contraenti

58
E ciò non soltanto per motivi religiosi, legati alla natura sacrale del
giuramento: D.J. BEDERMAN, International Law 80-82, 85-87.
59
Per una rassegna vd. P. (P.) KARAVITES, Capitulations 93-114; ID., Promise-
Giving 81; ancora nel 184 l’acheo Licorta, rivolgendosi ai Romani, poteva
asserire senza apparente imbarazzo: «Quae iureiurando, quae monumentis
litterarum in lapide insculptis in aeternam memoriam sancta atque sacrata
sunt, ea cum periurio nostro tollere parant. Veremur quidem vos, Romani, et si
ita vultis, etiam timemus: sed plus et veremur et timemus deos immortales»
(LIV. 39,37).
60
Registrate da R. LONIS, La valeur du serment 282 nt. 16 ; vd. anche V.
MARTIN, La vie internationale dans la Grèce des cités (Genève 1940) 421-486.
61
Come conveniva Lisandro, il quale esortava a «WRXaPHQSDLCGDaDMVWUDJDY
ORLaWRXaG’D>QGUDaR^UNRLaHM[DSDWDCQ»: PLUT. Lys. 8,5.
62
Vd. D. J. BEDERMAN, International Law 178. E’ comunque significativo che
l’offerta di ostaggi fosse connessa dalle fonti con situazioni in cui una parte
intendeva stornare da sé il sospetto di voler ingannare l’altra: vd. e.g. HDT.
9,90,3; THUC. 3,101,2 (su cui A. PANAGOPOULOS, Captives and Hostages in
the Peloponnesian War [Amsterdam 1989] 197-198); XEN. An. 3,2,24; su ciò, e
sul problema in generale, M. AMIT, Hostages in Ancient Greece, «RFIC» 98
(1970) 129-147.
63
Cf. P. (P.) KARAVITES, Capitulations 112-114; G. DAVERIO ROCCHI, Città-
stato e stati federali della Grecia classica (Milano 1993) 198; D.J. BEDERMAN
International Law 67-71.
64
Come osserva R. LONIS, La valeur 280-281.

12
ascritta alla controparte, cui erano imputati precedenti arbitrii e
trasgressioni.
Come che sia, che la SLYVWLa dei contraenti nella conclu-
sione di patti interstatali non fosse ritenuta a priori al di sopra
di ogni sospetto e che si temesse d’incorrere in raggiri e imbro-
gli anche in caso di relazioni pacifiche e ‘amichevoli’ è mo-
strato non soltanto dagli episodi di effettive circonvenzioni trà-
diti dalle fonti, ma anche dal fatto che in sede di negoziati si
cercasse talora di ‘prevenire’ possibili manipolazioni, attra-
verso l’inserimento, all’interno dei trattati, di clausole dichia-
ratamente volte a vincolare le parti al rispetto del fair play,
vietando il ricorso a intrighi e inganni. In generale, si tratta di
espressioni non del tutto standard: mentre in Erodoto compare
la formula D>QHXWHGRYORXNDL DMSDYWKanei documenti epigra-
fici prevalgono di contro locuzioni come SLVWRaNDL D>GRORa
GLNDLYZa NDL DMGRYOZa DMGRYOZa NDL DMEODEHYZa D-SOZCa NDL
DMGRYOZa DMGRYOZa NDL DMSURIDVLYVWZa; a queste, accomunate
dall’assenza di GRYORa come condicio imprescindibile da parte
del contraente, si affiancano talora altre frasi, come RXMGH
WHYFQK RXMGH PKFDQK
  RXMGH ORYJZ RXMGH H>UJZ – interpretate in
genere come ‘variazioni sul tema’ – e perfino formulazioni più
articolate, quali s’incontrano in qualche occasione nei giura-
menti dei trattati di età ellenistica65 e in particolare in quelli
stipulati dalle poleis cretesi66. Oltre a ciò, alla varietà termino-
logica si accompagna anche una difformità nella collocazione
della clausola, che in alcuni casi sembra pertinente all’accordo
in sé, in altri – assai più frequenti – concerne invece il giura-
mento che vincolava le parti al rispetto della convenzione. In-

65
Vd. p.es. la clausola RXMGH NDNRWHFQKYVZ SHUL WRQ R^UNRQ WRXCWRQ RXMTHQ
RX>WHWHYFQK RX>WHSDUHXUHYVHLRXMGHPLDCL presente nel giuramento del trattato
(SV III nr. 481, ll. 45-46), databile fra 263 e 241, fra Eumene I di Pergamo e i
mercenari di Filetereia e Attaleia, su cui B. VIRGILIO, Eumene I e i mercenari
di Filetereia e di Attaleia (1982), ora in ID., Epigrafia e storiografia. Studi di
Storia Antica I (Pisa 1988) 111-151.
66
I trattati fra le città cretesi saranno citati unicamente secondo la recente
raccolta di A. CHANIOTIS (Kretischen Verträge), al cui ricco commento e alla
cui bibliografia precedente si rimanda. Per una clausola assai elaborata vd.
Kretischen Verträge nr. 74, ll. 19-22: RXM NDNRWHFQKVZC RXMTHQ WZCQHMQ WDCLGH
WDCL LMVRSROLWHLYDL JHJUDPPHYQZQ RX>WH ORYJZL RX>WH H>UJZL RXMGH D>OOZL
HMSLWUD\ZC H-NZQNDL JLQZYVNZQSDUDHXUHYVHLRXMGHPLDCLRXMGH WURYSZLRXMTHQLY
(trattato di isopoliteia fra Hierapytna e una città ignota, del II sec., su cui ora F.
GUIZZI, Hierapytna. Storia di una polis cretese dalla fondazione alla conquista
romana [Atti della Accademia Nazionale dei Lincei – Memorie s. 9, vol. 13/3,
Roma 2001] 366-369, con discussione del contesto e bibliografia).

13
fine, dal punto di vista cronologico, i documenti che conten-
gono simili espressioni sono distribuiti in modo irregolare fra il
VI secolo e l’età ellenistico-romana; in ogni caso, la casualità
dei ritrovamenti e il carattere frammentario di molti testi indu-
cono a priori a un’estrema prudenza nella valutazione comples-
siva dei dati.
Nel loro insieme e nella loro specificità, queste formule
‘precauzionali’ sono state studiate diffusamente solo da Everett
L. Wheeler, in un contributo del 198467. Fondandosi
sull’analisi delle testimonianze (unicamente epigrafiche) per-
venute, lo studioso giungeva alla conclusione che le anti-deceit
clauses – secondo la sua felice definizione – lungi dal rappre-
sentare un elemento standard o abituale del formulario degli
accordi interstatali, fossero inserite solo occasionalmente, e con
maggior frequenza nel V secolo, per ostacolare
l’interpretazione ‘sofistica’ del giuramento. L’intento esclusivo
di queste formule, in altri termini, sarebbe stato di impedire
d’intendere in modo oltremisura letterale le clausole del patto
giurato, o di approfittare dell’ambiguità di qualche termine, al
fine di produrre un’interpretazione del giuramento del tutto op-
posta a quella stabilita, e ciò senza contravvenire in modo al-
cuno alla lettera del testo e senza incorrere né in uno spergiuro
(cioè senza giurare il falso), né in una palese trasgressione del
voto fatto. A sostegno della propria ipotesi, Wheeler adduceva
sia la documentazione letteraria, invero abbastanza ricca, rela-
tiva a episodi di ‘interpretazione sofistica’ di giuramenti, sia
testimonianze di età più tarda, romana e bizantina, volte a pre-
cisare la definizione e i contenuti dell’R^UNRaVRILVWLNRYa68. A
suo giudizio, in sintesi, l’uso di anti-deceit clauses sarebbe da
ascrivere alla precisa volontà – da parte degli stati contraenti –
di evitare ogni possibile circonvenzione del giuramento: tale
puntuale esigenza spiegherebbe la relativa rarità di simili for-
mule nei documenti pervenuti. Pur suggestiva ed entro certi
limiti condivisibile, la congettura di Wheeler si presta nondi-
meno ad alcuni rilievi, giacché, oltre a offrire statistiche prive

67
Sophistic Interpretations and Greek Treaties, «GRBS» 25 (1984) 253-274, le
cui conclusioni sono accolte da D.J. BEDERMAN, International Law 175-177.
Alcune osservazioni già in P. SIEWERT, Der Eid 33-40.
68
E.L. WHEELER, Sophistic interpretations 259-263 (fonti greche, latine e
bizantine sul giuramento sofistico) e 269-274 (catalogo di episodi con
circonvenzione di giuramenti).

14
di effettiva validità69, 1. pone a confronto le testimonianze epi-
grafiche soltanto con la tradizione letteraria concernente gli
episodi di ‘interpretazione sofistica’ dei giuramenti, non già
con quella – pur significativa – relativa alla stipulazione di
trattati interstatali; 2. non prende affatto in esame il contesto
storico e lo status di chi sottoscriveva accordi contenenti anti-
deceit clauses, né s’interroga su eventuali differenze fra le va-
rie situazioni; 3. non considera i casi, rari ma pur presenti, in
cui le clausole si riferiscono anche al patto in sé, e non solo al
giuramento che lo sanciva.

Alla luce di tali osservazioni e a distanza di un ventennio,


non pare del tutto ozioso sottoporre la documentazione relativa
a queste formule ‘precauzionali’ a un nuovo esame, tenendo
conto sia di un più ampio numero di testi epigrafici rispetto
all’analisi di Wheeler – che si fondava solo sulle iscrizioni rac-
colte negli Staatsverträge70 – sia, soprattutto, della tradizione
letteraria, dalla quale sembrano infatti potersi trarre indicazioni
utili a meglio precisare le ragioni della loro contingente intro-
duzione.
In primo luogo, lo si è detto, queste non presentano, nep-
pure dal punto di vista terminologico, un pattern univoco; se il
loro riconoscimento non presenta evidenti difficoltà, per via
dell’appartenenza dei vocaboli chiave alla sfera dell’inganno e
del raggiro (o meglio, alla negazione di tali concetti), più arduo
risulta stabilire con certezza se vi fossero, e quali fossero, le
esatte sfumature di significato fra le nozioni espresse da GRYORa
DMSDYWKEODYEKWHYFQKPKFDQKYSURYIDVLa e simili71. Tuttavia,
anche a prescindere da un simile puntuale problema, che esula
dalle finalità della presente indagine, dalla semplice rassegna
delle locuzioni emerge il dato evidente che nei testi epigrafici
la clausola appare composta in genere almeno da una coppia di
termini, dei quali sovente l’uno ha significato in sé positivo
(SLVWRYa GLYNDLRa D-SORYa), mentre nell’altro la connotazione
‘non negativa’ è conferita dall’D privativo, anche se non man-

69
Come rileva anche A. CHANIOTIS, Kretischen Verträge 77 nt. 419.
70
Va da sé che anche la presente rassegna non ha comunque alcuna pretesa di
esaustività.
71
Un tentativo di precisare le differenze fra questi e altri termini (con una
valutazione non sempre condivisibile) in E.L. WHEELER, Stratagem 25-49;
sulla differenza fra DMSDYWK e GRYORa, vd. le pertinenti osservazioni di M.
DORATI, Cultura tradizionale 80-81, ntt. 23-24.

15
cano casi in cui i termini appartengono entrambi a quest’ultima
categoria, come nei binomi DMGRYOZa NDL DMEODEHYZa DMGRYOZa
NDL DMWHFQHYZa DMGRYOZa NDL DMSURIDVLYVWZa. Inoltre, è da ri-
marcare l’assenza, nelle testimonianze epigrafiche (con un paio
di eccezioni importanti, sulle quali si tornerà), di DMSDYWK, che
rappresenta invece uno dei sostantivi più comuni e insieme più
caratterizzanti per indicare l’inganno nella tradizione letteraria,
da Omero in poi72. Comunque sia, pur nella varietà del lessico,
D>GRORa – e, nella forma avverbiale, DMGRYOZa – si configura
senz’altro come il termine più antico, almeno nelle iscrizioni, e
il più frequente nelle clausole anti-deceit: infatti, compare già
nel trattato di ILORYWKafra Sibariti e Serdaioi (ante 510), dove è
presente la coppia SLVWRYa e D>GRORa73 e, soprattutto nella forma
avverbiale DMGRYOZarisulta il più attestato nelle iscrizioni. Lo si
riscontra infatti, tenendo conto anche dei documenti dove è
plausibilmente integrato dai moderni editori, in almeno cin-
quanta trattati, differenti fra loro per epoca, contesto geogra-
fico, contenuto dell’accordo e partners contraenti; quantunque
forse tediosa, la loro rassegna risulterà però utile ai fini della
ricerca.
Oltre al testé menzionato patto fra Sibariti e Serdaioi (po-
polazione di problematica identificazione, ma quasi certamente
indigena74), i documenti epigrafici che contengono senz’altro la
clausola D>GRORa/DMGRYOZa sono, in un approssimativo ordine
cronologico: l’accordo di pace e alleanza fra Sparta ed Etoli
Erxadiei75, anche costoro non precisamente individuabili76; i

72
Sul ruolo di DMSDYWK, in unione con GRYORa, nella tradizione letteraria vd. infra,
27 nt. 138; per un’analisi del valore specifico del termine vd. ancora M.
DORATI, Cultura tradizionale 80 nt. 23, e, in generale, M. DETIENNE, I maestri
di verità 45-58 e 79-110; P. CHANTRAINE, Dictionnaire étymologique de la
langue grecque I (Paris 1968) 95, s.v. DMSDYWK; cf. E.L. WHEELER, Stratagem
31-32.
73
SV II nr. 120 = ML nr. 10 = Nomima I nr. 42 = Philiai I nr. 28, ll. 3-4: HMSL
ILORYWDWLSLVWDCL NDMGRYORL. Un’altra recente edizione di questo problematico
testo in M. GIANGIULIO, La ILORYWKa tra Sibariti e Serdaioi (Meiggs-Lewis,
10), «ZPE» 93 (1992) 31-44; sul contesto storico vd. da ultimi C. AMPOLO, La
città dell’eccesso: per la storia di Sibari fino al 510 a.C., in Sibari e la
Sibaritide. Atti del XXXII Convegno di studi sulla Magna Grecia (Taranto
1993) 244-252; G. PANESSA, Philiai I, 92-101. Cf. anche infra, 32 nt. 161.
74
Vd. H. VAN EFFENTERRE/F. RUZÉ, Nomima I, 176; G. PANESSA, Philiai I,
95-97, con status quaestionis.
75
SEG XXVIII 408 = Nomima I nr. 55 = Philiai I nr. 30 ([DMGRY]ORa: l. 3): ca.
500-470. Vd. F. GSCHNITZER, Ein neuer spartanischer Staatsvertrag, und die
Verfassung des Peloponnesisches Bundes (Meisenheim an Glan 1978), e di

16
trattati di alleanza degli Ateniesi con i Reggini77, con i Leon-
tini78, con gli Aliei79, con le città dei Bottiei80 e (forse) con i
Segestani81; il decreto attico che riporta l’alleanza fra Atene e
Perdicca II di Macedonia, fra questi e Arrabeo re dei Licesti e
fra costui e Atene82; il trattato fra Taso e Neapolis a seguito
dell’arbitrato di Paro83, l’alleanza fra Atene e i dinasti Traci,
Peoni e Illiri84, l’accordo fra Atene ed Eretria stipulato intorno
al 34185, le alleanze dei Messeni con i Macedoni nel 31786 e

recente G. PANESSA, Philiai I ,108-111, con bibliografia precedente.


76
Forse una comunità autonoma e indipendente di origine etolica ma insediata
ai confini della Laconia: G. PANESSA, Philiai I, 110.
77
IG I3 53 = SV II nr. 162 = ML nr. 63 (SL]VWD NDL D>GRODNDLh[DSODC ll. 11-
12; SLV[WRLNDLGLNDLRLNDLLMV]FXURLNDLDMEODEHCall. 13-14): 448/7.
78
IG I3 54 = SV II nr. 163 = ML nr. 64 ([DMGRYORaN]DL [DMEOD]ERCa: l. 23; cf. 26-
27): 448/7.
79
IG I3 75 = SV II nr. 184 = Philiai I nr. 62 (DM!GRYORal. 5; [SLVWRCaNDL DMGRY
ORa] l. 25): 424/3; vd. G. PANESSA, Philiai I 237-239, ivi bibliografia.
80
IG I3 76 = SV II nr. 187 = Philiai I nr. 68 (SLVWRC[a] ND[L]DMGRYORa ll. 17-18;
cf. 14): 422; vd. P. FLENSTED-JENSEN, The Bottiaians and Their Poleis, in
M.H. HANSEN/K. RAAFLAUB (eds.), Studies in the Ancient Greek Poleis
(«Historia» Einzel. 95, Stuttgart 1995), 103-132; G. PANESSA, Philiai I 257-
263.
81
IG I3 11 (non integrato) = SEG XXXIX 1 (DMG]RY[O]Ra : l. 5): 458/7 o 418/7. Il
testo è da tempo oggetto di dibattito, per problemi di datazione: per un riesame
della documentazione e del contesto vd. S. CATALDI, I proponenti del trattato
fra Atene e Segesta e le correnti politiche ateniesi, «Kokalos» 38 (1992 [1995])
1-16; F. RAVIOLA, Tucidide e Segesta, in L. BRACCESI (a cura di), Hesperìa:
Studi sulla grecità d’Occidente 5 (Roma 1995) 75-119.
82
IG I3 89 = SV II nr. 186 = Philiai I nr. 66 (GLNDLYRa NDL DMGRYORa NDL
[DMEODERCa]: l. 29; DMGRYORa: l. 42): 423/422. Vd. N.G.L. HAMMOND/G.T.
GRIFFITH, A History of Macedonia (Oxford 1979) 130-135; R.M. ERRINGTON,
A History of Macedonia (Berkeley 1990) 15-16; per la data qui accolta vd. G.
PANESSA, Philiai I 250-253; per altre ipotesi di datazione vd. D. M. LEWIS, in
IG I3 pp. 105-108.
83
IG XII/5, 109 = SV II nr. 204 = Arbitrati I nr. 33 = SEG XXXVIII 852 (DM
GRYOZa: b l. 7): post 407. Per la datazione vd. L. PICCIRILLI, Arbitrati I 147-148,
e ora Y. GRANDJEAN/ F. SALVIAT, Décret d’Athènes restaurant la démocratie
a Thasos en 407 av. J.C. IG XII 8,262 complété, «BCH» 112 (1988) 272-274.
84
IG II2 127 = GHI nr. 157 = SV II nr. 309 (DMGRYOZa: c l. 41): 356.
85
IG II2 230 = SV II nr. 230 = SEG XXXV 59 ([GLNDLYZaNDL]DMGRYOZa: a ll. 7-
8). Cf. D. KNOEPFLER, Les Cinq-Cents à Érétrie, «REG» 98 (1985) 243-259.
Per un altro trattato di alleanza, stipulato nel IV sec. fra Atene ed Eretria, dove
è integrata la clausola [GLNDLYZa NDL DMGRYOZa] alle ll. 4-5 e 16-17, vd. D.
KNOEPFLER, Une paix de cent ans et un conflict en permanence: étude sur les
relations diplomatiques d’Athènes avec Érétrie et les autres cités de l’Eubée au
IVe siècle av. J.-C., in ED. FREZOULS/A. JACQUEMIN (éds.), Les relations
internationales. Actes du Colloque de Strasbourg 15-17 juin 1993 (Paris 1995),
362-364; cf. SEG XLV 1218 (dove A. CHANIOTIS suggerisce l’integrazione
alternativa [D-SOZCaNDLDMGRYOZa]: p. 322).

17
con il re Lisimaco intorno al 29587, nonché quella di Etoli e Fo-
cesi con i Beoti dell’inizio del III secolo88.
Quanto alle iscrizioni in cui il termine è stato – interamente
ma coerentemente – integrato dagli editori moderni, si tratta di
un decreto attico concernente la receptio in fidem di una polis
ignota89, del giuramento prestato dai Colofoni agli Ateniesi90,
della ‘quadruplice intesa’ fra Atene, Argo, Elide e Mantinea
nel 42091, dell’alleanza difensiva fra Atene ed Argo del
417/692, di un trattato di IV secolo fra Atene e Sifno93,
dell’alleanza di Pisati e Messeni con i Sicioni94, dell’accordo
fra Mausolo di Caria e Faselide95, del trattato fra Filippo II e i
Calcidesi96. Non è tutto: in età ellenistica DMGRYOZa risulta spesso
presente nelle convenzioni stipulate dalle città di Creta fra loro
o con altre potenze, come nelle alleanze di Rodi con
Hierapytna97 e con Olos98. Tuttavia, sulle peculiarità dei testi

86
SEG XLIII 135 (GLNDLYZa NDL DMGRY[OZa: ll. 11-12): vd. P. THEMELIS,
«PAAH» (1991 [1994]) 96-97 nr.1.
87
SEG XLI 322 (DMGRYOZa: ll. 3 e 19): vd. P. THEMELIS, «PAAH» 83 (1990
[1993]) 83-85 nr. 1.
88
IG IX/I2 1, 170 = Syll3 I 366 = SV III nr. 456, da Delfi (DMGRYOZa: a l. 10): ca.
292. Vd. H.H. SCHMITT, SV III 97-99, con altra bibliografia. La clausola DM
GRYOZaricorre anche in un trattato di alleanza fra Focesi e Beoti databile intorno
al 196: IG IX,1 98 l. 17.
89
IG I3 29 ([DMEODERCaNDLDMGRYORa] l. 7): ca. 450. Vd. A.G. WOODHEAD, in IG I3
pp. 32-33.
90
IG I3 37 ([DMGRYORaNDLDMEODERCa] l. 52) = SV II nr. 145 (non integrato) = ML
nr. 47 (non integrato): ca. 447/6. Per il contesto cf. R. MEIGGS/D. LEWIS, in
ML 121-125.
91
IG I3 83 = SV II nr. 193 ([DMGRYORaNDLDMEODEHCa] l. 3): cf. infra, 19-20.
92
IG I3 86 ([DMGRYORaNDLDMEODEHCa]: l. 3) = SV II nr. 196 (non integrato).
93
SEG XVII 19 = SV II nr. 294 ([DMGRYOZa]: l. 7): ca. 360.
94
SEG XXII 339 = XXIX 405,2 ([DMGRYOZaNDL DMEODE]HYZa: b ll. 5-6): 365. Vd.
S. DUŠANIû, Arkadika «MDAI(A)» 94 (1979) 117-128.
95
TAM II 3, 1183 = SV II nr. 260 (DMGRYOZaNDL DME]ODEHYZa l. 4): tra 377/6 e
353/2. Per il contesto vd. S. HORNBLOWER, Mausolus (Oxford 1982), 122-123,
153 nt. 127, 367-368.
96
GHI nr. 158 = SV II nr. 308 ([DMGRYOZa]/DMWHFQHYZa: l. 5): 357/6. Vd. di recente
S.N. CONSOLO LANGHER, Stati federali greci («Quaderni di Messana» 4,
Messina 1996) 77-82, con ulteriore bibliografia.
97
SV III nr. 551 (DMGRYOZa NDL DMSURIDVLYVWZa: l. 89): ca. 201/200. Vd.
SCHMITT, SV III, 314-20, e ora F. GUIZZI, Hierapytna 326-327, 394-398, ivi
discussione e bibliografia.
98
SV III nr. 552 (DMGRYOZaNDL[DMSURIDVLYVWZa]: c l. 14): ca. 201/200. Vd. H.H.
SCHMITT, SV III, 321-324. Per l’attestazione della formula in altri trattati
stipulati da Rodi nel II sec. vd. e.g. IG XII Suppl. 120 (DMGRYOZa NDL
DMSURIDVLYVWZa: ll. [8], 12, 16): ca. 190; SEG XXXIII 638 (D-SORYZa NDL
DMGRYOZa: l. 8): 111/110.

18
cretesi, in cui le anti-deceit clauses appaiono elaborate e in cui
si segnalano per la loro frequenza le formule D-SOZ
a NDL
DMGRYOZa eDMGRYOZaNDL DMSURIDVLYVWZa100 si avrà occasione di
tornare più avanti. Nel complesso, è qui sufficiente rilevare
che, benché attestato assai raramente nelle epigrafi anche in
altra accezione101, il termine D>GRORa/DMGRYOZasi configura come
centrale e specifico del lessico degli accordi interstatali,
dall’epoca arcaica all’età ellenistico-romana: tale preminenza
appare confermata pienamente dall’analisi delle fonti letterarie,
nelle quali è spesso, sebbene – va da sé – non esclusivamente,
impiegato in contesti interstatali, in riferimento sia al testo vero
e proprio di trattati, sia alla descrizione più o meno dettagliata
di mediazioni e negoziati diplomatici.
Particolarmente significativa appare in questa prospettiva la
testimonianza di Tucidide, il quale adopera l’aggettivo D>GRORa
e l’avverbio DMGRYOZa – in unione con termini come GLNDLYZa o
DMEODEZ
a pure ben documentati nelle clausole epigrafiche, o
con DMGHZ
a e SURTXYPZa – unicamente nel riferire à la lettre il
dettato di alcuni accordi interstatali, stipulati tutti nella mede-
sima temperie politica e militare, quali la tregua annuale del
423 fra Atene e Sparta, il trattato della ‘pace di Nicia’ e quello
dell’alleanza fra le due poleis nel 421, e infine la [XPPDFLYD del
420 fra Atene, Argo, Elide e Mantinea. Infatti, a dire dello sto-
rico la prima condizione prevista dal testo della tregua del 423

99
Kretischen Verträge nr. 13, l. [12]; nr. 19, ll. 10-11; nr. 26, ll. 16 e 22; nr. 27,
ll. 7-8, 62 e 63, [77]; nr. 31 A l. 4; nr. 37, ll. [5-6]; nr. 59, ll. [5], 87; nr. 60
Copia A, C l. [9], Copia B, l. 8; nr. 61 Copia A ll. 3-4, [78], Copia B l. 12; nr.
74, l. 16.
100
Kretischen Verträge nr. 12, l. [6]; nr. 23 A l. 2; nr. 59, l. 9. Per altre
attestazioni (non cretesi) del binomio DMGRYOZa NDL DMSURIDVLYVWZa in età
ellenistica vd. TAM III 2 l. 18 (da Termesso, Pisidia: accordo fra Termesso e
Adada del II sec.); SEG XXXVI 973 (da Euromos, Caria: accordo fra Zeuxis e
gli abitanti di Euromos, detti Filippei, del 198/7), su cui da ultimo J. MA,
Antiochos III and the Cities of Western Asia Minor (Oxford 1999) 85-86 ed
Epigraphical Dossier nr. 23, p. 338.
101
Nel senso di ‘non adulterate’, ‘genuine’ – riferito a merci – D>GRODricorre in
un trattato fra le città eoliche di Ege e Olimpo databile forse al III sec. (SV III
nr. 456; cf. L. MORETTI, Epigraphica, «RFIC» 94 [1966] 290-299) e nella
riforma di Mnasistratos dei Misteri di Andania (IG V/1, 1390 l. 100: del
92/91), su cui vd. M.L. ZUNINO, Hiera Messeniaka (Udine 1997) 304-315,
322-334. Non è qui presa in considerazione la formula D>QHXGRYORXSRQKURXC,
presente in diversi documenti di età romana in Asia Minore e a Delfi, in quanto
traduzione della formula giuridica latina sine dolo malo: vd. E.L. WHEELER,
Sophistic Interpretations 266-268, con bibliografia.

19
era la facoltà, per entrambe le parti in causa, di consultare
l’oracolo delfico DMGRYOZaNDL DMGHZ
aNDWD WRXaSDWULYRXaQRY
PRXa(4,118,1), mentre nella sua versione del dettato della pace
del 421 il binomio D>GRORa/DMGRYOZaconnotava sia il patto in sé
(H>WK GH HL?QDL WDa VSRQGDa SHQWKYNRQWD DMGRYORXa NDL
DMEODEHLCa: 5,18,3), sia il giuramento prestato da entrambe le
parti (HMPPHQZC WDL
a[XQTKYNDLaNDL WDLCaVSRQGDLCaWDLCVGHGL
NDLYZa NDL DMGRYOZa: 5,18,9), esattamente come nel testo
dell’alleanza di Atene con Argo Elide e Mantinea, in cui la
clausola era applicata sia al patto (VSRQGDa HMSRLKYVDQWR 
DMGRYORXa NDL DMEODEHL
a: 5,47,1) sia al giuramento relativo
(HMPPHQZC WK
 [XPPDFLYD NDWD WD [XJNHLYPHQD GLNDLYZa NDL
DMEODEZ
a NDL DMGRYOZa: 5,47,8); di contro, nell’alleanza fra
Atene e Sparta l’espressione risulta presente soltanto nei vicen-
devoli giuramenti (WDXCWDG’HL?QDLGLNDLYZaNDLSURTXYPZaNDL
DMGRYOZa: 5,23,2 e 3). Come è stato sottolineato102, e come il raf-
fronto fra la versione tucididea e quella epigrafica della ‘alle-
anza separata’ del 420 ha confermato103, si tratta di pure tra-
scrizioni diplomatiche degli originali, senza alcun tentativo di
rielaborazione stilistica da parte dello storico. L’uso selettivo di
D>GRORa/DMGRYOZa in tali precise circostanze, e in esse soltanto,
induce di conseguenza a ritenere che le clausole fossero di fatto
presenti nel dettato degli accordi, confermando così la centra-
lità di questo termine nel lessico convenzionale delle relazioni
interstatali. Mutatis mutandis, conclusioni analoghe si potreb-
bero trarre dalle commedie pervenute di Aristofane, in cui
D>GRORa compare due sole volte, in entrambe unito a GLYNDLRa e
riferito all’ambito ‘interstatale’, in senso proprio in
un’occorrenza (Lys. 169), ove si allude al rispetto della pace
che le donne aspiravano a far siglare ad Ateniesi e Spartani, in
senso lato nell’altra (Av. 632), concernente l’impegno vicende-
vole del giuramento che sanciva l’alleanza sui generis fra gli
ethne degli uomini (Pisetero) e degli uccelli. Al di là della
cautela, sempre d’obbligo di fronte ai testi comici, la testimo-

102
Vd. soprattutto L. CANFORA, Trattati in Tucidide, in L. CANFORA/M.
LIVERANI/C. ZACCAGNINI (a cura di), I trattati nel mondo antico. Forma
ideologia funzione (Roma 1990) 193-216, in partic. 201-203.
103
Sul confronto fra la trascrizione tucididea del trattato (5, 47) e il testo
epigrafico (IG I3 83) vd. le osservazioni di H. BENGTSON in SV II nr. 193, 128-
29, e di L. CANFORA, Trattati in Tucidide 202 e nt. 14.
104
E di espressioni come PKYWHWHYFQKPKYWHPKFDQK
 PKGHPLDC: 5,18,4; 47,2 e 8:
vd. infra, 23-24 e nt.122.

20
nianza aristofanea appare degna di nota, giacché la finalità
senz’altro parodistica dell’espressione GLYNDLRaD>GRORamilita a
favore della sua appartenenza al linguaggio tecnico dei trat-
tati105.
Taglio meno puntuale, ma sempre connesso a rapporti fra
stati ha DMGRYOZa in Senofonte, che lo impiega di preferenza in
riferimento all’ambiente achemenide, per definire impegni as-
sunti dai Persiani106: in particolare, designa i (menzogneri) giu-
ramenti prestati da Tissaferne a Clearco e ai suoi mercenari
prima107 e ad Agesilao poi108. Ancora, al medesimo ambito ri-
manda il suo uso da parte di Demostene (16, 27-28), il quale
proponeva che i Megalopolitani fossero VXYPPDFRL EHEDLYZa e
DMGRYOZa degli Ateniesi, e di Polibio (1,78,7) a dire del quale il
numida Navara si sarebbe presentato al cartaginese Amilcare
desideroso di divenirne amico (ILYORa) e di condividerne
DMGRYOZa ogni impresa. Infine, non è forse del tutto fortuito il
fatto che Diodoro (3,71,6), nel dar conto delle tradizioni mito-
logiche sulle lotte dei Titani con Dioniso, ascrivesse al dio
l’istituzione sia di una libagione rituale con gli ex nemici
(VSRQGKY) da cui poi sarebbe invalso l’uso di indicare con
VSRQGDLY le HMQ WRLCa SROHYPRLa GLDOXYVHLa, sia del giuramento
con cui i Titani si impegnavano a VXVWUDWHXYVHLQDMGRYOZaNDL
PHYFULWHOHXWKCaEHEDLYZaGLDJZQLHLCVTDL.
La stessa piena corrispondenza fra tradizione letteraria e
occorrenze epigrafiche individuabile per D>GRORa/DMGRYOZanon si
ha, per contro, nel caso di RXMGH WHYFQK RXMGH PKFDQK
 (o sue va-
rianti), formula inclusa da Wheeler nel novero delle anti-deceit
clauses per via dell’appartenenza dei sostantivi chiave, WHYFQK e

105
Vd. nel medesimo senso i commenti di A.H. SOMMERSTEIN (in
ARISTOPHANES, Lysistrata [Warminster 1990] 163 ad loc.), di G. ZANETTO (in
ARISTOFANE, Gli Uccelli [Milano 31992] 233 ad loc.), e di N. DUNBAR (in
ARISTOPHANES, Birds [Ox-ford 1995] 411-412 ad loc.).
106
Cyr. 4,4,11; 7,4,3 e 5.
107
An. 2,2,9; 2,3,26; cf. 3,2,24.
108
Hell. 3,4,5-6; Ages. 1,11. L’unica attestazione di DMGRYOZa in contesto militare
e non diplomatico è in Hell. 4,4,9.
109
Va osservato che l’unica altra occorrenza di DMGRYOZain DIODORO (32,6,2) si
riferisce anch’essa all’ambito interstatale, in quanto indica la modalità della
consegna delle armi da parte dei Cartaginesi ai Romani, dopo la resa; anche
POLYB. 36,6,6 impiega, per il medesimo episodio, una formula simile: FZULa
GRYORXNDL DSDYWKa: cf. infra, 27 e nt. 138. Per altre testimonianze dell’uso di
DMGRYOZa in ambito interstatale vd. NIC. DAM. FGrHist 90 F 101; DION. HAL.
Ant. Rom. 1,58,5; 3,8,4; 7,32,3; PLUT. Dem. 32,2; APP. B Civ. 4,12,98; Syr. 67
e 199.

21
PKFDQKY al lessico della PKCWLa, dell’astuzia e degli strata-
gemmi. E, di fatto, questa locuzione è presente (solo nei giu-
ramenti) in svariati documenti epigrafici, quali le disposizioni
ateniesi per Calcide110 ed Eretria111, il trattato di Atene con le
città dell’isola di Ceo112, i già menzionati patti fra Atene, Argo,
Elide, Mantinea113 e fra Taso e Neapolis114, l’accordo fra le
città greche e i satrapi d’Asia Minore del 362/1115, la pace del
338/7 fra i Greci e Filippo II116 e alcuni altri documenti di età
ellenistica e di area micrasiatica117: di norma, la si intende
nell’accezione ‘letterale’ di «senza alcun artificio o macchina-
zione», con un valore, cioè, equivalente a quello attribuibile ad
D>GRORa/DMGRYOZa
Tuttavia, il confronto con le occorrenze nelle fonti letterarie

110
IG I3 40 = SV II nr. 155 = ML nr. 52 (RX>WH WHY[F]QHL RX>WH PHFDQH
L
RXMGHPLDCL ll. 22-23): 446/5. Per uno studio del decreto vd. J.M. BALCER, The
Athenian Regulations for Chalkis («Historia» Einz. 33, Wiesbaden 1978).
111
IG I3 39 = SV II nr. 145 (RX>WHWHY[FQKLRX>WHPKFDQK
LRXMG]/[H]PLDCL l. 8):
446/5. Vd. J.M. BALCER, The Athenian Regulations 52-55.
112
IG II2 111 = GHI nr. 142 = SV II nr. 289 (RX>[WH WHYFQKL RX>]WH PKFDQK
L
RMGHPLDCL ll. 63-64; cf. l. 78): 363/2. Per una recente edizione del testo vd. B.
GUAGLIUMI, Il racconto di una stasis nel decreto ateniese per Iulis, «Quad.
Dip. Filol., Ling. e Trad. Class.» n.s. II (2003) 25-47, con bibliografia
precedente.
113
IG I3 83 = SV II nr. 193 (WHYFQHL [PHGH PHFDQH
L PHGHPLDCL] ll. 6-7). Cf.
THUC. 5,47,8.
114
IG XII/5, 109 = SV II nr. 204 = Arbitrati I nr. 33 = SEG XXXVIII 852 ([RXM
GHWHYFQKLRXM]GHPKFDQK
L: b ll. 9-10): vd. supra 17 nt. 83.
115
IG IV 556 = GHI nr. 145 ([WHYFQKLPKG]HPLDCLPKGHPKFDQK
L: ll. 10-11): per
i problemi suscitati da questo testo vd. M.N. WEISKOPF, The so-called ‘Great
Satraps’ Revolt’, 366-360 B.C. («Historia» Einz. 63, Wiesbaden 1989) 84-85;
R.A. MOYSEY, Diodorus and the decline of the Persian Empire, «AHB» 5
(1991) 113-122; P. BRIANT, Historie de l’empire perse. De Cyrus à Alexandre
(Paris 1996) 677-678; P. DEBORD, L’Asie Mineure au IVe siècle (412-323 a-C.)
(«Ausonius» – Études 3, Bordeaux 1999) 348 nt. 346.
116
IG II2 236 = GHI nr. 147 = SV II nr. 403 (WHYFQKLRXMGHPL[DCLRX>WHPKFDQK
L]:
a col. I, ll. 10-11), su cui M.N. TOD, in GHI, 224-230; A.J. HEISSERER,
Alexander the Great and the Greeks. The Epigraphical Evidence (Norman,
Oklahoma 1980), XXIII-XXV.
117
Vd. Milet I.3, 149 (WHYFQK RXMGHPLDCL RXMGH PKFDQK
L: l. 55), sympoliteia tra
Mileto e Pidasa del 187/6, su cui di recente PH. GAUTHIER, Les Pidaséens
entrent en sympolitie avec les Milésiens: la procédure et les modalités
institutionnelles, in A. BRESSON/R. DESCAT (éds.), Les cités d’Asie Mineure
Occidentale au IIe siècle a.C. («Ausonius» – Études 8, Bordeaux 2001) 117-
127; Milet I.3, 150 (WHYFQKLRXMGHPLDCLRXMGHPKFDQK
L: l. 110), trattato fra Mileto
ed Eraclea al Latmo, forse del 185/4: vd. P. HERRMANN, Milet au IIe siècle
a.C., in A. BRESSON/R. DESCAT (éds.), Les cités d’Asie Mineure 109-116;
I.Smyrna II/1 573 (RX>WHWHYFQK RX>WH[PKFD]QK
LRXMGHPLDCL: l. 73), sympoliteia
fra Magnesia al Sipilo e Smirne, ca. 245.

22
suscita alcuni interrogativi, giacché in queste ultime sembra
che RXMGH WHYFQK RXMGH PKFDQK
 avesse invece un’accezione più
generale o, meglio, ‘omnicomprensiva’. Infatti, l’espressione in
questione si trova sì talvolta nelle fonti, ma non tanto col valore
specifico di «senza espedienti e macchinazioni» quanto piutto-
sto con quello assoluto di «in nessun modo», «con nessun
mezzo», vale a dire senza riferimenti ristretti alla sola sfera
dell’inganno118; lo si evince soprattutto dalle ricorrenze della
variante ‘positiva’ SDYVK WHYFQK NDL PKFDQK
, utilizzata da Se-
nofonte (An. 4,5,16; 7,2,8), Lisia (19,11 e 53), Platone (Leg.
831d) e [Demostene] (59, 16)119: per limitarsi a un unico illu-
minante caso, l’invito di Lisia ai giudici affinché «SDYVKWHYFQK
NDL PKFDQK
 HMOHKYVDWH» (19,53) porta a escludere qualsivoglia
legame fra la locuzione e l’inganno o la frode. Anche laddove
la formula è ‘negativa’120 – come lo è senza eccezione alcuna
nelle iscrizioni – non è affatto certo che sia da interpretare
stricto sensu121, benché in questa forma appartenga senz’altro
al lessico giuridico o, più propriamente, a quello dei giura-
menti; tuttavia, dato forse più interessante, nelle fonti letterarie
è adoperata in relazione a impegni giurati in accordi interstatali
solo da Tucidide, il quale la include nella trascrizione dei giu-

118
Così già LSJ, 1785 s.v. WHYFQK I.3,: «way, manner or means whereby a thing
is gained, without any definite sense of art or craft».
119
Nella Contro Neera la clausola ‘positiva’ ricorre nel testo della legge citata
dall’accusa (59,16) e quella ‘negativa’ nel discorso dell’accusatore (17): il
carattere neutro di tale formula, priva di ogni riferimento alla frode o al dolo, è
evidenziato da K.R. WALTERS, Perikles’ Citizenship Law, «CA»2 2 (1983)
314-336, in partic. 321; cf. anche, nel medesimo senso, K.A. KAPPARIS, in
APOLLODOROS, Against Neaira [D. 59] («Untersuch. zur antiken Literatur und
Geschichte» 53, Berlin/New York 1999) 205-206.
120
LYS. 13,95; PLAT. Clit. 408e, e soprattutto DEM. 24,150 (giuramento degli
eliasti): su quest’ultimo testo vd. J. PLESCIA, Oath 26-29; R. SEALEY, The
Justice of the Greeks (Ann Arbor 1994) 51-52. Cf. la variante WURYSZK@PKFDQKC
KW
- LQLRXCQin DEM. 21,113 (testo di legge), con il commento di D. MC DOWELL,
in DEMOSTHENES, Against Meidias (Oxford 1990) 338.
121
Tuttavia, la formula in DEM. 24,150 è tradotta «by any subterfuge or trick
whatsoever» da J. PLESCIA, Oath 27, e «senza ricorrere a espediente o artificio
alcuno» da P.M. PINTO, in DEMOSTENE, Discorsi in tribunale II (Torino 2000)
405: ma vd. le osservazioni di K.R. WALTERS, Perikles’ Citizenship 321, di
K.A. KAPPARIS, in APOLLODOROS, Against Neaira 205, e di E. AVEZZÙ, in
DEMOSTENE, Processo a una cortigiana (Contro Neera) (Venezia 21987) 158
nt. 23.

23
ramenti dei trattati del 421 e del 420122, documenti che lo sto-
rico, si è visto, cita testualmente.
A fronte di tali divergenze è da chiedersi se l’uso letterario
dell’espressione RXMGH WHYFQK RXMGH PKFDQK
 fosse nella sostanza
differente da quello epigrafico o se, in alternativa, anche nelle
iscrizioni questa avesse un valore meno circoscritto, più gene-
rale (e quindi più impegnativo) rispetto a quanto normalmente
inteso, indicando cioè il divieto di qualsiasi violazione del
patto e del giuramento, non solo del ricorso a espedienti o arti-
fici ingannevoli. Se così fosse, si dovrebbe concludere che que-
sta formula non fosse del tutto assimilabile ad D>GRORa/DMGRYOZa
e – in ultima analisi – non fosse neppure propriamente una
anti-deceit clause, bensì una clausola impositiva di portata
maggiore, comprendente al suo interno anche (ma non solo) il
divieto di servirsi di inganni ed artifici123. Una conclusione non
dissimile potrebbe trarsi anche dall’analisi dei documenti epi-
grafici che la riportano, spesso in aggiunta ad DMGRYOZa, i quali
rivelano infatti toni decisamente ingiuntivi; tuttavia, prima di
verificare il contesto storico dei vari documenti che contengono
‘clausole precauzionali’ è opportuno accennare anche ad altre
varianti attestate per via epigrafica, quali per esempio
DM\HXYGZQ, nella VXQRLNLYD fra le poleis arcadi di Orcomeno e
Euaimon124 o le circostanziate formule dei trattati cretesi di III
e II secolo125.

122
5,18,4 (pace di Nicia: PKYWH WHYFQK PKYWH PKFDQK
  PKGHPLDC) ; 5,47,8
(alleanza di Atene, Argo, Elide, Mantinea: RXM SDUDEKYVRPDL WHYFQK RXMGH
PKFDQK
 RXMGHPLDC).
123
Alla medesima sfera sembra da ascrivere anche il binomio ORYJRa/H>U > JRa (o
H>SRa/H>U
> JRa), presente nelle iscrizioni sia in versione ‘positiva’ NDL ORYJZ NDL
H>UJZ (già in SV II nr. 110 [trattato fra Elei ed Erei] nella forma DL>WHÇHYSRa
DL>WHÇDYUJRQe soprattutto, con grande frequenza, nei decreti onorari: e.g. IG
I3 27, II2 495, 496, 1304, IV 190, VII 1, XI/4 562, 563; XII/7 6; SEG XXVIII
102) sia in versione ‘negativa’ RX>WHORYJZ RX>WHH>UJZ (p.es. IG I3 37, 48, 62;
XII/5 109; SEG XLI 508) oppure RXMG’ H>SHL RXMG’ H>UJZ, affiancato a RX>WH
WHYFQK RX>WH PKFDQK
 in trattati già menzionati (p. es. IG I3 39, 40): è assai
probabile che in questi casi l’espressione ‘né con le parole, né con i fatti’
implicasse il rispetto assoluto dell’impegno preso, senza puntuali riferimenti
all’inganno o alla circonvenzione del giuramento. Nella tradizione letteraria il
nesso è molto comune, sia in prosa sia in poesia: vd. LSJ, 676 s.v. H>SRa II. 1;
683 s.v. H>UJRQ I.4.
124
IG V/2 343 = SV II nr. 297 = Sinecismi I nr. 43 (DM\HX[G]KYZQC ll. 44-45; cf.
73-74): ca. 369-363. Analisi dettagliata e status quaestionis in M. MOGGI,
Sinecismi I nr. 43, 272-290.
125
Disamina del formulario interstatale delle iscrizioni cretesi da parte di A.
CHANIOTIS, Kretischen Verträge 63-100, in partic. 76-77 (formule di

24
Maggiori spunti di interesse offre una celebre anti-deceit
clause letteraria126, vale a dire D>QHXWHGRYORXNDLDMSDYWKa, che
è stata talora127 ritenuta tipica dei trattati greci: tuttavia, sono
solo l’autorità e l’indiscutibile fascino esercitato da Erodoto, il
quale la impiega in più occasioni, che possono aver originato
una simile impressione, in quanto l’espressione non sembra
affatto aver goduto di grande fortuna. Al contrario, è attestata
epigraficamente in due sole iscrizioni della fine del IV se-
colo128, e anche nella tradizione letteraria è oltremodo rara, in
quanto – nella esatta formulazione erodotea – è adoperata una
sola volta da Dionigi di Alicarnasso nelle Antiquitates Roma-
nae129, per descrivere la pretestuosa offerta avanzata dai Volsci
ai Romani, su consiglio di Marcio Coriolano, con l’unico fine
di ottenere l’appiglio per un bellum iustum (8,9,3-10,1).
A ogni modo, Erodoto – si diceva – vi ricorre ben tre volte,
sempre in contesto interstatale, utilizzandola: 1. all’interno
della formale richiesta di ILOLYD e VXPPDFLYD avanzata nel
548/7 da Creso agli Spartani (1,69,2)130; 2. nell’ambito della
proposta di alleanza (R-PDLFPLYD) rivolta agli Ateniesi nel 480 da
Alessandro I di Macedonia, latore del messaggio inviato da
Mardonio su mandato di Serse (8,140,D4)131; 3. ancora in rela-
zione all’offerta di alleanza, qui definita VXPPDFLYD, dei Per-
siani agli Ateniesi, nel resoconto delle condizioni di tale propo-
sta fatto dagli inviati ateniesi a Sparta nel 479 (9,7,D1).

giuramento), 87-94 (alleanze bilaterali) e 94-100 (accordi dettati da egemone).


126
E.L. WHEELER (Sophistic Interpretations 257 nt. 17), pur menzionandola in
nota, la esclude dall’analisi.
127
P.es. da G. NENCI, Les rapports internationaux 69; A. MASARACCHIA, in
ERODOTO, La battaglia di Salamina, Libro VIII delle Storie (Milano 41999)
229; G. PANESSA, Philiai I, 79; D. ASHERI, in ERODOTO, Le Storie VIII
(Milano 2003) 358. Neppure chi scrive si è sottratta alla suggestione: F.
GAZZANO, La diplomazia 62.
128
I termini GRYORa e DMSDYWK si trovano accostati, benché non secondo la
formula ‘erodotea’, solo in un’altra iscrizione (SEG IX 73, l. 11), legge di
Cirene del II/I sec. concernente suppellettili sacre.
129
8,9,3: 2XMRORXYVNRLa SHUL SROORXC HMVWLHL?QDL ILYORLa NDL VXPPDYFRLa
D>QHXGRYORXNDLDMSDYWKa.
130
La storicità di tale alleanza, talvolta messa in discussione (L. MORETTI,
Sparta alla metà del VI secolo, «RFIC» 26 [1948] 213-222), è per contro assai
probabile: V. LA BUA, Gli Ioni e il conflitto lidio-persiano, «MGR» 5 (1977)
40-43; D. ASHERI, in ERODOTO, Le Storie I (Milano 41997) 312; G. PANESSA,
Philiai I nr. 24, pp. 78-79.
131
Su tale discorso vd. di recente L. PICCIRILLI, L’invenzione 47-51; D.
ASHERI, in ERODOTO, Le Storie VIII 355-359.

25
In tutte le tre occorrenze, due delle quali alludono alla me-
desima istanza, l’espressione concerne negoziati fra Greci e
non Greci, i Lidi prima, i Persiani poi; inoltre, qualora la sua
adozione non fosse da ricondurre unicamente a una predile-
zione stilistica dello storico, il suo impiego andrebbe ascritto
agli ‘orientali’, ai quali spettava di fatto l’iniziativa diploma-
tica. In ultimo, in nessuno dei casi la formula è inserita
all’interno di un giuramento, ma è parte integrante
dell’accordo; tuttavia, va parimenti rilevato che non si è in pre-
senza di trattati veri e propri, quanto piuttosto di negoziati, che
in un caso – l’alleanza fra Creso e Sparta – si risolsero con la
stipulazione di «R^UNLD [HLQLYKa SHYUL NDL VXPPDFLYKa» non
ulteriormente precisati dallo storico (1,69,3), mentre nell’altro
non ebbero alcun seguito.
Quanto alla documentazione epigrafica, la presenza di D>QHX
GRYORX NDL DMSDYWKa riveste, come si è accennato, carattere di
vera eccezione: s’incontra infatti in due sole iscrizioni (che
Wheeler non considera), entrambe provenienti da Iasos e ap-
partenenti al medesimo milieu133. Nel primo caso si tratta di un
decreto di Iasos, databile fra 309 e 305, concernente un trattato
fra Tolemeo I, i ‘condottieri’ Macaone, Ierone e Sopolis con le
loro truppe e la città stessa di Iasos (I.Iasos I 2). Qui la formula
è ripetuta ben tre volte, all’interno dei vicendevoli giuramenti
prestati dai tre comandanti militari e dai loro soldati agli abi-
tanti di Iasos (l . 39), da Tolemeo I (l. 46) agli altri partners e
dagli abitanti di Iasos e dallo stesso Tolemeo fra loro (l. 51); in
tutte e tre le occorrenze si riferisce alla promessa di attenersi
con lealtà ai patti appena conclusi. La seconda iscrizione
(I.Iasos I 3) è invece una lettera, contenuta nella stessa stele del
decreto-trattato e redatta successivamente al 305 (Tolemeo ha
il titolo di re: ll. 8, 15, 25), inviata da Aristobulo e da Ascle-
piodoto agli abitanti di Iasos; su richiesta degli ambasciatori
locali, i due mittenti, uomini di fiducia di Tolemeo, si impe-
gnavano con giuramento a mantenere la libertà e l’autonomia

132
Il termine non è equivalente a R^UNRa (giuramento) e in Omero denota
piuttosto il patto, l’accordo: D. COHEN, ‘Horkia’ and ‘Horkos’ in the Iliad,
«RIDA» 27 (1980) 49-68; sull’impiego di R^UNLRQ/ R^UNLDda parte di Erodoto
vd. P. KARAVITES, Promise-Giving 66-69.
133
I documenti, pubblicati originariamente da G. PUGLIESE CARRATELLI,
Supplemento epigrafico di Iasos, «ASAA» 29-30 (1967/68) 437-445 (A e B)
sono ora editi e commentati da W. BLÜMEL, in I.Iasos I, 2, pp. 12-16, e 3, pp.
16-19, cui si rimanda per il contesto storico e la bibliografia precedente.

26
della città, a imporre lo stesso tributo imposto dal re, a portare
aiuto per mare e per terra in caso di attacco nemico e a benefi-
care la città NDLORYJZLNDL H>UJZLD>QHXGRYORXNDL DMSDYWKa (ll.
17-18 e 27-28). La ripetizione regolare della formula in queste
due iscrizioni è significativa134, proprio per l’assenza di altre
testimonianze; nondimeno, è pressoché impossibile stabilire
quali fossero le motivazioni di tale circoscritta e tardiva for-
tuna.
In via del tutto ipotetica, si potrebbe congetturare che, data
la scarsità delle attestazioni nella documentazione superstite, la
formula D>QHXGRYORXNDL DMSDYWKa fosse in realtà tipica non già
dei trattati greci, quanto piuttosto dello stesso Erodoto135, e che
la sua ripresa da parte di Dionigi costituisse se non proprio una
citazione testuale, almeno una reminiscenza del vocabolario
erodoteo delle trattative interstatali136; in via ancor più ipotetica
alla stessa matrice sarebbe possibile addebitare il recupero
della locuzione nelle due iscrizioni di Iasos, del cui dettato si
potrebbe ritenere artefice Tolemeo il quale, da storiografo, po-
trebbe aver avuto presente l’opera del pater historiae137.
In ogni caso, si tratta di una mera congettura, impossibile
da verificare: piuttosto, da un lato importa notare che
l’accostamento di GRYORa e DMSDYWK è tutt’altro che raro, nelle
fonti letterarie, in relazione a trattative e accordi fra stati138;

134
«Une formule nouvelle» la definisce L. ROBERT, «BE» 7 (1971-1973) 501.
135
Va rilevata la coincidenza che sia Erodoto, sia Dionigi erano nativi di
Alicarnasso e che le iscrizioni provengono da Iasos, entrambe città della Caria:
tuttavia, la formula in questione non sembra ricorrere in altre iscrizioni
provenienti da località carie.
136
Sulla conoscenza e sulla valutazione di Erodoto da parte di Dionigi vd. de
Imit. 11,3; de Thuc.5 e 23,6-7, con le osservazioni di W.K. PRITCHETT, in
DIONYSIUS OF HALICARNASSUS, On Thucydides (Berkeley/Los Angeles
/London 1975) 81-83, e di G. AUJAC, in DENYS D’HALICARNASSE, Opuscules
rhétoriques IV (Paris 1991) 21-24.
137
E’ però da ammettere che il carattere ‘militare’ della storiografia di Tolemeo
mal si concilia con un’eventuale imitazione di modelli erodotei. Sull’opera di
Tolemeo (FGrHist 138), utilizzata estensivamente da Arriano, vd. L. PEARSON,
The Lost Histories of Alexander the Great (Philadelphia 1960), P. PÉDECH,
Historiens compagnons d’Alexandre: Callisthène, Onesicrite, Nearque,
Ptolemée, Aristobule (Paris 1984) e il conciso ma aggiornato profilo di A.
MAGNETTO, Gli storici di Alessandro Magno, in M. BETTALLI (a cura di),
Introduzione alla storiografia greca (Roma 2001) 119-124, con bibliografia
(146-147).
138
Vd. p.es. POLYB. 36,6,6 (fra le condizioni di resa dettate dai Romani ai
Cartaginesi è la consegna delle armi FZULaGRYORX NDL DMSDYWKa); DION. HAL.
Ant. Rom. 6,16,2 (accuse dei Romani agli ambasciatori-spie inviati dai Volsci,

27
dall’altro, vale la pena sottolineare che una formula assai simile
a quella erodotea – D>QHXGRYORXNDL HMSLERXOKCa – è contenuta
nel giuramento dell’alleanza siglata nel 215 fra i Cartaginesi,
Filippo V di Macedonia e i rispettivi alleati, riportato testual-
mente da Polibio (7,9,8). Il passo polibiano appare in questa
prospettiva meritevole di attenzione, giacché è opinione condi-
visa139 che lo storico si fosse limitato a trascrivere il testo origi-
nale del trattato; inoltre, questo sarebbe stato tradotto in greco
dalla cancelleria di Annibale, conservando la struttura e
l’andamento tipici degli accordi cartaginesi, che prevedevano
la specularità delle dichiarazioni dei contraenti140. Anche in
questa occasione, come già in Erodoto, la responsabilità
dell’inserimento della clausola spetterebbe dunque a una po-
polazione ‘orientale’, e comunque non greca.
Come che sia, l’eventualità di un’origine orientale
dell’inserimento di formule ‘precauzionali’ pone problemi
troppo vasti per l’obiettivo limitato di queste pagine; basti qui
notare in breve che se nei documenti interstatali del Vicino
Oriente non sembrano ricorrere anti-deceit clauses analoghe a
quelle greche141, si è però postulata la dipendenza della locu-
zione ‘positiva’ R^UNLD SLVWDY da formule antico-orientali, le-
gate alla pratica degli accordi risalenti addirittura al II millen-
nio, come nell’accadico – lingua franca delle comunicazioni
interstatali fra i grandi imperi dell’epoca – risku dannu (legame
forte, degno di fede) e soprattutto mƗmƯtu dannu (giuramento
forte, degno di fede), che ha paralleli anche in ebraico e in it-
tita142. Non solo: nei cosiddetti ‘giuramenti di fedeltà’ imposti

rei di comportarsi PHVWRQGRYORXNDLDMSDYWKa); IOS. Ant. Iud. 18,326 (stipula di


un’alleanza GRYORX NDL DMSDYWKa FZULYa fra gli Ebrei di Babilonia e il re dei
Parti, per iniziativa di quest’ultimo); HDN. 4,14,8 (in merito un eccidio di Parti
commesso proditoriamente da Caracalla, Macrino afferma che la prosecuzione
della guerra contro i Parti a viso aperto avrebbe dimostrato a tutti che anche la
precedente vittoria era stata conquistata PK GRYOZ NDL DMSDYWK
SDUDVSRQGKYVDQWHama con il valore guerriero).
139
Vd. E.J. BICKERMAN, Hannibal’s Covenant «AJPh» 73 (1952) 1-23; F.W.
WALBANK, A Historical Commentary II 42-56, e da ultimo J. THORNTON, in
POLIBIO, Storie IV (Milano 2002) 441-45, con ulteriori riferimenti
bibliografici.
140
Così J. THORNTON, in POLIBIO, Storie IV 442 (che si fonda su
considerazioni di D. Musti).
141
Come nota E.L. WHEELER, Sophistic Interpretations 257 nt. 17.
142
Così M. WEINFELD, The Common Heritage of Covenantal Traditions in the
Ancient World, in L. CANFORA/M. LIVERANI/C. ZACCAGNINI (a cura di), I
trattati nel mondo antico 175-90, in partic. 179. Sulla struttura del giuramento

28
dai sovrani Assiri e Ittiti sono presenti locuzioni assolutamente
vincolanti per il contraente più debole, e queste presentano –
come si è a ragione argomentato da parte di Moshe Weinfeld143
– profonde analogie concettuali con quelle dei ‘giuramenti di
lealtà’ nel mondo greco e romano.
Ed è, a prescindere da plausibili ma indimostrabili antece-
denti orientali, proprio la tipologia dei patti che comprendono
anti-deceit clauses a offrire forse una chiave per chiarire le ra-
gioni del loro inserimento. Infatti, nonostante le indubbie diffi-
coltà e i rischi che il raffronto di testimonianze distanti fra loro
nello spazio e nel tempo necessariamente comporta, e benché
sia talvolta arduo ricostruire il contesto storico di eventi noti
unicamente dalle iscrizioni, spesso oltretutto incomplete, non-
dimeno gli accordi che includono questo genere di formule
presentano tratti comuni e si configurano in gran parte come
foedera iniqua, patti non pienamente bilaterali e stipulati fra
stati in condizioni non paritarie, oppure come veri e propri
compromessi nel quadro di inveterati rapporti ‘disturbati’ o,
ancora, come accordi fra popolazioni ‘etnicamente’ diverse.
Un caso a sé costituiscono per contro i trattati fra le poleis
di Creta che, come si è anticipato, presentano formule ‘precau-
zionali’ frequenti e non di rado sofisticate144. In merito, si con-
vincentemente argomentato, da parte di Angelos Chaniotis145,
che la diffusione e la ricchezza di queste espressioni siano da
porre in stretta connessione con le specifiche modalità della
conduzione dei conflitti da parte dei Cretesi, per i quali ancora
in epoca ellenistica la rapina e la pirateria costituivano forme di
acquisizione legittima della proprietà146: in tali circostanze, il

nei trattati orientali vd. le osservazioni di R. WESTBROOK, International Law in


the Amarna Age, in R. COHEN/R. WESTBROOK (eds.), Amarna Diplomacy. The
Beginnings of International Relations (Baltimore/London 2000), 28-41, in
partic. 37-41.
143
The Loyalty Oath in the Ancient Near East, «UF» 8 (1976) 379-414, con
ampia discussione delle principali clausole.
144
Si tratta in maggioranza di trattati bilaterali di alleanza, non sempre però
paritari, soprattutto quando conclusi da città dominanti (Gortina, Lyttos) con
partners più deboli: vd. l’analisi di A. CHANIOTIS, Kretischen Verträge 87-94;
sui numerosi trattati di Hierapytna (Kretischen Verträge nrr. 19, 26, 27, 59), fra
cui un accordo di isopoliteia (Kretischen Verträge nr. 74) vd. soprattutto F.
GUIZZI, Hierapytna 357-408.
145
Kretischen Verträge 77.
146
Vd. in partic. P. BRULÉ, La piraterie crétoise hellenistique (Annales
Littéraires de l’Université de Besançon 223, Paris 1978), passim.

29
ricorso ad astuzie e a inganni non rappresentava affatto
un’opzione in sé riprovevole – come del resto comprova la cat-
tiva stampa di cui godevano i Cretesi presso gli altri Greci147 –
ma non era comunque consentita fra alleati. Di conseguenza,
l’inclusione di anti-deceit clauses nei giuramenti degli accordi
non nasceva da una condanna morale o religiosa dell’inganno,
né dal riconoscimento della sua illiceità, quanto piuttosto
dall’esigenza di vietarne in modo esplicito e circostanziato
l’impiego nei confronti della polis con la quale in quel mo-
mento si stipulava un’intesa. Al di là di questa ‘categoria’ di
iscrizioni, che – oltre ad essere geograficamente e cronologi-
camente connotate – provengono da un’area la cui peculiarità
rispetto al resto del mondo ellenico è stata più volte sottoline-
ata, la restante rassegna, per quanto imperfetta e fondata anche
su documenti in cui le clausole ‘precauzionali’ sono frutto
d’integrazione, sembra indicare che queste, lungi dall’essere
mere formule di routine (come del resto già rimarcato da
Wheeler148), rappresentassero un elemento forse non esclusivo,
ma certo persistente in alcuni tipi di convenzioni, la stessa na-
tura dei quali rendeva presumibilmente più tangibile il rischio
del GRYORa.
Fra i foedera iniqua sono senz’altro da includere le alleanze
stipulate da potenze egemoni149, e il pensiero corre immediata-
mente al ricco dossier dei trattati stipulati da Atene nel periodo
dell’DMUFKY, in cui DMGRYOZa è termine ricorrente, sia all’interno di
alleanze paritarie almeno nella forma, quali quelle siglate con
le città occidentali (Reggini, Leontini, Aliei, forse i Segestani),
sia fra le ben più severe condizioni imposte agli X-SKYNRRL al

147
Vd. H. VAN EFFENTERRE, La Crète et le mond grec de Platon a Polybe
(Paris 1948) 275-280; P. BRULE, La piraterie 138-140; A. CHANIOTIS,
Kretischen Verträge 6-7.
148
Sophistic Interpretations 259-269, il quale ritiene che le clausole fossero
inserite solo quando i contraenti volevano impedire l’interpretazione sofistica
del giuramento; tuttavia, non si chiede affatto in quali circostanze si potesse
verificare una simile esigenza.
149
Come si è argomentato da parte di S. CALDERONE (3,67,6 – FIDES 47-51),
i Greci usavano redigere in forma di convenzione bilaterale apparentemente
paritaria anche veri e propri diktat imposti da una potenza egemone. Sui trattati
di alleanza in età classica vd. in partic. E. BALTRUSCH, Symmachie und
Spondai. Untersuchungen zum griechischen Völkerrecht der archaischen und
klassischen Zeit (8.-5. Jahrhundert v. Chr.) (Untersuchungen zur antiken
Literatur und Geschichte 43, Berlin/New York 1994) 3-91.

30
termine di una ribellione (Colofone, Calcide, Eretria150, le città
dei Bottiei), che oltre ad DMGRYOZacomprendono formule – se la
congettura sopra proposta cogliesse nel segno – più ‘impegna-
tive’, come RX>WHWHYFQK RX>WHPKFDQK
 RXMGHPLDC; quest’ultima
del resto ritorna pure nel trattato con Ceo, anch’essa rea di aver
defezionato (dalla seconda lega marittima ateniese) fra 364 e
362, in seguito a lotte civili152. Pur ragguardevole, il dossier
ateniese non esaurisce però il repertorio, giacché in esso sono
da includere le convenzioni fra potenze d’impari forza (Spar-
tani ed Erxadiei, Filippo II e i Calcidesi, Filippo II e i Greci,
Mausolo e Faselide, Rodi e le città cretesi di Hierapytna e
Olos, Mileto ed Eraclea al Latmo153) ma anche le condizioni
dettate dal vincitore allo sconfitto (Roma e Cartagine) e, forse,
taluni trattati di synoikia o di sympoliteia che prefigurano
l’assorbimento di una comunità ‘debole’ in una più impor-
tante154 (Orcomeno ed Euaimon155, Mileto e Pidasa, Smirne e
Magnesia al Sipilo), quasi che la città egemone (o vittoriosa)
potesse salvaguardare la propria autorità e difendere i propri
interessi anche vincolando formalmente il partner alla lealtà
assoluta nei confronti suoi e della convenzione156. Maggiori
perplessità potrebbe di converso suscitare l’inserimento di
clausole precauzionali in patti bilaterali paritari, quali la pace di

150
Foedus iniquum è da ritenere anche l’alleanza fra Atene ed Eretria del 341,
come ha mostrato D. KNOEPFLER, Une paix de cent ans 357-359.
151
Nelle disposizioni ateniesi per Calcide (IG I3 40 = SV II nr. 155 = ML nr. 52
ll. 47-49) e per le città dei Bottiei (IG I3 76 = SV II nr. 187 = Philiai I nr. 68
l.33) è compresa anche la clausola relativa alla consegna di ostaggi come
garanti: vd. J.M. BALCER, The Athenian Regulations 55-65, e in generale M.
AMIT, Hostages 138-143.
152
Vd. B. GUAGLIUMI, Il racconto di una stasis 25-47.
153
Vd. da ultimo P. HERRMANN, Milet au IIe siècle a.C., in A. BRESSON/R.
DESCAT (éds.), Les cités d’Asie Mineure 109-116, con bibliografia precedente.
154
Non senza differenze e sfumature fra le varie situazioni nelle diverse
epoche: vd. le osservazioni di H.H. SCHMITT, Überlegungen zur Sympolitie, in
G. THÜR (hrsg.), Symposion 1993. Vorträge zur griechischen und
hellenistischen Rechtsgeschichte, Graz-Andritz, 12.-16. September 1993 (Köln
1994) 35-44.
155
Vd. M. MOGGI, Sinecismi I, 277-278.
156
Di norma, la potenza egemone – in convenzioni da lei stessa ispirate (o
imposte) – impegnava ovviamente anche se stessa a mantenersi alla lettera
dell’accordo; ciò non doveva però comportare un eccessivo sforzo, anche se un
simile obbligo poteva comunque fornire qualche garanzia alla controparte: cf.
S. CALDERONE, 3,67,6 – FIDES 45.

31
Nicia, l’alleanza fra Sparta ed Atene del 420157, o l’accordo fra
Taso e Neapolis, ma in tali occasioni l’esigenza di auto-tutela
dei contraenti – in sé sintomo di sfiducia nei riguardi sia del
partner, sia dell’accordo – potrebbe trovare spiegazione
nell’atavica inimicizia fra le parti in causa e nella pregressa si-
tuazione di conflitto, concluso per giunta senza veri vincitori né
vinti, oppure ricomposto in seguito all’intervento esterno di un
arbitro, al quale sarebbe da ascrivere la responsabilità delle
modalità della conciliazione158.
Nel complesso, tuttavia, a colpire è soprattutto la consi-
stenza dei riferimenti all’DMSDYWK e al GRYORa nella tradizione re-
lativa ai rapporti fra Greci e non Greci, a Occidente come a
Oriente, secondo un trend su cui già si è soffermata
l’attenzione della critica159, e dal quale si evince che il sospetto
e il timore di cadere vittime di inganni dovessero essere non
così insoliti nelle relazioni, anche amichevoli, fra popolazioni
differenti per etnia, lingua e cultura. In merito, non va forse
sottovalutata la difficoltà intrinseca che le difformità nei codici
comunicativi impiegati dai vari popoli potevano ingenerare
nella comprensione reciproca, come testimonia, nel celebre
episodio descritto da Erodoto (4,131-132), l’incapacità di Dario
di interpretare il messaggio figurato fattogli recapitare dagli
Sciti, l’intenzione dei quali non era affatto quella d’ingannare il
sovrano persiano160.
A ogni modo, una certa mancanza di fiducia nei confronti
dell’‘altro’ sembra trasparire dalla cospicua presenza di anti-
deceit clauses nelle testimonianze epigrafiche (ILORYWKa fra
Sibariti e Serdaioi161, trattati fra Atene, Perdicca e Arrabeo, fra

157
All’incertezza generale e al clima di diffidenza e sospetto del periodo
immediatamente successivo alla stipulazione della pace del 421 potrebbe forse
ricondursi anche la presenza di anti-deceit clauses nel trattato dell’alleanza
separata fra Atene, Argo, Elide e Mantinea, su cui vd. supra, 18 e 20.
158
Vd. L. PICCIRILLI, Arbitrati I, 147-148.
159
G. NENCI, Les rapports internationaux 68-70; S. CATALDI, Strumenti e
procedure 588-604.
160
Su ciò vd. F. GAZZANO, La diplomazia 54-55, con ulteriore bibliografia.
161
Benché Sibari fosse senza dubbio a capo di una symmachia di tipo
egemoniale, come prova la stessa iscrizione che menziona RL- 6XEDULCWDLNRL-
VXYQPDFRL(ll. 1-2) si è rilevato, da parte di C. AMPOLO (La città dell’eccesso
242-253) che dovevano sussistere differenze fra gli obblighi di una philia e
quelli di una symmachia (cf. però M. GIANGIULIO, La ILORYWKa 38-41). La
presenza di D>GRORa si spiega meglio alla luce della presumibile origine
anellenica dei Serdaioi.

32
Atene e i dinasti della Tracia, fra i Greci e i satrapi persiani) e
letterarie (ILOLYD e VXPPDFLYD fra Creso e Sparta, proposta per-
siana ad Atene, intese di Tissaferne con Clearco e con Agesi-
lao, alleanza di Annibale con Filippo V), e sembra riproporsi,
trasfigurata, nelle immaginarie alleanze di Dioniso con i Titani
e di Pisetero con il popolo degli uccelli.
Rimane tuttavia da chiarire se la diffidenza nei confronti
della SLYVWLa altrui che le formule ‘precauzionali’ dei trattati
sembrano suggerire fosse il portato di un’esperienza propria dei
Greci, generata – complice la valutazione positiva della PKCWLa
– in seno al mondo delle poleis e da queste ‘esportata’ poi an-
che nelle transazioni e nelle procedure di accordo con le popo-
lazioni anelleniche, o non avesse invece origini più remote, le-
gate alla pratica delle relazioni interstatali propria degli stati
‘orientali’, dai Lidi, ai Persiani, ai Cartaginesi, eredi di una tra-
dizione millenaria. Se così fosse, la prospettiva tradizionale
delle fonti di età classica, che facevano del ‘barbaro’ il proto-
tipo dell’infido spergiuro e mentitore, apparirebbe allora rove-
sciata, quasi che la possibilità di inganni e imbrogli perpetrati
anche in sede di negoziati pacifici fosse percepita come reale
da quanti entravano in rapporti con i Greci162. Del resto, come
riferiva Erodoto in un passo dalle chiare tinte aneddotiche
(1,153,1), già Ciro, in risposta allo spartano Lacrine giunto in
missione a Sardi – dopo la caduta della città in mano persiana –
a riferire ai Persiani l’ingiunzione spartana di ‘non molestare le
città greche d’Asia’ avrebbe affermato di «non aver mai temuto
uomini che avevano un luogo apposito in mezzo alla città dove
si radunavano e s’ingannavano l’un l’altro con giuramenti».
Considerati gli sviluppi delle relazioni fra Greci e Persiani,
l’opinione dei Romani sulla Graeca fides sarebbe stata certa-
mente condivisa dal Gran Re.

162
Non è forse solo una coincidenza che nel resoconto erodoteo l’arrivo a
Sparta dell’araldo di Creso – che proponeva l’alleanza D>QHX GRYORX NDL DM
SDYWKa – segua immediatamente la descrizione dello stratagemma messo in atto
dai Lacedemoni per ottenere il predominio su Tegea (HDT. 1,67-68).

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