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27/1/2020 "Eravamo bambini", in un libro<br />i testimoni delle stragi naziste - Repubblica.

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Spettacoli & Cultura

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"Eravamo bambini", in un libro<br />i testimoni delle stragi naziste
Sono sopravvissuti alle stragi delle SS perché coperti dal corpo di una madre o creduti morti. Ora, da anziani, raccontano nel volume di Pier Vittorio Buffa "Io ho
visto" cosa accadde realmente settant'anni fa nei casolari d'Italia
di SIMONETTA FIORI

APPROFONDIMENTI PER ANNI Alessandro non è riuscito a usare le sue mani. Le guardava spesso, ma
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come se non gli appartenessero. Non riusciva neppure ad accarezzare la moglie. Con
"Io ho visto": gli ex bambini quelle mani, una sera di agosto del 1944, Alessandro aveva trasportato i corpi dei suoi
salvati per caso
amici uccisi dai nazisti. Dodici adolescenti più o meno coetanei, con cui doveva giocare
a bocce. Li ritrova riversi a terra, sulla piazza di Borgo Ticino, sotto un lenzuolo. Se li
carica in spalla, sul carro e sulla scala, e li porta al cimitero. "Con queste mani, proprio
VIDEO con queste mani", ripete dopo tanti anni.
Luca Bussoletti: ''Sussidiario di un vecchio
bambino''
Alessandro è uno dei ragazzini sopravvissuti a una guerra dimenticata, la "terza guerra"
dei nazifascisti contro i civili italiani tra il '43 e il '45. Quindicimila vittime. Dopo un lunghissimo silenzio i loro famigliari hanno
deciso di raccontare. Trame che hanno il passo dell'epica, da leggersi con la cautela dovuta quando si attraversano intimità
sconvolgenti. Racconti preziosi per restituire un capitolo di storia altrimenti minacciato dall'amnesia collettiva.

Pier Vittorio Buffa, giornalista di lunga esperienza già autore di vari saggi storici, è andato sui luoghi degli eccidi insieme ai figli, ai
nipoti, ai fratelli e ai cugini delle vittime. Il frutto del suo lavoro è Io ho visto, raccolta di trenta testimonianze di chi conserva nello
sguardo l'assassinio del padre e della madre, talvolta di intere famiglie, e anche di chi ha creduto di morire, condannato a una
vita da reduce. "Parole che non si possono perdere", dice Buffa, che ha creato anche il sito www.iohovisto.it per includervi nuove
testimonianze.

Un'operazione necessaria anche per restituire giustizia a chi non l'ha mai avuta. Per cinquant'anni ha pesato l'occultamento per
ragione di Stato dei quasi settecento fascicoli chiusi nell'"armadio della vergogna" (dalla celebre inchiesta di Franco Giustolisi) e
in seguito le condanne sono arrivate troppo tardi. Talvolta i processi si sono conclusi con un'archiviazione, come è capitato di
recente alla procura di Stoccarda che ha discolpato diciassette SS operativi a Sant'Anna di Stazzema.
Ogni testimonianza è infelice a modo suo, ma quasi sempre c'è un motivo che ricorre. La scarica della mitragliatrice e l'eco
tagliente delle gutturali. L'odore amaro della polvere da sparo e quello dolciastro del sangue. L'istinto insopprimibile di fuga,
raggelato dalla vista del fuggiasco tramortito dalle pallottole. Il corpo materno che fa da scudo, e cadendo sul figlio ne garantisce
la salvezza sotto il mucchio dei cadaveri. Ma tra i tanti fili comuni che affondano nel dolore affiora ogni tanto anche lo sguardo
frivolo, il dettaglio inatteso come il fazzoletto colorato o la bambola o il vestito bello della festa, il particolare tenero che Paola
Medri Buffa chiama "lo spiraglio di luce", ed è quello che ti permette di ricominciare. E di raccontarci cosa realmente accadde,
nelle piazze e nei casolari dimenticati di settant'anni fa.
(21 aprile 2013) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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