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Negli ultimi anni vi è stato un incremento dei METODI ALTERNATIVI DI COMPOSIZIONE DELLE CONTROVERSIE (ADR)
I sistemi alternativi vengono recepiti oggi dal legislatore tramite l'approvazione del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 in materia di conciliazione delle
controversie civili e commerciali.
La mediazione è un percorso destinato al successo solo se le parti in conflitto comprendono il senso e utilità di una soluzione che focalizza l'attenzione sugli
INTERESSE più che sui DIRITTI.
A.D.R. (Alternative Dispute Resolution) comprende una eterogenea categoria di tecniche e procedimenti:
- Mediazione
- Conciliazione
- Negoziazione
- Arbitrato
Hanno il vantaggio di permettere una veloce ed efficace risoluzione delle liti.
Dall'utilizzo delle ADR deriva una limitazione delle spese, che le parti dovrebbero affrontare in caso di processo, e una riduzione dei tempi.
La conciliazione è:
- EFFICACE perché permette di risolvere la lite fra le parti senza le pesanti formalità che caratterizzano la giustizia ordinaria.
- RISERVATA perché consente alle parti di comunicare in un ambiente protetto.
- ECONOMICA
- VELOCE perché la proceduta si esaurisce in un solo incontro.
- FLESSIBILE perché le regole procedurali si adattano alle concrete esigenze delle parti.
- COSTRUTTIVA perché consente di mantenere ed eventualmente recuperare il rapporto professionale fra le parti
- PRIVA DI RISCHI perché avviata la procedura conciliativa, le parti non sono obbligate a raggiungere un accordo e nessuna decisione gli viene imposta.
Le tecniche ADR non sono una semplice alternativa alla giustizia, ma una modalità di regolazione sociale che si affianca al diritto nella gestione delle controversie.
La inefficienza del SISTEMA GIUSTIZIA si riflette soprattutto sulle controversie di valore patrimoniale esiguo, cause bagatellari.
I metodi ADR spesso sono più adatti alla natura delle controversie, perché permetto alle parti di instaurare un dialogo.
Le parti non si affrontano più, ma si impegnano in un processo di riavvicinamento e scelgono esse stesse il metodo di risoluzione del contenzioso svolgendo un
ruolo più attivo al fine di trovare la soluzione a loro più conveniente.
NORMATIVA COMUNITARIA
Raccomandazione 1998 è dedicata alle procedure stragiudiziali valutative, cioè quelle che prevedono l'intervento di un terzo che non solo promuove la
composizione, ma prende una posizione in merito alla controversia. Individua anche 7 principi ai quali le varie procedure valutative si devono attenere:
Indipendenza/Trasparenza/Contradittorio/Legalità/Efficacia/Libertà/Rappresentanza.
L'interesse per i metodi alternativi di risoluzione viene avvertito dagli organi comunitari in concomitanza con l'espansione delle attività economiche nel
mercato interno. I metodi di risoluzione alternativa delle controversie sono considerati efficaci strumenti per rendere effettivo l'esercizio del diritto della
libera circolazione di beni e servizi all'interno dell'UE.
Le procedure extragiudiziali hanno caratteristiche differenti, ma l'unica differenza utile è tra procedure nel cui ambito un terzo neutrale propone o formula
una decisione e quelle in cui il terzo cerca di far incontrare le parti e le assiste nel trovare una soluzione condivisa.
Raccomandazione 2001 è dedicata alle procedure con base negoziale, il cui obiettivo consiste nel mettere le parti in comunicazione.
Risoluzione 2000 EEJ-NET si intende garantire ai consumatori un accesso rapido, semplice e economico ai meccanismi extragiudiziali.
L' EEJ-NET è un meccanismo di comunicazione e di sostegno che offre, a breve termine, la soluzione al grave problema per i consumatori di superare gli
ostacoli all'ottenimento di una compensazione da parte di un organo extragiudiziale situato in un altro stato membro.
Risoluzione 2001 sull'azione adottata in merito alla politica comunitaria riguardante la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo.
Direttiva 2000 è intesa a rafforzare la certezza del diritto nel commercio elettronico per migliorare la fiducia delle transazioni commerciali.
Libro Verde ha come obbiettivo quello di avviare un'amplia consultazione degli ambienti interessati su un certo numero di questioni di ordine giuridico che si
pongono nel campo della risoluzione alternativa delle controversie. I modi alternativi di risoluzione delle controversie, ai sensi del Libro Verde, si identificano
con quelle procedure non giurisdizionali di risoluzione delle controversie condotte da una parte terza neutrale.
Il libro verde richiama l'attenzione sul ruolo delle ADR come strumento al servizio della pace sociale ed osserva che le parti non si affrontano più.
Le ADR si articolano in una varietà di procedure che si possono ridurre a due categorie fondamentali:
• Procedure che rientrano nell'ambito dei procedimenti giudiziarie. (ADR endoprocessuale)
Direttiva 2008 è diretta a facilitare l'accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e a promuovere la composizione amichevole delle medesime
incoraggiando il ricorso alla mediazione. La direttiva ha come finalità quella di contribuire al corretto funzionamento del mercato interno in particolare per
quanto riguarda la disponibilità dei servizi di mediazione. L'Italia ha introdotto una specifica disciplina per la risoluzione alternativa delle controversie civili e
commerciali con l'emanazione del d.lgs. 28/2010.
La mediazione, secondo la direttiva, può fornire una risoluzione extragiudiziale conveniente e rapida attraversi procedure concepite in base alle esigenze
delle parti. Gli stati membri assicurano che le parti abbiano la possibilità di chiedere che il contenuto di un accordo scritto risultante da una mediazione sia
reso esecutivo.
Le definizione enunciate dell'art.3 della Direttiva sono: "per mediazione si intende un procedimento dove due o più parti di una controversia tentano esse
stesse di raggiungere un accordo con l'assistenza di un mediatore" "per mediatore si intende qualunque terzo cui è chiesto di condurre la mediazione in
modo efficace, imparziale e competente.
Direttiva 2013 si applica alle procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie. Essa sottolinea l'opportunità che i consumatori traggano vantaggio
dall'accesso a mezzi facili, efficaci, rapidi e a basso costo per risolvere le controversie nazionali e transfrontaliere derivanti da contratti di vendita o di servizi.
Tale direttiva e il regolamento 2013 costituiscono due strumenti legislativi interconnessi.
Il regolamento prevede l'istituzione di una piattaforma ODR che fornisce ai consumatori e ai professionisti un unico punto di accesso extragiudiziale per la
risoluzione delle controversie online. Le procedure ADR sono molto diverse nell'unione, esse possono prendere la forma in cui l'organismo ADR riunisce le
parti allo scopo di facilitare una soluzione amichevole, altre in cui l'organismo ADR propone una soluzione e altre ove la impone.
È opportuno che la riservatezza e la privacy siano sempre rispettate durante la procedura ADR.
Per garantire l'indipendenza della loro azione, tali persone dovrebbero essere nominate per un periodo sufficiente. Per garantire la trasparenza degli
organismi e delle procedure ADR le parti devono ricevere informazioni chiare per far sì che queste decidano prima di avviare una procedura ADR.
Un organismo ADR che funzioni correttamente dovrebbe concludere procedimenti di risoluzione delle controversie online entro 90 giorni dalla data in cui ha
ricevuto il fascicolo completo del reclamo.
La procedura ADR è gratuita o disponibile a costi minimi per i consumatori.
Ai sensi dell'art.9 gli stati membri garantiscono che la parti abbiano la possibilità di esprimere la loro opinione; le parti siano informate che non sono
obbligate a ricorrere ad un avvocato, ma possono chiedere un parere indipendentemente.
Nell'ambito delle procedure ADR volte a risolvere la controversia proponendo una soluzione, gli stati membri garantiscono che le parti hanno la possibilità di
ritirarsi dalla procedura se non sono soddisfatte del funzionamento della procedura.
Il conflitto è legato alla storia dell'uomo e le sue manifestazioni rappresentano forme di agire sociale.
Un conflitto comporta la presenza di attori, ossia di individui e gruppi dotati della capacità di agire.
- Il livello micro è caratterizzato da relazioni faccia a faccia, ove gli attori sono gli individui;
- Nel livello meso gli attori del conflitto sono gruppi;
- Nel livello macro gli attori sono entità collettive come partiti.
Nell'ottica della mediazione il conflitto non ha un'accezione negativa, ma è considerato come un evento della vita che può sia avere effetti di crescita, sia risultare
distruttivo quando non viene gestito o è gestito male.
Il conflitto è una situazione e va affrontata magari attraverso la mediazione.
PENSIERI FILOSOFICI
Secondo ARISTOTELE l'uomo è un animale per natura socievole e per natura politico. (UOMO ANIMALE SOCIEVOLE)
Per S.AGOSTINO e S.TOMMASO il conflitto rappresenta uno squilibrio della condizione naturale, una patologia. (SQUILIRBIO, PATOLOGIA)
MACHIAVELLI sostiene che le relazioni umane sono portate all'egoismo, dunque il conflitto è condizione naturale. Afferma che un conflitto ben gestito impedisce alle
tensioni di crescere. (CONDIZIONE NATURALE, GESTIONE DEL CONFLITTO)
HOBBES l'uomo si trova in uno stato di natura fondato sull'egoismo, solo con lo stato assoluto può avere fine lo stato di guerra, attraverso il patto sociale stipulato dagli
individui, i quali rinunciano alla libertà in cambio di pace e sicurezza, dunque lo scopo della politica è l'eliminazione delconflitto. (STATO DI NATURA-PATTO SOCIALE)
Anche LOCKE fonda la società su un patto suggerito agli uomini dalla ragione; gli individui decidono di stipulare il patto, grazie al quale lo stato garantisce il rispetto di
quei diritti e libertà individuali.
Secondo SMITH il conflitto e l'antagonismo non comportano una situazione di lotta distruttiva, ma producono lo stimolo e la spinta per il benessere della collettività.
(CONFLITTO, STIMOLO PER BENESSERE COLLETTIVITÀ)
SPINOZA afferma che gli uomini sono naturalmente nemici e solo l'amore intellettuale verso Dio produce la liberazione dagli egoismi. Quindi vi è una concezione
negativa del conflitto, considerato come uno stadio di lontananza dalla fede.
Con il pensiero di HEGEL il conflitto viene riguardato in una prospettiva dialettica. Afferma che tutto il reale è definito in base ad una relazione dialettica, caratterizzata
dall'antagonismo.
MARX parla di processo dialettico legato soprattutto al movimento storico e alla lotta di classe. Quest'ultima è una lotta tra interessi contrastanti. Accanto al conflitto
tra le classi Marx considera come tipi minori di conflitto quelli "intraclasse" ossia la concorrenza fra gli operai, i conflitti etnici e religiosi.
Nel suo pensiero si parla di rivoluzione come unico strumento capace di eliminare la disuguaglianza e raggiungere una societàsenza classi.
Secondo GUMPLOWICZ lo stato nasce dall'assoggettamento di un gruppo sociale da parte di un altro che organizza il potere per poterlo dominare.
NEGOZIAZIONE
Nel sistema di regolamentazione dei conflitti all'interno di una società, coesistono due modalità di risoluzione:
- Modalità coercitiva, le parti hanno un controllo limitato sulla procedura e sul suo esito.
- Modalità negoziale, le parti mantengono il controllo sulla procedura, la quale è governata dall'autonomia delle parti.
Si assiste ad un processo negoziale quando due o più parti riconoscono l'esistenza di differenze di interessi, ma intendono raggiungere un accordo che rappresenti una
soluzione soddisfacente per tutti
Possiamo distinguere:
- Negoziazione indiretta, in base alla presenza o meno di un terzo soggetto che si interpone tra le parti allo scopo di facilit are la comunicazione.
- Negoziazione diretta, avviene direttamente attraverso l'incontro delle parti in conflitto, senza interferenze esterne.
I configgenti si incontrano faccia a faccia allo scopo di informarsi reciprocamente sui rispettivi bisogni per cercare una soluzione possibile.
Non sempre l'incontro diretto è possibile, allora si può far ricorso alla negoziazione indiretta che può avvenire attraversodue modalità:
1) Un portavoce negoziatore comune ad entrambe le parti funge da messaggero
Un buon negoziatore deve studiare in modo attento la situazione; la negoziazione non può essere improvvisata, ma presuppone un progetto strategico di lavoro. I
metodi di trattativa possono essere diversi:
- Negoziazione posizionale, trattativa in cui ciascuna delle parti prende una posizione, la difende e fa concessioni per raggiu ngere un compromesso. Questa può
essere efficace solo nelle situazioni semplici.
ARBITRATO
Si tratta di un processo volontario in cui le parti in conflitto domandano ad un una terza persona imparziale e estranea all'apparato giurisdizionale dello stato, di
prendere una decisione al loro posto.
L'arbitrato ha origini anche infatti nel diritto romano era concesso affidare la decisione di una controversia all'amicus comunis.
La legge 09/02/1983 Modificazioni alla disciplina dell'Arbitrato ha adeguato la normativa italiana agli standard internazionali, la legge 05/01/1994 ha reso L'arbitrato
una figura autonoma e indipendente dalla giurisdizione statale. La recente riforma della disciplina dell'arbitrato è avvenutacon decreto legislativo 02/02/2006.
Bisogna distinguere:
- CONVENZIONI ARBITRALI (compromesso e clausola compromissoria) sono il presupposto in virtù del quale può sorgere un arbitrato ,
- CONTRATTO DI ARBITRATO regola i rapporti esistenti tra le parti ed il collegio arbitrare.
Presupposto dell'arbitrato è il patto con il quale le parti conferiscono agli arbitri l'incarico di risolvere la controversia. Questo patto può assumere la forma di
compromesso o clausola compromissoria. Il compromesso è un negozio giuridico stipulato ad hoc, antecedente o successivo al sorgere della lite; la clausola
compromissoria è una clausola apposta ad un contratto esistente tra le parti nella quale i contraenti stabiliscono di demandare ad un arbitro le eventuali future liti.
La nuova formulazione dell'art.806 del c.p.c. dispone che le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte che non abbiano per oggetto diritti
indisponibili.
L'art.807 prevede ad substantiam, non solo la forma scritta del compromesso, ma impone anche la determinazione dell'oggetto.
L'art.808 è dedicato alla clausola compromissoria e dispone che le parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti
dal contratto siano decise da arbitri, purché si tratti di controversie che possono formare oggetto di convenzione d'arbitrato.
L'art.809 prevede che gli arbitri possono essere uno o più purché dispari. Le parti hanno la facoltà di stabilire le norme che gli arbitri devono seguire e la lingua
dell'arbitrato, in mancanza saranno gli stessi arbitri a regolare il procedimento con l'obbligo di attuare il principio del contradditorio.
L'art.824-bis stabilisce che il lodo ha dalla data della sua ultima sottoscrizione gli effetti della sentenza pronunciata dall'autoritàgiudiziaria.
MEDIAZIONE
La mediazione costituisce una delle possibili tecniche alternative di gestione dei conflitti e non sostituisce lo strumento giuridico.
Nel decreto legislativo 04/03/2010 in materia di conciliazione delle controversie civili e commerciali è per la prima volta precisata la definizione degli istituti
protagonisti dello stesso: "si intende per mediazione l'attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo
amichevole". Si intende per conciliazione la composizione di una controversia a seguito della mediazione. La differenza sta nel fatto che la mediazione rappresenta l'iter
del procedimento, la conciliazione il momento finale della mediazione, il risultato. La mediazione è una forma di risoluzionedelle controversie che si realizza attraverso
la manifestazione della volontà delle parti, infatti già S. SATTA scriveva che le liti si estinguono veramente solo con la libera volontà delle parti, con la conciliazione.
L'intervento del terzo, conciliatore, si ha nel momento in cui valutate le posizioni delle parti e le possibili soluzioni, indica il proprio consilium
Dunque la mediazione stragiudiziale è una procedura pacifica, volontaria, cooperativa, poiché il mediatore guida le parti verso una negoziazione che le stimola a
guardare oltre, imparziale creativa, poiché ogni accordo è modellato sugli interessi e bisogni delle parti, riservata.
Se la mediazione si conclude con il raggiungimento di un accordo totale o parziale, questo avrà valore di contratto e le parti si impegneranno a darne esecuzione; in
caso di mancato accordo le parti sono libere di portare il caso di fronte al tribunale, infatti in nessun momento del processo di mediazione viene leso il diritto
costituzionale all'azione giudiziaria.
Mentre il processo civile ha carattere documentale, quello di mediazione è caratterizzato dalla comunicazione, dunque è necessario prestare attenzione non solo alle
parole, ma tono della voce, gesti, e modi. Essa si propone di ristabilire una relazione interrotta tra le parti e non stabilire un vincente e un perdente.
I mediatori non valutano e non giudicano, ma aiutano le parti a chiarire i propri interessi; il presupposto da cui parte la mediazione è che gli interessi in conflitto
abbiano pari dignità.
MEDIAZIONE E TRANSAZIONE
Altro strumento tipico di composizione delle controversie è la TRANSAZIONE, essa è un contratto tipico previsto dal legislatore all'art. 1965 c.c. con le quali le parti
risolvono una lite già insorta o ne prevengono la futura insorgenza, facendosi reciproche concessioni.
Mediazione e transazione hanno natura contrattuale e permettono di raggiungere il medesimo obiettivo, risolvere la controversia.
Una dottrina ha fatto confluire conciliazione, transazione e arbitrato nella categoria degli equivalenti del processo civile.
La transazione si perfeziona con il mero incontro delle volontà delle parti senza la presenza del terzo, l'accordo transattivo implica le reciproche concessioni.
Anche se lo scopo è il medesimo, vi è una sostanziale differenza: la transazione permette di superare le pretese iniziali delle parti tramite reciproche concessioni,
mentre la mediazione porta ad un riassetto dei rapporti tra le parti che rende secondarie le loro iniziali posizioni attraverso una ricerca dei loro interessi.
MINITRIAL
È una specie di messa in scena di un processo al fine di favorire una conciliazione o l'avvio di una mediazione, le parti stabiliscono le caratteristiche di questa procedura.
Il minitrial si conclude o con il raggiungimento dell'accordo, o con una dichiarazione di inutilità della prosecuzione fatta dal neutral adviser.
MEDIADED ARBITRATION
È una forma ibrida di ADR costituita dalla combinazione di mediazione e arbitrato. Le parti cominciano con una mediazione chele aiuti a giungere ad un punto
d'incontro poi. Il loro accordo prevede che in mancanza di soluzione, il conflitto venga risolto da un arbitro con una decisione. Le parti stabiliscono anticipatamente se
mediatore e l'arbitro debbano essere la stessa persona.
ARBITRATION MEDIATION
Prevede lo svolgimento di un arbitrato, la cui decisione vincolante lodo viene segretata dall'arbitro fino all'espletamento della procedura di conciliazione. Se con la
conciliazione le parti avranno trovato un accorto, il lodo verrà distrutto, se invece non saranno riuscite ad accordarsi verrà applicato il lodo.
SHADOW MEDAITON
Il conciliatore (ombra) partecipa alla procedura di arbitrato come semplice osservatore finché le parti in conflitto si accordano per sospendere l'arbitrato e tentare la
mediazione.
ARBITRATO LEGATO
MEDIATORE EUROPEO
Questa figura istituita il 7 Febbraio 1992 funge da intermediario fra il cittadino e le istituzioni UE. Esso è nominato dal parlamento europeo per un mandato rinnovabile
di 5 anni. Ogni cittadino di uno stato membro dell'UE o residente in uno stato membro può presentare un reclamo al mediatore europeo.
Il cittadino, l'impresa, l'associazione che si ritiene vittima della cattiva amministrazione di un organo o istituzione dell'UE deve prima rivolgersi a quell'istituzione
attraverso il normale iter amministrativo per ottenere la riparazione. Se la domanda resta disattesa, -----˃ denuncia al mediatore.
Il mediatore esamina l'istanza per accertarne l'ammissibilità, se è ricevibile avvia un'indagine. Se necessario, egli può formulare raccomandazioni all'organismo
interessato sul modo migliore per risolvere il caso.
Lento e stato l'iter legislativo che ha portato all'affermazione di una disciplina organica della mediazione in Italia.
Il d.lgs. 28/2010 non si è limitato ad introdurre per la prima volta una disciplina sulla mediazione in materia civile e commerciale, ma si è spinto fino a prevedere
l'esperimento di un procedimento di mediazione come condizione di procedibilità dell'azione civile.
Con la l. 11 Maggio 1990 viene previsto il tentativo obbligatorio di conciliazione come condizione di procedibilità per una domanda giudiziale.
La ratio di questa soluzione è stata la funzione deflattiva finalizzata a scoraggiare le iniziative giudiziarie.
L'entrata in vigore della l. 4 Novembre 2010 muta gli istituti deflattivi trasformando la conciliazione obbligatoria in facoltativa.
L'art.1 della l. 92/2012 "Fornero" ha nuovamente modificato la disciplina introducendo una nuova procedura obbligatoria di conciliazione che non riguarda tutti i
licenziamenti, ma solo quelli che avvengono per motivi oggettivi, cioè per ragioni economiche e organizzative dell'impresa.
Non appena decide di licenziare il dipendente per motivi economici, l'azienda dovrà darne comunicazione alla direzione provinciale del lavoro che convocherà le parti
entro sette giorni dal ricevimento della notizia. A quel punto, inizierà il tentativo di conciliazione in cui sia l'azienda che il dipendente potranno essere assistiti da un
rappresentante delle associazioni di categoria, o da un avvocato. Entro 20 giorni dalla convocazione delle parti, il conciliatore cercherà una soluzione capace di
accontentare entrambe, se il tentativo di trovare un accordo fallisce la decisione toccherà al giudice che dovrà tener conto degli atti in sede di conciliazione.
Il D.lg. 2013 esclude alcune tipologie di licenziamento dal novero dei licenziamenti soggetti alla procedura obbligatoria di conciliazione.
MEDIAZIONE FAMILIARE
La mediazione familiare è percorso per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito alla separazione o al divorzio: il mediatore, come terzo neutrale e
con una formazione specifica, sollecitato dalle parti si adopera affinché i genitori elaborino in prima persona un programma di separazione per se e per i figli in cui possano
esercitare la comune responsabilità genitoriale.
La mediazione mira a ristabilire la comunicazione tra parti per realizzare un progetto di realizzazione delle relazione dopo la separazione o il divorzio.
EVOLUZIONE LEGILATIVA
La mediazione familiare venne introdotta in Italia e le prime esperienze sono costituite dalla fondazione nel 1987 dell'associazione Ge.A (Genitori Ancora).
Nel 1995 sono state costituite due associazioni: Società Italiana di Mediazione Familiare alla quale aderiscono operatori con diversi riferimenti teorici, e l'Associazione
Internazionale Mediatori Sistemici che riunisce operatori di formazione sistemica.
Nel 1999 si è costituita l'Associazione Italiana Mediatori Familiari (A.I.Me.F).
PREVISIONI NORMATIVE
• 1997 legge Turco-Napolitano recante norme in tema di disposizioni per la promozione di diritti e opportunità per l'infanzia e l'adolescenza: prevede i se rvizi di
mediazione familiare fra quelli che possono essere utilizzati per perseguire le finalità che la legge si prefigge.
• Legge 4 Aprile 2001 recante norme in tema di misure contro la violenza nelle relazioni familiari.
• D.P.R del 2000 il quale riconosce la necessità di sostenere lo sviluppo e la creazione di servizi di mediazione familiare.
• Convenzione Europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, ha segnato una fase fondamentale nel percorso di valorizzazione della mediazione, infatti la mediazione
viene indicata come uno dei principali strumenti a tutela dei minori.
• Risoluzione del 1998 del comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, ove si afferma la necessità di incrementare l'utilizzo della mediazione quale metodo ove, un
terzo imparziale aiuti le parti a negoziare e raggiungere un accordo comune. In questa risoluzione vi è una raccomandazione:
La raccomandazione incoraggia i governi degli stati membri ad introdurre o promuovere la mediazione familiare. Inoltre l'area d'azione della mediazione pare possa
estendersi anche alle coppie di fatto. Altro punto affrontato dalla raccomandazione riguarda l'organizzazione del servizio di mediazione che può svilupparsi sia nel
settore pubblico che privato.
• Disegno di legge 2002 recante norme in tema di Nuove Norme in Materia di Separazione dei Coniugi e Affidamento Condiviso dei Figli.
• Progetto di legge 28 Marzo 2002, ha come principale obiettivo la definizione e l'inserimento della mediazione familiare nell'iter processuale di separazione d ei
coniugi.
• Legge 8 Febbraio 2006, rappresenta oggi la legge più importante in tema di mediazione familiare (disposizioni in materia di Separazione dei Genitori e Affidamento
Condiviso dei Figli), l'affidamento condiviso si basa sul principio che il fallimento di due individui come coppia non comporti il fallimento co me genitori. In questa
legge è prevista l'introduzione dell'art.155-sexies del c.c., la norma in questione stabilisce che il giudice sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare la
dozione dei provvedimenti temporanei per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione. Il legisla tore con l'introduzione dell'art.155-
sexies c.c. affida alla cultura del giudice la possibilità di suggerire un percorso alternativo alla lite giudiziaria. Va pre cisato che la figura del mediatore non viene
identificata poiché si parla di esperti.
• Proposta di legge 10 Giugno 2009 definisce il concetto di mediazione familiare distinguendola dalla conciliazione e stabilendo la sua applicabilità anche al d ivorzio:
"La mediazione familiare in materia di divorzio o di separazione personale fra i coniugi o di rottura del rapporto fra conviventi è un'attività in cui un terzo,
professionista qualificato, è sollecitato dalle stesse al fine di aiutarle a riorganizzare le relazioni tra esse, a seguito della chiusura del rapporto di coniugio o di
convivenza".
L'esperto viene finalmente denominato mediatore familiare e il suo profilo professionale è definito all'art.3. Il mediatore è visto come un professionista esperto
nelle tecniche di mediazione e di negoziazione, in possesso di conoscenze in diritto, psicologia e in sociologia.
L'art.2 disciplina l'assoluta riservatezza del percorso mediativo, infatti vi è il divieto di chiamare a testimoniare in giud izio le parti, i loro consulenti o lo stesso
• Disegno di legge 8 Giugno 2011, l'art.2 disciplina l'assoluta riservatezza, l'art.3 affronta il tema degli standard formativi e curriculari del mediatore fam iliare.
Per l'accesso all'esercizio della professione si prevede l'obbligo della laurea conseguita in discipline giuridiche, sociali, psicologiche.
Le regioni hanno l'obbligo di istituire e rendere pubblici sia l'elenco degli organismi di mediazione familiare che quello de i soggetti che hanno conseguito
l'abilitazione all'esercizio della professione. Tra le materie individuati dal decreto legislativo 28/2010 in materia di medi azione finalizzata alla conciliazione delle
controversie in materia civile e commerciale non è indicata quella relativa all'ambito familiare.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZALI
In alcune esperienze giudiziarie si è tentato l'inserimento del percorso di mediazione attraverso lo strumento della consulenza tecnica d'ufficio, disposta per verificare le
migliori condizioni per i figli, nonché l'idoneità genitoriale. Un altro orientamento è rappresentato dal decreto del Tribunale di Bari del 2000:
Nel decreto il giudice stabilisce l'opportunità di rinviare il processo ad altra udienza dopo aver accertato la disponibilità delle parti a ricorrere alla mediazione familiare e
aver inviato gli interessati ad un centro pubblico di mediazione.
Il carattere confidenziale delle sedute di mediazione serve a distinguere il ruolo del mediatore da quello di altre professioni. Il mediatore privo di alcun potere decisionale
deve conoscere il conflitto solo al fine di aiutare le parti a trovare da sole gli strumenti per arrivare a una soluzione.
Il vaglio finale della soluzione concordata spetta al giudice attraverso l'omologazione.
Nella motivazione del decreto il giudice fa riferimento alla figura dell'ausiliario atipico, esperto in una determinata arte o professione.
• Ordinanza del tribunale di Lamezia terme del 2007 permette alla mediazione di conquistare un nuovo spazio di azione anche nel l'ambito del rito divorzile, attraverso
l'interpretazione della legge 54/2006 sull'affidamento condiviso.
• Sentenza della Cassazione 2003, esprime il principio secondo il quale: gli accordi dei coniugi diretti a fissare, in sede di separazione, il regime giuridico del futuro ed
eventuale divorzio, sono nulli per illiceità della causa in quanto diretti a circoscrivere la libertà di difendersi nel giudi zio di divorzio.
Parte della dottrina sostiene invece che stabilire il regolamento del regime economico successivo al divorzio rientri nell'es ercizio dell'autonomia negoziale dei
coniugi.
MEDIAZIONE SANITARIA
Il concetto di mediazione sanitaria o ospedaliera può avere un duplice campo di applicazione a seconda che ci si riferisca la rapporto tra paziente/medico di carattere
privatistico, o conflitti che riguardano il rapporto tra paziente/struttura sanitaria.
Nei casi di negligenza professionale medica, secondo la commissione legislativa che si è occupata della stesura del progetto, il tentativo di conciliazione effettuato
tempestivamente consente di ridurre le spese in riferimento a quelle legali, che giudiziarie per le parti coinvolte e di raggiungere una soluzione soddisfacente in tempi più
rapidi.
Da anni in Italia si assiste ad un incremento costante delle controversie aventi ad oggetto la responsabilità medica, ciò è dovuto non solo al numero di casi, ma anche
all'entità del risarcimento in via giudiziale. Così si assiste ad un progressivo sviluppo delle pratiche conciliative finalizzate a ridurre il numero di cause giudiziali e al
raggiungimento dell'interesse di entrambi le parti in modo più rapido ed efficace.
Il ricorso ai procedimenti giudiziari hanno indotto sempre più le società assicurative a non assumersi eventuali rischi relativi alla responsabilità medica, in quanto l'entità
dei risarcimenti è troppo elevata. Ciò non è dovuto solo alla cattiva sanità ma il riconoscimento da parte dell'ordinamento di ulteriori fattispecie di danno risarcibile.
Per evitare che tra la categoria dei pazienti e quella dei professionisti si basi su un rapporto costituito sulla conflittualità e sull'ostilità, si tende a prendere in
considerazione lo strumento della mediazione. Infatti quando si verifica un evento come l'errore professionale i rapporti tra queste due categorie divengono ostili e con un
provvedimento giudiziario finisce dove non emergono affatto gli interessi, non è possibile più ristabilire quella connessione tra medico e paziente.
La mediazione può essere strumento alternativo per risparmiare risorse ospedaliere e sanitarie tagliando i costi dei ricorsi giudiziari.
Il d.lgs. 2010 ha previsto tra le ipotesi di conciliazione obbligatoria, quella relativa al risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria.
Un'esperienza esemplare è rappresentata dalla regione Veneto che con la legge 15/2009 si propone di perseguire l'obiettivo di regolare modalità di composizione
stragiudiziale delle controversie insorte in occasione dell'erogazione delle prestazioni sanitarie.
Lo strumento per realizzare questo obiettivo è istituire una Commissione Conciliativa Regionale. Il governo però ha contestato la legittimità costituzionale di queste
disposizioni notando in esse norme di diritto privato e processuali che toccano allo Stato ai sensi dell'art.117.
La Corte Costituzionale con la sent.178/2010 non ritiene fondate le contestazioni contro la legge veneta affermando che la ratio della legge è quella di prevenire le
controversie in materia sanitaria. La legge Veneta appartiene alla materia tutela della salute assegnata alla competenza concorrente delle Regioni.
Secondo i primi commentatori del d.lgs. 28/2010 le controversie in tema di usucapione rientrano nell'ambito della mediazione obbligatoria. Si afferma che la non
trascrivibilità consegue all'incompatibilità giuridica tra il carattere accertativo dell'accordo relativo all'intervenuta usucapione e il contenuto dell'art.2643 c.c. che dichiara
trascrivibili solo gli atti che realizzino un effetto costitutivo, modificativo ed estintivo.
A risolvere questo dubbio vi è la legge 98/2013 che all'art.2643 inserisce il 12bis affermando che gli accordi di mediazione che accertano l'usucapione con la sottoscrizione
del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale, rientrano tra gli atti trascrivibili.
CONCILIAZIONE SPORTIVA
L'istituzione di un organo conciliativo ed arbitrale in ambito sportivo fu istituito nello statuto CONI del 2000.
La camera di Conciliazione e arbitrato per lo sport, intendeva rappresentare un meccanismo con triplice funzione, arbitrale, consultiva e conciliativa.
La funzione conciliativa comportava una procedura stragiudiziale volontaria e cooperativa ove una terza persona facilitasse la comunicazione tra le parti in conflitto.
Questa camera è stata trasformata in Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo sport, ove vige esclusivamente la funzione arbitrale. Con riferimento alla funzione conciliativa
vediamo che nella prima udienza arbitrale è esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione, dunque un procedimento propedeutico al giudizio arbitrale.
Non verrà dato corso al tentativo di conciliazione nei casi in cui il Co.Re.Com accerti la propria incompetenza. Il Co.Re.Com dopo aver verificato l'ammissibilità, deve
comunicare alle parti l'avviso di convocazione per l'udienza di conciliazione. Il conciliatore svolge la funzione di mediazione tra le parti e alla fine viene redatto un verbale
sottoscritto dalle parti e dal conciliatore. Se il tentativo ha esito negativo o, ha portato ad un parziale accordo, ad entrambe le parti o solo l'utente possono chiedere al
Co.Re.Com di decidere la controversia con proprio provvedimento. Ricordiamo che il Co.Re.Com non è competente a decidere sulle richieste di risarcimento di danno.
Vediamo che l'art.5 del d.lgs. 28/2010 ha introdotto l'obbligatorietà del procedimento di mediazione anche nella materia dei patti di famiglia.
Ex art.5 del citato decreto il tentativo di mediazione costituisce condizione di procedibilità nelle controversie in materia di condominio, diritti reali, divisioni, successioni,
patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende.
• Un cliente/investitore che vorrà intraprendere un'azione giudiziale nei confronti di un intermediario dovrà obbligatoriamente esperire il tentativo di conciliazione
gestito da organismi autorizzati dal ministero della giustizia, oppure potrà rivolgersi all' A.B.F. in caso id controversie relativa a servizi bancari e finanziari.
La riforma del procedimento di mediazione introdotta dal citato decreto prevede che il cliente che debba esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione per una
controversia con la banca potrà scegliersi l'organismo di mediazione che ritiene davvero terzo. Se sarà la banca ad avviare la procedura davanti ad un organismo che il
cliente non ritiene terzo quest'ultimo potrà non partecipare alla mediazione.
CONCILIAZIONE PARITETICA
La conciliazione paritetica è quella in cui la trattativa e il tentativo di composizione della lite avviene tra due conciliatori che rappresentano le parti, senza intervento di un
soggetto super-partes. Ciò avviene soprattutto tra associazioni di consumatori e imprese dove non vi è quello squilibri normativo presente tra cliente e azienda.
Il d.lgs. 28/2010 ha reso in molti casi la mediazione una condizione di procedibilità della domanda, cosa non prevista dalla legge delega. Dunque tale d.lgs. sarebbe viziato
per eccesso di delega in quanto una condizione di procedibilità della domanda poteva esser introdotta dal governo solo con autorizzazione della legge delega.
Larga parte della dottrina ha avanzato dubbi di legittimità costituzionale nella parte in cui il decreto stabilisce che il previo esperimento del procedimento di mediazione
costituisca condizione di procedibilità della domanda.
Motivo della contestazione riguarda la violazione dell'art.24 Cost. sul presupposto che l'imposizione di spese di svolgimento della mediazione obbligatoria costituisce un
ostacolo al diritto costituzionale.
Secondo la Corte con sent.276/2000 il tentativo obbligatorio di conciliazione legittimamente incide sul diritto di azione in quanto mira a soddisfare l'interesse generale ad
evitare un sovraccarico dell'apparato giudiziario e a favorire la possibilità di un soddisfacimento più celere.
Dunque il tentativo obbligatorio di conciliazione non viene considerato come un impedimento all'accesso alla giustizia, ma come una condizione di procedibilità prevista
nell'interesse delle parti. La procedura di mediazione condiziona solo la prosecuzione del processo e non impedisce al diritto di azione di estrinsecarsi.
La corte di giustizia delle comunità europee ha precisato che gli stati possono stabilire l'obbligatorietà del ricorso alla conciliazione a patto che il sistema interno rispetti il
principio di equivalenza di effettività, e della tutela giurisdizionale.
La consensualità è uno dei principi su cui si fonda la conciliazione infatti le parti devono essere libere sin dall'inizio. La mediazione può essere obbligatoria, oppure onerosa
ma non le due cose insieme, poiché se la mediazione è tanto obbligatoria quanto onerosa, allora sarebbe incostituzionale, risultando un eccessivo ostacolo all'accesso alla
giustizia. Il procedimento di mediazione ha una durata molto contenuta, ha costi ridotti ed è gratuito per i cittadini meno abbienti.
• Ord. 12 Aprile 2011, il TAR LAZIO ha sospeso il procedimento relativo al ricorso promosso dal O.U.A. (Organismo Unitario dell 'Avvocatura) contro il Ministero della
Giustizia e Ministero dello Sviluppo Economico, inviando gli atti alla Corte. Quello del TAR non è una sorta di pre -giudizio di incostituzionalità, in base alla legge,
infatti, è sufficiente che la questione di costituzionalità sia non manifestamente infondata perché scatti l'obbligo di rinviare gli atti alla corte.
Il decreto legge 69/2013 convertito in legge 98/2013 ha ripristinato il procedimento di mediazione, in tal modo sono state riportate in vigore le disposizioni dichiarate
incostituzionali con sent.272/2012 della Corte.
Altro intervento è dato dalla sent. Del tribunale di Varese del Marzo 2011: l'avvocato informa l'assistito dei casi in cui l'esperimento del procedimento di mediazione è
condizione di procedibilità della domanda giudiziale. In caso di violazione dell'obbligo di informazione, il contratto è annullabile; infatti l'annullabilità può esser fatta valere
solo dall'assistito che non ha ricevuto l'informativa.
Ulteriore intervento giudiziale successivo è rappresentato dal decreto del tribunale di Prato del 2011, relativo alla domanda di accertamento dell'intervenuto esercizio del
recesso senza osservare il termine di preavviso pattuito. Ne consegue che la controversia rientri nell'alveo dell'art.5 del d.lgs. Dunque il giudice rileva l'improcedibilità della
domanda per mancato esperimento della procedura di mediazione.
La sent.272/2012 non ha abrogato la mediazione delegata, ossia il procedimento promosso su invito del giudice. Ne rappresenta testimonianza l'ordinanza del tribunale di
Varese del Dicembre 2012 ove precisa che il giudice può invitare le parti a valutare, la possibilità di un tentativo stragiudiziale di mediazione.
Tribunale di Roma con ordinanza Novembre 2012, precisa che il buon esito della mediazione civile dipende dalla cooperazione delle parti e dalla volontà che hanno di
voler raggiungere un accordo senza procedere dinnanzi al giudice.
Il D.M. 180/2010 introduce criteri più stringenti sugli enti di formazione, sui formatori e sui percorsi formativi, un periodo di trenta giorni dalla comunicazione del
ministero per le verifiche dei nuovi requisiti in capo agli enti di formazione già iscritti al registro ed un periodo transitorio dai sei mesi dall'entrata in vigore del decreto, per
i mediatori già abilitati a prestare la loro opera. I mediatori, fino alla scadenza dei sei mesi, possono continuare a esercitare l'attività di mediazione, con l'obbligo per gli
organismi di mediazione presso i quali sono iscritti di dare immediata comunicazione al responsabile dell'avvenuta acquisizione dei requisiti.
ORGANISMI DI FORMAZIONE
Per poter essere iscritti come organismi di formazione in mediazione, i richiedenti dovranno dimostrare di possedere:
- Idonea capacità finanziaria e organizzativa,
- Requisiti di onorabilità dei soci,
- Trasparenza amministrativa e contabile dell'ente,
- Il numero dei formatori che dev'essere maggiore di 5,
- Idonea sede,
- Previsione di un corso di formazione per mediatori professionisti della durata non inferiore a 50 ore,
- Previsione di un distinto percorso di aggiornamento per i mediatori che hanno l'obbligo di aggiornamento,
- Individuare un responsabile scientifico che attesti che tutti i percorsi formativi dell'organismo siano adeguati.
INDENNITÀ DI MEDIAZIONE
Le indennità previste per il servizio di mediazione sono di due tipi:
A) Spese di avvio di ogni singola procedura, è dovuto un importo di 40 euro,
B) Spese fisse.
Ai fini del pagamento della tariffa di mediazione le parti dovranno indicare il valore della lite nella domanda di mediazione al fine di rendere percepibile dall'organismo
l'entità della controversia e l'importo che dovrà essere riscosso da ciascuna parte. Le spese di mediazione sono dovute in solido dalle parti e sono corrisposte prima
dell'inizio del primo incontro per un importo almeno della metà. Nel caso di mancato accordo all'esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto.
È molto importante la riservatezza all'interno e all'esterno della procedura: per quanto riguarda quella interna, viene previsto che le informazioni e dichiarazioni che una
parte fa al mediatore durante gli incontri individuali, devono restare riservate. Vi è anche la possibilità per il mediatore di ascoltare entrambe le parti separatamente, in tal
caso il mediatore non deve rivelare quanto ha appreso; per quanto riguarda quella esterna si dispone che le dichiarazioni e le informazioni acquisite durante il
procedimento di mediazione non possano essere acquisite in un futuro giudizio, salvo consenso della parte.
Il mediatore è tenuto inoltre al segreto professionale
La nuova disciplina ha in parte tentato di dettare una serie di regole e obblighi per il mediatore, nel Libro Verde si apre una riflessione sulla responsabilità del mediatore,
nell'ipotesi di violazione dell'obbligo di riservatezza o di mancanza di imparzialità. In relazione alla tutela della riservatezza, alla luce del d.lgs. 28/2010 bisogna notare un
ruolo differente rispetto alla tutela dei dati personali da parte dell'organismo e da parte del mediatore. L'organismo verrà a conoscenza solo di alcuni dati, ossia quelli
anagrafici ed identificativi delle parti in conflitto, mentre il mediatore acquisirà nel corso degli incontri ulteriori e diverse informazioni destinate a non essere comunicate
all'organismo. Ciò significa che mediatore ed organismo sono due responsabili diversi. Non risulta ancora ben chiaro il rapporto che si instaura tra mediatore e organismo,
potrebbe sussistere una forma di responsabilità dei committenti volendo ritenere che l'organismo con l'atto di nomina del mediatore stia commissionando a costui lo
svolgimento della prestazione.
Bisogna sottolineare però che perché possa sussistere un rapporto di preposizione è necessario che il committente conservi un potere direttivo che ne limiti l'autonomia
decisionale, ma questo limite non è individuabile nel dettato del decreto.
In definitiva l'organismo potrebbe essere considerato responsabile per il verbale non omologabile poiché su di esso aveva l'onere e la possibilità di effettuare ogni verifica.
Un'altra riflessione riguarda la responsabilità nel caso in cui la proposta effettuata dal mediatore (mediazione valutativa) risulti invalida; se questa proposta risulta essere
contraria all'ordine pubblico o a norme imperative colui che l'ha emessa sarà responsabile civilmente dei danni cagionati alle parti che hanno confidato nella sua validità.
1. MEDIAZIONE E CONCILIAZIONE
L'art. 1 del d.lgs. 28/2010 definisce la mediazione come: "L'attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella
ricerca di un accordo amichevole per la soluzione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa."
E la conciliazione come: "La composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione."
Vediamo che i termini non sono sinonimi e ciò rappresenta un innovazione per l'ordinamento in quanto non trova corrispondenza nel contesto internazionale,
ove i due termini sono utilizzati come sinonimi.
Riguardo alla definizione di mediazione, la fonte comunitaria e quella interna sembrano divergere in quanto nella direttiva per mediazione si intende il
procedimento, mentre nel decreto si intende l'attività del mediatore, ma in entrambe le fonti l'attività del mediatore è vista come attività di assistenza delle parti
nella ricerca di un accordo. Per quanto riguarda la modalità di assistenza del mediatore, la fonte comunitaria nulla dice, mentre la normativa italiana prevede che
l'attività del mediatore possa espletarsi mediante la formulazione di una proposta.
Nella versione originaria dell'art. 1 del d.lgs. 28/2010, la mediazione presentava caratteri propri sia della conciliazione facilitativa (ove l'attività del terzo è
finalizzata alla ricerca di un accordo amichevole) sia della conciliazione valutativa (ove l'attività del terzo è finalizzata alla formulazione di una proposta nella
quale si considera quello che potrebbe essere il contenuto di un'eventuale decisione del giudice).
Con la riformulazione di tale decreto con la legge di conversione 98/2013 oggi anche la formulazione della proposta dev'essere intesa come modalità per
agevolare le parti (conciliazione facilitativa).
Il giudizio ha la funzione di ristabilire l'ordine giuridico violato, mediante l'applicazione del diritto, dunque l'eliminazione della lite tra le parti costituisce solo una
conseguenza dell'intervento giudiziale e gli interessi concreti di ciascuna delle parti restano in ombra e nel processo non assumono rilevanza. La soddisfazione di
tali interessi può avvenire mediante un procedimento di mediazione, infatti nella mediazione si persegue l'eliminazione della controversia attraverso la
conclusione di un accordo che ridefinisca i rapporti tra le parti sulla base dei loro reciproci interessi, nel procedimento conciliativo non viene indagato se vi siano
doveri inadempiuti ne viene stabilito chi abbia ragione o torto. L'attività del mediatore consiste in un'attività di negoziazione degli interessi, tendente alla
definizione di un nuovo regolamento dei rapporti eliminando la controversia stessa.
Anche nella mediazione la vicenda giuridica da cui ha avuto origine la controversia, costituisce oggetto di accertamento, ma del tutto diversa da quello compiuto
dal giudice. Si può infine affermare che l'oggetto dell'attività del mediatore e l'oggetto dell'attività del giudice sono diversi:
- Oggetto della Mediazione è costituito dal conflitto di interessi,
- Oggetto del Giudizio è un conflitto giuridico,
Dunque la soluzione della lite, perseguita nella mediazione comporta la trasformazione della controversia giuridica in controversia economica.
La configurazione della mediazione come procedimento è coerente con l'indirizzo per il quale è opportuno che la conciliazione si svolga in modo controllato, con
la predeterminazione di procedure. È opportuno fare una differenza tra procedimento e processo:
- Il procedimento consiste in uno schema di teoria generale idoneo a regolare l'ordinato svolgimento di attività destinate alla produzione di atti,
- Il processo invece è un procedimento in cui partecipano anche coloro nella cui sfera giuridica l'atto finale è destinato a svolgere effetti.
Dunque nel processo il contraddittorio costituisce elemento essenziale , mentre il procedimento non postula l'attuazione del contradittorio.
3. IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO DELLA DISCIPLINA DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE TRA FONTI LEGALI E REGOLAMENTARI
L'art.3 del d.lgs. 28/2010 prevede che al procedimento di mediazione si applica il regolamento dell'organismo scelto dalle parti.
Gli organismi di mediazione non sono liberi di stabilire procedure totalmente autonome, ma devono tener conto delle disposizioni procedimentali che, essendo
contenute in fonti normative sono di immediata applicazione. Regole autonome possono essere stabilite nei regolamenti di procedura solo per lo svolgimento di
parti del procedimento non regolate dalla legge.
Dunque si può dire che la disciplina del procedimento di mediazione è composta da un parte rigida, generale e fissa (disposta dalla legge) e da una parte flessibile
(contenuta nei regolamenti dei singoli organismi).
L'essere stata disciplinata una particolare forma di procedimento di mediazione non determina l'inammissibilità di forme procedimentali diverse.
4. REGOLAMENTO DI PROCEDURA
Le modalità di svolgimento della mediazione devono essere adeguate sia ai principi del d.lgs. 28/2010 sia alle disposizioni contenute nel D.M. 180/2010.
All'art.7 del D.M. vengono disciplinati i contenuti obbligatori e facoltativi al regolamento di procedura:
Il regolamento di procedura deve stabilire le cause di incompatibilità allo svolgimento dell'incarico da parte del mediatore e deve disciplinare le conseguenze
dell'eventuale sospensione o cancellazione dell'organismo dar registro tenuto dal ministero.
Vige il divieto di prevedere che l'accesso alla mediazione si svolga esclusivamente in via telematica.
5. PRINCIPIO DI RISERVATEZZA
Il principio di riservatezza è un principio generale del procedimento di mediazione, infatti la riservatezza è un obbligo imposto a tutti coloro i quali svolgano il
proprio servizio all'interno dell'organismo. È sancito all'art.3,2 e 9 del d.lgs. 28/2010
Oggetto dell'obbligo di riservatezza sono le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite durante lo svolgimento del procedimento.
La prescrizione della riservatezza garantisce la posizione processuale delle parti in un'eventuale futuro giudizio sullo stesso oggetto.
Alcune disposizioni sono destinate a garantire il rispetto di tale obbligo come per esempio l'inammissibilità della prova testimoniale.
L'obbligo di riservatezza è imposto a tutela delle parti e solo queste ultime possono consentire la rivelazione delle proprie dichiarazioni. Un ulteriore garanzia
della riservatezza è l'obbligo a carico del responsabile dell'organismo di custodire gli atti del procedimento, l'obbligo a carico del mediatore di tener riservate nei
confronti di ciascuna parte le dichiarazioni acquisite nel corso di sessioni separate.
Il procedimento di mediazione ha inizio mediante deposito di un'istanza, contenente la domanda di mediazione, presso un organismo nel luogo del giudice
territorialmente competente per la controversia.
L'art.4 del d.lgs. 28/2010 stabilisce che l'istanza deve contenere l'indicazione dell'organismo di mediazione, delle parti, dell'oggetto e delle ragioni della pretesa.
Aver previsto per l'istanza di mediazione un contenuto minimo conforme a quello stabilito per la domanda giudiziale sembrerebbe potersi giustificare
l'eventualità che proposto il giudizio in seguito al fallimento della mediazione, il giudice possa verificare l'avvenuto espletamento della condizione di procedibilità.
Nella pratica gli organismi di mediazione sono dotati di moduli e la formulazione dell'istanza avviene mediante la compilazione.
I regolamenti degli organismi devono prevedere il deposito dell'istanza di mediazione quale modalità di avvio della procedura, e predisporre strutture
organizzative idonee alla ricezione ed alla registrazione delle istanze. L'art.12 del D.M.180/2010 prescrive a carico degli organismi l'obbligo di istituire un registro
degli affari di mediazione e custodirlo. Il deposito dell'istanza determina il tempo della domanda e quindi la pendenza del procedimento di mediazione.
Nell'ipotesi in cui più parti abbiano avviato distinti procedimenti con riferimento alla medesima controversia, la mediazione si svolge davanti all'organismo
territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Se da un lato il riferimento alla presentazione della domanda di mediazione
intendesse che il deposito della stessa determinasse la pendenza del procedimento di mediazione dall'altro si stabiliva che, per determinare il tempo della
domanda, si doveva far riferimento alla ricezione della comunicazione.
Il mediatore deve inoltre verificare la sussistenza delle condizioni per l'effettivo svolgimento della mediazione. Quando l'esperimento del procedimento di
mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda, e il primo incontro si conclude senza accordo, la condizione si considera avverata.
La parte che senza un giustificato motivo non si sia presentata al procedimento di mediazione, il giudice può condannarla al versamento di una somma pari al
contributo unificato.
8. VERIFICHE TECNICHE
Il d.lgs. 28/2010 prevede di dare luogo nella mediazione a verifiche in ordine alle questioni di natura tecnica che siano emerse durante il procedimento, sia
attraverso la nomina di mediatori ausiliari quando le questioni trattate richiedono l'impegno di specifiche competenze tecniche, sia attraverso l'incarico che il
mediatore può assegnare ad uno degli esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali.
Verificare dei punti di fatto della controversia può rivelarsi utile ai fini delle compiuta comprensione della vicenda e non determina alcun accertamento
probatorio dei fatti. Problematica sembra la previsione della possibilità di incaricare esperti, estranei all'organismo tenendo conto che il compenso dell'esperto
grava sulle parti. Si rileva che il compenso dovuto agli esperti viene liquidato in base a specifiche modalità che devono essere prestabilite nel regolamento, in
quanto l'accettazione del regolamento implicherebbe accettazione del consenso.
9. SESSIONI SEPARATE
L'udizione separata delle parti può rivelarsi l'arma vincente della mediazione rispetto al giudizio, in quanto proprio in queste sessioni possono emergere gli
interessi concreti; ma tale audizione separata deve essere funzionale solo alla fruttuosità della mediazione e non deve rischiare di compromettere l'imparzialità
del mediatore.
La formulazione dell'art.11 che fa riferimento alla redazione di un verbale al quale allegato l'accordo, ha fatto sorgere il dubbio che verbale e accordo siano atti
distinti, cioè il verbale consisterebbe in un atto sintetico nel quale si dà atto dell'avvenuta conciliazione, e l'accordo l'atto nel quale è espresso il contenuto delle
intese raggiunte.
Ma ciò si trova in contrasto con l'art.12 dello stesso decreto il quale afferma ai fini dell'attribuzione alla conciliazione dell'efficacia di titolo esecutivo (IL VERBALE
DI ACCORDO), è omologato con decreto del Presidente del Tribunale, quindi sembrava alludere ad un unico atto. Si è concluso che il verbale di conciliazione deve
comprendere l'accordo conciliativo.
Con la riforma l'art.12 del d.lgs. È stato riformulato e la valutazione di conformità della conciliazione alle norme imperative e all'ordine pubblico è affidata agli
avvocati delle parti i quali hanno un potere di attestazione e certificazione sull'accordo. Negli altri casi, vi è la necessità del omologazione da parte del Presidente
del Tribunale. Infatti con la riforma si è aggiunto all'art. 2643 il numero 12-bis sancendo che gli accordi di mediazione che accertano l'usucapione devono avvenire
tramite la sottoscrizione autenticata da un pubblico ufficiale.
L'accordo conciliativo conserva la natura di atto contrattuale anche quando è il mediatore a formulare la proposta, infatti le parti possono accettarla o meno, ma
è necessaria l'accettazione di tutte le parti. (CONTRATTO PER ADESIONE) il proponente è il mediatore, all'adesione si sostituisce l'accettazione delle parti.
L'accordo di conciliazione, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati, munito di attestazione e certificazione, costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata,
esecuzione per consegna o rilascio, esecuzione degli obblighi di fare o non fare e per iscrizione di ipoteca giudiziale. Dunque l'accordo conciliativo acquista
efficacia esecutiva con l'attestazione e esecuzione degli avvocati, in mancanza l'accordo allegato al verbale è soggetto all'omologazione del Presidente del T.
Gli avvocati che attestano e certificano la conformità possono incorrere in responsabilità di carattere professionale.
Ai soli fini della formulazione della proposta, può essere nominato un mediatore proponente, in ogni caso la proposta non deve contenere alcun riferimento alle
dichiarazioni rese e informazioni acquisite nel corso del procedimento. La proposta non ha alcun valore imperativo proprio perché il mediatore non ha poteri
autoritativi, e l'intervento del terzo non dovrebbe mai prevalere sulla volontà delle parti. Nella mediazione infatti la regolamentazione concreta del rapporto
giuridico litigioso deriva dall'accordo delle parti, contrariamente a quanto accade nel processo.
Prevedere per la mancata adesione delle parti alla proposta immediate conseguenze significa attribuire al mediatore un certo potere di incidere nella formazione
dell'accordo, imponendo alle pari la regolamentazione dei relativi interessi.
11. GLI ADEMPIMENTI FORMALI PER LA CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO: VERBALIZZAZIONE, CHEDA DI VALUTAZIONE DEL SERVIZIO
Al termine del procedimento di mediazione viene consegnata ad ogni parte una scheda per la valutazione del servizio, il cui modello dev'essere allegato al
regolamento di procedura dell'organismo.
La previsione della mediazione obbligatoria era stata dichiarata incostituzionale dalla Corte per eccesso di delega, ma il D.lg. 63/2013 convertito nella l. 98/2013
ha reintrodotto l'obbligatorietà. L'esperimento del procedimento di mediazione non è prescritto, quale condizione di procedibilità della domanda, in tutti i casi in
cui, per rispondere a esigenze particolari di tutela dei diritti siano previsti dalla legge riti differenziati o forme procedimentali diverse rispetto a quelle proprie del
giudizio ordinario. Trattandosi di una condizione di procedibilità, tale mancato esperimento comporta il mero rinvio dell'udienza, per un tempo tale da consentire
lo svolgimento in corso di causa. Il giudice fissa un termine di quindici giorni per l'avvio del procedimento di mediazione e fissa la successiva udienza tenendo
conto della durata massima stabilita per lo svolgimento del procedimento di mediazione.
18.2 IL MEDIATORE
Obbligo principale per il mediatore è di essere imparziale; la violazione di tale dovere travolge l'intero procedimento. Il mediatore ha anche il dovere di essere
idoneo al corretto e sollecito svolgimento dell'incarico. Inoltre il mediatore deve adoperarsi affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione
della controversia.
Non sono alternativi alla giustizia, ma modalità di regolazione sociale che si affiancano al diritto.
Non appesantire il sistema giustizia, le parti trovano un accordo per favorire entrambe.
RACC. 98 procedure stragiudiziale valutative un terzo fa la proposta. Il terzo aiuta e prende posizione.
rappresentanza/legalità/efficacia/indipendenza/trasparenza/ libertà/contraddittorio
RIS.2000 meccanismo che consente di far ottenere al consumatore una compensazione da un organo extragiudiziale europeo
LIBRO VERDE ADR(procedure non giurisdizionali condotte da un terzo) RUOLO strumento al servizio della pace sociale eliminazio ne dell'affronto delle parti
Si articolano in due procedure fondamentali: ENDOPROCESSUALI E EXTRAPROCESSUALI.
DIR. E REG. 2013 prevede che i consumatori traggano vantaggio dall'accesso a mezzi facili per risolvere controversie transfrontaliere e commerciali
REG istituisce una piattafomra ODR che fornisce l'unico punto di accesso