Papà era al lavoro ma sarebbe venuto subito, così mi ha detto la
mamma. Avrei voluto chiederle perché. Mio padre è un avvocato e ha sempre un sacco di lavoro di cui occuparsi, io stavo bene, perché farlo venire? La stanza in cui mi hanno ricoverata è grande quasi quanto la mia camera, ma è adatta a una bambina: le pareti sono decorate con disegni (neanche troppo belli, a mio avviso) di pupazzi, orsacchiotti e arcobaleni. C’è una finestra che dà sul giardino. Sarebbe bello, con i fiori e le fontane zampillanti, se non si trattasse del giardino di un ospedale. «Papà è andato a chiamare il dottore», dice la mamma, torcendo il manico della borsa. «Non possiamo stare qui ad aspettare per tutta la giornata, ti pare? Lui deve andare al lavoro e tu...». «Io dovrò andare alla festa di Milly, stasera», dico, stupita di essermene quasi dimenticata. La mamma annuisce. La porta si apre di nuovo ed entra papà preceduto da un signore alto con i capelli brizzolati, che indossa il camice bianco dei medici. Mi rivolge un sorriso largo rivelando dei denti altrettanto bianchi. «Tu sei Coleen, giusto?». Annuisco. «Sono il dottor Bateson, sarò io a occuparmi di te oggi. Dobbiamo fare degli accertamenti in base ai risultati dell’esame del sangue». Corrugo la fronte. Non pensavo di dover fare altri esami. «Non voglio fare degli accertamenti, voglio andare a casa a...». “A pensare a Gregor”, ma non lo dico ad alta voce. «I tuoi esami del sangue hanno dei valori sballati», insiste il dottore. «Dovremo fare una biopsia ossea». «Può parlare inglese, per favore?!», chiedo. «Coleen!», mi riprende la mamma. Nello stesso istante, Bateson spiega: «La biopsia ossea consiste in un piccolo prelievo di tessuto osseo che sarà analizzato al microscopio...». «Non voglio farla», dico, e mi accorgo che la mia voce trema. La mamma fa un passo verso di me, apre bocca per dire qualcosa, ma il dottore la precede: «È necessaria, Coleen». «Necessaria per cosa?», quasi lo sfido. Lui si volta verso i miei genitori, che si scambiano un’occhiata. Detesto i momenti in cui gli adulti fanno di tutto per tenermi all’oscuro di qualcosa. Non sono più una bambina. «Dai tuoi esami del sangue di stamattina risulta che i valori dei globuli bianchi, dei globuli rossi e delle piastrine sono alterati», dice il medico. «Inoltre i tuoi genitori mi hanno detto che sei molto stanca...». «Sto studiando tanto», ribatto. «Anzi, dovrei essere a scuola, adesso». Il medico mi rivolge un sorriso affabile, poi esce dalla mia camera. Afferro il cellulare e mando un messaggio a Milly. È vietato tenere i cellulari accesi durante le lezioni, ma sin dal primo anno impariamo vari trucchi per portarci i telefoni appresso, a dispetto dei controlli.
Sono bloccata in ospedale.
Sono svenuta per lo stress e il dottore dice che devo fare degli esami... Help! Contami comunque per la festa!