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MUSICA
ALBERT CAMUS – HO IMPARATO AD ESSERE UNO ARTE
STRANIERO
CRITICA, LETTERATURA | 07/11/2016 | 0 | BY NICCOLÒ MONTI
LETTERATURA
di Niccolò Monti
CHARLOTTE SALOMON,
DA BERLINO A MILANO Meursault spara ad un uomo sulla spiaggia. Ha sparato ad un arabo, per il sudore, per
Charlotte Salomon, figlia nulla, perché aveva un coltello nella mano; ora giace al suolo, il corpo sulla sabbia. La
del medico Albert Kann e sorella dell’arabo era stata picchiata da Raymond, vicino di casa di Meursault, ma il
dell’infermiera Franziska lenone lo sfrutta a suo favore come testimone, scagionandosi così dalle accuse. Gli
HORCYNUS ORCA, IL MOSTRUOSO
Kann, nasce a Berlino nel eventi avvolgono il protagonista, portandolo sulla spiaggia in compagnia di Raymond e
CAPOLAVORO DI D’ARRIGO
1917 in una famiglia ebrea… un suo compare. Qui, sono assaliti da due arabi, di cui uno è il fratello della donna
maltrattata. Non siamo ancora all’omicidio. Avviene più tardi, quando Meursault è solo Risulta difficile trovare, nel panorama
novecentesco italiano, un’adeguata
a passeggiare lungo il medesimo lido, dove incontra l’arabo. Sudore sulla fronte, sole
ECONOMIA collocazione per un romanzo come
riflesso sulla lama del coltello: gli spara, con una pistola datagli da Raymond, prima il
Horcynus Orca. Si tratta di un’opera unica…
colpo fatale, poi altri quattro privi di motivazione. Da questi cinque spari, dall’omicidio,
si manifesta l’assurdità che fa da perno centrale al romanzo più celebrato di Albert
Camus, Lo Straniero.
SPETTACOLO
L’uomo, non solo Meursault, è condannato a sentirsi un estraneo rispetto alla realtà in
cui vive. Di fronte alla morte, che sia donata, vissuta o subita, come nei rispettivi casi RELIGIONI
dell’arabo, della madre – la notizia della cui morte costituisce l’incipit del romanzo:
UN VIAGGIO TRA LE “Aujourd’hui, maman est morte. Ou peut-être hier, je ne sais pas” – e di Meursault stesso,
ROVINE E GLI ASTRI DI
l’uomo si scopre nullità. L’indifferenza che ne segue non è da scambiare con quella dei
CASTELGRANDE
patetici e inetti borghesi dipinti dalla penna critica di Moravia. Bensì, essa è più vicina
CASTELGRANDE (POTENZA) ad un atteggiamento stoicamente vuoto, ma sempre coerente. Perpetratore di un
– Un piccolo santuario “piccolo terrore”, il protagonista è escluso dall’atto che ha appena compiuto, è disgiunto
sorge vicino ad un torrente, dall’avvenimento in cui il suo corpo, le sue dita sul grilletto, erano volontari
che scorre indisturbato; la partecipatori. Escluso si sente anche dal processo che ne segue, e che occupa la
piccola chiesetta è nascosta
seconda porzione del racconto. Rifiuta la salvezza che gli offre la religione, accetta la
da…
conseguenza delle proprie azioni – ecco la logica –, pur restando cosciente della
IN TRECENTO ALLE TERMOPILI: TUTTA
COLPA DI APOLLO
pochezza di significato della sua condanna, della sua vita. Ed è proprio da questa
condizione, privata d’ogni speranza, che Meursault si riscopre felice; per la prima volta È il 480 a.C.: l’indipendenza delle città-stato
da tempo, ripensa alla madre, ne comprende le decisioni fatte mentre era rinchiusa in greche è di nuovo minacciata dai persiani e
un ospizio, ne condivide la gioia, preludio per entrambi di una fine accettata e l’esercito greco decide di fermare…
imminente.
Camus accetta le sorti degli esseri umani, votati a vivere immersi nella ripetizione di
gesti insulsi e di violenze, cadute e guarigioni. Lo sottolinea, e vi affianca la sua
costruzione filosofica, condensata ne Il Mito di Sisifo, che assieme a Lo Straniero è metà
del cosiddetto ciclo dell’assurdo – le altre due opere sono le pièce teatrali Caligola e Il
Malinteso. Partendo dalla figura mitologica di Sisifo come allegoria della pietosa
condizione in cui sono costretti gli uomini, Camus conclude che, per superarla ed
accettarla, “bisogna immaginare Sisifo felice”, così da riempire di nuova linfa l’esistenza
umana, della quale è ribadita la finitudine. Non per nulla, apre in epigrafe del saggio
questa frase, tratta dalla terza Pitica di Pindaro: “O anima mia, non aspirare alla vita
immortale, ma esaurisci il campo del possibile”, dalla quale, se riletta dopo aver concluso
l’opera, si coglie l’intento di puntare ad una Lebensphilosophie f o n d a t a s u u n a
comprensione – e, ancora, accettazione – della morte in quanto fenomeno necessario,
da sopportare opponendo ad esso la vitalità, l’ottimismo, quella “estate” mediterranea
che Camus decanterà in successivi scritti, il cui sole può brillare in ciascuno a
prescindere dalle catene che lo angustiano.
Sartre, tuttavia, gli avrebbe risposto, e forse al tempo lo fece, che immaginare Sisifo
felice non tramuta la sua effettiva situazione, la quale è legata a variabili e costanti
empiriche, di cui la società è intrisa. Non è con l’immaginazione che si può far fuggire
Sisifo dalla sua infinita tragedia. Farlo significherebbe trovarci nella mauvais foi;
letteralmente, nella cattiva fede, volendo con ciò intendere l’inganno che l’uomo crea
intorno alla sua condizione, che sia esistenziale o sociale. Critica puntuale, che fa
comprendere quanto Sartre sia stato, tra i due, il filosofo che scrive, mentre Camus lo
scrittore che filosofeggia, che non dava priorità ad alcuno dei due ambiti, facendoli
progredire in simbiosi.
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