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PRIMO TEMPO
1Ovviamente nel caso che lo speaker, come da idea originaria, fosse Roberto Brivio.
Altrimenti: tagliare.
repubblica, con tutte le sue splendide speranze, la seconda
mostrava che cos’era successo dopo.
Dunque… sessant’anni fa. Per quelli che si fossero messi in
ascolto in questo momento – come si usa dire – un breve
quadro della situazione: siamo verso la fine della guerra.
Fascismo e monarchia stanno cadendo da tutte le parti. L’Italia
è occupata dai tedeschi, ma anche quelli hanno i giorni contati.
Nel nord-Italia ci sono i partigiani, a sud sono sbarcati i gli
americani, gli inglesi, e i loro alleati (quelli che stanno
vincendo la guerra) prima in Sicilia poi nel Lazio, che stanno
risalendo lo stivale liberandolo. Sono appunto i Liberatori.
accolti dovunque in modo trionfale. Eccoli!
I.
(Una marcetta accompagna l’ingresso dei liberatori. Mentre
l’altoparlante fa sentire i clamori della folla liberata: “Viva i
liberatori!”, “Abbasso il Duce!”, “Viva l’America!”
I liberatori sono tre: un francese, un inglese, un americano.
Assieme a loro entra un italiano “liberato”: un poveraccio con
coppola e chitarra, forse un napoletano, forse un siciliano, al
massimo un romano.
La tipizzazione dei liberatori è sommaria, secondo noti clichées al
limite del caricaturale. Il francese ha in testa un chepì da legione
straniera, e l’aria un po’ altezzosa e schifata; entra a grandi passi,
e si piazza a gambe larghe in mezzo alla scena, senza quasi
degnare di uno sguardo la folla-pubblico che lo applaude.
L’inglese è vestito come un esploratore in Africa, è raffinato e un
po’ snob; saluta con cenni del capo e brevi moti della mano, un po’
infastidito dal rumore e dall’esuberanza latina. L’americano in
stile cow boy, gioviale e fracassone, entra tutto festevole,
autocongratulandosi con le mani strette sopra la testa.
L’italiano liberato segue ossequioso e si tiene in disparte.)
L’INGLESE (cercando di placare gli applausi) – Grazie! Grazie! Thank
you very much! Non disturbatevi! Calma! Very kind! Thank
you! That’s enough! Stop it!
L’AMERICANO (senza complessi, si gode tranquillamente gli applausi, e
per ricambiare dice tutto l’italiano che sa) – Bambino, signorina,
Al Capone, molto buono, spaghetti… Io americano! Noi dollari,
sigarette, cioccolata! Do you want? Voi volere?
IL FRANCESE (col naso all’insù) – Che cos’è?
L’AMERICANO -. Chocolate…
IL FRANCESE – Bisogna dirglielo.
(Al pubblico e all’italiano in scena)
Da mangiare! Vous avez compris? Capito? E’ roba da mangiare!
(Spiega meglio, portandosi le mani alla bocca)
Da mangiare!
E questo invece è sapone. Savon. Serve per lavarsi, capito?
Lavarsi!...
(E all’americano:)
Questi, se no, lo mangiano, come la cioccolata!
(I tre distribuiscono un po’ di roba.)
L’INGLESE – Adesso sgomberare! Tornate a casa! Grazie, bye bye!
Good afternoon! Buon pomeriggio! Addio, addio!
(I clamori di folla si spengono)
L’AMERICANO (aguzza gli occhi in direzione del pubblico, poi si rivolge
all’italiano liberato) – Dunque… questa sarebbe…
L’ITALIANO – L’Italia, signor maresciallo.
L’AMERICANO – L’Italia, ah già, sì, sicuro! Of course! Cioè,
esattamente… vediamo un po’ la carta:
(Scende sul fondo una grande carte d’Italia. E’ una carta
gastronomica turistica, a colori vivaci, con il panettone al posto
di Milano, fiasco di vino in Toscana, spaghetti fumanti a Napoli,
costumi regionali sparsi qua e là)
Ah, è questa, già! To’ che forma curiosa!
(E’ evidente che la vede per la prima volta)
IL FRANCESE – Sì, sì, è un paese molto pittoresco.
L’AMERICANO – Un po’ malconcio per la guerra, purtroppo! Ho visto
tante rovine. Anche a Roma… quello stadio… uno stadio da
baseball, I suppose… rotondo…
L’ITALIANO – Quello è il Colosseo…
L’AMERICANO – Il colosseo, sì, ho sentito che lo chiamavano così.
Tutto bombardato!…
IL FRANCESE – Così imparano a mettersi contro di noi!
L’AMERICANO – Contro di noi chi?
IL FRANCESE – Ma… l’Italia.
L’AMERICANO (stupefatto) – Contro di noi?” Ma noi non siamo in
guerra contro la Germania?
L’INGLESE (un po’ infastidito) – Anche contro l’Italia, amico mio!
Anche contro l’Italia!
L’AMERICANO (che questa la sente proprio per la prima volta) – Ma
questa è proprio bella! Io credevo che l’Italia fosse nostra
alleata! Non c’è con noi quel piccoletto che dice sempre che lui
non c’entra…
L’ITALIANO – Quello è il re, signor maresciallo.
L’AMERICANO – Così piccolo?
(L’italiano allarga le braccia, confermando)
IL FRANCESE – Erano nostri nemici prima: quand’erano tutti fascisti.
Adesso, a mano a mano che noi vinciamo, diventano tutti
antifascisti, e passano dalla nostra parte. Non è così?
(Chiede conferma all’Italiano, che ovviamene conferma.)
L’AMERICANO (guardando la carta) – Ah, ma questa è proprio bella!
Mai me lo sarei immaginato: con tutti i ristoranti italiani che
abbiamo in America! E pensare che una volta, vedendo un
reggimento italiano alle prese con delle truppe mimetizzate, ho
fatto intervenire l’artiglieria in suo aiuto.
L’INGLESE – Lo so, lo so: le truppe mimetizzate erano mie:
L’AMERICANO – Oh, I am terribly sorry!
L’INGLESE – Non ci faccia caso, ne avevo delle altre.
L’AMERICANO – Comunque, se l’Italia era contro di noi… adesso è
roba nostra. Cosa ne facciamo?
L’INGLESE – Boh!
L’AMERICANO (al francese) - La volete voi?
IL FRANCESE - Noi?! Per carità! Noi abbiamo già l’Indocina che ci dà
un mare di guai!
L’AMERICANO – L’Indocina?!
IL FRANCESE – Ma sì! La Cambogia… il Vietnam!
L’AMERICANO – Il Vietnam, vi dà dei fastidi?! Ma non è una zona così
tranquilla, agricola, con tutte le risaie…
IL FRANCESE – Sì, sì, le risaie sono tranquille: ma le mondine!...
L’AMERICANO – Perchè non ci sapete fare! Noi americani sono sicuro
che andremo d’accordissimo!
L’INGLESE – Chiedo scusa, ma è quasi l’ora del the! Non stavamo
parlando dell’Italia?
L’AMERICANO – Già, è vero; ma sapete che ha una forma stranissima?
IL FRANCESE – Bah, sono sempre stati degli originali!
L’INGLESE – Comunque non abbiamo ancora deciso che cosa ne
facciamo. Da un punto di vista democratico, sarebbe giusto
lasciargliela a loro.
IL FRANCESE – A loro? Mi sembrano inaffidabili. Fino a ieri erano tutti
fascisti.
L’INGLESE – Comunque sembra che si siano pentiti: hanno buttato giù
Mussolini, lo hanno fucilato…
L’AMERICANO – Ah, Mussolini non c’è più? Oh bella, questo proprio
non la sapevo! Sono quei poltroni della CIA che non ci tengono
informati!... A me Mussolini non dispiaceva: intanto era
decisamente anticomunista…
L’INGLESE – Un dittatore.
L’AMERICANO – Sì, sì, ma noi non abbiamo niente contro i dittatori;
l’importante è che siano anticomunisti!
IL FRANCESE – Le ho detto che comunque l’hanno fucilato.
L’AMERICANO – Ecco che cosa succede a fucilare la gente: che se poi
se ne ha bisogno, non c’è più.
L’INGLESE – Signori, ripeto: è l’ora del the, e io devo andare. La cosa
più pratica mi sembra di lasciargliela a loro.
IL FRANCESE – Con certe garanzie!
L’INGLESE – Naturalmente!
L’AMERICANO – Alleanza con l’America, niente comunisti tra i piedi…
E per il resto che si arrangino.
L’INGLESE (all’italiano) – Tu, lì, invece di star lì a gingillarti con la
chitarra, assumiti le tue responsabilità. Sei libero, hai capito?
Adesso tocca a te!
IL FRANCESE – Noi ti regaliamo, la libertà…
L’AMERICANO – …la giustizia…
L’INGLESE - … la democrazia…
IL FRANCESE – … l’uguaglianza.
L’ITALIANO – Libertà, giustizia, democrazia, uguaglianza? Sarà dura!
L’AMERICANO – Ma no, ma no. E’ facilissimo.
Basta aver fede, e cantare! Ripeti con me: Io sono libero!
L’ITALIANO – Io sono libero!
L’AMERICANO – Più forte!
L’ITALIANO – Io sono libero!
L’AMERICANO – Cantato!
L’ITALIANO (canta)
...
...
II.
Alla fine della canzone, subentrano in sottofondo musiche e canti
del tempo di guerra; “Fischia il vento”, “Bella ciao” eccetera. Lo
Speaker riprende il suo ruolo di conduttore)
III
LA PACE E LE SPERANZE
IV.
(La sala d’attesa di una strana Maternità. Si vede una porta, con
su scritto “Sala parto”. In primo piano, da un lato, un prete che
prega. Un tizio con un berretto da operaio passeggia
nervosamente avanti e indietro per la scena, guardando
continuamente l’orologio, sbuffando, avvicinandosi ad origliare
alla porta della Sala Parto, secondo la tipica sintomatologia del
padre in attesa.
Ad un tratto la porta si apre. Il tizio col berretto – l’Operaio - si
volta di scatto verso di esso; anche il prete interrompe al
preghiera e scatta in piedi. Dalla porta è uscito un infermiere con
aria indaffarata: regge bende, medicine, bacinelle, etc. Prete e
operaio lo fissano con aria interrogativa. L’infermiere fa cenno di
no, che non c’è ancora niente di nuovo. I due ritornano alle loro
occupazioni: il prete a pregare, l’operaio al suo nervosismo.
L’infermiere esce.
V
MELODRAMMA
VI.
SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI.
VII
RESURREZIONE E LIETO FINE
(Il tumulto che era continuato in sottofondo durante l’epico
annuncio cessa ora un istante mentre i quattro si fermano
incuriositi ad ascoltare, immobili. Uno di essi – “ricco borghese” -
ha un cappio al collo, ed un altro – “proletario rivoluzionario” - si
stava accingendo evidentemente ad impiccarlo.
In contrasto con la stentorea sparata si ode ora, stitico e banale,
l’annuncio della radio.)
L’ANNUNCIO DELLA RADIO - Notizie sportive. Tour de France. Gino
Bartali, nel corso dell’odierna tappa vinta alla media di trentasei
e quattrocentosettantacinque, ha conquistato la maglia gialla di
leader del classifica.
(I quattro restano attoniti, colti da improvvisa felicità. I cartelli si
girano, e dove prima si leggevano scritte rivoluzionarie, ora
compaiono incitamenti tipo “Viva Bartali!”, “Gino sei tutti noi!” e
simili. Tra le grida festose si stagliano le voci dell’Impiccatore e
dell’Impiccando, esultanti.)
L’IMPICCATORE – Il Gino! Il Gino ha vinto!
L’IMPICCANDO – E’ maglia gialla! E domani il Tour finisce!
L’IMPICCATORE – A Parigi!
L’IMPICCANDO – Al Parco dei Principi! Avremo anche perso la
guerra…
L’IMPICCATORE – … ma il Giro di Francia… te’!
L’IMPICCANDO – Sa che io ero a Parigi, dieci anni fa? Quando il Bartali
l’ha vinto per la prima volta!
L’IMPICCATORE – Nel Trentotto. E lei era a Parigi?
L’IMPICCANDO – A Parigi, a Parigi! E l’ho visto, in pista, tagliare il
traguardo!
L’IMPICCATORE – Ciuska! Mi dica, mi dica, mi racconti!
(L’ira rivolutionaria dell’Impiccatore e il terrore dell’Impiccando
hanno ceduto il posto a una grande cordialità. Siedono, e
l’Impiccatore toglierà il cappio all’altro, con gesto e parole di
scusa…)
L’IMPICCANDO – Ah, ci vorrebbe un grande scrittore, a descrivere quei
momenti.
L’IMPICCATORE – Dica, dica: lui cosa faceva?
L’IMPICCANDO – Il Bartali? Pedalava: la fronte madida di sudore,
chino sul manubrio…
L’IMPICCATORE – Ciuska!
L’IMPICCANDO - …pedalava come un arcangelo!
L’IMPICCATORE – Ciuska!
L’IMPICCANDO – Lei l’ha mai visto come pedala un arcangelo?
L’IMPICCATORE – Nnnn no!
L’IMPICCANDO – Beh, pedala come pedalava come il Bartali, lì su
quella pista, tra tutti quei francesi che lo applaudivano…
L’IMPICCATORE – Dica, dica…
L’IMPICCANDO – … perché i francesi son francesi di merda, ma di
ciclismo se ne intendono!
L’IMPICCATORE – Certo che sono soddisfazioni!
L’IMPICCANDO – Eccome!
L’IMPICCATORE – Dica, dica!
(Racconto e dialogo procedono a bassa voce, fino a che si vedono
solo le labbra muoversi, senza suono.
Nel frattempo sono entrati gli altri due: uno ha una chitarra e
canta, l’altro ha un pacco di grandi lenzuola bianche, con le quali
copre il cumulo delle macerie cadute, e poi anche l’Impiccatore e
l’Impiccando che resteranno immobili, ricoperti come i divani e i
mobili di un salotto prima che i proprietari dell’appartamento
partano per le ferie. Nel frattempo, il canto:)
SECONDO TEMPO
...
II.
VENT’ANNI DOPO
...
---
III.
RICORDATI DI SANTIFICARE LE FESTE
(Escono i quattro.
VI.
NON SO, NON HO VISTO
Io sono distratto,
comunque non c’entro:
son qui di passaggio
non so cosa dir.
IX
BRINDISI, SERENATA E GRAN FINALE.
(E’ sera. Sul grande schermo di fondo si vede il profilo di una folla
oceanica con bandiere, stendardi e cartelli. Inni, note patriottiche,
brani smozzati di vecchi canti della resistenza.
In primo pian o sullo schermo, un po’ di spalle e un po’ di profilo,
il busto di un oratore che arringa la folla.
Voce dell’oratore e clamori della folla arriveranno in scena ad
intermittenza, come portati da folate improvvise di vento, a
turbare la pace della sera.
L’altoparlante diffonde la voce dell’oratore.)
(E infatti, tutti....)
Lentamente, sipario