Sei sulla pagina 1di 178

GLI STRUZZI 71

Corrado Stajano
Il sovversivo

EINAUDI

Vita e morte dell’anarchico Serantini


Corrado Stajano
Il sovversivo
Vita e morte dell’anarchico Serantini

Einaudi
Copyright © 197.5 Giulio Einaudi editore s.p .a., Torino
I l so vve rsivo
Il posto dove fu colpito a morte è sul Lungarno
Gambacorti di Pisa, tra la via Toselli e la via Maz­
zini. Si lascia sulla sinistra, venendo dal ponte di
Mezzo, il palazzo del Comune e si cammina lungo
una ininterrotta serie di piccole botteghe che forse
esistono da secoli e hanno mutato soltanto il gene­
re dei loro minuti commerci. Una mescita di vino
al numero io , all’angolo di via delle Belle donne;
un tappezziere al numero 1 3 ; un aggiustatore di
macchine fotografiche al 14 ; la calzoleria «La rapi­
da» al 16 ; l ’agenzia Sbrana, compravendita e affit­
ti, al 18 ; il circolo Enal al 19 .
Alle spalle dell’isolato, la Nunziatina, l ’intricato
quartiere del sottoproletariato rosso. Di là dall’A r­
no, sotto i palazzi aristocratici e inaccessibili, lo
scalo del carbone con la lapide che ricorda l ’appro­
do della barca di Garibaldi ferito ad Aspromonte.
Non lontano dal Lungarno Gambacorti, tante
volte citato nei rapporti dei commissari di pubbli­
ca sicurezza, nei verbali dei sostituti procuratori
della Repubblica, nelle sentenze dei giudici istrut­
tori, nelle cronache dei giornali e nelle relazioni dei
periti medico-legali, splendono i gioielli dell’arte e
della religione, Santa Maria della Spina, San Paolo
a Ripa d’Arno e, a pochi passi, la chiesa di Santa
Cristina dove, il i° aprile 1 3 7 3 , santa Caterina da
4 CORRADO STAJANO

Siena ricevette le Sacre Stimmate, «cinque lucidis­


simi raggi sanguigni, usciti dal Santissimo crocifis­
so sull’altare e andati a ferire le mani di Caterina, i
piedi, il suo castissimo e virgineo petto».
Ma la sera del 5 maggio 19 7 2 , né la patrona d’I ­
talia, né la presenza antica di bellezza e di arte, né
i segni della storia e della cultura servirono a salva­
re dalla furia della polizia, tra la bottega del vinaio
e quella del tappezziere, un giovane non alto, ric­
ciuto, gli occhiali da miope, il viso serio e sofferto,
vestito con una giacca marrone, un paio di pantalo­
ni di lana nera, una camicia con le maniche lunghe
dai disegni fantasia color giallo arancione. Franco
Serantini, di vent’anni, sardo, anarchico, figlio di
nessuno nella vita come nella morte.
I.

Franco Serantini nasce a Cagliari il x 6 luglio


1 9 5 1 . Abbandonato al brefotrofio, deve forse il
nome e il cognome a un ufficiale di stato civile dalle
inclinazioni letterarie o a qualche prete o mare­
sciallo dei carabinieri che in quei giorni lesse sotto
la novella pubblicata da un giornale il nome di
Francesco Serantini, scrittore romagnolo, autore
di romanzi pittoreschi che si rifanno alla storia e al­
le cronache dell’Ottocento, come I fatti memora­
bili della banda del Gassatore in terra di Romagna,
I l fucile di Rapa della Genga ed anche I bastardi.
Serantini resta all’Infanzia abbandonata fino al
16 maggio 19 5 3 , quando viene dato in affidamen­
to a due coniugi siciliani. Lui si chiama Giovanni
Ciotta, lei Rosa Alaimo. Ciotta è una guardia di
pubblica sicurezza, figlio di braccianti, la moglie
appartiene a una famiglia che possiede qualche tu­
mulo di terra, coltivata dai genitori e dai quattro
fratelli e che non ha visto di buon occhio il matri­
monio di Rosa festeggiato però con la dovuta so­
lennità. La fotografia delle nozze ritrae gli sposi da­
vanti al fondale di un giardino d’Oriente: Giovan­
ni in doppiopetto nero, con la cravatta a farfalla,
guarda Rosa, in bianco, con un lungo strascico di
velo ai piedi, gli occhi pudichi su un mazzolino di
fiori d’arancio. I due sposi sembrano fratelli, han-
6 CORRADO STAJANO

no gli stessi occhi oliva, gli stessi visi intensi e cu­


pi dei siciliani arabi.
Arruolatosi nella polizia, Ciotta viene trasferi­
to a Cagliari. Sposati da quindici anni e senza figli,
Giovanni e Rosa decidono di adottare un bambino.
A ll’orfanotrofio scelgono Franco: è robusto, viva­
ce, ispira simpatia. Ma poco dopo averlo portato a
casa, dove viene chiamato Giovanni — un timido
marchio di possesso —la madre adottiva si ammala.
La diagnosi non offre speranza, tumore. Dopo l ’o­
perazione, i coniugi Ciotta decidono di tornare in
Sicilia, al paese natale, Campobello di Licata, pro­
vincia di Agrigento, a cercare aiuto nella casa dei
genitori di Rosa che muore il 13 marzo 19 5 5 .
Fin dalla nascita, Franco Serantini conosce ad
una ad una e senza pietà le sfortune dei poveri, pas­
sa attraverso le catene di sofferenza e di dolore che
toccano sempre in sorte agli esclusi, la morte come
una condanna che distrugge anche i precari equili­
bri di sussistenza, le disgrazie, le malattie, la disoc­
cupazione, i conflitti di interesse tanto più crudi
quanto la roba contestata è poca, gli affetti carenti
come il mangiare, come la speranza.
Il bambino diventa causa di tensione familiare.
La morte di Rosa fa rinascere antichi risentimenti
tra la guardia di p s e i suoceri e i cognati. Pare che
tutti desiderino Franco, ma resta il sospetto che il
piccolo sia solo un pretesto di litigio e di afferma­
zione.
Dopo la morte della moglie, Giovanni Ciotta ot­
tiene il trasferimento a Caltanissetta e chiede al-
l ’Amministrazione provinciale di Cagliari, che ha
il bambino a carico sui suoi registri, di affiliarlo.
Ma non sono trascorsi gli anni previsti dal rego­
lamento e la risposta è negativa. I suoceri di Ciot­
IL SOVVERSIVO 7

ta, allora - Giuseppe Alaimo, pensionato e Maria


Bruscatto, i vecchi genitori della sposa morta -
fanno domanda per poter tenere con loro il piccolo
Franco. L ’Amministrazione provinciale, prima di
concedere l ’autorizzazione, chiede il parere ai figli
rimasti in casa Alaimo, Santo e Carmelina. In au­
tunno i due dicono di sì e il bambino, il 1 3 dicem­
bre 19 5 5 , è affidato anche ufficialmente alla nuova
famiglia.
Campobello di Licata è in collina, nella fascia
sudorientale della Sicilia, a una ventina di chilo­
metri dal mare, un paese bruciato, di vita grama.
Ha per industria l ’emigrazione ed è abitato soprat­
tutto da vecchi, da pochi bambini, da vedove bian­
che. La popolazione seguita a calare, in pochi anni
è scesa da tredicimila a undicimila abitanti e quella
che era considerata una contrada celebre per la sua
fertilità, è ridotta a una sacca di miseria. La minie­
ra di zolfo del principe di Palagonia è abbandona­
ta e la terra arida, coltivata a frumento, all’ombra
di rari alberi di mandorlo e di ulivo, resta l ’unica
risorsa.
La vita del paese è accentrata nella piazza gran­
de, alberata su due lati, con la chiesa matrice dedi­
cata a Giovanni Battista e tutti gli uffici, il munici­
pio, i vigili, la Camera del lavoro, i partiti. Il pa­
lazzo del barone Sillitti, il feudatario locale, è su
un poggio. Un altro cittadino di Campobello è il ba­
rone Agostino La Lumia, noto ai cronisti monda­
ni: fece una volta una festa al cimitero per l ’inaugu­
razione della sua tomba e un’altra volta, per la fa­
coltà di conferire titoli nobiliari venutagli dalla di­
scendenza da un viceré, nominò barone il suo gatto.
Il microcosmo di Campobello di Licata è ele­
mentare. Da un lato la ricchezza, il benessere e il
8 CORRADO STAJANO

prestigio sociale intravisti nel palazzo del barone,


dall’altro la vecchia tradizione socialista: i privile­
gi del feudo e le dure lotte del lavoro che nel 19 4 7
costarono la vita a un bracciante, Giovanni Virzi,
ucciso dai carabinieri durante un’occupazione di
terre per la riforma agraria.
Il piccolo Serantini viene allevato in piazza
Marconi 3, dietro la piazza grande, in una di quelle
case contadine a un solo vano chiamate, dal greco,
«catoio», i bassi siciliani. La casa degli Alaimo,
che si sentivano dei possidenti in confronto al pro­
messo sposo della figlia, è divisa orizzontalmente
da una specie di sopralzo di legno dove si sale sol­
tanto per mezzo di una scala a pioli. Il pianterreno
serve da cucina e da stalla per le bestie, l ’ammezza­
to, privo di finestre, fa da dormitorio per i vecchi,
i figli adulti, il bambino.
La prima immagine del mondo, Serantini l ’ha
avuta in questo antro. Cinque anni trascorsi tra la
casa, le scuole elementari «Don Bosco», la strada
di terra battuta, coi carretti rovesciati vicino ai
marciapiedi e le abitazioni basse, di pietra viva, la
piazza coi soliti vecchi immobili, qualche gioco sul
monumento-tabernacolo con la croce di ferro pian­
tata dai padri passionisti. La sua pagella, firmata
dalla maestra Francesca Velia, è discreta, compor­
tamento ed educazione morale e civile 9, lettura,
aritmetica, attività manuali, educazione fisica, reli­
gione, 6.
Il bambino ha lasciato in paese povere memo­
rie senz’importanza. G li piacevano i dolci di pasta
di mandorla, non imparò il dialetto, diceva che da
grande avrebbe fatto il carabiniere.
Anche il padre adottivo, Giovanni Ciotta, non
ha molti ricordi. È diventato brigadiere di p s , abi­
IL SOVVERSIVO 9
ta a Gela, vicino al Museo archeologico, si è rispo­
sato e ha avuto due figli. Ha cinquantacinque anni,
la faccia di un uomo provato, si esprime pacata­
mente: la morte della moglie, il bambino adottivo,
la rottura con la famiglia dei suoceri devono essere
le amare ombre di un’altra vita rimossa di conti­
nuo dalla sua coscienza.
Quella di Serantini è una storia che sembra sem­
pre ai limiti dell’invenzione settaria, piena com’è
di miseria, di violenza classista, d ’ingiustizia.
Franco resta a Campobello di Licata fino al
i960. Maria Bruscatto si ammala, diventa a poco a
poco quasi cieca, suo marito Giuseppe è anziano,
sempre piu stanco. I figli partono, Calogero per
Desio, al Nord, Croce per Butera, vicino a Gela,
Carmelina, la più giovane dei fratelli, quella che
con Santo ha avuto più a cuore il bambino, si sposa
ed emigra in America. La famiglia si sta disfacen­
do, il «catoio» ha lasciato adesso il posto a una co­
struzione a sei piani, i vecchi sono morti.
G li Alaimo espongono dunque le loro difficoltà
all’Amministrazione provinciale di Cagliari, chie­
dono il ricovero di Franco in un istituto d’assisten­
za in Sicilia per poter continuare a vederlo e per
stargli in qualche modo vicini. Dopo un lungo
scambio di lettere, di preghiere, di promesse, di
dinieghi, l’Amministrazione, nell’aprile i9 6 0 , ordi­
na che Franco Serantini sia affidato all’istituto Buon
Pastore di Cagliari.
Santo, che ora è morto anche lui, l ’accompagna
al treno. Con una malferma e patetica calligrafia da
contadino ha lasciato un appunto su un notes dove
era solito segnare gli avvenimenti della giornata:
« Il 28 aprile i9 6 0 ci siamo divisi alla stazione di
Agrigento alle ore 10 ,10 » .
II.

L ’istituto Buon Pastore è un fabbricato grigio­


verde alla periferia di Cagliari, nel quartiere chia­
mato «il Giorgino». Potrebbe essere l ’Agustino di
Lima o l ’Acquedotto Felice di Roma, ha lo stesso
eterno carattere di provvisorietà, la stessa desolata
aria di abbandono e di degradazione, con le barac­
che, i mucchi di spazzatura, i cani randagi, l’assen­
za di servizi civili, gli emarginati in condizioni sub­
umane, le prostitute da quattro soldi.
Nel ’ 3o, il «Giorgino» era una spiaggia aristo­
cratica frequentata dalle famiglie illustri di Caglia­
ri, poi si trasformò in un lido popolare e i ragazzi
che non avevano i mezzi economici per andare a fa­
re il bagno a Cala Mosca o al Poetto, prendevano la
strada di Teulada e arrivavano a piedi fin qui. D i­
ventò ghetto sottoproletario negli anni del dopo­
guerra.
Il paesaggio è nordafricano, le piogge sono scar­
se e invernali, il vento secca la terra impregnata di
salsedine, punteggiata di eucalipti. Le stagioni so­
no segnate dall’arrivo e dalla partenza dei fenicot­
teri. Quando, in agosto e in settembre, giungono
dal Sud per restare fino a primavera nel vicino sta­
gno di Santa Gilla, è uno spettacolo l ’imponente
nastro di uccelli bianchi, rosa, rossi che volano bas-
IL SOVVERSIVO II

si e lenti nel cielo. «Su mangoni, su mangoni», li


indicano in dialetto i bambini.
Serantini arriva al «Buon Pastore» che non ha
ancora compiuto dieci anni. Le suore gli fanno fini­
re le elementari, poi lo mandano alla media «G iu ­
seppe Manno», a Cagliari. È un ragazzo chiuso, ta­
citurno, infelice. Con chi dovrebbe aprirsi, con
suor Cottolenga Corona, la superiora?
«Una società come la nostra — hanno scritto
Bianca Guidetti Serra e Francesco Santanera —che
si vuole rispettosa dei diritti della persona, rifiuta,
è ovvio, l ’eliminazione diretta come avveniva in
culture del passato. Ma le soluzioni adottate sono
spesso solo in apparenza meno crudeli; tra queste,
la piu frequente è quella del "collegio” o "istitu­
to ” . Si riuniscono, cioè, in una collettività chiusa,
quasi di necessità a regime autoritario, numerosi,
anzi numerosissimi fanciulli, che nessuno vuole
perché portatori di un handicap fisico, psichico,
sociale. "Tego, colligo, nutro” , stava scritto sul
frontone di molte istituzioni medievali. Ti diamo
un tetto, ti uniamo ai tuoi simili, ti nutriamo, e il
gioco è fatto. Ma il Medioevo non è terminato. Il
metodo, diffuso e fiorente, raccoglie gli esclusi per
escluderli ed è utile a placare le false coscienze;
ma giova ai fanciulli che ne subiscono gli effetti?
Privati delle esperienze piu naturali, estraniati dai
problemi reali, inseriti in una comunità artificiosa
porteranno in modo indelebile il segno di questa
loro esperienza» '.
Al Buon Pastore di Cagliari, i bambini ospiti
sono una cinquantina. Le fotografie appese nell’a-

1 BIANCA GUIDETTI SERRA e FRANCESCO SANTANERA, II paese dei


celestini, Einaudi, Torino 1973.
12 CORRADO STAJANO

trio dell’istituto segnano le tappe obbligate di una


educazione cattolica. La piccola faccia scura di
Franco Serantini spunta in due o tre immagini di
gruppo del fotografo Ruggiu: dietro l ’arcivescovo
monsignor Botto che tiene fra le mani una gondo­
la, premio di una gara di cultura religiosa; in fila
sull’attenti, con un gagliardetto bianco e celeste in
mano; in mezzo agli aspiranti di Azione cattolica
durante un’altra cerimonia diocesana.
Nel salottino per i visitatori di riguardo, il bam­
bino Serantini non deve essere mai entrato; è arre­
dato con un tavolino dal ripiano di marmo verde
screziato, qualche poltroncina con esili gambe di
metallo, un ritratto del papa. La superiora di oggi,
Lidia Pilloni, ricorda Franco com’era da piccolo,
sveglio, di carattere duro, difficile, ma bisognoso
d’affetto e d ’attenzione. «Era buono - piange con
la testa china - l ’hanno istigato gli amici di fuo­
ri».
In seconda media, Serantini ripete la classe, stu­
dia svogliatamente. Poi le suore gli cercano, come
d’uso, un padrino per la cresima e per la prima co­
munione e lo trovano in Orazio Ancis, preside e
proprietario di una scuola privata, l ’istituto Cam-
bosu di Cagliari. Il signor Ancis gli dona una cate­
nella d ’oro, qualche volta va a trovarlo in collegio.
Non lo invita mai a casa, ma dopo le bocciature of­
fre al figlioccio di continuare gli studi nel suo isti­
tuto. Per il padrino, un uomo autoritario che go­
verna la sua lucidissima scuola come una nave ed
ha un ufficio di presidenza simile a una cabina di
comando tutta a vetrate da dove può seguire pro­
fessori e allievi che passano nei corridoi, quella di
Serantini è la storia di una delusione.
«Era intelligente?»
IL SOVVERSIVO 13

«Non l ’ha dimostrato. Altrimenti doveva acco­


gliere la mia proposta di portarlo avanti. Io gli ho
offerto un destino».
Il ragazzo sta diventando grande e dà segni d’in­
sofferenza. Non vuole studiare neppure all’istituto
Cambosu, marina la scuola, è aspro anche nel lin­
guaggio, ribelle con le suore, animoso con i com­
pagni, non dà retta alle prediche del preside che gli
spiega che cosa devono rappresentare le monache
per un figlio di nessuno come lui, il padre piu la
madre.
Senza troppo profitto frequenta un corso bien­
nale per la licenza di scuola media. Il signor Ancis
aveva ordinato al bidello di dare anche a lui un pa­
nino durante la ricreazione delle ore undici, «per­
ché si sentisse uguale agli altri».
Serantini non parla della sua situazione familia­
re, non chiede mai nulla alle suore, solo una volta
ha uno scoppio d’ira contro la madre ignota. Non
è loquace, preferisce ascoltare, si tiene dentro tut­
to, i pensieri attorcigliati e contorti, le insofferen­
ze, le amarezze. I suoi rapporti con le suore, ele­
mentari balie che rifuggono dalla psicologia, arcai­
che matrioske ignare di pedagogia e di analisi te­
rapeutiche, si vanno guastando. Franco ha superato
i quindici anni, l ’età in cui negli istituti di assisten­
za avviene quasi sempre la rottura fra gli educatori
e i ragazzi, perché le amministrazioni provinciali
smettono di pagare le rette. Capita quindi spesso
che vengano attribuite a crisi di carattere e a difficol­
tà di comportamento quelle che sono invece decisio­
ni nate da puri problemi di bilancio e di profitto.
Ragazzo spogliato di tutto, stava maturando in
quegli anni i suoi dubbi, le sue inquietudini, la sua
insofferenza per l ’ordine, la sua rivolta contro l ’au­
14 CORRADO STAJANO

torità e nessuno aveva il cuore o il cervello di ba­


dargli, le suore pensavano al modo di sbarazzarsi
di lui, il padrino della cresima gli offri lo studio
(«tu perdi una grande occasione, figlio mio»), ma
per Franco, ancora troppo acerbo e disadattato per
capire le ragioni dei libri, la scuola doveva rappre­
sentare solo una delle tante imposizioni.
Il tutore, poi, non poteva intervenire neppure
con un coniglio perché non era mai stato nomina­
to. Il giudice tutelare di Cagliari cade dalle nuvole
e cerca nei suoi registri questo nome che non c’è.
«Bisognerebbe sapere almeno dove abita, il tu­
tore».
«Ma è proprio il tutore che non si conosce».
«Non sarà mai stato nominato perché nessuno
l ’avrà chiesto».
«Ma chi doveva chiederlo? »
« L ’Amministrazione provinciale, l ’ufficiale di
stato civile».
Fruga di nuovo in un quadernetto con le annota­
zioni degli ultimi due anni.
«Quando fu nominato, dunque? »
« Il nome del minore è Serantini Franco, nato il
16 luglio 1 9 5 1 ».
«Oh, ma io che cosa cerco, a quella data non c’e-
ro. Quanta polvere in questi armadi, polvere sof­
focante».
I rapporti di Franco col «Buon Pastore» seguita­
no a peggiorare. Nei primi mesi del 19 6 8, le suore si
rivolgono al giudice del tribunale dei minorenni,
esprimono la loro impossibilità di continuare a te­
nere Franco nell’istituto, motivano le ragioni del
conflitto con l ’umore, il carattere, la maleducazio­
ne, i risentimenti, l ’aggressività del giovane. In lu­
glio —Serantini ha appena compiuto diciassette an-
IL SOVVERSIVO 15

ni — il tribunale decide. Un capolavoro della con­


traddizione e dell’assurdo.
« Siccome la personalità del giovane appare gra­
vemente disturbata per assoluta carenza affettiva
e lunga istituzionalizzazione... [che cosa ci si può
attendere, dopo questa premessa, per Serantini
Franco?] la personalità del soggetto deve essere
bene aiutata con un trattamento affettuosamente
comprensivo e sostenitore». Solo che il dispositi­
vo della sentenza dichiara che Serantini, «per ri­
mediare alla lunga istituzionalizzazione» subita,
deve essere rinchiuso al riformatorio.
Un buon rimedio per un giovane incensurato,
dalla personalità gravemente disturbata per asso­
luta carenza affettiva e per una lunga permanenza
in collegio. Come deve finire uno per il quale la so­
cietà fissa il destino in un modo cosi razionale?
Serantini se ne va dalla Sardegna senza radici,
con il suo povero bagaglio di studi non amati, di
affetti sprecati, di ricordi da dimenticare. Ora so­
gna di diventare marinaio, è fin troppo facile iden­
tificare il mare con la madre o con la libertà. Parte
con la nave-traghetto, ma solo per approdare a Civi­
tavecchia e di li andare a Firenze, ospite dell’Istitu­
to di osservazione per i minori. Esaminato per un
mese da una équipe composta da uno psichiatra, da
un assistente sociale e da uno psicologo, è giudicato
intelligente: il suo quoziente è di 1,0 2 , il quoziente
medio, in genere, è di 0,70. Viene destinato all’isti­
tuto di rieducazione maschile Pietro Thouar di Pisa,
in regime di semilibertà (mangiare e dormire in
istituto). Il direttore e gli educatori sono pregati
di cercare di esaudire, al compimento del ventune­
simo anno di età, il desiderio di Franco di arruolar­
si in marina.
III.

Serantini confessa a un professore che Pisa gli


sembra un bellissimo teatro. Cosi diversa da Cam­
pobello di Licata col suo scirocco e dal «Giorgino»
dove le stagioni erano rotte solo dai voli dei feni­
cotteri. Il verde tenero del Campo che fa sembrar
più grande la Cattedrale, le strade strette della cit­
tà vecchia che fanno sembrar più larghe le piazze
dove vanno ad infilarsi con un guizzo improvviso,
la catena del porto presa dai genovesi dopo la Me­
loria, in mostra al Camposanto, e poi tutte quelle
chiese belle come torte e la torre pendente, i pul­
piti ricamati, l ’Arno, i ponti, gli si imprimono ne­
gli occhi.
In Toscana esiste una pietosa attenzione popo­
lare per gli orfani e i figli di NN e i ricoveri dell’in­
fanzia abbandonata hanno perfino un loro nome
dall’etimologia incerta. A Lucca c ’è una via della
Quarquonia, a Pisa una strada della Qualquonia.
A due passi dal Duomo, su un muro del convento
di via Santa Maria, è rimasta un’antica fessura ret­
tangolare di quelle che venivano adoperate un tem­
po anche per le denunzie anonime: «Limosine per
i poveri trovatelli», dice la scritta.
Ma a Pisa, Serantini non è più il ragazzo del
«Buon Pastore», col marchio del figlio di nessuno.
Sta maturando, vivono qui migliaia di studenti di
IL SOVVERSIVO 17
ogni regione e i rapporti sono semplici e chiari. In
pochi fanno a Serantini domande sui genitori, la
famiglia, il passato. Il giovane sta zitto, si sperde
fra i tanti, appena arrivato parla in modo vago del
posto dove abita, poi non l ’imbarazza più neppure
l ’idea di essere uno del riformatorio.
L ’istituto di rieducazione maschile «Pietro
Thouar» è detto a Pisa il San Silvestro, dal nome
della piazza e della chiesa che fa parte del gran fab­
bricato, sorto nel 1 1 0 0 come abbazia benedettina,
diventato dopo il Settecento educandato per fan­
ciulle nobili e in seguito caserma napoleonica, con­
vento dell’ordine di san Francesco di Sales e, nel
18 8 1, riformatorio.
Secondo l ’articolo 1 del regio decreto 4 aprile
19 39 n. 7 2 1 del regolamento per il funzionamento
delle case di rieducazione, tuttora in vigore, «Le
case di rieducazione per minorenni sono destina­
te ai minori che per abitudini contratte o in dipen­
denza dello stato di abbandono in cui si trovano
dànno manifeste prove di traviamento ed appaiono
bisognosi di correzione morale».
Nel nome di una legge fascista, Serantini, che è
incensurato, che non ha commesso nulla di illeci­
to contro la società, è condannato a subire un si­
stema di vita che spesso ha trasformato tanti one­
sti ragazzi in criminali.
Il riformatorio è immenso, il direttore, Sauro
Santarelli, roseo e impaurito, o forse solo imbaraz­
zato, mostra i corridoi, i cortili, il laboratorio at­
trezzato con macchine utensili, il campo sportivo,
lo scalone monumentale affrescato con allegorie,
la Carità, la Fede, la Speranza, dipinte nel Sette­
cento, restaurate di recente. Il palazzo è ricco di
quadri, crocifissioni, santi, una salita al Calvario
18 CORRADO STAJANO

del Seicento, i quattro protettori di Pisa, Cecilia,


Torpe’, Ranieri, Cristina trafitta da una freccia. Ve­
scovi, angeli, benefattori con Cristo, la Maddalena
e san Giovanni, popolano la Crocifissione in fondo
al refettorio, insieme con l ’impalpabile fantasma di
Serantini.
Le stanze dei ragazzi sono meno rigogliose d’ar­
te, hanno piuttosto lo squallore delle carceri, con i
ritagli di giornali e le donne nude appiccicate ai
muri e qualche chitarra vicino alla branda.
Lo studio del direttore è la rappresentazione
dell’autorità, del potere, della sanzione e del per­
dono e incute soggezione. A un posto d ’onore è ri­
masta una grande fotografia con dedica della regi­
na Elena visitatrice nel 1904.
«Ogni ragazzo è un caso a sé - dice il direttore
che ai tempi di Serantini aveva un altro incarico —
ma Franco era buono, bravo. Gramsci stesso, fan­
ciullo...», aggiunge e resta male a sentirsi dire che
il richiamo non va al di là della comune origine
sarda.
Dice l ’articolo 5 della legge: «La rieducazione
deve essere indirizzata a conseguire l ’armonico svi­
luppo della personalità fisica, psichica e morale del
minorenne e a suscitare in lui il senso di responsa­
bilità dei suoi atti e quello dei doveri verso la so­
cietà».
N ell’immenso edificio giallino, Serantini dorme
in una camera con Alfredo, un giovane che ora la­
vora alla Piaggio. Si alza alle 7,30, i pasti sono alle
12 ,3 0 e alle 19 ,30 , la sera può uscire fino alle 9 e
mezzo. Ha un salario di 200 lire al giorno, lavora
con i compagni a costruire e a dipingere un carro
allegorico per il Carnevale di Viareggio. Il carro
sfila per i viali con sopra i corrigendi in maschera.
IL SOVVERSIVO 19
Serantini ha fama di ragazzo introverso, chiuso,
uno che tace, che sembra coartato, schiacciato da
un peso. Rivela un istintivo senso della giustizia.
« Siccome lo stato mi ha chiuso qui —dice - deside­
ro avere tutto ciò che mi è dovuto». Distribuisco­
no anche a lui un paio di scarpe nuove: «M i spet­
tano veramente?», domanda prima di prenderle.
Ha anche il senso della solidarietà umana, i com­
pagni lo stimano, i loro problemi sono come suoi,
è disponibile verso tutto e verso tutti, ma è anche
orgoglioso, fiero e, proprio per questo, non è ben­
visto dai superiori che preferirebbero una docile
acquiescenza.
Dice l ’articolo 7 della solita legge: «Mezzi rie­
ducativi sono la scuola, il lavoro, l ’istruzione re­
ligiosa. Concorrono altresì alla rieducazione gli
spettacoli teatrali e cinematografici, le radioaudi-
zioni, le attività sportive e ogni altro mezzo riedu­
cativo e culturale».
Al San Silvestro si fa di tutto per suscitare nei
ragazzi degli interessi che permettano di tenerli
dentro il più possibile, anche se si parla di conti­
nuo di inserimento nel mondo esterno e di istanze
sociali da rispettare. Sono accaduti, in passato, fuo­
ri dal collegio, incidenti e disgrazie, un corrigendo è
annegato, un altro è morto bruciato. Il vecchio di­
rettore, Italo Innocenti, affronta il problema del
tempo libero, fa comprare una cinepresa, quattro
televisori, crea una corale, invita un gruppo teatrale
a recitare in collegio, apre le porte agli studenti del­
la città, organizza conferenze e dibattiti.
I ragazzi respingono tutto, le concessioni del­
l ’autorità e chi le impersona, il cappellano, gli edu­
catori, disprezzano soprattutto i compagni legati
20 CORRADO STAJANO

alla direzione, privilegiati e prepotenti, spesso i ve­


ri padroni e arbitri del riformatorio.
G li educatori sono agenti di custodia. «Riassu­
mono i valori della madre e del padre», dice il di­
rettore Santarelli ripetendo inconsapevole le opi­
nioni sulle suore del «Giorgino» espresse a Seran-
tini dal padrino della cresima.
Franco non è un personaggio, non lo sarà mai,
non ha nulla che lo distingua, solo il desiderio.
Non ha il carattere facile, come tutti i ragazzi del
riformatorio, è angosciato, spesso insonne, sogget­
to a sbalzi d’umore, ribelle per bisogno d’affetto.
Ma l ’affettività non si svela, chiusa sotto una scor­
za spessa. Fuori appare solo «la mancanza di ri­
spetto per i superiori». G li educatori che si occu­
pano di Serantini, dopo la sua morte sono stati tra­
sferiti da Pisa: Franco Sebastianelli al carcere di
Lecco, Lucio Di Nanno all’Istituto di rieducazione
di Pesaro. Pare che si siano comportati con lui in
modo decente, abbiano capito qualcosa di quel-
l ’ombroso ragazzo, ma non parlano, il nome di Se­
rantini fa paura quasi a tutti.
G li agenti-educatori sono destinati a risolvere i
problemi psicologici dei ragazzi disadattati. G li
educatori di ruolo nei 40 istituti statali di tutta Ita­
lia sono 15 4 , gli altri 800 sono semplici agenti di
custodia privi di ogni preparazione, vengono dai
penitenziari, dalle prigioni o dai manicomi giudi­
ziari e ci ritornano, dopo un po’ di tempo passato
coi ragazzi dei riformatori. Nei 78 istituti conven­
zionati, gli educatori sono ancor meno qualificati e
in numero ridotto. Militari soggetti alla disciplina,
equiparati alle guardie di p s , svolgono un massa­
crante lavoro, ingrato e malpagato.
Giovanni Senzani, che tra il 1968 e il 1969 ha
IL SOVVERSIVO 21

svolto un’indagine sugli istituti di rieducazione per


minorenni esistenti in Italia, ha scritto nelle con­
clusioni del suo libro: «La situazione rieducativa
in Italia è tragica: si può dire che l ’attuale sistema,
invece di rieducare i ragazzi irregolari per condotta
e per carattere, li porta alla delinquenza. Almeno
un terzo dei ragazzi ricoverati si trovano chiusi in
istituti inadeguati e con qualifica di irregolare per
condotta e per carattere soltanto perché non hanno
una casa in cui abitare e dei genitori che li assista­
no. Per loro, qualsiasi istituto, anche il peggiore, è
un luogo fortunato, perché possono mangiare tre
volte al giorno e dormire in un letto. La situazione
è ancora più tragica per l ’impreparazione del per­
sonale e per l ’insensibilità al problema della Dire­
zione Generale degli istituti di prevenzione e di
pena.
L ’istituto male organizzato diventa una comuni­
tà sadica, in cui l ’isolamento e il condizionamento
reciproco trasformano gli "educatori” in aguzzini e
i ragazzi in belve. Ognuno sfoga sull’altro le sue
forze represse: i ragazzi sugli ambienti e sugli ar­
redamenti che sembrano bombardati, gli educato­
ri sui ragazzi, il direttore sugli educatori, che sono
tanti schiavi che devono ubbidire ed eseguire gli
ordini. Manca qualsiasi collaborazione, persino la
voglia di collaborare fra tutte le persone (minori e
adulti) dell’istituto» '.
Se Franco Serantini si è salvato dalla delinquen­
za, lo deve certo alla sua natura non violenta, ma lo
deve soprattutto alla passione per la politica che in
quegli anni dopo il maggio francese, con i giovani
di Pisa ha incendiato anche lui.
' Giovanni se n z a n i , L ’esclusione anticipata. Rapporto da 118
case di rieducazione per minorenni, Jaca Book, Milano 1970.
IV.

La tradizione di Pisa è mazziniana, anticlerica­


le, con qualche vampata libertaria. Il Risorgimen­
to, il battaglione universitario, Curtatone e Mon­
tanara, il ricordo di Giuseppe Cesare Abba, di
Francesco Domenico Guerrazzi, di Giuseppe G iu­
sti, studenti a Pisa, sono affidati alla saletta di ci­
meli del Caffè dell’Ussero. Alla Domus Mazziniana
si svolgono ogni anno convegni e dibattiti, gli ora­
tori non trascurano di parlare della necessità di
un’organica politica dell’educazione o della vitali­
tà di un governo sociale da costruire nel segno del
dovere e della giustizia.
Il socialismo attecchisce alla fine dell’Ottocen­
to, ma solo dopo la prima guerra mondiale il movi­
mento contadino minaccia gli equilibri di conser­
vazione. Non possiede la forza per romperli, ma fa
esplodere le prime contraddizioni nei mezzadri, le­
gati ai padroni da un secolare rapporto di soggezio­
ne e allarma gli agrari che organizzano la propria
difesa di classe. Il fascismo toscano ha il carattere
di restaurazione dell’ancien régime e di ferrea ri­
pulsa da ogni riforma del sistema mezzadrile e del­
la proprietà nobiliare. È un fascismo violento e be­
cero, il fascismo di Carlo Scorza a Lucca, di Renato
Ricci a Carrara, di Buffarmi Guidi a Pisa, di Ales-
IL SOVVERSIVO 23

sandro Pavolini e Dino Perrone Compagni a Fi­


renze.
G li aristocratici - il conte Gotti Lega di Capan-
noli, il principe Ginori e altri - sovvenzionano il
fascismo, alcuni di loro organizzano e comandano
le squadre d ’azione, come il marchese Serlupi, il
visconte Gonzales de Cenete, il conte Felloni. Le
prefetture, le questure, i comandi militari, gli uffi­
ciali dell’esercito appoggiano scopertamente lo
squadrismo. Renzo De Felice ha pubblicato un tele­
gramma inviato il 27 maggio 1 9 2 1 dal sottosegre­
tario alla guerra Camillo Corradini al ministro
Giulio Rodino, impressionante denuncia della
connivenza criminosa, in Toscana più che altrove,
fra lo stato e il movimento fascista, con la fornitu­
ra di armi, la partecipazione di ufficiali alle impre­
se punitive violente, l ’impunità assicurata dalla
magistratura: «D i questo stato d’animo che si
crea nell’organizzazione militare beneficiano le as­
sociazioni politiche, per cui è possibile al capo to­
scano del fascio di intimare a un prefetto del Re­
gno il rilascio entro ventiquattro ore degli arresta­
ti per un fatto di delittuosa violenza nella provin­
cia di Pisa, e di minacciare, ove questo non sia fat­
to, l ’assalto in forze alla prefettura di Pisa... Mi si
afferma che l ’iscrizione di ufficiali e di militari ai
fasci sia stata fatta col consenso del Comando di
Corpo d’armata, il quale Comando avrebbe ragio­
nato in una maniera semplicistica, per cui, essendo
dal regolamento di disciplina proibita la partecipa­
zione di ufficiali ad associazioni sovversive e que­
sta non essendo un’associazione sovversiva bensì
patriottica, non deve considerarsi esclusa da quelle
cui gli ufficiali possono partecipare stop Una serie
di ufficiali mostra ostentatamente i distintivi del­
24 CORRADO STAJANO

l ’associazione e, ripeto, molti ufficiali partecipano


notoriamente a spedizioni più o meno punitive del
fascismo e vi sono casi di conflitti in cui anche fra
essi vi sono stati dei morti e dei feriti stop E tutto
ciò senza che mai intervenga un’azione regolatrice
e repressiva dell’Autorità militare del Corpo d’ar­
mata e senza che s’indaghi a fondo, si punisca e si
reprima in tutte le maniere questa azione pretta­
mente politica che si esplica per mezzo di reati,
perché non credo che altrimenti possano o debba­
no essere definiti gli atti di devastazione e di vio­
lenza contro le persone che si vanno commetten­
do»
L ’equilibrio rotto dal movimento contadino si
ricompone col fascismo, la politica agraria e con­
servatrice di Arrigo Serpieri soddisfa le famiglie
aristocratiche proprietarie di terra che in Toscana
danno lustro al regime tornando nei comuni alla
gestione del potere perso, nei decenni successivi al­
l ’Unità, a favore delle nuove classi imprenditoria­
li borghesi. A Firenze è podestà dal 19 3 0 al 19 3 3
il conte Giuseppe della Gherardesca; dal 19 3 4 il
conte Paolo Venerosi Pesciolini; a Siena dal 19 2 7
il conte Fabio Bargagli Petrucci; ad Arezzo il N.
H. Giovan Battista Occhini; a Livorno il conte
Marco Tonci Ottieri della C iaja12.
A Pisa i partiti socialista, repubblicano, popola­
re vengono spazzati via. La Camera del lavoro so­
cialista, la Camera del lavoro anarchica, il Sinda­
cato dei ferrovieri sono ridotti al silenzio. Scrive
Paimiro Togliatti nel luglio 19 2 7 : « A Pisa - che
del resto non è affatto una città industriale e che è
1 Renzo de f e l i c e , Mussolini il fascista, Einaudi, Torino 1968.
2 AA. v v ., La Toscana nel Regime fascista 192.2-2999, Olschki, Fi­
renze 19 7 1.
IL SOVVERSIVO 25

anzi una delle capitali del fascismo - i "sovversi­


v i” arrestati in questi ultimi giorni ammontano a
circa trecento. Sebbene non abbiamo ancora noti­
zie dalla provincia, sappiamo già che in Toscana
sono stati applicati gli stessi procedimenti che nel­
le città industriali»
La rete clandestina antifascista è tessuta soprat­
tutto dal P C I che svolge un capillare lavoro politi­
co e riesce a conservare una struttura organizzativa,
malgrado il regime ne faccia, con gli anarchici, lo
obbiettivo della repressione, come risulta dalle sen­
tenze del Tribunale Speciale. L ’opposizione demo­
cratica borghese è arroccata alla Scuola Normale
Superiore e all’università attorno a Luigi Russo e
a qualche altro professore. Fra il 19 2 8 e il 19 3 0 ,
Aldo Capitini e Carlo Ludovico Ragghianti orga­
nizzano gruppi antifascisti. Nel '3 7 , Capitini pub­
blica un libro, Elementi di un’esperienza religiosa,
che è un invito alla non collaborazione; Guido Ca­
logero, nel ’ 39, pubblica un libro di pedagogia del­
la libertà, La scuola d ell’uomo. I due intellettuali,
negli anni della guerra etiopica si collegano a Fi­
renze con Tristano Codignola e con Enzo Enriques
Agnoletti, fondano il movimento liberalsocialista
che si ramifica in Toscana e in Puglia. Ma anche
nell’ambiente culturale, le difficoltà di opposizione
organica sono crescenti. Dal 19 3 2 , Giovanni Genti­
le, a capo della «Normale», cerca infatti di riatti­
vare i fili fra il fascismo e la cultura italiana, non
certo indifferente al regime.
L ’aristocrazia toscana, intanto — i Ginori-Lisci,
i Della Gherardesca, i Ricasoli-Firidolfi, i Ginori-1

1 Palm ir o t o g l ia tt i , in « L a correspondance Internationale»,


v ii, n. 8 1, 3 agosto 1927.
2 6 CORRADO STAJANO

Conti, i Corsini —allarga il suo potere dalla rendita


parassitaria ai consigli d’amministrazione delle ban­
che e delle società, le industrie chimiche, metal­
meccaniche, elettriche, tessili, le miniere, le vetre­
rie, la Bastogi, la Centrale. Lo sviluppo industria­
le, la crescita di una classe operaia facilitano la lot­
ta antifascista. Nel 19 3 8 , il p c i di Pisa moltiplica i
suoi militanti: Italo Bergagna, che sarà il primo
sindaco della Liberazione e che esercita un note­
vole ascendente sui giovani, esce dal partito repub­
blicano e si iscrive coi compagni al partito comu­
nista.
Poi la guerra. Il 3 1 agosto 19 4 3 , un bombarda­
mento distrugge interi quartieri di Pisa. La lotta
partigiana è aspra, la terza e la ventiquattresima
brigata Garibaldi, i Gap in città, impegnano dura­
mente i nazifascisti. Le rappresaglie sono atroci, le
impiccagioni quotidiane, le lapidi dei paesi sono
nere di nomi di morti. È nell’archivio comunale di
Massa Marittima che Renzo Vanni, professore di
francese, partigiano, autore di un libro sulla guer­
riglia dalla Maremma alle Apuane, trova il famoso
bando della prefettura di Grosseto firmato da
Giorgio Almirante, che minaccia la fucilazione nel­
la schiena agli sbandati che non si presenteranno
entro il 23 maggio 1944 ai posti militari e di poli­
zia italiani e germanici1.
Il fronte pesa a ridosso della città per quaranta
giorni, Pisa esce stremata dalla guerra e quando, il
2 settembre 19 4 4 , alle 9 del mattino, le prime pat­
tuglie americane mettono piede in piazza del Duo­
mo, la città è sconvolta, i ponti distrutti, le fab-

1 Renzo v a n n i , La Resistenza dalla Maremma alle Apuane, G iar­


dini, Messina 1972.
I L S O V V E R S IV O 27

briche ridotte a scheletriche impalcature, i tre


quarti delle case svuotati dalle bombe.
Nel dopoguerra, la continuità dello stato libe­
rale e dello stato fascista è assicurata dalla demo­
crazia cristiana. L e amministrazioni comunali e
provinciali di Pisa hanno spesso maggioranze di si­
nistra, ma il potere reale, economico e burocrati­
co, condiziona ogni volontà di rinnovamento. Il
clientelismo governativo rende difficile ogni modo
diverso di amministrare. L ’associazione industria­
li, la Camera di commercio, la Cassa di risparmio
e, soprattutto, l ’ospedale, le cliniche e l ’università,
veri centri del potere, sono in mani moderate. L ’o­
norevole Togni è il più autorevole ispiratore della
d c , la prefettura e gli uffici centrali esercitano una

funzione di esasperato controllo conservatore, la


chiesa è su posizioni retrive.
L a città subisce un progressivo impoverimento.
Nel 1 9 5 5 , deputati di diversi partiti politici, an­
che della maggioranza governativa centrista, pre­
sentano una proposta di legge per la creazione di
una zona industriale fra Pisa e Livorno. Le vec­
chie industrie, la Saint-Gobain, la Piaggio, la R i­
chard Ginori mostrano difficoltà e mettono in crisi
il proletariato industriale che negli ultimi anni ha
seguitato a rafforzarsi. La Marzotto chiude, la se­
zione Fiat di Marina di Pisa, una vecchia fabbrica
di aeroplani dove furono costruiti il Super Darnier
V ali che servì alla spedizione di salvataggio di No­
bile e, durante la guerra, i caccia « G .5 0 » , licenzia,
nel luglio 19 5 7 , 290 operai: 279 sono iscritti alla
Fiom, quasi tutti sono comunisti e socialisti, 30 so­
no segretari di sezioni comuniste.
Scoppia una dura battaglia politica. La discrimi­
nazione è plateale, la guerra fredda seguita a mie­
28 CORRADO STAJANO

tere le sue vittime, il provvedimento ha il carattere


di ritorsione per la vittoria della Fiom alle elezioni
sindacali di aprile. Dopo le proteste e le polemiche
nazionali e locali, sessanta operai vengono riassun­
ti, ma devono assoggettarsi a chiedere l ’iscrizione
alla Cisl o alla Uil. L ’«Unità» denuncia «la vergo­
gnosa campagna d’intimidazione sia verso i 60
riassunti che verso gli altri. Vengono avvicinati e
consigliati ad abbandonare la tessera del PCI o del
p s i o della Fiom. Sono gli uomini della Uil parti­
colarmente che portano avanti questa azione».
La democrazia cristiana affigge un manifesto in
cui accusa i dirigenti comunisti di voler «attribui­
re alla dc una colpa che è totalmente ed esclusiva-
mente del p c i che ha fatto perdere il lavoro a 230
lavoratori dopo averli spinti alla faziosità e alla
non collaborazione».
G li operai licenziati replicano con un altro ma­
nifesto: «Ci accusano di non collaborazione. An­
che la Fiat giustifica in questo modo l ’infame prov­
vedimento che ha messo alla disperazione le nostre
famiglie. Ma cosa significa "collaborazione” ? Si­
gnifica vendere al padrone oltre che il lavoro, anche
l ’anima? Significa vendere le nostre idee di partito
e di sindacato? Noi non ci siamo venduti! Cosi mol­
ti di noi resistettero al fascismo subendo anche
persecuzioni e minacce, ma respingendo la tesse­
ra del pane. Se "collaborazione” vuol dire questo
noi siamo fieri di non aver collaborato, ma se "col­
laborazione” significa impegno quotidiano nel la­
voro e scrupoloso adempimento dei propri dove­
ri, tutti sappiamo che gli operai della Fiat di Ma­
rina hanno sempre dato l ’esempio. Niente può es­
serci rimproverato: abbiamo faticato per anni, co­
me bestie da soma e molti di noi sono mutilati o
IL SOVVERSIVO 29

hanno la salute rovinata per il ritmo infernale di


lavoro a cui siamo sottoposti. Noi disprezziamo
chi, approfittando delle dure prospettive di miseria
e di fame che ci stanno davanti, del dolore e delle
lacrime delle nostre donne e dei nostri bimbi, vor­
rebbe che ci arrendessimo, che abbandonassimo i
nostri ideali di libertà e di giustizia e gettassimo,
come uno straccio, la nostra dignità di uomini. Noi
continuiamo la nostra lotta perché vogliamo lavoro
e lo vogliamo senza inchinarci a nessuno» '.
Negli anni del centro-sinistra cambia a Pisa l ’as­
setto sociale, la città subisce un processo di mo­
dificazione strutturale. Le grandi proprietà agrico­
le mutano spesso dimensione trasformandosi in
aziende medie. I contadini emigrano, la situazione
industriale non migliora, il settore tessile e quello
vetrario sono in difficoltà, la Saint-Gobain riduce
l ’occupazione di centinaia di posti di lavoro, mi­
naccia continuamente di smobilitare e di trasferire
la fabbrica. L ’Industria Tessile Pisana licenzia, la
Piaggio di Pontedera vuole ristrutturare l ’azienda,
le piccole e medie industrie sono in crisi dopo le
grandi speculazioni del '52-62 favorite dalle com­
messe di stato. L ’edilizia è ferma. L ’università e il
ceppo dell’industria farmaceutica collegato con la
facoltà di medicina e con l ’ospedale sono sempre
più i veri centri parassitari del potere.
Molti professionisti hanno comprato dei poderi
e vivono di reddito e di rendita. La piccola borghe­
sia è in crescita, la ristrutturazione dell’industria,
secondo la strategia dei grandi monopoli, e le diffi­
coltà dell’agricoltura trasformano operai e mezza-1

1 Luciano l u s v a r d i , Libertà di opinione e condizione operaia,


in «N uovi Argom enti», nn. 28-29, settembre-dicembre 19S7.
30 CORRADO STAJANO

dri in dettaglianti di città e spesso in sottoproleta­


ri. Il nuovo ceto medio è il serbatoio di scontro po­
litico (o la piattaforma di compromesso) fra la d c e
il P C I . Pisa si trasforma rapidamente in città di ser­
vizi, in centro commerciale gonfio di impiegati
pubblici e di esercenti sottoposti al ricatto del po­
tere. I comunisti ne temono i sussulti corporativi,
ben controllati invece dalla d c che in materia di
corporazioni ha esperienza e inclinazione.
La lotta politica, prima del ’6 8, non si combatte
in un’atmosfera di fervore culturale. L ’università,
di antica tradizione, appare come un corpo estra­
neo, un’isola non amalgamata col tessuto urbano
e incide relativamente sulla vita sociale.
G li iscritti sono ventisettemila, in maggioranza
alle facoltà di medicina, scienze, ingegneria. G li
studenti di città sono poco piu di tremila, gli altri
vengono in gran parte dalle province toscane, qual­
cuno dal Sud, seicento sono stranieri. Una delle at­
tività piu redditizie della piccola borghesia è il sub­
affitto delle camere ammobiliate.
Numerosi professori hanno grandi nomi, sono
soci dei Lincei, delle Accademie, degli istituti in­
ternazionali — l ’Ordine del Cherubino, poi, ce
l ’hanno quasi tutti - ma non offrono molto alla cit­
tà, preoccupati come sono di orari e di coincidenze
da pendolari. Anche le iniziative d ’impegno, il
«Centro nazionale universitario di calcolo elettro­
nico» e le attività del Consiglio nazionale delle ri­
cerche, appaiono calate dall’alto e dànno alla città
soprattutto un lustro formale.
V.

Il 1968 è l ’anno dell’università. Con Trento e


Torino, Pisa diventa subito una delle capitali della
contestazione studentesca in Italia. Già nel feb­
braio ’6 j , durante un’occupazione dell’università,
vengono discusse quelle che saranno chiamate
«Tesi della Sapienza», piattaforma ideologica del­
la sinistra dell’Ugi (il settore più radicale del par­
lamentino studentesco), per il Congresso nazionale
di Rimini. Le Tesi, che avranno capitale importan­
za nel dibattito nato dalla contestazione, prendo­
no posizione contro le violenze del sistema, contro
la delega e la rappresentanza di vertice del sindaca­
to, per un governo assembleare dell’università, per
il riconoscimento della natura sociale dello studen­
te, per una nuova nozione di diritto allo studio. La
scuola è « il luogo di produzione della forza di lavo­
ro qualificata», lo studente è forza di lavoro in for­
mazione, «figura sociale subordinata non solo nel
rapporto con la sua futura collocazione salariale
nel processo produttivo, ma già nella sua attività
universitaria».
In Italia come a Berkeley, a Berlino e in quasi
tutto il mondo. Pochi si rendono subito conto o
hanno sospetti sull’importanza della rivolta. Il
PCI non comprende ad esempio che nelle aule del­
la Sapienza sta nascendo una nuova avanguardia,
32 CORRADO STAJANO

capace di creare lacerazioni e conflitti nel partito:


le Tesi passano quasi inosservate.
«Pisa —scrive Rossana Rossanda - parte da una
rielaborazione della tematica classica del movimen­
to operaio, che infatti collocherà il movimento pi­
sano all’interno o a cavallo di formazioni politiche
esterne, dal Psiup a una certa dissidenza comunista,
alcuni gruppi marxisti-leninisti, i "Quaderni Ros­
s i” , ed i comunisti stessi. Anche qui una classifica­
zione è difficile e forse superflua mentre interessa
cogliere il punto di novità, e cioè il tentativo di col­
locare ragioni e fisionomia dell’università e dello
scontro in atto al suo interno, nel quadro del mec­
canismo capitalistico e non del capitalismo in gene­
re, ma in questa specifica e storicamente determina­
ta fase del capitalismo italiano» '.
La contestazione studentesca non nasce soltanto
dalla crisi obbiettiva dell’università e dalla dram­
matica consapevolezza che le strutture sociali, cosi
come sono, potranno assorbire solo laureati dequa­
lificati. I supporti politici e culturali della rivolta
hanno le loro radici fuori dai muri della scuola, so­
no il fallimento del centro-sinistra, la perdita di
credibilità della politica del PCI e la delusione per
la sua mancata volontà di crescita rivoluzionaria, il
conflitto di classe che in tutto il paese sta diventan­
do piu aspro, il giudizio negativo, politico e mora­
le, sulla classe dirigente e sui suoi comportamenti,
il rifiuto del verticismo, il rifiuto dell’istituziona­
lizzazione, il rifiuto dei compromessi di potere e
poi i problemi economici aperti da una società con­
sumistica alla vigilia della crisi, la crescita politica

r o ssan a rossan da , L ’anno degli studenti, D e Donato, Bari


1968.
IL SOVVERSIVO 33
mondiale di una generazione nuova di studenti e di
operai non più condizionati dai drammi della guerra
fredda, i modelli dell’internazionalismo, il Viet­
nam, Cuba, la guerriglia sudamericana, la rivolu­
zione culturale cinese.
La beffa delle riforme non fatte allarga il fronte
dell’opposizione. Ha scritto Togliatti negli anni
degasperiani che «in un regime capitalistico domi­
nato da un capitale finanziario concentrato e dai
monopoli, è sempre possibile ai gruppi dominanti
far diventare grave e anche disperata la situazione
economica del Paese, non appena vengano annun­
ciate riforme che intacchino seriamente la loro ric­
chezza e il loro potere» '. Parole attuali in un mo­
mento in cui la società capitalistica ha necessità di
razionalizzazione delle sue strutture, se vuol so­
pravvivere in modo non degradato e avere prospet­
tive di profitto.
G li studenti pisani seguono il cammino indica­
to dalle loro Tesi, svolgono molto lavoro di elabo­
razione culturale, organizzano occupazioni, dibat­
titi e confronti, in particolare alla facoltà di lettere
e di fisica, i centri più vitali del Movimento studen­
tesco. Tra i due slogan, «Potere studentesco» e
«Potere operaio», gli studenti pisani scelgono il
secondo: la contestazione universitaria è per loro
solo lotta di classe, perché ritengono lo studente
non altro che un futuro lavoratore. L ’ipotesi è dog­
matica, ma la sua ambiguità, agli inizi della conte-
stazione studentesca, può anche essere o sembrare
creativa. Il clima politico giovanile è ricco, pieno
di stimoli, è un’uscita da un lungo incubo, la rival-1

1 pa lm ir o t o g l ia t t i , L ’opera di De Gasperi. Rapporti fra Stato


e Chiesa, Editori Riuniti, Roma 1963.
34 CORRADO STAJANO

sa e la ribellione contro l ’autoritarismo, accademico


e non, di secoli di storia
Le citazioni e le massime di Ho Chi Minh, di
Che Guevara, di Mao, di Lenin, di Marcuse, di
Carmichael e del Black Power, di Rudi Dutschke e
di don Milani coprono i muri della Sapienza, con­
fuse tra le lapidi e i busti del Carducci, del Pascoli,
di Tomolo, Fermi, Giovanni Amendola, professori
e studenti a Pisa.
I giovani sono molto ideologizzati. Parallelamen­
te alla rivolta universitaria, esplodono a Pisa i grup­
pi che avranno un nome e un seguito nazionale.
« Il Potere Operaio» nasce nel febbraio ’6y,
contemporaneamente all’elaborazione delle Tesi
della Sapienza: prende il nome dal giornale sorto a
Massa ed ha come matrice la rivista «Classe ope­
raia». A ll’inizio il gruppo è guevarista, propagan­
da la «guerriglia internazionale subito», ha come
slogan, «Due, tre, molti Vietnam», poi reimposta
il lavoro: l ’egualitarismo politico, economico e
culturale e l ’esaltazione dello spontaneismo del
movimento di massa rappresentano la nuova linea.
« Il Potere Operaio» possiede un’organizzazio­
ne, dei quadri dirigenti agguerriti, il giornale, due­
cento-trecento affiliati, studenti e operai, una capa­
cità di mobilitazione di duemila-tremila persone.
Transfughi dal PCI e dal Psiup, con un’assoluta fe­
de nel mito operaista, scelgono le fabbriche e i
quartieri per la loro pratica politica. Organizzati in
un gruppo centrale a Pisa e in gruppi esterni a Via­
reggio, Livorno, Lucca, Massa, Piombino, La Spe-1

1 Università: l’ipotesi rivoluzionaria, documenti delle lotte stu­


dentesche, Marsilio Editori, Padova 1968. Carlo o liv a e alo isio
ren di , Il Movimento studentesco e le sue lotte, Feltrinelli, Milano
1969.
IL SOVVERSIVO 35
zia, lavorano alla Saint-Gobain, alla Piaggio di Pi­
sa e di Pontedera, alla Italsider, alla Solvay, alla
Fiat: all’interno delle fabbriche sono attivi nella
costituzione di comitati unitari di base, i c u b , con­
siderati l ’« embrione dell’organizzazione rivoluzio­
naria della classe operaia» che rifiuta ogni forma bu­
rocratica di delega ed accetta solo i principi della
democrazia diretta. La sospirata autogestione delle
lotte operaie li mette in conflitto con i sindacati,
malgrado dichiarino d’interpretare un ruolo diver­
so, né alternativo, né sostitutivo, né di propulsio­
ne. Sono in viscerale polemica col P C I , accusato di
essere dentro « l’apparato di potere del capitali­
smo».
Il P C I è in difficoltà. Nella sezione Centro, che
raggruppa i militanti più qualificati dei vecchi
quartieri pisani, scoppia da sinistra una dissidenza
con la politica ufficiale del partito. La sezione viene
sciolta dopo contrastate assemblee, le motivazioni
della federazione parlano di esigenze amministra­
tive. Anche la cellula universitaria, che aveva dato
segni d’insofferenza, viene sciolta nel ’68. I quadri
extraparlamentari nascono cosi dalla violenza e
dall’impotenza dei delusi e dall’incapacità tattica
dei burocrati del P C I che avevano fatto proprio
della tattica la ragione della loro politica quoti­
diana.
I leader di Potere Operaio sono Luciano Della
Mea, Adriano Sofri, Vittorio Campione, Gian Ma­
rio Cazzaniga, Romano Luperini, e la sede di via
Fucini rappresenta un punto di riferimento per i
gauscisti di tutta Italia. Il gruppo diventa il cataliz­
zatore dell’estremismo e finisce con l ’identificare
anche il Movimento studentesco. L ’università è un
pretesto, un’occasione di battaglia politica, un luo­
36 CORRADO STAJANO

go di reclutamento rivoluzionario. Piu che di dirit­


to allo studio, gli studenti discutono di parcellizza­
zione delle mansioni, di salario generalizzato, di
gestione di base delle lotte in fabbrica e nella so­
cietà.
Il 1968 è l ’anno di Potere Operaio, i comunisti
sono preoccupati per le simpatie che il gruppo su­
scita soprattutto fra gli iscritti alla federazione gio­
vanile, studenti e operai. Sono anche risentiti per­
ché è difficile e lungo il lavoro politico necessario
per formare quadri dirigenti come quelli che han­
no voltato le spalle al partito.
Il clima politico della città è acceso, i nomi dei
leader dei gruppi diventano famosi, diventano fa­
mosi anche i nomi dei funzionari e dei sottufficiali
della questura, Ignazio Tronca, Adolfo Alonzi,
Settimo Zanca. Sembrano lontani secoli i tempi
delle associazioni goliardiche, la Brigata dei dotto­
ri, la Congrega dei Compagnacci, la Mensa dei Bu­
tani, il Crocchio Goliardi spensierati.
È a Pisa che si celebrano i primi processi repres­
sivi contro gli studenti. Il procuratore generale
presso la Corte d ’appello di Firenze, Mario Cala­
mari, stabilisce infatti che le occupazioni studente­
sche delle università dànno luogo ai reati di interru­
zione di pubblico servizio (art. 340 c. p.) e invasio­
ne di edificio altrui. G li imputati sono due studen­
ti universitari, Umberto Carpi e Riccardo Di Do­
nato. Quest’ultimo è un cattolico, ex vicesegreta­
rio nazionale dell’«Intesa», studente di lettere
classiche alta «Normale». Il tribunale di Pisa (pre­
sidente Sanna, giudici Vailini e Funaioli), assolve
il 30 maggio ’68 i due perché il fatto non costitui­
sce reato. Il giudizio d’appello è fulmineo: il de­
creto di citazione per Carpi è nullo, difensori e av­
IL SOVVERSIVO 37

vocati dimostrano di avere legittimi impedimenti,


ma, malgrado il periodo feriale e la non urgenza
del processo, viene nominato un avvocato d’ufficio
per Di Donato, condannato a sei mesi di prigione.
«Tanta fretta - è scritto in un libro bianco di Ma­
gistratura democratica - viene apertamente giusti­
ficata dal pubblico ministero d’udienza con la ne­
cessità che, di fronte ai numerosi processi in corso
in materia di agitazioni studentesche, intervenga
una sollecita decisione del giudice d’appello per da­
re un indirizzo giurisprudenziale prima del soprag­
giungere della già preannunciata amnistia (che sarà
poi concessa tre mesi piu tardi). Pur di ottenere una
sentenza "esemplare” , la giustizia italiana, la più
lenta del mondo, si sbarazza dei diritti della difesa
come di un fastidioso ingombro e si mette le ali ai
piedi, ben sapendo di girare a vuoto: gli altri pro­
cessi, quelli per i quali nessuna amnistia è in vista e
pendono chissà da quanti anni, possono attendere.
Inutile aggiungere che la Corte fiorentina comincia
fin d’allora, e poi coltiverà questa sua propensione
in tutti i processi che stanno a cuore al procuratore
Calamari, a "fare giustizia” delle sentenze del tribu­
nale pisano»
Un altro processo che vuol essere esemplare è
quello dei «fatti della stazione»: il 12 marzo, due
studenti, Guelfi e Moraccini, sono stati arrestati
per un’irruzione nell’aula magna dell’università.
G li ordini di cattura sono facoltativi, ma la procu­
ra generale avoca l ’istruttoria e contesta i reati di
violenza privata aggravata e lesioni volontarie plu­
riaggravate. Il 15 marzo un corteo di studenti e1

1 Magistrati scomodi. Un tentativo di epurazione, documenti a


tura di Magistratura democratica, Dedalo, Bari 1974.
38 CORRADO STAJANO

professori manifesta davanti al carcere «Don Bo­


sco» scandendo lo slogan, «Guelfi e Moraccini li­
beri, De Lorenzo in galera». Poi il corteo rientra in
città, fa un sit-in sul Ponte di Mezzo, arriva alla
stazione ferroviaria dove invade i binari di una li­
nea secondaria, la Pisa-Piazza al Serchio, impe­
dendo la partenza di un treno. Interviene la poli­
zia, c’è un ordine di scioglimento, seguito dalla fit­
ta sassaiola di un gruppo non individuato. G li arre­
sti sono numerosi, le imputazioni vanno dalla ra­
dunata sediziosa alla resistenza aggravata all’ol­
traggio. La condanna del tribunale (presidente
Sanna, giudici Vallini e Funaioli) è mite.
La sentenza scritta da Funaioli dice fra l ’altro:
«Non sembra contestabile che i manifestanti di
quel giorno abbiano preso lo spunto dall’arresto
degli studenti Guelfo Guelfi e Marco Moraccini...
per esprimere in tono di crescente violenza la loro
protesta contro le scelte operate dai pubblici poteri
di fronte ai problemi posti alla coscienza del Paese
dalle agitazioni studentesche per il rinnovamento
universitario». La sentenza riconosce i validi moti­
vi ideali di chi contesta l ’arcaicità delle strutture
universitarie, dissente dalle prese di posizione dei
pubblici poteri di fronte ai contenuti della contesta­
zione, esprime il rammarico che la protesta sia dege­
nerata in atti di violenza, ma esprime anche il rico­
noscimento del diritto di manifestare la protesta
nell’esercizio di una libertà fondamentale e salutare
di critica garantita dalla Costituzione. Per il sit-in
si parla di «accettazione nella coscienza sociale pri­
ma, ma a poco a poco anche nella valutazione stori­
ca del magistrato, della manifestazione seduta quale
rispettabile metodo di protesta non violenta». E a
proposito dell’aggravante - il numero delle persone
IL SOVVERSIVO 39
riunite in relazione al delitto di resistenza a pubbli­
co ufficiale - la sentenza dice che la « norma è nata in
un clima di medievale rigore per l ’idea della riunio­
ne di per sé, mentre nella Costituzione la riunione
trova ampio diritto di cittadinanza e non può per­
tanto assurgere a segno di particolare pericolosità
sociale».
Il 1969 si apre con la tragedia della Bussola. « I
due braccianti uccisi ad Avola vi augurano buon
anno», «Borghesi, il ’69 non sarà il vostro anno»,
dicono i cartelli issati dai militanti di Potere Ope­
raio che hanno organizzato la manifestazione. Uo­
va marce e pomodori accolgono i clienti in abito da
sera che vanno a festeggiare il Capodanno nel lo­
cale mondano di Marina di Pietrasanta. Quella che
dovrebbe essere un’azione esemplare contro gli
sperperi, la ricchezza, gli insulti alla miseria, gli
omicidi bianchi, la politica dei «padroni del vapo­
re che dettano leggi e metodi cui le abitudini so­
ciali debbono adeguarsi», si trasforma in dramma
e in nuova occasione di lacerazioni e di contrasti. I
carabinieri caricano e sparano in aria e a vista con­
tro i manifestanti per più di un’ora, fra le io e le
n e mezzo di sera. Soriano Ceccanti, un ragazzo
di sedici anni, viene colpito «nella regione sopra-
claveare sinistra alla base del collo», mentre si tro­
va vicino alla prima barricata, chino in avanti per
schivare i proiettili. Resterà paralizzato per tutta
la vita.
Si recita la commedia che negli anni successivi
diventerà familiare. Il ministro degli interni Resti­
vo dice alla Camera che, come confermano le di­
chiarazioni del questore di Lucca, la polizia non ha
sparato. Il questore porta le testimonianze degli
ufficiali che negano di avere usato le armi. Si accu­
40 CORRADO STAJANO

sa un privato e infatti, tre giorni dopo, vicino a un


cespuglio perlustrato infinite volte, viene trovata
una «Smith & Wesson», rivoltella non in dotazio­
ne alla polizia.
Solo il P C I polemizza con durezza. «Lo Stato, ha
detto Rumor, deve esercitare una funzione viva e
penetrante nelle tensioni sociali», commenta « l’U­
nità». «Penetrante in cavità verrebbe fatto di dire
se si potesse scherzare col sangue che ancora si ver­
sa in questa Repubblica che la Costituzione vor­
rebbe fondata sul lavoro e che in realtà è fondata,
oggi ancora, sulla discriminazione e sull’ingiusti­
zia; in questa Repubblica che vede in veglia nella
stessa notte di San Silvestro gli operai dell’Apol-
lon, i ricchi evasori della Bussola, vigilati i primi e
protetti gli altri».
Nella sinistra e all’interno dei gruppi scoppia in­
tanto la polemica sull’utilità di un tale genere di
contestazione. Al X II Congresso del P C I , Luigi
Longo, riferendosi ai fatti della Bussola, parla di
«necessità di condannare e isolare manifestazioni
di tipo anarchico che distacchino ristretti gruppi
dalle masse portandoli spesso allo sbaraglio».
Il Potere Operaio viene accusato di estremismo
infantile, di avventurismo, di velleitarismo, di tec­
nica della provocazione, di spontaneismo irre­
sponsabile. Sull’interpretazione da dare ai fatti
della Bussola, il gruppo si fraziona. Il dibattito sul­
l ’organizzazione aveva già rivelato posizioni incon­
ciliabili. La notte di Capodanno accelera le frattu­
re. Cazzaniga e Campione fondano il «Centro
Carlo M arx» che vuole porsi su una posizione
scientifica di rigoroso leninismo. Della Mea si di­
mette in gennaio, ma segue le attività del gruppo
fino in primavera, quando con Luperini e il collet­
IL SOVVERSIVO 41
tivo della rivista «Nuovo Impegno», sostenitori
della formula «Lenin piu Mao», fonda la Lega dei
comunisti. Leader incontrastato di Potere Operaio
resta Adriano Sofri: il gruppo si avvia a trasfor­
marsi in «Lotta continua», nato a Pisa col nome
preso a prestito dal maggio francese. Sofri, in au­
tunno, va a Torino, ideologo degli scioperi selvag­
gi. La sua proposta di un giornale nazionale di
massa si concreta il primo novembre. Con Sofri se
ne vanno da Pisa anche gli altri quadri dirigenti,
Pietrostefani, Moreno, Brogi, Manenti '.
A Pisa il 1969 si conclude con un’altra tragedia.
Fascisti italiani e greci della Lega nazionale degli
studenti, l ’organizzazione legata al regime dei co­
lonnelli, aggrediscono il 2 1 ottobre, davanti alla
facoltà di lingue, alcuni studenti democratici usciti
da un’assemblea. I fascisti sono in allarme, stanno
mettendo a punto i piani per l ’autunno: proprio
quel giorno in una villa del Pisano, Pino Rauti e
Stefano delle Chiaie si incontrano con Costantino
Plevris, agente del servizio segreto greco, il Kyp,
presidente del movimento del «4 agosto», respon­
sabile dei gruppi fascisti in Europa, uomo del gene­
rale Joannis Ladas, il duro della «Giunta» e vec­
chio capo dell’Esa, la polizia militare.
Pochi giorni dopo scoppiano altri incidenti. I
missini aggrediscono due giovani democratici e si
rifugiano poi nella sede del m s i . Un migliaio di
persone reagiscono con una manifestazione di pro­
testa, ma vengono caricate dalla polizia. Lunedi1

1 La sinistra extraparlamentare in Italia, storia-documenti-analisi


politica a cura di Giuseppe Vettori, Newton Compton, Roma 1973;
Luciano della m ea , Eppur si muove. Rendiconto politico di un
proletario rivoluzionario, Jaca Book, Milano 1970; m assim o d’Ale -
ma e Fabio m u s s i , Incontro e scontro tra operai e studenti, in « R i­
nascita», n. 8, 23 febbraio 1972.
42 CORRADO STAJANO

27 ottobre, i sindacati proclamano uno sciopero


generale e con la solidarietà dei partiti, esclusa la
d c , indicono una manifestazione unitaria che si

svolge senza incidenti. Vi partecipano diecimila


persone. Il sindaco socialista, la professoressa Fau­
sta Cecchini, parla brevemente.
Poi, mentre i dimostranti se ne vanno, un grup­
petto di Potere Operaio cerca di forzare il blocco
della polizia attestata in difesa della sede del M S I ,
in via San Martino. La polizia carica, il sindaco e
altri testimoni assistono dal palazzo comunale alle
aggressioni poliziesche, i feriti sono centinaia. Sul
Lungarno Gambacorti, vicino alla spalletta del­
l ’Arno - a pochi passi dal luogo dove sarà colpito
Serantini - un candelotto colpisce a morte un gio­
vane di ventidue anni, studente del secondo corso
di legge, Cesare Pardini. È estraneo alla coda vio­
lenta della manifestazione, ha preso parte al comi­
zio antifascista e con un amico sta andando a casa a
prendere la tuta per allenarsi in palestra.
Secondo la questura è morto d’infarto: si esten­
de la trama di bugie, di contraddizioni, di spudo­
rate dichiarazioni iniziata dopo la Bussola: dalla
strage di piazza Fontana alle morti di Pinelli, Sal­
tarelli, Franceschi, Tavecchio, Feltrinelli, falsifica­
zioni e menzogne serviranno a coprire e a deviare
ogni volta le indagini, atroci ombre della ragion di
stato.
L ’autopsia rivela che Pardini ha una costola
spezzata e che è morto dieci minuti dopo un « trau­
ma contusivo alla regione cardiaca». Il ministro
degli interni Restivo parla al Senato di opposti
estremismi. I fascisti aggressori sono lasciati indi-
sturbati, la repressione colpisce a sinistra.
VI.

Pisa, per Serantini rappresenta ora il trionfo


della vita. La città è un’esplosione di voci, di gesti,
di comportamenti non usuali. Sullo sfondo si può
forse avvertire il dramma, ma l ’avventura quoti­
diana, l ’invenzione, la festa, giocano un ruolo im­
portante. I grandi cortei, le occupazioni, gli scon­
tri con la polizia, gli scioperi operai dell’autunno
caldo, gli slogan gridati nelle marce che parlano di
uguaglianza, di giustizia, di rivoluzione, di riscat­
to degli sfruttati, sono liberatori, autocreatori di
coraggio, di volontà di essere con gli altri dentro la
vita a decidere il proprio futuro.
La borghesia è lacerata, i suoi figli, forse per la
prima volta nella storia, contestano in pubblico e
con violenza i padri. La classe operaia si rifà delle
frustrazioni della guerra fredda non riscattate dal
centro-sinistra, i tamburi di latta che aprono i cor­
tei dei metalmeccanici colmano il silenzio di anni.
Sono tempi di spaccature, di ambigue trame, di
lotta, quelli che vengono prima delle bombe di M i­
lano. Sono anche tempi di grande speranza e di ob­
bligate scelte di campo. Da che parte può essere il
ragazzo del «Giorgino»?
Va a scuola volentieri, prende la licenza media
alla scuola statale Fibonacci, si iscrive poi all’Isti­
tuto professionale di stato per il commercio che dà
44 CORRADO STAJANO

diplomi di contabili, segretari d’azienda, addetti


agli uffici turistici, impiegati esecutivi e di concet­
to. La specializzazione avviene dopo il biennio, le
materie d’insegnamento sono l ’italiano, il diritto,
la storia e la geografia, la computisteria, la contabi­
lità a macchina, le lingue, la tecnica aziendale, la
stenodattilografia. La scuola è frequentata da figli
di operai e di minuta borghesia che in gran parte va
e viene con le corriere dai paesi vicini. Franco ap­
pare all’inizio un po’ spaurito, ha bisogno di espri­
mersi, ha bisogno di qualcuno che lo stia ad ascol­
tare, ha bisogno soprattutto di affetto. Il preside
Fulgido Lucani e i professori sono in genere bra­
ve persone, capiscono, e instaurano con lui rap­
porti netti. I giudizi sono concordi e non hanno il
sapore del necrologio: «Era un ragazzo intelligen­
te e generoso». «Era un ragazzo sensibile e deside­
roso d’affetto e di una vita serena». «Era un ragaz­
zo timido, leale e onesto». «Parlava di tutto e di
tutti, non di se stesso. Chiedeva comprensione ed
amicizia per i compagni e le compagne, si indigna­
va se non corrispondevano alla sua fiducia».
Acquista rapidamente sicurezza, è esuberante,
pieno di entusiasmo, deve essere aiutato e porge
invece aiuto, è un qualunque ragazzo, piu serio
della sua età, con un gran desiderio di entrare nel­
la comunità e di non essere diverso dagli altri.
Comincia a leggere, a studiare tutto ciò che tro­
va, confusamente, acerbamente. È alla ricerca di
qualcosa che lo compensi di ciò che non ha mai
avuto. Si avvicina a un gruppo mormone, non ta­
glia subito le radici religiose della sua educazione
infantile. «Dio è dappertutto», ripete ai compa­
gni del riformatorio ai quali parla della «Chiesa di
Gesù Cristo dei santi dell’ultimo giorno» e fa una
IL SOVVERSIVO 45
gran confusione fra l ’esistenza di Dio, il pantei­
smo, il battesimo degli adulti, la dottrina dell’e­
spiazione cruenta dei peccati gravi e l ’obbligo della
poligamia che gli piace moltissimo.
Ma il fervore che accende i giovani di Pisa pren­
de anche lui. Lo muove la naturale volontà di giu­
stizia umana e sociale, la volontà e la speranza di
riscattare anche per gli altri i torti che lui ha subito
e sofferto fin da bambino. Frequenta ora la Federa­
zione giovanile comunista, poi la Federazione gio­
vanile socialista.
Ricorda il preside: «Quando cercavo di frena­
re la sua irruenza e il suo entusiasmo, dicendogli
che avevo paura per lui, mi rispondeva che non
aveva nulla da perdere e che la vita non gli interes­
sava in sé e per sé, ma la voleva spendere per l ’af­
fermazione dei suoi ideali».
Le bombe di Milano, le vittime di piazza Fon­
tana, la morte dell’anarchico Pinelli in una stanza
dell’ufficio politico della questura hanno costretto
la sinistra sulla difensiva, gli slogan delle marce so­
no ora più rabbiosi e più cupi, la classe operaia, gli
studenti diventano i capri espiatori della crisi eco­
nomica e politica. La caccia alle streghe contro Vai-
preda, il «mostro», i processi aperti in tutto il pae­
se contro gli operai e gli studenti che con gli scio­
peri e le manifestazioni dell’autunno caldo hanno
violato il codice fascista Rocco, l ’insofferenza e la
violenza usate contro i magistrati, gli avvocati, i
giornalisti democratici che si battono per smasche­
rare l ’indirizzo dato alle inchieste, rappresentano
la rivalsa e la vendetta della repressione poliziesca
e padronale.
Serantini entra in un mondo sconosciuto, non
possiede idee generali, neppure a livello elementare
46 CORRADO STAJANO

e spesso, in quelle riunioni di partito, non capisce


il linguaggio usato, a disagio di fronte alle cucitu­
re e alle ricuciture della politica quotidiana, ma è
sensibile come un animale a captare tutto ciò che
sa di autoritarismo e di imposizione burocratica.
Lo turbano le contraddizioni e le menzogne, i con­
flitti fra verità e opportunismo, le prudenze, il lun­
go cammino delle cose. Vuol sempre parlare di
Valpreda, della strage di stato: «Ma non è un ar­
gomento all’ordine del giorno», gli rispondono e
lui s’infuria. Lascia la fg c i e la f g s i e comincia a
farsi vedere sempre più spesso nella sede di Lotta
continua, in via Palestro.
Uno dei suoi primi amici è un compagno di clas­
se, Sauro Ceccanti, fratello di Soriano, il ragazzo
ferito alla Bussola. Franco e Sauro cominciano a
vedersi anche fuori di scuola. Serantini entra cosi
in casa Ceccanti, al Cep, un quartiere popolare alla
periferia di Pisa. È la prima famiglia che conosce
da adulto, il padre Otello lavora alla Piaggio, la
madre Albertina è stagionale in Comune, Soriano
ha preso il diploma di segretario d ’azienda, ma non
è riuscito a trovare un posto, come se gli uffici,
pubblici e privati, non volessero lasciarsi compro­
mettere dal sedicenne della Bussola che da anni
passa tristi giornate in casa ed è contento se arriva
qualche ospite. L ’alloggio è arredato con gli ogget­
ti piccolo-borghesi che negli anni del boom hanno
trasformato le abitazioni operaie in minicaroselli,
c’è uno stretto divano, un mobiletto di teak, il te­
levisore su un trespolo, il quadretto di una marina
e una piastrella di maiolica con la scritta, «Chi en­
tra porti amore in questa casa. Chi si intrattiene
trascorra ore liete. Chi esce porti con sé la sereni­
tà di questa dimora».
IL SOVVERSIVO 47
Serantini, lì dentro passa buone giornate. È pie­
no di curiosità e di interessi, simpatico ai genitori
che lui chiama babbo e mamma e ai figli, costante-
mente attento a non far pesare sugli altri la sua
condizione di inferiorità. «Era orgoglioso, anche
troppo, non era un capo, ma aveva uno speciale ca­
rattere di generosità».
Con i Ceccanti e un’altra ventina di ragazzi, Se­
rantini è protagonista dell’avventura del Mercato
rosso, al Cep. L ’idea di gestire un mercato per ven­
dere alla povera gente frutta e verdura a prezzi in­
feriori a quelli dei negozi nasce durante una festa
di Lotta continua, un pomeriggio di allegria in
campagna, fra una mangiata e una bevuta, zuppa,
vino e panini al prosciutto e un piccolo spettacolo
di canzoni. L ’idea è semplice: i ragazzi raccolgono
fra loro io o ooo lire, poi, con un furgoncino preso
a prestito, vanno a comprar la merce ai mercati ge­
nerali, a Metato, a Porta Fiorentina. Tengono il
loro mercato al sabato, nell’area del piazzale G io­
vanni X X III, nella costruzione abbandonata di
uno spaccio all’aperto.
Nei negozi del Cep, i prezzi sono abitualmente
piu alti che in città e i ragazzi, acquistando all’in-
grosso, possono fare buoni prezzi. Vendono tutto,
frutta, verdura, polli, non ci guadagnano nulla,
trattengono solo i soldi per la benzina. Il Mercato
rosso, per loro, è un’occasione d’incontro, un mo­
do per conoscere meglio la gente del quartiere, aiu­
tarla confusamente gettando semi di possibili di­
scorsi comuni, invitandola alla domenica nella se­
de di Lotta continua a discutere della scuola ele­
mentare, dell’asilo nido, delle strade, dell’affitto
di casa, dei prezzi.
I giovani organizzano anche picchettaggi contro
48 CORRADO STAJANO

i negozianti: «Eravate proletari, vi siete arricchiti


sulla pelle della vostra classe», dicono i loro car­
telli. Ce l ’hanno col macellaio che ha la macchina e
la barca, col salumiere che possiede la roulotte, col
droghiere ritenuto ricco.
Il sabato è una festa, i bambini si perdono nella
confusione, le massaie strillano, i ragazzi non san­
no usare le bilance né fare i conti. C ’è anche Seran-
tini dietro il banco, al pomeriggio, piu in difficoltà
degli altri per la sua miopia, ma svelto, ilare.
La reazione non tarda. Il Cep ha tremila abitan­
ti, sottoproletari e minuta borghesia che cambia
continuamente di ruolo, arriva e, poco dopo, se ne
va già diversa. Piazzale Giovanni X X III è circon­
dato da macellerie e mesticherie, i negozianti pro­
testano per la pericolosa concorrenza del Mercato
rosso, il municipio deve intervenire, i partiti di si­
nistra sono in difficoltà, il P C I , che ha appena inau­
gurato una sezione, non può permettersi di fare er­
rori nella caccia al ceto piccolo-borghese. In una
scelta fra i commercianti e i sottoproletari, sta dal­
la parte dei primi. Difende i bottegai, diffonde un
volantino, accusa i responsabili del Mercato rosso
di astrattezza, di semplicismo, di non saper guar­
dare di là dagli occhi. I giovani s’impuntano, col
loro mercato sono certi di attaccare e di mettere in
crisi il sistema di distribuzione, rifiutano le accuse
di astrattezza. Non si occupano forse di problemi
concreti, fortemente sentiti dalle masse popolari?,
replicano alle accuse.
Salta fuori la complessa realtà di un paese in tra­
sformazione, dove le cellule della base sociale, fal­
lito il periodo dell’accensione libertaria, cercano,
ricominciando da capo, di risolvere i problemi, in
questo caso i piccoli problemi della sussistenza, ma
IL SOVVERSIVO 49

manca un’istituzione di collegamento capace di ri­


comporre il tessuto lacerato, le leggi sono contra­
rie, la struttura capitalistica ha profonde radici e
difese, gli interessi corporativi sono sempre in gra­
do di ricattare i politici e i tentativi di mutare le
cose in modo spicciolo e indolore non possono che
fallire, rivelarsi velleitari.
Cominciano a comparire i vigili, chiedono la li­
cenza di commercio, danno la prima multa. «Chi è
il responsabile?» Si fanno avanti cento persone.
Arriva la polizia, fa i primi fermi. I negozianti si
riuniscono, vanno in delegazione, presentano ap­
pelli di protesta. A l cinema Don Bosco si tiene una
pubblica assemblea, presente il sindaco. Il P C I ,
ora, minimizza, ironico: «Siete trionfalisti, chissà
che cosa credete di fare. Per tre cesti di mele...»
«M a questi tre cesti di mele qualcosa sono se
hanno mosso tanta gente, i vigili, la polizia, i fasci­
sti venuti in spedizione punitiva, il p c i . . . »
Il 6 novembre '7 x, al Cep arriva di nuovo la po­
lizia. Sbandamenti, resistenze, cariche. È in corso
uno sciopero nelle scuole e sono presenti duecento
persone. Tutti scappano. Un agente della squadra
politica, Zanca, afferra Serantini per un braccio.
Franco sta inspiegabilmente fermo, quasi un presa­
gio di come si comporterà sei mesi dopo sul Lun­
garno Gambacorti. Sono le donne del mercato a li­
berarlo. A Zanca, già sul cellulare, resta in mano
una manica del giubbotto. G li agenti arrestano un
altro ragazzo, Daniele Sbrana. Confesserà Seranti­
ni all’avvocato Giovanni Sorbi: «Se avessi saputo
che prendevano Sbrana, mi facevo arrestare io».
Non sono in molti a poter dire di conoscerlo be­
ne, anche adesso che ha ancora pochi mesi da vive­
re. È cambiato, indossa un montgomery nero, por­
50 CORRADO STAJANO

ta un paio di stivaletti, fuma la pipa, infila e toglie


di continuo gli occhiali dal naso, forse per un tic,
ha i capelli sempre piu ricciuti, sempre più arruffa­
ti. Parla una lingua anonima, non ha nulla che ser­
va a distinguerlo o a farlo ricordare: la sua è solo
una delle migliaia di facce giovani che s’intravedo­
no in quegli anni nelle marce studentesche, in una
gran nuvola che corre. Serantini passa le ore libere
nelle aule della Sapienza, in mezzo agli universita­
ri o in piazza Garibaldi accanto al monumento ma­
scherato di tatze-bao o davanti al bar li vicino, in
crocchio con i ragazzi di Lotta continua e con gli
altri extraparlamentari di sinistra. Ama anche pas­
seggiare sui Lungarni, corre sempre, anzi, come se
avesse infinite cose da fare. È imprendibile, im­
probabile. Allude a sue misteriose fidanzate e nes­
suno gli crede mai. Con le ragazze è maldestro, un
po’ appiccicoso, se appena gli danno retta.
Non sono mutate le sere della provincia. Alle sei
e mezzo, a Pisa, tutti su e giù per il corso Italia.
Franco cammina instancabile, conosce molta gen­
te e ne è compiaciuto, anche se chi risponde al suo
saluto, forse non sa neppure chi sia quel piccolo ra­
gazzo bruno. Ricorda Valeria, una ragazza che lo
conosceva: «Per tutta la vita è rimasto figlio di
nessuno e nessuno gli voleva bene veramente. Co­
nosceva tutti ed era amico di pochi, un cane ran­
dagio con un patrimonio di umanità da donare. E
gli altri non gli hanno mai regalato niente».
Ha fatto esperienze nuove: donatore di sangue
all’Avis, tessera numero 14 6 , in estate è andato a
lavorare a Viareggio, cameriere al ristorante Z i’
Rosa, l ’anno prima si è occupato come stagionale
in una fabbrica di piastrelle. Ha conosciuto Renzo
Vanni, ha conosciuto Luciano Della Mea e la dome­
IL SOVVERSIVO 51
nica, qualche volta, quando non sta con Sauro, A l­
fredo, Ettore, Enrico, i suoi coetanei, va con i Del­
la Mea a Marina di Pisa, a Tirrenia, in pineta.
A scuola se la cava. È stato promosso, frequen­
ta il corso di contabilità d’azienda, terza B: Barto-
li, Bianchi, Biso, Borrello, Ceccanti, Chiellini, Co­
li, Davini, De Luca, Ferri, Giovacchini, Massei,
Mauriziani, Quadrilli, Rossi, Saviozzi, Serantini.
È fiero, caparbio, individualista, con il senso della
giustizia, capace di portare avanti a ogni costo le
sue idee. Una volta che gli studenti fanno uno scio­
pero che lui considera corporativo e non condivi­
de, si fa fare lezione da solo. Lo interessa la storia,
il fascismo, la Resistenza, è rimasto molto colpito
dalla morte di Pinelli, ne parla con la professores­
sa di italiano, Anna Maria Montella. In un tema
scrive della Sardegna, si vanta di esser capace di fa­
re il formaggio e la ricotta per aver vissuto, chissà
quando, con dei pastori.
Non è settario, gli piace discutere con tutti, con
il cappellano del riformatorio, con l ’insegnante di
religione. Ricorda il preside, Fulgido Lucani: «M i
parlava di sé, di come avrebbe voluto la società, li­
bera e giusta, col tacito accordo che nessuno di noi
due doveva far opera di persuasione nei confronti
dell’altro. Conosceva bene la mia posizione reli­
giosa, di cattolico ed ideologica, sono iscritto alla
democrazia cristiana. Durante il periodo pasquale,
quando venne il sacerdote per la benedizione delle
aule, mi chiese di non assistere alla cerimonia, ti­
tubante. G li dissi che era nel suo diritto. Le sue
parole furono amare: "L a famiglia, la religione, la
società costituita sono miti che finora mi hanno fat­
to del male” . Non gli risposi».
Una professoressa lo aiuta a trovare del lavoro
52 CORRADO STAJANO

in un ufficio di perforazione schede appaltato dal-


I ’ i b m . La mattina va a scuola, il pomeriggio studia.
Per il lavoro deve rinunciare alle passeggiate serali
sul corso. Impara rapidamente ad usare la macchi­
na perforatrice, anche perché è già un discreto dat­
tilografo. Poi il lavoro cresce, deve anche codifica­
re le schede. Guadagna cinque lire la scheda, a cot­
timo e un tanto all’ora per le codifiche. È attento,
preciso, sempre piu svelto, il principale è soddi­
sfatto.
Si compra un «Ciao» usato, color blu, il suo è
un vero moto perpetuo dal San Silvestro alla Sa­
pienza, dal Borgo Stretto al Cep, dall’ufficio alla
scuola al Campo dei Miracoli dove gli piace cammi­
nare sul prato tenero tra i bambini, i venditori di
palloncini, i giovani sdraiati sull’erba, gli stranieri
col naso alla torre. È una trottola alla ricerca del suo
ruolo, ha un disperato bisogno di star fuori il piu
possibile dal riformatorio che per fortuna lo lascia
abbastanza libero.
Serantini ha anche altri amici dei quali è molto
fiero. Sono tre giovani coppie borghesi, di idee illu­
minate e civili: Clara e Gaetano Prampolini, Em ­
ma e Antonio Caleca, Anna e Paolo Podio-Guidu-
gli. Lo invitano a cena, una volta la settimana a
turno, gli piacciono le loro case, soffici, diverse, ispi­
ranti sicurezza, i loro discorsi pacati e spiritosi, il ca­
lore di un’attenzione che aveva avuto cosi poche
volte nella vita. Il giovane non ha ambizioni da pro­
tagonista, chiede interesse umano e un po’ di amici­
zia. I due Prampolini sono borsisti alla facoltà di
lettere, Podio-Guidugli è ingegnere, con un incarico
di meccanica razionale all’università, sua moglie si
occupa di psicologia sociale alla facoltà di scienze
IL SOVVERSIVO 53
politiche. Caleca è ispettore alla Sopraintendenza
ai monumenti, sua moglie è psicoioga.
Serantini è pieno di candore, attento a come ci si
deve comportare in società, desideroso di impara­
re. Che cosa è giusto e cosa non è giusto fare? Dice
delle cose a caso, poi sta attento alle reazioni che
suscita. «A me non piacciono i cavoli», dichiara
per esempio a tavola con tono di sfida. China la te­
sta e si guarda attorno. Nessuno gli risponde. Si­
gnifica che si può dire, allora?
Mostra un’affettuosità sorridente ricambiata
con una lieta comprensione. È molto geloso delle
sue amicizie, ognuna è un mondo chiuso, senza
ponti. Perfino ai Podio-Guidugli non racconta che
la settimana precedente è stato dai Caleca o dai
Prampolini, come se fosse il segreto di un privile­
gio esclusivo da tener ben riposto. Le tre coppie di
amici stanno al gioco, lo assecondano.
Cercano anche di aiutarlo, di organizzare il suo
povero bagaglio culturale. Ha un gran pasticcio in
testa, gli dimostrano la necessità di ordinare le sue
nozioni sparse e di avere qualche idea generale cui
aggrapparsi, incanalando ciò che viene a sapere nei
modi più svariati, curioso com’è. L ’ingegnere gli
dà qualche lezione di matematica, Franco non ha
nessuna capacità di concentrazione, la sua testa sal­
ta come un grillo, vive solo nel presente, non parla
quasi mai del suo futuro. Sorride ora a ricordare il
desiderio espresso da bambino in Sicilia di diven­
tare carabiniere e, più tardi, di andare in marina.
Una briciola gli sembra un tesoro, non ha gran­
di mete, sogni d’affermazione. Un giorno dice che
gli piacerebbe fare l ’operatore i b m , un altro giorno
il segretario d’albergo. Parla soprattutto di politi­
54 CORRADO STAJANO

ca, dei gruppuscoli, della rivoluzione. È compia­


ciuto perché a scuola, adesso, sente di avere qual­
che seguace.
G li piacciono molto i libri, vorrebbe avere quasi
tutti quelli che vede. Ne compera uno, chissà come
chissà perché, Magnati e popolani a Firenze dal
12 8 0 al 1 2 9 5 , di Gaetano Salvemini, legge i libri
anarchici di Kropotkin, Cafiero, Malatesta che gli
presta il professor Vanni, qualche volta senza ria­
verli. Acquista un quaderno dalla copertina nera,
ci scrive sopra ciò che gli viene in mente, ritaglia
articoli di giornale, fotografie, testi di canzoni di
protesta e li incolla una pagina dopo l ’altra. G li in­
teressano le inchieste, le interviste, il ferimento di
Ceccanti, la morte di Pardini, il dramma di Valpre-
da, la tragedia di Pinelli. Appiccica dunque tutto
ciò che lo colpisce, anche gli articoli e i saggi sull’e­
sistenza di Dio e sull’immortalità dell’anima.
Questa di Serantini è la storia di un giovane vit­
tima dell’ingiustizia che costruisce ogni giorno la
sua cultura. La costruisce dal nulla, sulla cera ver­
gine, con la sua calligrafia di eterno scolaro, ragaz­
zo alla ricerca di una verità, di una giustificazione
del mondo, dei rapporti fra le cose, di un linguag­
gio per esprimerle. Quel povero quadernetto sgan­
gherato di Serantini Franco, conservato nel casset­
to del tavolo nella sua stanza al riformatorio, se­
questrato dalla polizia dopo la sua morte, valeva
forse i saggi di Carlo Ludovico Ragghianti, di Ro­
berto Longhi, di Gianfranco Contini, la gran cultu­
ra che non è servita a farlo vivere meglio, a impe­
dirgli una morte cosi disperata, ad aiutarlo ad ave­
re giustizia.
Era come un destino segnato, il suo, una vita e
una morte che sembrano inventate, uscite dalle pa-
I L S O V V E R S IV O 55
gine di un romanzo dell’Ottocento. «Tu sei un
Valpreda, una vittima predestinata, stai attento»,
gli aveva detto una sera il suo amico ingegnere
Paolo Podio-Guidugli.
VII.

Serantini si avvicina agli anarchici per una scel­


ta di tipo politico-affettivo. Con i militanti di Lotta
continua ha avuto screzi ai tempi del Mercato ros­
so e ora nutre nei loro confronti sospetti di volontà
egemonica, gerarchico-burocratica. Odia i «capet­
ti» che non scherzano mai, detesta la seriosità sen­
za ragione, lui cosi serio, non gli piacciono i profes­
sorini della Normale, i signorini dottrinari che det­
tano la linea politica dividendo i compagni in ca­
tegorie, operando discriminazioni perfino tra ma­
schi e femmine. Tanti anni di collegio e di riforma-
torio l ’hanno reso chiuso, individualista. È pieno
di contraddizioni, non desidera attirare l ’attenzio­
ne su di sé, ma non vorrebbe neppure essere con­
siderato uno dei tanti che passano dal pianterreno
di via Palestro e basta, una figura in nero sullo
sfondo di un’assemblea. Politicizza i rapporti uma­
ni, umanizza i rapporti politici, ha una costante esi­
genza di cordialità e di comprensione.
Arriva in via San Martino alla fine del ’y i , ade­
rente al Gruppo anarchico Pinelli, autonomo dalla
Federazione anarchica italiana, la Fai, dai Gruppi
di iniziativa anarchica e dai Gruppi anarchici fede­
rati, le diverse componenti del movimento. La se­
de è quella, povera, della Fai, sopra il garage della
Confraternita della Misericordia, decorata secon-
IL SOVVERSIVO 57
do l ’iconografia tradizionale, con i ritratti di Gori,
di Schirru, di Sbardellotto, di Lucetti, di Pinelli,
barbe e cravattoni neri, immagini di processi e di
impiccagioni. Un camerone disadorno ospita le
conferenze e le riunioni plenarie, una stanza piu
piccola serve per l ’attività politica quotidiana.
È dopo il ’68 che le bandiere nere, con le gran­
di «A » rosse nel mezzo, ripresero a sventolare nei
cortei degli studenti e degli operai. G li anarchici
parteciparono anche loro alle manifestazioni e al­
le marce, a una ventina di passi dalle code dei cor­
tei, a significare solidarietà ma distacco, adesione
ma consapevolezza di essere diversi. Con le prime
incriminazioni, i processi, la strage di piazza Fon­
tana, la morte di Pinelli e le vicissitudini di Valpre-
da, entrarono poi da protagonisti nelle cronache
quotidiane.
I ragazzi si fecero tatuare le « A » sulle braccia,
con loro se le fecero tatuare anche i provocatori e
le spie. Sulla scalinata di piazza di Spagna e in piaz­
za Navona a Roma, in via Fiori Chiari e nelle sta­
zioni della metropolitana a Milano, cominciarono
a vendersi, come ad Amsterdam e come a Parigi,
collane, ciondoli, anelli con le «A » di metallo, di
stagno, d’argento.
Anarchia divenne una parola buona per tutti gli
usi, degna di filologia; anarchici un’etichetta di co­
modo per negare l ’evidenza delle cose: in un di­
battito televisivo sull’attentato a Togliatti del lu­
glio '48, l ’onorevole Giulio Andreotti non definì
«anarchico solitario» l’attentatore fascista Pallan-
te che non ha mai nascosto le sue idee di estrema
d estra?'.
1 L ’attentato a Togliatti, nella trasmissione televisiva « Quel gior­
no», Programma nazionale, 17 luglio 19 73.
58 CORRADO STAJANO

La diagnosi degli anarchici sulla strategia della


tensione è piu orgogliosa che politica: ritengono di
essere diventati in questi anni le vittime predesti­
nate della violenza dello stato, «perché l ’anarchia è
l ’unica alternativa, l ’unico ostacolo serio al potere
che rappresenta il fine perseguito da tutto lo schie­
ramento politico, anarchici esclusi».
Idealisti, romantici, hanno il culto della solida­
rietà umana e dell’amicizia, rifiutano sempre un
immediato giudizio umano e politico sui compagni
e sono quindi le vittime piu fragili della provoca­
zione. Rifiutano anche le tattiche, l ’opportunismo,
non fanno distinzione fra morale e politica: le com­
missioni di corrispondenza e le caselle postali con­
tinuano a rappresentare la forma primaria della po­
litica libertaria. Il sistema ha colpito, dunque, ne­
gli anarchici l ’anello più debole, disorganico e in­
difeso della sinistra.
Si considerano gli eterni esclusi, gli eterni uomi­
ni del ghetto, qualche volta se ne compiacciono.
Sono risentiti, e quando parlano dei loro morti e
delle persecuzioni subite, si fanno forti degli esem­
pi della storia, da Umberto I a Mussolini, da Bado­
glio a Rumor.
A Serantini l ’ambiente è congeniale, si sente a
suo agio. Non sa molto sulla genesi dell’anarchia,
sulle concezioni degli anarchici russi e su quelle
degli anarchici spagnoli, non conosce la storia della
Comune, Proudhon, Rousseau, l ’organizzazione ri­
voluzionaria di Bakunin. Non conosce neppure le
matrici dell’anarco-sindacalismo, le teorie sulla
pratica dell’azione diretta. Ma legge con passione
la rivoluzione russa e la storia della guerra civile
spagnola, è per la negazione del potere e si è reso
conto che il pensiero libertario, malgrado l ’etichet­
IL SOVVERSIVO 59

ta utopica, è di nuovo vivo, rilanciato dalla rivol­


ta degli studenti.
Non sono in molti gli anarchici che frequentano
via San Martino, pochi giovani, Enrico, Rita, Mas­
simo, qualcun altro, e pochi vecchi che non parla­
no mai e passano le giornate seduti sulle seggiole
vicino al muro, il più anziano ha ottantotto anni,
si chiama Nilo. La loro presenza di statue offre ai
ragazzi un segno di sicurezza paterna.
Forse questa volta ha trovato dei compagni e in­
sieme degli amici, anche se ha sempre timore di
sciupare i rapporti affettivi. Serantini, che ha par­
tecipato al lavoro politico del «Soccorso rosso» e
di Lotta continua, porta nel gruppetto la sua espe­
rienza. È esuberante, voglioso di agire, ma sempli­
ce, concreto. Non è un estremista della violenza: la
sua filosofìa si riduce alla massima, «Quando ci sei
dentro ci stai». È antifascista con naturalezza, è sta­
to lui, nel giugno ’y i , a correre da Luciano Della
Mea per annunciargli che Renzo Vanni aveva tro­
vato l ’originale del bando di Almirante. Ha capito
subito l ’importanza dell’avvenimento e ha fatto fa­
re numerose fotocopie del manifesto.
Qualche anarchico tradizionale protesta perché
ha l ’impressione che i metodi usati dal Gruppo
anarchico Pinelli risentano dell’attivismo di Lot­
ta continua. Il lavoro politico si limita in verità a
interminabili discussioni e all’elaborazione di ma­
nifestini. Li prepara con i compagni, li tira al ciclo­
stile, va a fare il volantinaggio davanti alle scuole,
al Cep, in piazza Garibaldi, sempre di corsa sul suo
motorino blu.
Questo volantino, «Trasformiamo il processo
agli anarchici in processo allo Stato», che porta la
data dell’8 febbraio '72 , l ’ha scritto lui: «In pros­
60 CORRADO STAJANO

simità del processo Valpreda, le nostre posizioni


sono chiare: responsabili della strage di Stato e
dell’assassinio di Pinelli non sono solo i fascisti e
qualche funzionario di polizia. Il vero e principale
responsabile che si è servito della mano criminale
dei fascisti è lo Stato. Non esiste lo Stato reazio­
nario che ha fatto la strage e lo Stato progressista
che cerca la verità. Tutte le forze che gestiscono
l ’apparato statale, o cercando di conservarlo come
adesso è o cercando di razionalizzarlo, sono più o
meno direttamente implicate nella responsabilità
della strage. Infatti, anche talune forze della sini­
stra parlamentare che svolgono accanto a noi una
valida opera di controinformazione, sono di fatto
costrette ad accettare compromessi inammissibili
con un apparato statale che all’occorrenza fonda
il suo potere sul sangue dei proletari. Liberiamo i
nostri compagni: Mander, Valpreda, Borghese,
Gargamelli. Incarcerati per oltre due anni per la
strage di piazza Fontana, strage portata a compi­
mento dalla mano fascista sotto l ’ordine esplicito
dello Stato. Nel quadro della lotta contro la repres­
sione nella scuola e nella società organizziamo an­
che nelle scuole assemblee sulla strage di Stato».
A quest’altro ha collaborato con i compagni:
«Perché si vogliono colpire gli Anarchici e con
essi l ’avanzata della classe operaia? Essendo gli
Anarchici un’avanguardia rivoluzionaria, nemici
giurati di ogni forma di stato, senza coperture par­
lamentari, chi se non meglio di loro può servire per
un disegno reazionario? I tentativi ci sono stati,
ma la classe operaia, gli sfruttati e tutta l ’opinione
pubblica l ’hanno capito, stroncando cosi sul nasce­
re ogni tentativo eversivo. Colpendo gli Anarchici
IL SOVVERSIVO 61

si vuol colpire l ’avanguardia operaia, le lotte che


tutti conducono e che escono dalla logica sindacale
in quanto i padroni sanno cosa significa " fare le ri­
form e” : perdere io e incassare io o . G li Anarchici
alla via riformista, ai compromessi parlamentari
rispondono, ed è questo che dà fastidio ai padroni,
con l ’azione diretta, l ’insurrezione, la rivoluzione
sociale. Si possono colpire gli Anarchici, ma non la
lotta e l ’avanzata rivoluzionaria della classe ope­
raia, non si può colpire l ’ideale anarchico, perché
esso resisterà sempre fino a che vi sarà uno stato,
uno sfruttatore, uno sfruttato, una disuguaglianza
sociale. W la lotta degli sfruttati. Fuori i compa­
gni dalle galere».
Ancora un terzo volantino firmato «Gruppo
anarchico giovanile G . Pinelli»: « G li anarchici
non sono pacifisti, ma neanche violenti e capaci di
usare metodi fascisti contro gli sfruttati, noi vo­
gliamo la vostra e la nostra piu ampia libertà. È lo
Stato nelle sue più reazionarie forme che ci oppri­
me e vi opprime. W la rivoluzione sociale W la lot­
ta di tutti gli sfruttati W l’autogoverno delle clas­
si popolari».
Le idee sono poche, dette e ridette, il linguag­
gio politico è elementare, ma la povertà espressiva
è compensata dalla sincerità della passione. È il pe­
riodo più felice e più intenso della vita di Franco
Serantini, mentre il conto delle sue giornate si ac­
corcia. A Pasqua va in Sardegna. Il suo è uno stra­
no viaggio che visto oggi ha un sapore di addio, di
riconciliazione con la terra dov’è nato e ha sofferto
i primi dolori. Prima di partire spedisce gli auguri
ai Podio-Guidugli, ai Caleca, ai Prampolini e ad al­
tri conoscenti: Buona Pasqua su una scheda perfo­
rata.
62 C O R R A D O S T A JA N O

Madre Lidia se lo vede venire avanti al «Buon


Pastore» la vigilia di Pasqua, il primo di aprile.
«"C he sorpresa grande” , gli dissi. Franco mi ab­
bracciò e mi baciò. Era molto cambiato, indossava
una giacchettina lucida, sembrava triste. "Perché
sei venuto?” , gli chiesi. "P er affari” , rispose. Mi
confidò anche che era scontento di Pisa».
Vuole rivedere il collegio, le camerate, le aule,
l ’atrio con le fotografie delle cerimonie. Chiede
notizie sulla vita al «Giorgino», vuol sapere se i
fenicotteri sono partiti. La stagione è in ritardo,
i fenicotteri non se ne sono ancora andati dallo sta­
gno di Santa Gilla. La suora gli dice che a Livorno
c’è un ragazzo di Cagliari, paracadutista. «Vai a
cercarlo, —gli raccomanda, - stai con lui».
Serantini scuote il capo, «Ho altri amici», ri­
sponde. Durante la visita rimane in bilico tra le
tentazioni della memoria, il desiderio di piacere e
la voglia di stupire, di dimostrare che ce l ’ha fat­
ta, che è un uomo, diverso dal ragazzo del «Buon
Pastore».
Se ne va in città a rivedere i luoghi delle passeg­
giate in processione con i ragazzi del collegio e a
trovare il padrino Orazio Ancis: « Il suo abbiglia­
mento era contrario ai miei principi, portava degli
stivaletti con le stringhe e i calzoni infilati dentro.
Abbiamo parlato del più e del meno, era arrivato a
Cagliari con la nave. G li chiesi se aveva quattrini,
gli regalai diecimila lire. C ’erano con lui due o tre
persone che lo stavano aspettando fuori, mi disse
di avere molto da fare».
Il suo ultimo mese di vita lo impiega a scrivere
lettere ai gruppi anarchici sparsi in tutta l ’Italia
per pregarli di non togliere il loro appoggio e il lo­
ro voto a Valpreda che alle elezioni del 7 maggio
IL SOVVERSIVO 63

'72 si presenterà candidato nella lista del Manife­


sto. Alla Fai giungono lettere di protesta: a chi è
in mano il Gruppo Pinelli, chiede qualcuno, chi è
quell’eretico che invita gli anarchici alla scheda
rossa?
Il 3 maggio, poi, si reca al distretto militare di
Pisa a domandare informazioni sulla possibilità di
prestare servizio civile quando riceverà la cartoli­
na precetto.

Il 19 7 0 e il 1 9 7 1 sono trascorsi in Italia nel ten­


tativo di restaurare l ’«ordine» in un paese stanco,
ripiegato rispetto alle accensioni politiche e sinda­
cali del 1968 e del 1969. La crisi economica è sem­
pre più grave, il centro-sinistra appare dilaniato
da contrasti di fondo. Sono state approvate leggi
importanti, lo statuto dei lavoratori, le Regioni, la
programmazione, il divorzio. La Costituzione della
repubblica ha trovato, più di vent’anni dopo, qual­
che nutrimento e, forse, Piero Calamandrei non la
chiamerebbe più l’«Incompiuta», dal nome della
sinfonia di Schubert. Ma la volontà riformatrice è
formale, predicatoria, lo stato vacilla, la scuola,
l ’università, la giustizia, gli ospedali, le carceri, i
codici, la burocrazia sono inefficienti strutture dal­
l ’anima borbonica, giolittiana, fascista, non più in
grado di soddisfare i bisogni di una società profon­
damente mutata.
Campagne di stampa e libri sulla strage di piaz­
za Fontana e sulla morte di Pinelli hanno comincia­
to a incrinare le certezze metafisiche dell’opinione
pubblica colpevolista. Il processo Baldelli - Lotta
continua, intentato dal commissario Calabresi, ac­
64 CORRADO STAJANO

cusato dal giornale extraparlamentare della morte


dell’anarchico, viene insabbiato con la ricusazione
del giudice Biotti.
L ’istruttoria Valpreda è ancorata a indizi opina­
bili, la lotta politica di una minoranza sta diventan­
do sempre di piu lotta di massa. Le piste nere, Freda
e Ventura, cancellano a poco a poco le fragili e pre­
fabbricate piste rosse. Due avvenimenti, la rivolta
di Reggio Calabria, fra il luglio 19 7 0 e il febbraio
1 9 7 1 , di matrice eversiva-fascista, ma nata anche
dalla responsabilità dei sindacati e della sinistra nel­
la gestione delle masse popolari del Sud, lasciate al­
la ventura, e l ’elezione del presidente della repub­
blica Leone con i voti del m s i , hanno mutato il qua­
dro politico e rivelato la potenzialità esplosiva del
Mezzogiorno. Il parlamento è stato sciolto con un
anno di anticipo per l ’impossibilità di formare un
governo stabile e per evitare il referendum sul di­
vorzio che dovrebbe essere fissato nella tarda pri­
mavera. Il governo di centro-destra di Giulio An-
dreotti, appoggiato dai fascisti, prepara le elezioni
anticipate del 7 maggio in un’atmosfera tesa.
Mercoledì 15 marzo, alluna del pomeriggio, il
cane di un fittabile trova a Segrate, vicino a Mila­
no, il cadavere dell’editore Giangiacomo Feltrinel­
li, dilaniato ai piedi di un traliccio dell’alta tensio­
ne. La polemica che si scatena, l ’apparizione delle
«Brigate rosse», puntuale e obbiettivo strumento
della provocazione, creano difficoltà alla sinistra in
un momento di normalizzazione e di pericoloso ri­
flusso di destra.
Anche a Pisa i fascisti hanno levato la testa. Al
Consiglio comunale sono il terzo partito. Il PCI ha
14 consiglieri, la dc ne ha io , il m s i e il p s i ne
IL SOVVERSIVO 65

hanno 4. Operano in connubio con la Lega degli


studenti greci che dopo il colpo di stato dei colon­
nelli agisce in ogni città italiana: è una rete di in­
formazione del regime militare, alle dipendenze
del Kyp, il controspionaggio greco. I dirigenti di
Pisa sono «O M avros», probabilmente il capo, G re­
gorio Drakopoulos, Attanasio Papadimitriu, Nicola
Pagratis, Drossos Makris.
La Lega alimenta ogni occasione di incidenti. I
fascisti greci spiano i loro connazionali democrati­
ci, si accodano ai fascisti nostrani che frequentano
il bar Stadio, a Porta a Lucca, il bar Toti, il bar
Galleria, il bar Borsa, il bar Settimelli. Le violenze
dei picchiatori, gli assalti ai circoli democratici, le
spedizioni punitive, le sparatorie, gli attentati for­
mano un lungo elenco, dopo gli incidenti fatti
scoppiare alla fine del 1969 alla facoltà di lingue e
nelle vicinanze di via San Martino: i fascisti in­
cendiano auto, sparano, lanciano una bomba con­
tro la casa del popolo di Pisanello, assaltano il cir­
colo di San Biagio. Il quartiere dei Passi è zona
franca, un operaio viene ferito, una bandiera con
la scritta Sam, squadre azione Mussolini, è fatta
sventolare più volte. La targa stradale di via Piero
Gobetti è trafugata, sostituita con una «Via Beni­
to Mussolini». Agli uomini politici democratici
giungono di continuo minacce di morte firmate
Sam. Il m s i , che ha per leader l ’onorevole Giusep­
pe Niccolai, un oltranzista, controlla i giochi della
violenza. Spesso con successo il Movimento socia­
le strumentalizza la presenza in città della Scuola
allievi paracadutisti, nella caserma Gamerra. Gli
incidenti dei militari, istruiti spesso in un clima fa­
scista, con i giovani di sinistra, le risse in piazza G a­
ribaldi e in altre zone del centro storico a colpi di
66 CORRADO STAJANO

cinturoni e di spranghe, fanno parte dal dopoguerra


della geografia politica pisana
L ’amministrazione comunale, nel 19 7 2 , ha pro­
mosso un’« Inchiesta popolare sulla violenza e il
fascismo a Pisa». Il sindaco Elia Lazzari ha dichia­
rato in Consiglio: «Noi siamo qui uniti per denun­
ciare una volta di piu la sequenza criminosa di atti
di premeditata violenza che hanno colpito persone
e cose di Pisa, per esprimere lo sdegno dell’intera
città e la ferma volontà di porre fine alle violenze,
alle aggressioni, alla sistematica azione provocatri­
ce dello squadrismo fascista, per chiedere l ’indivi­
duazione dei responsabili diretti e indiretti e ac­
certare pienamente la verità su ogni singolo atto e
su ogni trama che possa colpire l ’un l ’altro, per
realizzare un impegno comune di tutte le forze de­
mocratiche e antifasciste e di tutti i cittadini di
buona volontà contro l ’attacco eversivo alle istitu­
zioni e allo Stato democratico... Il segretario nazio­
nale del m s i , a Firenze, in un’adunata alla quale è
presente anche il capo del m s i pisano, incita allo
scontro fisico ed all’aperta ribellione. I risultati
non si fanno attendere. Anche Pisa è teatro di tutta
una serie di aggressioni. Ed anche qui non si col­
pisce a caso. G li squadristi sono all’opera soprat­
tutto nei quartieri periferici della città, dove mag­
giormente può incidere, per la conformazione so­
ciale e per le forme di vita associata già esistenti,
l ’opera dei nuovi strumenti di decentramento, do­
ve insomma si lavora per ricostituire il tessuto de-1

1 L ’agente del Sid Guido Giannettini ha scritto in un documento


riservato pubblicato dall’« Espresso » (n. 25, giugno 1974) di avere
costituito nel 1969 un gruppo di informatori che avevano tra l’altro
il compito di raccogliere notizie sulla « situazione interna dell’univer­
sità di Pisa ».
IL SOVVERSIVO 67

mocratico, per ricreare le condizioni di una ripre­


sa di credibilità negli istituti democratici, che è la
garanzia di ogni prospettiva di sviluppo economi­
co e civile».
Il panorama politico si è sfumato. Perdura la
crisi economica e delle istituzioni, il disegno di
normalizzazione continua. Il P C I ha ripreso in ma­
no la situazione, ha contenuto la dissidenza dei
gruppi e, piu tardi, quella del Manifesto. Segue la
politica d ’incontro con le masse cattoliche, cerca
soprattutto di pescare nel ceto medio con una poli­
tica prudente. Secondo i comunisti, l ’esasperata
contestazione dei gruppuscoli ha eccitato la caro­
gneria del ceto medio pisano. L ’azione di recupero
del P C I è un impegno quasi ossessivo. Il partito
comunista è anche attento a non perdere l ’iniziati­
va politica verso i ceti sottoproletari tagliati fuori
dalle lotte e dalle conquiste sindacali degli ultimi
anni. Nel settore universitario è in crescita. Il ri­
flusso che ha colpito dopo le bombe di Milano tut­
ta la sinistra extraparlamentare, ha fatto guadagna­
re al p c i e al p s i molti quadri nati alla politica nel
’6 8-69, che compensano le perdite subite in que­
gli stessi anni.
Il p c i prepara convegni sull’università e sulla
situazione economica di Pisa e del suo comprenso­
rio, si è rinnovato organizzativamente con due se­
zioni centro, una sezione universitaria, la sezione
Taddei, una sezione del pubblico impiego, una se­
zione trasporti, fatte nascere proprio con il propo­
sito di recidere alla radice le spinte corporative.
Massimo D ’Alema e Fabio Mussi sono i leader gio­
vani del partito, il segretario è Giuseppe De Felice,
il deputato piu autorevole è Leonello Raffaelli.
I rapporti dei comunisti con Lotta continua, l ’u-
68 CORRADO STAJANO

nico gruppo che ha conservato una forza organiz­


zativa, sono di rissa, il linguaggio è di inusitata vio­
lenza. Lotta continua non ha rinnovato la sua li­
nea spontaneista, ha perso i leader e non ne ha
creati di nuovi, vive di velleità. Incide nelle scuole
medie e su fasce sottoproletarie, alla Nunziatina, al
Cep, al rione San Martino. Ha qualche presenza in
fabbrica, alla Fiat e alla Piaggio. Il suo centro di
forza è nei netturbini municipali.
La città ha raggiunto i 10 3 4 15 abitanti, la po­
polazione attiva - trentacinquemila persone —è oc­
cupata soprattutto nei servizi, nell’industria, nel
commercio, nella pubblica amministrazione. Dopo
un anno di crisi del centro-sinistra, seguito a un
lungo periodo di amministrazione di sinistra, il 13
luglio 1 9 7 1 si è formata una giunta con il voto di
14 comunisti, 4 socialisti del p s i , un socialista del
Psiup e due democristiani dissidenti di sinistra, Elia
Lazzari, della corrente di «Base», e Roberto Misu­
ri di «Forze Nuove». Sindaco è eletto Lazzari, in­
segnante di lettere, preside della scuola media di
Calci, a dieci chilometri da Pisa. I suoi avversari lo
offendono coprendo i muri della città con la scritta
«Lazzari giuda».
La giunta popolare è una spina nel cuore del
vecchio potere ininterrotto chiuso nei fortini delle
banche, della camera di commercio, delle cliniche,
degli istituti universitari, dell’ospedale. Molti in­
dustriali e liberi professionisti hanno collusioni con
i fascisti, li finanziano. Il vescovo, monsignor Ben­
venuto Matteucci ha il terrore della contestazione
cattolica, preferisce la frequentazione del Rotary a
quella delle comunità ecclesiali. La d c è su posizio­
ni di destra ottusa. Uno dei suoi dirigenti ha di­
chiarato una volta di sentirsi spiritualmente vicino
IL SOVVERSIVO 69

agli aviatori americani che bombardano il Vietnam


del Nord.
I pisani, apparentemente caustici, hanno fama
di gente che tira l ’acqua al proprio mulino. Il fer­
vore politico-culturale del '68-69, nel maggio 19 7 2
è solo un ricordo. Con qualche soprassalto di rab­
bia.
V ili.

Durante la campagna elettorale, la d c batte il


chiodo della difesa dell’ordine in concorrenza con
i fascisti. Il P C I non appare 'molto aggressivo. Il
clima politico si accende il primo maggio quando
viene proibita una manifestazione di Lotta conti­
nua, un «processo popolare contro i nemici degli
sfruttati pisani», e la polizia presidia capillarmente
la città che pare in stato d’assedio. Si fanno perqui­
sizioni, si cercano armi, si alimenta la tensione.
Presi di mira sono gli extraparlamentari, ma anche
i militanti del P C I .
Giovedì 4 maggio, parlano l ’onorevole Enzo
Meucci della d c , Tristano Codignola, socialista,
Bruno Visentini, repubblicano, Giovanni Sorbi e
Lucio Magri del Manifesto, Giuseppe De Felice del
P C I . Si temono incidenti per la giornata di chiusura
della campagna elettorale. In Largo Ciro Menotti
sono annunciati due comizi, dell’onorevole G iu­
seppe Niccolai del M S I , alle 18 , dell’onorevole En­
zo Meucci alle 2 1 . Da alcuni giorni, Lotta continua
ha aperto una dura campagna contro i fascisti. A f­
figge un manifesto con il fotomontaggio di un bu­
sto di Mussolini che sporge da una bottiglia di ac­
qua minerale. La scritta dice: « Il ducetto Giusep­
pe Niccolai protetto dagli industriali, pagato e im­
bottigliato dal "barone nero” Ostini, padrone del-
IL SOVVERSIVO 71

l ’acqua d’Uliveto, si è piccato di parlare a Pisa. Ca­


scasse il mondo su un fico il fascista Niccolai a Pisa
non parlerà. Venerdì ore 16 tutti in piazza G ari­
baldi».
Il sindaco Lazzari è preoccupato, si oppone con
vigore all’uso di Largo Ciro Menotti sul Borgo
Stretto. Convoca tutti i partiti, ma solo i comuni­
sti e i socialisti condividono i suoi timori su ciò che
può accadere in una piazzetta che sembra un cor­
tile, circondata da una ragnatela di vie tortuose e
strette, ideale per la guerriglia urbana.
«Alla riunione — scrive "L a Nazione” del 5
maggio - erano presenti i rappresentanti del p c i ,
del p s i , Psiup, d c , m s i , partito marxista-leninista,
Manifesto, Pdium. Il sindaco - informa un comu­
nicato ufficiale - ha esposto le perplessità e le pre­
occupazioni dell’amministrazione comunale e di
settori della cittadinanza, ivi compresi alcuni com­
mercianti della zona dei due borghi, in ordine al­
l ’eventualità che anche a Pisa possano verificarsi,
così come in altre città della Toscana, disordini in
occasione di alcuni comizi elettorali. Tenendo con­
to della posizione di Largo Ciro Menotti, che è al
centro di una delle più frequentate vie cittadine, il
sindaco, a nome anche della giunta, ha proposto
che i comizi vengano effettuati in altre piazze, più
ampie e meno centrali della suddetta. Le preoccu­
pazioni e le proposte del sindaco sono state condi­
vise dai rappresentanti del p c i , del p s i , del Psiup.
I rappresentanti della d c , del m s i , del Pdium han­
no invece sostenuto l ’opportunità di svolgere le
manifestazioni conclusive della campagna eletto­
rale in Largo Ciro Menotti. Il sindaco, preso atto
del disaccordo emerso dalla discussione ha sottoli­
neato che ciascun partito, a questo punto, si assu-
72 CORRADO STAJANO

mera le responsabilità della posizione presa e ha


fatto presente che l ’amministrazione, in riferimen­
to agli accordi presi in prefettura dai partiti politi­
ci, disporrà per l ’uso del Largo Ciro Menotti se­
condo le richieste fin qui pervenute. Il direttivo
del p c i aveva diffuso un lungo documento, inviato
al sindaco, nel quale si chiedeva di evitare comizi
nel centro cittadino, lungo l ’asse corso Italia-B or­
go Stretto e, soprattutto di evitare che i comizi del
m s i , con le possibili conseguenze di violenza che si
portano dietro, possano svolgersi proprio in luoghi
ove piu gravi sarebbero le ripercussioni sull’opi­
nione pubblica».
La polemica si inasprisce, il P C I è prudente, ri­
fiuta la mobilitazione di massa, teme le provoca­
zioni. I comitati civici diffondono un volantino che
invita alla repressione violenta, la d c continua la
sua forsennata campagna per l ’ordine.
Da Roma è giunto il I Raggruppamento celere,
ottocento uomini: con cinquecento carabinieri,
cento carabinieri paracadutisti e i reparti della P S
di stanza in città si attestano in piazza San Paolo al­
l ’Orto, alle spalle di Largo Ciro Menotti e in piazza
dei Cavalieri, dalla parte opposta, in modo da chiu­
dere il posto del comizio. Reparti di carabinieri so­
no di servizio in fondo ai Lungarni, defilati nelle
vicinanze del ponte di legno, cordoni di agenti, al­
lievi della Scuola di p s di Nettuno, bloccano il
Ponte di Mezzo e piazza Garibaldi. La seconda
compagnia mobile di Pisa è ai Banchi.
I paracadutisti, gli artiglieri, gli americani di
Camp Darby, una base Nato sulla strada di Livor­
no, sono consegnati nelle caserme. Sta scattando
una gigantesca trappola contro i trecento di Lotta
continua, e i pochi anarchici decisi a impedire il
IL SOVVERSIVO 73
comizio fascista. Qualcuno, più realista e più poli­
tico, cerca di convincere i compagni a desistere,
spiega che la d c ha proprio bisogno di dimostrare
alla maggioranza silènziosa del suo elettorato che
con la sua polizia è in grado di controllare la situa­
zione e che non c’è alcun bisogno di votare per il
m s i : il governo Andreotti, «custode dell’ordine

contro la violenza», si propone proprio di recupe­


rare i voti fascisti persi alle elezioni regionali. Il
fantasma di Feltrinelli serve ai moderati, gli scon­
tri, i feriti, i morti possono giovare solo al potere,
portare acqua al suo mulino, dargli credito in un
momento utile. Ma né la folle sproporzione delle
forze in campo, né un esame razionale e meno roz­
zo della situazione che permette di giudicare come
le azioni aggressive, senza una matrice di massa,
restano destinate all’insuccesso e non sono certo
in grado di dare una lezione ai fascisti, dissuadono
gli extraparlamentari.
Il deputato missino parla in una piazza circon­
data da scudi, elmi, caschi a visiera, tromboncini
coi lacrimogeni in canna, mitra puntati. I fascisti
sono forse duecento, gridano «Italia Italia», il de­
putato parla un’ora e mezzo, una donna, Morena
Morelli, arriva fin sotto il palco, sbeffeggia l ’ora­
tore, gli dà del fascista e viene arrestata.

Testimonianza al Sostituto procuratore generale


della Repubblica di Giuseppe Collesano, allievo
sottufficiale presso la Scuola di Nettuno di Roma,
di servizio nella vicina piazza Garibaldi: «Intorno
alle 17 -17 ,3 0 , i dimostranti cominciarono a can­
tare Bandiera rossa e a lanciare i soliti slogan, "po­
lizia fascista” , "polizia assassina” . Il dottor Tron­
ca, il funzionario della Questura preposto a tutto
74 CORRADO STAJANO

il servizio, il quale era rimasto avanti a noi nella


piazza Garibaldi, avendo notato codesto atteggia­
mento e temendo che i manifestanti venissero
avanti, intimò loro di sciogliersi e lo fece'ripetuta-
mente con un megafono a batteria. Egli era facil­
mente riconoscibile perché aveva indosso la sciar­
pa tricolore. I manifestanti, invece di sciogliersi,
cominciarono a lanciare sassi ed avanzare».
Giovanni Sorbi, che ha lo studio di avvocato in
Borgo Stretto, vicino alla chiesa di San Michele,
vede dalla finestra i giovani di Lotta continua con
delle magliette rosse addosso venir giu di corsa sul
Ponte di Mezzo, in una pioggia di lacrimogeni.
«Erano su quattro o cinque file, correvano contro
lo sbarramento dei poliziotti. Mi prese una grande
emozione, pareva una scena della Corazzata Po-
t'èmkin. Poi la polizia iniziò la caccia all’uomo».
Cominciano nel centro storico tre e più ore di guer­
riglia.

Rapporto del commissario capo della questura


di Pisa al signor procuratore della repubblica:
«Verso le ore 18 ,3 0 di ieri, poco dopo l ’inizio in
Largo Ciro Menotti del comizio dell’on. Giuseppe
Niccolai del m s i , numerosi estremisti appartenen­
ti a gruppi della sinistra extraparlamentare, appo­
sitamente convenuti in questo capoluogo a seguito
di una vasta mobilitazione promossa principalmen­
te dal gruppo politico Lotta continua di Pisa che da
vari giorni aveva, come noto, manifestato con in­
tensa attività propagandistica, il proposito di osta­
colare a qualsiasi costo lo svolgimento del comizio
stesso nel quadro di un preciso disegno rivolto a
impedire ogni propaganda elettorale del m s i , non
potendo giungere sul luogo della riunione eletto­
IL SOVVERSIVO 75

rale per il massiccio servizio d ’ordine predisposto


per l ’occasione, si attestavano in folti gruppi sui
Lungarni Mediceo e Pacinotti e Ponte di Mezzo,
improvvisando prima una manifestazione sedizio­
sa all’indirizzo della Forza pubblica che si trovava
a presidiare la piazza Garibaldi alle dipendenze del
sottoscritto Funzionario, inveendo con slogans vi­
lipendiosi come: "Polizia fascista” - " p s -s s ” -
" Fascisti carogne tornate nelle fogne ” - " Poliziot­
ti culaioli” - "Buffoni” e simili. I dimostranti che
andavano sempre più riunendosi in blocco com­
patto, ad un certo momento hanno scagliato contro
le Forze di Polizia pietre e altri corpi contundenti
come palline di vetro, piombini con chiodi, ser­
vendosi di apposite fionde per cui lo scrivente si
vedeva costretto a respingere la violenza dei di­
mostranti i quali si dividevano su tre fronti, rispet­
tivamente Logge dei banchi, Lungarno Pacinotti
all’altezza dell’hotel Nettuno e Lungarno Mediceo
all’altezza di piazza Cairoli. Da queste posizioni e
da altre sul Lungarno Gambacorti, corso Italia,
Ponte della Fortezza, ecc. hanno sviluppato per al­
cune ore molteplici azioni di guerriglia urbana, an­
che mediante lancio di numerose bottiglie " molo­
to v” , che sono state ovunque stroncate dal deciso
intervento delle Forze dell’Ordine che hanno con­
temporaneamente assicurato il regolare svolgimen­
to dei successivi comizi.
Neljcorso delle varie cariche e del successivo ra­
strellamento compiuto al termine degli interventi,
sono state fermate n. 27 persone di cui 9 tratte in
arresto per manifestazione sediziosa, violenza e re­
sistenza a P. U., danneggiamento aggravato.
Per quanto riguarda gli arrestati si trasmette l ’e­
lenco ed i relativi singoli verbali redatti dagli agenti
76 CORRADO STAJANO

operanti, significando che tra di essi i nominati Ka-


poolos Alessandro, cittadino greco, Tsolinas Evan­
gelo, cittadino greco, Megalofon Ottone, cittadino
greco, sono stati prima accompagnati al Pronto
soccorso del locale ospedale perché presentavano
lesioni varie, come da referti trasmessi a codesta
Procura dal Posto fisso dell’Ospedale civile Santa
Chiara con rapporto n. 868 in data di ieri, cui sono
allegati anche i referti relativi a lesioni riportate da
altre tre persone che presumibilmente hanno par­
tecipato alla manifestazione sediziosa e nei cui con­
fronti sono in corso accertamenti.
Si fa presente altresì che all’arrestato Rondinel-
li Giovanni sono state riscontrate dal dott. G iu­
seppe Ferrari, medico del Corpo delle guardie di
p s da cui è stato fatto visitare, nella caserma "Ma-
m eli” delle guardie di p s : "Contusione escoriata
allo zigomo d s” , giudicata guaribile in gg. 5 s.c.
come da allegato referto.
In merito ai danneggiamenti compiuti dai di­
mostranti si allega la denuncia resa dal sig. Bonan-
ni Romano, residente in Pisa in via U. Dini n. 18 ,
presidente del gruppo sportivo "Fiam m a” posto
in Lungarno Gambacorti n. 15 , relativa alla deva­
stazione della sede del circolo medesimo ad opera
di dimostranti.
Inoltre l ’autovettura Volvo targata L I - i 56796
di proprietà del sig. Guerri Giuseppe, residente a
Livorno in via Terreni n. 75, che si trovava par­
cheggiata sotto il Palazzo Comunale in Lungarno
Gambacorti, è stata notevolmente danneggiata con
profonde ammaccature nella fiancata sinistra, rot­
tura del parabrezza e dei vetri delle portiere e del
cruscotto. A l riguardo sono in corso accertamenti
diretti a stabilire altri danneggiamenti.
IL SOVVERSIVO 77

Fra le Forze dell’Ordine si lamentano 20 con­


tusi leggeri dei reparti della p s e n. 2 nei reparti
dei Carabinieri.
Sono state rastrellate numerose bottiglie "m o­
lo to v” , ceste e sacchetti contenenti sassi che erano
state predisposte dai dimostranti per impiegarle
contro le Forze dell’Ordine; detto materiale con
separato reperto sarà depositato presso codesta
Cancelleria penale.
Si allegano n. 9 verbali di arresto, significando
che l ’arrestata Morelli Morena è stata tradotta al
carcere di Lucca in quanto il locale carcere ha di­
chiarato di non poterla ricevere per indisponibilità
attuale del reparto femminile».

Le testimonianze raccolte subito dopo il 5 mag­


gio, rese da persone che hanno assistito ai fatti, di­
mostrano che la polizia ha operato - lo dice nel suo
rapporto anche il commissario capo Ignazio Tron­
ca —come in un rastrellamento o in una esercitazio­
ne di controguerriglia da piazza d’armi, con una
sproporzione di forze di sette a uno.

Testimonianza di Grazia Marchi, proprietaria


del negozio «Carnaby Street» in corso Italia:
«Erano passate appena le 18 . In corso Italia c’era
la normalità più assoluta. C ’era poca gente, ma era
tranquilla e i negozi funzionavano regolarmente.
Io ero nel mio negozio. Ad un tratto ho sentito un
gran frastuono di sirene e immediatamente ho vi­
sto correre verso il negozio tre ragazzi. Pensando al
peggio ho abbassato la saracinesca, ma avendone
lasciati 50 centimetri sollevati, uno dei ragazzi si
è infilato dentro. Da una delle prime camionette
78 CORRADO STAJANO

che venivano avanti a velocità folle (aveva da po­


chi metri superato il mio negozio) ho visto un po­
liziotto in piedi sul sedile posteriore, il quale te­
nendo il fucile puntato verso il basso, ha sparato
nella direzione del negozio dopo il mio. Subito do­
po ho visto tre ragazzi trascinare il corpo di un al­
tro ragazzo nella direzione del Ponte di Mezzo. Il
ragazzo trascinato via lasciava per terra una lunga
striscia di sangue».

Testimonianza di Mara Palla, parrucchiere per


signora accanto al «Carnaby Street», in corso Ita­
lia: «Ero nel mio negozio. Ho sentito le sirene del­
le camionette che si avvicinavano, mentre la gente
andava a nascondersi, senza capire bene che cosa
stesse succedendo. Ho visto un ragazzo che cerca­
va di nascondersi nell’angolo della porta del mio
negozio. Si era appena accovacciato quando da una
delle prime camionette, senza alcun motivo, è par­
tito un colpo. Era stato un poliziotto in piedi sul
sedile posteriore che a distanza di 4 metri ha spa­
rato una bomba lacrimogena con la precisa inten­
zione di colpirlo. L ’ho visto cadere sdraiato. Subi­
to sono intervenuti due ragazzi per portarlo via.
Solo allora ho visto in quali condizioni lo avevano
ridotto. G li usciva il sangue abbondantemente dal­
la bocca e sei denti erano rimasti per terra».

Testimonianza di Fabrizio Falcucci, via Buonta-


lenti 58, Livorno: «Verso le 18 mi trovavo in
Banchi. Ad un certo momento ho visto sparare
molti candelotti lacrimogeni e allora mi sono mes­
so a correre verso la Chiesa del Carmine. Eravamo
una quindicina e abbiamo chiesto rifugio al prete.
Il prete ci ha chiuso la porta in faccia e allora ab­
IL SOVVERSIVO 79

biamo proseguito verso la stazione. In quel mo­


mento sono cominciate ad arrivare le camionette a
sirena spiegata. Andavano a velocità pazzesca. A l­
lora io e altri due ci siamo accucciati nell’angolo di
un negozio. Le prime camionette sono passate da­
vanti a noi; alla terza camionetta ho visto un poli­
ziotto ritto sul sedile posteriore, che si abbassava
la visiera dell’elmetto e mi prendeva di mira. Era
alla distanza di 4 o 5 metri da me, che ero sempre
accucciato nell’angolo del negozio. Istintivamente
ho voltato di scatto la testa, cercando di ripararmi
con le mani. Da quel momento in poi non mi ricor­
do più nulla. Mi sono rinvenuto nella cucina del-
l ’hotel Mediterraneo. Poi sono stato trasportato
nell’ospedale di Livorno. Il candelotto lacrimoge­
no mi ha colpito in bocca. Ho perso sei denti e le
labbra mi sono state maciullate. Fortuna che la
bomba mi ha preso di striscio».

Testimonianza di uno studente democratico


greco: «Verso le sette, Kapoolos, Tsolinas e Gra-
menidis si erano rifugiati nel portone della casa do­
ve sono domiciliati e da li guardavano gli scontri.
Con loro c’era anche la padrona di casa. Ad un cer­
to punto è arrivata la polizia di corsa; la padrona
si è rifugiata nell’ascensore. I greci, invece, non
hanno fatto in tempo a rifugiarvisi per via di Tso­
linas, che essendo poliomielitico si muove con dif­
ficoltà. Improvvisamente i poliziotti sono entrati
nel portone e si sono accaniti anche con i calci dei
fucili contro Kapoolos e Tsolinas in particolare.
Sono stati poi fatti salire su delle camionette e por­
tati in caserma».
8o CORRADO STAJANO

Testimonianza del proprietario di una vetreria


al n. 38 di via Kinzica: «Ero nel mio negozio quan­
do ho sentito le sirene delle camionette, e, imme­
diatamente dopo, alcuni colpi di fucile. Mi sono
spaventato e sono corso a chiudere la serranda, ma
mentre la stavo chiudendo un ragazzo si è infilato
dentro. Si reggeva la pancia e pareva stare proprio
male. Era stato picchiato dalla polizia pochi mo­
menti prima. L ’ho fatto sdraiare su di un bancone,
dove c’è stato una buona mezz’ora. Io volevo chia­
mare l ’ambulanza ma lui ha detto che era meglio di
no. Dopo qualche giorno, sono venuti i suoi geni­
tori a parlare con me perché volevano sporgere
denuncia».

Testimonianza di un funzionario delle Assicura­


zioni di Pisa: «Erano passate da poco le 18 quan­
do mi sono trovato a passare da via Kinzica. Ad un
certo punto della via ho sentito dei lamenti che
uscivano da dentro un portone. Mi sono avvicinato
ma l ’ingresso era così pieno di fumo che non si ve­
deva assolutamente nulla e l ’aria era irrespirabile.
Sono corso a chiamare qualcuno e poi insieme ab­
biamo cercato di entrare. Dopo diversi tentativi
che si facevano dandoci il cambio, siamo finalmen­
te riusciti a trascinare fuori quel ragazzo. Appena
fuori ci siamo accorti con raccapriccio che aveva la
testa e la faccia completamente rossa di sangue,
tanto che faceva paura solo a guardarlo. Con non
poca difficoltà l ’abbiamo portato verso corso Ita­
lia, dove è stato caricato da un’ambulanza e porta­
to all’ospedale di Pisa».

Testimonianza del signor Matteoni, via Pietro


Gori 3, Pisa: «Erano appena passate le 18 . Mi sta­
IL SOVVERSIVO 81

vo recando a prendere mia sorella che stava in via


Kinzica presso una sua amica. Arrivato all’imbocco
della via mi sono visto venire incontro una persona
anziana che gridava che in un portone c’era un fe­
rito grave. Subito gli sono corso dietro, fino a che
non sono arrivato a quel portone. Ho cercato di en­
trare dentro, ma non ci sono riuscito perché c’era
un tale fumo che toglieva il respiro e bruciava la
faccia. Allora ho chiamato in aiuto alcuni passanti
e insieme abbiamo formato con le mani una specie
di cordata. Solo cosi sono riuscito a tastoni a senti­
re il corpo del ferito. L ’ho agguantato per i panta­
loni e l’ho trascinato fuori. Nessuno aveva il corag­
gio di prenderlo in braccio da tanto che faceva im­
pressione. Aveva la faccia sfigurata e compieta-
mente rossa di sangue. Aiutandoci l ’un l ’altro ci
siamo fatti coraggio e l ’abbiamo portato in via La
Nunziatina. Durante il tragitto gli ho coperto la
faccia con un fazzoletto, perché la gente non si spa­
ventasse. Ma una donna che non ha potuto fare a
meno di guardarlo è svenuta, e abbiamo dovuto
soccorrere anche lei. L ’ambulanza è arrivata quasi
subito. A me, poco dopo, un po’ per il fumo, un
po’ per la rabbia che mi era venuta nel vedere quel­
lo scempio, mi è preso una crisi nervosa. Dopo es­
sermi ripreso, mi sono accorto di avere perso i sol­
di e sono ritornato nel portone. Li dentro mi sono
trovato di fronte ad una vecchia, credo quasi set­
tantenne, e che abita in quel palazzo. Si lamenta­
va molto perché diceva che i poliziotti le avevano
rotto un braccio su per le scale, gli stessi che aveva­
no quasi ammazzato quel ragazzo. G li stessi che
prima di venir via dal portone, non contenti di
quello che avevano fatto, ci avevano sparato den-
82 CORRADO STAJANO

tro tre bombe lacrimogene. Ancora pochi minuti e


quel ragazzo certamente sarebbe morto».

Testimonianza di Giuliana Biagioni, Lungarno


Mediceo 56, Pisa: «Io e mio marito Eugene, poco
dopo le sei, stavamo passando sul Ponte di Mezzo
per dirigerci verso la nostra abitazione. L ’eccezio­
nale schieramento di polizia ci ha incuriosito: cosi
ci siamo soffermati qualche minuto sul Lungarno,
subito dopo il Ponte. Ad un certo punto un tale
con la fascia tricolore ha urlato: "Disperdetevi” .
Immediatamente (prima che i passanti potessero
allontanarsi) un plotone di poliziotti ha iniziato a
sparare numerosissimi candelotti da piazza Gari­
baldi verso il Lungarno, tutti ad altezza d’uomo.
Io e mio marito ci siamo rifugiati nel nostro porto­
ne. Un pullmann di ragazzi, probabilmente in gita,
che stava passando in quel momento, si è trovato
investito dall’improvviso lancio dei lacrimogeni.
Insieme a noi si erano rifugiati nel portone un
gruppetto di giovani: c’erano alcuni greci fra i
quali un ragazzo zoppo. Siamo saliti al nostro ap­
partamento del secondo piano, dove ci siamo trat­
tenuti alcuni minuti. Poi siamo scesi di nuovo sul
portone. Abbiamo visto la polizia caricare a piedi.
Siamo scappati di corsa su per le scale insieme ad
altri giovani. Sono entrata e dopo qualche minuto
mi sono affacciata di nuovo alle scale e ho visto un
poliziotto che gridava: "U scite” . Poi ha sparato
una bomba lacrimogena all’interno di casa mia. Ho
richiuso la porta e non ho piu visto nulla».

In piazza ci sono anche i fascisti. Vestiti di nero,


con un nastrino tricolore al braccio, lanciano botti­
glie incendiarie. L i vede una ragazza, operano sul
IL SOVVERSIVO 83
Lungarno Galilei vicino al Ponte di Mezzo, la po­
lizia non li disturba. La ragazza sente anche il gri­
do di un poliziotto che si limita a dire: «Nero, va’
via».
Nel tardo pomeriggio si tiene una riunione fra
il prefetto Ciro Conte, il comandante dei carabinie­
ri Ennio Cocci, il questore Mariano Perris: la pro­
posta conciliante di questi ultimi, per togliere ogni
esca alla volontà di disordini, è di ritirare la forza
pubblica al termine del comizio di Niccolai. Il pre­
fetto si oppone: polizia e carabinieri devono con­
tinuare «a presidiare» il centro storico.
Le notizie degli scontri, delle barricate, dei caro­
selli di jeep si diffondono con rapidità di rione in
rione. Prima di sera, il p c i prepara un duro mani­
festo in cui accusa i gruppuscoli di essere «le con­
trofigure dei fascisti».
Alle dieci, in città non c’è piu un solo bar aper­
to. Circola la voce che ci sarebbe un morto. In una
caserma della polizia si sente cantare fino a tardi.
IX .

L ’ultima persona che vede Franco Serantini pri­


ma che la polizia lo colpisca è Valeria. Lo incontra
sul Ponte di Mezzo, appena lasciato il bar Crott. Sul­
la città incombe come una cappa di tragedia, la ra­
gazza ha paura, corre inquieta verso una casa di ami­
ci che abitano poco lontano. È una bella ragazza al­
ta, dalla faccia limpida, sovrasta Franco di mezza te­
sta: «Tu vieni via», gli dice un po’ imperiosa, un
po’ trepida. «Io resto, non mi beccano», risponde
lui che s’incammina da solo verso la sua morte, di là
dal ponte, poi sulla destra, in Lungarno Gamba­
corti.
Gruppi di giovani hanno costruito una barrica­
ta, intralciano il traffico, lanciano pietre e bottiglie
molotov. Poi la polizia attacca, gli agenti sembra­
no frenetici automi, sparano centinaia di candelot­
ti in ogni direzione. Il sindaco Lazzari si affaccia a
una finestra del palazzo Gambacorti e grida ai poli­
ziotti di smetterla di prender di mira il Comune:
«Dissi che ero il sindaco, dissi che era in corso una
riunione di giunta, la responsabilità di ciò che si
stava facendo nel palazzo era mia, che tutto era cal­
mo, nessuno dall’alto minacciava la polizia. Punta­
vano le armi in su, sparavano un candelotto dopo
l ’altro, davano l ’impressione di essere drogati.
IL SOVVERSIVO 85

Non è che dessero ascolto alle mie parole, seguita­


vano a lanciare candelotti contro le bifore».

Testimonianza di Italo Fantoni, piazza delle


Vettovaglie: «Ero in Lungarno Gambacorti, tra la
chiesa e il comune. Davanti a me c’era un reparto
della celere che stava sparando una gran quantità
di bombe lacrimogene. Ad un certo momento, uno
dei celerini che sembrava un graduato, ha estratto
la pistola dal fodero e ha sparato con il braccio te­
so verso di noi. Io mi sono buttato in mezzo a due
macchine. I colpi che ho sentito mi sembrano es­
sere stati quattro».

Testimonianza di Paola Sgrilli, di Pistoia: «Da


un appartamento di via Toselli ho potuto assiste­
re a questo episodio. Durante i primissimi momen­
ti succeduti alla carica sul Lungarno Gambacorti,
un folto gruppo di appartenenti alle forze di p s si
dirigeva in via Toselli. Mentre i dimostranti si di­
sperdevano nei vicoli circostanti, un agente pun­
tava la pistola e sparava alcuni colpi ad altezza
d ’uomo. Dopo pochi minuti un secondo agente
sparava a sua volta tre o quattro colpi, sempre con
l ’arma puntata ad altezza d’uomo. Immediatamen­
te dopo ho udito distintamente un graduato invi­
tare un altro agente a non sprecare le munizioni».
Una gran nuvola di fumo, di fuoco, di gas lacri­
mogeni gonfia il Lungarno, dalla fermata dell’A-
tum verso la chiesa di Santa Cristina, verso via To­
selli, la piazzetta della Banca Toscana, via Mazzi­
ni. Poi, dal Ponte di Mezzo, poco prima delle 8 di
sera, avanza una colonna formata da una quindici­
na di jeep e di gipponi, una sessantina di uomini
86 CORRADO STAJANO

del secondo e terzo plotone della terza compagnia


del I Raggruppamento celere di Roma.
Che cosa accade a Serantini? Sarebbe bastata
una fuga di pochi passi, mentre la prima jeep abbat­
te la barricata costruita con macchine bruciate e
tabelloni pubblicitari. Girato l ’angolo di via Maz­
zini si sarebbe trovato nella casbah della Nunziati-
na dove la polizia si avventura difficilmente e dove
si sarebbe salvato, insieme con i compagni nascosti
dietro gli usci, nelle case, nelle botteghe, con l ’aiuto
delle donne e degli uomini del quartiere che hanno
fama quarantottesca. Una volta respinsero la poli­
zia con l ’olio bollente fatto colar giù dalle finestre.
Serantini lo sa, ma immobile e disarmato, aspetta in­
vece che i poliziotti gli saltino addosso e lo feri­
scano a morte.

Testimonianza di Moreno Papini, Lungarno


Gambacorti 12 : «Erano circa le 20. Io mi trovavo
alla finestra di un appartamento proprio sotto il
mio, in Lungarno Gambacorti. Sotto di me c’erano
alcune persone. Ho sentito le sirene delle camio­
nette venire dalla parte del Comune, mentre la gen­
te scappava verso via Mazzini. Le camionette sono
arrivate e si sono fermate sotto la casa mia dalla
parte delle spallette dell’Arno. Nello stesso mo­
mento stavano arrivando alcuni celerini a piedi.
Allora mi sono sporto dal davanzale della finestra
e ho visto che stavano agguantando uno. Proprio
vicino al marciapiede, esattamente sotto la mia fi­
nestra, una quindicina di celerini gli sono saltati
addosso e hanno cominciato a picchiarlo con una
furia incredibile. Avevano fatto cerchio sopra di
lui tanto che non si vedeva più, ma dai gesti dei ce­
lerini si capiva che dovevano colpirlo sia con le
IL SOVVERSIVO 87
mani che con i piedi, sia con i calci dei fucili. Ad
un tratto alcuni celerini sono scesi dalle camionette
li davanti, e sono intervenuti sul gruppo di quelli
che picchiavano, dicendo frasi di questo tipo: "B a­
sta, lo ammazzate! ” È successo un po’ di tafferuglio
fra i due gruppi di p s . Poi uno che sembrava un
graduato è entrato nel mezzo e con un altro celeri­
no lo hanno tirato su. Solo in quel momento l ’ho
potuto vedere in faccia, perché teneva la testa cion­
doloni sulla schiena. Aveva i capelli neri, gonfi e
ricciuti e aveva la carnagione scura. Lo hanno poi
trascinato verso le camionette mentre il graduato
gli dava ancora qualche schiaffetto per rianimar­
lo».

Verbale di arresto di Serantini Franco firmato


dal commissario di p s Giuseppe Pironomonte:
« L ’anno millenovecentosettantadue, addi 5 del me­
se di Maggio, alle ore 2 0 ,10 in Pisa, Lungarno
Gambacorti, angolo via Mazzini. Noi sottoscritti
Dr. Pironomonte Giuseppe, Commissario di P.S.
appartenenti alla Questura di Pisa, diamo atto a
chi spetta che nelle suddette circostanze di tempo e
di luogo, durante il servizio di ordine pubblico, in
occasione del comizio tenuto dall’on. Giuseppe
Niccolai del m s i , abbiamo proceduto all’arresto
di: Serantini Franco, nato a Cagliari il 1 6 .7 .1 9 5 1,
ivi residente, in atto ricoverato nella casa di riedu­
cazione di Pisa, perché resosi responsabile di: ma­
nifestazione sediziosa, vilipendio alle forze di poli­
zia e altro. Il Serantini, infatti, durante la manife­
stazione, in occasione di una carica effettuata al fi­
ne di respingere una violenza che i dimostranti ef­
fettuavano con lancio di pietre, bottiglie incendia­
rie ed altro materiale, lanciava insulti ai tutori del­
88 CORRADO STAJANO

l ’ordine. Di quanto precede e perché consti, abbia­


mo redatto il presente verbale che previa lettura e
conferma, sottoscriviamo e rimettiamo, in uno al-
l ’arrestato, ai nostri Superiori per il di più a prati­
carsi».
Sulla jeep del commissario Pironomonte, Se-
rantini viene condotto in piazza Garibaldi, poi,
su una «Giulia» del pronto intervento, alla caser­
ma Mameli delle guardie di P S , in via San France­
sco.

Testimonianza di Gilda Benigna Greco, vicolo


dei Bruschi 7 : « Sono stata presa che erano appena
passate le 20 e dopo avermi fatto girare un bel po’ ,
mi hanno portata nella caserma di p s . Insieme ad
altri sei o sette ci hanno portato in uno stanzone,
poi in una stanza con dei banchi di scuola. Ho vi­
sto Franco che stava con la testa reclinata sul ban­
co; sembrava dormisse tanto che nessuno riusciva
a parlargli. Ci hanno di nuovo riportati tutti nello
stanzone per interrogarci. Sono stata rilasciata alle
24 circa».

Testimonianza di Tiziano Meacci, via Carducci,


Ghezzano: «M i hanno preso poco prima delle 20,
tra piazza della Berlina e piazza Mazzini. Sono sta­
to portato nella caserma di p s verso le 20,30. Po­
co dopo ci siamo ritrovati in sedici in un grande
stanzone. Verso le 22 sono arrivati Franco, la Mo­
relli e altri quattro o cinque. Ho notato Franco che
stava sempre isolato. Poi si è seduto a terra con le
spalle appoggiate ad un portone che dà direttamen­
te sulla strada. Mi sembrava che stesse molto ma­
le. Era giallo in faccia, non parlava mai e pareva
che ogni movimento della testa gli costasse una
IL SOVVERSIVO 89

enorme fatica. Verso le undici e mezzo hanno co­


minciato a interrogare i greci, poi i minorenni.
Quando Franco è entrato nell’ufficio degli interro­
gatori si è subito rimesso a sedere. Stava molto ma­
le, ma in una maniera strana che mi ha fatto im­
pressione».

Testimonianza di lascia, studente medio, Tirre-


nia: «M i hanno preso verso le 8 di sera in via Maz­
zini. Mi sono saltati addosso in cinque o in sei e mi
hanno picchiato con i manganelli e con gli scarpo­
ni. Mi sono difeso come ho potuto, ma quando mi
hanno caricato sul furgone non riuscivo nemmeno
a muovermi. Sono stato portato nella caserma di
PS. Dopo un po’ di tempo sono cominciati ad arri­
vare molti altri. Verso le io ho visto entrare Fran­
co insieme alla Morelli. Franco si reggeva appena
in piedi; era pallido in volto e aveva la giacca strac­
ciata. Un’ora dopo circa mi hanno trascinato fuori
nel cortile e dopo avermi picchiato di nuovo mi
hanno buttato in una vasca piena d’acqua. Uno mi
ha tirato fuori che ero mezzo affogato. Poi mi han­
no riportato dentro. Dopo l ’interrogatorio, verso
le 1,3 0 mi hanno rilasciato. L ’ultima volta che ho
rivisto Franco prima di uscire era sempre pallidis­
simo e aveva gli occhi semichiusi».

Testimonianza di Antonio Pizzadili, studente di


Sassari: «Verso le sei e mezzo mi sono trovato in
un portone sul Lungarno Mediceo insieme a tre
greci. Poco dopo è arrivata la celere che dopo aver
sfondato il portone si è accanita contro i greci. Mi
hanno caricato su un cellulare e dopo un giro lun­
ghissimo, verso le 19 ,3 0 mi hanno portato in ca­
serma di p s . Mi sono ritrovato in una stanza con
9° CORRADO STAJANO

dei banchi. Alle 2 1 circa ho visto entrare Franco.


Era molto pallido. Ha chiesto di andare al gabinet­
to perché stava male. M i hanno rilasciato verso le
due».

Testimonianza di Giovanni Rondinelli, Qual-


quonia, Pisa: «M i hanno preso verso le 8 in piaz­
za della Berlina e mi hanno picchiato subito con i
manganelli. Alle 8 e mezzo mi hanno portato nella
caserma di p s , nell’ufficio del maresciallo. Ci sono
stato mezz’ora circa: poi mi hanno trasferito in
una specie di aula scolastica. Verso le dieci è arri­
vato Franco: si è messo a sedere in un banco da so­
lo e con la testa abbassata sul piano di legno. Verso
le 1 1 ci hanno spostato in uno stanzone e Franco
si è subito messo a sedere per terra. M i sembrava
che stesse molto male ed era bianco in faccia. Poi
mi hanno chiamato per interrogarmi, ma ci hanno
ripensato e hanno fatto passare Franco prima di
me. Lo hanno interrogato per circa un quarto d ’o­
ra, poi hanno interrogato anche me dopo avermi
visitato. A ll’una e mezzo circa mi hanno caricato
insieme a Franco su un furgone per portarci al Don
Bosco. Nel carcere, dopo averci perquisiti, ci han­
no messo in isolamento; io alla cella numero 6,
Franco alla cella numero 7».
X.

Il carcere non è dissimile ai tanti posti dove Se-


rantini è stato abituato a vivere fin dall’infanzia. Si
chiama Don Bosco, come le scuole elementari di
Campobello di Licata e la cella numero 7 non è di­
versa dalle stanze dei collegi, orfanotrofi, riforma­
tori dove Franco ha trascorso i suoi anni. C ’è
un’altra coincidenza strana nella sua vita: un poli­
ziotto, con la sfortunata adozione, cercò di render­
lo cittadino uguale agli altri, un gruppo di poliziot­
ti gli nega selvaggiamente ogni diritto elementare
trattandolo come uno scarto umano. Lo stato e le
sue istituzioni lo considerano fino alla morte figlio
di NN, gli rifiutano la legge, dopo avere ossessio­
nato lui incolpevole, come un suddito capace solo
di doveri, quasi a dar ragione a certe fantasie popo­
lari, per cui uno che nasce figlio di puttana muore
figlio di puttana.
A l Don Bosco di Pisa si impiccò Adolfo Mecia-
ni, il tragico personaggio del caso Lavorini. Seran-
tini passa nel carcere trentadue ore di tremenda
agonia. Quasi nessuno capisce che il piccolo ragaz­
zo sardo, miope e ricciuto, sta morendo.

Testimonianza di Giovanni Mandoli, via San


Tommaso 14 : «M i trovavo in custodia preventiva
92 CORRADO STAJANO

fin dal 1 6 aprile. Verso le 8,30-9 di sabato matti­


na scesi al pianterreno, nel braccio di sinistra per
chi entra nel carcere e, dallo spioncino, vidi Fran­
co Serantini che teneva la testa reclinata su un
braccio appoggiato su una mensola metallica, in­
fissa nel muro sotto la finestra. La testa era rivolta
verso questo muro ed io potevo osservarlo di fian­
co. Avevo intenzione di dargli delle sigarette, ma
vi rinunciai convinto che dormisse. A l termine
dell’aria, mi pare verso le 1 1 , ripassai dalla cella di
Franco e dallo spioncino lo rividi nella stessa posi­
zione di prima. Convinto che stesse ancora dor­
mendo, mi allontanai verso la mia cella. Successi­
vamente, sempre nella giornata di sabato, ho rivi­
sto Franco mentre usciva di cella sorretto da due
guardie. Trascinava le gambe ed aveva la testa re­
clinata sul petto».
Alle 12 ,3 0 , Serantini viene condotto in un uffi­
cio del carcere per essere interrogato dal sostituto
procuratore della repubblica Giovanni Sellaroli.
Fa da segretario un maresciallo di p s , Francesco
Laurenza, difensore d ’ufficio è nominato l ’avvo­
cato Antonio Cariello. In attesa dell’interrogato­
rio, uno degli agenti di custodia che l ’accompagna
lo fa sedere, poi chiede che venga interrogato subi­
to. Almeno lui si è reso conto che il giovane sta
male.

Verbale d ’interrogatorio dell’imputato Seranti­


ni Franco.
A domanda risponde: «Dicono che io abbia lan­
ciato contro la polizia pietre ed altro materiale in­
cendiario, ma per la verità non riesco a ricordare».
Chiesto all’imputato per quale ragione si era re­
cato ieri sera nel luogo della città dove si verifica­
IL SOVVERSIVO 93

rono i tumulti, risponde: «Ci andai perché ci si


crede».
a.d.r. Chiesto all’imputato in che cosa crede, ri­
sponde: «Sono anarchico».
a.d.r. «Fui arrestato nel corso di una carica,
mentre scappavo. Mi giunsero addosso una decina
di poliziotti e mi colpirono alla testa. Accuso in­
fatti forti dolori al capo ancora attualmente».
a.d.r. «Non credo di avere insultato la polizia.
Uno dei poliziotti che mi fermò sostiene che io
l ’abbia chiamato "porco” , ma non credo di averlo
fatto, perché non è la mia frase abituale».
a.d.r. «Non credo di avere avuto tra le mani ieri
sera pietre o bottiglie incendiarie; anche perché
persi gli occhiali e non sarei stato in grado di lan­
ciarle».
a.d.r. «Quando mi recai alla manifestazione ieri
sera non ero d’accordo con nessuno; ci andai come
"cane sciolto” ».

Serantini sta male, non riesce neppure a tener


su la testa, risponde alle domande del magistrato
con il capo appoggiato al tavolo. Ma è fiero, digni­
toso, di carattere. È anche un po’ ingenuo, cita l ’ac­
cusa del poliziotto che non gli è stata contestata.
L ’avvocato Cariello si domanda se il ragazzo finge
oppure no. «Se finge, finge molto bene», pensa.
«Non dimostrava di avere forti dolori. Fece tre o
quattro passi spediti, appoggiò la testa al tavolo.
Ma poteva anche essere un tic».
Sellaroli sostiene di avere ordinato, in presenza
dell’avvocato e del maresciallo, la visita medica per
il giovane. L ’avvocato non ricorda. Serantini vie­
ne riaccompagnato in cella di isolamento. Non
94 CORRADO STAJANO

mangia, non esce nelle ore d’aria, non parla. Gli


unici a capire la gravità del male di Franco sono gli
scopini, che vanno e vengono dai corridoi, ma nes­
suno del carcere li ascolta.

Testimonianza di Giovanni Rondinelli: «La


mattina di sabato c’è stato l ’interrogatorio di Sel-
laroli, poi siamo ritornati in isolamento. Sono sta­
to trasferito nella cella di Franco. Quel ragazzo,
che era figlio di NN come me, mi ha colpito molto,
perché non rispondeva alle mie domande, non si
muoveva neppure, non mangiava. Nel pomeriggio
di sabato siamo andati in infermeria per la visita.
Franco l ’abbiamo portato io e un altro: credo un
greco, alto, con i capelli scuri e la testa rotta. Lo
hanno sdraiato sul lettino e rispedito via quasi su­
bito».
Serantini viene condotto alla visita medica sol­
tanto alle quattro e mezzo del pomeriggio, quindi­
ci ore dopo l ’ingresso al Don Bosco, quattro ore
dopo l ’interrogatorio del magistrato che, anche se
ha dato l ’ordine, non ha poi controllato se era sta­
to eseguito. Il registro dell’infermeria reca questa
annotazione firmata dal medico del carcere dottor
Alberto Mammoli: «Ecchimosi palpebra sinistra;
numerose contusioni in parte escoriate al dorso,
braccia ed arti inferiori; stato di shock; Sympatol-
Cortigen - borsa di ghiaccio in permanenza».
Franco è sofferente, ha un violento mal di capo,
appoggia la testa appena può, se la tien su con le
mani, tende a isolarsi, è in stato di torpore, non gli
interessa ciò che accade intorno, vuol dormire e
basta, non parla, non esce a vedere lo spettacolo
televisivo, il Pinocchio di Luigi Comencini, si
muove solo se sorretto da due persone, è pallidis­
IL SOVVERSIVO 95

simo, ha una vistosa ecchimosi all’occhio sinistro


che esclude un trauma diretto e dovrebbe subito
far pensare « a una lesione dei costituenti ossei or­
bitali e quindi a una situazione più seria». Ha una
deformazione fronto-temporale sinistra del cranio,
ha poi una «escoriazione del cuoio capelluto sor­
montante una tumefazione fluttuante al vertice del
capo a margini sfumati, prevalentemente all’indie-
tro verso la regione occipitale». È evidente anche a
un profano che ha la testa rotta o qualcosa di molto
grave, ma non risulta che gli sia stata misurata nep­
pure la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca,
la temperatura, la reattività della pupilla alla luce,
prove che avrebbero rivelato subito le drammatiche
condizioni del detenuto.
Dentro il carcere c’è un attrezzato centro medi­
co-specialistico, adatto a ogni genere di interventi,
l ’ospedale è vicino. Ma il medico non ricovera
Franco Serantini, non gli fa fare una radiografia, lo
rimanda in cella, avrà entro sera la borsa di ghiac­
cio da mettere sul capo.

Testimonianza di Giovanni Rondinelli: «In cel­


la l ’abbiamo riportato, sempre io e quel greco, per­
ché proprio non riusciva a stare in piedi. Dopo
qualche tempo, è passato un detenuto davanti alla
nostra cella e, vedendo Franco, ha chiamato una
guardia dicendogli che quel ragazzo aveva bisogno
di una radiografia perché doveva stare molto male.
La guardia gli ha risposto di farsi gli affari suoi se
non voleva passare dei guai. La sera è venuto un
infermiere con la borsa del ghiaccio e ha detto a me
di reggergliela sulla testa. L ’ho fatto con molta dif­
ficoltà. Poi l ’infermiere è tornato per cambiargli il
96 CORRADO STAJANO

ghiaccio. Durante la notte, Franco si lamentava


molto, tanto che io non riuscivo a chiudere occhio:
poi mi sono addormentato. Quando mi sono sve­
gliato, saranno state circa le otto, ho visto Franco
con la bava alla bocca e respirava a fatica. Un infer­
miere è entrato nella cella, ha guardato Franco ed
è uscito. Verso le nove sono uscito anch’io dalla
cella. Quando sono tornato, Franco non c’era
piu».

Testimonianza di Giovanni Mandoli: «La mat­


tina di domenica, quando era in corso la celebra­
zione della messa, dal corridoio del piano superio­
re ho visto che avevano caricato Franco su una ba­
rella con una coperta addosso. La barella non pas­
sava dal cancello della cella ed ho sentito dire da
uno dei barellieri: "Tiragli su le braccia” . Hanno
effettuato questa operazione riportando la barella
verso la cella, dopodiché la barella è passata. Ho
seguito i due barellieri e le altre guardie fino al can­
cello al termine del corridoio. Franco aveva la fac­
cia di un morto».
Serantini è completamente abbandonato. Per
tutta la notte le guardie-infermieri non intervengo­
no. Alle 8,30 del mattino, l ’appuntato Zuccaro si
rende conto che il detenuto è peggiorato e chiama
l ’infermiere Giuseppe D ’Incecco. Franco è in co­
ma. Dopo le nove, una guardia, visto che il dete­
nuto non è uscito dalla cella per l ’ora d’aria e non
risponde più neppure a cenni alle domande, chia­
ma due infermieri per trasportarlo al pronto soc­
corso del carcere.
In sala operatoria gli viene dato l ’ossigeno e,
dopo iniezioni di cor amina, lobelina e una intra-
cardiaca di adrenalina, gli viene fatta la respirazio-
IL SOVVERSIVO 97
ne artificiale. Muore poco dopo, alle 9,45 del 7
maggio 19 7 2 . Il certificato del dottor Alberto
Mammoli, medico del carcere, parla di emorragia
cerebrale.
XI.

Il 7 maggio è una domenica limpida e calda. A l­


l ’ippodromo di San Rossore si riapre alle 15 ,3 0 la
stagione primaverile, all’Arena Garibaldi si gioca
la partita Pisa-Prato. I bambini della scuola ele­
mentare di Coltano visitano le sale municipali in
palazzo Gambacorti, i soci della riserva di Tombo­
lo tengono la loro riunione annuale. L ’otto del­
l ’Arno si batte alle regate regionali, alla piscina co­
munale è in programma una gara di nuoto. C ’è
un’aria piu di lunga vacanza che di festa. Le elezio­
ni vanno avanti con regolarità, la gente passeggia
volentieri, qualcuno va fuori porta, qualcun altro
fa il giro dei seggi elettorali per salutare gli amici
scrutatori. Il Campo dei Miracoli è affollato di ra­
gazzi, di turisti stranieri, di giovani coppie sdraiate
sull’erba a pancia in giu, di venditori di torri di
Pisa d ’avorio o di stagno, di bandierine, di pallon­
cini colorati.
Un articolo di fondo del direttore della «Nazio­
ne», Domenico Bartoli, rievoca gli incidenti di ve­
nerdì e attacca i greci antifascisti: «M a non si può,
non si deve ammettere che essi scendano per le
strade, lancino bottiglie molotov, aggrediscano la
polizia per impedire a un cittadino italiano candi­
dato alle elezioni di esercitare il diritto alla parola,
che la nostra Costituzione riconosce in modo cosi
IL SOVVERSIVO 99
ampio. Una volta accertati i fatti in modo sicuro,
la giustizia dovrebbe rapidamente colpire chi abu­
sa della nostra responsabilità. Ma la sanzione che
meglio si adatta al comportamento aggressivo di
uno straniero è certamente quella dell’espulsione
dal territorio nazionale».
La notizia che in carcere è morto un giovane
anarchico colpito dalla polizia la sera del 5 maggio,
comincia a circolare nella mattinata. Giuseppe De
Felice, il segretario del P C I , lo viene a sapere dal
fratello che lavora all’ospedale; l ’avvocato Cariello
dalla madre; il sostituto procuratore della repub­
blica, Sellaroli, dal maresciallo Laurenza: « "C h i è
- chiede - il greco, quello dell’occhio?” "N o, un
bassino, quello che disse che gli faceva male la te­
sta” . " I l giovane che appoggiò il capo alla tavola,
allora” ».
Sauro Ceccanti, informato da un amico, è preso
dalle convulsioni. Suo fratello Soriano non ci vuole
credere: «Non si può descrivere che cosa provai a
pensare che l ’avessero ammazzato in quel modo.
Non ci credevo perché la morte non esiste a ven-
t’anni». L ’anarchico Nilo, uno dei vecchi che a-
scoltavano in silenzio le discussioni nella sede di
via San Martino, chino sulla sua solita sedia non
smette di piangere.
Mentre la notizia che è morto Serantini si dif­
fonde sempre più rapida nei bar, sul corso Italia,
nelle sedi dei partiti, di Lotta continua, nei quar­
tieri di periferia, al Cep, a ll’ospedale, la professo-
ressa che ha trovato a Franco la possibilità di lavo­
rare come perforatore di schede, ignara di tutto ciò
che è accaduto dal venerdì in poi, lo cerca affanno­
samente al riformatorio e nei posti che è solito fre­
quentare. I proprietari dell’ufficio hanno avuto
IOO CORRADO STAJANO

dalPiBM l ’assicurazione o la promessa di assumere


il giovane. Per l ’indomani, lunedi, è fissata la visi­
ta attitudinale. Mentre muore, dunque, Serantini
ha trovato forse anche un lavoro.
Il professor Lucani sa dal giornale radio. Resta
affranto. Aveva invitato Franco a Firenze proprio
venerdì a visitare la mostra dell’artigianato e il gio­
vane aveva lasciato in sospeso una decisione.
Le suore del «Giorgino» apprendono la notizia
dal telegiornale delle 20,30. Il professor Ancis, il
padrino della cresima, dal telegiornale della notte.
Il padre adottivo, invece, il brigadiere Ciotta, vie­
ne chiamato al telefono molto tempo dopo da un’i-
spettrice di polizia di Agrigento: gli comunica che
Serantini «è morto per schizofrenia», vuole infor­
mazioni sul carattere e sulle sue malattie infantili.
Luciano Della Mea reagisce politicamente e pen­
sa subito a ciò che è necessario e giusto fare. Cerca
senza trovarli gli avvocati Giovanni Sorbi e Arnal­
do Massei, telefona a Torino all’avvocato Bianca
Guidetti Serra. Occorre costituirsi parte civile, as­
sistere alla perizia, trovare il modo giuridico per
poterlo fare. Sarebbe morto in questo modo, Se­
rantini, se fosse il figlio di un ingegnere, di un in­
dustriale, di un borghese agiato?
La Guidetti Serra dà l ’indicazione di una vec­
chia legge di azione popolare che permette a qual­
siasi cittadino di costituirsi parte civile in tutela di
un assistito da un istituto benefico che sia senza ge­
nitori o parenti. Forse può essere utile. A notte al­
ta, lo scrittore rintraccia Massei, all’una e mezzo
va nel suo studio in Largo Ciro Menotti a cercare
gli estremi delle leggi. Le norme portano la data
del 17 luglio 189 0, articoli 82 e 83; del 3 febbraio
18 9 1, articolo 1 1 7 : leggi ottocentesche per tute­
IL SOVVERSIVO IOI

lare la vittima di una repressione tecnologica. È


necessaria un’altra firma, Della Mea interpella il
professor Guido Bozzoni che acconsente. Massei
scrive l ’atto di costituzione di parte civile, «contro
tutti i responsabili della morte di Serantini Franco,
al fine di far valere tutti i diritti e le azioni deri­
vanti per legge dal reato descritto».

Una cupa domenica, quel 7 maggio a Pisa, altro


che inaugurazione della primavera. L ’odissea di
Franco Serantini continua dopo morto. Un morto
scomodo, che si può anche tentare di far sparire?
Alle 16 ,30 un funzionario della direzione del
carcere si presenta all’ufficio di stato civile del Co­
mune, consegna una denuncia di morte e chiede al­
l ’impiegato di turno l ’autorizzazione a trasportare
il cadavere. Nel certificato, firmato dal dottor
Mammoli, si dichiara che la morte, violenta, ha
una «causa accidentale», la descrizione della lesio­
ne è «trauma cranico», il mezzo col quale è stata
procurata la lesione è definito « imprecisato ».
L ’impiegato Antonio Abenaim rifiuta di firma­
re l ’autorizzazione, manca infatti l ’indispensabile
nulla osta del procuratore della repubblica e non
sono trascorse le ventiquattro ore previste dalla
legge per l ’inumazione.

Dichiarazione scritta di Antonio Abenaim:


«Oggi, 7 maggio 19 7 2 , verso le 16 ,3 0 circa, si pre­
sentava all’Ufficio di Stato Civile un incaricato del­
le Carceri giudiziarie di Pisa con una denuncia di
morte chiedendo il permesso di poter trasportare
il cadavere. Accertato che il decesso era avvenuto
per morte violenta, a norma dell’articolo 14 3 del­
102 CORRADO STAJANO

l ’Ordinamento dello Stato Civile rifiutavo di accet­


tare tale dichiarazione in quanto mancante del nul­
la osta del Procuratore della Repubblica. Verso le
ore 1 7 circa dalla Direzione delle Carceri giudizia­
rie di Pisa ho ricevuto una telefonata chiedendomi
il motivo della non accettazione della denuncia di
morte. Ripetuto che senza il permesso della Pro­
cura della Repubblica, non potevo rilasciare né
permesso di trasporto né di seppellimento, egli in­
sisteva perché accettassi soltanto la denuncia. A
questo punto, data l ’insistenza, autorizzavo a far­
mi presentare la denuncia facendo presente che
non avrei rilasciato nessun permesso. Appena avu­
ta la denuncia mi recavo dal vicesegretario genera­
le Dr. Renato De Felice mettendolo a conoscenza
del caso, in quanto era presente al Centro raccolta
dati del servizio elettorale, il quale approvava la
mia decisione».
Un’impiegata, Rosa Paganelli, è stata testimone
di ciò che è avvenuto. L ’ufficiale di stato civile,
dottor Neri, informato del caso, fa un rapporto al
sindaco: «Ritengo opportuno inviare alla S. V. la
seguente relazione che dettaglia i fatti ed i tempi di
una denuncia di morte relativa a Serantini Franco
pervenuta a questo Comune circa le ore 16 ,3 0 del
giorno 7 maggio 19 7 2 dalle locali Carceri giudi­
ziarie.
Sono stato avvisato di quanto sopra nel mio do­
micilio alle ore 18 circa e pervenuto al municipio,
ho potuto constatare, come precedentemente già
rilevato dall’impiegato Abenaim, che la documen­
tazione presentata (il certificato di morte redatto
dal medico del carcere e la relativa denuncia del
Direttore) era insufficiente per il rilascio del per­
messo di seppellimento richiesto.
IL SOVVERSIVO 103
Infatti, trattandosi di morte violenta occorreva
soprattutto il necessario nulla osta della Procura
della Repubblica, mancava inoltre il certificato ne­
croscopico senza considerare che non erano passate
nemmeno le 24 ore minime richieste.
Logicamente comunicavo alla S. V ., alla presen­
za del sig. Segretario Generale, del Vice Segreta­
rio, degli Assessori Misuri, Bernardini e Bulleri
l ’impossibilità del rilascio da parte del Comune del
permesso richiesto.
Devo far rilevare che logicamente io, nella mia
qualità di Ufficiale di Stato civile, avrei potuto pro­
cedere al rilascio di quanto sopra dopo che il certi­
ficato di morte fosse stato firmato dalPUfficiale sa­
nitario.
Ritenendo però inutile aspettarlo, tanto era evi­
dente l ’impossibilità del Comune a procedere, mi
mettevo telefonicamente in contatto con il Carcere
e alle 18 ,30 circa comunicavo quanto sopra espo­
sto ad un funzionario dell’ufficio matricola.
Questi mi rispondeva che aveva avuto un collo­
quio con il dr. Sellaroli il quale aveva ritenuto pos­
sibile il trasporto.
A questo punto intuivo che vi era stato da parte
dei funzionari del Carcere un equivoco nell’inter-
pretare il pensiero del sostituto Procuratore della
Repubblica, il quale, molto probabilmente, si rife­
riva al trasporto del cadavere al Reparto di medi­
cina legale dell’Ospedale.
Cercavo pertanto di rintracciare per telefono il
dr. Sellaroli senza riuscirvi.
Frattanto perveniva al Comune il dr. Fiamma,
in sostituzione dell’Ufficiale sanitario, e pure esso
riteneva impossibile vistare il certificato di morte
rilasciato dal medico del carcere per le ragioni so­
104 CORRADO STAJANO

pra esposte; telefonava quindi in presenza del Se­


gretario, del Vice Segretario e del sottoscritto allo
stesso funzionario deH’ufficio matricola precisando
rimpossibilità del rilascio del permesso di seppel­
limento, autorizzava invece, per conto del Comu­
ne, sempre che esistesse anche per questo un as­
senso della Procura, il trasporto al locale Ospedale
del defunto purché fossero usate le precauzioni do­
vute, prima fra tutte che la cassa fosse aperta.
Infatti, precisava che l ’Ufficio d ’igiene sarebbe
dovuto intervenire solo se si fosse trattato di ma­
lattia epidemica».

(Non si riuscirà mai a sapere se quest’altro mi­


stero nel caso Serantini fu soltanto un equivoco
linguistico tra la parola trasporto e la parola sep­
pellimento o fu invece provocato dal dolo. Sel­
latoli sostiene di aver dato ordine di portare il ca­
davere all’Istituto di medicina legale per l ’auto­
psia.
Il secondo certificato di morte di Franco Seran­
tini ha la data del 9 maggio, il giorno successivo al­
la perizia ed è firmato infatti dal perito professor
Umberto Palagi. Questo secondo documento è più
prudente del primo: le cause della morte, violenta,
sono «da determinare». Si parla di «ematoma in-
tracranico post-traumatico». I mezzi e i modi delle
lesioni sono anch’essi «da determinare». La dire­
zione del carcere si fa restituire dall’ufficio di stato
civile del Comune il primo certificato. I comunisti
di Pisa, prima di consegnarlo, ne fanno delle foto­
copie).
X II.

«Questo Franco Serantini è stato colpito con


violenza incredibile. Una nota che sembra frutto di
un macabro umorismo: nel momento che moriva
di morte violenta, il ragazzo era accusato di violen­
za nei confronti delle forze dell’ordine», scrive
Marco Nozza sul «Giorno».
Lunedi 8 maggio, la polemica contro la polizia,
il ministro degli interni, il governo si fa subito
aspra. Il P C I , in un comunicato, chiede che siano
chiariti i gravi interrogativi e i gravi sospetti sulle
cause e sulle responsabilità della morte di Seranti­
ni. Giancarlo Pajetta e Armando Cossutta sono in
contatto con la federazione pisana che dopo un pri­
mo sbandamento gestisce una dura campagna. La
giunta comunale si riunisce e dichiara che la morte
di Serantini è «avvenuta in circostanze ancora tut­
te da chiarire, ma certamente in un contesto di gra­
vi atteggiamenti non certo idonei a tutelare l ’or­
dine pubblico».
Lotta continua parla subito di assassinio e de­
nuncia il tentativo di seppellimento. Una bandiera
rossa abbrunata è esposta nella sede di via Pa-
lestro.
L ’esame necroscopico si svolge alle 5 e mezzo
del pomeriggio, mentre nei seggi elettorali è in cor-
io 6 CORRADO STAJANO

so lo spoglio delle schede. I periti, che si riunisco­


no all’Istituto di medicina legale dell’università,
sono i professori Antonio Fornari di Pavia, Um­
berto Palagi di Pisa. Sellaroli ha accettato la costi­
tuzione di parte civile e ha ammesso come consu­
lenti tecnici di parte il professor Faustino Durante
e il dottor Marco Margnelli. Consulente dell’avvo­
catura di Stato di Firenze è il professor Marino
Bargagna.
A ll’esterno, il cadavere presenta una tumefazio­
ne sulla nuca con un’escoriazione al centro; un’ec-
chimosi sulla palpebra sinistra; escoriazioni sulla
regione fronto-parietale sinistra di 5 centimetri
per 5, circondata da alone ecchimotico; ecchimosi
sull’orecchio sinistro, escoriazioni sull’emitorace
destro, sulle scapole, sulle braccia; ematoma sul
dorso della mano destra; ecchimosi alle spalle,
sul sedere, alle gambe.
A ll’interno, i 55 «Rilievi fotografici eseguiti sul
cadavere e su preparati istologici di frammenti di
visceri prelevati nel corso dell’autopsia», sono lo
specchio del linciaggio:
«Area ecchimotica in corrispondenza dell’ango­
lo interno della regione palpebrale sinistra del ca­
davere.
Escoriazioni circondate da alone ecchimotico in
regione fronto-parietale sinistra del cadavere.
Aree escoriate con impronte punteggiate alla
regione laterale dell’emitorace destro del cadavere.
Minute escoriazioni diffuse con qualche striatu-
ra e leggera soffusione ecchimotica alla regione sca­
polare sinistra e a quella interscapolo-vertebrale
del cadavere.
Zone escoriate al 30 superiore del braccio destro
del cadavere.
IL SOVVERSIVO IO 7

Due escoriazioni al 30 inferiore della faccia po­


steriore del braccio destro del cadavere.
Area escoriativa a configurazione semilunare sul
lato ulnare del terzo medio della faccia posteriore
dell’avambraccio destro del cadavere.
Chiazza ecchimotica, appena sfumata, alla faccia
postero laterale del braccio sinistro del cadavere.
La faccia profonda del cuoio capelluto parieto-
frontale del cadavere. Evidenti stravasi ematici.
Vistoso ematoma in regione occipitale; infiltra­
zione emorragica della parte posteriore della sutu­
ra sagittale e infiltrazione della sutura lamboidea
e una sottile linea di frattura sul parietale destro
del cadavere.
Voluminosa raccolta ematica extradurale in re­
gione occipitale.
Diffusa soffusione emorragica sottopiale sulla
convessità degli emisferi cerebrali, prevalentemen­
te sulle due regioni parietali.
Zona di infiltrazione ematica parenchimale a li­
vello di lobulo parietale superiore destro.
Focolaio di infiltrazione ematica sulla faccia in­
feriore, estremo mediale dell’emisfero cerebellare
destro del cadavere.
Sottile linea di frattura della porzione esterna
della volta dell’orbita sinistra, con infiltrazione
della parte anteriore.
Focolai emorragici circoscritti alla faccia poste­
riore del cuore.
Notevole stravaso ematico sia a livello del sotto-
cutaneo che fra le masse muscolari alla superficie
dorsale destra del cadavere.
Stravaso ematico rotondeggiante alla regione
dorsale sinistra, sulla proiezione della 7a costa, sulla
para vertebrale.
io8 CORRADO STAJANO

Incisione dei tessuti cutaneo-muscolo-fasciali


del braccio sinistro del cadavere.
Infiltrazione ematica superficiale al 30 superiore
del braccio destro del cadavere.
Incisione delle parti molli del 30 superiore late­
rale della gamba sinistra: edema del sottocutaneo
con infiltrazione ematica a livello della abrasione
esterna.
Encefalo: focolai ecchimotici confluenti.
Cuore: emorragia epicardica.
Polmone: campo di infiltrazione emorragica.
Muscolatura scheletrica: focolai ecchimotici in­
terstiziali».

L ’avvocato Sorbi, che per undici anni è stato


giudice istruttore a Cagliari e a Bologna ed ha pre­
so parte, per i doveri del suo ufficio, a numerose
perizie, esce sconvolto dall’obitorio. « È stato un
trauma assistere all’autopsia, veder sezionare quel
ragazzo che conoscevo. Un corpo massacrato, al to­
race, alle spalle, al capo, alle braccia. Tutto imbe­
vuto di sangue. Non c’era neppure una piccola su­
perficie in toccata. Ho passato una lunga notte di
incubi».
X III.

Sulla bara è stesa la bandiera anarchica, rossa e


nera. I compagni la portano sulle spalle, sembra
che l ’accarezzino con la guancia. Le migliaia di
bandiere del corteo, rosse, rosse e nere, nere con la
« A » rossa, formano come una gigantesca rastrel­
liera di lance, le facce sono minacciose, il dolore si
mescola alla rabbia.
Il funerale di Franco Serantini, martedì 9 mag­
gio 19 7 2 : un misto di sfacelo e di orgoglio, di ten­
sione e di consapevolezza che ancora una volta è fi­
nita, per uno, forse per tutti. Ci sono i ragazzi delle
manifestazioni, delle marce, dei sit-in, della prote­
sta, coi giubbotti, i maglioni, i blue-jeans, le barbe,
i berretti cinesi, ci sono gli anarchici di tutta la To­
scana, alcuni, i piu anziani, con i cravattoni neri, ci
sono il sindaco, i deputati della sinistra, i sindacali­
sti, i comunisti, i socialisti, i giovani repubblicani.
Una ragazza assorta, che cammina proprio da­
vanti alla bara, tiene con le due mani un mazzo di
gladioli rossi. I netturbini reggono la loro corona,
un’altra corona la portano i ragazzi del riformato-
rio. La corona della giunta comunale è di calle
bianche, tenuta alta dai vigili urbani. I detenuti del
Don Bosco hanno inviato delle margherite, dalla
massa di teste spuntano cuscini di viole, di rose, di
garofani.
IIO CORRADO STAJANO

Quelli di Lotta continua sono venuti da piazza


San Silvestro marciando in migliaia attraverso
mezza città, con bandiere tutte uguali, dall’asta di
legno chiaro, in corteo dietro un enorme striscione
rosso, teso a pochi centimetri da terra: Franco ri­
voluzionario anarchico a $ $ a R i n a t o dalla « g i u ­
s t iz ia » BO R G H ESE.
Il funerale si muove dall’obitorio davanti al­
l ’Orto botanico in via Roma. Serantini è rimasto
per molte ore nudo, il suo vestito era stato seque­
strato per la perizia e lui non ne possedeva un al­
tro. Poi è arrivato un compagno con una giacca, un
paio di pantaloni e una rosa rossa da mettergli sul
petto.
La città è partecipe, dolente, il popolo porta fio­
ri, le donne sostituiscono la madre ignota e piango­
no il figlio di nessuno. Il corteo, che svolta nel
Campo dei Miracoli è di una cupa suggestione. Il
rosso e il nero delle bandiere e le migliaia di pugni
levati verso il sole pomeridiano fanno sembrare an­
cora piu candido e immoto il marmo della Catte­
drale, della torre, del battistero e piu morbido il
verde del prato. C ’è un’atmosfera di attesa solen­
ne, c’è un gran silenzio, rotto dal rullare dei passi.
«No, non erano funerali regali, erano funerali
popolari. Nulla in essi era ordinato, tutto avveni­
va spontaneamente, in modo improvvisato. Erano
funerali anarchici, ecco la loro maestà. Talvolta
bizzarri, essi restano pur sempre grandiosi, di una
grandiosità strana e lugubre» (Barcellona, novem­
bre 19 36 , i funerali di Buenaventura Durruti, di
H. E. Kam inski)1.

1 h. e . k a m in s k i , Quelli di Barcellona, I l Saggiatore, Milano


1966.
IL SOVVERSIVO III

«Quando è uscita la bara molti hanno salutato


col pugno chiuso. In via Paravia la polizia, in bor­
ghese, ha fatto sciogliere il corteo; ma alcuni grup­
pi di persone sono andati in macchina fino a Mu-
socco. In piedi davanti alla fossa n. 434 del campo
76, i compagni del morto hanno cantato l ’Interna­
zionale e Addio Lugano bella. È difficile da raccon­
tare. Faceva sempre più freddo. Venendo via con
Franco Fortini, Vittorio Sereni e altri amici, abbia­
mo visto il gruppo dei poliziotti che s’era fermato
in un altro viale, al di là di una fila di tombe, e
aspettava chissà cosa. Mi è parso, cosi da lontano,
che fossero tutti vestiti di nero» (Milano, dicem­
bre 1969, i funerali di Giuseppe Pinelli, di G io­
vanni Raboni)1.
Le saracinesche dei negozi sono abbassate, molti
portoni sono chiusi, la polizia e i carabinieri sono
nascosti in dodici autocarri fermi verso la Madon­
na dell’Acqua e in quarantadue autocarri sulla stra­
da di San Rossore. Seguono i funerali da vicino so­
lo agenti e funzionari in borghese su macchine ci­
vili.
G li abitanti del Cep sono venuti quasi tutti. So­
no venuti anche i compagni di scuola e i loro geni­
tori più poveri. I professori sono invece presenti in
pochi, c’è il professor Figus, la professoressa Mon­
tella, qualcun altro.
C ’è Renzo Vanni, Luciano Della Mea, ci sono i
Caleca, i Podio-Guidugli, i Prampolini. C ’è Soria­
no Ceccanti sul suo carrozzino da invalido spinto
da due ragazze, c’è Sauro che non si vuole stacca­
re dalla bara e Valeria che da quel giorno sarà anar­
chica anche lei.

1 aa. w ., Le bombe di Milano, Guanda, Parma 1970.


112 CORRADO STAJANO

Marciano nel corteo migliaia e migliaia di perso­


ne. Tra loro anche quelli che Franco salutava ogni
giorno, su e giù per il corso Italia e il Borgo Stret­
to e che ora si sono ricordati di quel ragazzo col
motorino blu.
Pianto da un’intera città come un eroe caduto, il
funerale è l ’unico dono che abbia avuto dagli uo­
mini: quella di Serantini è anche la storia di un
giovane che solo nella disperata morte realizza la
sua personalità.
Il corteo imbocca la via Pietrasantina che condu­
ce diritto al cimitero suburbano. Una strada che
Franco conosceva bene, il bar Vezio, la lavanderia,
la trattoria Buzzino, il passaggio a livello, il cimite­
ro di macchine, il cimitero vero.
Davanti al camposanto, un vecchio anarchico,
Cafiero Cinti, dice poche parole commosse. È un
ferroviere in pensione, ardito del popolo nel ’z i ,
licenziato dai fascisti nel '24. Si rivolge a Seranti­
ni con semplicità, come se ci fosse: «Franco, siamo
qui. Ti siamo sempre stati vicini, la tua lotta è stata
la nostra lotta». Poi intona l ’Internazionale e tutti
levano il pugno.
Vicino alla fossa parlano un militante di Lotta
continua e un anarchico del Gruppo Durruti di F i­
renze. La folla, poi, se ne va per i viali. G li anarchi­
ci cantano piano una loro canzone: «Figli dell’offi­
cina o figli della terra già l ’ora s’avvicina della più
giusta guerra...»
XIV.

La povera vicenda di Franco Serantini diventa


Storia. Di una città, di un paese lacerato, costruita,
vincendo ogni possibile tentazione romanzesca,
sui documenti, sulle testimonianze dei protagoni­
sti, su un coro di voci, dove anche i particolari più
minuti sono veri, verificati. Il figlio di nessuno col­
pito a morte in una strada di Pisa scatena una serie
di reazioni nei palazzi dello stato. Può sembrare
ipocrita e vano protestare contro la violenza delle
istituzioni esercitata ai danni di coloro che ne tur­
bano l ’ordine pubblico? Non basta sapere che lo
stato è lo strumento dell’egemonia di una classe
sull’altra?
Ha scritto Jacques M. Vergès: «La giustizia è
uno dei tanti nomi che assume la necessità. Non si­
gnifica giustificare la violenza — a chi importa? -
constatare che è regina. Né significa giustificarla
cercar di sapere a favore di chi, da chi e contro chi
sia esercitata.
Un corpo di spedizione, ad esempio, isolato in
mezzo a una popolazione ostile, fatto oggetto d ’im­
boscate e di attentati, può forse condurre una guer­
ra classica, conforme alle convenzioni di Ginevra?
Non è necessariamente costretto a far uso della tor­
tura e a massacrare g l’indigeni? a violare i diritti
dell’uomo, cioè le regole del diritto comune? Rico-
114 CORRADO STAJANO

noscere tale evidenza non vuol dire approvare si­


mili azioni, ma trovare la radice del male allo sco­
po di proporre il solo rimedio che possa mettervi
fine: la vittoria del popolo assalito e la sconfitta del
corpo di spedizione»
L ’obbiettivo può essere proprio quello di capi­
re meglio i meccanismi del potere affinché la vitto­
ria del popolo assalito e la sconfitta del corpo di
spedizione siano piu rapide e meglio motivate.
La narrazione sul caso Serantini, che è partita
dalla vita elementare di un ragazzo sardo e ha ten­
tato di rappresentare la sua crescita di coscienza,
insieme col nascere e il costruirsi di una cultura po­
polare, si amplia, esce dalle mura di Pisa, tocca i
principi, va al di là della semplice lotta di classe,
coinvolge i conflitti fra persona umana e istituzio­
ni, pone degli interrogativi di responsabilità più
generale - chi ha dato gli ordini, chi ha voluto esa­
sperare la situazione, in che modo i poliziotti ven­
gono educati alla violenza, quali sono le loro respon­
sabilità individuali morali e giuridiche, quando ub­
bidiscono a ordini incivili e ingiusti —e investe per­
sonaggi che non avrebbero mai prestato attenzio­
ne a un’esistenza così trascurabile come quella di
Serantini, procuratori della repubblica, sostituti
procuratori generali, procuratori generali, capi del­
la polizia, generali dei carabinieri, ministri, presi­
denti del consiglio.
Le ragioni dogmatiche del potere creano subito
omertà, reticenze, difese, intrichi di procedura.
Provocano anche contraddizioni, fanno nascere in­
crinature, smagliature, conflitti dialettici all’inter-1

1 J a cq u es m . v er g ès, Strategia del processo politico, Einaudi,


T o rino 1969.
I L S O V V E R S IV O 11^
no del sistema, problemi morali, crisi di coscienza
nei «servitori della legge».

Verbale d’interrogatorio di Pironomonte dottor


Giuseppe, commissario di p s , davanti al sostituto
procuratore della repubblica Giovanni Sellaroli:
A domanda risponde: «In occasione dei tumul­
ti verificatisi la sera del 5 maggio scorso, ero di ser­
vizio in Borgo Stretto. Ad un certo punto, erano le
ore 19 ,30 precise, giunse l ’ordine di portarci in
piazza Garibaldi, attendere gli automezzi del re­
parto celere e sgomberare quindi le due barricate
poste una sul Lungarno Gambacorti e l ’altra sul
Lungarno Pacinotti. Nel corso di dette operazioni
alle quali prendemmo parte io, il dr. Alonzi e circa
10 0 uomini del reparto Celere di Roma, riuscim­
mo a sfondare la barricata eretta sul Lungarno
Gambacorti. Dietro di detta barricata si trovavano
circa duecento dimostranti che, sino a quel mo­
mento, avevano lanciato contro le Forze di Polizia
sassi, biglie, bottiglie incendiarie, palline di piom­
bo con chiodi e altri corpi contundenti. Al contatto
con le Forze dell’Ordine che si avvicinarono a si­
rene spiegate, tutti i dimostranti scapparono, tran­
ne uno, poi identificato per il Serantini, che rimase
fermo sul marciapiede sinistro mostrando evidenti
segni di acrimonia e pertinacia. Ovviamente, aven­
do assunto quell’atteggiamento, fu raggiunto da al­
cune guardie e, nel contesto, lanciò contro le stesse
la parola "P o rci” che percepii distintamente e, mi
pare, anche l ’altra "Fascisti” . Le guardie gli furono
addosso e probabilmente lo colpirono con i manga­
nelli».
a.d.r. «H o detto "probabilmente” in quanto il
trambusto e la confusione del momento erano tali
1 16 CORRADO STAJANO

per cui i fatti si susseguirono con tale rapidità da


non lasciare il tempo per una loro distinta e netta
percezione. Fu in quel momento che io intervenni,
presi il Serantini per un braccio sottraendolo cosi
agli agenti. Lo caricai sulla jeep e, dopo aver sfon­
dato l ’altra barricata mentre il Serantini si trovava
sempre sulla mia jeep, provvidi a consegnare il pre­
detto Serantini agli uomini addetti al furgone che
provvedeva a trasportare i fermati in caserma».
a.d.r. «Quando fermai il Serantini non ebbi pos­
sibilità di scorgere su di lui segni lesivi. Ma non
posso essere sicuro sull’assenza di questi date le
circostanze ».
a.d.r. «Conseguentemente non vidi il Serantini
lanciare oggetti sulle Forze dell’Ordine e neppure
notai che lo stesso opponesse resistenza alle guar­
die che, come ho detto, si avvicinarono a lui dopo
che egli si era fermato, del tutto inspiegabilmen­
te».
a.d.r. «Nel verbale di arresto del Serantini si fa
menzione dei soli reati di manifestazione sediziosa
ed oltraggio in quanto, come ho detto, non dispo­
nevo di elementi per attribuirgli la flagranza del
reato di resistenza».
a.d.r. «Le guardie di P S che furono addosso al
Serantini nelle circostanze sopra specificate, erano
quattro-cinque e non piu. Si trattava di guardie del
reparto Celere di Roma composto da circa cento
uomini».
a.d.r. «Non sono assolutamente in grado di for­
nire il benché minimo ragguaglio per la identifica­
zione delle predette guardie. Infatti le stesse non
solo appartenevano a un reparto diverso dal no­
stro, ma erano equipaggiate in maniera tale, con
casco, visiera protettiva e fazzoletto antigas, per
IL SOVVERSIVO 117

cui riusciva addirittura difficile scorgere il volto e


conseguentemente fissarne i lineamenti ».
a.d.r. « A ll’atto dell’arresto del Serantini, il dr.
Alonzi rimase nei pressi della barricata, cioè al di
qua di essa e, conseguentemente penso che egli
non abbia avuto la possibilità di notare le circo­
stanze in cui avvenne il fermo del predetto Seran­
tini».
a.d.r. «A l di fuori di me, in quel momento e in
quel luogo non vi erano altri funzionari di poli­
zia».

Nel maggio 19 7 2 , il commissario di p s Giusep­


pe Pironomonte, che ha cercato, con l ’arresto, di
sottrarre Serantini alla furia degli agenti, dà le
dimissioni dalla polizia. Nato nel 1944, romano,
laureato in legge con una tesi sull’obiezione di co­
scienza, vicino alle idee del partito repubblicano,
dopo la morte del giovane anarchico subisce una
profonda crisi, capisce che quello del poliziotto,
cosi come viene fatto in Italia, non è il mestiere
adatto per lui, capisce che è difficile tentare di mu­
tare il sistema dall’interno e abbandona la p s dove
è funzionario dal settembre 1 9 7 1 . Si cerca un altro
lavoro, lo trova al ministero del tesoro, impiegato
di gruppo B in un ufficio delle pensioni di guerra.
«Sono qui in una stanzetta e tiro a campare».
Acconsente a parlare in un albergo di Roma. Poi
lascia un messaggio, dice che non verrà. Ritrovato
al telefono, risponde a qualche domanda, con diffi­
coltà. Confessa che ha passato momenti tremendi,
che «ha chiuso il libro, che non vuole né discutere
né parlare». Dice soltanto: «Quella sera portavo
una camicia di flanella, una giacca marrone pied de
poule, l ’elmetto. Le jeep e i gipponi della colonna
118 CORRADO STAJANO

erano quindici. Il primo gippone abbatté la barrica­


ta, io ero sulla seconda macchina: seduti davanti a
me c’erano un ufficiale e il vicequestore, comandan­
te effettivo della situazione. Quando il gippone
sfondò, abbiamo oltrepassato anche noi la barrica­
ta, per non fare la fine dei topi, visto che tutt’attor-
no cadevano bottiglie molotov. Quel ragazzo che
prendeva manganellate... la mia dirittura morale...
Non riesco a spiegarmi come mai non è scappato.
L ’uomo picchiato da noi, da loro, anzi, da loro, è
salito davanti. No, non ho avuto il tempo di par­
largli.
Non siamo rientrati subito in caserma. Imboc­
cata col gippone la passerella sull’Arno, siamo arri­
vati alle spalle di una barricata, dieci secondi per
abbatterla e io, chissà perché, ho versato la benzina
di una tanica nel fiume. Il ragazzo è stato poi fatto
scendere in piazza Garibaldi.
Quattro giorni dopo ero di servizio ai funerali.
Un’esperienza impressionante, che fa maturare.
No, non ho subito pressioni, non sono il tipo che le
subisce, che se le fa fare. In casa conservo alcune
cose».
«Che cosa? »
«Una fotografia di Serantini, per esempio».
XV.

Le indagini giudiziarie in corso sono due. La


prima, per gli incidenti di venerdì, contro quattro
studenti greci, Evangelo Tsolinas, Alessandro Ka-
poolos, Giovanni Gramenidis, Othon Megalofon e
altri, fra cui il morto Serantini, accusati di raduna­
ta sediziosa, oltraggio, resistenza aggravata; la se­
conda contro ignoti per la morte di Franco Seran­
tini.
La prima istruttoria viene avocata subito dal
procuratore generale presso la corte d’appello di
Firenze Mario Calamari, la seconda sta per avere la
stessa sorte. Le due inchieste sono nelle mani di
Giovanni Sellaroli, il sostituto procuratore della
repubblica che interrogò in carcere Serantini dolo­
rante e che sta vivendo anche lui il suo dramma.
L ’opinione pubblica democratica lo accusa infatti
di non aver capito le condizioni del giovane anar­
chico che durante l ’interrogatorio non riusciva
neppure a tenere la testa ritta. Lo accusa di non
aver sospeso l ’interrogatorio, di non avere ordina­
to un’ispezione, di non essersi preoccupato che la
visita medica fosse fatta subito, non quattro ore
dopo. Quando è benevola, lo accusa di carenza di
comportamento umano e di aver trattato il caso
Serantini come un normale caso di routine. I gior­
nali lo attaccano. A metà maggio, su «Rinascita»,
120 CORRADO STAJANO

esce un articolo di Umberto Terracini. È intitolato


Un assassinio firmato.

«Questa volta, diciamolo, il nostro animo insor­


ge inorridito e la coscienza invoca a gran voce se­
vere pronte sanzioni non soltanto perché dinanzi a
noi c’è un altro morto ammazzato dalla polizia che
segna di sanguigno l ’aspro cammino che il popolo
italiano batte e ribatte per la difesa delle proprie
libertà contro l ’ignavia colpevole dei governanti e
la criminalità di ritorno della ribalderia fascista,
ma anche per il modo crudelissimo dell’ammazza-
mento e per la rivelazione ch’esso ci ha fatto del
grado estremo di avvilimento a cui il regime ha
portato, tra intrighi tenebrosi di complici omertà,
il potere statuale della Repubblica.
Perché a Pisa, a perpetrare l ’orribile assassinio
di Franco Serantini, lavoratore studente, e a ten­
tare di mandarlo impunito, si sono indubbiamente
dati voce e mano, non senza un qualche ammicca­
mento da Roma, tutte le componenti del suo pode­
roso apparato repressivo: polizia, magistratura e
galera. I poliziotti hanno infatti massacrato a maz­
zate il giovane sventurato; i carcerieri, in complici­
tà con i vari funzionari della prigione, lo hanno ab­
bandonato senza cure nella sua straziante agonia; e
infine un giudice ha creduto di gettare sull’atroce
dramma la gelida coltre burocratica della sua ver­
balizzata indifferenza, fingendo di non accorgersi
che interrogava un morente raccogliendone la de­
posizione solo più ad memoriam.
Oggi che, sotto il soffio tempestoso dell’accusa
di massa, la coltre è stata strappata via discopren­
do le inerti spoglie martoriate dell’ucciso affinché
la giustizia avesse corso, le indagini per l ’identifica­
IL SOVVERSIVO 12 1

zione dei responsabili dall’uno all’altro capo della


vicenda esecranda e nel diverso grado della loro
colpevolezza, non offrono davvero difficoltà, poi­
ché larga e autentica, salvo che la si alteri o occul­
ti o distrugga come c’è da temere, è la documenta­
zione probatoria a disposizione. Infatti il regola­
mento carcerario, che è legge, prescrive che alla
consegna di un arrestato alla prigione si compili un
verbale nel quale siano riportate le generalità degli
agenti che la eseguono. E quelli che scaricarono al
tetro edificio di Don Bosco il corpo illividito e frat­
turato di Franco Serantini o lo avevano essi stessi
così sconciamente ridotto o sanno per dovere di uf­
ficio da chi l ’ebbero in consegna là dove a mazzate
era stato prostrato al suolo. Vuole poi il regola­
mento che gli agenti di custodia che ricevono l ’ar­
restato immediatamente lo perquisiscano, il che ne
comporta il denudamento, con l ’annotazione sul
registro matricola di tutti i segni rilevabili sulla
sua persona. E gli agenti di custodia di Pisa non
poterono non vedere e dovettero dunque annotare
le lancinanti stigmate sul corpo di Franco Seranti­
ni che ne attestavano il subito mortale martirio.
Infine il regolamento carcerario dispone che, non
oltre il giorno successivo all’entrata nel carcere,
l ’arrestato sia sottoposto alla visita del sanitario il
quale ne trascrive il risultato sul registro di infer­
meria. E al sanitario del carcere pisano, quand’an­
che Franco Serantini incredibilmente non ne aves­
se levato lamento angosciato, non poterono sfuggi­
re i segni impressionanti che ne sfiguravano le
membra.
Processo verbale di consegna, registro matrico­
la, registro di infermeria - a non parlare dell’igno­
bile foglio sul quale il sostituto procuratore vergò
122 CORRADO STAJANO

la deposizione dell’agonizzante - tutto è li per de­


nunciare i nomi dei colpevoli (agenti di polizia e di
custodia, medici e funzionari del carcere, magistra­
to inquirente) e i reati perpetrati, dall’omicidio al
concorso in omicidio, al favoreggiamento, al ten­
tativo di occultamento del cadavere, con raggra­
vante, ove nel verbale e nei registri, com’è presu­
mibile, si sia mentito e si sia taciuto il vero, di quel
falso ideologico che d’altronde in materia d’ordine
pubblico è purtroppo consuetudine inveterata e
impunita di molti degli appartenenti alle forze ar­
mate dello Stato.
Ma proprio perché questa immediatezza di ac­
certamento e di prova avrebbe portato rapidamen­
te al rinvio a giudizio e alla condanna dei colpevoli
- caso senza precedenti nella lunghissima squalli­
da sequela degli ammazzamenti per mano della po­
lizia che corre come un filo rosso continuo dai tem­
pi della monarchia a quelli del fascismo e agli at­
tuali repubblicani —proprio per questo si è riscos­
so e mosso da Firenze, per manomettere la proce­
dura pisana, il maggior personaggio di quella pro­
cura generale che tutta Italia conosce nel suo pre­
scelto ruolo di oppugnatore di ogni minore empito
democratico e popolare, sia pure costituzional­
mente protetto, talché guatando, per torcerlo a
persecuzione, ad ogni procedimento penale che
nella regione coinvolga lavoratori e studenti, egli
ha ridotto il suo altissimo seggio a postazione de­
filata per battaglie politiche di parte. A questa stre­
gua, la sua entrata in scena nel dramma intitolato
all’ammazzamento di Franco Serantini non può
non levare sospetto e timore per la causa della ve­
rità sollecitando quindi alla piu attenta e diffidente
IL SOVVERSIVO 123

sorveglianza su ogni mossa che egli vi andrà com­


piendo.
E tuttavia, nonostante la passione di giustizia o,
voglio anzi dire apertamente, di vendetta giuridi­
camente sanzionata che mi brucia dentro dinanzi
all’efferata uccisione di Franco Serantini, più che
alla condanna dei suoi assassini, correi e favoreg­
giatori, penso che l ’agghiacciante avvenimento del­
la vigilia elettorale pisana debba spingere il paese
a imporre la soluzione del non più prorogabile pro­
blema dell’introduzione in Italia di un più civile
metodo di governo attraverso la riforma radicale
dei corpi separati del potere politico, specie quelli
della giustizia, della polizia e delle carceri. La sesta
legislatura deve dunque affrontarlo senza ambigui­
tà e remore, immergendo il ferro rovente nel fian­
co canceroso di queste strutture le quali, nutrite
dalla dittatura con le sue linfe più tossiche, stanno
sempre maggiormente rodendo dall’interno le isti­
tuzioni democratiche con un processo di metastasi
del quale l ’orribile misfatto di Pisa è un sintomo
ammonitore. Si tratta di un discorso di lunga lena e
di un impegno d’azione difficile e grandioso. Ma
sottrarvicisi significherebbe assolvere gli uccisori
di Franco Serantini ed insieme contribuire a che
altre fosse si aprano nell’avvenire per altri che co­
me lui, serenamente percorrendo il sentiero della
vita, potranno trovare all’angolo la morte in aggua­
to sotto forma di un manganello che è, lo sappia­
mo, un’arma impropria, ma tuttavia, come i fatti
dimostrano, ottima per ammazzare»1.

1 II senatore Umberto Terracini, nel marzo 19 73, quasi un anno


dopo la pubblicazione dell’articolo su «Rinascita» (n. 20, 1972), è
stato incriminato dalla Procura della Repubblica di Roma «per vili­
pendio dell’ordine giudiziario e delle forze armate dello Stato». Il 13
124 CORRADO STAJANO

Sellaroli si difende, manda lettere ai giornali,


parla di giudizi ingenerosi e gratuiti, «frutto di
una lacunosa o erronea conoscenza dei fatti». Scri­
ve a «Rinascita» che Serantini «rispose lucida­
mente alle domande, sottoscrisse il verbale di in­
terrogatorio con una grafia nitida e sicura», dice
che il giovane «non presentava segni visibili di le­
sioni», che nel corso dell’interrogatorio accusava
forti dolori al capo e, per questo, due ore dopo fu
visitato nei locali dell’infcrmeria dal medico del
carcere. «Esiste agli atti del processo la copia sia
della suddetta visita sanitaria, sia della terapia pra­
ticata e prescritta dal medico».
La borsa di ghiaccio. Ma il sostituto procuratore
è imbarazzato, la parte gli pesa, passa le giornate a
ricostruire nella memoria ciò che accadde quel sa­
bato alle 12 ,3 0 nella piccola stanza del carcere.
Qualche amico lo difende incolpando la sfortuna.
La moglie e le figlie lo confortano. Napoletano,
pretore a Castelnuovo di Garfagnana, a Pisa dal
'57, il sostituto procuratore è considerato di idee
non reazionarie.

Testimonianza di Giovanni Sellaroli: «Dopo si


vede tutto nitidamente. Ma allora, che cosa potevo
fare? Io non ebbi la sensazione della gravità del
male. Avrà preso la solita manganellata, pensai.

febbraio 1974, il Senato ha negato l’autorizzazione a procedere, mal­


grado Terracini rifiutasse l ’immunità parlamentare. « La Giunta - ha
riferito il relatore, senatore democristiano Giuseppe Bettiol - pur ap­
prezzando i motivi, le finalità e il contenuto della richiesta del sena­
tore Terracini, non si è ritenuta vincolata ad accettarla in quanto
"siamo in un campo di critica politica che rappresenta, rispetto alla
libera manifestazione del pensiero, materia privilegiata garantita dal­
la Costituzione” ».
IL SOVVERSIVO 12 ^

Declinato il nome, ascoltata la contestazione delle


accuse, Serantini si buttò giu con la testa e conti­
nuò a rispondere in quella posizione. "S i alzi, mi
guardi in faccia” , gli dissi. "H o male, mi hanno
picchiato” , rispose. Era imputato di poco, un ol-
traggetto, sarebbe uscito subito di prigione. Dopo
avere ordinato di accompagnarlo dal medico, non
mi sono preoccupato di verificare se il mio ordine
era stato eseguito, ma come si fa? Nel pomeriggio
del sabato dovevo andare a Lucca per interrogare
in quel carcere femminile la Morelli Morena, arre­
stata il giorno prima; al momento di partire arrivò
un carabiniere con l ’ordine di avocazione del pro­
curatore generale. Malgrado l ’avocazione, conti­
nuai a occuparmi del caso. Domenica, saputa la no­
tizia della morte, disposi per la perizia, diedi ordi­
ne ai funzionari del carcere Don Bosco di traspor­
tare il cadavere all’Istituto di medicina legale. Non
avrebbero potuto seppellirlo di nascosto. Questa
autopsia, dissi subito, io la farei sul Ponte di Mez­
zo, in pubblico. Accettai la costituzione di parte
civile giuridicamente non ineccepibile. Era neces­
sario che gli avvocati e i consulenti di parte fossero
presenti. Il lunedi scarcerai tre greci, escluso il Me-
galofon, risultando evidente che erano stati arre­
stati per errore, poi interrogai il commissario Piro-
nomonte. Non riusciva a spiegarsi perché Serantini
non fosse scappato. Intervenne per liberarlo».

L ’avocazione del procuratore generale dell’i­


struttoria contro ignoti per la morte di Serantini
giunge soltanto venerdì 12 maggio. « Il fatto che il
procuratore generale Calamari, uomo di grande ret­
titudine e di chiara coscienza, abbia avocato a sé
l ’inchiesta giudiziaria è una sicura garanzia di giu­
126 CORRADO STAJANO

stizia», commenta Domenico Bartoli sulla «Nazio­


ne».
Che cosa avrebbe potuto fare, Sellaroli, nei gior­
ni in cui ha avuto possibilità e libertà giuridica di
agire? Interrogare gli altri testimoni, chiedere subi­
to la formalizzazione del processo. La procura ge­
nerale sarebbe stata cosi tagliata fuori dall’indagi­
ne, perché, formalizzata l ’istruttoria, l ’avocazione
non è piu consentita.
Non sono reati lievi, quelli che hanno causato
la morte di Serantini: omicidio volontario aggra­
vato, omicidio colposo, omissione di soccorso.
X V I.

Calamari è un personaggio da vetrata medieva­


le. La sua visione della giustizia è teocratica, il suo
pulpito è perennemente infuocato, il suo dito è pe­
rennemente puntato contro la sovversione nazio­
nale, la sua immagine del mondo è di un metafisico
pessimismo, gli uomini (saltellanti sudditi degli
scorci delle tavole trecentesche) sono da governare
con l ’assolutismo di un principe cattolico che li tu­
teli dal male. Fuori dalla storia, naturalmente, per­
ché la storia non esiste.
Il magistrato, assediato in una cittadella, com­
batte, nell’amarezza dell’incomprensione, contro
chi presume di poter giudicare l ’Autorità. L ’idea­
le sarebbe forse un dogma di Stato inserito nella
Costituzione della Repubblica sull’infallibilità dei
Procuratori Generali.
Il vilipendio delle istituzioni, delle forze arma­
te, della religione è il drago del p g . In una società
ritenuta in dissoluzione, dove i sani valori della
tradizione sono memoria di un tempo perduto, re­
sta solo il magistrato, col suo braccio secolare, la
polizia, a respingere gli assalti dell’eversione e del­
la violenza, a mantenere l ’ordine rotto da chi vuole
riformare lo stato, ancorare alla vita le leggi e la
loro interpretazione.
128 CORRADO STAJANO

La politica che si pone i problemi del progresso


democratico è la grande nemica del Procuratore
Generale il quale ritiene di essere in un limbo su­
periore e neutrale dove la politica non entra. La sua
ideologia è di conseguenza la costante misura di
giudizio di chi rifiuta la «politica corruttrice» e
opera invece per la Politica della conservazione an­
che delle più arcaiche strutture dello Stato. L ’e­
stensione dei poteri del p m , la possibilità per i p g
di impugnare qualsiasi provvedimento giurisdizio­
nale, sono auspicati come rimedi per abbattere la
cortina sovversiva. Le armi da usare sono le più
aspre sanzioni penali —«M i domando se di fronte
a delitti così bestiali che gridano vendetta davanti
a Dio e agli uomini, sia proprio questo il momento
per abolire la pena dell’ergastolo» - gli ordini di
cattura, i no alla libertà provvisoria, i processi di­
rettissimi, la minimizzazione della Costituzione,
da adeguare possibilmente al codice fascista Roc­
co, l ’uso delle misure di sicurezza, nel rimpianto (o
nella speranza) del fermo di polizia, nell’irritazione
cocente per l ’entrata in vigore delle norme che
sottraggono alla polizia gli interrogatori degli im­
putati e dei fermati, perché il fattore sorpresa e la
rapidità delle indagini rappresentano un elemento
essenziale di successo: «N ell’emozione del mo­
mento, il prigioniero non ha il tempo di riordinare
le idee e di prepararsi un piano di difesa ed è più
facile ottenere la confessione o per lo meno qual­
che notizia importante». E soprattutto le avocazio­
ni dell’istruzione sommaria sottratte abitualmente
al procuratore della repubblica competente per
territorio: «Respingo l ’accusa irresponsabile, sol­
levata da qualche parte, che la Procura Generale
abbia esercitato il potere di avocazione... allo sco­
IL SOVVERSIVO 129
po di nascondere le altrui responsabilità e di insab­
biare la istruttoria».
Calamari ama le citazioni latine —« I Giurecon­
sulti del Medioevo dicevano: iudex debet esse non
iuris novator, sed religiosissimus observator » - cita
l ’Ecclesiaste (IV , 33): « È tremendamente attuale
l ’ammonimento biblico - Per la giustizia lotta con
tutte le tue forze; combatti fino alla morte per la
giustizia e Dio combatterà per te contro i tuoi ne­
mici».
Alle inaugurazioni dell’anno giudiziario è apo­
calittico: « Il periodo che attraversiamo è dei più
travagliati della storia: bagliori di guerra illumi­
nano sinistramente l ’orizzonte; crimini feroci, ne­
gazione di ogni senso di umanità, come stragi, di­
rottamenti di aerei, attentati dinamitardi, rapimen­
ti a scopo di estorsione, fanno temere un ritor­
no all’epoca della barbarie; in ogni parte della ter­
ra i popoli invocano disperatamente pace e giusti­
zia. Tutti abbiamo il dovere di soddisfare questa
aspirazione alla giustizia; anche noi che intervenia­
mo nel particolare momento in cui si esplica la
funzione giudiziaria. Ma perché questo avvenga
occorre che i cittadini abbiano fiducia nei giudici;
e ciò è quanto dire che i giudici devono apparire
degni di questa fiducia» '.
Sono la contestazione studentesca, la crescita
politica del sindacato, la nascita dei gruppi sponta­
nei, l ’autunno caldo a fare scattare la molla della
repressione. I giudici di Magistratura democrati­
ca, « Il Ponte», «Quale Giustizia» hanno docu-1

1 Relazione sull’Amministrazione della Giustizia in Toscana,


1972 e Antonio santoni ru g iu e m i l l y m o sta r d in i , I P. G., Lin­
guaggio politica educazione nei discorsi dei Procuratori generali,
Guaraldi, Rimini 1973.
130 CORRADO STAJANO

meritato l ’uso fatto in Toscana, in modo più viru­


lento che altrove, del codice del potere. N ell’affan­
noso tentativo di ricreare l ’ordine perduto e la pa­
ce sociale, nulla sfugge, nulla è senza importanza
per il Procuratore Generale: il volantino, la scrit­
ta murale, la dichiarazione di solidarietà.
Le circolari, le incriminazioni, gli appelli, i di­
scorsi pubblici, le avocazioni di Calamari incom­
bono. La scuola, la fabbrica, la chiesa, la famiglia,
la città, i giudici «disubbidienti», tutto è sotto
controllo. Il p g onnisciente si sostituisce ai padri,
ai professori, ai sindaci ritenuti permissivi. Nelle
sue requisitorie diventa il confratello del cardina­
le, del capufficio del personale, del preside. Il suo è
un occhio protettivo, di pungolo, di rampogna, di
condanna senz’appello. L ’Autorità va tutelata
ovunque. Durante la partita di calcio Marinese-
Uliveto (4-4), quando l ’arbitro Cucurna Elio vie­
ne aggredito e non vuole convalidare un goal. Du­
rante una seduta del Consiglio comunale di Ponte-
dera, quando uno del pubblico dice a un consiglie­
re la frase, «Servo di Johnson vai a letto» e il p g
procede per omissione di denuncia contro il sinda­
co Maccheroni.
1968. Il p g in v ia a i p r e fe t t i, a i r e tto r i d e lle u n i­
v e r s it à , a i c o m a n d a n ti d e i c a r a b in ie r i e a i q u e s to r i
u n a c ir c o la r e in c u i s p ie g a ch e g li im p ie g a ti a m m i­
n is t r a t iv i e s u b a lte r n i d e lle u n iv e r s it à d e v o n o a s­
s u m e re in p a r tic o la r i c irc o s ta n z e la q u a lific a d i u f ­
fic ia li o d i a g e n ti d i p o liz ia g iu d iz ia r ia e in q u e s ta
fu n z io n e d ip e n d o n o d a l p r o c u r a to r e g e n e r a le e
h a n n o l ’o b b lig o d i fa r e r a p p o r to d i o g n i r e a to d i
c u i v e n g a n o a c o n o sc e n z a .
1969. Il pg, a l l ’in a u g u ra z io n e d e l l ’a n n o g iu d i­
z ia r io , in v it a i g e n it o r i d e g li s tu d e n ti a d e n u n c ia re
IL SOVVERSIVO 131
anch’essi i reati di cui vengano a conoscenza nelle
scuole: « Il genitore, sia legittimo che naturale, è
tenuto a provvedere all’istruzione dei figli. Questo
dovere è soggetto al controllo del magistrato, il
quale può adottare le misure sanzionatone previ­
ste dalla legge nei confronti dei genitori che non
adempiono gli obblighi della patria potestà. Non
vi è dubbio che tra i doveri inerenti alla patria pote­
stà sia compreso quello di denunciare al magistra­
to i fatti costituenti reato che turbano il normale
svolgimento dell’attività scolastica e pregiudicare
l ’istruzione dei figli».
Il 29 dicembre 1969, il p g manda un’altra circo­
lare alle questure e ai carabinieri: «Soprattutto in
occasione della riapertura delle scuole, e cioè dal 7
gennaio 19 7 0 in poi, due agenti di polizia giudizia­
ria provvedano a controllare tutti gli stampati che
vengono distribuiti dinanzi agli edifici scolastici,
procedendo al sequestro dei medesimi ove questi
non contengano tutte le indicazioni prescritte dalla
legge cosi come sono state enunciate. Raccomando
pertanto la piu completa collaborazione per l’eli­
minazione delle anzidette situazioni giuridiche,
fonte spesso di situazioni incresciose e pericolose
per l ’ordine pubblico e resto in attesa di un giorna­
liero rapporto in proposito».
19 7 0 , autunno. Una commissione del Consiglio
superiore della Magistratura considera la possibili­
tà di un procedimento disciplinare nei confronti
del p g . La circolare sui volantini nelle scuole e
un’altra circolare inviata ai vigili urbani toscani, da
firmare per «presa visione», in cui si minaccia di
incriminare chi aderirà a uno sciopero già procla­
mato (seguirà l ’incriminazione di 228 vigili) sono i
casi in esame. Ma il Consiglio superiore della Ma­
I 32 CORRADO STAJANO

gistratura ( n voti contrari contro io ) respinge la


proposta di trasferimento, «per incompatibilità
ambientale», di Calamari.
La grandinata delle incriminazioni continua. Le
perquisizioni, gli arresti, i processi, gli appelli con­
tro le sentenze dei pretori e dei tribunali, spesso
miti, contrarie al p g e alla sua ideologia, non si con­
tano. Azioni penali vengono aperte contro gli ope­
rai della Piaggio, della Saint-Gobain e delle fab­
briche piccole e grandi di tutta la Toscana, contro
gli studenti, i sindacalisti, i professori universitari,
i sacerdoti e la Comunità dell’Isolotto, i minatori
dell’Amiata e le loro mogli, i politici della sinistra
parlamentare ed extraparlamentare. I reati conte­
stati sono l ’oltraggio a pubblico ufficiale, la resi­
stenza, il blocco stradale, lo sciopero, le occupazio­
ni di scuole e di edifici pubblici, gli impedimenti al­
la produzione, le riunioni e i cortei non autorizza­
ti, i reati di opinione come il vilipendio, la diffu­
sione di notizie false e tendenziose atte a turbare
l ’ordine pubblico, l ’istigazione alla disobbedienza
e all’odio fra le classi sociali.
È il tentativo di restaurare un ordine che è stato
stravolto solo perché la società è mutata radical­
mente e le leggi non corrispondono piu alle idee e
ai comportamenti dell’uomo. Se il parlamento non
approva nuove leggi, sostiene il p g , è un inaccetta­
bile abuso commesso dal magistrato sostituire il le­
gislatore con un tipo di interpretazione evolutiva
delle norme. «Rendere giustizia è compito che
ogni giorno diviene piu arduo, in una Società in
rapidissima evoluzione come l ’attuale, caratteriz­
zata dallo scatenarsi di forze molto attive, portatri­
ci di particolari concezioni politiche, morali, socia­
li, economiche spesso diverse da quelle che stanno
IL SOVVERSIVO 133
alla base delle norme dell’ordinamento giuridico. In
uno Stato di diritto efficiente, basato sui principi di
una sana democrazia, tali forze si indirizzerebbero
unicamente agli organi del potere legislativo e fa­
rebbero leva su questi per ottenere che i propri po­
stulati si traducessero in norme vincolanti; non si
rivolgerebbero ai giudici non potendo avanzare
pretese nei confronti di chi ha la funzione di fare
osservare, e non innovare, le leggi; ma siccome non
sono ancora riuscite a prevalere in Parlamento e a
realizzare i propri fini, hanno fatto massa d’urto
contro la Magistratura, nel tentativo di trovarvi un
locus minoris resistentiae e quindi di provocare,
mediante le decisioni dei giudici, risultati più ade­
renti ai loro programmi»
I magistrati democratici rappresentano una spi­
na nel cuore del Procuratore Generale. Sono giu­
dici che credono nello stato di diritto, si ispirano
all’articolo 1 0 1 della costituzione («La giustizia è
amministrata in nome del popolo. I giudici sono
soggetti soltanto alla legge»), credono nell’indi­
pendenza della magistratura e della giustizia: «V a­
lori in cui crediamo, in cui vogliamo fermamente
credere e per i quali ci battiamo da sempre. Quan­
to più ci crediamo, tanto più siamo allarmati dalla
politica giudiziaria della Procura Generale di F i­
renze, la quale colpisce l ’indipendenza della giusti­
zia in una misura sempre crescente e sempre più
grave. Questa politica rischia di travolgere tutto il
credito civile, tutto il valore costituzionale che l ’in­
dipendenza della giustizia deve avere, perché tale
indipendenza non tollera trattamenti speciali per1

1 Relazione sull’Amministrazione della Giustizia in Toscana,


1972 cit.

6
134 CORRADO STAJANO

determinati processi politici. La nostra paura è che


questa politica giudiziaria provochi una vasta rea­
zione di opinione pubblica e di forze politiche con­
tro il principio stesso dell’indipendenza della giu­
stizia: reazione che scambia l ’indipendenza con
l ’uso che ne fa la Procura Generale di Firenze e di­
ce che, se l ’indipendenza della giustizia deve servi­
re a questa politica giudiziaria, dandole una coper­
tura costituzionale, meglio riportare la giustizia
sotto il controllo di altri poteri che, almeno, ne ri­
spondono istituzionalmente sullo stretto piano po­
litico. È una reazione istintiva e parziale, ma esiste.
È dunque anche e soprattutto per questa ragione
che è necessario togliere gli strumenti legali di cui
si è parlato a chi ne fa un governo tale da mettere
a repentaglio il valore costituzionale dell’indipen­
denza della giustizia» '.
Il Procuratore Generale usa un altro inconcilia­
bile linguaggio: «Noi magistrati, eredi di un pre­
stigio inestimabile tramandatoci dalle passate ge­
nerazioni, abbiamo combattuto costantemente per
consegnarlo intatto ai nostri successori, spinti da
un fuoco interiore che ci ha portato ad affrontare
imperterriti ogni sorta di pericoli quando servire la
verità e la giustizia poteva significare anche mette­
re a repentaglio la vita. Ma ora il fiore del male è
sbocciato sul nostro campo, dove alcuni, scarsi di
numero, ma estremamente combattivi, hanno di­
sorientato la pubblica opinione per avere abban­
donato quella veste di riserbo e di rigorosa impar­
zialità che rappresentava il connotato tipico della
figura tradizionale del buon giudice» \ 12
1 m arco r a m a t , in « I l Ponte», 1970, nn. 8-9.
2 Relazione sull’Amministrazione della Giustizia in Toscana,
1972 cit.
IL SOVVERSIVO 135
E ancora: «Siamo in un campo militare, siamo
dove dei soldati si apprestano a prestare servizio
per l ’onore del loro Paese che è lontano, eppure an­
che noi che militiamo nel campo giudiziario ci tro­
viamo, oggi, come dei militari in trincea. Oggi la
guerra si combatte nelle aule giudiziarie, ed è guer­
ra asperrima perché ci troviamo a dover affronta­
re le armi sempre piu raffinate di una delinquenza
che sta montando, di un disordine che si moltipli­
ca, e ci troviamo a doverlo affrontare spesso non
sempre con unità d’intenti e talvolta anche doven­
doci guardare alle spalle da quelli che dovrebbero
essere i nostri collaboratori» \1

1 Da un discorso di Mario Calamari a Camp Darby, base militare


Usa, in «Quale Giustizia», 19 73, nn. 21-22.
X V II.

Paolo Funaioli, nato a Siena nel 19 3 0 , entra in


magistratura nel 19 5 7 e diventa giudice del tribu­
nale di Pisa nel 1968, dopo aver fatto il pretore a
Firenze, a Prato, a San Miniato. La sua è una fami­
glia di tradizioni giuridiche, suo padre, Giovan
Battista, era ordinario di diritto civile e preside
della facoltà di giurisprudenza dell’università di
Pisa; un cugino del padre, Carlo Alberto Funaioli,
era professore di diritto privato e rettore dell’uni­
versità di Firenze.
Magistrato democratico e civile, Paolo Funaioli
è stimato per le sue qualità di giurista e per i suoi
scrupoli di uomo. Anche quando il dissidio con la
procura generale sarà più aspro, Calamari dichia­
rerà di apprezzarne « l’intelligenza e la profondità
della dottrina».
Il p g aveva cominciato a trasecolare fin dal ’6 8,
ai tempi dei fatti della stazione e del processo Car­
p i-D e Donato: Funaioli è infatti l ’estensore della
sentenza nel primo caso e fa parte del collegio giu­
dicante nel secondo. Uno della sua covata, figlio di
un chiarissimo professore, parente di un Magnifico
rettore di «dignità incomparabile», che tradiva in
quel modo il dovere di casta e la sacralità della giu­
stizia?
Ma un magistrato come Calamari poteva porsi,
IL SOVVERSIVO 137
in un momento di duro scontro sociale, il proble­
ma delle lacerazioni all’interno della borghesia, po­
teva piacergli la favola di Andersen, dove solo il
bambino si accorge che l ’imperatore è nudo, men­
tre tutti, impauriti e complici continuano a vedere
il suo splendente vestito, o la poesia di Lee Ma-
sters che Licia Pinelli ha voluto come epigrafe sul­
la tomba del marito?
Cari Hamblin: «La macchina del Clarion di
Spoon River venne distrutta e io incatramato e im­
piumato, per aver pubblicato questo, il giorno che
gli Anarchici furono impiccati a Chicago: Io vidi
una donna bellissima, con gli occhi bendati ritta
sui gradini di un tempio marmoreo. Una gran folla
le passava dinanzi, alzando al suo volto il volto im­
plorante. Nella sinistra impugnava una spada.
Brandiva questa spada, colpendo ora un bimbo,
ora un operaio, ora una donna che tentava ritrarsi,
ora un folle. Nella destra teneva una bilancia; nella
bilancia venivano gettate monete d’oro da coloro
che schivavano i colpi di spada. Un uomo in toga
nera lesse da un manoscritto: "Non guarda in fac­
cia a nessuno” . Poi un giovane col berretto rosso
balzò al suo fianco e le strappò la benda. Ed ecco,
le ciglia eran tutte corrose sulle palpebre marce; le
pupille bruciate in un muco latteo; la follia di un’a­
nima morente le era scritta sul volto. Ma la folla
vide perché portava la benda» '.
Roba da vilipendio, letterario naturalmente.

Alla fine di maggio, il processo per la morte di


Franco Serantini e il processo in cui Serantini figu-1

1 edgar l e e m a s t e r s , Spoon River Anthology, trad. di Fernan­


da Pivano, Einaudi, Torino 1947.
138 CORRADO STAJANO

ra come imputato per reati di violenza, insieme con


quattro greci e con Giovanni Rondinelli, il giovane
che nella stessa cella di Franco è stato testimone
della sua agonia, vengono trasmessi al giudice
istruttore del tribunale di Pisa per la prosecuzione
deH’istruttoria con il rito formale. I giudici istrut­
tori sono tre, Funaioli è il più anziano, e quindi il
dirigente, ma i processi gli toccano in sorte solo in
ragione del sistema di distribuzione automatica
delle cause in vigore all’ufficio istruzione del tribu­
nale di Pisa.
Il 19 maggio, il procuratore generale «chiede
che il Giudice Istruttore dichiari di non doversi
procedere in ordine a tutti i reati rispettivamente
ascritti in rubrica; per il Serantini per avvenuto
decesso; per il Rondinelli Giovanni ed il Megalo-
fon Othon per non aver commesso il fatto; per il
Kapoolos Alessandro, Gramenidis Giovanni e Tso-
linas Evangelo per insufficienza di prove». Per Se­
rantini, il p g non spreca troppe parole: «Per il
Serantini che partecipò alla manifestazione dietro
una barricata dalla quale venivano lanciati gli og­
getti contundenti descritti, i reati sono estinti per
la di lui morte».
Funaioli seguita la sua indagine e il 12 giugno
deposita la sentenza istruttoria. Può sembrare che
la materia del contrasto sia solo un’occasione acca­
demica di sottigliezza giuridica: che differenza può
esservi, infatti, fra una dichiarazione di non dover­
si procedere nei confronti di Serantini, a causa del­
la sua morte, o per altre motivazioni? Ma è pro­
prio dietro la barriera degli articoli di legge che in
questo caso giudiziario è stata invece combattuta
una battaglia di libertà civile e di verità: il giudice
istruttore sostiene infatti che solo il reato di ol­
IL SOVVERSIVO 139
traggio è estinto per morte del reo. G li altri reati -
radunata sediziosa, resistenza aggravata a pubblico
ufficiale, lancio di sassi, bottiglie incendiarie e altri
oggetti contundenti - il povero Franco, immobile in
attesa della morte sul Lungarno Gambacorti, non
li ha commessi.

Sentenza del giudice istruttore del tribunale di


Pisa Paolo Funaioli: «La sera del 5 maggio 19 7 2 ,
nel corso di gravi disordini scoppiati nel centro cit­
tadino di Pisa in concomitanza col preannunciato
comizio di chiusura della campagna elettorale del
Movimento Sociale Italiano, le forze di polizia im­
pegnate nel servizio di ordine pubblico operarono
diversi arresti in flagranza di reato. Tra gli altri fu­
rono arrestati Giovanni Rondinelli e Franco Seran-
tini, italiani, ed i cittadini greci Alessandro Kapoo-
los, Giovanni Gramenidis, Evangelo Tsolinas e
Othon Costantino Megalofon.
G li arresti furono così motivati:
Per Rondinelli: "durante una carica della Poli­
zia al fine di respingere una violenza, lanciava in­
sulti contro le forze dell’ordine, contro le quali sca­
gliava pietre ed altro materiale, tra cui bottiglie in­
cendiarie. A ll’atto dell’arresto opponeva resisten­
za con calci e pugni ” .
Per Serantini: "durante la manifestazione, in
occasione di una carica effettuata al fine di respin­
gere una violenza che i dimostranti effettuavano
con lancio di pietre, bottiglie incendiarie ed altro
materiale, lanciava insulti ai tutori dell’ordine” .
Per Kapoolos: "mentre era in atto una carica da
parte di un reparto di Polizia, anziché aderire al­
l ’invito di allontanarsi continuava a lanciare sassi
140 CORRADO STAJANO

contro le forze dell’ordine nascondendosi poi in un


portone. Raggiunto e dichiarato in arresto oppone­
va accanita resistenza dimenandosi e sferrando cal­
ci agli agenti” .
Per Gramenidis: "durante una carica ordinata
per respingere una violenza, unitamente ad altri
dimostranti lanciava insulti contro le forze dell’or­
dine, nonché sassi ed altri corpi contundenti. D i­
chiarato in arresto si nascondeva in un portone ed
opponeva resistenza lanciando calci” .
Per Tsolinas: "mentre era in atto una carica da
parte di un reparto di Polizia, anziché aderire al­
l ’ordine dato dal funzionario di allontanarsi, si al­
lontanava e lanciando sassi contro le forze dell’or­
dine si nascondeva in un portone. A ll’atto dell’ar­
resto opponeva accanita resistenza dimenandosi e
sferrando calci agli agenti ” .
Per Megalofon: "Durante la manifestazione lan­
ciava contro le forze dell’ordine pietre e bottiglie
incendiarie. A ll’atto dell’arresto opponeva resi­
stenza sferrando calci contro gli agenti ” .

Lo Tsolinas, il Gramenidis e il Kapoolos furono


arrestati tutti insieme, dentro un portone di Lun­
garno Mediceo 56 che era il portone dell’abitazio­
ne di due di loro (dello Tsolinas e del Kapoolos). Il
Megalofon fu arrestato nei pressi di piazza Santa
Caterina, il Rondinelli in piazza della Berlina, il
Serantini, infine, in Lungarno Gambacorti.
Il Megalofon, il Kapoolos, lo Tsolinas e il Ron­
dinelli riportarono lesioni di non grave entità. Il
Megalofon, un ematoma frontale e la rottura di un
dente incisivo (perché raggiunto da un candelotto
lacrimogeno), il Rondinelli una contusione esco­
riata ad uno zigomo; gli altri due lesioni impreci­
IL SOVVERSIVO 141

sate. I tre greci dissero d’essere stati picchiati da­


gli agenti, col manganello, al momento dell’arre­
sto. Anche il Serantini riportò lesioni, che purtrop­
po nel suo caso si dimostrarono mortali. Anche lui,
interrogato dopo l ’arresto, aveva raccontato d’es­
sere stato manganellato dagli agenti.
Si procedette con rito sommario nei confronti di
tutti gli arrestati in quanto imputati di resistenza
aggravata a pubblico ufficiale, radunata sediziosa e
violazione dell’art. 24 T. U. leggi di P. S.
Dopo che il P. M. presso il locale Tribunale ebbe
scarcerato, dopo averli interrogati, e valutando che
fossero stati arrestati per errore, lo Tsolinas, il Ka-
poolos e il Gramenidis, l ’istruttoria fu avocata dal
Procuratore Generale presso la Corte d’appello di
Firenze.
Ulteriormente proseguite le indagini istruttorie,
il P. M., previa scarcerazione del Rondinelli per es­
sere venuti meno i sufficienti indizi di colpevolezza
e concessione di libertà provvisoria al Megalofon,
ha finalmente richiesto il proscioglimento di tutti
gli imputati con varie formule: per morte del reo,
il Serantini, per non aver commesso il fatto, il
Rondinelli e il Megalofon, per insufficienza di pro­
ve gli altri tre.
Le richieste di proscioglimento sono senz’altro
da accogliere; qualche osservazione va fatta solo
riguardo alla formula.
La formula di proscioglimento per morte del
reo non si addice all’imputazione di resistenza ag­
gravata ascritta al Serantini, al quale (diversamen­
te che a tutti gli altri imputati) lo stesso verbale di
arresto altro non addebita che il lancio di insulti.
Il Pironomonte, autore dell’arresto, parla di un
Serantini fermo sul marciapiede mentre i manife­
142 CORRADO STAJANO

stanti scappavano. G li agenti "gli furono addosso


e probabilmente lo colpirono con i manganelli”
(sono le parole del teste). Che il Serantini avesse
partecipato al lancio delle bottiglie, delle pietre
ecc., non lo si può desumere dal semplice fatto che
si trovasse al di là della barricata rizzata dai dimo­
stranti attraverso la strada. Al di là non c’erano ne­
cessariamente i soli dimostranti. C ’era sicuramente
posto anche per i semplici curiosi, diciamo curiosi
e disposti a qualche rischio. Magari per coloro che
sentimentalmente parteggiavano per i dimostranti,
come certamente parteggiava per loro il Serantini
a giudicare dall’offesa che il dr. Pironomonte affer­
ma d’avergli sentito indirizzare agli agenti ("por­
ci ” ), ma a giudicare anche dalla sua aperta confes­
sione di fede anarchica nell’interrogatorio davan­
ti al P. M.
Il fatto è - e risulterà chiaramente a proposito
degli altri imputati - che in un clima di guerriglia
come quello creatosi quella sera in città, tra i ma­
nifestanti ch’erano animati dal piu fiero proposito
d ’impedire o disturbare il comizio del m s i e le for­
ze di polizia decisissime a respingere i dimostranti
dal centro cittadino per fare il vuoto intorno alla
zona del comizio, non c’era nessuna considerazione
per le persone neutrali. Un Megalofon che le auto­
rità governative del suo paese (i rappresentanti del
regime al potere in Grecia) si affrettano a definire
"animato da principi sociali sani e da sentimenti
nazionalisti” , che "non è mai stato immischiato in
organizzazioni di sinistra, neppure ha dimostrato
simpatia o tendenze verso la sinistra” , ha cosi po­
tuto buscarsi un candelotto lacrimogeno in fronte,
essere arrestato e preso a schiaffi, a suo dire, dopo
l ’arresto, da un agente.
IL SOVVERSIVO 143
G li altri greci, lo Tsolinas, il Kapoolos e il Gra-
menidis, sono la riprova di questa situazione. Non
avevano nessun attestato governativo dalla loro,
ma hanno potuto fortunatamente contare sulla te­
stimonianza insospettabile di due donne e sulla
obiettiva circostanza d’essere stati trovati dentro il
portone di casa loro (di due di loro). Eppure anche
nel loro caso i verbali d’arresto erano stati esplici­
ti nell’indicarli come rivoltosi, dicendo che lancia­
vano sassi, insulti ecc. e che per questo erano stati
inseguiti e arrestati.
A contestazione di quanto invece risultava ob­
biettivamente aliunde, la versione è stata cambia­
ta nel senso che i lanciatori forse erano altri, ma
che anche quegli altri erano andati comunque a ri­
fugiarsi in quel portone cosi generando lo spiace­
vole equivoco. Si è ribadito, anche in sede di ret­
tifica, che gli arrestati avevano quanto meno oppo­
sto resistenza al momento dell’arresto.
Ora, mentre si deve prendere atto che la denun­
cia per avere partecipato al lancio di bottiglie ecc.,
ha perso riguardo a loro qualunque consistenza,
non si può non riconoscere che la loro contrarietà,
al momento dell’arresto, era delle piu giustificate.
Che se poi si deve credere che questa loro contra­
rietà fu manifestata con "calci agli agenti” (è sem­
pre il verbale di arresto che parla) e con atti di
"colluttazione” vera e propria (è la testimonianza
del commissario di P. S.) non si può anche qui non
riconoscere che questa reazione fu diretta non tan­
to contro l ’atto formale dell’arresto, quanto con­
tro i "m odi” usati dagli agenti (lo Tsolinas, polio­
mielitico, che per attestazione dello stesso commis­
sario "era menomato ad una gamba e a malapena
si reggeva in piedi” , fu preso e picchiato dai "ca­
144 CORRADO STAJANO

schi blu” . La Ferace del Grande, la testimone che


lo attesta, continua: "N el vedere ciò ci rimasi male
perché nessuno meglio di me sapeva che il pove­
retto era del tutto estraneo a quello che stava acca­
dendo” ).
Ciò posto non si vede come — ed è questo un
punto di particolare dissenso dalle conclusioni del
Procuratore Generale —non ricorra in questo caso
l ’esimente di cui all’articolo 4 D. L. L. 14-9-1944
n. 288. G li agenti, comportandosi in tal modo, ec­
cedettero indubbiamente, con atti arbitrari, i limi­
ti delle loro attribuzioni.
D ’altra parte non è gran meraviglia che ciò sia
potuto accadere. Sarebbe strano, piuttosto, che de­
gli agenti impegnati in prima persona, non come
spettatori, ma come «combattenti» in questo gene­
re di azioni, sapessero poi al momento opportuno, e
proprio nel momento più cruciale, recuperare un
ruolo di pubblici ufficiali freddi, obbiettivi e di­
staccati; si facessero capaci di contenere nei limiti
del necessario e del lecito (nel doveroso rispetto
delle regole poste dall’ordinamento dello Stato)
l ’uso dell’armamento in dotazione senza coinvol­
gervi le persone incolpevoli; e fossero poi, per so-
prappiù, le persone più adatte a rendere serena e
obbiettiva testimonianza sulle confuse vicende del­
le quali, si diceva, sono stati non spettatori impar­
ziali, ma al contrario agguerriti protagonisti.
Anche i tre greci, pertanto, dai reati di resisten­
za ed a più forte ragione dalle contravvenzioni con­
testate sono da prosciogliere con formula ampia.
Parimenti sono da prosciogliere, con questa for­
mula, secondo la stessa richiesta del Procuratore
Generale, il Megalofon e il Rondinelli. Si ignora
del tutto in quali circostanze avvenne l ’arresto, e si
IL SOVVERSIVO 145

è visto che nessuna presunzione di legittimità del­


l ’arresto può essere giustificata in casi come questi.
Il Serantini, rispetto al quale, come si è detto,
manca del tutto la prova che abbia compiuto atti
di resistenza a pubblico ufficiale, avrebbe però, se­
condo l ’incontrastata testimonianza del Pirono-
monte, rivolto un’offesa alle forze dell’ordine che
ancora gli si stavano avvicinando e non lo avevano
ancora colpito coi manganelli. Il fatto, cosi come
prospettato, configura gli estremi dell’oltraggio a
pubblico ufficiale e si sottrae all’applicazione della
citata esimente. Si potrebbe certo discutere sulla
esattezza dei ricordi del teste e l ’istruttoria non
avrebbe mancato d ’indagare in questo senso se sul­
l ’indagine non fosse calato lo sbarramento della
causa estintiva del reato rappresentata dalla morte
del Serantini. Di fronte a questo tragico epilogo,
non resta che acquietarsi a questa formula di pro­
scioglimento, prevalente sulla eventuale insuffi­
cienza della prova sul fatto.
Ma dalle altre imputazioni, anche il Serantini
dev’essere prosciolto con formula ampia. Che fos­
se li, nel mezzo alla manifestazione sediziosa, lo si
potrebbe desumere dalle sue dichiarazioni al magi­
strato ("era li perché ci credeva” ). Ma viene lo
scrupolo di fare uso di queste ammissioni, eviden­
temente rese - ragionando col senno di poi - quan­
do il Serantini non poteva avere conservato la ne­
cessaria lucidità per valutare appieno i propri in­
teressi difensivi in relazione all’accusa che gli ve­
niva contestata.
P.Q .M .

Il giudice istruttore, in parziale difformità dalle


richieste del p m ; Visto l ’articolo 395 c p p
146 CORRADO STAJANO

dichiara non doversi procedere a carico di Fran­


co Serantini in ordine all’imputazione d’oltraggio
a pubblico ufficiale, perché il reato è estinto per
morte del reo; non doversi procedere a carico dello
stesso Serantini per le altre imputazioni, ed a ca­
rico di Giovanni Rondinelli, Alessandro Kapoolos,
Giovanni Gramenidis, Evangelo Tsolinas e Othon
Costantino Megalofon, in ordine ai reati loro ascrit­
ti, per non aver commesso il fatto».

(La sezione istruttoria della corte d ’appello di


Firenze, accoglierà l ’appello del p g e riformerà, il
6 ottobre, la sentenza del giudice istruttore Fu­
naioli, dichiarando che tutti i reati ascritti a Seran­
tini —l ’oltraggio, la resistenza, la violenza — sono
estinti per morte del reo).
XVIII.

La morte di Serantini pesa sulla città, il senti­


mento comune è di pietà e di orrore. Si costituisco­
no comitati per la giustizia, si raccolgono firme, si
affiggono manifesti di protesta, si discute.
La situazione politica nazionale appare deterio­
rata. Con l ’assassinio del commissario Luigi Cala­
bresi, ucciso il 17 maggio a Milano, la strategia del­
la tensione ha fatto un’altra vittima. Molti degli
obbiettivi delle bombe di piazza Fontana sono rag­
giunti: la combattività operaia è affievolita, l ’uni­
tà sindacale è in crisi, non per volontà della base, e
tutto un patrimonio di lotte politiche e sindacali è
di nuovo in pericolo, con Andreotti che ha forma­
to un nuovo governo di centro-destra —la centrali­
tà - appoggiato ai fascisti.
I commenti sulle elezioni —il m s i ha avuto un
incremento di voti — e sull’uccisione del commis­
sario, tolgono presto dalle cronache dei giornali il
caso Serantini. Ma la morte dell’anarchico ha su­
scitato un’eco profonda in tutto il paese. L ’Anpi di
Siena, undici giornalisti democratici di Milano, la
Cooperativa «Nuova Terra» di Reggio Emilia, la
Lega di cultura di Piadena, il circolo «La Comune»
di Dario Fo denunciano fra i primi la polizia per l ’o­
micidio di Franco Serantini '.
Sul caso Serantini saranno presentate in periodi diversi inter-
148 CORRADO STAJANO

Non sarebbe necessario, è lo stato di diritto che


dovrebbe sostenere l ’azione penale istruita dal giu­
dice del tribunale di Pisa. Lo stato, per dimostrare
in concreto la realtà della divisione dei poteri, l ’in­
dipendenza della magistratura dal governo, l ’ugua­
glianza di fronte alla legge dei cittadini disarmati e
dei cittadini armati con elmi, celate, scudi, cande­
lotti, manganelli, moschetti e mitra. Sarebbe l ’uni­
co modo di provare che esiste davvero uno stato
democratico fondato su una Costituzione nata dal­
la Resistenza al fascismo.
E invece, sulla testa di Serantini morto comin­
ciano a giostrare le arabescate esercitazioni della
patria del diritto.
Il 5 ottobre 19 7 2 si riunisce, come è consuetu­
dine, l ’assemblea dei magistrati del tribunale di Pi­
sa per discutere la distribuzione annuale degli in­
carichi nelle diverse sezioni1.
Il presidente, che conosce le specializzazioni e le
attitudini di ogni magistrato, propone che tutti re­
stino ai loro posti, con la variante di Federico Vi-

pellanze e interrogazioni parlamentari dall’onorevole Dante Rossi


del Pdup, dal senatore Antonino Maccarrone del PCI, dai senatori
Franco Antonicelli, Carlo Galante Garrone, Ferruccio Parri della
Sinistra indipendente, dagli onorevoli Alberto Malagugini, Marcello
D i Puccio, Ugo Spagnoli, Leonello RaSaelli, Franco Coccia dei PCI.
Pietro Nenni ha parlato al Senato il 17 luglio 19 73 durante il dibat­
tito per la fiducia al governo Rumor.
Franco Fortini ha scritto dei versi in memoria dell’anarchico per
i ragazzi di una scuola elementare dell’A lto Appennino ligure. Ivan
Della Mea ha composto una ballata. Bruno Caruso ha disegnato un
ritratto.
«Lotta continua», « il manifesto», «Unità proletaria», « l ’Uni­
tà», « l ’Avanti», «Rinascita» e i fogli anarchici, « L ’Internazionale»,
« Umanità Nova » e la rivista « A » hanno costantemente condotto la
campagna di stampa per far luce sul caso Serantini. L ’Amministra­
zione provinciale di Pisa, nel febbraio 1974, ha pubblicato un opu­
scolo, «Giustizia per Franco Serantini».
1 Magistrati scomodi. Un tentativo di epurazione cit.
IL SOVVERSIVO 149

gnale, giudice penale, che sarà anche giudice a la-


tere della corte di assise. L ’assemblea approva la
proposta che viene trasmessa a Firenze. Il presi­
dente della corte d’appello, Aldo Sica, sentito il p g
Calamari, ha il compito di formulare il progetto e
di inviarlo al Consiglio superiore della Magistratu­
ra che deve approvarlo. Le proposte degli uffici, in
passato, non sono mai state modificate, ma il 18
novembre, nella cancelleria del tribunale di Pisa
viene depositata una copia del documento firmato
dal presidente e dal p g e inviato al Consiglio supe­
riore della Magistratura. Il piano prevede il trasfe­
rimento di tre giudici, Vincenzo Accattatis, Paolo
Funaioli, Federico Vignale dal tribunale penale al
civile. Accattatis è rimosso dal suo incarico di giu­
dice di sorveglianza.
I tre giudici, appartenenti alla corrente di «M a­
gistratura democratica», si oppongono al provve­
dimento.
Paolo Funaioli inoltra un primo reclamo al Con­
siglio superiore della Magistratura. Sostiene di non
avere né richiesto né desiderato il trasferimento, fa
notare che la proposta è sfornita di ogni motivazio­
ne, dice di non credere di avere demeritato come
giudice istruttore « sotto il profilo della produttivi­
tà e della diligenza». Scrive poi: «H o avuto vari
motivi di contrasto con la Procura generale della
Corte d'Appello anche nel corso di colloqui con
magistrati di quell’ufficio. Tali contrasti hanno da­
to la misura d ’una insofferenza di quella Procura
nei miei confronti e messo in evidenza che la natu­
ra del dissenso è puramente ideologica, essendo an­
che troppo noto che tale Procura generale ha le sue
rispettabili, ma personalissime, idee sul modo di
amministrare la Giustizia in relazione a fatti poli­
150 CORRADO STAJANO

ticamente rilevanti, e non potendo, il sottoscritto,


che pure ha le proprie idee, spero altrettanto ri-
spettabili, venire a transazioni con la propria co­
scienza per compiacere un organo della pubblica
accusa.
Presentemente sto istruendo diversi procedi­
menti politicamente rilevanti, come ad esempio
quello per la morte di Franco Serantini, quello per
asserito peculato commesso dagli amministratori
comunali di Pontedera, quello per asseriti maltrat­
tamenti subiti da detenuti nelle carceri di Volterra
ad opera del personale di custodia.
In relazione ad almeno due di questi procedi­
menti la Procura generale ha già anticipato un giu­
dizio negativo - o quanto meno pieno di riserve -
sull’orientamento generale dell’indagine istrutto­
ria, in quanto:
1. ha appellato, ottenendo la riforma da parte
della sezione istruttoria, una mia sentenza del
12 giugno 19 7 2 con la quale proscioglievo
Franco Serantini per non aver commesso il
fatto (anziché per morte del reo cosi come ri­
chiesto dalla Procura generale) dall’imputa­
zione di resistenza a pubblico ufficiale (salvo
applicare invece la formula di proscioglimen­
to per morte del reo in ordine all’imputazio­
ne di oltraggio), e soprattutto rilevavo degli
atti arbitrari della Polizia verso cittadini neu­
trali;
2. rispetto al procedimento relativo agli asseriti
maltrattamenti subiti dai detenuti del carce­
re di Volterra, ha formulato richieste istrut­
torie le quali preannunciano una profonda di­
vergenza dalla mia impostazione delle indagi­
IL SOVVERSIVO

ni. Attesa la segretezza che ancora avvolge


questa fase del procedimento, mi limito a
questo generico accenno, con riserva di for­
nire a voce tutti i chiarimenti che saranno ri­
tenuti del caso.

La presenza di questi motivi di dissenso e la


mancanza di indicazioni di altro genere a giustifi­
cazione della proposta di trasferirmi alla sezione
civile, mi fanno legittimamente sospettare che la
Procura generale (la quale interloquisce sulla pro­
posta che formalmente parte dal Presidente della
Corte d’Appello) abbia inteso di risolvere d’auto­
rità, da posizioni di forza, il virtuale conflitto P.
M. - giudice, semplicemente cercando di rimuove­
re il giudice.
Una soluzione di questo tipo, che egoisticamen­
te potrebbe essermi anche grata (è noto che l ’uffi­
cio istruzione penale è particolarmente gravoso;
anche a Pisa l ’assegnazione alla sezione civile è
considerata un’ascesa a posizione di maggior pre­
stigio e maggior comodità) mi suscita invece una
rivolta morale, perché viene praticamente a sov­
vertire due principi, quello dell’indipendenza del
giudice (soggetto alla legge, non sottoposto alla
Procura generale) e quello dell’inamovibilità del
magistrato dalle funzioni (sarei invece rimosso sen­
za nemmeno un rigo di motivazione)».
Reclamano anche Accattatis e Vignale. I tre giu­
dici chiedono al Consiglio superiore della Magi­
stratura di essere confermati nei loro incarichi. La
opinione pubblica è allarmata, le reazioni contro la
repressione e la discriminazione della corte d ’ap­
pello di Firenze e a difesa dell’indipendenza della
magistratura e dell’inamovibilità dei giudici sono
152 CORRADO STAJANO

vigorose. Protestano l ’Associazione nazionale ma­


gistrati, la Sezione toscana - 10 5 magistrati su
n o —, 224 avvocati di Firenze, la giunta provin­
ciale, i consigli di quartiere del centro storico e i
sindacati scuola di Pisa. Numerose anche le inter­
pellanze parlamentari - Aldo Spinelli del p si, Ma­
ria Eletta Martini della d c , Petrella, Tedesco Ta­
to, Lugnano, Sabadini, senatori del P C I . Alcuni de­
putati comunisti - Malagugini, Raffaelli, Di Puccio,
Tani, Cesarino Niccolai - presentano un’altra inter­
rogazione al ministro di grazia e giustizia nella qua­
le dichiarano inaccettabile il provvedimento per
molteplici ragioni. Fra l ’altro perché: « I predetti
giudici Funaioli, Vignale e Accattatis hanno avuto
varie occasioni di contrasto con la Procura generale
di Firenze per diversità di orientamenti giurispru­
denziali, il che fa sospettare che la detta Procura ge­
nerale, le cui vedute nei processi aventi rilevanza
politica sono fin troppo note, si proponga, con l ’a­
vallo della presidenza della Corte — di sbarazzarsi
d’un colpo dei giudici "scomodi” confinandoli nel
settore civile, cosi attuando una inammissibile inge­
renza negli affari penali la cui trattazione è attual­
mente affidata ai predetti giudici (affari fra i quali
spiccano per la loro vasta risonanza, la delicatissima
istruttoria per la morte di Franco Serantini, affidata
al giudice Funaioli e la sperimentazione di nuovi
metodi di risocializzazione dei sottoposti a misure
di sicurezza, introdotta dal giudice Accattatisi».
Interviene il Consiglio superiore della Magistra­
tura e il presidente della corte d’appello di Firen­
ze, Aldo Sica, è costretto a motivare le ragioni del­
le proposte di trasferimento. Il 13 dicembre tra­
smetterà così una nota: è l ’atto di accusa contro i
giudici scritto dal p g , in occasione della proposta
IL SOVVERSIVO 153

di distribuzione degli incarichi e integralmente ac­


colto da Sica.
Per quanto riguarda Funaioli e il caso Serantini,
ecco le opinioni del p g : «Non ritengo neppure che
il dott. Funaioli —del quale peraltro apprezzo l ’in­
telligenza e la profondità della dottrina - abbia le
doti di assoluta imparzialità che sono necessarie
per esercitare degnamente le funzioni di giudice
istruttore penale... Ha lasciato talvolta a desidera­
re — a giudizio di questa Procura Generale - nei
procedimenti di natura politica, nei quali egli non
riesce ad astrarsi completamente dalle sue impo­
stazioni ideologiche socio-politiche.
Cito ad esempio la sentenza pronunciata il 12
giugno 19 7 2 nel procedimento penale contro Fran­
co Serantini ed altri, relativo ai disordini verificati­
si nella città di Pisa il 5 maggio 19 7 2 , in occasione
di un comizio del m s i , nel corso del quale le Forze
dell’ordine furono impegnate in una vera e propria
guerriglia, durata parecchie ore, da parte di dimo­
stranti armati di ogni sorta di oggetti atti ad offen­
dere. In tale sentenza, interamente dominata da
una preconcetta ostilità nei confronti delle Forze
dell’ordine, si afferma, con una valutazione unila­
terale ed incompleta nelle resultanze processuali,
che i militari hanno dato causa ai reati (di resisten­
za a pubblico ufficiale) contestati agli imputati, ec­
cedendo con atti arbitrari i limiti delle loro attri­
buzioni. Ma la Sezione Istruttoria ha fatto giusti­
zia di questa decisione, che aveva carattere di no­
tevole gravità, anche per le ripercussioni che era
destinata ad avere sull’opinione pubblica...»
Paolo Funaioli replica con la fermezza e la di­
gnità della buona coscienza: ... «Contro la mia per­
manenza nelle funzioni di giudice istruttore il dr.
154 CORRADO STAJANO

Calamari rileva che "nei procedimenti di natura


politica” non riesco "ad astrarmi completamente
dalle mie impostazioni ideologiche socio-politi­
che” . Siccome mi pare che nemmeno il Procurato­
re generale riesca ad astrarsi dalle proprie imposta­
zioni, devo ritenere che il dr. Calamari unicamente
si dolga che le mie impostazioni non coincidano
con le sue. Ne è un esempio proprio la citata sen­
tenza. Io non conosco gli argomenti della sezione
istruttoria che "ha fatto giustizia di questa deci­
sione” . Io so soltanto che in scienza e coscienza,
giudicando in base alle prove acquisite, raggiunsi
la certezza giuridica e morale che proprio in un cli­
ma di guerriglia come quello indicato dal dr. Cala­
mari nemmeno le forze di polizia andarono tanto
per il sottile nei confronti delle persone neutrali.
Raggiunsi la certezza che Franco Serantini era sta­
to percosso (e in che modo) senza aver alzato un di­
to (o senza la minima prova che avesse alzato un
dito) contro le forze di polizia; che parimenti uno
studente greco, poliomielitico, che a mala pena si
reggeva in piedi, fu percosso dentro il portone di
casa sua. Scrissi, e lo feci in una sede propria, in
una decisione giurisdizionale, che in questo caso
gli agenti avevano ecceduto con atti arbitrari i limi­
ti delle loro attribuzioni. Non credevo di scandaliz­
zare nessuno, pazienza se ho scandalizzato qual­
cuno.
Il dr. Calamari, forte d ’una sentenza della sezio­
ne istruttoria che può avere tutti i pregi di questo
mondo, ma che non mette ancora la parola fine al
caso giudiziario, ne ricava la deduzione che sono
stato animato da preconcetta ostilità verso le forze
dell’ordine. E non tanto si preoccupa, penso, del
caso deciso, quanto del caso che è ancora da deci­
IL SOVVERSIVO 155
dere, cioè dell’istruttoria, parimenti da me condot­
ta fin qui, per la morte di Franco Serantini.
Conoscendo le "impostazioni ideologiche socio­
politiche” del dr. Calamari dico solo che per me ha
un senso chiarissimo l ’allusione contenuta nella
mozione conclusiva dell’assemblea toscana di ma­
gistrati del 7 dicembre u .s. laddove, dopo aver
espressa la profonda preoccupazione per la propo­
sta di trasferimento formulata a carico mio e dei
miei colleghi, si chiedeva che cotesto on. Consi­
glio "tranquillizzi i cittadini che aspirario ad ave­
re magistrati i quali, al di là e al di sopra della ra­
gion di Stato e di esigenze contingenti, servano so­
lo la verità e la giustizia” .
La stessa mozione ricorda che il trasferimento
non può essere disposto "per motivi attinenti al­
l ’attività giudiziaria (censurabile solo con i mezzi
di impugnazione processuale)” .
E questo è il punto. Non mi rivolgo a cotesto
on. Consiglio superiore, che questi criteri conosce
benissimo, ma mi rivolgo al dr. Calamari, che ha
formulato la proposta (fatta propria dal Presiden­
te della Corte d’appello). Il dr. Calamari può avere
tutti i motivi di scontentezza a riguardo delle mie
sentenze, ma come parte del processo ha il solo po­
tere di appellarle. Non può pretendere, la parte
del processo, d’avere un giudice che la pensi come
lei. È grossolanamente scorretto cercare di risolve­
re i potenziali conflitti col giudice semplicemente
cercando di rimuovere il giudice.
Concludendo, il dr. Calamari si appaghi dei suoi
poteri di impugnativa. Cotesto on. Consiglio mi
confermi, oltre che nelle funzioni di giudice di sor­
veglianza supplente, nelle funzioni di giudice
istruttore. Rivendico il diritto (che modestamente
1^6 CORRADO STAJANO

ritengo coincidente con gli interessi della verità e


della giustizia) di proseguire le istruttorie affidate­
mi contro tutte le " ragion di Stato ” e le " esigenze
contingenti” di parte».
Il p g non resta chiuso nella sua cittadella asse­
diata, preferisce abbandonare la «veste di riserbo
e di rigorosa imparzialità che rappresenta il con­
notato tipico della figura tradizionale del buon giu­
dice» e, mentre il Consiglio superiore della Magi­
stratura sta decidendo i ricorsi dei magistrati, par­
la dello scandalo all’inaugurazione dell’anno giudi­
ziario. «Noi abbiamo fiducia che il Consiglio Supe­
riore della Magistratura nella sua prudente saggez­
za, saprà a suo tempo, prendere decisa posizione e
condannare atteggiamenti che riteniamo lesivi della
dignità e dell’onore dell’Ordine Giudiziario. Nel­
l ’attesa, ciascuno di noi —sotto la Sua saggia guida,
Sig. Presidente, insigne continuatore di una tradi­
zione di Capi di Corte di altissima statura morale —
continuerà la sua lotta, anche se " nimico ai lupi che
li danno guerra” . È una lotta che ci ha procurato
incomprensioni, amarezze per defezioni di chi mai
avremmo creduto ci avrebbe abbandonato; ma è an­
che affascinante, come tutto ciò che si combatte per
un ideale purissimo come quello della salvaguardia
del prestigio della Magistratura: qui si gioca il no­
stro destino che è tutt’uno con quello della Pa­
tria» \
Il Paradiso del Procuratore Generale, l ’agnello
del Palazzo di Giustizia di Firenze, i lupi rapaci e
malvagi di Pisa che minacciano la concordia e la
unità della città.

1 Relazione su ll Amministrazione della Giustizia in toscana,


1972 cit.
IL SOVVERSIVO *57
La decisione del Consiglio superiore della Magi­
stratura arriva il 2 maggio 19 7 3 : Accattatis non è
confermato nell’incarico di giudice di sorveglian­
za, Funaioli e Vignale sono invece mantenuti nelle
loro funzioni. « Il C. S. M ., prese in esame le ri­
chieste relative alle assegnazioni dei magistrati agli
uffici del Distretto della corte di appello di Firen­
ze, delibera... di non approvare il progetto per
quanto concerne la sostituzione del dott. Paolo Fu­
naioli nelle funzioni di giudice istruttore e di giu­
dice di sorveglianza supplente».
Tutto qui. «Quale giustizia» commenta: «Do­
po lunga gestazione e travagliato parto (il c s m ) ha
messo al mondo un neonato. Non esultante, però.
È un mostriciattolo, e non c’è da stupirsene: dal
giorno del concepimento a quello della nascita non
erano trascorsi tutti i nove mesi necessari per una
normale gravidanza, ma soltanto sei o poco meno...
C ’è anche chi avanza dubbi sulla paternità, perché
il figlio è nato prima che fossero trascorsi i prescrit­
ti 18 0 giorni (per l ’esattezza ne erano passati 17 7 ),
ma si tratta di dubbi infondati e tendenziosi: i
connotati del neonato dicono chiaro che il seme
fecondatore venne dal procuratore Calamari.
Sgombrato il campo da queste stupide ubbie, chi­
niamoci ora ad osservare le fattezze della creatura,
anche se non è facile vincere un istintivo moto di
repulsione. La prima cosa impressionante, infatti,
è che il marmocchio non è completamente forma­
to: gli mancano braccia e gambe, come ai focomeli­
ci. Invano cercheremmo, infatti, nel comunicato
che annuncia il lieto evento, le ragioni per cui sono
state respinte le proposte di rimuovere Vignale
dalle funzioni di giudice della sezione penale, Ac­
cattatis da quelle di giudice supplente della Corte
I 58 CORRADO STAJANO

d ’Assise, Funaioli da quelle di giudice istruttore


penale...» '.
Ma la battaglia fra i magistrati scomodi e il Pro­
curatore Generale è, per i tre quarti, vinta.

1 «Quale giustizia», fase. 2 0 ,19 7 3 .


X IX .

La perizia medico-legale sulle cause di morte di


Serantini viene depositata il 25 ottobre, mentre è
in corso il conflitto tra la corte d’appello di Firenze
e i giudici di Pisa. I professori Vittorio Chiodi, An­
tonio Fornari e Umberto Palagi rispondono a vari
quesiti, sulle cause della morte, sul nesso di causa­
lità tra la morte e l ’azione traumatica di uno o più
corpi contundenti, sulla loro forma, sul numero
dei colpi, sulle possibilità di salvare il giovane con
un tempestivo intervento diagnostico e terapeu­
tico.
Serantini, dice la perizia, è morto per insuffi­
cienza cardio-circolatoria causata da un «gravissi­
mo quadro pluricontusivo interessante la regione
cefalica, il tronco, gli arti», per le fratture e contu­
sioni craniche, per le contusioni polmonari, per lo
ematoma della loggia renale sinistra. Alle imponen­
ti lesioni interne corrispondono modeste lesioni
esterne. «Le lesioni riscontrate sul cadavere sono
tutte dovute all’azione di corpi contundenti. Le
aree contusivo-ecchimotiche delle regioni scapola­
ri ed interscapolovertebrale, per la loro configura­
zione allungata, sono verosimilmente dovute alla
azione di un corpo contundente allungato, di diame­
tro ridotto, come potrebbe essere un bastone, uno
sfollagente, ecc. Tutte le altre lesioni che non han-
i6 o CORRADO STAJANO

no una configurazione caratteristica, non consento­


no precisazioni circa il mezzo di produzione di es­
se, che potrebbe essere un bastone, corpi contun­
denti a maggiore superficie, corpi contundenti natu­
rali». È difficile precisare il numero dei colpi, as­
sai numerosi «ed anche reiterati nelle stesse sedi,
specie al capo e al torace». I colpi piu violenti sono
stati quelli dati alla testa.
Serantini «si presentava nell’aspetto di un pa­
ziente meritevole di attenta sorveglianza, ma non
offriva una chiara indicazione diagnostica». Ma,
aggiungono i periti, «a nostro avviso un paziente
che denunziava fin dall’inizio e poi continuativa­
mente... una violenta cefalea, tanto piu in quanto
accompagnata da grave astenia, meritava una più
assidua osservazione medica e, meglio ancora, il ri­
covero in idoneo luogo di cura». Non era possibi­
le, però, una precisa diagnosi delle lesioni craniche
«relativamente all’ambiente carcerario dove il Se­
rantini era venuto a trovarsi e una risolutiva tera­
pia fino all’ultimo periodo precedente la morte».
L ’intervento chirurgico, se ha esito favorevole in
un numero notevole di casi, non è sistematicamen­
te risolutivo. L ’esito sarebbe stato aleatorio.

La replica dei consulenti della parte civile, pro­


fessor Faustino Durante e dottor Marco Margnel-
li, depositata il 9 novembre, è secca e aggressiva.
La causa principale della morte è stata l ’emorragia
intracranica. Che cosa l ’ha causata? «Per queste
lesioni contusive, qualsiasi ipotesi può essere avan­
zata circa il mezzo che le produsse e tenendo conto
del fatto che Serantini fu colpito ripetutamente da­
gli agenti di polizia i quali avevano sia manganelli
che fucili, ci sembra - sostengono i consulenti -
IL SOVVERSIVO 161

oltremodo strano che si sia voluto ipotizzare sol­


tanto l ’uso dei primi escludendo a priori l ’azione
del calcio del fucile solo perché non sono state rin­
venute lesioni superficiali che ne riproducano i
contorni, quando è noto che il calcio del fucile può
ledere anche se usato di piatto, senza quindi che si
determinino escoriazioni. Allo stesso modo è ipo­
tizzabile l ’uso dei mezzi contusivi naturali, quali i
pugni e i calci, e particolarmente i secondi se si
tien conto del fatto che la sede lombare è da essi
facilmente aggredibile nella posizione riversa a ter­
ra che Serantini, molto verosimilmente, dovette
assumere dopo i primi colpi o, comunque, durante
le numerose violente percosse, specie quelle infer-
te al capo».
Secondo i consulenti, la frattura dell’osso parie­
tale è stata provocata dal calcio di un fucile o dalla
canna del fucile. Le lesioni contusive polmonari e
l ’ematoma della loggia renale sinistra dovrebbero
essere stati provocati dal calcio di un fucile o da
violenti colpi inferti con i piedi quando Serantini
era a terra. Anche la lesione mortale, cranio-ence­
falica, fu provocata da un «corpo contundente a
stretta superficie che agi con notevole forza viva...
con ogni verosimiglianza il calcio di un fucile o la
canna stessa di un fucile».
I consulenti sono in disaccordo con i periti so­
prattutto nel giudizio sulle condizioni di Seranti­
ni in carcere e sulla possibilità di una diagnosi.
«Quello che noi riteniamo fosse lo stato del Seran­
tini nella giornata di sabato 6 maggio 19 7 2 , era
quello di un soggetto che presentava una vistosa
ecchimosi all’occhio sinistro, molto pallido, con
una voluminosa deformazione del cranio, che veni­
va spostato a braccia da due persone, con una forte
162 CORRADO STAJANO

cefalea dichiarata piu volte e segni comportamen­


tali di torpore psichico (non comunicativo sponta­
neamente, poco interessato agli avvenimenti im­
mediatamente circumvicini, con tendenza ad iso­
larsi, tanto da dare l ’impressione di volere conti­
nuamente dormire ecc. ecc.). Quindi, in definitiva,
non ci fu povertà di sintomi, bensì erano presenti
molti dei segni tipici di una gravissima compro­
missione cranio-encefalica».
Un intervento chirurgico subito dopo l ’interro­
gatorio avrebbe avuto il massimo di probabilità di
riuscita. Una visita medica non superficiale avreb­
be dovuto allarmare. Avrebbe dovuto esser suffi­
ciente l ’ecchimosi all’occhio sinistro, riconoscibile
a prima vista come non provocata da un trauma di­
retto, a far pensare a una lesione «dei costituenti
ossei orbitali e quindi a una situazione più seria».
« È inaccettabile che un sanitario che si trovi di
fronte ad un soggetto incapace di reggersi in piedi,
il quale presenta visibili segni di traumatismi vio­
lenti e segni meno visibili ma facilmente obbietti-
vabili durante una regolare visita medica, di un
forte trauma alla regione occipo-parietale, non ri­
tenga opportuno approfondire l ’esame di un tale
malato». Un semplice radiogramma al cranio
avrebbe rivelato non una ma due fratture, dicono i
consulenti.
«La condotta del dottor Mammoli è ingiustifi­
cata e ingiustificabile... In realtà il sanitario non
solo tenne in scarsissimo conto i segni esterni facil­
mente visibili, ma abbiamo il fondato sospetto che
non abbia nemmeno eseguito rilievi clinici sempli­
ci come la misurazione della pressione arteriosa,
della frequenza cardiaca, della temperatura corpo­
rea, del diametro pupillare, della reattività pupilla­
IL SOVVERSIVO 16 3

re alla luce che, come già specificato, avrebbero do­


vuto essere in quel momento molto eloquenti sul
reale stato di salute di Serantini».
La consulenza di parte conclude mettendo in
dubbio l ’asserzione dei periti sull’impossibilità di
una diagnosi precoce. «La malattia di Serantini
non esordi con il coma, ma fu preceduta da una ric­
ca ed eloquente sintomatologia che se poteva sfug­
gire a un profano dell’arte medica non doveva es­
sere sottovalutata da un sanitario».

Il 24 gennaio 19 7 3 , i periti vengono invitati a


fornire alcuni chiarimenti, si sono rivelate infatti
notevoli divergenze sull’interpretazione dei fatti.
Ai primi di marzo depositano un supplemento di
perizia e rispondono ai quesiti loro proposti. I pe­
riti non escludono l ’azione del calcio del fucile,
non escludono l ’ipotesi che la polizia abbia usato
«mezzi contusivi naturali», abbia picchiato cioè
con pugni e calci, anche se «non vi è alcun elemen­
to che possa comprovarne e precisarne in concre­
to la realtà». Respingono l ’ipotesi «secondo la
quale si sarebbe dovuto trattare di calpestamento
piu o meno prolungato... In tal caso si sarebbero
dovute osservare - dichiarano - rotture di visceri
interni e di vasi sanguigni, che nel caso manca­
vano».
Confermano la molteplicità dei colpi inferti. So­
stengono che è arbitrario arrivare a definirne la
quantità numerica.
Riconoscono che «indubbiamente l ’ecchimosi
alla palpebra sinistra e quella fronto-temporale si­
nistra, nonché la tumefazione fluttuante nella re­
gione del vertice segnalavano che azioni traumati­
che contusive avevano interessato la regione crani­
16 4 CORRADO STAJANO

ca» e, tirati per i capelli, dichiarano che «un esame


radiografico del cranio, nonostante la sintomatolo­
gia relativamente scarsa che viene riferita, era nel
caso consigliabile».

Continua il gioco delle parti, anche se le parti


non svolgono il loro ruolo tradizionale. Il p m è
l ’avvocato difensore degli ignoti agenti di polizia,
i periti, con scientificità, minimizzano il fatto. Se-
rantini Franco, dicono, era «portatore di una volu­
minosa milza», da bambino aveva avuto la mala­
ria, aveva le ossa della testa più sottili del normale
(la diploe di centimetri 0,30 di spessore invece di
centimetri 0,40-0,43) e quindi aveva una minore
resistenza ai colpi.
XX.

Malgrado tutto l ’istruttoria è andata avanti. Il


medico del carcere Alberto Mammoli ha ricevuto
alla fine del novembre 19 7 2 un avviso di procedi­
mento penale per omicidio colposo. Il commissa­
rio Pironomonte si è dimesso dalla polizia, ma
non ha dato notizie utili per identificare gli agenti
che hanno massacrato Serantini: «Erano equipag­
giati in maniera tale, con casco, visiera protettiva e
fazzoletto antigas, per cui riusciva addirittura dif­
ficile scorgere il volto e conseguentemente fissarne
i lineamenti».
L ’indagine si trasforma in una radiografia dei
sessanta uomini del secondo e del terzo plotone
della terza compagnia del I Raggruppamento cele­
re di Roma, giovani del 19 5 0 , del 1 9 5 1 , la stessa
classe di Serantini. Il punto di riferimento nella ri-
costruzione dei fatti è sempre il commissario che si
trovava sulla seconda jeep con un ufficiale, un fun­
zionario di polizia, l ’autista. Pironomonte scese, ar­
restò Serantini per liberarlo dalla furia degli ossessi,
lo fece salire sulla macchina, lo condusse, non subi­
to, in piazza Garibaldi dove lo affidò ad altri agenti
che lo portarono in caserma.
Il commissario era in borghese —camicia di fla­
nella, giacca marrone — con l ’elmetto in testa; la
sua jeep era riconoscibile perché, unica della colon-
7
1 66 CORRADO STAJANO

na, era coperta dal telone. Nessuno ricorda la jeep,


nessuno ricorda il commissario in borghese, tutti
negano l ’esistenza di Serantini. I sessanta non han­
no visto nulla, il commissario è scomparso nella
memoria, non si ricordano di lui neppure l ’autista
e l ’ufficiale seduti sulla stessa jeep. Non l ’hanno vi­
sto scendere a terra, non hanno assistito a nessun
arresto, non c’è stato nessun arresto, escludono che
sulla loro camionetta sia mai salito un arrestato. E
un maresciallo, che si trovava sulla jeep che seguiva
quella di Pironomonte, non vide scendere nessuno
né-dal primo gippone né dalla seconda jeep della
colonna.
Ne hanno viste tante, per loro sono scene e av­
venimenti consueti, come possono ricordare?, è la
giustificazione. Solo che c’è stato un morto e le ele­
zioni politiche del 7 maggio, due giorni dopo, do­
vrebbero rappresentare un ancoraggio preciso, se
non ci fosse un sospetto di dolo, se le condizioni fi­
siopsichiche degli agenti non fossero per caso alte­
rate.
Il giudice istruttore ascolta tutti i testimoni e
invia gli atti al p g che, dopo l ’avocazione, è il p m
dell’istruttoria formale. Il 2 1 maggio 1 97 3, il p g
chiede al giudice istruttore il proscioglimento de­
gli autori delle lesioni mortali ai danni di Franco
Serantini, «per essere rimasti ignoti» e del dot­
tor Mammoli, «perché il fatto non costituisce
reato».
Scoppia un nuovo conflitto tra il p g Calamari e
il giudice istruttore Funaioli e i fascicoli processua­
li ricominciano ad andare e venire dal palazzo di
giustizia di Firenze al palazzo di giustizia di Pisa:
dietro la fredda impalcatura del diritto e della pro­
cedura penale, si scontrano due opposte concezio-
IL SOVVERSIVO 1 67
ni dello stato, del cittadino, della funzione del ma­
gistrato nella società.
Il 5 giugno, Funaioli trasmette gli atti al p g , non
perché consideri conclusa la sua istruttoria, ma
perché non condivide le conclusioni del p g che la
istruttoria debba concludersi col nulla di fatto. La
trasmissione degli atti per ulteriori richieste equi­
vale a una proposta di ripensamento sui risultati
acquisiti dall’istruttoria. Il giudice istruttore di Pi­
sa chiede di considerare l ’opportunità di procede­
re per falsa testimonianza «a carico di quanti, con
deposizioni reticenti o comunque non veritiere,
hanno finora reso impossibile l ’identificazione del­
le lesioni inferte ai danni del Serantini». Non ac­
cenna alla posizione giuridica del medico del car­
cere.
Il 26 giugno, il pg restituisce gli atti al giudice
istruttore, non trova esatte le osservazioni fatte,
insiste nel dire di non vedere i motivi per tornare
sulle conclusioni già espresse, sostiene che non c’è
nessuna delle contraddizioni o delle reticenze se­
gnalate e che comunque non può esistere il delitto
di falsa testimonianza dato che tutti gli agenti di
polizia ascoltati come testimoni «possono acquisi­
re anche la veste di imputati, almeno sotto il pro­
filo del concorso». E l ’imputato può anche non di­
re la verità.
Il 5 luglio, il giudice istruttore replica di nuovo.
Osserva che è da escludere la possibilità di un con­
corso di reato per quei testimoni reticenti e invita
il p m a precisare se intende o meno promuovere
l ’azione penale per falsa testimonianza.
Il 7 luglio, il p g risponde ancora no e rileva che
p er l ’articolo 299 del codice di procedura penale, il
giudice istruttore che, durante l ’istruzione, «viene
l6 8 CORRADO STAJANO

a conoscenza di un altro reato per il quale si deve


procedere d ’ufficio, trasmette gli atti e le informa­
zioni che vi si riferiscono al procuratore della Re­
pubblica; senza sospendere l ’istruzione in corso».
Se Funaioli mantiene il proprio convincimento, se
non ritiene di procedere a un nuovo esame dei te­
sti, prima di avviare il procedimento penale, si
conformi a questa norma.
È un comportamento anomalo, questo che il p g
adotta in difesa degli agenti di polizia, invece di
aprire l ’azione penale. Un’ultima disperata difesa.
Il 14 settembre, il giudice istruttore è costretto a
fare un rapporto al procuratore della repubblica di
Pisa. Chiede di procedere contro Albini Amerigo,
nato a San Vitaliano (Napoli), il 25 giugno 19 4 3 ,
capitano delle guardie di PS, in servizio presso il
I Raggruppamento celere di Roma; Lupo Vincen­
zo, nato ad Alvito (Frosinone), il 1 7 dicembre
19 14 , maresciallo delle guardie di p s , in servizio
presso il I Raggruppamento celere di Roma; Co-
lantoni Mario, nato a Villetta Barrea (L ’Aquila)
l ’8 ottobre 1946, guardia di p s in servizio presso
la scuola sottufficiali di Nettuno, perché deponen­
do come testi davanti al giudice istruttore di Pisa
« affermavano il falso e tacevano ciò che era a loro
conoscenza sui fatti sui quali erano interrogati, al
punto di negare, tra l ’altro, l ’Albini e il Colantoni,
di aver notato il commissario Pironomonte ed il gio­
vane Serantini a bordo della jeep comandata dal
primo e guidata dal secondo; e l ’Albini ed il Lupo
che i militari delle prime camionette della colonna,
sulle quali essi stessi viaggiavano, fossero scesi a
terra nell’occasione in cui Serantini venne arresta­
to e, già prima, verosimilmente colpito. Con l ’ag­
gravante di aver commesso il fatto per assicurare
IL SOVVERSIVO 169

l ’impunità agli agenti responsabili dell’omicidio di


Franco Serantini». Il giudice istruttore fa notare
che esiste una connessione tra il procedimento di
falsa testimonianza e il procedimento in corso per
la morte del giovane Serantini.
Il 24 settembre, il procuratore della repubblica
trasmette, per competenza, gli atti al pretore di
Pisa Salvatore Senese.
Il 20 novembre 19 7 3 , il pretore dichiara la pro­
pria incompetenza «a conoscere del reato ascritto
agli imputati, ritenuta la connessione oggettiva del
procedimento col procedimento pendente davanti
al giudice istruttore di Pisa per la morte di Franco
Serantini». E ordina la trasmissione degli atti al
giudice istruttore Funaioli.
Dice tra l ’altro la sentenza Senese: «Le contrad­
dizioni obbiettive tra le deposizioni dei testi che il
giudice istruttore sospetta ed il coacervo delle altre
risultanze, rendono plausibile l ’ipotesi di dichiara­
zioni false o reticenti da parte dei suddetti testi so­
lo che si consideri come essi - essendo rispettiva­
mente il comandante del reparto, uno dei più an­
ziani sottufficiali di questo e l’autista dello stesso
comandante - versino in una particolare situazione
d’immedesimazione psicologica col reparto stesso,
per effetto della quale possono ben essere indotti a
far tutto quanto sta in loro per allontanarne la
eventualità di un rinvio a giudizio per omicidio (col­
poso o volontario, non importa) a carico di commi­
litoni della medesima unità.
In altri termini, quel malinteso spirito di corpo,
che in presenza di un comportamento censurabile
o delittuoso da parte di alcuni agenti fa ritenere
doveroso ai responsabili dell’istituzione non già
l ’individuazione e l ’esemplare punizione dei colpe­
170 CORRADO STAJANO

voli, ma la copertura di costoro attraverso la dife­


sa in blocco di tutta l ’istituzione nel cui seno anche
i comportamenti meno nobili vengono riassorbiti,
anonimizzati e quindi protetti (spirito di corpo che
è una realtà che il giudice non può nascondersi e
del quale è traccia anche agli atti attraverso le in­
numerevoli segnalazioni con cui le questure di
mezz’Italia si preoccupano d’identificare e perse­
guire gli autori di volantini e manifesti di protesta
per " l ’assassinio di Serantini” , nonché attraverso
le dichiarazioni dello stesso capitano Albini: "m i
pare molto strano che un giovane inerme, il quale
si limita a dare del fascista, sia stato colpito con
manganello. I m iei m ilitari, in circostanze analo­
ghe, si sono comportati cosi: la persona inerme
non viene percossa” ); questo spirito di corpo, ap­
punto, che per certi versi è anche un valore neces­
sario alle compagini militari, offre una valida cau­
sale al delitto di falsa testimonianza ipotizzabile a
carico dei tre imputati.
In presenza di siffatta situazione, le norme sul­
l ’obbligatorietà dell’azione penale e sulle garanzie
difensive spettanti ad ogni indiziato di reato, esi­
gono che il magistrato del P. M. —per quanto diu­
turna e profonda sia la consuetudine di collabora­
zione con le forze di polizia —si sottragga ad ogni
suggestione che i riflessi non ignobili del valore
"spirito di corpo” possano esercitare su di lui ed
avvii immediatamente la verifica dell’ipotesi di
reato, che si delinea, nelle forme del processo pe­
nale a carico di coloro nei cui confronti l ’ipotesi
stessa si è configurata».
Il p g è stato di nuovo sconfitto, i tre testimoni
hanno ricevuto l ’avviso di reato. La sentenza di un
magistrato ha giudicato con severità il tentativo di
IL SOVVERSIVO 171

considerare diversi i cittadini che, secondo l ’artico­


lo 3 della Costituzione della repubblica «hanno
pari dignità sociale e sono uguali davanti alla leg­
ge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di
religione, di opinioni politiche, di condizioni per­
sonali e sociali».
X X I.

Il fascicolo Serantini porta il numero 78/72 del


registro generale del giudice istruttore di Pisa.
Paolo Funaioli, dal primo gennaio 19 7 4 , si è fat­
to trasferire, questa volta per sua volontà, alla se­
zione lavoro del tribunale. Del caso dell’anarchico,
si occupa ora il giudice Angelo Nicastro.
E a questo punto non è cosi importante sapere
se il capitano, il maresciallo, l ’agente sono stati
condannati per falsa testimonianza, se il medico
del carcere è stato riconosciuto colpevole di omici­
dio colposo e se fra i poliziotti del secondo e terzo
plotone della terza compagnia del I Raggruppa­
mento celere di Roma, sono stati individuati, pro­
cessati, puniti i responsabili materiali della morte
di Franco Serantini.
Lo Stato non ha fatto giustizia, non potrà nep­
pure farla, non potrà processare se stesso senza
mutare le sue strutture. Ha scritto Vergès: «De­
nunciare la tortura senza riferirsi al suo contesto
politico, trattare da criminale il boia e fingere di
credere nella coscienza del ministro, accanirsi a in­
colpare con rassegnazione il capitano o il tenente, è
tentar di far credere che una guerra coloniale può
essere fatta coi guanti bianchi e lo statuto dell’Onu
a portata di mano. Qui la disonestà non sta nell’o-
IL SOVVERSIVO 173
perato dei modesti esecutori, ma nelle coscienze
liberali che li spingono a tali imprese»
Perché allora lo scandalo? Il razionale pessimi­
smo, la conoscenza realistica dei meccanismi isti­
tuzionali non devono impedire e negare la ricerca
della verità. E la verità è venuta fuori per la volon­
tà e la coscienza civile di uomini che, dentro l ’ap­
parato dello Stato e fuori si sono battuti per i dirit­
ti civili, hanno fatto delle scelte, hanno sacrificato
tutto alla libertà e alla giustizia, si sono rivelati di­
versi, anche a se stessi, probabilmente.
Lo Stato, stupito delle reazioni dell’opinione
pubblica democratica in difesa di un uomo senza
valore, un rifiutato sociale privo di ogni forza di
scambio politico, si è obbiettivamente confessato
colpevole. Lo accusano i suoi comportamenti, i
suoi continui e impudenti tentativi di mascherare
e di insabbiare le responsabilità e di chiudere un
caso che ha assunto un valore di simbolo del rap­
porto fra cittadino e stato di diritto, fra autoritari­
smo e libertà.
Non c’è da stupirsi se la vittima di una vita di
violenza è morto in un modo così atroce e se sul
suo cadavere ha seguitato a stratificarsi la violenza
del potere. Giustizia non è stata fatta, ma fuori dai
tribunali, con la forza di una cultura nuova che sta
nascendo alle radici della società e sta seminando i
suoi granelli contro una politica arcaica che espri­
me la repressione come superstizione e la violenza
come autodifesa del cinismo, dell’indifferenza e del
privilegio, la coscienza popolare ha giudicato.

1 v e r g è s, Strategia del processo politico cit.


174 IL SOVVERSIVO

La tomba è sempre piena di fiori. Garofani ros­


si dei compagni, umili fiori delle donne di Pisa.
«Franco Serantini anarchico ventenne colpito a
morte dalla polizia mentre si opponeva ad un co­
mizio fascista», dice la lapide. Il monumento sorge
nel campo del cimitero dov’è sepolta la borghesia
cittadina medio-alta. Franco è vicino ad industria­
li, procuratori generali, professori dell’università.
La sua tomba, con le bandiere rosse e nere, è ac­
canto alle cappelle di marmo della famiglia Benel-
li, della famiglia Mannocci, della famiglia Braun e
alla tomba delPammiraglio Giuseppe Fortunato
Pardini, patrizio pisano.
Gli Struzzi
Pubblicazione settimanale, 18 gennaio 19 7 }
Direttore responsabile: G iulio Bollati di Saint Pierre
Registrazione presso il Tribunale di Torino, n. 2339, del 30 aprile 1973
Stampato per conto della G iulio Einaudi editore s. p. a.
presso le Officine Fotolito grafiche s. p. a., Casarile (Milano)

c. l . 4 10 3 -3
N a to c o m e u n ’in d a g in e sul c a so S e ra n tin i,
l ’a n a rc h ic o di v e n t’a n n i u c c is o d a lla p o liz ia a
P isa nel m a g g io 1972, q u e s to lib ro o ffre
u n ’im m a g in e e s e m p la re d e lla g e s tio n e d e l p o te re
in Ita lia , e al te m p o s te s s o un q u a d ro p o p o la re
ric c o di p a rte c ip a z io n e um ana, c h e ha p e r
p ro ta g o n is ta un ra g a z z o v ittim a di tu tte le
s o p ra ffa z io n i e le in g iu s tiz ie , in v ita c o m e d o p o
m o rto , e in s ie m e a lui una c ittà e un P aese
la c e ra to . V in c e n d o o g n i p o s s ib ile te n ta z io n e
ro m a n z e s c a , S ta ja n o ha c o s tru ito il lib ro sui
d o c u m e n ti, s u lle te s tim o n ia n z e , su un c o ro di
v o c i d o v e a n c h e i p a rtic o la ri p iù m in u ti-s o n o ve ri.
Il lib ro ha l’a m b iz io n e di ra p p re s e n ta re un c a so
e s tre m a m e n te e m b le m a tic o d e g li a s p ri c o n flitti
s o c ia li e p o litic i di q u e s ti a n n i. Ne e sce , c ru d a e
m in u z io s a , la ra d io g ra fia di una s o c ie tà c h e non
c o rris p o n d e ai su o i d ic h ia ra ti id e a li d e m o c ra tic i,
e c h e p e r s o p ra v v iv e re d e ve tro v a re il c o ra g g io
d e lla lib e rtà e d e lla g iu s tiz ia .
C o rra d o S ta ja n o , n a to nel 1930, v iv e a M ila n o .
G io rn a lis ta e a u to re p e r la te le v is io n e di
d o c u m e n ta ri s to r ic o -p o litic i sul fa s c is m o , la
R e siste n za , il n e o fa s c is m o , ha s c ritto un lib ro -
te s tim o n ia n z a , « La c ittà ro ssa », e, in
c o lla b o ra z io n e , « Le b o m b e di M ila n o ».

GLI STRUZZI

Potrebbero piacerti anche