Sei sulla pagina 1di 75

Publications de l'École française

de Rome

Le procedure di recensus dalla tarda repubblica al tardo antico e


il calcolo della popolazione di Roma
Elio Lo Cascio

Riassunto
Il confronto tra un ben noto luogo della biografia suetoniana di Cesare e alcune sezioni della Tabula Heracleensis fa
ritenere che negli anni della dittatura di Cesare si sia avviata una radicale riforma dei criteri di registrazione e di
enumerazione dei cittadini, che per la prima volta consentiva di pervenire all'individuazione del numero dei cives Romani
domo Roma, i maschi adulti cui erano riservate le frumentazioni. Questa situazione si sarebbe perpetuata sino alla
«chiusura» della plebs frumentarìa del 2 a.C. Sappiamo, peraltro, che i congiaria andavano, talvolta, nel periodo augu-
steo e successivamente, anche ai minori. Partendo da questi presupposti, è possibile calcolare, dal numero dei beneficiari
delle frumentazioni e dei congiaria, prima e dopo l'età cesariana, il numero dei maschi adulti e dei maschi di tutte le età, e
stimare, a partire dal 46 a. C, il numero complessivo dei cittadini romani, residenti legittimamente nella città e non proprie-
tari di abitazioni : questo numero si aggira, nel 2 a.C, attorno alle 600.000 persone. Possediamo ulteriori informazioni circa
il numero dei beneficiari di frumentazioni e congiarìa e circa la popolazione complessiva di Roma per l'età severiana, dalle
quali sembra plausibile concludere che la popolazione cittadina di Roma è di un poco scemata rispetto all'età augustea.
Infine, il confronto tra l'informazione che si può trarre dai Regionali del IV secolo circa il numero delle insulae a Roma,
intese come unità immobiliari di proprietà, e le informazioni che deriviamo da alcune leggi del Codice Teodosiano circa le
contribuzioni complessive di caro porcina destinata al consumo romano e alle distribuzioni suggerisce stime della
popolazione di Roma in epoca tardoantica, che attestano così la sua sostanziale tenuta nel quarto secolo, come il suo
crollo già a partire dal sacco alariciano.

Citer ce document / Cite this document :

Lo Cascio Elio. Le procedure di recensus dalla tarda repubblica al tardo antico e il calcolo della popolazione di Roma. In:
La Rome impériale. Démographie et logistique. Actes de la table ronde de Rome, 25 mars 1994. Rome : École Française
de Rome, 1997. pp. 3-76. (Publications de l'École française de Rome, 230);

https://www.persee.fr/doc/efr_0223-5099_1997_act_230_1_5103

Fichier pdf généré le 01/10/2018


ELIO LO CASCIO

LE PROCEDURE DI RECENSUS
DALLA TARDA REPUBBLICA AL TARDO ANTICO E
IL CALCOLO DELLA POPOLAZIONE DI ROMA

1. // recensus cesarìano e il census.

In un luogo ben noto della biografìa cesariana, Suetonio ricorda


il recensus che Cesare dittatore avrebbe compiuto a Roma «nec more
nec loco solito», ma «vicatim» e «per dominos insularum». In
conseguenza di tale recensus il numero degli accipientes del frumento
pubblico sarebbe stato drasticamente ridotto da 320.000 a 150.000.
Per evitare poi che in futuro scoppiassero sommosse «recensionis
causa», Cesare avrebbe introdotto il criterio del sorteggio fra coloro
«.qui recensì non essent» per colmare i vuoti lasciati dai morti nel
numero dei beneficiari1. Si è sostenuto in genere che unico scopo del

1 Suet. Div. lui. 41, 3 : «Recensum populi nec more nec loco solito, sed vicatim
per dominos insularum egit atque ex vigtnti trecentisque milibus accipientium fru-
mentum e publico ad centum quinquaginta retraxit; oc ne qui novi coetus
recensionis causa moverì quandoque possent, instituit, quotannis in demortuorum locum
ex iis, qui recensì non essent, subsortitio a praetore fieret». Mi sembra del tutto
probabile che coetus qui voglia dire ì'actio cozundi, congrediendi... animo cozun-
tium inter se amico i.q. coniuratio, seditio, come recita il TLL (Knoche), che
proprio questo senso attribuisce alla parola in questo luogo suetoniano. Assai più
problematico mi sembra volerla interpretare {sensu latiore et metonymice) come
turba, multitudo vel quaevis vel in aliquem locum collecta, come vuole C. Nicolet,
Le temple des Nymphes et les distributions frumentaires à Rome à l'époque
républicaine d'après des découvertes récentes, in CRAI, 1976, p. 29-51, a p. 49 e sg.,
seguito da C. Virlouvet, Les lois frumentaires d'époque républicaine, in Le ravitaillement
en blé de Rome et des centres urbains des débuts de la République jusqu'au haut
Empire. Actes du colloque international de Naples 1991, Napoli-Roma, 1994,
p. 11-29, a p. 12 η. 3; e ora Tessera frumentaria. Les procédures de distribution du
blé public à Rome à la fin de la République et au début de l'Empire, Roma, 1995,
p. 44 sg. con η. 55, 157 con η. 102, cfr. p. 118 con η. 277; vd. anche J. Rea, in The
Oxyrhynchus Papyri, vol. XL, Londra, 1972, p. 8 : non mi sembra, infatti, che
intendendo in questo modo il termine di coetus in Suetonio possa davvero
giustificarsi l'uso, da parte dello stesso Suetonio, del verbo «movere», che, mentre può
ben indicare il «suscitare», 1'« avviare» sedizioni ο tumulti, ben più difficilmente
può significare «provocare» nuove «riunioni» (ciò di cui è ben consapevole,
come sembra, la stessa Virlouvet : Tessera frumentaria, p. 171 n. 19); peraltro, i
coetus plebis cui fa riferimento Liv. IV 13, 10, a proposito della vicenda di Sp. Me-
4 ELIO LO CASCIO

recensus sarebbe stato appunto questo : di consentire una riduzione


della plebs frumentarìa (una riduzione, peraltro, sulle cui modalità i
pareri dei moderni si sono divisi)2. Si è voluta trovare una conferma
a quest'idea di una connessione esclusiva del recensus con le fru-
mentazioni nel fatto che lo stesso Suetonio adopera un'altra volta il
termine di recensus, nella vita di Augusto, sempre in riferimento alla
popolazione urbana e al problema delle frumentazioni3. Di recente,
tuttavia, seguendo una serie di suggestioni di Claude Nicolet e sulla
base del confronto che è possibile istituire tra il luogo suetoniano e
alcune sezioni della Tabula Heracleensis4, mi è sembrato di potere
avanzare l'ipotesi che l'operazione cui allude Suetonio, se deve avere
avuto come conseguenza la drastica riduzione del numero degli ac-
cipientes del frumento pubblico, non deve essere stata effettuata
esclusivamente a questo scopo. Il recensus in questione, limitato,
certo, alla popolazione urbana, deve avere rappresentato una
generale ricognizione di questa popolazione urbana : una ricognizione
analoga, nelle sue finalità, se non nelle sue forme, a un vero e
proprio census; una ricognizione della popolazione urbana effettuata
nel momento nel quale, presumibilmente per la prima volta, essa
veniva distinta, all'interno del corpo civico, per ciò che concerne la re-

lio, che la Virlouvet vorrebbe confrontare con i novi coetus di Suetonio, sono
coetus plebis per la distribuzione del grano, non per la registrazione degli aventi
diritto, per la quale non mi sembra che abbiamo alcuna testimonianza del fatto che
potessero mai implicare, oltre alla verosimile comparizione del singolo
potenziale beneficiario davanti a colui che effettuava la registrazione, un qualsiasi
«assembramento» : e anche di quest'aporia la Virlouvet sembra ben essere
consapevole, quando osserva che l'operazione di recensus introdotta da Cesare, proprio
perché effettuata «vicatim» e «per dominos insuhrwn», non avrebbe dovuto
produrre alcun «assembramento», anche se poi ipotizza, proprio in base al
riferimento Ά novi coetus, che si vogliono evitare per il futuro, che prima di Cesare la
supposta registrazione degli aventi diritto avrebbe prodotto «assembramenti» (si
vd. pure Tessera frumentarìa, p. 183, per il confronto tra i supposti coetus, ο le
supposte contiones, per la registrazione a Roma, a partire, secondo la studiosa,
dalla stessa lex Sempronia, e quanto prescritto dal regolamento di Samo, Syll.3
976). La procedura dell'àvayopia a Ossirinco (per la quale vd. Rea, p. 5 sg.)
comporta un «assembramento», ma di coloro che già sono stati registrati, non di
coloro che vogliono essere registrati.
2 Si vd. p. es. G. Cardinali, in Diz. Ep. Ili, Roma, 1906, p. 225-305, s.v. Fru-
mentatio, a p. 235 sg.; G. Rickman, The Corn Supply of Ancient Rome, Oxford,
1980, p. 175 sgg.; e in generale la discussione dei pareri dei moderni in E. Lo Ca-
scio, Le professiones della Tabula Heracleensis e le procedure del census in età ce-
sariana, in Athen., 78, 1990, p. 287-318, alle p. 293 sgg.
3 Suet. Aug. 40, 2 : «Populi recensum vicatim egit, ac ne plebs frumentatio-
num causa frequentius ab negotiis avocaretur, ter in annum quaternum mensium
tesseras dare destinavit; sed desideranti consuetudinem veterem concessit rursus, ut
sui cuiusque mensis acciperet» : cfr. Hardy, Wiseman, Nicolet e Jehne cit. in Lo
Cascio, Le professiones, p. 303, n. 52.
4FIRA Ρ 13 = Roman Statutes, 24, 11. 1-61, cfr. 11. 142-58.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 5

gistrazione censuale, dai cives Romani di municipia, coloniae, prae-


fecturae5.
A far pensare che il recensus che cita Suetonio sia una sorta di
census, anche se limitato alla città, è, anzitutto, il contesto nel quale
la notizia è inserita - un contesto, per l'appunto, nel quale sono
ricordate le attività di tipo 'censorio' svolte da Cesare6 -, nonché la
stessa analisi interna del luogo suetoniano : l'allusione al fatto che la
ricognizione è nuova per i luoghi dove viene effettuata e per le
modalità con cui viene effettuata, e cioè «vicatim», appunto, e «per do-
minos insularum». Sembra davvero difficile che la novità possa
riguardare il criterio di registrazione degli aventi diritto al frumentum
publicum in quanto tali7. Questi aventi diritto erano cresciuti a
dismisura a partire dalla lex elodia, se non già a partire dal senatus
consultum promosso da Catone nel 62 e proprio questa abnorme
crescita cui la misura cesariana voleva evidentemente porre
rimedio, dimostra che un recensus degli aventi diritto non doveva esservi

5 E. Lo Cascio, Le professiones; cfr. C. Nicolet, Centralisation d'État et


problème du recensement dans le monde gréco-romain, in Culture et idéologie dans la
genèse de l'État moderne, Actes de la table ronde, Rome 1984, Roma, 1985, p. 1-24;
Id., La Table d'Héraclée et les origines du cadastre romain, in L'Urbs. Espace urbain
et histoire (Ier siècle av. J.-C. - IIIe siècle ap. J.-C), Actes du Colloque international,
Rome 1985, Roma, 1987, p. 1-25; Id., L'Inventario del mondo. Geografia e politica
alle origini dell'Impero romano, trad, it., Roma-Bari, 1989, p. 127 sgg. con 144 sgg.,
130 sg., 195 sgg., 204 sg.
6 Div. lui. 41, 1-2 : «Senatum supplevit, patricios adlegit, praetorum aedilium
quaestorum, minorum etiam magistratuum numerum ampliavit; nudatos opere
censorio aut sententia iudicum de ambitu condemnatos restituii... Admisit ad
honores et proscriptorum Hberos...»; cfr. Div. lui. 76, 1 (praefectura morum); e Cass.
Dio XLIII 14, 4; si vd. in particolare la discussione in M. Jehne, Der Staat des
Dictators Caesar, Colonia - Vienna, 1987, p. 80 sgg. A individuare e a dare particolare
risalto a queste attività di Cesare, oltre che a connetterle espressamente con tutte
le disposizioni della Tabula Heracleensis , era stato A.W. Zumpt, Commentatio-
num Epigraphicarum ad antiquitates Romanas pertinentium volumen, Berlino,
1850, p. 84 sgg.
7 II Nicolet, Le temple des Nymphes, ha identificato nel tempio delle Ninfe il
luogo dove si sarebbero tenuti i registri degli aventi diritto (ma vd. infra), mentre
discusso è dove materialmente avvenissero le distribuzioni prima che fossero
effettuate nella porticus Minucia frumentaria (e discussa è peraltro anche
l'identificazione di quest'ultima : si vd. C. Virlouvet, La topographie des distributions fru-
mentaires avant la création de la porticus Minucia frumentaria, in L'Urbs. Espace
urbain et histoire, cit., p. 175-89, e ora F. Zevi, Per l'identificazione della porticus
Minucia frumentaria, in MEFRA, 105, 1993, p. 661-708; nonché Virlouvet, Tessera
frumentaria, cit., Première partie, Β, e Addendum, p. 373 sgg.). Che vi fosse,
tuttavia, un locus solitus, oltre che un mos solitus, per effettuare la specifica
registrazione degli aventi diritto alle distribuzioni e che precisamente a questi alluda
Suetonio, come sostiene ora C. Virlouvet, Tessera frumentaria, p. 43, η. 49, 169
sgg., mi sembra del tutto improbabile, perché del tutto improbabile mi sembra
(per le ragioni che saranno indicate) che sia esistita prima di Cesare questa
ipotizzata, specifica registrazione degli aventi diritto.
6 ELIO LO CASCIO

stato : non doveva esservi stata una generale ricognizione, cioè,


volta a delimitare il beneficio a un precisato numero di ammessi, in
quanto residenti a Roma : alle frumentazioni partecipavano, e
presumibilmente avevano titolo a partecipare, tutti i cives maschi adulti
che erano a Roma e che potevano perciò essere personalmente
presenti al momento della distribuzione8. Il riferimento al locus solitus
e al mos solitus sembra essere viceversa allusione alle normali
procedure di ricognizione dei cittadini, che implicavano la
comparizione del sui iuris davanti al censore ο ai iuratores. Suetonio vuoi
dire che il nuovo recensus di Cesare non si era effettuato alla stessa
maniera di un normale census, anche se di un normale census
conservava la natura.
Che sia questa la maniera corretta di intendere la notizia sueto-
niana mi sembra, oltretutto, che lo dimostrino i luoghi di Appiano,
di Plutarco, di Cassio Dione, nonché della penocha liviana che
alludono a questa operazione effettuata da Cesare e che la presentano

8 Lo Cascio, Le Professiones; questo parere non è accettato da C. Virlouvet,


Les lois frumentaires , cit., p. 12 η. 3, 19 η. 46, 28. sgg.; ivi i rif. alla lex Clodia e al
provvedimento di Catone e ivi anche riprodotti i passi relativi. Mi sembra,
tuttavia, che proprio il complesso delle testimonianze ora nuovamente analizzate da
C. Virlouvet, Tessera frumentaria, passim, possa valere a dimostrare che al
momento della riforma cesariana non c'era una lista di aventi diritto al frumento
pubblico : 1) il luogo dioneo che si riferisce alla riforma cesariana (XLIII 21, 4)
testimonia come non vi dovesse essere ancora una lista, perché altrimenti lo
stesso incremento έπί μακρότατον di coloro che partecipavano alle distribuzioni non
avrebbe proprio tecnicamente potuto avere luogo e la stessa immigrazione a
Roma non sarebbe stata in grado, di per sé, di determinare l'ammissione di fatto dei
neoimmigrati alle frumentazioni; 2) la misura di Pompeo testimoniata sempre da
Cassio Dione (XXXLX 24, 1), che non si spiega, se non come un'operazione volta a
controllare il possesso del requisito della piena cittadinanza da parte dei
neomanomessi, dimostra proprio che non c'è una generale e periodica ricognizione
degli aventi diritto, volta a produrre una lista aggiornata, mentre il termine
adoperato da Dione, quello di απογραφή, usuale proprio con riferimento alle liste del
censimento, testimonia che ciò che si ha in mente è una ricognizione e un
aggiornamento dell'elenco dei cives nel suo complesso; e) è vero che Suetonio non
afferma che, con la riforma cesariana, sarebbe stata introdotta la registrazione degli
aventi diritto, ma solo una modificazione nel metodo della registrazione : ma
questo può egualmente bene significare ο che la registrazione degli stessi
aventi diritto c'era già prima, e la si è modificata, come vuole la
Virlouvet, ο che non è essa il risultato della misura cesariana : vale a dire
che la riforma cesariana non modifica il criterio di confezione di una lista di
aventi diritto al frumentum, ma i criteri di confezione della stessa
lista del census ! Quanto all'osservazione secondo la quale una misura
quale quella della lex Sempronia sarebbe stata di difficile attuazione in mancanza
di una lista di ammessi al beneficio mi sembra assai indicativa l'analogia che è
possibile rilevare con la legge di Samo analizzata dalla stessa Virlouvet, che
appunto prescrive che la distribuzione debba continuare sino ad esaurimento delle
scorte (Syll.3 976, su cui Virlouvet, Tessera frumentaria, p. 19).
LE PROCEDURE DI RECENSUS 7

nei termini di un vero e proprio census9; la penocha liviana, anzi,


adopera questo stesso termine di recensus, ma poi registra il
risultato con la formula solitamente adoperata per indicare i risultati dei
census : «censa sunt civium capita tot». Lo stesso luogo della vita
suetoniana di Augusto, che è parso dimostrare senz'ombra di
dubbio che il recensus è l'operazione effettuata esclusivamente per
individuare gli aventi diritto alle frumentazioni, letto nel suo contesto,
dev'essere, a mio avviso, inteso diversamente. La menzione del
recensus ο dei recensus effettuati da Augusto è preceduta e seguita dal
ricordo di misure prese da Augusto nell'esercizio di funzioni censo-
rie e comunque volte a garantire il ripristino della funzionalità dei
comizi e della normale attività politica a Roma10. L'allusione è
dunque ai cittadini in quanto partecipi, in conseguenza della stessa
ricognizione censuale, di tale attività politica. Le poche altre oc-
correnze del termine di recensus non confermano, peraltro, in
nessun caso un esclusivo suo impiego in connessione con le
frumentazioni11.
Ma c'è di più. Si è sostenuto dal Nicolet che le liste dei
beneficiari delle frumentazioni sarebbero state conservate autonomamente
presso il tempio delle Ninfe : la cosa risulterebbe, senza ombra di
dubbio, dalla vicenda che Cicerone racconta dell'incendio voluto da
Clodio e di cui si sarebbe reso responsabile Sex. Cloelius12. Ora a me
pare decisivo che Cicerone, nella pro Caelio 78, definisca chi ha
appiccato l'incendio «...qui censum populi Romani, qui memoriam pu-
blicam suis manibus incendii», mentre nella pro Milone 73, affermi :
« . . .eum qui aedem Nympharum incendii, ut memoriam publicam re-
censionis tabulis publicis impressam extingueret». È troppo evidente
che, agli occhi di Cicerone, le tabulae contenute nel Tempio delle
Ninfe sono quelle del census populi, quelle, cioè, che
contengono gli elenchi dei cittadini in quanto registrati al census, ed è pari-
menti evidente che queste stesse tabulae sono anche quelle che ser-

9 App. B.C. II 102; Plut. Caes. 55, 3; Cass. Dio XLIII 21, 4, cfr. 25, 2; Liv. Per.
CXV : cfr. Lo Cascio, Le professiones, p. 304 sgg.; incidentalmente vorrei
osservare come il luogo dioneo in cui si parla dell^éxaaiç dei beneficiari è,
contrariamente a ciò che afferma C. Virlouvet, Les lois frumentaires , p. 19, 46, da me
espressamente menzionato a p. 304.
10 Suet. Aug. 40, 1-2.
11 Né l'hanno le patimenti esigue occorrenze del termine di recensio,
ricordate dal Nicolet, Le temple des Nymphes, p. 42, η. 28, vd. pure Virlouvet, Tessera
frumentarìa, p. 169, η. 15, ο quelle, assai più numerose, di recenseo; mi sembra
interessante, a ribadire la peraltro ovvia associazione del termine di recensus
all'operazione del census - in questo caso il census provinciale -, il fatto che il
termine compaia in due tavolette cerate della Dacia : CIL III p. 945 e 947, 11. 16 e 27.
12 Nicolet, Le temple des Nymphes; che l'accolito di Clodio fosse un Sex.
Cloelius (e non Clodius) è stato mostrato da D. R. Shackleton-Bailey, Sex. Clodius -
Sex. Cloelius, in CQ, 54, 1960, p. 41-2.
8 ELIO LO CASCIO

bano la memoriam publicam recensionis tabulis publicis impressam :


la recensio in questione non è cosa diversa rispetto al census e al re-
census e l'elenco che ne deriva è uno solo13. Si deve ritenere che
l'incendio doveva mirare a rendere non più utilizzabili non solo per le
distribuzioni, ma presumibilmente anche per le votazioni, le liste
esistenti del census14.

2. Le finalità del recensus e i 'documenti' cui da luogo.

Certo, recensus non è la stessa cosa di census : ciò che pare


distinguere il primo dal secondo è tuttavia, almeno nel caso in esame,
il fatto che è espressamente limitato alla città di Roma15. Ma com'era

13 È per questo motivo che non mi sembra colga nel segno la critica che M.
Crawford e C. Nicolet muovono alla mia ricostruzione (in Le professiones cit.),
nel commento alla nuova edizione della Tabula Heracleensis in M.H. Crawford
(ed.), Roman Statutes, Londra, 1996, p. 360, quando sostengono che «the
arguments against a Caesarian census remain decisive», citando il parere di P.A.
Brunt, Italian Manpower, Oxford, 19872, 104, n. 3, «citing the gross ignorance of
Imperial writers of Republican istitutional terminology» : il fatto è che anche
per Cicerone, e non solo per gli autori dell'età imperiale, una
recensio il cui risultato (o, come mi sembra più corretto dire, uno dei cui risultati)
è la definizione della plebs frumentarìa può ben essere definito census ! Ipotizzare
poi, come fa C. Virlouvet, Tessera frumentarìa, p. 169, n. 14, che la fonte del
supposto errore fatto da Appiano, da Plutarco, da Cassio Dione, di confondere il
census col recensus degli aventi diritto alle frumentazioni, sarebbe Livio, perché,
appunto, la periocha liviana presenta i risultati del recensus come se fossero quelli
del census, mi sembra sicuramente da escludere : che Livio, contemporaneo dei
censimenti augustei, potesse confondere due operazioni assai diverse quale il
census e l'ipotizzato recensus dei beneficiari del frumento pubblico è
impensabile.
14 Credo del tutto plausibile (anche se non posso sviluppare l'argomento in
questa sede) che le operazioni dei census che non si sono conclusi con il lustrum
tra il 70 e il 28, debbano comunque avere previsto la registrazione, anche se non
la finale enumerazione, dei cittadini. Che il tempio delle Ninfe custodisse
l'archivio dei censori e i documenti relativi al census era stato sostenuto, per esempio,
da K. Ziegler, nella sua ed. della pro Milone (rielab. da H. Gärtner, Heidelberg,
1972, p. 89); da R. G. Astin, nel suo commento della pro Caelio (Oxford, I9603,
p. 140); da J. Cousin, nella sua ed. della pro Caelio (Parigi, Les belles-lettres, 1962,
p. 144 η. 4).
15 Recensus indica una verifica, una ricognizione su una lista già esistente
(come recensere è adoperato da Livio a indicare la rassegna degli équités); dunque
indica l'operazione nel suo farsi e in quanto non ancora conclusa, dunque non
comprensiva dell'enumerazione; per questo può riferirsi a un censimento
parzialmente effettuato (o effettuato in una località determinata). Naturalmente
nessuno penserà che i censori non abbiano fatto ricorso alle liste del census
precedente al momento di compilare, sulla base delle nuove professiones, le nuove
liste : voglio dire, cioè, che comunque ogni census avrà sempre implicato anche
un recensus. Questo fatto può spiegare il motivo per il quale la parola recensus (o
recensio) possa in taluni casi essere semplicemente un sinonimo di census, e in
taluni casi alludere a un'operazione censoria di contenuto più specifico.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 9

possibile limitare il censimento dei cittadini romani a quei soli


cittadini che risiedevano a Roma? Se si esamina il luogo suetoniano alla
luce della testimonianza offerta dalla Tabula Heracleensis , che
continuo a ritenere, nella sua totalità, documento di età cesariana16, mi
sembra che se ne debba concludere che a Cesare deve essere ascritta
la paternità di una riforma del census, che tuttavia non dev'essere
stata portata a compimento. Cesare avrebbe introdotto per gli
abitanti delle comunità autonome d'Italia quella procedura decentrata
di registrazione che risulta regolamentata dalla penultima sezione
della Tabula Heracleensis. Anziché essere costretti a venire a Roma, i
cives Romani sui iurìs di municipia, coloniae, praefecturae in Italia,
si sarebbero presentati per fare la loro professio al magistrato di
grado più elevato della propria comunità. Le operazioni del census, a
livello municipale, sarebbero state condotte in concomitanza con
quelle effettuate a Roma e a Roma sarebbero state inviate le tabulae
coi risultati dei census locali : anziché muoversi le persone, per
usare una felice formula di Claude Nicolet17, avrebbero cominciato a
muoversi i documenti.
È tuttavia molto probabile, se non certo, che il recensus cesaria-
no della popolazione cittadina di Roma non si sia potuto
accompagnare, in quest'occasione, alla registrazione dei cittadini di
municipia, coloniae, praefecturae : ο per lo meno non dev'essere stato
possibile concluderlo col lustrum, come conferma Augusto nelle Res
gestae16. Ma si dev'essere comunque trattato di un'indagine basata su
professiones e uno dei suoi risultati dev'essere stato
un'enumerazione dei civium capita, analoga a quella del census. Le informazioni
attinte dalla res publica attraverso il recensus sarebbero state quelle
che servivano a conseguire le tradizionali finalità del census, e in

16 Le professiones, p. 315 sgg.; e si vd. ora M. Crawford e C. Nicolet in M.H.


Crawford (ed.), Roman Statutes, p. 362.
17 «La circolazione dei documenti prese quindi il posto della circolazione
degli uomini» : L'inventario del mondo, trad, it., p. 130. Naturalmente il ritenere che
la registrazione decentrata, ai fini del census dei civium capita, nei municipia
coloniae praefecturae sia una novità dell'età cesariana non vuoi dire sostenere che
non esistessero registrazioni locali, e a fini locali, già prima : quelle che, ad
esempio, avevano dato luogo alla redazione delle tabulae publicae censoriae a Larino
(Cic. pro Cluent. 41); ma il fatto è che non abbiamo alcuna prova che fossero tali
registrazioni locali a costituire la base del census a Roma : è per questo motivo
che non mi sembra accoglibile l'ingegnosa ricostruzione della vicenda narrata da
Cicerone nel luogo citato della pro Cluentio proposta da Ph. Moreau, La mémoire
fragile : falsification et destruction des documents publics au Ier siècle av. J.-C, in
La mémoire perdue. À la recherche des archives oubliées, publiques et privées, de la
Rome antique, Parigi, 1994, 121-47.
18 Quando considera avvenuto dopo quarantun anni dal precedente il
lustrum del 28 a.C. : R.G. 8.
10 ELIO LO CASCIO

più, presumibilmente, quelle che valevano a risolvere taluni specifici


problemi di una città che si avviava a essere fatta oggetto di quel
grandioso programma di ristrutturazione urbanistica, «de urbe au-
genda»19, cui pure allude Suetonio20. Quali sarebbero potute essere
queste informazioni?
Claude Nicolet ha recentemente avanzato l'ipotesi che tra la
prima e la seconda sezione della Tabula Heracleensis vi sia una stretta
connessione21. La prima sezione prevede l'obbligo per alcuni di
effettuare una professio davanti a un magistrato romano, che non è
tuttavia il censore, e in forza di questa professio li esclude dalle fru-
mentazioni; la seconda detta disposizioni sulla manutenzione delle
strade pubbliche urbane e suburbane, stabilendo che ad
assumersene, finanziariamente almeno, la responsabilità siano i proprietari
degl'immobili («aedificia»), che si affacciano su di esse. Per il
Nicolet ciò che lega la prima sezione alla seconda è il fatto che i professi
devono essere gli stessi proprietari degl'immobili urbani e che
oggetto della professio devono essere le proprietà urbane. Credo che si
possa andare al di là di questa conclusione e formularne tre altre.
La prima è che i professi sono esclusi dalle frumentazioni, e che
lo sono precisamente in quanto proprietari di immobili urbani : una
limitazione diretta della plebs frumentarìa ai cittadini indigenti non
c'è presumibilmente mai stata, come ha mostrato Denis Van Ber-
chem22, ma c'è, in quest'età cesariana, la limitazione indiretta che
consiste nell'escludere i proprietari degl'immobili. Parte dei 170.000
cui viene tolto il beneficio da Cesare devono essere questi
proprietari : quanti possano essere stati non abbiamo modo nemmeno di
congetturarlo. Il loro numero dev'essere stato, tuttavia, abbastanza
contenuto, tanto da consentire l'esposizione di questo elenco di
esclusi nel foro e nel luogo dove viene effettuata la distribuzione di
frumento23. Gli altri esclusi devono essere coloro che non compaio-

19 Cic. ad Att. XIII 20, 1, cfr. 35, 36.


20 Suet. Div. lui. 44; cfr. in particolare L. Homo, Roma imperiale e
l'urbanesimo nell'antichità, trad. it. (della sec. ed.), Milano, 1976, p. 54 sgg.; e G. Bodei
Giglioni, Lavori pubblici e occupazione nell'Antichità classica, Bologna, 1974, p. 128
sg.; vd. pure Z. Yavetz, Julius Caesar and his public image, Londra, 1983, p. 159.
21 Nicolet, La Table d'Héraclée cit.
22 D. Van Berchem, Les distributions de blé et d'argent à la plèbe romaine sous
l'Empire, Ginevra, 1939, cap. I, part. p. 16 sg., 22 sg.; si vd. pure ad es. P. Veyne,
Le pain et le cirque. Sociologie historique d'un pluralisme politique, Parigi, 1976,
p. 446 sgg.
23 Lo Cascio, Le professiones, p. 293, e lett. ivi. Naturalmente, è questo un
ulteriore, e forte, argomento contro la tesi che vi siano, già in età cesariana, dei
registri specifici e dunque degli elenchi di beneficiari delle frumentazioni, in
quanto tali; la Virlouvet, Tessera frumentaria, p. 286, che si oppone a quest'ultima
conclusione, tenta di superare la difficoltà, ipotizzando, se capisco bene, che dal
luogo della Tabula Heracleensis si debba dedurre l'assenza di liste di beneficiari
LE PROCEDURE DI RECENSUS 11

no nelle professiones rese dai domini insularum viens per viens ο


viens per viens raccolte : dunque, devono essere coloro che hanno una
sistemazione precaria a Roma, che non possono essere considerati
inquilini di immobili urbani : i neoimmigrati ο gl'immigrati di più
precaria condizione. Diversamente dai domini insularum, questi
esclusi sono anche verosimilmente non censiti : in quanto non
regolarmente domiciliati a Roma. Le frumentazioni si risolvono, perciò,
in un beneficio che spetta agl'inquilini di immobili urbani e in
questo senso fanno il paio con altre provvidenze cesariane per
gl'inquilini urbani, soprattutto di Roma : lo stesso Suetonio ricorda come
Cesare dittatore avrebbe rimesso l'affitto di un anno agl'inquilini che
pagavano sino a 2.000 sesterzi di canone a Roma, sino a 500 nelle
altre città d'Italia24.
La seconda conclusione è che il recensus di cui parla Suetonio e
la procedura delle professiones cui allude la prima sezione della
Tabula Heracleensis , se pure riguardano la medesima categoria di
persone, i domini insularum, non alludono tuttavia esattamente alla
medesima operazione. Il recensus cui allude Suetonio è quello
effettuato da Cesare in un'occasione determinata : non è ovviamente
escluso che possa essere seguito da altri recensus ovvero da un vero
e proprio census, effettuati allo stesso modo, «vicatim», cioè, e «per
dominos insularum» : e mi sembra anzi la più ragionevole delle
ipotesi che il recensus o, più probabilmente, i recensus effettuati da
Augusto e a cui allude lo stesso Suetonio, siano stati parimenti
effettuati non solo «vicatim», ma, anch'essi, «per dominos insularum».
La procedura introdotta dalla disposizione della Tabula
Heracleensis, viceversa, è una procedura di registrazione continua ovvero con
una periodicità stabilita e certo, come sostiene il Nicolet, assai più
frequente di un census quinquennale. Vien fatto di pensare che una
delle informazioni che sono oggetto della professio sia quella che
consente l'effettuazione della subsortitio annua da parte del pretore

«dans la procédure de distribution elle-même» e che la norma sia da datarsi ο


prima di quella che la Virlouvet considera la riforma cesariana delle
frumentazioni, attuata attraverso il recensus di cui parla Suetonio, ο in epoca successiva,
quando le disposizioni di Cesare in materia di frumentazioni non sarebbero più
state applicate.
24 Suet. Div. lui 38, 2; cfr. Cic. de off. II 83 sg.; Caes. b. e. 3, 21; Cass. Dio
XLII 51, 1, che data la misura al 47 a.C; ma si vd. CIL XIV 4531, con il commento
di Nicolet, La Table, p. 19, η. 52, per la datazione al 46; vd. Yavetz, Julius Caesar,
cit., p. 150; naturalmente anche questa misura parrebbe implicare l'esistenza di
elenchi ο di registri di inquilini di immobili urbani che non sembra possano
essere stati compilati in modo diverso che valendosi di professiones dei proprietari
(contra, Crawford e Nicolet, comm. alla Tab. Her., 11. 20-1); vd. pure, ora, R. Drex-
hage, Tabulae novae, frumentationes und die stadtrömische Plebs, in Festschrift
Th. Pekâry, St. Katharinen, 1989, p. 119 sgg.
12 ELIO LO CASCIO

fra coloro che non sono stati recensiti : i nuovi immigrati, ad


esempio, ο comunque coloro i quali nel recensus cesariano non sono stati
ammessi fra i beneficiari delle frumentazioni. Va detto per inciso
che la procedura della subsortitio non implica affatto che il numero
che Cesare ha individuato sia un numero fisso e insuperabile nel
futuro25 : con la subsortitio si vuole solo evitare che si creino, per
effetto delle morti, dei vuoti nel novero dei beneficiari e che si
richiedano, per ovviare a questo problema, continuamente dei nuovi
recensus ο delle nuove recensiones . La subsortitio vale cioè a integrare il
numero dei beneficiari da un recensus all'altro. Non si può affatto
dire, in altri termini, che Cesare avrebbe istituito un numero chiuso
di aventi diritto. Tale numero chiuso, se dobbiamo credere a una
ben nota affermazione di Cassio Dione conservataci dal transunto di
Xifilino, è stata un'innovazione augustea26. Ne consegue che, dopo la
riforma cesariana e almeno sino al 2 a.C, la plebs frumentaria è stata
la stessa cosa della plebs urbana : il numero, vale a dire, dei cittadini
maschi adulti oltre i 17 anni27 residenti legittimamente, diremmo, a
Roma, con l'esclusione verosimile dei proprietari degl'immobili, se
l'esclusione attestata dalla Tabula Heracleensis si è perpetuata.
Infine, una terza conclusione che mi sembra possibile trarre
dalla congiunta analisi del luogo suetoniano e delle due prime
sezioni della Tabula Heracleensis è che un medesimo tipo di professiones
deve servire per stilare un doppio genere di documenti : documenti
di tipo censitario, cioè, e documenti di tipo catastale. I primi
valgono a definire il numero dei cives Romani domo Roma, come si dirà
in epoca imperiale avanzata : di quei cittadini che hanno domicilio
in una Roma, la cui estensione non è più definita né più è definibile
come quella delle quattro tribù, ο della cerchia delle mura, ma solo
in base all'area edificata, ai continentia28. Quest'area non può essere

25 Contro, p. es., Rickman, The Corn Supply, p. 177, e ora Virlouvet, Les lois
frumentaires , cit., p. 19; Tessera frumentaria, passim.
26 L'affermazione di Cass. Dio, LV 10, 1 (Xiph.) che prima della «chiusura»
del 2 a. C, il πλήθος dei beneficiari sarebbe stato αόριστον mi sembra decisiva :
ciò che Cassio Dione vuoi dire è che le procedure di census o di recensus dei cives
Romani domiciliati a Roma sarebbero valse, comunque, sino al 2 a.C, a non
rendere fissato una volta per tutte il numero dei beneficiari.
27 Per l'età dalla quale presumibilmente si gode del beneficio, vd. infra,
p. 27 sg.
28 Tab. Her., 1. 20 : si vd. il commento di Crawford e Nicolet, ad loc. e le altre
fonti ivi indicate; vd. pure, in generale, Homo, op. cit., p. 60 sgg. Continuo a
considerare legittimo adoperare l'espressione di cives Romani domo Roma, per i
cittadini che hanno, in età cesariana, il domicilio a Roma, nonostante quanto
osserva ora Y. Thomas, «Origine» et commune patrie. Étude de droit public romain
(89 av. J.-C.-212 αρ. J.C.), Roma, 1996, p. 67 s., e sostanzialmente per due motivi :
1) perché ritengo, contro la tesi generale del libro di Thomas, che una nozione
come quella di origo come fatto distinto dal domicilium non fosse stata ancora
LE PROCEDURE DI RECENSUS 13

territorialmente delimitata una tantum, ma i suoi confini si


avanzeranno man mano che l'area edificata si allargherà nel corso
dell'età imperiale, in un suburbio che comunque di per se stesso, come ha
messo in rilievo Lorenzo Quilici in un saggio ben noto29, è assai
popolato. Il secondo tipo di documenti è quello che consente la
ricognizione delle proprietà urbane, al fine di individuare coloro che
debbano essere ritenuti responsabili finanziariamente delle spese
per la manutenzione delle strade, che sono, per la città e per i suoi
continentta sino a un miglio dalla città, i proprietari degli edifici che
su tali strade si affacciano. Il fatto che un medesimo tipo di profes-
siones permetta di effettuare, congiuntamente, un'enumerazione
degli abitanti e una ricognizione delle proprietà avvicina il recensus ce-
sariano, com'è stato messo in rilievo dal Nicolet30, alle kat'oikian
apographai, effettuate anch'esse kat'amphoda, e cioè precisamente
vicatim : un'innovazione, come pare, nella nuova organizzazione
dell'Egitto romano dopo l'annessione31.
È verosimile che questa procedura di ricognizione congiunta
delle persone e delle proprietà, estesa ai census provinciali ο quanto
meno a quello egiziano, sia, a Roma, sopravvissuta a Cesare. Certo
gli è sopravvissuta la nozione di una città di Roma delimitata dai
suoi continentia e di una popolazione cittadina parimenti
delimitata. Sono ben noti, e sono stati studiati, per esempio, di recente da

giuridicamente definita in età cesariana ; 2) perché la determinazione dei


cit adini di Roma, beneficiari del frumentum publicum dopo la riforma cesariana, non
può ovviamente che aver fatto riferimento al domicilium (che sarebbe
immotivato considerare, nella «langue du droit» come sempre contrapposto a domus, e
non anche, talora, come sinonimo, come implicitamente ammette lo stesso
Thomas, con riferimento a Nörr, RE Suppl. X, col. 448, s.v. origo), mentre mi pare
sicuro che non abbia (o, quanto meno, non abbia ancora) potuto in alcun modo
fare riferimento a quella nozione di origo, la cui precisazione giuridica è un fatto
dell'avanzato principato. Spero di potere illustrare, in dettaglio, in altra sede le
ragioni per le quali ritengo inaccoglibile la pure assai ingegnosa, e bene
argomentata, tesi di fondo del Thomas. Mi basti, per intanto, osservare come
incontrovertibile mi sembra che le norme sul census della Tabula Heracleensis
individuino un criterio di ripartizione del corpo civico basato non sulY origo, ma sul
domicilium : se così non fosse, non si comprenderebbe perché il caso che
rappresenta l'eccezione sia appunto quello di colui che ha più domicilia e al quale si
consente perciò (si vd. da ult. Crawford e Nicolet, Roman Statutes, p. 389 s., con
rif. a 11. 157-8) di farsi recensire a Roma.
29 L. Quilici, La campagna romana come suburbio di Roma antica, in PdP,
XXIX, 1974, p. 410-38.
30 Nicolet, La Table d'Héraclée, cit., p. 22 sgg.
31 M. Hombert e C. Préaux, Recherches sur le recensement en Egypte romaine
(P. Bruxelles Inv. E. 7616), Pap. Lugd. Batav. V, Leida, 1952; O. Montevecchi, //
censimento romano d'Egitto .precisazioni, in Aevum, 50, 1976, p. 72-84; R.S.
Bagnali e B. W. Frier, The Demography of Roman Egypt, Cambridge, 1994, cap. 1.
Per la registrazione dei beneficiari del frumento a Ossirinco, anch'essa
kat'amphoda, vd. infra, p. 53 con n. 174.
14 ELIO LO CASCIO

Frézouls32, i luoghi dei giuristi dai quali si deduce che cosa significhi
esattamente, dal punto di vista della delimitazione territoriale della
città, questa nozione dei continentia33, che a Roma sostituisce
quella, nelle altre città, delle mura34, ο l'altra nozione di una Roma che si
estende al di là dell'Urbs; com'è parimenti ben noto il luogo di Te-
rentius Clemens nel quale si afferma che chi è nato nei continentia
urbis si deve intendere nato a Roma35. Ma l'estensione dei
continentia non può essere fissata, come si è detto, e per definizione, una
volta per tutte : essa va ampliandosi nel «comprensorio» di Roma,
come lo chiamava Léon Homo36, un termine cui è difficile dare un
preciso contenuto giuridico-amministrativo. Il comprensorio è quel
territorio che è possibile definire, si potrebbe dire, solo in negativo,
dai confini delle comunità contigue a Roma : Fregene e Veio a nord,
Fidene a nord-est; Ficulea a est; Gabi e Tusculum, a sud-est; Boville
ed Aricia a sud, Lavinio e Ostia a sud-ovest. Se il cittadino nato nei
continentia è considerato come nato a Roma, il cittadino romano
nato nel comprensorio dev'essere parimenti, in quanto censito a
Roma, cittadino romano domo Roma31.

3. / beneftciarì delle frumentationes e il loro numero prìma di Cesare.


L'individuazione di un numero di cittadini di cui si può dire che
sono domo Roma è dunque la diretta conseguenza della nuova
maniera di condurre il census : vale a isolare la plebe urbana, ovvero la
plebe frumentaria, come quella che risiede nella città e nei suoi
immediati dintorni : tutti quei cittadini, cioè, che non si registreranno,
al momento del census, in un municipium, in una colonia, in una
praefectura. È solo a partire da questo momento che può nascere la
nozione di una plebe urbana delle trentacinque tribù38. Prima del-

32 E. Frézouls, Rome ville ouverte. Réflexions sur les problèmes de l'expansion


urbaine d'Auguste à Aurélien, in L'Urbs, cit., p. 373-92.
33 Dig. L 16, 87 (Marcello); L 16, 139 (Ulpiano).
34 Dig. XXXIII 9, 4, 4-5 (Paolo); L 16, 139 (Ulpiano).
35 Dig. L16, 147.
36 Roma imperiale, cit. p. 99.
37 Mi pare del tutto legittimo dedurre dal luogo citato di Terentius Clemens,
con W. Eck, Die staatliche Organisation Italiens in der hohen Kaiserzeit, Monaco,
1979, p. 112, n. 8, che le «dichiarazioni di nascita» previste a partire dalla lex Ae-
lia Senna e Papia Poppaea (sulle quali cfr. Nicolet, L'inventario del mondo, p. 134
sg. e ivi letteratura), dovessero essere rese, nei municipio., davanti all'autorità
locale : così come decentrato era il census, decentrate dovevano essere queste
procedure di registrazione dei nuovi nati.
38 Cfr., in particolare, ILS 168 e 176; la nozione sarebbe attestata per la prima
volta nel 44 a.C. : cfr. C. Nicolet, Plèbe et tribus : les statues de Lucius Antonius et
le testament d'Auguste, in MEFRA, 97, 1985, p. 799-839, alle p. 816 sgg., a
proposito di Cic. Phil, VI 12-15; Id., L'inventario del mondo, p. 237; vd. anche A. Fra-
schetti, Roma e il principe, Roma-Bari, 1990, p. 182 con n. 74. Proprio la testimo-
LE PROCEDURE DI RECENSUS 15

l'innovazione cesariana, un'enumerazione della plebe urbana in


questo specifico senso sarebbe stata impossibile, giacché
l'articolazione del corpo civico al momento del census era quella delle tribù.
Prima dell'innovazione cesariana sarebbe stato possibile
individuare il numero degli appartenenti non già alla plebe urbana, intesa
come quella residente a Roma, cui va il beneficio delle frumentazio-
ni, ma solo il numero degli appartenenti alle tribù urbane : e ho
l'impressione che sia utilizzando il quadro delle tribù, per l'appunto, che
è stato possibile, in alcuni periodi prima dell'età cesariana, limitare
il beneficio delle frumentazioni a poche decine di migliaia di
persone, come ci attesta esplicitamente Cicerone, nelle Verrine, a
proposito della lex Terentia Cassia. Detto altrimenti : la possibilità
dell'individuazione di una plebs urbana, che è anche plebs frumentaria,
come cosa diversa dalla plebs delle quattro tribù urbane, nasce con
la riforma cesariana delle procedure del census attestata,
congiuntamente, dal luogo suetoniano e dalla Tabula Heracleensis : prima di
questa data non c'è, né, come sembra, vi può essere, un'effettiva
enumerazione di una plebs urbana definita iniquesto senso.
La tesi che intendo prospettare, a questo proposito, è dunque
che la limitazione del beneficio alla plebs urbana è condizionata
dalla maniera nella quale viene a potersi definire questa plebs urbana
stessa nel corso del periodo precesariano e di quello postcesariano.
Mi sembra difficilmente ammissibile che, pur dopo l'estensione,
forse solo «teorica» per molti degli aventi diritto, della cittadinanza
romana a seguito della Guerra Sociale, la plebe urbana di Roma, in
senso proprio, potesse essere cosa diversa dai cittadini registrati
nelle quattro tribù urbane, se, come pare assolutamente certo, gli
elenchi dei cittadini, che costituivano la base per la loro
enumerazione, erano elenchi per tribù. Mi sembra incontrovertibile dunque
che, prima che divenire, con Cesare, la plebe urbana delle
trentacinque tribù, la plebe urbana non possa che essere stata,
propriamente, quella delle quattro tribù urbane39.
Se così stanno le cose, è improbabile che la prima lex
frumentaria abbia potuto prevedere una limitazione del beneficio ai soli
cittadini domiciliati a Roma, se non ha previsto la limitazione, appunto,
ai soli cittadini registrati nelle tribù urbane. Sembra, viceversa,
ipotesi plausibile che, per potere godere del beneficio, sia bastato che il

nianza ciceroniana, valorizzata per questo specifico aspetto dal Nicolet con
grande acume, dimostra, a mio avviso senza ombra di dubbio, che la genesi di
una nozione quale quella di plebe urbana delle trentacinque tribù va riconosciuta
nella riforma dei modi della registrazione censuale effettuata da Cesare.
39 Si vd. la documentazione relativa a plebs urbana, e tribus urbanae, esausti-
vamente raccolta e commentata da Nicolet, Plèbe et tribus, p. 828 sgg.
16 ELIO LO CASCIO

cittadino fosse materialmente in grado di goderne : fosse, vale a


dire, a Roma nel momento stesso delle distribuzioni. Né pare,
peraltro, che di una qualsiasi limitazione del benefìcio a una sola
categoria di cives Romani si sia resa responsabile la lex Appuleia40. Ma si
può pensare che sia questa la limitazione verosimilmente introdotta
dalla lex Octavia41 o, più tardi, dopo la parentesi sillana, dalla lex Te-
rentia Cassia*2! Cicerone implica che la lex Octavia sarebbe stata
assai meno rovinosa per le casse statali della lex Sempronia ed è ovvio
che, per contenere il costo delle frumentazioni, una delle possibili
strade sarebbe stata quella di limitare il numero dei beneficiari. Ma
in che modo? Riservando il beneficio solo alla parte indigente della
popolazione urbana di Roma? Questo - lo si è messo sempre in
rilievo, a partire dal Van Berchem - parrebbe del tutto escluso. La
limitazione più naturale sarebbe stata quella di riservare il beneficio,
appunto, a coloro che erano legalmente domiciliati a Roma. Ma come
si poteva decidere chi fosse legalmente domiciliato a Roma e chi
non lo fosse? L'unica ripartizione del corpo civico romano basata
sulla residenza ο sultdomicilio era ancora, ripetiamo, quella delle
tribù. È vero che l'estensione dell'area abitata di Roma era, e da
molto tempo, andata ben al di là del pomerio e ben al di là dell'area delle
tribù urbane43 : è vero, cioè, che la plebe ricompresa nelle quattro
tribù urbane in nessun modo avrebbe potuto essere considerata
come comprensiva di tutti i cittadini romani effettivamente
residenti nell'area urbana di Roma. E tuttavia è vero pure che, a questo
livello cronologico, non sembrano esservi altre maniere di definire,
dal punto di vista di una registrazione ufficiale, la plebs urbana, se
non facendo riferimento alle quattro tribù urbane.
Non saprei dire se indizi, sia pure esili, a favore dell'ipotesi che
la lex Octavia limitasse il beneficio a una parte ben definita e ben
definibile di cives si trovino nei due luoghi ciceroniani e in quello sal-
lustiano che alla lex Octavia si riferiscono44. Ma un indizio impor-

40 Fonti riprodotte, ora, in Virlouvet, Les lois frumentaires , cit. (a n.l).


41 Fonti e discussione sul suo contenuto, ibid.
42 Fonti ibid.
43 Per il motivo per il quale non è legittimo parlare delle quattro regioni, ma
solo delle quattro tribù urbane si vd. Fraschetti, op. cit., p. 181 sgg.
44 Cic. de off. II 72; Brut. 222; Sali. Hist., I 62, Maur. Il luogo del de offidis
contrappone la magna frumentarìa largitio di Gaio Gracco alla «modica M. Octa-
vii et rei publicae tolerabilis et plebi necessaria; ergo et civibus et rei publicae saluta-
ris». L'indizio potrebbe stare nel fatto che si dice prima (e l'allusione alla legge di
Ottavio rappresenta un'esemplificazione) che eorum [seil, benefìciorum] autem
ipsorum [quae] partim eius modi sunt ut ad universos cives pertineant, partim, sin-
gulos ut attingant; quae sunt etiam gratiora. Danda opera est omnino, si possit,
utrisque nee minus ut etiam singulis consulatur, sed ita ut ea res out prosit out
LE PROCEDURE DI RECENSUS 17

tante del fatto che con la lex Terentia Cassia la restrizione del
numero degli accipientes vi sia stata e che tale restrizione abbia davvero
assunto la forma di una limitazione del beneficio ai soli registrati
nelle tribù urbane mi sembra che sia dato coglierlo, per un verso, in
un luogo ben noto delle Verrine, utilizzato da sempre per tentare di
dedurne il numero dei beneficiari dopo la lex Terentia Cassia, e, per
un altro verso, in un luogo del de lege agrarìa, che, come pare,
fornisce, una volta messo in relazione col citato luogo delle Verrine, la
conferma del fatto che sarebbe stato del tutto ragionevole effettuare
la contrazione del numero degli accipientes limitando, appunto, la
provvidenza ai soli registrati delle tribù urbane45. Cicerone afferma
che, con la lex Terentia Cassia, 33.000 medimni, e cioè 198.000 mo-
dii, costituiscono plebis Romanae prope menstrua cibarìa46 : il
numero che se ne deduce degli appartenenti alla plebs Romana, se
individuiamo in cinque modii la quantità data a ciascuno47, è modesto,
appena 40.000. Ora è ben noto che il dato ha sempre costituito una
difficoltà, soprattutto perché, da un altro luogo delle Verrine, è
possibile ricavare il convincimento che le disposizioni della lex Terentia
Cassia, che avevano per finalità quella di ampliare la quota di grano
acquistata dallo stato per approvvigionare la città di Roma48,
implicassero la presenza, a Roma, di un'assai più elevata popolazione. È
ovvio, allora, che 40.000 dev'essere il numero di una quota modesta
della popolazione cittadina, quella cui va direttamente e, come ora
si dirà, forse gratuitamente, il frumento dello stato. A me sembra
che l'unica maniera, da parte dell'amministrazione, di isolare nel
complesso dei cives Romani questa minoranza di beneficiari non
potesse essere altra che prendere in considerazione coloro che risul-

certe ne obsit rei publicae. C. Gracchi frumentaria etc.. Sembra di doverne dedurre
che le leggi frumentarie giovano ai cives in quanto striglili e che anche la legge di
Ottavio ha giovato ai singoli - e, si potrebbe pensare, non a tutti -, ma non è stata
di danno alla res publica, diversamente da quella di Gaio Gracco.
45 Naturalmente ciò significa che l'ipotesi spesso fatta che, in taluni periodi
della loro storia, le frumentazioni sarebbero andate ai soli ingenui - ipotesi
peraltro priva di qualsiasi riscontro nelle nostre fonti - sia senz'altro da escludere. Per
la tesi secondo la quale, prima della misura di Catone o, più probabilmente, di
quella di Clodio, gli esclusi, fra i domiciliati a Roma, sarebbero stati appunto i
liberti, si vd. ora Virlouvet, Tessera frumentaria, p. 178 sgg. Per la riproposizione di
una simile ipotesi per le frumentazioni dell'epoca imperiale vd. infra.
46 Cic. 2 Verr., 3, 72.
47 Che cinque modii sia la quantità prevista già dalla lex Sempronia
frumentaria è parere comunemente espresso (già dal Mommsen di Die röm. Trìb. ;
ma non dal Cardinali) : si vd. ora Virlouvet, Les lois frumentaires , cit. (a n.l),
p. 17.
48 Cic. 2 Verr., 3, 163. C. Virlouvet, Les lois frumentaires, ha ragione a
insistere su questo punto (come pure, in generale, sul fatto che le leges frumentariae
avranno di norma anche inteso affrontare i problemi dell'approvvigionamento di
Roma nel suo complesso).
18 ELIO LO CASCIO

tavano registrati come appartenenti alle tribù urbane49. La riprova la


possiamo rinvenire, mi sembra, in una delle disposizioni per la
distribuzione dell'ager Campanus contenuta nella legge proposta da
Rullo, il cui tenore conosciamo dalla critica che ad essa oppone
Cicerone. Per scegliere quali dovessero essere i beneficiari della sua lex
agraria, Rullo avrebbe proposto di partire dall'elenco dei cittadini
registrati nella tribù Romilia : avrebbe cioè proposto, di fatto, di
riservare in primis il benefìcio agli appartenenti alle tribù rustiche,
«saltando» le tribù urbane50 : «Quaesivi ex eo Kalendis Ianuarìis quibus
hominibus et quem ad modum illum agrum esset distrìbuturus. Re-
spondit a Romilia tribu se initium esse facturum». Cicerone
commenta : «Primum quae est ista superbia et contumelia ut populi pars
amputetur, ordo tribuum neglegatur, ante rusticis detur ager, qui
habent, quant urbanis, quibus ista agri spes et iucunditas ostendi-
tur?»51. Al di là del commento malevolo di Cicerone, vi era,
naturalmente, una motivazione ragionevole nella proposta di Rullo : il
tribuno si proponeva, come peraltro dice lo stesso Cicerone, di «exhau-
rire», di «svuotare» Κ quella sentina che era divenuta Roma, con lo
scopo di sminuire il ruolo che ormai giocava la plebs urbana nei
comizi - una plebs urbana ovviamente comprensiva in questo caso,
per Cicerone, anche dei rustici, dei neoimmigrati appartenenti alle
tribù rustiche - e anche questa ragionevole motivazione della
misura provocava la critica di Cicerone : «Et nimirum id est quod ab hoc
tribuno plebis dictum est in senatu, urbanam plebem nimium in re
publica posse, exhauriendam esse; hoc enim verbo est usus, quasi de
aliqua sentina ac non de optimorum civium genere loqueretur»52. Ma
lo stesso Cicerone doveva ben considerare come gravissima la
questione dell'eccessivo affollamento di Roma se tre anni dopo, in una
lettera ad Attico, commentando la proposta di legge agraria di Fla-
vio, può usare la medesima espressione53. Il problema era,
ripetiamo, quello di provvedere in qualche modo al mob dei neoimmigrati
a Roma, i quali, naturalmente, non potevano che risultare registrati

49 L'ipotesi del Brunt, Italian Manpower, cit., p. 379, è che si trattasse dei soli
ingenui : ma come individuarli? come coloro che non risultavano iscritti nelle
tribù urbane? In verità il senso della misura è un altro, e proprio i liberti iscritti
nelle tribù urbane e presenti a Roma dovevano essere fra i primi beneficiari.
50 È questa, mi sembra, un'ulteriore riprova del fatto che gli elenchi dei
cittadini dovevano essere, ancora nel 63, solo per tribù, e non per municipia coloniae
e praefecturae, secondo l'innovazione introdotta dalla norma della Tabula Hera-
cleensis.
51 Cic. de lege agraria II 79.
52 Ibid., Il, 70.
53 Ad Att. I 19, 4 : «sentinam urbis exhauriri arbitratur», col commento di
Veyne, Le pain, p. 453.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 19

nelle tribù rustiche, laddove i nullatenenti che da più lungo tempo


risiedevano nella città dovevano risultare iscritti nelle tribù
urbane54. Era del tutto naturale, checché ne dica Cicerone, che una
proposta di legge agraria rivolta precipuamente a distribuire lotti al
proletariato urbano di Roma si dirigesse, in primo luogo, ai
neoimmigrati, dunque ai proletarii iscritti nelle tribù rustiche ma presenti,
sia pure in una situazione precaria, nella città.
Ma se è così, diviene anche comprensibile perché si potesse
pensare di riservare il beneficio delle frumentazioni ai soli registrati
nelle tribù urbane : si trattava di coloro nei confronti dei quali non
doveva, né poteva, valere la politica di «exhaurire» Roma quasi fosse
una sentina. Una limitazione alle tribù urbane del beneficio,
peraltro, avrebbe significato che le frumentazioni non sarebbero state,
non sarebbero potute essere, un incentivo all'ulteriore inurbamento
della popolazione contadina.
A me pare, in conclusione, che supporre che la restrizione del
beneficio delle frumentazioni introdotta, ο perpetuata, dalla lex Te-
rentia Cassia fosse la restrizione ai soli registrati nelle tribù urbane
spieghi meglio di qualsiasi altra ipotesi l'esiguità del numero degli
appartenenti alla plebs Romana, che si deve dedurre
dall'osservazione ciceroniana circa la quantità di frumento che costituisce
«prope menstrua cibarìa» di tale plebs. E gli altri cives Romani
presenti a Roma sarebbero stati lasciati al loro destino? Credo che
bisogni tornare a una vecchia ipotesi del Rostovzev, ripresa, in anni a
noi più vicini, mi sembra, soltanto da Santo Mazzarino : che la lex
Terentia Cassia prevedesse, come forse già la misura di Lepido, la
gratuità della prestazione di frumento, ma che tale gratuità sarebbe
presto stata abolita, presumibilmente con il senatoconsulto di
Catone del 62, per essere poi ripristinata da Clodio con la legge del 58.
Rostovzev si basava su una serie di ragionevoli deduzioni che gli
pareva di poter trarre da talune delle testimonianze antiche sulla
misura di Lepido, sulla Lex Terentia Cassia, sul senatoconsulto di Catone
e sulla lex Clodia55. È probabile, allora, che la lex Terentia Cassia, che
prevedeva la distribuzione di frumento pubblico gratuito per 40.000

54 Si vd. quanto osserva a questo proposito EJ. Jonkers, Social and


Economie Commentary on Cicero's de lege agraria orationes très, Leida, 1963, p. 116 sg.,
il quale sostiene, a ragione, mi pare, che «what Cicero has to say about the tribus
urbanae applies to the generation before his own!».
55 Rostovzev, RE VII, 1, (1910), coll. 126-87, s.v. Frumentum, alle col. 173 sg.;
S. Mazzarino, In margine alle «Verrine» per un giudizio storico sull'orazione «de
frumento», in Atti I Congr. Intern, studi ciceroniani, 1959, Roma, 1961, p. 99-118, a
p. 106. In particolare Rostovzev si basava sul discorso di Licinio Macro nelle
Storie sallustiane (III 48, 19 Maur.), e sulla maniera nella quale Cassio Dione
(XXXVIII 13) presenta la misura di Clodio (e sostenendo, come mi sembra a
ragione, che nel testo dioneo non andasse corretto Γαύθις che vi compare).
20 ELIO LO CASCIO

persone, prevedesse altresì la vendita anche del frumento di origine


contributiva, concorrendo in tal modo a calmierarne il prezzo sul
mercato romano56.
Ma se è così, anche la misura di Catone diventa chiara. Presa
dopo il fallimento della proposta di Rullo che mirava a svuotare
Roma e volta a garantire la pace sociale dopo la repressione del
movimento catilinario, la misura, mentre doveva abolire la distribuzione
gratuita di frumento ai 40.00057, doveva allargare il beneficio di una
distribuzione di frumento a prezzo politico anche all'ano pov και
άνέμητον οχλον (si osservi la significatività, in questo contesto, e
proprio in rapporto alle proposte di legge agraria, del termine
άνέμητον!)58. In quali tribù era registrato questo οχλον?
Evidentemente in tutt'e trentacinque le tribù. La misura di Catone, pertanto,
non solo allargava il beneficio a una massa già enorme di persone,
ma poteva rappresentare l'incentivo all'inurbamento per i proletarii
delle campagne italiche. L'abolizione del prezzo politico, la
reintroduzione della gratuità, e questa volta senza stabilire un limite
numerico ai beneficiarii, con la lex Clodia59, non poteva che ulteriormente
aggravare la situazione : tanto sul piano delle finanze statali, quanto
su quello dell'affollamento della città. Va ribadito che non sembra
esservi stato, ancora, nessun generale elenco dei beneficiarii, né un
tale elenco fu apprestato ora, come dimostra, mi sembra
incontrovertibilmente, proprio il fatto che Pompeo, nel gestire la cura anno-
nae, dovesse provvedere ad effettuare un censimento dei liberti
manomessi proprio in conseguenza della lex Clodia60.
È possibile calcolare, sulla scia del Beloch e del Frank, quale
fosse l'ordine di grandezza del numero dei beneficiari, con la misura
catoniana, dalle due notazioni plutarchee che ad essa si riferiscono e
della cui attendibilità non sembra vi sia ragione di dubitare. Nella
vita di Catone Plutarco dice che il provvedimento catoniano avrebbe
determinato una spesa per lo stato per un ammontare pari a 1.250

56 Si vd. anche, in questo stesso senso, Brunt, op. cit., p. 378 con n. 6. 1
calcoli di R. J. Rowland Jr., The Number of Grain Recipients in the Late Republic, in
AAntHung, 13, 1965, p. 81-83, sono basati su premesse non convincenti e sono per
di più errati : Lo Cascio, Le professiones, cit., p. 298, n. 39, e gli autori ivi cit.
57 Che la distribuzione fosse al prezzo graccano di 6 assi e un terzo alla
vigilia della lex Clodia lo sappiamo da Cic. pro Sestio 55 e da Asc. in Pison. p. 8 C. Ciò
può valere ad attenuare la «paradossalità» del fatto che fosse Catone l'ispiratore
del senatus consultum, una paradossalità sulla quale insiste F. Reduzzi Merola,
«Leges frwnentariae» da Gaio Gracco a Publio Clodio, in Sodalitas. Scritti in onore
di Antonio Guarino, II, Napoli, 1984, p. 533-59.
58 Plut. Cat. Min. 26, 1; cfr. Caes. 8, 6.
59 Cic. pro Sestio 55; Cass. Dio XXXVIII 13; Schol. Bobb. 132 St.; Asc. In
Pison. p. 8 C.
60 Cass. Dio XXXLX 24.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 21

talenti annui, owerosia 30.000.000 di sesterzi; nella vita di Cesare si


dice che Catone avrebbe incrementato, con la sua misura, le spese
dello stato di 7.500.000 dracme (o, secondo una variante della
tradizione manoscritta, di 5.500.000 dracme)61. Se ogni beneficiario
aveva diritto a 60 modii l'anno e pagava per ogni modio 6 assi e un
terzo, la spesa da lui sostenuta sarebbe stata di 95 sesterzi; se allo stato
questo frumento costava 4 sesterzi il modio62, la spesa sostenuta
dallo stato per ogni beneficiario sarebbe stata di 240 meno 95 sesterzi,
dunque 145 sesterzi. Ne consegue che i beneficiari sarebbero stati
pressoché 200.00063. Il calcolo, naturalmente, non può essere che
meramente indicativo, giacché non sappiamo a quale prezzo,
mediamente, lo stato comprava il modio e c'è in ogni caso da tenere
presente che in parte almeno il frumento che perveniva a Roma era
direttamente di origine contributiva : se il prezzo al quale lo stato
comprava mediamente il frumento fosse stato pari ai 3 sesterzi della
seconda decima ο ai 3 sesterzi e mezzo del frumentum imperatum
negli anni di Verre, il costo aggiuntivo sostenuto dallo stato per ogni
beneficiario sarebbe stato di 180 meno 95 sesterzi, dunque 85
sesterzi, ο di 210 meno 95 sesterzi, dunque 115 sesterzi, e il numero dei
beneficiari, rispettivamente, di 350.000 ο di 260.000 persone circa64; se
fosse stato, invece, più elevato di 4 sesterzi, allora evidentemente il
numero dei beneficiari sarebbe stato inferiore a 200.000. Ancora, se
si suppone che la nutazione plutarchea si riferisce al costo
aggiuntivo determinato dall'allargamento del numero degli accipientes, si
potrà ritenere che i 200.000 debbano aggiungersi ai 40.000 che
presumibilmente ricevevano già il frumento con la lex Terentia Cassia;
se si suppone che la nutazione plutarchea, riferendosi, appunto, al
costo aggiuntivo per l'ampliamento del numero dei beneficiari,
tenga anche conto del fatto che i quarantamila cui il grano era stato
dato gratuitamente dalla lex Terentia Cassia ora dovevano pagarlo e
dunque, per questa posta, lo stato risparmiava 95 χ 40.000 sesterzi,
dunque 3.800.000 sesterzi, si dovrà calcolare il numero aggiuntivo
degli accipientes non già in soli 200.000 ma in più di 230.00065. In
conclusione possiamo dire, con sufficiente sicurezza, che il numero

61 Plut. Cat. Min., 26, 1; Caes. 8, 6.


62 È questa la valutazione del Frank, ESAR I, p. 329, e già del Beloch, Die
Bevölkerung der griechisch-römischen Welt, 1886, p. 397 [= La popolazione del mondo
greco-romano, in Biblioteca di storia economica dir. da V. Pareto, IV, Milano,
1909, p. 364], che a sua volta si rifa a un parere espresso dal Mommsen.
63 Così Beloch, ibid.
64 II numero sarebbe stato ancora maggiore qualora, del consumo
comples ivo di Roma, fossero stati computati come assolutamente gratuiti per lo stato
almeno 3.000.000 di modii, quelli della decima.
65 Calcoli diversi, perché basati su ipotesi diverse, sono quelli, ad esempio,
del Rickman, The com supply, cit. (a η. 2), p. 170 sg.
22 ELIO LO CASCIO

degli accipientes, con la misura di Catone, dev'essersi enormemente


accresciuto rispetto al numero verosimilmente previsto dalla lex Te-
rentia Cassia : è ovvio che gli accipientes non possono essere stati
solo i registrati nelle tribù urbane.
Va ribadito che questo numero complessivo di accipientes non
poteva in alcun modo trarsi da un elenco di cives Romani
domicil ati a Roma, della cui esistenza non abbiamo alcuna notizia sino
all'età cesariana, come si è detto, e meno che mai da un elenco specifico
di partecipanti alle distribuzioni frumentarie, che proprio
l'incremento stesso di questi anni testimonia non esisteva ancora. Per
questo motivo non si possono accettare ipotesi quali quella del Car-
copino sul dato del census dell'86, che conosciamo dalla versione ge-
ronimiana del Chronicon di Eusebio66. Sostiene il Carcopino che il
dato fornito dal tardo cronografo non si riferirebbe, come
sembrerebbe ovvio, al numero complessivo dei civium capita computati in
occasione del census dell'86, ma al numero dei cittadini, di ogni età
e di entrambi i sessi, presenti a Roma. Girolamo adopererebbe in
questo caso, per ricordare l'enumerazione in questione,
congiuntamente i termini di descrìbtio e di homines, laddove, nel riferire dei
risultati dei census, adopererebbe talora uno dei due termini, ma mai
entrambi nello stesso tempo. Il Carcopino ritiene di trovare una
conferma della sua interpretazione in una notizia riferita da una
glossa anonima ai versi 318-9 del I libro della Farsaglia di Lucano :
«Pompeius praefectus annonae magnus habebatur nec immerìto quia
Roma volebat omni die LXXX milia modiorum annonae et sic per hoc
acquisivit sibi multos clientes». Ragiona Carcopino : 80.000 modii al
giorno fanno 29.200.000 modii l'anno e dunque, a 60 modii a testa (e
cioè 5 modii al mese per dodici), si può calcolare il numero dei
consumatori di questo grano in 486.000, 23.000 di più della cifra
data da Girolamo per Γ86-85. La conclusione, pur ingegnosa, è del
tutto arbitraria : non possiamo attribuire una significazione
particolare alla sostituzione, in questo caso specifico, di census con
descrìbtio, se non l'attribuiamo anche negli altri casi in cui
indubitabilmente del normale census si parla; e allo stesso modo
non possiamo attribuire alcun valore alla sostituzione di cives con
homines in questo caso, se non l'attribuiamo anche negli altri67.

66 J. Carcopino, Sur un passage de la Chronique de saint Jérôme (Abr. 1932), in


Mèi. François Martroye, Parigi, 1940, p. 73-79; la cifra riferita da Girolamo è
quella di 463.000.
67 Né il confronto, istituito dal Carcopino, con gli homines cives
dell'iscrizione di L. Emilio Secondo, con riferimento agli Apameni {ILS 2683; si vd. ora
L. Boffo, Iscrizioni greche e latine per lo studio della Bibbia, Brescia, 1994, η. 23,
p. 182-203), mi sembra in alcun modo indicativo. È effettivamente assai
probabile che i CXVII milia hominum civium di Apamea, computati in occasione del
censimento di Sulpicio Quirinio (sulla cui datazione le opinioni divergono : si vd.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 23

Quanto al confronto con lo scoliaste di Lucano, il ragionamento del


Carcopino è certo inaccettabile : se cinque modii al mese erano la
razione distribuita a ogni beneficiario, cinque modii non era
sicuramente il consumo medio pro capite di grano per gli abitanti di
Roma, che oltretutto comprendevano anche peregrini e schiavi. Il
dato dello scoliaste, posto che si voglia attribuire un qualsiasi valore
a questa testimonianza68, può dirci che la popolazione complessiva
di Roma, ivi compresi peregrini e schiavi, all'epoca di Pompeo
doveva superare ampiamente il mezzo milione : ma non lo si può certo
usare a conferma di un'interpretazione certamente improponibile
del dato geronimiano sul censimento dell'86-85. Ma soprattutto :
prima dell'introduzione del criterio della registrazione decentrata,
nei municipia coloniae praefecturae, un'enumerazione limitata ai soli
cives Romani di Roma sarebbe stata impossibile, giacché le liste dei
cittadini erano stilate per tribù.

4. Beneficiari delle frumentationes e popolazione cittadina tra Cesare


ed Augusto.

Mi sembra, a questo punto, che possiamo tentare di estrarre,


dai dati numerici suetoniani, una qualche indicazione circa la
consistenza della popolazione di Roma in età cesariana. I maschi
adulti, oltre i 17 anni, presenti a Roma al momento della riforma
cesariana devono essere stati 320.000. Il numero dev'essere fedede-
gno : se anche non esiste una lista, chiusa, di aventi diritto, deve
evidentemente esistere un sistema di controllo della distribuzione
- le tesserae ricordate dalla vita suetoniana di Augusto, ad
esempio69 - che può consentire un simile calcolo, almeno in via appros-

ora la discussione in Boffo, /. cit.), individuino il numero di uomini e donne, ma


comunque adulti, soggetti al tributwn capitis.
68 Si vd., ad es., per un giudizio estremamente negativo, P. Garnsey, Grain
for Rome, in P. A. Garnsey, K. Hopkins e C.R. Whittaker (edd.), Trade in the
Ancient Economy, Londra, 1983, p. 118-30, 201-3, a p. 119, 201, n. 6 ; e ora F. De
Romanis, Septem annorum canon. Sul canon populi Romani lasciato da Settimio
Severo, in RAL, s. 9, 7, 1996, p. 133-59, a p. 151, che ipotizza che il dato derivi in
realtà dai 75.000 modii che il biografo di Settimio Severo riferisce quale spendita
giornaliera consentita dal lascito severiano del «canone di sette anni» : H.A. Sev.
23, 2, su cui, infra, p. 40 sg.
69 Suet. Aug. 40, 2 : sul significato di tale testimonianza e la natura delle
tesserae ricordate da Suetonio vd. infra, 57 sg.; se è certo ragionevole ipotesi che
proprio la distribuzione di tessere implichi la «chiusura» della plebs frumentaria
del 2 a.C. (infra, p. 31 sg.), e insomma la costituzione di un numero chiuso di
aventi diritto, è vero anche che doveva esistere, prima della «chiusura» della
plebs frumentaria un sistema che evitasse, ad esempio, che un beneficiario
partecipasse due volte alla distribuzione mensile.
24 ELIO LO CASCIO

simata. I 320.000 corrispondono dunque a una popolazione di


cives, compresi donne e bambini, che non sembra potersi
collocare a un livello inferiore alle sette-ottocentomila persone, anche a
voler ammettere una foltissima sproporzione nella sex-ratio, nel
rapporto dei sessi, a Roma70 e anche a voler ammettere una
presenza proporzionalmente più forte degli adulti71; certo è
significativo che, con questa stima, si accordi in fondo assai bene il dato
dello scoliaste di Lucano : 29.200.000 modii l'anno, in termini di
apporto calorico, avrebbero ben potuto bastare per 700.000-
750.000 persone, se tra queste erano computate persone di
entrambi i sessi e di tutte le età72. In conseguenza della misura cesa-

70 Si vd. la discussione del problema della sex-ratio in età augustea in E. Lo


Cascio, The size of the Roman population : Beloch and the meaning of the
Augustan census figures, in JRS LXXXIV, 1994, p. 23-40, aile p. 35 sg.; vd. pure Id., La
dinamica della popolazione in Italia da Augusto al HI secolo, in L'Italie d'Auguste à
Dioclétien. Actes du colloque international, École française de Rome 25-28 mars
1992, Roma, 1994, p. 91-125, aile p. 101 sgg.; naturalmente la popolazione
cittadina di Roma poteva ben presentare una più alta, ο anche assai più alta,
sproporzione nel rapporto dei sessi rispetto alla popolazione dei cives Romani nel suo
complesso.
71 E questo è il parere di Beloch, Bev. p. 401 [= p. 368 trad. it.].
72 Dal momento che un modio di grano (pari a circa 9 litri) pesava, una volta
trebbiato, dai sei chili e mezzo ai sette chili (Plin. N.H. XVIII 66), si può calcolare
che trenta milioni di modii erano sufficienti a garantire le esigenze caloriche
complessive (se misurate mediamente in 2500 calorie al giorno e considerando
pari a 3340 calorie l'apporto di un chilo di grano) di pressoché 750.000 persone
(calcoli operati sulla base delle conclusioni di L. Foxhall e H.A. Forbes, Σιτομε-
τρεία : the role of grain as a staple food in classical antiquity, in Chiron, 12, 1982,
p. 41-90; vd. pure P. Garnsey, Grain for Rome, cit.; Id., Famine in Rome, in Trade
and Famine in Classical Antiquity, PCPS, Suppl. Vol. 8, 1983, p. 56-65; K.
Hopkins, Models, Ships and Staples, in Garnsey, Hopkins, Whittaker (ed.), Trade in the
Ancient Economy cit., p. 84-109). Sulla confrontabilità tra il dato dello scoliaste e
quello del biografo di Settimio Severo (H.A. Vita Sev. 23, 5, cfr. 8, 5), sostenuta
dal Beloch, Bev., p. 412 [= p. 376, trad, it.], si vd. infra, p. 41, n. 123.
Naturalmente, qualora si ritenga, con De Romanis, Septem annorum canon, p. 149,
seguito, ma con qualche esitazione, da C. Virlouvet, La consommation de céréales
dans la Rome du Haut Empire : les difficultés d'une approche quantitative, in
Histoire et mesure, Χ, 1995, p. 261-75, a p. 266, che i cinque modii mensili delle
distribuzioni fossero davvero solo sufficienti al consumo mensile di un maschio
adulto, i trenta milioni di modii sarebbero bastati per un numero minore di
persone, comunque certo superiore, e non di poco, alle cinquecentomila persone.
Ma io non ritengo che il particolare favore nei confronti della plebe urbana sia
argomento sufficiente per sostenere che i cinque modii mensili erano
effettivamente pensati come quelli destinati soltanto a soddisfare il consumo del maschio
adulto beneficiario (e per «diffidare di stime fondate sul fabbisogno calorico»), e,
del resto, che i cinque modii mensili fossero comunque assai di più di quanto il
singolo beneficiario fosse in grado di consumare lo suggerisce proprio la
presumibile maggiore varietà della dieta consentita alla plebe urbana di Roma
dall'esistenza stessa delle frumentazioni, che incrementava le possibilità di spesa
anche per altri beni alimentari. Mi pare poi sicuro che nessuna conclusione possa
LE PROCEDURE DI RECENSUS 25

riana, il numero degli accipientes viene drasticamente ridotto. Una


parte dei 170.000 esclusi devono essere i proprietari di immobili (e
il loro numero non è in alcun modo congetturabile), ottantamila
sono coloro che sono inviati nelle colonie transmarine73, il resto di
questi nuovi immigrati è possibile che sia tornato nei propri
luoghi di origine, una volta perso il diritto alle distribuzioni : certo, è
significativo che Suetonio ricordi una città vuota di popolazione,
in conseguenza della riforma. Se tra i nuovi immigrati, com'è
plausibile, vi era una netta prevalenza dei maschi adulti, e se vi
era una quota di peregrini, la riduzione a meno della metà del
numero degli accipientes non deve avere comportato una riduzione a
meno della metà della popolazione libera della città. Se
ammettiamo, in base a plausibili confronti, che i 150.000 maschi adulti
ammessi alle frumentazioni siano stati tra il 30 e il 35% del numero
complessivo dei cives74, allora tale numero complessivo sarà stato
dell'ordine di 430.000-500.000 (esclusi i domini insularum, con le
loro famiglie).
Suetonio ricorda un altro ο altri recensus dei cives Romani di
Roma compiuti da Augusto75, e il capitolo 15 delle Res gestae,
com'è ben noto, fornisce il numero dei beneficiari dei congiaria
tra il 44 e il 2 a.C. e per quest'ultimo congiario del 2 a.C. Augusto
afferma espressamente che esso è andato alla plebe «quae turn
frumentum publicum accipiebat». Ora, il numero dei beneficiari
dei congiarìa, com'è parimenti ben noto, è variabile : è di «non
mai meno» di 250.000 nel 44, 29, 24 e 11 a.C, è di 320.000 nel 5
a.C, è di «poco più» di 200.000 nel 2 a.C. Anche la maniera nella
quale i beneficiari sono collettivamente indicati è, peraltro,
variabile : sono gli appartenenti alla plebs Romana («Δήμωι
Ρωμα[ί]ων»), quando la distribuzione riguarda non meno di
250.000 persone, sono gli appartenenti alla plebs urbana («όχλου
πολειτικ[ου»), quando la distribuzione è effettuata a 320.000, è,
come si è osservato, la plebs «quae turn frumentum püblicum acci-

trarsi dalla testimonianza di Seneca, Epist. ad Lue. 80, 7; la «razione» dello


schiavo-attore è possibilmente esemplata sulla razione distribuita alla plebe urbana,
ma nulla ci dice che lo schiavo in questione consumasse lui stesso i cinque modii
e non ne facesse beneficiare le persone con lui conviventi ο non ne rivendesse
una parte.
73 Suet. Div. lui 42, 1. *
74 Lo Cascio, The size of the Roman population, cit. p. 36 sgg.; Id., La
dinamica della popolazione, he. cit.
75 Suet. Aug. 40, 2; cfr. supra, n. 3; i dati ricavatali dalle Res gestae sono
presentati e discussi ora da C. Virlouvet, La plèbe frumentaire à l'époque d'Auguste.
Une tentative de définition, in A. Giovannini (a e. di), Nourrir la plèbe. Actes du
colloque en honneur de D. Van Berchem, Genève 1989, Ginevra, 1991, p. 43-65.
26 ELIO LO CASCIO

piebaft]» («τώι σειτομετ[ρου]μένωι δήμωι»), quando la distribuzione


tocca poco più di 200.000 persone. Come andrà spiegata questa
modulazione nel numero dei beneficiari dei congiaria? La si è
intesa, per lo più, e ancora recentemente da Catherine Virlouvet
come indicativa del fatto che il numero dei beneficiari delle fru-
mentationes è stato variato più volte nel corso del principato au-
gusteo76, sino a raggiungere la cifra di 150.000, che sarebbe quella
dei beneficiari del legato distribuito da Tiberio nel 15 d.C.77 A me
sembra che la riforma cesariana, se certo non ha istituito un
numero chiuso di beneficiari delle frumentazioni, deve avere tuttavia
introdotto un criterio sufficientemente restrittivo per
l'ammissione, proprio introducendo il principio che non potesse goderne
chi si trovasse in una condizione di precaria residenza a Roma.
Oscillazioni così accentuate del numero dei beneficiari sembrano,
pertanto, scarsamente credibili. Per di più, una tale interpreta-
zione non sembra rendere ragione della variabilità della
denominazione dei beneficiari, se si tratta di beneficiari, congiuntamente,
dei congiaria e delle frumentazioni : perché, nel caso in cui le
distribuzioni di denaro e di frumento vanno a non meno di 250.000
persone a beneficiarne è la plebs Romana, nel caso in cui vanno a
320.000 persone a beneficiarne è la plebs urbana, nel caso in cui
vanno a poco più di 200.000 persone a beneficiarne è la plebs
«quae turn frumentum publicum accipiebat»? L'identità tra
beneficiari delle frumentazioni e beneficiari di questo congiario è in
questo caso esplicita, ma quale differenza vi è tra questa categoria
di persone e la plebs urbana ο la plebs Romana? quale tra plebs
urbana e plebs Romana? Che la denominazione di plebs urbana si
spieghi per il fatto che il congiarium del 5 è il primo distribuito
dopo la riorganizzazione in quattordici regioni è certo possibile78 :
rimane in ogni caso da spiegare perché il redattore greco delle Res
gestae abbia usato in questo caso e solo in questo l'espressione di

76 Virlouvet, La plèbe frumentaire cit.; e ora Tessera frumentaria, p. 186 sgg.;


questo è, peraltro, il parere generalmente accolto, e anche da chi non ha
esaminato in dettaglio, per questo specifico periodo, la documentazione antica, come
B. Sirks, The size of the grain distributions in imperial Rome and Constantinople,
in Athenaeum, 79, 1991, p. 215-37, a p. 219.
77 Si vd. le conclusioni di Beloch, Bevölkerung, p. 398 [= p. 365 sg. della trad,
it.] e ora di C. Nicolet, Plèbe et tribus, cit. (a n. 38), a proposito dei dati che si
ricavano dal confronto tra Tac. Ann. I 8, 3, Suet. Aug., 101, 2, e Cass. Dio LVII 14, 2;
vd. pure, ad es., Rickman, The Corn Supply, p. 181; Virlouvet, La plèbe
frumentaire, p. 45 con n. 4.
78 Così Ensslin e Gagé, citt. da Nicolet, Plèbe et tribus, p. 826 sg., n. 65; ma va
messo in rilievo che i giuristi, come si vedrà in seguito, hanno cura di distinguere
l'Urbs da Roma; e in ogni caso, come si è osservato, la nozione di una plebe
urbana delle trentacinque tribù è senz'altro anteriore a tale riorganizzazione.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 27

όχλος πολειτικός, laddove negli altri due casi adoperava, per


tradurre plebs, il termine di δήμος.
In vero, un'assoluta equiparazione dei beneficiari delle fru-
mentazioni coi beneficiari dei congiari è tutt'altro che sicura. So
bene che una tale identità sembrerebbe doversi dedurre da un
luogo ben noto di Frontone, dove si contrappone il populus Romanus
universus, cui sono diretti gli spectacula, alla plebs frumentaria,
che ne fa parte, e a cui sono diretti, singillatim, i congiarìa79. E
tuttavia, non mi pare che il luogo di Frontone valga ad escludere
una possibilità : che i beneficiari delle frumentazioni fossero in
numero minore rispetto ai beneficiari dei congiarìa, perché questi
ultimi venivano estesi anche ai minori, dunque a beneficiari solo
potenziali delle frumentazioni. Questo è, peraltro, quel che ci dice,
proprio a proposito dei congiari di Augusto, Suetonio. Nella
distribuzione dei congiari, Augusto «ne minores quidem pueros praete-
riit, quamvis non nisi ab undecimo aetatis anno accipere
consuessent»s0. L'affermazione di Suetonio può solo significare
che, di norma, i congiari venivano distribuiti ai maschi oltre i
dieci anni, ma che con Augusto si sono ammessi anche i fanciulli al
di sotto di questa età. Se n'è dedotto, in genere, che anche il
frumento andasse ai maschi a partire dall'undicesimo anno di età81. Il
Rea, nella sua introduzione all'edizione dei papiri di Ossirinco sul
corn-dole, rilevando che nella Ossirinco del III secolo beneficiari
sono i maschi a partire dal quattordicesimo anno di età, è arrivato
addirittura a proporre di correggere il dato suetoniano : da 11 a 14
anni82. La correzione mi sembra improponibile. A Ossirinco,
evidentemente, si è ammessi (potenzialmente) al beneficio a partire
dai quattordici anni, perché è a quattordici anni che un ragazzo
viene sottoposto aìYepikrìsis83. Se è davvero legittimo postulare che

79 Fronto, Principia historiae, 20 (p. 213 van den Hout).


80 Suet. Aug. 41, 2. Non mi sembra che si possa dedurre, dall'assenza
dell'oggetto, evidentemente sottinteso, che Yaccipere si debba riferire
congiuntamente a frumentationes e congiaria, come pensava il Van Berchem, Les
distributions, cit. (a n. 22), p. 33.
81 Ad es. Van Berchem, ibid., ma il parere è generalizzato; contra, J.-M. Car-
rié, Les distributions alimentaires dans les cités de l'empire romain tardif, in
MEFRA 87, 1975, p. 992-1101, aile p. 1003 sgg.
82 Rea, cit. (a n. 1), p. 13 sg. Ma che l'età a partire dalla quale si gode del
beneficio ad Ossirinco sia il quattordicesimo anno di età è contestato dal Carrié,
/. cit., in base a P. Oxy. 2902, 11. 4-8; si vd. ora A. Magioncalda, L'età dei beneficiari
nelle 'fondazioni' alimentari private per l'infanzia durante l'Alto Impero, in SDHL,
61, 1995, p. 327-64, a p. 340 sg., n. 79.
83 P. Mertens, Les Services de l'état civil et le contrôle de la population à Oxyr-
hynchus au IIIe siècle de notre ère, Ac. Roy. de Belgique, Cl. de Lettres, Mém. 53,
1958, p. 99 sgg.; C.A. Nelson, Status Declarations in Roman Egypt, Am. Studies in
Papyrology, Amsterdam, 1979, p. 13 sg.
28 ELIO LO CASCIO

il corn-dole di Ossirinco sia esemplato su quello di Roma, se ne


dovrà concludere che anche a Roma si beneficia delle frumenta-
zioni a partire dall'assunzione della toga virile o, meglio,
dall'iscrizione nelle liste del census, dunque, come sembra naturale, non
molto prima del compimento del diciassettesimo anno84. Io credo
(e riprendo qui una vecchia idea del Cardinali e già, in certo
modo del Beloch, e ancor prima di CG. Zumpt, ripresa
successivamente da Santo Mazzarino) che non sia, allora, implausibile che
l'oscillazione nel numero dei beneficiari dei congiarìa non traduca,
in realtà, un'oscillazione nella consistenza della plebs frumentarìa,
ma sia semplicemente indicativa delle classi d'età ammesse al
beneficio85.

84 Diversamente Rea, p. 13 (sulla scia, in qualche modo, di Van Berchem,


p. 32 sg.), che ritiene di potere fissare a quattordici anni l'età a partire dalla
quale si godeva del benefìcio, in base a Ulp. fr. XI 28 = FIRA II, p. 276 (l'età
sarebbe quella convenzionalmente considerata dai giuristi come l'età nella
quale si assumeva la toga virile, anche se in verità il frammento ulpianeo
dichiara quale sia l'età convenzionalmente considerata da alcuni giuristi come
quella nella quale ci si libera dalla tutela, in quanto puber). Ma, se è vero che il
momento dell'assunzione della toga virile, che precedeva l'anno del tirocinium,
poteva variare, non si può pensare che precedesse di norma il sedicesimo anno
di età (vd. ora ad es. Th. Wiedemann, Adults and Children in the Roman
Empire, Londra, 1989, p. 114) ο che gli effetti giuridici dell'iscrizione al census, per
esempio, per esercitare, sin quando valsero, i propri diritti politici, fossero
immediati. Il Carrié, l. cit. , opportunamente osserva come il fatto che gli alimenta
fossero destinati ai fanciulli maschi sino al diciottesimo anno di età (Ulp. in
Dig. XXXIV 1, 14; sino al quattordicesimo alle fanciulle) farebbe pensare che
fosse il compimento del diciassettesimo anno il momento nel quale si
cominciava a godere del benefìcio delle frumentazioni; il Carrié sottolinea pure,
peraltro, come la testimonianza di CIL VI 10226 potrebbe essere letta come
quella che invita a individuare, come età nella quale si era iscritti nel registro dei
beneficiari, «l'âge minimum légal, à seize ans révolus, donc au début de la dix-
septième année».
85 Cardinali, Diz. Ep., III, p. 236 e η. 1, con p. 254 sgg.; S. Mazzarino, Aspetti
sociali del quarto secolo, Roma, 1951, p. 239; cfr. Beloch, Bev., p. 398 sgg. [-
p. 365 sgg.]; e CG. Zumpt, Über den Stand der Bevölkerung und die
Volksvermehrung im Altertum, in Abhandlungen der kön. Akad. der Wiss. zu Berlin, phil.-hist.
Kl., 1840, Berlino, 1842, p. 1-92, a p. 59 η. 3. Tuttavia, che fosse già stato il
congiario del 29 ad andare ai fanciulli sotto i dieci anni non mi sembra
necessariamente doversi dedurre da quanto afferma Cass. Dio LI 21, 3. Il fatto che, per i
congiari del 29, del 24, del 23 e dell'll, oltre che per la distribuzione del legato di
Cesare nel 44, si dica che sono andati a «non mai meno» di 250.000 persone
naturalmente rende più aleatorio ogni calcolo delle classi di età coinvolte che si basi
su questa cifra : la nutazione augustea implica, evidentemente, non solo che il
numero dei beneficiari è stato variabile (diversamente da ciò che sostiene C. Vir-
louvet, Tessera frumentarìa, p. 191, n. 86), ma anche che può essere stato assai
maggiore di 250.000.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 29

Una riprova parrebbe venire, mi sembra, dalla stima di quale


potesse essere, nel complesso della popolazione cittadina
maschile, il numero dei maschi al di sopra dei diciassette anni e al
disopra dei dieci. Per pervenire a una tale stima, non possiamo
che giovarci delle «model stable populations», dei modelli di
popolazioni stabili che sono stati costruiti dai demografi in questi
ultimi decenni, a partire da una larga base empirica. Le «model
stable populations» ci consentono, una volta fatta una plausibile
ipotesi circa la speranza di vita alla nascita, e circa il tasso
dell'incremento, di una popolazione maschile ο femminile, di
individuare la sua composizione per età. Ebbene, come si può rilevare
dalla tabella, costruita sui dati delle Model Tables approntate dal
Coale e dal Demeny86, se si assume che la speranza di vita alla
nascita era pari a 22,85, e la popolazione era stazionaria, la
percentuale dei maschi sotto i dieci anni nel complesso della
popolazione maschile sarebbe stata circa il 24%; se la popolazione fosse
stata in discesa dello 0,5% annuo, la percentuale sarebbe stata
poco più del 21%87. Ora il 24% di 320.000 è poco meno di 77.000; il
21 è poco più di 67.000 : come si vede si tratta pressoché della
differenza che corre tra 320.000 e 250.000. Quanto ai maschi
adulti oltre i 17 anni, nell'ipotesi di una speranza di vita pari a
22,85 e di una popolazione stazionaria, essi sarebbero stati il 62%
circa, nell'ipotesi di una popolazione in decrescita dello 0,5%
annuo, circa il 65%, dunque, su una popolazione maschile
complessiva di 320.000, i maschi adulti oltre i 17 anni sarebbero stati tra
198.000 e 208.000, e cioè pressoché la cifra dei beneficiari del fru-
mentum publicum nel 2 a.C. Dati non molto diversi si ottengono,
se si assume che la speranza di vita alla nascita era più bassa
(20,44) ο più alta (25,26).

86 A.J. Coale e P. Demeny, Regional Model Life Tables and Stable Populations,
Princeton, 1966, New York, 19832. I valori sono calcolati a partire dalle Model
Tables, West, levels 2, 3, 4, per i maschi (con una speranza di vita alla nascita,
rispettivamente, di 20,444, di 22,852, e di 25,26).
87 La stima della percentuale dei bambini sotto i dieci anni prodotta da Be-
loch in base al censimento del 1882 è molto diversa, Bevölkerung, p. 401 [= 367
trad, it.], ma è ovvio che le condizioni dell'Italia della fine del secolo scorso,
proprio per questo specifico problema del peso delle classi di età più giovani nel
complesso della popolazione, non possono considerarsi davvero analoghe a
quelle dell'età augustea (così, la mortalità nel primo anno di vita,
presumibilmente, doveva essere assai più elevata).
30 ELIO LO CASCIO

Percentuali dei maschi sotto i 10 anni e oltre i 17 anni sulla popolazione maschile
totale (se la speranza di vita alla nascita è 20,44 ο 22,85 ο 25,26 anni) ai differenti
tassi di incremento naturale (r).

r = - 0,5 <10 >17


27,5% 57%
26,5% 58,3%
25,5% 59,6%
r = 0
24,9 60,4
23,9 61,8
22,9 63,1
r = - 0,5
22,4 63,9
21,3 65,3
20,42 66,5

Se ne potrà concludere che il numero dei cittadini, con le loro


famiglie, appartenenti alla plebs frumentarìa, e cioè alla plebs urbana
e Romana, nel momento in cui, se dobbiamo credere a Cassio Dione,
per la prima volta Augusto avrebbe «chiuso» il numero dei
beneficiari a poco più di duecentomila, sarebbe stato, nell'ipotesi di un
rapporto dei sessi favorevole ai maschi, attorno ai 600.000. Di
questi, più ο meno 320.000 sarebbero stati i maschi, beneficiari, nel 5,
del congiario. Nei decenni anteriori del principato augusteo è
possibile che questo numero sia stato più basso, e forse anche
sensibilmente più basso : dei congiari precedenti sappiamo che non sono
mai andati a meno di 250.000 persone, ma non sappiamo se sempre
siano stati limitati ai maschi al di sopra dei dieci anni ο se non
abbiano anche riguardato talvolta (e per esempio nel 29) i bambini.
Intesi in questo modo, i dati che si ricavano dalle Res gestae danno un
quadro perfettamente plausibile della consistenza e della stessa
dinamica della popolazione a Roma dopo il recensas cesariano. Nel 46
i maschi adulti regolarmente domiciliati a Roma erano 150.000; è
del tutto plausibile che, in occasione di successivi recensus della
popolazione a Roma, che sono verosimilmente parte degli stessi census
ο sono con essi collegati88, questo numero sia gradatamente salito a

88 Dato il significato che mi pare di dovere attribuire così al recensus


cesariano di cui parla Suetonio, come al recensus, ο meglio ai recensus augustei, cui
accenna lo stesso Suetonio, mi sembra la più ragionevole delle ipotesi che anche i
tre census ricordati nelle Res gestae abbiano comportato un recensus, condotto
«vicatim » della popolazione urbana : e dunque la possibilità, in quell'occasione,
LE PROCEDURE DI RECENSUS 31

poco più di 200.000 maschi oltre i diciassette anni : è questo il


numero che la plebs frumentarìa aveva raggiunto quando Augusto la
«chiuse»89.
Ma c'è un'altra osservazione da fare, che mi sembra di un certo
peso. La maniera nella quale Augusto presenta i dati relativi al
numero dei beneficiari dei congiarìa implica che questo numero non è
né una cifra determinata in anticipo, né una cifra tonda : mi sembra
del tutto legittimo riconoscere in questo un'ulteriore prova così del
fatto che la nozione di plebs frumentarìa non era né poteva in alcun
modo essere «sganciata» dalla nozione di plebs composta dai cives
Romani domo Roma, come ancora del fatto che la misura cesariana
non era né poteva in alcun modo essere intesa a fissare un «numero
chiuso» degli aventi diritto al frumento pubblico. Questa operazione
era quella che avrebbe compiuto Augusto nel 2, se dobbiamo prestar
fede a Cassio Dione. Ma ancora una volta la «chiusura» si effettuava
prendendo il dato relativo al numero di coloro che risultavano, in
quel momento («turn»), essere ricompresi nelle liste dei cives
Romani domiciliati a Roma : un numero ovviamente non tondo. La
cosa risulta confermata dalla testimonianza dello stesso Cassio Dione,
il quale non dice affatto che Augusto avrebbe «ridotto» in un
qualche modo il numero degli aventi diritto, escludendo, ad
esempio, qualche categoria di persone, ma dice solo, appunto, che
avrebbe «chiuso», e cioè limitato per il futuro alla cifra alla quale si
era in quel momento pervenuti, il numero dei beneficiarii90. Ci

di un incremento «legale» ο «legittimo» del numero dei beneficiari. Il luogo


famoso di Dionigi, IV 24, 5, sulle ragioni che spingevano i proprietari in età augu-
stea a manomettere i propri schiavi, nonché il proposito, attribuito ad Augusto
da Suetonio (Aug., XLII 3), di abolire le frumentazioni, «quod earum {sdì. fru-
mentationum) fiducia cultura agrorum cessami·», in occasione di una gravissima
crisi nell'approvvigionamento della città, che lo aveva spinto ad allontanare da
Roma i peregrini (salvo medici e precettori), nonché i gladiatori e gli schiavi in
vendita, sembrano, dal canto loro, confermare che la misura cesariana che aveva
introdotto la subsortitio, non aveva introdotto un numero chiuso dei beneficiari
valevole es aei, ma un numero chiuso valevole solo tra un recensus e l'altro.
Peraltro, App., B.C., II, 120, parrebbe attestare l'afflusso a Roma, e ancora al suo
tempo e non a quello della sua fonte, per la speranza delle frumentazioni, di
disoccupati, mendicanti e vagabondi da tutta l'Italia («τον άργον καί πτωχεύοντα καί
ταχυεργον τής 'Ιταλίας λεών») : sembrerebbe doversene dedurre che nemmeno la
«chiusura» augustea del 2 a.C. sia potuta davvero essere definitiva : ma si vd.
infra, p. 46 sg.
89 Cass. Dio, LV 10, 1 (Xiph.) : cfr. supra, n. 26, e infra, n. successiva.
90 Ό δε Αύγουστος το τοο δήμου τοΰ σιτοδοτουμένου πλήθος αόριστον öv είς
είκοσι μυριάδας κατέκλεισε : diversam. Virlouvet, La plebe, p. 46; e si vd. ora
Tessera frumentarìa, p. 188. Il Rickman, The Corn Supply, p. 185, ha osservato, dal
canto suo, che il fatto che non vi siano state lamentele popolari nei confronti
dell'azione di Augusto, potrebbe mostrare che «the number fixed may at that time
have encompassed all properly qualified recipients».
32 ELIO LO CASCIO

ghiamo, allora, perché Augusto possa dire che quei cittadini erano
«millia hominum panilo plura quam ducenta» : un dato più
«preciso» di quello che troviamo nella versione dionea, che da la cifra
arrotondata91. Ancora una volta : questa conclusione mi sembra di
notevole importanza, perché essa chiarisce, senza ombra di dubbio,
che la logica stessa delle distribuzioni frumentarie, pur dopo la
chiusura operata da Augusto, non poteva in alcun modo lasciarsi
condizionare dalla ricerca artificiale di un «target» numerico tondo, per
l'individuazione dei beneficiari92.
Quanto al numero di coloro che avrebbero ricevuto il legato di
Augusto, numero che si vuole normalmente dedurre dal confronto
fra le notizie che al riguardo ci danno Tacito, Suetonio e Cassio
Dione, identificandolo in pressoché 150.000, io non credo che siamo
davvero autorizzati a pervenire a questa conclusione. Il problema è
noto : Tacito afferma che Augusto avrebbe lasciato «populo et plebi»
43.500.000 sesterzi93; Suetonio che avrebbe legato «populo
Romano» 40.000.000 di sesterzi e «trìbubus» 3.500.000 sesterzi94; Cassio

91 Perciò non direi, col Rickman, p. 181, che «Augustus' own reference to his
actions in 2 B.C. is curiously guarded and imprecise ('the plebs at that time in
receipt of public grain... a few more than 200,000') if the number 200,000 was the
exact target» : il fatto è che non era, né voleva essere, «the exact target»! La
nozione di una «plebs urbana quae frwnentum pubhcum accipit» - ed
evidentemente in un momento determinato, quello della dedica - torna in CIL VI 955 =
ILS 6045 (post 79 d.C). Il fatto che la logica stessa delle frumentazioni, in quanto
beneficio riservato ai cives Romani domiciliati a Roma, richiedesse
l'individuazione di un numero evidentemente non tondo di beneficiarii inficia, a mio avviso,
la ricostruzione complessiva di F. De Romanis, Septem annorum canon, cit. (a
n. 68) : una ricostruzione certo ingegnosa, ma che non mi pare accettabile, non
solo, ο non tanto, in termini di generale plausibilità, quanto perché si fonda su
una correzione del testo di H.A. Sev. 23,2 che rimane immotivata, qualora non si
accetti in tutti i suoi elementi la ricostruzione stessa, e su esegesi talvolta
arbitrarie della stessa lettera delle fonti prese in esame (si vd. ad es. la maniera nella
quale si vorrebbe intendere il termine ratio - come «quota di mercato» - in un
luogo famoso di Suetonio, Aug. XLII 3, ο in altro, parimenti celebre di Seneca, de
brev. vitae, 18, 3, 'costruendo' in tal modo la nozione, e conseguente espressione,
di ratio populi, che sarebbe la quota del grano di origine contributiva che viene
utilizzata per le distribuzioni gratuite).
92 L'esistenza di un numero tondo «teorico», ma non effettivo, di beneficiari
ad Ossirinco, che sembra doversi dedurre da P. Oxy., 2929, per gli epikrìthentes ,
3000, da P. Oxy., 2908, per i rhemboi, 900, e da P. Oxy., 2928, per gli omologoi,
100, non mi sembra ci debba, ο ci possa, dire nulla sulla situazione romana : e in
ogni caso è da notare che il numero effettivo a Ossirinco è inferiore (e, nel caso
dei rhemboi, di molto inferiore) al numero «teorico», e non superiore, come
sarebbe in questo caso, se accogliessimo l'idea che i 200.000 di Cassio Dione sono,
per l'appunto, il «target» numerico tondo del 2 a.C; vd. pure quanto osserva C.
Virlouvet, Tessera frumentaria, p. 197 sg.
93 Tac. Ann. I 8, 3.
94 Suet. Aug., 101,2.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 33

Dione che avrebbe lasciato al δήμος 10.000.000 di dracme95; ma più


avanti, dopo avere riferito del malcontento che avrebbe suscitato il
fatto che Tiberio non avesse per lungo tempo eseguito la
disposizione testamentaria di Augusto, e avere comunque confermato che il
pagamento sarebbe stato effettuato ο nel corso del 14 ο nel 15,
ricorda l'ammontare che sarebbe toccato a ciascuno : 65 dracme
(denarii) owerosia 260 sesterzi96. Il Nicolet ha ribadito, molto
convincentemente, che la somma destinata alle tribù, 3.500.000 di sesterzi,
evidentemente in ragione di 100.000 sesterzi per tribù, non era certo
destinata a essere distribuita singillatim. Ritiene, tuttavia, contro il
parere di altri studiosi97, che viceversa il lascito al populus non
debba intendersi come destinato alla cassa del populus, all'aerarium,
come pure potrebbero far pensare alcuni luoghi tacitiani, e non solo
tacitiani, nei quali per l'appunto la destinazione all'erario di somme
di denaro ovvero di cauzioni viene presentata, allo stesso modo,
come effettuata, ο effettuabile, populo98 : la somma in questione
sarebbe stata destinata ai soli cives della città di Roma, e per essere
distribuita. Conseguentemente sarebbe agevole calcolare il numero
dei beneficiari dividendo la somma totale di 40.000.000 di sesterzi ο
di 10.000.000 di dracme per l'ammontare dato a ogni beneficiario, e
cioè 65 dracme owerosia 260 sesterzi : tale numero sarebbe poco
meno di 154.000.
In verità, mi sembra che si possano muovere alcune obiezioni
alla legittimità di questo calcolo. Va anzitutto osservato che la
maniera nella quale si allude al legato nelle nostre fonti pone
indubbiamente delle difficoltà. Una qualche significazione il riferimento
congiunto, e con valore certo non sinonimico, al populus e alla plebs
in Tacito deve pur averla, e mi sembra ovvio che tale riferimento
congiunto al populus e alla plebs in Tacito corrisponda
all'opposizione populus-trìbus in Suetonio. Ora, che i beneficiari dei congiaria
fossero gli appartenenti alla plebs è scontato : e dunque, se il lascito
di Augusto fosse stato già sin dall'inizio concepito come quello che
doveva andare, singillatim, agli appartenenti alla plebs frumentarìa,
in Tacito non si dovrebbe fare la distinzione tra populus e plebs,
nei termini in cui viene proposta, né Suetonio dovrebbe contrap-

95 Cass. Dio LVI 32, 2.


96 Cass. Dio LVII 14, 2.
97 Gardthausen, ma già Nipperdey, e, in epoca a noi più vicina, Koester-
mann, cit. in Nicolet, Plèbe et tribus, cit., p. 801 sgg.; vd. pure il parere di Fur-
neaux, cit. ibid. Anche Van Berchem, Les distributions, cit. (a n. 22), p. 145,
considera una possibilità che il legato fosse destinato, nel pensiero di Augusto, ad
essere versato neìì'aerarium.
98 Si vd. i luoghi indicati dal Nicolet, Plèbe et tribus, p. 805 sg., con n. 15 sg.
34 ELIO LO CASCIO

porre ilpopulus alle tribus, bensì, semmai, lap leb s alle tribus. È
pur vero che Nicolet ha ragione a mettere in rilievo come un
donativo al populus Romanus, e fatto per essere distribuito singillatim, non
può che riguardare la popolazione cittadina residente a Roma : ma
allora dovremmo aspettarci che, dopo la «chiusura» operata da
Augusto nel 2 a poco più di duecentomila persone della plebs fru-
mentaria, tale popolazione cittadina beneficiarla del legato di
Augusto ο si identifichi con questa stessa plebs frumentarìa, perché, nel
frattempo, fra il 2 a.C. e il 14 ο 15 d.C. essa è stata ulteriormente
ridotta", ovvero la comprenda, e non possa dunque in alcun modo
essere meno numerosa di questa (poco più di centocinquantamila,
invece che poco più di duecentomila nel 2 a.C), ma semmai più
numerosa. D'altra parte, il fatto stesso che la cifra del lascito,
diversamente da quella dei congiari, sia data da Suetonio, da Tacito
e da Cassio Dione, come cifra globale e sia una cifra tonda, farebbe
ritenere che esso non fosse pensato da Augusto come quello che
doveva immediatamente essere distribuito, in quanto tale, singillatim :
vale a dire che diventa essenziale l'intervento dell'erede
nell'esecuzione del legato e non sembra, perciò, nemmeno improbabile che
l'erede possa aggiungere del suo, al momento dell'effettiva
distribuzione, come accade, a detta di Cassio Dione, con il legato di Tiberio
ai pretoriani, integrato al momento della distribuzione da Caligo-
la100. Sappiamo peraltro che lo stesso Caligola, una volta al potere,
oltre a distribuire il legato di Tiberio alla plebe, avrebbe distribuito^
pure il congiario che avrebbe dovuto essere dato da Tiberio per
l'assunzione della toga virile da parte di Caligola, 60 dracme (o 240
sesterzi) a testa, ma che non era stato dato ancora; Caligola anzi
avrebbe integrato la somma in questione con gl'interessi, calcolati in

99 Che è ciò che pensa, da ultimo, la Virlouvet, La plèbe frumentaire, 46 sgg. :


le difficoltà annonarie di cui è menzione in Suet. Aug. XLII 4-5, da datarsi al 6 d.
C, avrebbero provocato un ulteriore recensas, dopo quello già effettuato nel 2 a.
C, che sarebbe stato provvisorio : e sarebbe stato in occasione di quest'ulteriore
recensus che Augusto avrebbe proceduto a un'ulteriore riduzione della plebs fru-
mentaria, fino a farla pervenire alla cifra di centocinquantamila circa. In Tessera
frumentarìa, p. 193, la Virlouvet arriva a sostenere che gli aventi diritto alle fru-
mentazioni, sarebbero stati, nel 15 d.C. «exactement cent cinquante trois mille
huit cent quarante six» : ma questo vuoi dire dimenticare che questo risultato è
quello che deriva da due cifre parimenti tonde che sono quelle decise in anticipo :
e cioè, per un verso, 40.000.000 di sesterzi, e, per un altro verso, 260 sesterzi, e
sarebbe assurdo supporre che il numero specifico degli aventi diritto, un numero
non tondo, abbia potuto essere quello che decideva, assieme, due cifre tonde,
l'ammontare globale del lascito, e l'ammontare individuale del beneficio! A una
riduzione dai 200.000 del 2 a.C. a 150.000 alla fine del regno di Augusto pensava
il Beloch, Bev., p. 398 sg. [= p. 366 trad.it.].
100 Cass. Dio LIX 2, 1.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 35

15 dracme (o 60 sesterzi)101. Mi sembra, pertanto, ragionevole ipotesi


che, anche nel caso del legato di Augusto, pagato da Tiberio, la
somma individualmente corrisposta ai beneficiari appartenenti alla
plebs urbana possa essere stata fissata in una misura tale da dovere
richiedere un'integrazione dal fisco imperiale. E d'altra parte è solo
ipotizzando una tale integrazione che si può contemporaneamente
accogliere il dato relativo all'ammontare globale del lascito,
40.000.000, e quello relativo all'ammontare della somma distribuita
singillatim, 260 sesterzi : altrimenti il numero dei beneficiari non
risulterebbe nemmeno essere un numero intero.
Ma c'è poi un ulteriore argomento, mi sembra, a favore della tesi
secondo la quale non è possibile determinare il numero dei
beneficiari del legato, dividendo la somma globale per l'ammontare
individuale del beneficio. È certo, come si è visto, che gli appartenenti alla
plebs frumentaria non erano una cifra tonda nel 2 a.C, e nemmeno
prima di quella data : ed è probabile che non lo siano mai stati
neppure dopo, come ha messo in rilievo il Nicolet102. Eppure, le
informazioni che ci sono pervenute circa la somma globale del legato di
Tiberio al popolo e circa l'ammontare individualmente distribuito
farebbero ritenere, a prima vista, che i beneficiari dovessero essere
una cifra tonda : precisamente centocinquantamila. Sappiamo,
infatti, dai Fasti Ostienses che Caligola avrebbe dato due congiari nel
maggio e nel luglio del 37, ed entrambi di 75 denarii : è agevole
riconoscere nei due congiari il lascito tiberiano e il congiario per
l'assunzione della toga virile di cui parla Cassio Dione. Per ciò che
concerne il congiario per l'assunzione della toga virile, la
testimonianza dei Fasti Ostienses conferma quella dionea. Quanto al lascito
tiberiano, se la somma globale è stata di 45.000.000 di sesterzi, come
afferma Cassio Dione, e la somma data individualmente di 300
sesterzi, come risulta dai Fasti Ostienses, se ne dovrebbe concludere
che i beneficiari sarebbero stati, esattamente, 150.000. Si dovrebbe
pensare, allora, che è tra il 15 e il 37 d.C. che si è proceduto a quella
«riforma» delle frumentazioni che avrebbe portato il numero dei
beneficiari a una cifra tonda : la cifra, appunto, di
centocinquantamila. Ma si è già messo in rilievo come sia davvero difficile giustificare,
data la logica stessa delle frumentazioni, beneficio riservato ai
legittimamente domiciliati a Roma, una tale ipotetica riforma. Io credo
che non abbiamo ragioni cogenti per pensare che con Caligola il
numero dei beneficiari delle frumentazioni sia divenuto un numero
tondo : bisognerà allora ritenere che anche nel caso del legato al po-

101 Cass. Dio LIX 2, 2; cfr. Suet. Gai., 17, 2.


102 Nicolet, Plèbe et tribus, p. 811.
36 ELIO LO CASCIO

pulus Caligola abbia aggiunto, come nel caso del legato tiberiano ai
pretoriani, ovvero nel caso del proprio congiario alla plebs frumenta-
rìa, un'ulteriore somma a quella originariamente prevista. È certo,
comunque, che il numero dei maschi adulti ricompresi nella plebs
frumentaria nei primi decenni del principato non dev'essere stato
inferiore a centocinquantamila ο superiore a duecentomila : e la
popolazione libera di condizione cittadina dunque inferiore a
quattrocentocinquantamila persone ο di molto superiore a seicentomila.
Quanto al numero dei liberi di condizione peregrina ο agli schiavi non
abbiamo, bisogna ammetterlo con franchezza, alcun elemento per
stimarlo con un qualsiasi fondamento.
Altri tre dati cifrati che ci sono stati conservati dalla tradizione
antica sono stati adoperati, e per lo più in connessione tra loro, dagli
studiosi moderni per pervenire a una stima della popolazione di
Roma all'inizio dell'età imperiale. Si tratta, com'è ben noto, di una
notizia, che parrebbe circostanziata e fededegna, di una fonte sia pure
tarda quale Y epitome de Caesarìbus, dalla quale apprendiamo che, in
età augustea, le importazioni di grano dall'Egitto ammontavano a
20 milioni di modii l'anno103, nonché di due notazioni di Flavio
Giuseppe, nel discorso che mette in bocca al re Agrippa II, a proposito
della situazione degli approvvigionamenti granali della città negli
ultimi anni del principato neroniano : dice Giuseppe che gli abitanti
delle regioni africane avrebbero nutrito το κατά την 'Ρώμην πλήθος
per otto mesi l'anno e poco dopo che il contributo granario
del 'Egit o sarebbe valso ad approvvigionare Roma per quattro mesi (τη
'Ρώμη οΐτον μηνών τεσσάρων)104. Si è spesso ritenuto, sin dal
Pigeonneau, dal Marquardt, dal Hirschfeld, e in certo modo, dal Rostov-
zev105, e si ritiene da qualcuno ancor oggi106, che la combinazione tra
le notizie che forniscono le due fonti autorizzasse la conclusione
secondo la quale il grano consumato a Roma in età augustea sarebbe

103 Epit. de Caes., 1, 4-6 : «Regionem Aegypti inundatione Nili accessu diffici-
lem, inviamque paludibus in provinciae formant redegit. Quam ut annonam urbis
copiosam efficeret fossas incuna vetustatis limo clausas labore militum patefecit.
Huius tempore ex Aegypto Urbi annua ducenties centena milia frumenti infereban-
tur»; sulla credibilità della notizia e sull'autorità della fonte dalla quale essa
sembra derivare (il così detto Suetonius auctus) ha insistito il Cardinali, in Diz. Ep.,
cit., p. 306 sg.
i04Bellum, II 383 e 386.
105 H. Pigeonneau, De convectione urbanae annonae et de publicis naviculario-
rum corporìbus apud Romanos, Saint-Cloud, 1876, p. 27 sgg.; Marquardt,
Römische Staatsverwaltung, IP, Lipsia, 1884, p. 126 sg.; Ο. Hirschfeld, Die getraide-
verwaltung in der römischen Kaiserzeit - Annona, in Phil., 29, 1870, p. 1-96, a p. 25
(con riferimento a Marquardt); Rostovzev, RE VII 1 (1910), coli. 126-87, s.v. Fru-
mentum, alle col. 136 sg.; vd. pure W.J. Oates, The Population of Rome, in CPh,
29, 1934, p. 104 sgg.
106 L. Casson, The role of the state in Rome's grain trade, in The Seaborne
LE PROCEDURE DI RECENSUS 37

ammontato a nientemeno che 60.000.000 di modii : una quantità


che sarebbe equivalsa al grano necessario, a cinque modii a testa al
mese, per 1.000.000 di beneficiarii; una quantità che sarebbe bastata
a soddisfare per intero le esigenze caloriche di più di 1.500.000
persone. Da questa combinazione di fonti, si sono fatte derivare le
stime più elevate che siano state proposte per la popolazione della
città in età augustea. In verità, come peraltro è stato spesso
riconosciuto da altri studiosi, e già dal Beloch107, il procedimento adottato
non sembra legittimo : e non tanto perché le informazioni dell'una e
dell'altra fonte siano, in sé, inattendibili, ο perché, nell'un caso,
quello dell'Epitome, il riferimento sarebbe all'approvvigionamento
complessivo di Roma, e nell'altro, quello di Giuseppe Flavio, al solo
grano delle frumentazioni108, ma perché nulla vieta, e anzi tutto
suggerisce, che vi possa essere stata una modificazione nel ruolo
rispettivamente giocato dalle province africane e dall'Egitto
nell'approvvigionamento granario di Roma tra l'età augustea e l'età neroniana.
Tra i due momenti ci dev'essere stata, evidentemente, la grande
espansione delle proprietà imperiali in Africa109, che ha potuto

Commerce of Ancient Rome, a e. di J.H. D'Arms e E. C. Kopff, MAAR, 36, Roma,


1980, p. 21-33, a p. 21 e 30, n. 3, e ora De Romanis, Septem annorum canon, cit.,
p. 148 sgg. (ma con una differenza, per la quale si vd. infra, n. 108).
107 Beloch, Bev., p. 411 [= 375]; e Cardinali, p. 305 sgg.; di ree. ad es. K.
Hopkins, Conquerors and Slaves, Cambridge, 1978, p. 97 sg.; Garnsey, Grain for
Rome, cit. (a n. 68), 119, 201 n. 5; Rickman, The Com Supply, p. 231 sgg.; D.
Foraboschi, L'Egitto, in L'impero romano e le strutture economiche e sociali delle
province, a e. di M.H. Crawford, Corno, 1986, p. 109-25, a p. 119, n. 53; D.P. Kehoe,
The Economics of Agriculture on Roman Imperial Estates in North Africa, Gottin-
ga, 1988, p. 3 sg., n. 8.
108 È questa la tesi di Cardinali, p. 308 sg. (fatta propria da G. Vitucci, nella
sua trad, del Bellum, Milano, 1974, 1, p. 387, con n. 26, p. 635 sg.), che mi sembra
sia stata convincentemente confutata dal Rickman, The Corn Supply, p. 232, il
quale osserva molto correttamente che il contesto in Giuseppe Flavio non può
non far pensare che il riferimento è al consumo totale e non al solo grano delle
frumentazioni : mi sembra che, anche in questo caso, si ponga il problema di
un'usuale confusione concettuale tra due nozioni che sono e devono risultare
distinte : una cosa sono le dimensioni del grano riservato alle frumentazioni (e più
tardi alle distribuzioni di pane), un'altra e ben diversa cosa sono le dimensioni
del grano di origine contributiva, che è certo stato utilizzato per le distribuzioni,
ma che è stato, sempre più nel corso dell'età imperiale, quantitativamente assai
più consistente di quello richiesto dalle frumentazioni : vd. infra, p. 45 sg. Una
variante dell'interpretazione del Cardinali è ora quella proposta da De Romanis,
/. cit., il quale ritiene che, mentre la notazione relativa all'Egitto si riferirebbe al
consumo totale, quella relativa all'Africa si riferirebbe al solo grano delle
frumentazioni, e questo parere è accolto da C. Virlouvet, La consommation de
céréales, cit. (a η. 72), p. 269 η. 7 : la tesi non sembra persuasiva, alla luce non solo
delle generali argimentazioni che Giuseppe presta ad Agrippa II nel discorso che
gli mette in bocca, ma anche dell'evidente correlazione che si vuole porre tra le
potenzialità contributive dell'Africa e quelle dell'Egitto.
109 Attestata, oltre che dalla ricchissima documentazione epigrafica, da un
38 ELIO LO CASCIO

consentire l'accrescimento consistente della quota di grano di


origine contributiva proveniente da queste regioni, e la conseguente
diminuzione del ruolo giocato dall'Egitto110. Si può, pertanto,
concludere che, se non abbiamo elementi per stimare, a partire dai due
luoghi di Giuseppe Flavio, quale fosse la consistenza demica di
Roma negli ultimi anni di Nerone, il dato dell'Epitome risulta
comunque coerente con le conclusioni che è possibile trarre dalle
notizie circa il numero dei beneficiari di frumentazioni e congiaria
in età augusteo-tiberiana : i venti milioni di modii egiziani
consentivano di soddisfare le esigenze di consumo di pressoché mezzo
milione di persone, in un momento nel quale, evidentemente, il
contributo granario egiziano doveva avere assunto il ruolo maggioritario
nell'approvvigionamento della città.

5. Beneficiari delle frumentationes e -popolazione cittadina in età se-


verìana.
Se anche ammettiamo che, all'inizio del regno di Caligola, la
plebs frumentaria fosse scesa da duecentomila a centocinquantamila
persone, è certo che tra questa data e il 202, anno per il quale abbia-

celeberrimo luogo pliniano : NH XVIII 35 : si vd. G.-Ch. Picard, Néron et le blé


d'Afrique, in CT 14, 1956, 163-73, e ora ad es. Kehoe, The Economies of Agriculture,
cit., p. 11, 49.
110 G.-Ch. Picard, Néron et le blé d'Afrique, cit., seguito da B. Gallotta, L'Africa
e i rifornimenti di cereali durante il principato di Nerone, in RIL 109, 1975, 28-46; e
dalla Pavis d'Escurac, La préfecture de l'annone : service administratif impérial
d'Auguste à Constantin, Roma, 1976, p. 175; e soprattutto Rickman, The Com
Supply, p. 233 sgg., il quale mette in rilievo come fosse scelta opportuna quella di
far venire il grano da una regione meno distante; vd. pure E. Lo Cascio,
L'organizzazione annonaria, in Civiltà dei Romani, I, La città, il territorio, l'impero, a e. di
S. Settis, Milano, 1990, p. 229-49, a p. 235 sg.; vi può essere connessione con le
modificazioni cui deve avere portato la stessa costruzione del porto di Claudio,
portata a termine in epoca neroniana : è probabile, come ha sostenuto R. Meiggs,
Roman Ostia2, Oxford, 1973, p. 56 sg., che il porto di Claudio non fosse destinato
a rimpiazzare del tutto Puteoli come porto granario di Roma, ma che la flotta
alessandrina continuasse, come attesta il celebre luogo senecano (Ep. 77), ad
arrivare nel porto campano, mentre il grano africano sarebbe arrivato a Ostia;
naturalmente, però, la stessa costruzione del porto di Claudio testimonierebbe, a
questo punto, il peso crescente degli approvvigionamenti dall'Africa (vd. pure E.
Lo Cascio, Puteoli e l'annona di Roma, in Puteoli, a e. di F. Zevi, Napoli, 1993,
p. 51-60). Che sia illegittimo estendere la validità nel tempo della notizia
dell'Epitome mi sembra risulti senz'ombra di dubbio proprio dal fatto che l'epitomatore
dica espressamente «huius [seil. Augusti] tempore»; sicché assurdo è volere
utilizzare il dato dell'epitome, confrontandolo con quello fornito dal biografo di Set-
timio Severo (su cui vd. infra, p. 40 sgg.), per trovarvi la prova del fatto che il
contributo egiziano sarebbe stato, per tutto il principato e financo dopo che il
frumento alessandrino sarebbe stato destinato ai consumi di Costantinopoli,
nettamente maggioritario nell'approvvigionamento della capitale, come fa J. Durliat,
De la ville antique à la ville byzantine. Le problème des subsistances, Roma, 1990,
LE PROCEDURE DI RECENSUS 39

mo nuovamente un dato numerico sufficientemente preciso e fede-


degno, il numero degli appartenenti ad essa era mutato. Sappiamo
dall'epitome dionea di Xiphilino che, nel 202, per i suoi decennalia,
Settimio Severo distribuì 10 aurei a testa τφ τε όμίλφ παντί τφ σιτο-
δοτουμένφ, nonché ai pretoriani. Dione aggiunge che Settimio
Severo si gloriava di questa liberalità, il cui ammontare (pari a 1.000
sesterzi) superava quello di ogni altro congiario dato in precedenza; e
fornisce l'importo globale della spesa, che sarebbe ascesa a
50.000.000 di dracme, owerosia 200.000.000 di sesterzi111.
Sembrerebbe doversene dedurre che il numero dei beneficiari era
nuovamente salito a 200.000, anche se questa volta a esservi ricompresi
sarebbero stati anche i pretoriani (e presumibilmente pure le coorti
dei vigili e quelle urbane, ammesse alle frumentazioni, come, in un
certo senso, i pretoriani, da tempo112, oltre che, possibilmente, i le-
gionari della seconda Parthica)113. Che l'ammontare delle truppe
stazionanti nella città fosse stato quadruplicato da Settimio Severo,
come vorrebbe Erodiano114, è certo un'esagerazione115 : e in ogni caso
non si possono calcolare certo in cinquantamila i militari fatti
oggetto della liberalità imperiale nel 202, per voler trovare la conferma
che il numero dei beneficiari sarebbe stato ancora di centocinquan-
tamila nell'età severiana116. Ma che cosa significa, ancora una volta,

114 sg., il quale, per poter operare questo confronto, deve svalutare le
informazioni fornite da Flavio Giuseppe, che vengono considerate, ma senza motivare in
alcun modo questo giudizio, «tendenziose», e interpretate facendo dire a Giuseppe
quello che non dice.
111 Cass. Dio LXXVI (LXXVII) 1, 1 (Xiph.); cfr. Herod. Ili 10, 2.
112 Si vd. ad es. Rickman, The Com Supply, p. 188; ma vd. ora Virlouvet,
Tessera frumentaria, p. 271 sg., la quale, in modo convincente, contesta che i
pretoriani fossero inseriti nelle liste dei beneficiari, diversamente dalle coorti dei vigili,
la cui ammissione alle frumentazioni, e alla stessa stregua della plebs
frumentaria, è rivelata da una documentazione epigrafica non equivoca.
113 Cfr. ad es. C.R. Whittaker, nella sua edizione (Loeb) di Erodiano, II,
p. 352 n. 2 (a proposito di Herod. Ili 13, 4); ma vd. pure, ad es., Κ. Hannestad,
L'évolution des ressources agricoles de l'Italie du IVe au VIe siècle de notre ère,
Copenaghen, 1962, p. 62 (dove andrà corretto il riferimento alla I Parthica).
114 III 13, 4.
115 Cfr. ad es. Mazzarino, Aspetti sociali, p. 238, con p. 416, η. 49.
116 Secondo il Beloch, Bev., p. 399 [= p. 366 e n. 3], in base al dato dioneo
potremmo calcolare in 160-180.000 i beneficiarii; vd. anche Cardinali, Diz. Ep., Ili,
p. 238 sg.; e Mazzarino, /. cit. Per evitare la difficoltà De Romanis, Septem anno-
rum canon, p. 147, ritiene di poter sostenere che, ai militari di stanza a Roma,
dovessero aggiungersi, sino, appunto, alla concorrenza di 50.000, i fanciulli
ammessi alle frumentazioni da Traiano, nonché gli acquirenti della tessera
frumentaria : gli uni e gli altri beneficiari di «erogazioni supplementari di fru-
mentum publicum, contabilmente distinte dalla vera e propria populi ratio» : ma
si vd. supra, n. 91, per l'inaccettabilità di questa costruita nozione di populi ratio;
che gli acquirenti di tessera frumentaria potessero essere considerati titolari di
erogazioni supplementari mi sembra peraltro del tutto escluso : vd. infra, p. 50.
40 ELIO LO CASCIO

la cifra di 50.000.000 di dracme data da Dione? Si tratta di una


somma precisa che consentirebbe di calcolare, di nuovo, in una cifra
tonda, 200.000, il numero dei beneficiarii, ο non si tratta piuttosto di
una somma approssimata? E ancora : che cosa mai può voler dire
che il beneficio è stato dato τφ τε όμίλφ παντί τφ σιτοδοτουμένφ? che
sarebbe stato possibile darlo solo a una parte del sitodotoumenos
omilos?
Per quanto riguarda il primo interrogativo, non possiamo far
altro che ribadire l'improbabilità dell'idea che la plebs frumentarìa sia
stata mai costituita da un numero tondo di persone, centocinquan-
tamila ο duecentomila. Come ora si vedrà, gli stessi criteri
verosimilmente adottati per colmare i vuoti lasciati dai morti (o da coloro che
abbandonavano Roma)117 lasciano ritenere che fosse improbabile la
fissazione di un numero tondo sia pure solo teorico dei
beneficiari118. Per tentare di rispondere al secondo interrogativo, è necessario
versare nella discussione l'altro dato numerico significativo per il
calcolo della popolazione di Roma che possediamo per l'età severia-
na, sia pure da un informatore tutt'altro che affidabile qual è il
biografo deìì'Histona Augusta : quello relativo, così parrebbe, al
consumo giornaliero della città, che sarebbe stato possibile garantire col
grano di origine contributiva. Dice il biografo di Settimio Severo
che, alla sua morte, l'imperatore avrebbe lasciato «septem annorum
canonem, ita ut cottidiana septuaginta quinque milia modium expen-
di possente119. È ben noto come, sin dalla Bevölkerung di Beloch120, si
sia cercato di intendere il senso dell'affermazione del biografo e la
portata dell'esagerazione, se vi è esagerazione, del riferimento a una
«riserva» costituita dal canon di sette anni121. L'interpretazione belo-

117 Che chi abbandonava Roma perdesse il diritto alla distribuzione è ovvio,
ma è anche espressamente confermato, per il IV secolo, da C.Th. XIV 17, 7 del
372.
118 Si vd. supra, η. 92, sulla non decisività del paragone con Ossirinco.
119 H.A. Sev. 23, 2 : «moriens septem annorum canonem, ita ut cottidiana
septuaginta quinque milia modium expendi possent, reliquit»; cfr. 8, 5 : «rei fru-
mentariae, quam minimam reppererat, ita consuluit, ut excedens vita septem anno-
rum canonem ρ (opulo) R(omano) relinqueret»; all'esistenza di un canon
computabile in termini di anni fa pure riferimento il biografo di Elagabalo, nel dare una
notizia chiaramente fantastica {H.A. Hel. 27, 7, su cui vd. Van Berchem, p. 100
sg.), dalla quale mi sembra si possa comunque dedurre la conferma di
un'informazione autentica : che anche la plebs extramurana, quella, cioè, del
«comprensorio» di Roma {supra, p. 13 sg.) doveva essere ammessa alle distribuzioni; sulla
notizia del biografo si vd. anche infra, n. 143.
120 Beloch, Bev., p. 411 sg. [= p. 375 sg. trad. it.].
121 A una possibile allusione biblica, a una connessione del numero sette col
sogno delle sette vacche grasse e delle sette vacche magre ha pensato F. Pa-
schoud, Le Diacre Philippe, l'eunuque de la reine Candace et l'auteur de la vita Au-
reliani, in BHAC 1975/76, Bonn, 1978, p. 147-51, a p. 149 n. 8; e lo stesso parere è
stato avanzato da J. Schwartz, cit. da M. Corbier, Trésors et greniers dans la Rome
LE PROCEDURE DI RECENSUS 41

chiana secondo la quale i 75.000 modii giornalieri costituirebbero


l'ammontare richiesto dai consumi globali della città e
consentirebbero, per questa via, di stimare l'entità della popolazione
comples iva di Roma in età severiana122, è stata generalmente accolta123, salvo
che di recente124, e tuttavia ci si è talora opposti ad essa con
argomenti, come ora si vedrà, tutt'altro che convincenti125. Mi sembra
certo che la terminologia stessa adottata dal biografo (non solo
canon, ma anche expendere)126 alluda a realtà che conosciamo per il
quarto e quinto secolo dalle consolidazioni giuridiche. Che la nota-

impériale (Ier-IIIe siècles), in Le système palatial en Orient, en Grèce et à Rome. Actes


du Colloque de Strasbourg 1985, Strasburgo, 1987, p. 411-43, a p. 418.
122 Ovvero più tardi, nel corso del IV secolo : infra, n. 127.
123 P. es. da U. Kahrstedt, Über die Bevölkerung Roms, in L. Friedländer,
Darst. aus der Sittengesch. Roms, TV, Lipsia, 1921940, p. 18 sg.; Α. ν. Gerkan, Die
Einwohnerzahl Roms in der Kaiserzeit, in Rom. Mitt. 55, 1940, p. 165 sgg., rip. in
id., Gesammelte Aufsätze, p. 296 sgg., a p. 307, con η. 32 sgg., a p. 316; A. Piga-
niol, L'empire chrétien, Parigi, 1947, p. 7, η. 54; Mazzarino, Aspetti sociali del
quarto secolo, cit., p. 233; F. G. Maier, Römische Bevölkerungsgeschichte und
Inschriftenstatistik, in Historia, II, 1953, p. 318-51, a p. 327, considera assai probabile
la conclusione, anche se ammette che non possiamo avere alcuna certezza circa
quale fosse la quota del consumo della città, al di là del grano delle distribuzioni,
coperta dal canone : se la totalità ο solo una parte; la Pavis d'Escurac, La
préfecture de l'annone, p. 171, sg. ritiene (come in qualche modo già W.J. Oates, The
Population of Rome, cit., p. 108) che il canon indichi il grano di origine contributiva
e quello acquistato dallo stato, e ritiene pure che esso coprisse la parte di gran
lunga maggioritaria del consumo romano, anche se suppone che ad esso si
accompagnasse una modesta quota lasciata al libero mercato; analogamente ora L.
De Salvo, Economia privata e pubblici servizi nell'Impero romano. I corpora navi-
culariorum, Messina, 1992, p. 89 sgg.; peraltro non sembra legittimo considerare
il dato dello scoliaste di Lucano sul consumo di Roma, al tempo della cura anno-
nae di Pompeo, come quello che conferma il dato del biografo di Settimio Severo,
proprio perché si riferiscono espressamente a due momenti diversi della storia
della città (così già Oates, /. cit.; contro, ora, Corbier, Trésors, p. 421, la quale
ritiene il confronto plausibile). Escluso, in ogni caso, che i 75.000 modii giornalieri
siano «distribuzioni straordinarie» che si aggiungono alle frumentazioni
gratuite, come aveva proposto G. Raffo, Sulle distribuzioni di viveri a Roma nel HI
secolo d.C, in GIF, TV, 1951, p. 250-255. Sul significato e sulla credibilità del
riferimento del biografo al canon di età severiana si vd. anche Corbier, /. cit. , che
ridiscute le varie posizioni, sostanzialmente aderendo al parere di chi (come la Pavis)
ritiene coperta dal canon la quota di gran lunga maggioritaria del consumo
romano; per la Corbier, peraltro, non solo la notizia relativa alla «spendita»
giornaliera di 75.000 modii (e di una annua di 75.000 per 365) sarebbe credibile, ma
anche la costituzione di una cospicua scorta (anche se andrebbe messo
fortemente in dubbio che essa potesse essere addirittura pari a 191.625.000 modii).
Per la recente ricostruzione di De Romanis, Septem annorum canon, si vd. infra,
n. 143.
124 Casson, The role of the state in Rome's grain trade, cit., p. 21 sg., 30, η. 3;
Garnsey, Grain for Rome, cit., p. 119, 201 n. 6.
125 Sirks, The size of the grain distributions, cit. (a n. 76), p. 220 sgg.
126 Cfr. C.Th. XTV 16, 2 (= C.I. XI 24, 1), relativa a Costantinopoli, dove
compare precisamente il nesso canon expendi : «Ita enim débet canon ab inclytae
42 ELIO LO CASCIO

zione relativa a un canon già esistente in età severiana debba


necessariamente interpretarsi come frutto di un grossolano
anacronismo127 non mi sembra, peraltro, del tutto accertato : può ben darsi
che qualche cosa che assomiglia al canon (frumentarius) della città
di Roma, rivelato dalle disposizioni del Teodosiano128, fosse già
presente nell'organizzazione annonaria di età severiana129. La notizia
del biografo può dunque serbare una qualche memoria di un fatto
realmente avvenuto, e pienamente comprensibile dopo il difficilissi-
mo periodo attraversato dall'annona di Roma in età commodiana,
quando la città fu sconvolta non solo, nel 189, da una pestilenza gra-
vosissima, che mieteva più di 2.000 vittime al giorno, a dire di Cas-
sio Dione130, ma anche, negli anni 189-90, da una rovinosa carestia,
che causò torbidi urbani gravissimi e di cui Commodo trovò il capro
espiatorio in Oleandro; la carestia avrebbe spinto Commodo a
introdurre un calmiere : «vilitatem proposuit ex qua maiorem penuriam
fecit», dice il biografo di Commodo131. Agli stessi anni va attribuita
l'istituzione della classis Africana Commodiana Herculeam, nonché
l'avvio della costruzione, e ricostruzione, come pare, poi continuata
in età severiana, di enormi horrea a Ostia e a Porto133. Sembra
evidente che alle difficoltà nell'approvvigionamento della capitale, che
dovevano avere come causa remota le difficoltà economiche
generalizzate a partire dalla metà degli anni '60 del secondo secolo134, si sia

memoriae Constantino praestitutus nec non a divo pietatis meae avo [Theodosio :
CI.] auctus expendi...».
127 J. Hasebroek, Untersuchungen zur Geschichte des Kaisers Septimius Seve-
rus, Heidelberg, 1921, p. 49 sg.; vd. pure A.H.M. Jones, // tardo impero romano,
trad, it., II, Milano, 1974, p. 942, che ritiene plausibile che l'informazione fornita
dal biografo sia riferibile agl'inizi del IV secolo; così pure Rickman, The Com
Supply, p. 198, 234.
128 Si veda la rubrica di C.Th. XIV 15, de canone frumentario urbis Romae, e le
costituzioni dello stesso titolo, nonché quelle del titolo successivo, XIV 16, de
frumento urbis Constantinopolitanae.
129 Secondo Van Berchem, Les distributions, p. 106 sg., canon deve proprio
intendersi già nel senso delle fonti giuridiche del quarto secolo, se è vero che il
termine di εμβολή, che è quello che esprime la nozione di canon frumentarius nei
papiri bizantini, è già attestato nel terzo secolo ο anzi alla fine del secondo (si vd.
B.G.U. 15, II, del 196/7). Ma al di là di una tale possibilità rimane indubbio che il
contributo dei redditi in natura delle proprietà imperiali, tanto per il grano,
quanto per l'olio, doveva essere divenuto, proprio nell'età severiana, assai
cospicuo : vd. infra, nonché quanto osserva P. Herz, Studien zur römischen
Wirtschaftsgesetzgebung. Die Lebensmittelversorgung, Stoccarda, 1988, p. 157.
130 Cass. Dio, LXXII (LXXIII) 14, 3 sg.; cfr. Herod. I 12, 1-3.
131 H.A. Comm. 14, 3; cfr. 7, 1.
132 H.A. Comm. 17, 7-8; si vd. in part. F. Grosso, La lotta politica al tempo di
Commodo, Torino, 1964, p. 215 sg.; 626 sg.
133 R. Meiggs, Roman Ostia, cit., p. 145 sgg.; G. Rickman, Roman Granaries
and Store Buildings, Cambridge, 1971, p. 84 sg.
134 E. Lo Cascio, Fra equilibrio e crisi, in Storia di Roma, dir. da A. Schiavone,
LE PROCEDURE DI RECENSUS 43

tentato di rispondere con una serie di misure che tendevano a


rendere più cospicuo e più regolare l'approvvigionamento135. A
conseguire quest'ultimo risultato valeva, peraltro, un ulteriore sviluppo :
l'incrementarsi, già con le confische di Commodo, ma poi in misura
di gran lunga più accentuata con quelle dei seguaci di Nigro e poi di
Albino, della proprietà imperiale, il che comportava l'accrescersi
della quota di derrate di origine contributiva - il grano, ma anche
l'olio, come mostra la documentazione delle Dressel 20 - che
pervenivano a Roma136. Mi sembra del tutto plausibile che nel riferimento
al canon, nel passo del biografo di Settimio Severo, si debba
riconoscere il riferimento anche al grano che proveniva dalle
proprietà imperiali : e non è, naturalmente, impensabile che si potesse
creare, con questo grano, una grossa riserva, da utilizzare nei
momenti di emergenza, una riserva che sarebbe potuta essere pari,
nella sua consistenza, al canon - e cioè al grano di origine contributiva
- che perveniva a Roma nell'arco di sette anni. Ma è legittimo
interpretare in questo senso l'allusione ai sette anni? E in ogni caso : che
cosa mai può voler dire che con tale riserva era possibile «expen-
dere» 75.000 modii al giorno? È del tutto probabile che ci troviamo
qui di fronte a una «contaminazione» di fatti dell'età severiana con
situazioni di quarto e quinto secolo, quando l'annona urbana di
Roma (come quella di Costantinopoli) sembra prevedere non solo un
calcolo complessivo dei bisogni alimentari della città, ma anche un
canon, suddiviso per province di provenienza delle derrate137, per
soddisfare il consumo globale138; in ragione di questa
contaminazione, inevitabilmente la contribuzione fiscale ο parafiscale di sette

II 2, Torino, 1991, p. 701-31; Id., Dinamiche economiche e politiche fiscali fra i


Severi ed Aureliano, ibid., Ili 1, Torino, 1993, p. 247-82, alle p. 247 sgg.
135 Si vd. ora E. Lo Cascio, / «servizi» (collegi e corporazioni) a Ostia e a
Roma, Atti della Tav. rot. su Villes et avant-ports : Rome-Ostie-Pouzzoles, Athènes-Le
Pirée-Délos, École française de Rome, 29-30 novembre 1994, di prossima
pubblicazione.
136 Lo Cascio, Fra equilibrio e crisi, p. 728 sgg.; Dinamiche economiche e
politiche fìscali, p. 255 sgg. Di origine contributiva è pure in larga misura l'olio tripo-
litano, e la stessa istituzione di distribuzioni gratuite di olio a Roma è associata,
dal biografo di Settimio Severo, alla pacificazione di quest'area da parte
dell'imperatore leptitano : H.A. Sev. 18, 3.
137 Presupposto da H.A. Firm. 5, 4 (canon Aegypti).
138 Che il canon fosse esclusivamente utilizzato per le distribuzioni gratuite è
senz'altro escluso : si vd. Lo Cascio, / «servizi», contro la complessiva
ricostruzione, per quest'aspetto, del Sirks, Food for Rome. The legal structure of the
transportation and processing of supplies for the imperial distributions in Rome and
Constantinople, Amsterdam, 1991; che al di là del canon vi fosse, ancora in epoca
tardoantica (e non solo in età severiana) una quantità, abbastanza cospicua, di
grano venduto sul mercato libero e non computato dall'amministrazione, come
vuole L. De Salvo, Economia privata, cit. (a n. 123), p. 89 sgg., e passim, non
sembra, peraltro, molto probabile.
44 ELIO LO CASCIO

anni assume, per il biografo, una significazione in qualche misura


differente da quella che avrà avuto, nella sua fonte, l'allusione al
grano di origine contributiva : piuttosto che essere il complesso dei
redditi in natura delle proprietà imperiali e del tributo in natura pagato
da alcune province, il grano di origine contributiva diviene il canon
frumentarìus, la contribuzione che le province pagano, per
soddisfare le esigenze del consumo di Roma, nell'arco di sette anni. Ci
spieghiamo, allora, l'allusione a una «spendita» quotidiana di grano
di 75.000 modii, che corrisponde verbatim alla «spendita» del canon
costantinopolitano di una disposizione del Teodosiano139 : questa
«spendita» non sembra potere essere altro, come sosteneva il Be-
loch, che la quantità di grano che complessivamente era consumata
nella città - e non, ovviamente, la quantità quotidiana di grano
riservata alle distribuzioni gratuite. Insomma, il biografo ha messo
assieme, in base a quella che doveva essere la situazione di quarto
secolo, che prevedeva un canon rapportato ai consumi complessivi
della città, due notizie distinte : la prima era quella dell'entità della
riserva costituita da Settimio Severo, pari al grano di origine
contributiva che perveniva nell'arco di sette anni, e la seconda era quella
del presumibile consumo giornaliero di grano, non già, come
parrebbe, nell'età in cui scriveva il biografo, ma proprio nell'età severia-
na140. Se questa interpretazione è corretta, potremo forse «salvare»
entrambe le notizie : una riserva pari al grano di origine
contributiva che perveniva a Roma nell'arco di sette anni non dovrà essere
necessariamente pari a 75.000 modii χ 365 χ 7, e cioè 191.625.000
modii, una cifra, com'è ovvio, esageratamente elevata141, mentre
una «spendita» giornaliera di 75.000 modii consente di indivi-

139 Supra, n. 126.


140 Come mette in rilievo la Corbier, Trésors, p. 421, il dato relativo ai
consumi (e io aggiungerei a quelli giornalieri) doveva essere un dato ovviamente ben
presente all'amministrazione, alla prefettura dell'annona. Osserverei come
dovevano ben essere disponibili, ad esempio, i dati relativi all'attività dei forni, in
questo momento in cui l'attività dei pistores diviene un munus (cfr. Sirks, Food
for Rome, p. 322 sgg.); il fatto stesso che vi fossero particolari privilegi per ipistri-
na in cui venissero lavorati cento modii di frumento al giorno (vd. Gai. Inst. I 34;
Ulp. F.V. 233, dove i pis trina centenaria sono evidentemente la stessa cosa : p. es.
Herz, Studien zur römischen Wirtschaftsgesetgebung, cit., p. 307), testimonia
come il controllo sulle quantità di frumento lavorato e di pane prodotto dovesse
essere di routine.
141 M. Corbier, Trésors, p. 417, mette in rilievo i problemi che potrebbe porre
una conservazione di grano di così lunga durata come sette anni e cita una
significativa documentazione comparativa, dalla quale risulta l'impossibilità di
imporre alla popolazione il consumo di grano vecchio, una volta ristabilita la
normalità degli approvvigionamenti.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 45

duare in 650.000-700.000 persone la popolazione complessiva


della città142.
Sembra in ogni caso del tutto escluso che, nel passo del
biografo, si possa leggere l'allusione così al consumo complessivo, come
all'entità delle distribuzioni, come è stato recentemente sostenuto :
quasi che il riferimento al canon debba essere letto nel senso che,
mentre i 75.000 modii quotidiani debbono essere interpretati come
quelli che soddisfano il consumo complessivo della città, la
menzione dei sette anni vorrebbe dire che le distribuzioni, alimentate,
appunto, dal canon, equivarrebbero a 1/7 di questa quantità
complessiva di grano143. Questa maniera di interpretare la notizia
del biografo si basa su due postulati certamente errati : che il nume-

po' più
142 Supra,
bassa di
η. quella
72, perdiil Beloch
calcolo : dell'apporto
800.000 persone).
calorico (si tratta di una stima un
143 Sirks, The size of the grain distributions, cit. (a η. 76), p. 221, seguito, per
questo aspetto, da De Romanis, Septem annorum canon, p. 138. Per risolvere la
difficoltà rappresentata dal numero impossibilmente esiguo dei beneficiari che
dovrebbe trarsi da questo calcolo, De Romanis, p. 142 sgg., seguito da C. Virlou-
vet, La consommation de céréales, cit., p. 270 sg., propone di correggere il tradito
«septuaginta quinque milia» di H.A. Sev. 23, 2, in «centum septuaginta quinque
milia» : ciò che consentirebbe di individuare in 175.000 χ 360 = 63.000.000 di
modii il consumo annuo complessivo di Roma coperto dal canon, nel senso de
«l'annuale contributo granario delle province all'annona di Roma», che sarebbe,
nello stesso tempo, il «canon di sette anni», inteso come l'ammontare delle fru-
mentazioni per sette anni per centocinquantamila persone in età severiana : il
termine canon varrebbe, vale a dire, a indicare tanto il contributo delle province
per il consumo complessivo, quanto la quota riservata alle frumentazioni, una
quota che sarebbe pari a un settimo del contributo complessivo. A parte la
considerazione metodica generale che fa ritenere ogni correzione della tradizione
manoscritta comunque arbitraria, quando essa nasca dalla volontà di intendere in
un modo predeterminato il dato offerto dalla fonte stessa, va messo in rilievo a)
che, come si è osservato, il termine canon non può voler dire in ogni caso il grano
delle frumentazioni, ma solo il grano di origine contributiva, né è legittimo
(come riconosce lo stesso De Romanis) ipotizzare, col Sirks, che il grano di
origine contributiva possa essere mai stato quantitativamente pari al grano delle
frumentazioni; b) che non abbiamo alcuna certezza che il numero dei beneficiari
fosse un numero tondo, e di centocinquantamila, nell'epoca di Settimio Severo :
l'unico dato cifrato che possediamo è quello relativo al congiario del 202 e da
esso non si può trarre in alcun modo la conclusione che i beneficiari delle
frumentazioni fossero centocinquantamila (vd. supra, η. 116). Ancor più arbitrario è
volere interpretare (De Romanis, p. 152 sgg.) il dato di H.A. Hel. 27, 7, come
quello che testimonierebbe il raddoppio, attuato ο solo progettato da Elagabalo, dei
beneficiari delle frumentazioni da 150.000 a 300.000 : un raddoppio incredibile
in sé, e che difficilmente sarebbe stato passato sotto silenzio da Cassio Dione ο da
Erodiano (che potevano ben ricordarlo in chiave negativa). Che la quantità
complessiva di caro porcina indicata da C.Th. XTV 4, 4, del 367, basti - a cinque
libbre al mese - per 317.000 persone circa per cinque mesi di razioni (si vd. infra,
p. 59 sgg.) non può comunque in alcun modo considerarsi un argomento a favore
del passaggio della plebs frumentarìa da 150.000 a 300.000 persone con
Elagabalo : sulla legge del Teodosiano si vd. infra, p. 63 sgg.
46 ELIO LO CASCIO

ro dei beneficiari, che certo continuavano a ricevere cinque modii a


testa al mese, nel 211 potesse essere pari ad appena 65.000 circa; e
che il canon, ο cioè il grano di origine contributiva, fosse
interamente e soltanto devoluto alle distribuzioni : ciò che appare
sicuramente escluso per una serie di motivi, e prima di tutto per la
stessa terminologia usata dal biografo, che è, ripetiamo, con
precisione, quella del legislatore di quinto secolo : expendere canonem
non può significare in nessun modo «erogare le distribuzioni
gratuite», ma significa, appunto «spendere» il grano di origine
contributiva per garantire i consumi della città. In più, lo stesso tenore
della notizia non presta alcun appiglio per un'interpretazione
siffatta : la connessione tra la «spendita» quotidiana e la riserva
costituita dal canone di sette anni è, nel pensiero del biografo, diretta e in
ciò sta evidentemente la voluta esagerazione, per la quale è
l'erogazione quotidiana di 75.000 modii a fissare l'entità stessa della riserva
di sette anni, che diviene perciò, nel pensiero del biografo,
l'incredibile cifra di 191.625.000 modii.
Se dùnque accogliamo la proposta del Beloch di riconoscere
nella «spendita» quotidiana di 75.000 modii quella che basta a
soddisfare i consumi complessivi della città, potremo facilmente
intendere la notizia dionea relativa al congiario del 202 come quella che
allude a una plebs frumentarìa formata, tolti i militari di stanza a
Roma, da 170-180.000 persone : questa plebs frumentaria potrebbe
essere in questo caso comprensiva pure dei minori di diciassette anni,
spesso ammessi, come si è visto, ai congiari : e ci spiegheremmo
allora per quale motivo Cassio Dione possa insistere nel dire che il
beneficio è andato τφ τε όμίλφ π α ν τ i τφ σιτοδοτουμένφ. Se così fosse,
dovremmo ipotizzare che così la popolazione complessiva della
città, come il numero degli ammessi alle frumentazioni è sceso di un
poco rispetto all'età augustea : ciò che sarebbe perfettamente
comprensibile dopo le epidemie degli anni di Marco e di Commodo.
Ma per interpretare in questo senso la notazione dionea
dobbiamo intendere che anche i minori di diciassette anni possono
considerarsi, in un certo senso, come appartenenti al sitodotoumenos
omilos, pur senza ricevere, di norma, il beneficio. E tuttavia, è
legittima una tale conclusione? Dobbiamo, a questo punto, affrontare il
problema di che cosa sia la plebs frumentarìa, in rapporto al resto
della popolazione cittadina di Roma, dopo la «chiusura» operata da
Augusto nel 2 a.C; e dobbiamo affrontare pure il problema di quali
siano i meccanismi che assicurano la sua riproduzione nel tempo. Si
tratta di problemi, com'è ben noto, assai dibattuti, che non
sembrano tuttavia avere ricevuto una soluzione largamente condivisa. In
presenza del recentissimo Tessera frumentarìa di Catherine Virlou-
vet, nel quale l'argomento è stato discusso in modo dettagliato, non
posso far altro che esporre alcune riflessioni, che tengono conto -
LE PROCEDURE DI RECENSUS 47

ciò che non sempre, nella storia del problema, è avvenuto - di quel
che il presumibile regime demografico della popolazione di una
grande città «pretransizionale» ci può suggerire, per risolvere questi
vari e connessi problemi.

6. La plebs frumentaria nel Principato.


Partirò, ancora una volta, dalla nutazione dionea in Xiphilino144.
La «chiusura» cui fa riferimento Cassio Dione può solo significare
che il sistema del recensas non è più quello che d'ora in avanti
assicurerà, da solo, la revisione periodica delle liste degli aventi diritto :
da questo momento in poi la plebs frumentarìa diviene, come pare,
una popolazione per l'appunto «chiusa», senza apporti dall'esterno :
senza apporti derivanti dall'immigrazione, per un verso, dalle
manomissioni, come sembra, dall'altro. Non che, come pure si è voluto
sostenere, ma per la verità senza alcun appiglio nella
documentazione antica, i liberti siano esclusi dal beneficio in quanto liberti145.
Quei liberti che facevano parte della plebs frumentaria al momento
della chiusura operata da Augusto, certo continuano regolarmente a
godere del beneficio e lo trasmettono, in certe forme, come ora si
vedrà, e come i beneficiari ingenui, ai propri eredi. Ma ciò che
verosimilmente d'ora in avanti accade è che un cittadino romano, anche se
domiciliato a Roma, non è in grado di trasmettere
automaticamente, con la manomissione, il diritto al frumento al proprio
liberto146. Naturalmente questo fatto ha per conseguenza che, in capo a
una generazione, non vi saranno più beneficiari liberti. Neppure
può valere, d'ora in avanti, il semplice trasferimento di domicilio a
Roma : se ammettiamo che $ incisi sono una popolazione «chiusa»,
i neoimmigrati sono esclusi dal beneficio. A far parte, quanto meno
potenzialmente, della plebs frumentaria sono solo i discendenti dei
beneficiari. La conclusione sembra scontata; e si può dire che,
almeno per il terzo secolo e poi per il periodo tardoantico, ne abbiamo
un'esplicita conferma : da una notizia del biografo di Aureliano e da
C. Th. XIV 17, 5, del 369, sembra doversi dedurre che il diritto al
paras popularis è concepito come ereditario. Il legislatore del quarto
secolo afferma che la dementia imperiale si estende non solo a colo-

144 Cass. Dio, LV 10, 1 (Xiph. 100, 31) : cfr. supra, p. 12, 31 η. 90.
145 Virlouvet, La plèbe frumentaire à l'époque d'Auguste, cit. (a η. 75), p. 48
sgg.; e ora Tessera frumentarìa, p. 215 sgg.
146 Ο quanto meno non in linea di massima : il liberto del cittadino escluso
dalle frumentazioni (perché cavaliere ο senatore ο perché proprietario di
immobili urbani a Roma) non può ovviamente trasmettere un diritto che lui stesso non
possiede; ma è presumibile che anche gli schiavi manomessi da appartenenti alla
plebs frumentarìa, se non sono loro eredi (vd. infra), non possano godere del
beneficio.
48 ELIO LO CASCIO

ro che attualmente possono beneficiare del pane, ma anche ai loro


successores147. Il biografo di Aureliano, dal canto suo, nel parlare
della creazione del panis popularis, parrebbe dire esplicitamente che il
diritto alla distribuzione quotidiana di pane era trasmesso agli
eredi148. Io non credo che si possa intendere tanto la notizia del
biografo, quanto, ancor più, la disposizione del Teodosiano in maniera
diversa da quella più piana : vale a dire che il diritto al pane viene
trasmesso agli eredi «diretti» dei beneficiari149. E direi che
un'interpretazione del genere è confermata da quegli altri testi del
Teodosiano che parlano di annonae caducae ο vacantes, e anche a
proposito del panis popularìs150.
Ma come può realizzarsi, in concreto, la trasmissione ereditaria
del beneficio? Dobbiamo ipotizzare differenti possibili scenari. Il
primo, che troverebbe numerose conferme nella documentazione
comparativa relativa alle città preindustriali151, è quello di un centro
urbano nel quale i morti superano mediamente ogni anno il numero
dei nati, e dunque anche, più precisamente, in cui il numero dei
maschi adulti e beneficiarii che muoiono mediamente ogni anno
supera il numero dei maschi che raggiungono ο che hanno già rag-

147 «Popularibus enim, quibus non est aliunde solacium, quibus idem panis
hodieque distrahitur, et eorum successoribus dementia nostra deputavit in quo
nunc emitur loco propriis gradibus erogandum » : sulla costituzione, che ripristina
dopo una verosimilmente breve interruzione, le distribuzioni di panis populatis a
Roma, si vd. ora E. Lo Cascio, Registri dei beneficiari e modalità delle distribuzioni
nella Roma tardoantica, in Les archives de l'administration des distributions des
vivres dans les cités antiques, École française de Rome, 19-20 mai 1995, di
prossima pubblicazione.
148 H.A. Aurei. 35, 1 : «Non praetereundum videtur, quod et populus memoria
tenet et fides historica frequentavit, Aurelianum eo tempore, quo proficiscebatur ad
orientent, bilibres coronas populo promisisse, si victor rediret, et, cum aureas
populus speraret neque Aurelianus aut posset aut vellet, coronas eum fecisse de panibus,
qui nunc siliginei vocantur, et singulis quibusque donasse, ita ut siligineum suum
cotidie toto aevo suo [et] unusquisque et acciperet et posterìs suis dimitteret».
149 Diversam. Carrié, Les distributions, cit., p. 1013 sg., seguito dalla Virlou-
vet, Tessera frumentaria, p. 212; ma si vd. già Cardinali, p. 291.
150 Per esempio C.Th. XTV 9, 2.
151 Vd. ad es. il caso di Londra nell'età moderna, che può crescere solo in
virtù dell'immigrazione, mentre il tasso di natalità si mantiene costantemente più
basso di quello di mprtalità : E. A. Wrigley, A Simple Model of London's
Importance in Changing English Society and Economy 1650-1750, in Past & Present 37,
1967, p. 44-70, rist. in Ph. Abrams-E.A. Wrigley (edd.), Towns in Societies, Cam-
bridge-Londra-New York-Melbourne, 1978, p. 215-43, alle p. 216 sgg., e in E.A.
Wrigley, People, Cities and Wealth, Oxford, 1987, p. 133-56, alle p. 134 sgg.; si vd.
in generale Id., Brake or Accelerator? Urban Growth and Population Growth before
the Industrial Revolution, in A. van der Woude-A. Hayami-J. de Vries,
Urbanization in History, Oxford, 1990, p. 101-112, a p. 103; J. de Vries, The Dutch Rural
Economy in the Golden Age, 1500-1700, New Haven e Londra, 1974, p. 107 sgg.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 49

giunto l'età a partire dalla quale si gode del beneficio senza ancora
goderne : in sostanza la popolazione non si riproduce, e a
mantenerla sempre a un medesimo livello vale la continua immigrazione152.
Se i neoimmigrati sono, per definizione, e in assenza di periodici re-
census, esclusi dal beneficio delle frumentazioni, è ovvio che il
numero dei beneficiari tenderà progressivamente a calare. Il secondo
possibile scenario è quello di un numero dei maschi che, avendo
raggiunto ο superato i diciassette anni ancora non godono del
beneficio, mediamente superiore al numero dei maschi adulti che
muoiono ogni anno. Stante il vincolo numerico imposto alla plebs
frumentarìa, stante il fatto che si è incisi solo «in locum eraso-
rum»i53, questo significa che vi dovrà essere un criterio per
trascegliere nell'ambito dei potenziali beneficiari quelli che effettivamente
godranno del beneficio : la testimonianza suetoniana sul precedente
cesariano, ma ancor più il confronto col sistema adottato nell'Ossi-
rinco del III secolo suggeriscono come ovvio il ricorso alla subsorti-
tio, al sorteggio. In altri termini, poiché la lista dei beneficiarii non è
più valida, com'era con Cesare, tra un recensus e l'altro, ma es aei,
non basta essere civis Romanus recensus a Roma, in quanto
domiciliato nella città, per potere essere ammesso al beneficio, ma bisogna
essere incisus, al posto di un erasus, morto (o emigrato), e lo si è,
verosimilmente, attraverso una procedura di sorteggio : se la subsorti-
tio, con Cesare, veniva effettuata «ex Us qui recensì non essent», il
sorteggio, in età imperiale, è, al contrario, effettuato tra coloro
che sono recensì, tutti potenziali beneficiarii. Il terzo
possibile scenario è quello di una popolazione tendenzialmente
stazionaria, in cui il numero di coloro che hanno raggiunto ο superato i
diciassette anni senza godere ancora del beneficio eguaglia il numero
dei maschi adulti che ogni anno muoiono. In questa situazione, tutti
i discendenti dei beneficiari arriveranno, prima ο poi, a godere del
beneficio154, e il sorteggio servirà dunque semplicemente a stabilire

152 La precarietà delle condizioni igienico-sanitarie delle città antiche


costituisce uno dei temi della celebre, e notevole, opera di R. von Pöhlmann, Die
Übervölkerung der antiken Großstädte, Lipsia, 1884; si vd. ora A. Scobie, Slums,
Sanitation, and Mortality in the Roman World, in Klio, 68, 1986, p. 399-433, e per la
mortalità stagionale ora W. Scheidel, Libitina's Bitter Gains : Seasonal Mortality and
Endemic Disease in the Ancient City of Rome, in Ancient Society, 25, 1994, p. 151-
75; e B.D. Shaw, Seasons of death : aspects of mortality in Imperial Rome, in JRS,
86, 1996, p. 100-38; per il problema della bassa natalità a Roma cfr. anche la
teoria di A.M. Devine, The low birth-rate in ancient Rome : a possible contributing
factor, in RhM, 128, 1985, 313-17.
153 Plin. Pan. 25, 3, col commento di C. Virlouvet, Tessera frumentarìa, p. 253
sgg·
154 Salvo, ovviamente, coloro che muoiono poco tempo dopo il compimento
del diciassettesimo anno di età.
50 ELIO LO CASCIO

l'ordine di priorità con il quale si è ammessi al beneficio medesimo.


Naturalmente, poiché la popolazione dei cives Romani domiciliati a
Roma, ammessi al beneficio dopo la «chiusura» augustea,
difficilmente sarà stata una popolazione «stabile»155, è possibile che tutti e
tre gli scenari si siano potuti realizzare nel corso del tempo156, com'è
ovvio il pensare che si sia potuto procedere, sia pure senza
regolarità, a periodici recensus, quando la popolazione degli aventi diritto
scendeva al di sotto del limite fissato con la «chiusura» del 2 a.C. È
pure possibile che un criterio diverso di ammissione, non fondato
sulla subsortitio, abbia potuto riguardare coloro che non facevano
parte, per discendenza diretta da un beneficiario, della plebs fru-
mentarìa. È in questo quadro che dev'essere vista l'allusione, nelle
fonti giuridiche soprattutto di età severiana, ali'« acquisto» della
tessera ο della tribus - l'acquisto, evidentemente, del diritto di far parte
della plebs frumentaria^1 e, certo, dalla stessa amministrazione e
non dai privati beneficiarii : è del tutto naturale che tale acquisto,
quali che siano, poi, le sue concrete modalità, debba riguardare i
liberti158, i quali possono solo in questo modo entrare a far parte della
plebs frumentaria159.
È pure attraverso un'interpretazione siffatta dei modi di
riproduzione della plebs frumentarìa che si possono spiegare, a mio
avviso, alcune delle testimonianze epigrafiche relative al possesso del

155 Vale a dire una popolazione con un tasso d'incremento costante ο al


limite stazionaria, e dunque con un tasso di mortalità e un tasso di natalità
costante e con una costante distribuzione per età della popolazione : sulla teoria
della popolazione stabile, elaborata da Lotka all'inizio del nostro secolo, si veda,
p. es., M. Livi Bacci, Introduzione alla demografìa, Torino, 1981, p. 372 sgg., e C.
Newell, Methods and Models in Demography, Londra, 1988, p. 117 sgg.
156 Così, il meccanismo della subsortitio si sarà messo in funzione nei periodi
di più rapida crescita della popolazione, che saranno coincisi, in particolare, con
quelli successivi a momenti di «mortalità di crisi» - e nella misura in cui tale
mortalità di crisi non abbia prodotto un numero tale di posti vacanti da non
potere essere colmato in tempi rapidi. Spiegherei in questo modo anche perché a
Ossirinco il meccanismo sia in funzione negli anni 70 del III secolo : dopo i
decenni di crisi e il calo della popolazione in Egitto, già a partire dagli anni di
Marco (su cui vd. ora Bagnali e B. W. Frier, The Demography of Roman Egypt, cit. (a
η. 33), p. 173 sgg. e passim) è presumibile che ci sia un incremento di una
popolazione che è chiusa (quella dei metropoliti).
157 Dig. V 1, 52, 1 (Ulp.); XXXI 87 pr. (Paul.); XXXII 35 pr. (Scaev.); cfr. Iuv.
Sat. 7, 171-75; e il riferimento alla possibilità di «legare» la tessera in Dig. XXXI
49, 1 (Paul.); si vd. da ult. Virlouvet, Tessera frumentaria, p. 205 sgg.
158 O, quanto meno, i liberti dei non appartenenti alla plebs frumentaria,
supra, η. 146.
159 Queste procedure alternative di conseguimento del beneficio parrebbero
trovare il loro pendant, a Ossirinco, nelle procedure relative all'ammissione dei
rhemboi, che, diversamente da quelle per gli epikrithentes , non prevedono il
sorteggio.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 51

diritto al frwnentum publicum da parte di minori160, ovvero il caso


dell'appartenenza alla plebs frumentaria di una donna, Mallia
Aemiliana : il riferimento è ovviamente al fatto che si appartiene al
novero di coloro che fanno parte, sia pure ancora solo potenzialmente,
della plebs frumentaria, al novero delle famiglie che rientrano in
essa161, anche se, salvo il caso dei minori ammessi da Traiano al
beneficio162, ο più tardi dei pueri e delle puellae ammessi dai suoi
successori163, essi non hanno, effettivamente, fatto in tempo a godere
personalmente del beneficio.
C'è poi il problema della validità, nel tempo, della «chiusura»
operata da Augusto nel 2. Sembra certo che tale «chiusura» non
dev'essere stata perpetua164. Parrebbero mostrarlo documenti quali CIL
VI 955 = ILS 286165 : l'epigrafe testimonia che la Uberalitas di Traiano
nei confronti delle trentacinque tribù si è manifestata «ampliando» i
commoda delle tribù medesime «etiam locorum adiectione » nel circo
(l'iscrizione è stata trovata all'angolo nord-ovest del circo Massimo),
e però, contestualmente, come sembra, anche il numero dei
beneficiari delle frumentazioni : il dato dell'iscrizione va confrontato con
due luoghi del Panegirico pliniano166, in uno dei quali è menzione del-

160 CIL VI 10217; 10218; 10220 = ILS 6064; CIL VI 10221; 10224; 10226; 10227;
10228; per molti di questi casi mi sembra del tutto da condividere l'interpreta-
zione data da J.-M. Carrie, Les distributions alimentaires, cit., p. 1004 sg.;
estremamente significativa (e anche per il problema dell'età a partire dalla quale di
norma si gode del beneficio) la testimonianza di CIL VI 10226 : «...Hic septimum
decimum frumentum publicum accepit, sextum decimum... perdidit».
161 Perciò non mi sembra certo che i genitori dei fanciulli in questione siano
sempre liberti, come voleva il Van Berchem, Les distributions, p. 36 sg.; se lo
sono e se è anche per questo che ribadiscono l'ingenuità del figlio morto in tenera
età, allora vuoi dire che sono entrati a far parte della plebs frumentaria, perché
hanno acquistato, ο perché il patrono ha acquistato per loro, il diritto a farne
parte.
162 Plin. Pan. , 28, 4-5 : si vd. ad es. Durry, in Pline le Jeune, Panégyrique de
Trajan, Parigi, 1938, p. 236; R.-P. Duncan- Jones, The Economy of the Roman
Empire. Quantitative Studies, Cambridge, 19822, p. 290; E. Lo Cascio, Gli alimenta,
l'agricoltura italica e l'approvvigionamento di Roma, in RAL, Ci. Se. mor. stor. fil.,
n.s. Vili, XXXIII, 1978, p. 311-52, a p. 315 sg.; Virlouvet, Tessera frumentaria,
p. 230 e 250 con n. 42.
163 H.A. Ant. Pius, 8, 1; Mare. 7, 8; 26, 6; e si vd. le puellae Faustinianae di CIL
VI 10222, su cui cfr. Van Berchem, Les distributions, p. 34, η. 1, e F. Cassola, Nota
sul 'praefectus alimentorum' , in Studi in onore di E. Volterra, Milano, 1971, III,
p. 500, n. 15; ma vd. contra Carrié, Les distributions, p. 1004, con η. 2, per il quale
l'allusione pliniana non sarebbe all'estensione ai fanciulli delle distribuzioni fru-
mentarie, ma proprio agli stessi alimenta.
164 App., B.C., II 120, su cui cfr. supra, n. 88, sembrerebbe implicare la
possibilità, ancora al suo tempo, di un'immissione di neoimmigrati nella plebs
frumentaria.
165 Vd. Dessau ad /., e ad es., P. Veyne, Le pain, cit., p. 689.
166 Plin. Pan. 28, 4 e 51, 3-4, cfr. 25, 3; cfr. C. Nicolet, Tessères frumentaires et
52 ELIO LO CASCIO

l'ampliamento del Circo Massimo per creare 5.000 nuovi posti, e


nell'altro si parla dei «paulo minus... quinque milia ingenuorum» che
sarebbero stati ammessi al beneficio delle frumentazioni. Cioè Traiano
ha aumentato il numero dei loca nel Circo, ma corrispondentemente
anche il numero delle razioni : e il riferimento sembra essere per
l'appunto all'aggiunta dei 5.000 minori ingenui di cui parla Plinio167.
Infine, non è improbabile che la constitutio Antoniniana abbia
potuto determinare un ampliamento della plebs frumentarìa, con
l'ammissione della totalità, ο di parte, dei peregrini residenti a Roma
fra i cives Romani quivi domiciliati168. È noto che il Van Berchem
escludeva che la constitutio avesse potuto conseguire un tale
effetto169, ma non sembra che l'argomento addotto dal compianto
studioso possa considerarsi davvero decisivo170. Se pensiamo che
quest'ammissione si è verificata, ne dovremo trarre due conseguenze. La
prima è che il numero degli aventi diritto è sempre, in qualche modo,
per una precisa opzione, diremmo, «ideologica», un numero
dipendente da quello dei cives legalmente residenti a Roma. La seconda
conclusione è che l'incremento del numero dei beneficiarii a seguito
dalla concessione caracalliana, assieme, ovviamente, all'istituzione
di distribuzioni gratuite di olio, può, alla lunga, avere provocato le
difficoltà che avrebbero portato, forse, alla stessa interruzione delle
regolari frumentazioni nel corso dei decenni centrali del III secolo,
fino alla ripresa aurelianea, con le distribuzioni di pane171. È
probabile, peraltro, che ancora nel quarto secolo di norma non tutti i cives
Romani residenti nella città fossero ammessi al beneficio, anche se
non abbiamo alcuna attestazione esplicita dell'esistenza di un nume-

tessères de vote, in Mèi. Heurgon, Roma, 1976, p. 695-716, a p. 701, n. 15; Id., Plèbe
et tribus, cit., p. 837 sgg.; Virlouvet, Tessera frumentaria, p. 230 sgg.
167 Quali siano stati i criteri di ammissione dei «paulo minus... quinque milia
ingenuorum » non sappiamo : ma certo è sintomatico che anche in questo caso il
numero dei nuovi ammessi non sia un numero tondo (ciò che rappresenta
un'importante differenza con i sussidi alimentari delle città d'Italia, riservati,
come pare, in ogni municipalità, a un numero tondo di beneficiari : si vd. ad es.
Lo Cascio, Gli alimenta, cit., p. 312 con η. 5).
168 Così A. Chastagnol, La préfecture urbaine à Rome sous le Bas-Empire,
Parigi, 1960, p. 314, ritiene esteso, con la qualifica di civis Romanus domiciliato a
Roma, anche il concreto beneficio (ma va osservato che egli interpreta, a mio avviso
erroneamente, come esteso anche alle donne e ai fanciulli di più di tre anni il
diritto alle distribuzioni, sulla scia della generale ricostruzione di F. Lot, Capitales
antiques, capitales modernes. Rome et sa population à la fin du IIIe siècle de notre
ère, in Annales d'Histoire sociale, 1945, 2, p. 29-38); contra, Carné, Les
distributions, cit., p. 1026 sgg.
169 Van Berchem, p. 99 sgg.
170 L'argomento di Van Berchem era che i diplomi militari che concedono la
cittadinanza alle mogli di pretoriani ed équités singulares continuerebbero, essi
soli, a essere concessi anche nel III secolo.
171 Vd. p. es. Cardinali, p. 281, il quale, peraltro, nega, in base al confronto
LE PROCEDURE DI RECENSUS 53

rus clausus in quest'età, almeno per Roma (diversa è,


presumibilmente, la situazione di Costantinopoli)172, né possiamo affermare
con sicurezza che i requisiti per fare parte del gruppo dei beneficiari
siano rimasti invariati : e tuttavia che un mutamento «ideologico»
delle distribuzioni gratuite sia quello che si realizza nell'Impero tar-
doantico, come si è voluto sostenere dal Van Berchem, per cui solo
ora le distribuzioni si caratterizzerebbero come riservate
agl'indigenti, sembra, in ogni caso, escluso173.
Resta un problema. Come e per cura di chi veniva effettuata la
registrazione di coloro che, facendo parte di nuclei familiari
appartenenti alla, plebs frumentarìa, arrivavano all'età per essere
potenzialmente beneficiari : per essere vale a dire iscritti in quella lista
sulla quale si effettuava la subsortitio? E come veniva materialmente
effettuata la subsortitio stessa, ogni volta che si ricorreva ad essa per
aggiungere nuovi nomi di incisi «in locum erasorum»? La
pubblicazione dei documenti relativi al corn-dole a Ossirinco ha accresciuto
la possibilità di arrivare a una soluzione, anche se non possiamo
dire di avere la certezza assoluta del fatto che l'istituzione nella città
egiziana fosse, fin nei dettagli, esemplata su quella romana.
In primo luogo, mi sembra oltremodo probabile che, come a
Ossirinco, dovessero esservi altrettante liste di beneficiari e di
potenziali beneficiari, quanti erano i vici114. Nel sistema basato sulle
distribuzioni della porticus Minucia la plebs frumentaria risultava divisa
in circa 1320 gruppi175 : ogni cittadino romano avente diritto alle fru-
mentazioni, infatti, era iscritto (incisus) per la distribuzione a un
determinato ostium per un determinato giorno del mese176. Quale fosse

tra le notizie di H.A. Aurei. 35 e 47, e di Zos. 1, 61, che le distribuzioni di pane
debbano farsi risalire ad Aureliano; Pavis, La préfecture, p. 188 sgg.
172 Se intendiamo la notizia di Socr. II 13, con i più dei commentatori, come
quella che individua in otto μυριάδες il numero delle «razioni» quotidiane : vd.
Jones, // tardo impero romano, p. 939, con n. 20, p. 1149; G. Dagron, Naissance
d'une capitale. Constantinople et ses institutions de 330 à 451, Parigi, 1974, p. 535;
Sirks, The size of the grain distributions, cit. (a n. 76), p. 227 sgg.
173 Si vd. in particolare Carrié, Les distributions, cit., p. 995 sgg., a proposito
di Van Berchem, Les distributions, cit., p. 104.
174 Parrebbe certo che le liste, ad Ossirinco, dovessero essere per άμφοδα, non
per φυλαί : vd. infra, p. 55 (e in ogni caso le φυλαί ad Ossirinco, in quanto
raggruppamenti di più άμφοδα, sono altra cosa, rispetto alle tribus romane : sono
qualche cosa di paragonabile alle regiones; sulle φυλαί ad Ossirinco e sul loro
rapporto con gli άμφοδα vd. E.G. Turner, Oxyrhynchus and Rome, in HSCP 79, 1975,
p. 1-24, a p. 17, n. 50).
175 E cioè 44 ostia (per questo numero, invece del numero, usualmente
ammesso, di 45, si vd. Virlouvet, Tessera frumentarìa, p. 149 sg.) per 30 giorni (se i
giorni della distribuzione erano effettivamente tutti i giorni del mese, cosa che è
messa in discussione dalla Virlouvet, Tessera frumentaria, p. 16).
176 Si vd. in part. Rickman, The com supply, p. 192 sg. e ora Virlouvet, Tessera
frumentaria, p. 262 sgg., part. p. 280 sgg. e passim.
54 ELIO LO CASCIO

il criterio con il quale era effettuata la distribuzione degli aventi


diritto fra i vari ostia e i vari giorni del mese non sappiamo, ma certo è
ragionevole ipotesi che giocasse in qualche modo il domicilio : vale
a dire che i gruppi fossero composti dagli abitanti dello stesso viens
(assai più improbabile, mi sembra, è che vigesse un criterio di
divisione basato sulle trentacinque tribù)177. In ogni caso, pare del tutto
probabile che la registrazione degli aventi diritto,
seguendo il precedente cesariano, continuasse ad essere effettuata vica-
tim : ciò che avrebbe avuto anche per conseguenza il fatto che
gli stessi elenchi dei beneficiari, ai fini della procedura della subsor-
titio, fossero redatti vicus per vicus™. A rendere questa supposizione

177 Mi sembra che una tale conclusione sia pure suggerita dal fatto che le
iscrizioni dei vigili (sulle quali si vd. ora l'analisi dettagliatissima della Virlouvet,
p. 274 sgg.) attestano che gli appartenenti alla medesima coorte, ο anzi alla
medesima centuria, ricevono il frumento lo stesso giorno ed essendo iscritti sulla
medesima tabula (e cioè, di fatto, presso il medesimo ostium) : e questo non solo,
ο non tanto, perché sarebbero stati iscritti fra gli aventi diritto nel medesimo
momento, avendo effettuato i tre anni di servizio richiesti, ma perché, appartenendo
alla medesima coorte, erano evidentemente allogati nella medesima caserma
(osservazione fatta da C. Virlouvet, nella Tavola rotonda su Les archives de
l'administration des distributions des vivres dans les cités antiques, École française de
Rome, 19-20 mai 1995).
178 Non sembra, in effetti, che la ripartizione della plebs frumentaria tra le
trentacinque tribù abbia mai avuto importanza pratica; a me pare, viceversa, che
proprio la documentazione di Ossirinco costituisca un ulteriore, e forte,
argomento a favore della tesi di Hirschfeld, Die getraideverwaltung, cit. (a n. 105), p. 13
sgg., e contro Mommsen, Staatsrecht III, p. 444 sgg. e Cardinali, in Diz. Ep., cit.,
p. 269 sgg., che lo segue, circa il fatto che la ripartizione della, p/efo frumentaria
dovesse essere in base al domicilio, e non in base alle tribù; Rickman, The corn
supply, p. 190, non prende posizione, ma mette in rilievo, a mio avviso
giustamente, che, pur se è vero che vi sono testimonianze sulla «prominence» della
tribù nelle distribuzioni e nella ricezione dei legati da parte della plebe urbana, «it
is possible that this prominence is owed to the need for citizenship and therefore
tribal membership as the necessary condition of eligibility». Quanto all'ipotesi
della Virlouvet, Tessera frumentaria, p. 268, secondo la quale la subsortitio
sarebbe avvenuta su altrettante liste quante erano le tribù, va messo in rilievo che
essa non sembra potersi basare su alcun indizio : certo, non lo è il fatto che, a
presiedere alle operazioni di registrazione, a Ossirinco, sia il filarca : e questo
perché le φυλαί ad Ossirinco, come si è già osservato, sono tutt'altra cosa delle
trentacinque tribù a Roma. In realtà, l'appartenenza alle trentacinque tribù vale
ammissione potenziale al beneficio; e quanto alla «compera» della tribù
di Dig. XXXII 35, pr., essa vuoi evidentemente dire «compera» dell'ammissione al
beneficio, ma non sembra in alcun modo potersi interpretare come «compera»
della cosiddetta tribus ingenua : e peraltro sembra assolutamente implausibile
che tribus ingenua possa significare tribus rustica, in un momento in cui la
distinzione tra tribù rustiche e tribù urbane, quando la plebs urbana è costituita dalle
trentacinque tribù, non sembra più avere importanza pratica. Io credo che
l'appartenenza a una tribus ingenua significhi appartenenza certa alla plebs
frumentaria, e dunque potenziale ammissione al beneficio, giacché evidentemente la
manomissione non è in grado più, di per sé, di ammettere alla plebs frumentaria.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 55

assai plausibile vale, come mi sembra, la testimonianza del corn-


dole ossirinchite : è certo significativo che le richieste di ammissione
al beneficio al posto di una persona deceduta, quando contengono
l'espressa indicazione deìì'amphodon della persona deceduta, la
presentino sempre attraverso la formula : οντος έπί τοϋ αύτοϋ άμφόδου :
vale a dire che il richiedente è sempre dello stesso amphodon del
deceduto179. In uno dei documenti dell'archivio180, che contiene una
richiesta di iscrizione, il nome della persona deceduta viene lasciato
in bianco, ma non la sua appartenenza al medesimo amphodon del
richiedente. Quanto a Roma, che la registrazione della plebs urbana
dovesse essere per vici e dunque anche per regiones lo attestano
documenti della prima età imperiale quale ad esempio la dedica mutila
della plebs urbana a Gaio Cesare del 5 a.C.181
Sembra, pertanto, ragionevole ipotesi che al livello di ogni vicus
esistano due, ο tre, liste182. La prima è la lista di coloro che hanno
domicilium nel vicus, una lista che è basata su ciò che, a Roma,
corrisponde alle egiziane kat'oikian apographai : le dichiarazioni, forse
stilate ancora dai proprietari degl'immobili urbani, di coloro che
hanno domicilium nella città183. La seconda è la lista di coloro che,
potenzialmente almeno, appartengono, nel vicus, alla plebs frumen-
taria : anche questa lista è derivata dalle dichiarazioni relative al
domicilio, rese presumibilmente ancora dai proprietari degl'immobili :
l'individuazione di un numero chiuso, con la conseguenza che si è
stabilita una sorta di «ereditarietà» della condizione di appartenente
alla plebs frumentarìa, ha infatti fatto sì che l'elenco di coloro che
appartengono alla plebs frumentaria non comprenda più tutti i nomi

Che vi fossero liste diversamente costruite dei beneficiari - una per la


registrazione, una per il concreto espletamento delle operazioni - mi sembra comunque
escluso : una tale distinzione avrebbe inutilmente complicato le già complesse
procedure; ma la ragione per la quale la Virlouvet è costretta a fare una simile
ipotesi è perché, per un verso, ritiene assodato che i beneficiari fossero distinti
per tribù (e le procedure di sorteggio avvenissero per tribù), per un altro verso, le
iscrizioni dei vigili testimoniano senz'ombra di dubbio che l'attribuzione a un
determinato giorno e a un determinato ostium è indipendente dall'appartenenza a
una specifica tribù.
179 La cosa è bene osservata da Virlouvet, Tessera frumentarìa, p. 249 sg.; e si
vd. già Turner, art. cit., p. 18; assai meno convincente Rea, p. 35 sg.
180 P. Oxy. 2907, col. II, 1. 5.
181 CIL VI 899 e 39207, con l'integrazione di A. Degrassi, in Doxa II, 1949,
p. 79 = AÉ 1949, 176 : cfr. Nicolet, Plèbe et trìbus, cit., p. 823 con η. 59.
182 A una molteplicità di liste (ma per tribù) pensa C. Virlouvet, Tessera
frumentaria, p. 263 sgg.
183 II documento sul quale si procede alla subsortitio a Ossirinco sembra
essere costruito proprio in base alle kat'oikian apographai dei proprietari delle
abitazioni : si vd. Turner, art. cit., p. 20 sg., che mette espressamente a confronto il
dato ossirinchite con la notizia suetoniana sul recensus, effettuato «vicatim» e
«per dominos insularum»; e Virlouvet, Tessera frumentarìa, p. 247 sg., 256 sg.
56 ELIO LO CASCIO

dei cives Romani che hanno domicilium nella città : e ho il sospetto


che sia proprio questo più ristretto nucleo di cives Romani
domiciliati a Roma - quello che forma la plebs frumentaria - il nucleo che è
definibile come «plebe urbana delle trentacinque tribù»184. È su
questo elenco, aggiornato anno per anno, che vengono individuati i
nomi che devono essere, verosimilmente ogni anno, erasi e quelli
che devono essere, verosimilmente ogni anno, incisi. Qualora il
numero degli erasi sia inferiore al numero di coloro che hanno
raggiunto l'età per essere incisi, ma non lo sono ancora, si procede, su
questa lista, alla subsortitio. L'elenco che ne risulta è quello, anno
dopo anno, e vicus per vicus, dei beneficiari effettivi185.
Naturalmente, quando il numero dei beneficiari, vicus per vicus, scende, e
si determinano vacanze, ecco che allora interviene la possibilità di
un acquisto del diritto per coloro - liberti, ο quanto meno liberti di
non beneficiari186, e neoimmigrati -, che non possono far parte della
plebs frumentaria - e cioè, come mi sembra, della plebs urbana delle
trentacinque tribù.
La gestione e il controllo della plebs frumentaria sembrano
dunque avvenire nella cornice del vicus : ciò che doveva rendere
assai più agevoli tutte le operazioni, visto che ci si trovava non già di
fronte a 150.000-200.000 beneficiarii tutti assieme, ma a qualche
centinaio di gruppi di, non più di un migliaio di persone ciascuno. Il
controllo esercitato dagli organi del vicus, e delle regiones, e non già
soltanto quello esercitato dai domini insularum, poteva basarsi,
perciò, su una conoscenza diretta delle persone coinvolte : è
significativa, ad Ossirinco, l'esistenza della figura del gnoster come funzione
ufficiale187, e non escluderei che qualcosa di analogo potesse
esistere, al livello del vicus, anche a Roma. Il fatto stesso che ognuno
sappia, ad Ossirinco, al posto di chi entra nel novero dei beneficiari,
e il fatto stesso che debba fare una domanda, specifica in questo
senso, per essere registrato parrebbero suggerire qualche cosa di
analogo anche a Roma; se è così, la composizione della plebs
frumentaria doveva essere in ogni momento controllabile : che è ciò
che, tra l'altro, poteva consentire all'amministrazione di vendere il
beneficio.

184 Prova ne sia il fatto che l'acquisto della tribù corrisponde all'acquisto del
diritto al frumento.
185 La Virlouvet, Tessera frumentaria, p. 254 sg., non suppone che le
dichiarazioni relative ai decessi, e dunque per l'aggiornamento delle liste, siano fatte
ancora dai domini insularum : ma questa pare in realtà essere l'ipotesi più
probabile.
186 Ο liberti di beneficiarii che non siano anche loro eredi : vd. supra, p. 47 e
50.
187 P. Oxy. 2892; 2894; 2902 etc.; e Rea, p. 86.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 57

Infine, mi sembra del tutto probabile che anche la distribuzione


delle tesserae per poter prendere parte alle frumentazioni avvenisse
vicus per vicus, e con il concorso probabile dei domini insularum. È
ben noto come, sulla funzione delle tesserae, come sulla loro forma,
vi sia stato un dibattito serrato fra gli studiosi, di cui oggi da conto,
puntualmente, l'ultimo contributo di Catherine Virlouvet. Mi
sembra che le conclusioni della studiosa siano, in larga misura, da
condividere. Aggiungerei solo che il confronto con la funzione delle
τάβλαι di Ossirinco, distribuite a ogni beneficiario, e valide solo per
il periodo nel quale il funzionario incaricato di sovrintendere alle
distribuzioni resta in carica188, nonché il luogo famoso della
biografia suetoniana di Augusto, più volte citato, nel quale si fa riferimento
a una riorganizzazione su base quadrimestrale delle distribuzioni di
frumento a Roma, che tuttavia lo stesso Augusto avrebbe lasciato
cadere, per tornare alle distribuzioni mensili189, farebbe ritenere del
tutto probabile che, per potere concretamente effettuare le
distribuzioni a Roma, ci si servisse di gettoni, di tesserae, distribuite perio-
dicamente (ogni anno?) ai beneficiari in un numero di esemplari
eguale a quello delle singole dazioni, dunque dodici per dodici mesi,
e valide perciò per ritirare una sola volta il frumento190. Dice infatti
Suetonio : «ne plebs frumentationum causa frequentius ab negotiis
avocaretur, ter in annum quaternum mensium tesseras dare destina-
vit; sed desideranti consuetudinem veterem concessit rursus, ut sui
cuiusque mensis acciperet», e, sembra di dovere intendere che, se il
progetto di dare «tre volte le tessere di quattro mesi» non era altro
che quello di trasformare le distribuzioni in quadrimestrali191, le
tessere in questione dovessero essere, appunto, per ogni beneficiario
tre per un periodo quadrimestrale. Peraltro, che il ritorno alla
consuetudine antica sia presentato da Suetonio come ritorno alla
distribuzione mensile del frumento, non della tessera, mi pare si-

188 P. Oxy. 2924; cfr. Rea, p. 6 e p. 9 sg.


189 Suet. Aug. 40, 2; cfr. supra, n. 3.
190 Diversant. Virlouvet, Tessera frumentaria, p. 333 sg., che ritiene plausibile
che, ο in seguito alla riforma augustea ο successivamente, la tessera, pur
continuando ad avere il carattere di «ticket provisoire» e non di documento
permanente, abbia potuto finire per avere la validità di un anno.
191 Ciò che mi sembra doversi necessariamente dedurre da quanto dice
Suetonio : se la tessera è il gettone che serve per una sola dazione di grano (e quale
che sia la quantità data), si spiega perché Suetonio possa fare riferimento alla
dazione delle tessere e non del grano, usando, peraltro, il distributivo con
riferimento, ovviamente, ai singoli beneficiari. Naturalmente, decisivo mi pare poi
l'argomento che il passaggio da una distribuzione mensile delle tessere a una
distribuzione quadrimestrale delle tessere non si può dire che avrebbe potuto
ovviare all'inconveniente lamentato da Augusto, né avrebbe potuto suscitare quella
reazione della plebs frumentaria, che avrebbe suggerito al prìnceps di tornare sui
suoi passi.
58 ELIO LO CASCIO

curo192; e anche qui sembra essere la più ragionevole delle ipotesi


che, se l'intera procedura di revisione e di controllo della lista dei
beneficiari prevedeva una periodicità annuale, dovesse avere anche
cadenza annuale la distribuzione delle tessere193, e dovesse anch'essa
essere basata su insulae e vici.
Queste considerazioni, con tutto il grado di ipoteticità che pure
mantengono, suggeriscono comunque che la ripartizione
topografica della città in vici dovesse essere essenziale per il funzionamento
ordinato dell'istituzione frumentaria. Rendono pure plausibile,
come mi sembra, che i domini insularum mantenessero un ruolo di
primo piano nel controllo della popolazione residente e, di
conseguenza, nel controllo della plebs frumentaria. C'è da chiedersi se,
nello scenario, per molti versi nuovo, della Roma tardoantica questo
continui a essere vero.

7. Documenti catastali e registrazione degli abitanti di Roma nel tardo


impero : le insulae dei Regionarii.
Sembra plausibile - anche se non abbiamo, come sembra,
alcuna esplicita e diretta testimonianza al riguardo - che, nel corso del
principato, dovessero continuare a essere richieste professiones ai
domini insularum ο in genere ai domini degli edifici privati,
chiamati a contribuire alle spese per la manutenzione delle strade. E
dobbiamo supporre che registrazioni di tipo catastale, e tenute a giorno,
per rispondere a queste esigenze di natura, diciamo, fiscale, siano
continuate a esservi ancora in epoca tardoantica. Mi sembra, anzi,
che siamo autorizzati, in questo senso, a connettere l'informazione
suetoniana sul recensus di Cesare, condotto vicatim e per dominos
insularum, con quanto possiamo dedurre circa la natura non tanto
dei Regionali del quarto secolo194, quanto dei documenti sulla cui
base i Regionali - quale che fosse la loro finalità specifica -
dovevano essere stati esemplati. Questa connessione tra il luogo suetoniano
e i Regionali è stata fatta, tra gli altri, dal Cuq e dal Boethius e in
epoca a noi più vicina da Claude Nicolet195.

192 Diversam. Virlouvet, Tessera frumentaria, p. 328 sgg.


193 Tra l'altro, in questo modo la distribuzione dell'intero quantitativo di
frumento per tutto l'anno veniva a essere assicurata : e si poteva giustificare una
procedura di sorteggio che avvenisse «quotannis» e non continuamente, e un
controllo annuo dei beneficiari.
194 Da consultare nell'ed. di A. Nordh, Libellus de regionibus urbis Romae, in
Acta Inst. Rom. Regni Sueciae, III, Lund, 1948.
195 É. Cuq, Une statistique des locaux affectés à l'habitation dans la Rome
impénale, in Mémoires de l'Académie des inscriptions et belles-lettres, 1915, p. 279-
335, a p. 331; A. Boethius, L'«insula» romana secondo Léon Homo, in Colloqui del
sodalizio, Π, 1952-55, Roma, 1956, p. 9 estr.; C. Nicolet, La Table d'Héraclée et les
origines du cadastre romain, cit. (a n. 5), p. 25.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 59

Ne viene di conseguenza che, se è vero che i Regionari sono


basati su questo tipo di documento catastale tenuto a giorno per
motivi molto pratici e concreti, i dati che ci forniscono devono avere a
che fare con una ricognizione, continua ο periodica, delle proprietà
urbane. La cosa ha un qualche rilievo, mi sembra, per ciò che
riguarda l'annoso, e ancora irrisolto, problema della significazione del
termine insula in questi documenti, e delle deduzioni che dal
numero delle insulae, circa 46.000, è lecito trarre circa l'entità della
popolazione di Roma, nel IV secolo ο prima. Non voglio riprendere la
questione nel suo complesso196. Solo desidero brevemente segnalare
due punti connessi tra loro. Il primo è che, se alla base dei Regionari
sono documenti di tipo catastale, che definiscono la responsabilità
anche fiscale dei proprietari di immobili a Roma, insula dev'essere
termine che deve necessariamente riferirsi a un'unità di proprietà (e
un'unità di proprietà cui deve presumibilmente riferirsi una profes-
sio). Il secondo punto è che, se insula allude a un'unità immobiliare
di proprietà, non può in alcun modo significare piano, cenaculum (o
appartamento), ο «vano»197 : e ciò per il principio, che non subisce
eccezioni, che «superficies solo cedit»m. Discutendo la tesi del
Richter, il Cuq ha dimostrato in modo del tutto incontrovertibile che la
proprietà non può dividersi assolutamente per piani, con una
divisione cioè orizzontale, ma si divide esclusivamente in senso
verticale. Il proprietario dell'area è necessariamente anche il proprietario
dell'aedificium che vi insiste199. L'esistenza dell'insula cosiddetta su-

196 Rimando al contributo di Filippo Coarelli, in questo volume; vd. pure J.-P.
Guilhembet, La densité des domus et des insulae dans les XIV régions de Rome
selon les Régionnaires : représentations cartographiques, in MEFRA, 108, 1996, p. 7-
26.
197 Secondo le varie ipotesi del Richter, poi ripresa dal von Gerkan, dello
stesso Cuq, del Preller : rif., p. es., in G. Calza, I. Gismondi e G. Lugli, La popolazione
di Roma antica, in Bull. Comunale, Rassegne, 1941, p. 141-65; vd. pure F.
Castagnoli, L'insula nei cataloghi regionari di Roma, in RFIC, 104, 1976, p. 45-52; e
ad es. L. Capogrossi Colognesi, La struttura della proprietà e la formazione dei «iu-
ra praediorum» in età repubblicana, II, Milano, 1976, p. 290 sg., n. 34.
198 Dig. XLIII 17, 3, 7 (Ulpiano, che cita Labeone); Vili 4, 17 (Papiniano).
199 La soluzione alla quale perviene Cuq, circa la significazione di insula, è
tuttavia che il termine non indica un'unità di proprietà : insula sarebbe, nel
linguaggio amministrativo, e a partire almeno dai Severi, l'appartamento, in quanto
viene a essere realizzato Γ «isolamento» dell'unità abitativa rispetto a tutte le
altre; e in questo senso il termine sarebbe stato preferito a quello di cenaculum,
che sarebbe stato «equivoco», in quanto non sempre riferentesi a un locale
destinato ad abitazione : ma a parte il fatto che è più naturale il pensare che il termine
di insula, in un documento di tipo catastale, abbia una significazione connessa
con la proprietà, va osservato, naturalmente, contro Cuq, che, rispetto a
cenaculum, a maggior ragione insula, designando, come sicuramente designa,
l'edificio a più piani distinto in appartamenti, poteva risultare di significato
«equivoco». Decisiva, contro l'idea di Cuq, secondo la quale insula potesse indicare, nel
60 ELIO LO CASCIO

perficiarìa200 lo dimostra in modo incontrovertibile, se è vero che la


quasi-proprietà del costruttore di un'insula su terreno altrui
comporta sempre il pagamento, da parte sua, «quasi inquilinus» di
una redevance annua201. Ora, anche nell'ambito, diciamo, «fiscale»
deve valere questo criterio. E che effettivamente valga, che la
distinzione fra le varie proprietà non possa che essere in senso verticale lo
mostra la maniera nella quale i senatori vengono a essere sottoposti
a un'imposta sugli immobili dai triumviri nel 43 : i senatori sono
tenuti a pagare in ragione di 4 oboli per tegola (e questo criterio di
una misurazione della proprietà attraverso il numero delle tegole si
ritrova, com'è noto, nella lex Municipi Tarentini)202.
Non c'è bisogno, peraltro, di mettere in rilievo che la
significazione più ovvia e naturale e con più confronti di insula è quella di
edificio, non quella di appartamento ο di piano ο di «vano», e che,
in uno qualsiasi di questi significati, il termine non sarebbe mai
attestato, se non appunto nei Regionali203. Va per di più osservato che
nessun'altra significazione, tra quelle proposte, è poi davvero in
grado di giustificare le cifre dei Regionari. Il problema del numero delle
insulae non è, infatti, solo il problema del loro numero complessivo,
«per totam urbem», ma è anche, ο direi soprattutto, il problema del
numero delle insulae in alcune delle regiones di Roma. Ora, anche a
voler ammettere che insula possa significare appartamento ο piano
ο «vano», il numero delle insulae nella Regio Vili Forum Romanum
(di 3.480) e nella Regio X Palatium (rispettivamente di 2.742 nel
Curiosum e di 2.643 nella Notino), a paragone del numero delle
insulae nelle altre regioni (se intese parimenti come appartamenti,
piani ο vani), risulterebbe comunque decisamente improbabile. Si è,
perciò, concluso da parte dello studioso che più recentemente, mi
sembra, ha riaffrontato la questione, Hermansen, che l'unica
maniera di risolvere l'aporia è semplicemente di negare fede alle cifre, ο di

linguaggio amministrativo tardoantico, il singolo appartamento mi sembra


la testimonianza offerta da C.Th. XI 20, 3, dove l'elenco, apparentemente
esaustivo, delle possessiones , in termini di aedificia, che possono affittarsi comprende
horrea, balnea, ergasteria, tahemae, domus, cenacula, salinae.
200 Dig. XXXIX 2, 39, 2 (Pomp.).
201 Dig. XXXLX 1, 3, 3 (Ulp.).
202 Cass. Dio XLVI 31, 3; Cic. ad Caes. Jun., fr. 5; FIRA, I2 18, 11. 26-31 : gli
appartenenti al consiglio, a Tarante, devono possedere, nella città, «aedificium
quod non minu[s] MD tegularum tectum sit»; cfr. C. Nicolet, Tributimi.
Recherches sur la fiscalité directe sous la République romaine, Bonn, 1976, p. 89 con
η. 135.
203 Dove, per giunta, comparirebbe sicuramente insula nella sua
significazione più usuale, nel riferimento alla Insula Felicles, che è l'insula Felicula di
Tert. ad Valent., 7 : cfr. Mazzarino, Aspetti sociali del quarto secolo, cit. (a n. 85),
p. 234; il Cuq, Une statistique, p. 328, ritiene che ciò dimostri che la parola insula
avrebbe, nel terzo secolo d.C. e forse già prima, «une double signification».
LE PROCEDURE DI RECENSUS 61

considerarle alterate204. Ma anche questa soluzione non convince : è


vero che, a sommare le cifre delle insulae per le singole regioni come
date dal Curìosum ο dalla Notifia non si raggiunge, comunque, il
totale dato dal Breviarìum (di 46.602), ma la differenza è tale da
suggerire che l'errore è comunque un errore di non grandi dimensioni.
Stando così le cose, è necessario andare a cercare una soluzione
alternativa.
Ora, a me sembra che una tale soluzione alternativa la si possa
trovare, esaminando le occorrenze del termine insula negli scritti
dei giuristi. Anche nelle fonti giuridiche insula vuoi dire, com'è
ovvio, edificio e, di norma, edifìcio distinto in più cenacula205. È bensì
vero che non in tutti i casi una tale divisione in appartamenti risulta
sicuramente presente, e va per di più osservato che la
denominazione di domus può valere anche per l'insula e che la domus stessa
può essere divisa in cenacula206. Del resto, la significazione del
termine, che da Festo-Paolo non contiene in sé la nozione di una
divisione dell'insula in cenacula, ο in mentoria e deversorìa : «insulae
dictae proprie, quae non iunguntur communibus parietibus cum vici-
nis, circumituque publico aut privato cinguntur; a similitudine
videlicet earum terrarum, quae in fluminibus ac mari eminent, suntque in
salo»201. Ma c'è di più. C'è un luogo ulpianeo che non mi sembra sia
stato mai versato nella discussione su questo problema del
significato di insula, e che parrebbe invece fornire un'indicazione di
rilievo208. Discutendo déll'interdictum «ne quid in loco publico», Ulpiano
riferisce che cosa Labeone intenda per locus publicus : «publici loci
appellano quemadmodum accipiatur, Labeo définit, ut et ad areas et
ad insulas et ad agros et ad uias publicas itineraque publica perti-
neat». Labeone considera dunque locus püblicus un'insula publica:
Che cos'è un'insula publica? Il Vocabularium Iurisprudentiae Roma-
nae ritiene che la significazione di insula sia in questo caso quella di
«isola»; non così il TLL, per il quale insula vale viceversa edificio,
isolato. La traduzione inglese del Digesto di Scott rende il termine di
insulae con «houses»; quella di Alan Watson, con
«tenement-buildings», e questo è anche il modo in cui il termine è inteso dalla
Robinson209. Ora io non so a quali realtà possa alludere un «tenement-

204 G. Hermansen, The Population of Imperial Rome : the Regionaries, in Hi-


storia, 27, 1978, p. 129 sgg.
205 Rinvio all'analisi di F. Coarelli, in questo volume.
206 Dig. XXXII 91, 6 (Papin.); VII 1, 38 (Ulp.)·
207 P. 98 L.
20*Dig. XLIII8, 2, 3.
209 The Civil Law, Engl. transi, ed. S.P. Scott, Cincinnati, 1932, LX, p. 294; The
Digest of Justinian, Engl. transi, ed. A. Watson, IV, Philadelphia, 1985; Ο. F.
Robinson, Ancient Rome. City planning and administration, Londra e New York,
1992, p. 78 con n. 106.
62 ELIO LO CASCIO

building» pubblico : che non possa trattarsi di edificio di


appartamenti mi sembra senz'altro doversi dedurre dal contesto : il locus
publicus in questione parrebbe essere il locus in usu publico
piuttosto che quello in pecunia ο in patrimonio populi210. Ma se sembra
certo che l'insula publica non può essere la casa a più piani con più
appartamenti, sembra parimenti certo che non può essere nemmeno
l'isola : come mostra, a tacer d'altro, l'associazione delle insulae con
le areae, che non può che essere associazione delle aree e degli
edifici che vi si costruiscono sopra. Sembra inevitabile concludere che
insula, in questo luogo ulpianeo in cui si fa riferimento a Labeone,
non possa essere altro che Γ« edificio», ο l'edificio di una certa
altezza, definito insula in quanto, come un'isola, «eminet».
Ma se insula può valere aedifìcium e se vi sono insülae publicae a
Roma, non si potrà pensare che sia questa significazione più
generica quella che ha il termine nei Regionari? Se le 3.480 insulae della
regione del Forum Romanum comprendono anche gli edifici
pubblici, se questo numero è quello complessivo degli edifici della regione,
lo potremo considerare ancora incredibile? Una ricognizione
catastale che abbia per scopo quello di commisurare la responsabilità
finanziaria dei proprietari alle loro proprietà, d'altra parte, non può
non tenere conto che una via può essere, come recita la norma della
Tabula Heracleensis , «.{int)er aedem sacram et aedifìcium locumue
publtcum et inter aedifìcium priuatum»211; e i Regionari registrano,
nominativamente, talune delle areae pubbliche ο sacre, oltre,
ovviamente a taluni edifici pubblici e sacri. Ripetiamo : insula, come
termine catastale, diciamo così, non può che significare edificio, ma
non necessariamente edificio a più piani diviso in appartamenti
affittati : questa seconda significazione è una specificazione della
prima. E d'altra parte il catasto non può non tenere conto delle aree e
degli edifici pubblici.
Se si accetta questa significazione generica di insula come
edificio, mi sembra che ne debba, ο ne possa, scaturire un'ulteriore
conseguenza : che la menzione delle insulae nei Regionari, non
essendo menzione dei soli edifici di abitazione a più piani, comprenda
anche gli edifici con una destinazione particolare che sono citati
dopo : e cioè le domus, gli Piorrea, i balnea, i lacus, ipistrina. Il fatto che
l'ordine, nei Regionari, con cui vengono presentati i vari tipi di
edifici metta, per l'appunto, al primo posto le insülae {insulae, domus,
horrea, balnea, lacus, pistrina) potrebbe considerarsi una conferma
della plausibilità di una simile ipotesi : quasi che tutte queste altre

210 Secondo le definizioni di Pomponio, Dig. XVIII 1, 6 pr., e di Nerazio, Dig.


XLI 1, 14, pr. : cfr. R. Orestano, // «problema delle persone giurìdiche» in diritto
romano, I, Torino, 1968, p. 295 sgg. ■«
211 FIRA P, 13 = Roman Statuts, 24, 1. 29.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 63

categorie rientrino nella definizione ampia di insula. Il fatto che, nel


Breviarium, si dica : «Insulae per totam urbem tot», laddove la
precisazione «per totam urbem» non compare per le domus, per gli Piorrea
etc. potrebbe paramenti essere considerata come una spia del fatto
che insula è il termine generale, e che la somma delle insulae
comprende anche domus, horrea etc.
Infine, mi sembra che un'implicita conferma venga da Polemio
Silvio : «Insularum quadraginta V milia extra orrea puplica CCC,
domus nobiliorum vel fanorum aedes atque pestrina sive religiosa aedifi-
cia cum innumerìs cellolis martyrum consecratis»212. Al di là del
problema della concordanza tra questa cifra delle insulae e quella del
Breviarium o quella, calcolata, del Curiosum e della Notitia, mi
sembra che si possa legittimamente dedurre, da questo luogo, che il
termine insulae può comprendere anche «orrea puplica, domus
nobiliorum vel fanorum aedes atque pestrina etc. »

8. / beneficiarii della caro porcina e le stime della popolazione della


Roma tardoantica.
Se le insulae comprendono anche gli edifici pubblici, il loro
numero non ci può dire molto circa quale possa essere stato il numero
degli abitanti di Roma nel quarto secolo. Ma, certo, la testimonianza
dei Regionari non può nemmeno essere invocata per le stime più
basse proposte nella storia del problema, quale quella, francamente
assurda, di Ferdinand Lot213. Ma c'è un'altra classe di testimonianze
che è stata adoperata dagli studiosi per inferirne qualche
informazione circa la consistenza demica di Roma tra quarto e quinto
secolo, quella che il Mazzarino definiva la «quarta via», rispetto alle tre
classiche, le belochiane : il «calcolo del numero dei cittadini favoriti
con distribuzioni gratuite di grano», «l'indagine sull'area della città
e sul numero di edifici di abitazione che essa poteva contenere»; «i
dati sul consumo di grano che si faceva complessivamente... in tutta
la città», validi per l'età severiana214. Questa «quarta via», quella che
si basa sul calcolo della quantità di caro porcina distribuita, viene
dal Mazzarino seguita ingegnosamente, combinando le
informazioni che si possono trarre dalla Novella XXXVI di Valentiniano III (del
452) e da due costituzioni, di Onorio (C. Th. XIV 4, 10, del 419) e di
Valentiniano I (C. Th. XV 4, 4, del 367)215. André Chastagnol ha,

213 F.
212 Poi.Lot,
Silv.,
La Quae
fin dusint
monde
Romae,
antique
in Valentini-Zucchetti,
et le début du MoyenI, p.Âge,
308-10.
Parigi, 19512,
p. 79 sg., 517.
214 Aspetti, p. 232 sg.; il riferimento è a Beloch, Bev., p. 392 sgg. [p. 361 sgg.];
il calcolo in base alla «terza via» si fonda sul dato offerto da H.A. Sev. 23, 2, su
cui vd. supra, p. 38 sgg.
215 Aspetti, p. 220 sgg. con le note a p. 411 sgg.; sull'interpretazione della co-
64 ELIO LO CASCIO

com'è noto, indipendentemente dal Mazzarino, anch'egli voluto


derivare un'informazione numerica circa il numero degli assistiti con
distribuzione di caro porcina dai due testi legislativi del quinto
secolo, ed è arrivato, per via parzialmente differente, a una medesima
stima. Non ha tuttavia ritenuto possibile trarre alcun dato dalla
costituzione del 367216. Tuttavia, proprio i calcoli del Mazzarino per il
367 sembrerebbero confermare quella valutazione comunque non
bassa della popolazione di Roma nel quarto secolo che parrebbe
risultare dalla testimonianza dei Regionari.
Mi soffermerò rapidamente su questi calcoli. La scelta, motivata
in un modo che a me sembra inoppugnabile, di una delle due lezioni
della tradizione manoscritta relativamente alla cifra totale delle
libbre di caro porcina a disposizione della plebe di Roma durante i
cinque mesi della distribuzione nonché l'individuazione del
meccanismo aderativo che presiede al calcolo consentono al Mazzarino di
derivare, dalla Novella valentinianea, la quantità totale di caro
porcina distribuita217. La legge onoriana, peraltro, ci fa conoscere la
quantità di caro porcina in cui consiste ogni singolo obsonium mensile e

stituzione onoriana il Mazzarino è poi ritornato in Antico, tardoantico ed èra


costantiniana, Bari, 1974, p. 218 sgg., n. 83, con correzioni non di dettaglio rispetto
a quanto sostenuto in precedenza.
216 A. Chastagnol, Le ravitaillement de Rome en viande au Ve siècle, in Rev.
Hist., 210, 1953, p. 13-22, con la n. finale a p. 22; vd. pure Id., in Annales 1950,
p. 174; La préfecture urbaine à Rome sous le Bas-Empire, Parigi, 1960, p. 328 con
η. 1.
217 Nov. Val. XXXVI, 1-2 (la novella è indirizzata a Firmino, prefetto al
pretorio) : « linde inlustris et praecelsa magnitudo tua pragmatici nostri tenore conperto
sciat secundum saluberrimam suggestionem suam, quae ex magnifici viri parentis
patriciique nostri Aëti dispositione processif, patronis corporis suariorum intuitu
sacrae urbis Romae in primis hoc benefìcium praestarì debere, ut delegatione, quae
his intra provinciam Sardiniam praebebatur, de qua propter incertum navigationis
inlatio fluctuabat, ad arcam praetorianam reducta cum aliis proventibus, sub
refusione universorum titulorum, qui dispersi antehac plurìmum in reliquis habere
probabantur, de vicinis provinciis, id est de Lucania sex milita quadrìngentorum,
Samnio quinque milia quadrìngentorum, Campania mille nongentorum quinqua-
ginta solidorum debita emolumenta oporteat decenti. De boariorum etiam ve/ pe-
cuarìorum praestatione nongentos quinquaginta solidos exactos sibi noverint pro-
futuros. Centum milia aequi ponderis porcinae de interpretiis iuxta priora constitu-
ta praebeant, ducena quadragena pondo ad solidos secundum promissionem suam
inlaturi, quoniam certa emolumenta amota solita dubitatione percipiunt, ita ut
centum quinquaginta diebus obsoniorum praebitionem sine Ulla causatione singu-
lis annis a se noverint procurandam, quae quantitas in tricies sexies centenis viginti
novem [v. l. octo] milibus libris cum duarum decimarum ratione colligitur·». Sia
l'interpretazione dello Chastagnol, Le ravitaillement de Rome, p. 19 sg., sia quella
del Jones, // tardo impero romano, p. 945 sg., con n. 35, p. 1153, non sono
assolutamente in grado di spiegare la lettera della Novella valentinianea; per le ragioni
per le quali l'interpretazione del Durliat, De la ville antique à la ville byzantine, cit.
(a η. 110), p. 99 sgg., non è accoglibile, si vd. infra, p. 72, n. 239.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 65

ci consente il calcolo complessivo degli obsonia per cinque mesi, in


ragione di 600.000 : ci fa dunque fissare in 120.000 gli assistiti nel
419 e in 140.000 circa gli assistiti nel 452218. Nella costituzione di Va-
lentiniano I del 367 è allora agevole, partendo dal compenso per il
«damnum quod inter susceptionem et erogationem necessario eventi»
riconosciuto ai suarii - un compenso che è quantificato nel 15%
sulla prestazione complessiva e che corrisponde a 17.000 anfore di
vino, a loro volta convertibili da parte dei provinciali lucani in altra
prestazione di carne in ragione di 70 libbre un'anfora -, computare
il totale della prestazione, circa 7.933.000 libbre, e di qui, calcolando
in 25 libbre il totale degli obsonia per ogni singolo beneficiario, in
circa 317.000 il numero totale degli assistiti nel 367219. Ora, questo
dato è certo inatteso : inatteso in base a quella che era, dal Beloch in
poi, l'idea corrente di una Roma in forte regresso demografico nel
quarto secolo220. Ma è anche il dato che sembrerebbe essere mag-

218 C.Th. XTV 4, 10 : «...Per quinque autem menses quinas in obsoniis libras
carnis possessor accipiat, ne per mìnutias exigui ponderis amplius fraus occulta de-
cerpat... Quattuor milia sane obsoniorwn, amputatis superfluis ac domus nostrae
perceptionibus, diurna sublimitas tua décernât, quibus copiis populus animetur».
219 C.Th. XTV, 4, 4 : «Per singulas et semis décimas, quibus suarìorum dispen-
dia sarciuntur, damnum, quod inter susceptionem et erogationem necessario eve-
nit, vini, hoc est septem et decem milium amphorarum perceptione relevetur. Cui
rei illud provisionis accédât, ut Lucanus possessor et Brittius, quos longae sub-
vectionis damna quatiebant, possit, si vélit, speciem moderata, hoc est septuagena-
rum librarum compensatione dissolvere, quod ibi debebit inferre, ubi vina fuerit tra-
diturus»; cfr. Mazzarino, Aspetti, p. 222 sgg. Gioverà osservare che il rapporto di
conversione di 70 libbre per anfora parrebbe essere sostanzialmente a favore
della caro porcina rispetto al vino (dunque a favore di chi voglia dare carne piuttosto
che vino), se è vero che, ad es., SB XTV 11593 (databile agli anni 338-41, secondo
R. S. Bagnali, Currency and Inflation in Fourth Century Egypt, BASP, Suppl. 5,
1985, p. 39) propone prezzi che individuano un'equivalenza di 120 libbre per
anfora; va pure osservato che, in base all'indice generale di conversione dei prezzi
delle merci in oro proposto dallo stesso studioso, un'anfora di vino (e cioè 48 se-
starii) è fatta pari a 96 libbre di carne; naturalmente, va tenuto presente che il
vino può ben essere stato relativamente più caro in generale in Egitto (e in ogni
caso il suo prezzo altamente variabile in base alla qualità). Qualora si supponesse
che il Lucanus possessor et Brìttius veniva incentivato a dare altra carne anziché
vino da un rapporto di conversione favorevole appunto alla carne, bisognerebbe
supporre che le libbre corrispondenti al 15% dell'intera susceptio non fossero pari
a 17.000 χ 70, ma a un numero maggiore e che dunque maggiore fosse anche
l'ammontare della quantità di caro porcina distribuita e dunque maggiore anche
il numero dei beneficiari. L'incontrovertibile dimostrazione che le singulas et
semis décimas non possono essere altro che il 15% in Aspetti, p. 412 sgg., n. 27.
Insostenibile (come mostra lo stesso paragone addotto con sestertius, che è
originariamente semis tertius) è che l'espressione possa significare il 19,5%, come vuole
V.A. Sirago, Galla Placidia e la trasformazione politica dell'occidente, Louvain,
1961, pp. 476 sgg., che calcola, perciò, in un numero inferiore gli assistiti,
244.000 circa.
220 Così, Beloch riteneva sostanzialmente stazionaria la popolazione di Roma
66 ELIO LO CASCIO

giormente coerente, come il Mazzarino stesso riconosceva221, con


quello dei Regionari, qualora, appunto, non si accolga l'idea che
insula possa significare appartamento, ο piano, ο vano. Se il
Mazzarino propone di dedurre dal numero dei beneficiari del donativo per i
decennali di Settimio Severo la nozione di una Roma severiana assai
meno popolosa che in età augustea222, riconosce attestata dalla
costituzione valentinianea una Roma che nel 367 ha popolazione
pressoché pari alla popolazione degl'inizi dell'età imperiale. Il grande
discrimine si pone, appunto, nei decenni che intercorrono tra il 367 e
il 419, e l'evento che giustifica un tale drastico ridimensionamento
della popolazione viene individuato nel sacco alariciano, dopo il
quale Roma effettivamente decade, sino a ispirare a Cassiodoro, alla
vigilia della guerra gotica, la celebre contrapposizione tra la Roma
ricca di abitanti del tempo antico (e cioè, per l'appunto, del quarto
secolo) e la Roma dei suoi giorni223. Peraltro, la stessa
documentazione dei codici suggerisce che, se ancora nel 382 si sente la
necessità di «sfollare» Roma, Valentiniano III, nel 440, avvertirà
un'opposta esigenza «ut... a maiore multitudine civitas possit habitarì»224.
Le conclusioni del Mazzarino sull'evoluzione della popolazione
della città di Roma sono state accolte dalla ricerca successiva per
quanto riguarda il quinto secolo, non per il quarto225. È sembrato
implausibile, in generale, che la Roma di Valentiniano I potesse
essere ai livelli di popolazione dell'età augustea : ed è sembrato
implausibile, nonostante che non sia stato possibile trovare argomenti
filologicamente validi per «smontare» la dimostrazione. Si è dunque

nel corso dei primi tre secoli e faceva iniziare la decadenza anche demografica
della città nell'età di Diocleziano e Costantino (Bev., p. 394 [= p. 362]). È
sintomatico che, nella ricerca successiva, abbia comunque posto meno problemi l'ac-
cettazione del dato fornito da C.Th. XTV 4, 10 per il 419, che non l'altro fornito,
nell'interpretazione mazzariniana, da C.Th. XV 14, 4.
221 Aspetti sociali, p. 233 sgg.
222 Aspetti sociali, p. 238 e nn. 48-49 p. 416, a proposito di Cass. Dio, LXXVI
(LXVII) 1, 1; cfr. Herod. Ili 13, 4, su cui vd. supra, p. 39 sgg.
223 Cassiod., Var. XI 39, dove il riferimento è ovviamente alla Roma del
quarto secolo (si vd. sul luogo di Cassiodoro, ma in termini non del tutto convincenti,
S. J. B. Barnish, Pigs, Plebeians and Potentes : Rome's Economic Hinterland, c.
350-600 A.D., in PBSR, 55, 1987, p. 160 sg.; cfr. pure L. Ruggini, Economia e
società nell'Italia Annonaria', Rapporti tra agricoltura e commercio dal IV al VI
secolo d.C, Milano, 1961, p. 305 sgg.; in generale R. Soraci, Aspetti di storia
economica italiana nell'età di Cassiodoro, Catania, 1974); il Mazzarino, peraltro,
contrappone il «pessimismo» di Cassiodoro (e già di Valentiniano III) ali'« ottimismo» di
Orosio, circa le condizioni demografiche della città dopo il sacco alariciano
(Aspetti, p. 241).
224 C.Th. XrV 18, 1; Nov. Val. V 1.
225 Chastagnol, Le ravitaillement de Rome en viande, cit.; G. Rickman, The
Corn Supply, cit., p. 198.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 67

voluta definire discutibile la ricostruzione226 ο si è sostenuto che «ci


dev'essere qualche altra interpretazione dei dati offerti» dalla
costituzione valentinianea227, e vi è chi è ricorso a correzioni, a mio
avviso arbitrarie, del testo228. André Chastagnol, pur pervenendo, come
s'è detto, ma in modo a mio avviso più discutibile, per ciò che
concerne l'interpretazione letterale della novella valentinianea, a un
risultato pressoché analogo per il 452 e identico per il 419 quanto al
numero dei beneficiari delle distribuzioni, per quel che concerne la
costituzione del 367, ha sostenuto, dal canto suo, che «l'assimilation
de l'indemnité en vin allouée aux suarìi et de l'indemnité en viande
de 15% est sans doute discutable» e che «ces deux indemnités ne
concernent que les propriétaires livrant effectivement des bêtes et
non ceux qui préfèrent Yadaeratio»; il 15% non sarebbe pertanto il
15% di tutta la carne distribuita a Roma e le 17.000 anfore «se
rapportent aux seules prestations en bêtes : en 367, un tiers des
propriétaires paraissent préférer le paiement en argent»229. Ma in verità, che
le 17.000 anfore siano concepite come compensazione del «dam-
num, quod inter susceptionem et erogationem necessario evenit» non

226 Così Jones, nella recensione ad Aspetti sociali del quarto secolo, in CR, n.s.
3, 1953, p. 113-5, a p. 115.
227 Nonché dalla Novella di Valentiniano III : così A.E.R. Boak, Manpower
Shortage and the Fall of the Roman Empire in the West, Ann Arbor, 1955, p. 147
sg., η. 34.
228 Così, nella sua opera maggiore, il Jones non ritiene di potere utilizzare i
dati della costituzione valentinianea ai fini del calcolo della popolazione di
Roma, ma propone, anzi, una correzione implausibile dell'inizio della costituzione
(A. H. M. Jones, // tardo impero romano, trad. it. cit., p. 1154; cfr. p. 946 sg.).
229 L. cit. ; confesso di non capire che cosa significhi l'affermazione secondo
la quale sarebbe discutibile l'assimilazione dell'indennità ai suarìi del 15% con le
diciassettemila anfore che costituiscono evidentemente la compensazione del
«damnum, quod inter susceptionem et erogationem necessario evenit» : sostenere
che la prestazione delle 17.000 anfore sia aggiuntiva, rispetto alle singulae et
semis decimae significa non tener conto del significato, chiarissimo, di «per» in
«per singulas et semis décimas» : cfr. Mazzarino, Antico, p. 219 n.; non è casuale
che il Jones, // tardo impero romano, n. 37 a p. 1154, volendo intendere anch'egli
come aggiuntive le 17.000 anfore, sia costretto ad affermare : «preferirei leggere
«praeter» invece di «per» nella prima proposizione della legge». Confesso,
altresì, di non capire in base a quale ragionamento si possa sostenere che un terzo dei
proprietari avrebbero preferito aderare la prestazione (è possibile che Chastagnol
intenda qui riferirsi alla suddivisione in due quote - due terzi e un terzo - del <de-
vamen ex titulo canonico vinario» di venticinquemila anfore menzionato
nell'editto di Turcio Aproniano, in CIL VI 1771, su cui infra?); le considerazioni di
Chastagnol paiono accolte da Barnish, art. cit., p. 162 sg., il quale arriva a
sostenere che sarebbe «unclear whether the 70 pounds of pork which could be used as
a substitute by those paying the wine indemnity represents the value of a single
amphora only» : il che vuoi dire non tener conto del valore del distributivo «sep-
tuagenarum librarum».
68 ELIO LO CASCIO

sembra facilmente revocabile in dubbio; e che ognuna delle 17.000


anfore sia considerata corrispondente in valore a 70 libbre di porco,
sembra parimenti non potersi mettere in dubbio, comunque si
voglia, poi, in concreto ricostruire il meccanismo, complesso, della
prestazione. Sono questi due dati che, uniti all'ammontare deìl'obso-
nium a testa per cinque mesi in un anno, deducibile dalla
costituzione onoriana230, consente al Mazzarino di dedurre il numero dei
destinatari della caro porcina : un numero, come si è visto, che è
assimilabile al numero che si è voluto qui riconoscere come quello dei
maschi di tutte le età in età augustea, circa 320.000.
Una strada ancora diversa per evitare di trarre dalla costituzione
valentinianea la conclusione che il Mazzarino traeva è stata di
recente seguita dal Durliat231. Lo studioso francese non contesta che
l'interpretazione del meccanismo di compensazione del «damnum
quod inter susceptionem et erogationem. necessano evenite non possa
che essere quella individuata dal Mazzarino : la compensazione del
15% sulla prestazione complessiva non può che calcolarsi a partire
dall'equivalenza tra questo 15% e 17.000 anfore di vino e tra
un'anfora di vino e 70 libbre di caro porcina. Ma contesta che la prestazione
complessiva, calcolata dunque in 7.933.000 libbre di caro porcina,
sia la quantità che basta per 317.000 beneficiarii. Il peso complessi-

230 Che, tuttavia, pone in ogni caso un serio problema di interpretazione :


parrebbe, a prima vista, che la disposizione secondo la quale «-per quinque autem
menses quinas in obsoniis libras carnis possessor accipiat, ne per minutiös exigui
ponderis amplius fraus occulta decerpat» si debba riferire al momento della
distribuzione, e in questo caso la circostanza che ad accipere le libbre di carne sia il
possessor è difficilmente comprensibile, anche perché i possessores sono
immediatamente citati nella frase successiva come contribuenti : «Possessores quoque,
qui pro landò millenos denarìos in vicenis librìs solebant conferre, suarìis in pretio
exsolvant». Godefroy coreggeva «accipiat» in «appendati, e riteneva dunque di
riferire la disposizione al versamento della carne da parte dei possessores : e questa
soluzione dell'aporia è accolta da Mazzarino, Antico, cit., p. 220 η., il quale, oltre
a segnalare il confronto con il pendere, riferito ai sues, in Cassiod. var., XI 39,
osserva come non si possa correggere «possessor», per via della ripresa nella frase
successiva «Possessores quoque »; Mickwitz, Geld und Wirtschaft im römischen
Reich des vierten Jahrhunderts n, Chr., Helsingfors, 1932, p. 96, individuava nel
«possessor» il possessor aedificiorum, e cioè, evidentemente, chi aveva il diritto al
panis aedium, e a favore di questa soluzione si era dapprima espresso il
Mazzarino, Aspetti sociali, cit., p. 414 sg., η. 27; Chastagnol, Le ravitaillement, p. 18, η. 1,
corregge «possessor» in «populus», e lo stesso fa Durliat, De la ville antique à la
ville byzantine, cit., p. 92 sg., η. 145, supponendo altresì che vi sia stato un errore
di trascrizione della legge, per cui la frase in questione sarebbe stata in realtà
collocata immediatamente prima dell'ultimo comma della legge, dove si parla dei
quattromila obsonia quotidiani. Non mi sembra, in ogni caso, accoglibile la
conclusione che vorrebbe trarre Hannestad, L'évolution des ressources agricoles
cit. (a n. 113), p. 65 sg. : che la costituzione onoriana non si riferirebbe a
prestazioni gratuite.
231 Durliat, De la ville antique à la ville byzantine, cit., p. 94 sgg.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 69

vo si riferirebbe non alla prestazione di carne macellata, ma ai


maiali vivi : e, poiché si potrebbe calcolare in un 60% del peso del maiale
vivo la carne che se ne ricava, se ne dovrebbe concludere che dei
circa 8.000.000 di libbre della prestazione annonaria, sono solo
5.000.000 di carne quelle effettivamente distribuite, in ragione di 25
libbre per beneficiario per 5 mesi, e 5.000.000 basterebbero,
dunque, per 200.000 beneficiari, lo stesso numero di beneficiari
dell'età del principato.
A me sembra che questa ingegnosa soluzione presti il fianco a
critiche decisive. Una, anzitutto : il rapporto di conversione 70
libbre = un'anfora di vino non può essere relativo al peso
dell'animale vivo e non macellato; si tratterebbe altrimenti, di un rapporto
troppo favorevole alla carne, di una compensazione, per chi voglia
dare altra carne al posto del vino, davvero troppo moderata, e
l'anfora di vino risulterebbe troppo poco cara in rapporto alla carne232.

232 Si vd. supra, n. 219, a proposito del rapporto, deducibile dai prezzi
egiziani, tra carne di maiale e vino : se 120 libbre di carne di maiale, evidentemente
macellata, sono un normale equivalente di un'anfora di vino, è difficile pensare
che il rapporto di conversione stabilito dal legislatore, per la prestazione di vino ο
di carne, possa attestarsi a 40 libbre circa di carne macellata per anfora, a meno
di non supporre che il vino in Italia sia estremamente più a buon mercato che in
Egitto ο la carne di maiale estremamente più cara, ο a meno di non supporre che
si voglia a tutti i costi incentivare il proprietario a dare carne di maiale piuttosto
che vino. Lo stesso Durliat, De la ville antique à la ville byzantine, cit., p. 97, pone
un rapporto tra solidi e anfore di vino che già di per sé porterebbe ad escludere
che le 70 libbre della costituzione valentinianea corrispondano a 40 libbre di
carne macellata; se 40 libbre di carne macellata corrispondessero a un'anfora di
vino e un'anfora di vino a 1/3 di solido, come sostiene Durliat, 120 libbre di carne
corrisponderebbero a un solido : e questa quantità di carne sarebbe esattamente
la metà di quella prevista dal prezzo di aderazione, stabilito dalla Novella di Va-
lentiniano III. Ma va osservato che l'equivalenza tra un solido e tre anfore di vino
è irrealistica (cfr. l'equivalenza 1 anfora di vino = 2,25 solidi, che è sembrato alla
Ruggini, Economia e società, cit., p. 375, η. 457, di potere dedurre dal confronto
tra C.Th. XTV 6, 1, del 359, e C.Th. XTV 6, 3, del 365; vd. anche Chastagnol, Le
ravitaillement, p. 20 sg., che individua un'equivalenza 1 anfora = 3 solidi; la
maniera di intendere le due costituzioni da parte di Durliat, p. 506 sg., mi pare
inammissibile) : il vino in termini di oro vale assai di più (un solido vale in Egitto, in
base all'indice di conversione costruito da Bagnali [supra, η. 000], 64 sestarii di
vino, vale dunque 1,33 anfore, e non tre, e in queste condizioni, la carne pari a un
solido sarebbe assai meno delle 120 libbre supposte da Durliat!). Tra parentesi va
osservato che i prezzi in solidi della libbra di carne calcolati da Durliat, p. 502
sgg., sono semplicemente errati, a cominciare da quello che si vorrebbe trarre
àalYedictum dioclezianeo, dove la libbra di carne vale 12 denarii e la libbra d'oro
72.000 denarii, «in regulis sive in solidis», e cioè, «in barre e in moneta»
(un dato assolutamente certo che Durliat sbaglia a non considerare), e dunque
una moneta da 1/72 di libbra varrebbe 1.000 denarii; in questo caso, un ipotetico
solido sarebbe valso 83,333 libbre di maiale, e non425. Naturalmente l'alto
prezzo della carne in termini d'oro si giustifica con l'irrealisticamente bassa valuta-
zione dell'oro néu'edictum, per la quale vd. E. Lo Cascio, Prezzo dell'oro e prezzi
70 ELIO LO CASCIO

Che poi il «damnum quod inter susceptionem et erogationem


necessario evenite sia solo il danno patito per la perdita di peso nel
trasporto, ciò che è stato sostenuto dai commentatori della costituzione, a
partire dal Gotofredo233, e ora anche dal Durliat, non solo non mi
sembra affatto certo, ma mi pare, anzi, del tutto improbabile, e per
il seguente motivo : perché tale damnum non è computabile né nel
5%, intendendo in questo senso le singulae et semis decimae, come si
riteneva da parte della ricerca più antica, e già dal Gotofredo234, né
semplicemente nel 15% che è riconosciuto ai suoni, ma nel 22,5% :
una percentuale che, per quanto lungo potesse essere il tragitto che
gli animali vivi compivano dalle zone in cui erano riscossi, era
certamente di gran lunga superiore a quella che avrebbe potuto coprire il
danno determinato dalla perdita di peso. La costituzione di Valenti-
niano va letta, infatti, assieme all'editto di Turcio Aproniano di
qualche anno prima, tradito per via epigrafica, e nel quale si
stabilisce che quello che appare evidentemente lo stesso damnum cui fa
riferimento la costituzione del Teodosiano235, comporti il pagamento
di un'indennità che, per due terzi, deve andare ai suarii, e per un
terzo alle curie cittadine, e tale indennità è fatta pari a 25.000 anfore di
vino complessivamente. Ora, i due terzi che spettano ai suarìi
sarebbero dunque esattamente 16.666 anfore : ed è stato agevole
riconoscere nei due terzi di 25.000 anfore dell'editto di Turcio Aproniano,
la stessa cosa delle 17.000 della costituzione valentinianea236.
L'indennità complessiva è dunque calcolabile non solo in un 15%, ma in
un 15% che spetta ai suarii, e in un 7,5% che spetta alle curie citta-

detle merci, in L'« inflazione» nel quarto secolo d.C.,Atti dell'incontro di studio,
Roma, 1988, Roma, 1993, p. 155-88.
233 Per il Gotofredo, ad /., la compensazione sarebbe «pour le deschet, pour la
descalle».
234 Ibid. e p. es. G. Mickwitz, /. cit. (a η. 230). Proprio il fatto che le singulae et
semis decimae non sono il 5%, nonché anche la natura dell'indennizzo
par eb ero rendere illegittima la comparazione che il Gotofredo vorrebbe proporre tra il
risarcimento in questione e Yepimetrum di C.Th. XII 6, 15, ο il diametrum di C.Th.
XIII 5, 38, ο di C.Th. XIII, 9, 5, che si collocano su livelli assai più bassi, l'uno ο il
2 ο il 5 per cento. Gioverà osservare che per Gotofredo, come poi per altri sulla
sua scia, le 17.000 anfore non corrisponderebbero alle singulae et semis decimae,
ma si aggiungerebbero ad esse.
235 Già il Gotofredo aveva operato la connessione : il provvedimento di
Turcio Aproniano, in CIL VI 1771, sarebbe quello cui allude C.Th. XIV 4, 4,
indiriz ata al prefetto urbano Pretestato, là dove si riferisce a ciò che «quoque a decessore
tuo salubriter institutum est»; il provvedimento di Turcio Aproniano, a sua volta,
era quello che era stato sollecitato da Giuliano nella costituzione a lui diretta,
C.Th. XTV 4, 3, del 362.
236 Jones, // tardo impero romano, p. 946 sg., e n. 37 a p. 1154; peraltro, anche
la legge valentinianea parrebbe direttamente alludere alla quota di risarcimento
per le curiae : «...isque ordo suariis, quibuscum habet vini emolumenta
communia. . . » .
LE PROCEDURE DI RECENSUS 71

dine, che si accollano l'onere dell'esazione. Ora, ripetiamo, è


abbastanza difficile che il «damnum quod inter susceptionem et erogatio-
nem necessarìo eventi», se è calcolabile nel 22,5%, possa essere
quello per la perdita di peso che subiscono i maiali nel tragitto che
compiono per arrivare dalle località di provenienza a Roma : una
perdita di peso sulla rilevanza della quale, certo, ancora Cassiodoro
insisterà, e proprio in riferimento ai maiali che vengono condotti a
Roma237, ma che ben difficilmente sarà potuta equivalere al 22,5%;
oltretutto, il damnum subito per il trasporto sembrerebbe ricadere,
in base alla stessa legge, sui possessores e non sui suarìi, se è vero
che le spese del trasporto del vino, che il legislatore considera assai
elevate, sicuramente sui possessores ricadono e se è vero che sono
proprio queste elevate spese per il trasporto del vino che
suggeriscono al legislatore di consentire che la prestazione di vino sia
convertita in una prestazione aggiuntiva di carne, in ragione,
appunto, di 70 libbre per anfora238. Ma allora non potrebbe il «damnum
quod inter susceptionem et erogationem necessarìo eventi» essere
precisamente quello che proviene dal fatto che non tutto l'animale può
essere utilizzato, una volta macellato? Non può essere proprio
questa percentuale del 22,5% quella che risarcisce, quanto meno in
parte, le perdite che le curie e i suarìi subiscono per il fatto che
procurano animali vivi nelle province suburbicarie e mettono a
disposizione dell'annona romana carne macellata? Che sia proprio questo
22.5% riconosciuto a suarìi e curìae il sia pur solo parziale
indenniz o per il «quinto quarto» che non può essere distribuito? Insomma,
l'interesse dell'amministrazione sta nel fatto di assicurarsi una
determinata quantità di carne macellata, per il tramite dei suarìi : ma
ai possessores viene ovviamente imposta la prestazione di una
determinata quantità di maiali vivi. Poiché i suarìi devono rifornire Roma
di carne macellata ed è sulla base della quantità di quest'ultima che
sono evidentemente retribuiti, si pone il problema di evitare che i

237 Var. XI 38 : «Erat quidem Ulis [seil. Lucania e Bruzii] glorìosum Romam
pascere : sed quanto dispendio videbatur posse constare adducere tarn multis itine-
rìbus quae darentur ad pondus, dum quae probabantur decrescere nullus poterai
imputare! Redactum est ad pretium, ubi pati non poterant detrimentum, quod nec
itineribus imminuitur nec laboribus sauciatur»; va osservato che il costo sembra
qui gravare sui contribuenti provinciali.
238 Non si può supporre, come invece mi sembra che facciano
implicitamente i commentatori, che la possibilità di una prestazione aggiuntiva di carne,
alternativa a quella di vino, sia pensata per non far gravare le spese del trasporto
su di loro : evidentemente la spesa di trasporto via terra del vino dev'essere,
rispetto al valore della mercé, assai più cospicua della spesa del trasporto dei
maiali, per i quali tale spesa può calcolarsi esclusivamente come la perdita di peso
conseguente al cammino che i maiali fanno per arrivare a Roma.
72 ELIO LO CASCIO

.
suoni e le curiae cittadine richiedano ai possessores un numero di
maiali vivi che superi di molto la quantità di carne macellata che
devono provvedere, con la giustificazione che gli scarti sono
consistenti. Si stabilisce, allora, in anticipo, da parte dell'amministrazione,
quale debba essere questa percentuale degli scarti e, per essa, viene
stabilita una compensazione che andrà in parte ai suarii, in parte
alle curìae. Insomma, il risarcimento non potrà superare una quota
percentuale della carne effettivamente messa a disposizione del
pubblico romano, e prenderà la forma, normalmente, di una
prestazione di vino. Qualora i possessores aderino la prestazione e paghino
la carne richiesta, la pagheranno al prezzo che ha sul mercato
romano la carne macellata : in questo caso non si da luogo, ovviamente,
ad alcun risarcimento né per la curia né per i suoni239 . È
comprensibile, cioè, perché il 15% in più non sia dato ai suoni da parte di quei
possessores che invece di dare la carne danno la. pecunia, e sulla base
del prezzo legittimo della caro porcina, cioè quello che vige nel
mercato romano : evidentemente perché non si determina, in questo
caso, un «damnum inter susceptionem et erogationem», perché il
proprietario che adera la prestazione, aderandola al prezzo del mercato
romano, dove avviene la distribuzione, la adera al prezzo della carne
a Roma, vale a dire al prezzo della carne macellata240.
Mi sembra dunque certo che la prestazione complessiva per
Roma di cui i suoni si assumono l'onere sia di circa 8.000.000 di libbre

239 È significativo che, laddove Durliat ritiene che le singulae et semis


decimae di C.Th. XIV 4, 4, siano pensate come quelle che devono risarcire la perdita
di peso subita nel trasferimento verso il mercato di consumo romano, sostenga,
poi, che le duae decimae citate nella Novella di Valentiniano III, siano quelle che
rapresenterebbero «la valeur de ce qui sera déduit des 3 690 000 [?sic] livres au
titre du cinquième quartier, estimé par l'Etat au 1/5 en valeur de la viande livrée
(37,5% en poids, pour le sang, les abats, la peau...)» (p. 102). Naturalmente, visto
che nella Novella valentinianea non è parola di singulae et semis decimae, ma solo
di duae decimae, è molto più logico il pensare, col Mazzarino, che la funzione
delle duae decimae è esattamente la medesima di quella delle singulae et semis
decimae, e che semmai ciò che è venuto meno è un risarcimento separato per le
curiae. Va inoltre osservato che, con dubbia coerenza, diversamente che negli
altri casi, qui Durliat fa intervenire nel calcolo non già la differenza, in termini di
peso, tra maiali vivi e carne macellata, ma tra valore del maiale vivo e carne
macellata, ricordandosi per la prima volta solo ora del fatto che anche la testa, le
zampe, il sangue del porco sono in parte commestibili ed hanno, perciò,
comunque un valore economico...
240 Detto altrimenti : con il denaro, i suarii sono totalmente ricompensati per
la carne macellata che mettono a disposizione dei consumatori a Roma, per cui
su questo non hanno ovviamente diritto a un sovrappiù del 15%, così come le
curie non hanno diritto al sovrappiù del 7,5%; in altri termini, è proprio perché la
contribuzione è calcolata come quella di carne macellata che il 15% non si
richiede.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 73

di carne macellata . Ma tale carne macellata è riservata davvero e


tutta alle distribuzioni gratuite? Sappiamo che, per ciò che
riguarda il grano, l'amministrazione non si occupava soltanto di
quello necessario per le distribuzioni gratuite di pane, che, peraltro, e sia
pure per un breve periodo, non sono state nemmeno gratuite : e il
periodo in questione sono proprio questi anni '60 del IV secolo, se è
vero che la costituzione che ripristina la gratuità è del 369241. E si è
messo in rilievo come il grano di origine contributiva, già durante il
principato, superava, e di gran lunga, quello necessario per le
distribuzioni gratuite. È peraltro certo che il canon frumentarius di cui è
menzione nelle costituzioni vale ad assicurare non solo il grano
necessario per il pane delle distribuzioni, ma presumibilmente copre
la totalità, ο quasi totalità, dei consumi242. Si può supporre che la
stessa cosa avvenga con le prestazioni dei suani? Che anch'esse non
siano limitate alla carne necessaria per le distribuzioni gratuite e
che perciò i circa 8.000.000 di libbre non corrispondano a 320.000
circa beneficiari, che ricevono 25 libbre ciascuno per 5 mesi, ma a
un numero χ di beneficiari, cui si aggiungono un numero χ di
consumatori? Osserverei che, nella legge valentinianea del 367, non è mai
menzione di obsonia e di distribuzioni243, ma sempre e soltanto della
prestazione da parte dei possessores e del coinvolgimento, nei suoi
complessi meccanismi, delle curie e dei suarii. Ora, in età severiana,
se si accetta l'interpretazione data sopra del passo del biografo di
Settimio Severo nonché del luogo dioneo dell'epitome di Xiphilino
in cui si parla del congiario per i decennalia dell'imperatore, a fronte
di 7.500.000-9.600.000 modii di grano per 125-160.000 beneficiari
maschi adulti, il consumo complessivo di grano per la città si
calcolava a non molto di più di 27.000.000 di modii : vale a dire che il
grano per le distribuzioni assommava a non molto più ο non molto
meno di un terzo del consumo complessivo. Considerando che il
consumo della carne di maiale, per i fanciulli, sarà stato di gran lunga
inferiore, rispetto a quello dei maschi adulti, di quanto non fosse il
consumo del pane, è possibile che agli 8.000.000 di libbre di carne
porcina, se si accetta che si trattava della maggior parte della carne
consumata a Roma, non corrispondano 2-3.000.000 di libbre di
carne per le distribuzioni gratuite (se mai, in questo periodo, le
distribuzioni sono state effettivamente gratuite), ma una cifra di
parecchio superiore : e dunque che gli 8.000.000 di libbre di consumo
globale corrispondano a un numero globale di abitanti, per la Roma

241 C.Th. XIV 17, 5, su cui si veda in particolare Carrié, Les distributions
alimentaires, cit. (a n. 81), p. 1043 sgg.
242 Ciò che mi sembra doversi dedurre dalle leggi raccolte in C.Th. XTV 15.
243 II senso specifico, che ha opsonium, in rapporto alle distribuzioni, è
chiarito da Cassiod. var. XII 11, su cui Durliat, De la ville antique, p. 132 sg., η. 242.
74 ELIO LO CASCIO

del IV secolo, notevolmente superiore ai 317.000, che si dovrebbero


calcolare come beneficiari, qualora si accettasse l'idea di Mazzarino,
secondo la quale questi 8.000.000 circa di libbre sarebbero solo
quelli riservati alle distribuzioni gratuite. La legge valentinianea non
varrebbe, a questo punto, a mostrare che, nel 367, vi sarebbero stati
317.000 maschi adulti beneficiarii, e dunque una popolazione
complessiva non distante da quella della Roma tardorepubblicana,
ma varrebbe comunque a mostrare che la popolazione cittadina è
certamente ancora cospicua.
Mi sembra che abbiamo una conferma del fatto che la
prestazione richiesta ai suarii possa essere superiore alla quantità di carne
destinata alle distribuzioni gratuite proprio dalla Novella di Valenti-
niano III. La somma in solidi della prestazione aderata di Lucania
(6.400), Sannio (5.400) e Campania (1.950), cui va aggiunta la
somma in solidi della prestazione di boarii e pecuarii, che deve prodesse
agli stessi suarii, basta, al tasso di aderazione di 240 libbre di carne
di maiale per solido, a garantire una quantità, da procurarsi da
parte dei suarii per i consumi romani, di 3.528.000 libbre, che,
appunto, a cinque libbre per obsonium, bastano per 705.600 obsonia,
distribuiti in centocinquanta giorni, e dunque in 4.704 obsonia al
giorno244. Ma a queste 3.528.000 libbre ne vanno aggiunte altre
100.000, che i suarii sono costretti pure a fornire facendole gravare
sugli interpretia, evidentemente tra i prezzi di aderazione e quelli di
coemptio245 : queste libbre bastano per altri 20.000 obsonia. Ora
quanto meno questi 20.000 obsonia in più non rientrano nel calcolo
complessivo di 3.528.000 libbre : ma ho l'impressione che queste
stesse 3.528.000 libbre non siano esclusivamente quelle destinate
alle distribuzioni gratuite, che, nel 419, sembrano essere state in
ragione di 4.000 obsonia al giorno. Sembra evidente che nel quinto
secolo la caro porcina supplementare rispetto a quella delle
distribuzioni gratuite per soddisfare del tutto i bisogni dell'annona di Roma,
sia assai modesta, per l'indubbia, forte diminuzione della
popolazione complessiva della città, laddove questa quantità può essere
assai maggiore nel 367, quando, ripetiamo, il numero di «razioni»
giornaliere che la prestazione dei suarii consentirebbe di distribuire

244 Questi calcoli sono un poco diversi, rispetto a quelli, non sempre
facilmente comprensibili, anche per errori di stampa relativi alle cifre, di Durliat. Ma
in sintesi si può dire che, poiché Durliat ritiene che la valutazione, data nella
legge, di 240 libre per solido, a proposito della quantità in più di carne di maiale
che i suarii devono dare in ragione del fatto che conseguono interpretia, sia
relativa al peso del maiale vivo e non a quello della carne macellata, il numero di
obsonia cui perviene è inferiore di un terzo.
245 Ciò che non mi sembra risulti chiaro a Durliat, De la ville antique, p. 102,
η. 169, che oltretutto fraintende completamente il pensiero del Mazzarino e della
Ruggini, ivi cit.
LE PROCEDURE DI RECENSUS 75

può essere di più di 10.000, senza che questo peraltro significhi che
tutte e diecimila siano razioni gratuite.
Possiamo concludere. Una distribuzione di 10.000 «razioni» al
giorno per centocinquanta giorni della distribuzione implica, anche
nell'ipotesi che non tutte le diecimila «razioni» siano gratuite, siano,
cioè, riservate al gruppo dei beneficiarii, una popolazione ancora
cospicua, e certo non inferiore alle 6-700.000 persone : è probabile
che le cinque libbre non fossero pensate per il consumo di un solo
maschio adulto, ma fossero destinate, come i cinque modii mensili
di frumento ο come il panis gradilis, a coprire i consumi della sua
famiglia246, ed è in ogni caso assai probabile che ai bambini non
potessero andare razioni eguali a quelle degli adulti, di 5 libbre per un
mese. La prestazione complessiva dei suarii, nel 452, risulta essere
pari a meno della metà di quella che si può calcolare per il 367 :
3.628.000 libbre, invece che 7.933.333,333. Questi due dati sono
certi e parrebbero rappresentare l'entità del consumo totale delle
medesime categorie di persone, nell'un caso e nell'altro. L'evento,
traumatico, che ha determinato questo crollo delle esigenze di consumo di
Roma è stato evidentemente il sacco alariciano.
L'idea di una Roma ancora fittamente popolata nel quarto
secolo, che subisce una ferita mortale all'inizio del quinto, col sacco
alariciano, viene a trovare, oggi, una sua precisa collocazione nella
generale analisi della documentazione archeologica, in particolare di
quella relativa a Roma e all'Italia centrale, fatta da Hodges e da Whi-
tehouse in un libro recente247. La Roma dei primi decenni del quinto
secolo è certo una Roma che si va ripopolando248, ma che non può in
alcun modo ritornare alle passate dimensioni demiche : se nel 419 i
beneficiari delle distribuzioni gratuite sono 120.000, nel 452, lo si è
visto, presumibilmente le intere esigenze di consumo che la
prestazione dei suarii può soddisfare sono di poco superiori alle «razioni»,
per cinque mesi, per centoquarantamila persone.

246 Anche se risultano essere, comunque, una quantità modesta rispetto alle
razioni attestate per i militari in Egitto, per un'epoca più tarda : Mazzarino,
Aspetti, p. 229, e n. 28, p. 415.
247 R. Hodges e D. Whitehouse, Mohammed, Charlemagne and the Origins of
Europe. Archaeology and the Pirenne Thesis, Londra, 1983, cap. 2, part. p. 48 sgg.;
si vd. pure ora L. Paroli, Ostia alla fine del mondo antico, in 'Roman Ostie'
revisited, ed. by A. Gallina-Zevi and A. Claridge, Roma, 1996, p. 249-64, e S. Coccia, //
Portus Romae alla fine dell'antichità nel quadro del sistema di approvvigionamento
della città di Roma, ibid., p. 293-307.
248 Olympiod., fr. 25 Blockley, che mi sembra indubitabile che si riferisca a
coloro che, avendo abbandonato la città dopo il sacco di Alarico, vi tornano e si
fanno nuovamente registrare : si vd. Lo Cascio, Registri dei beneficiari, cit. (a
n. 147).
76 ELIO LO CASCIO

Quando Cassiodoro mette in rilievo, in età teodericiana, quale


dovesse essere la grandezza e la popolosità della città ancora nel
quarto secolo, attestata dalla lunghezza delle mura, dall'estensione
degli spazi per i giochi, dalla grandiosità delle terme, dalla
numerosità dei mulini, l'occasione è una decisione regia per la quale il
contributo di Lucania e Bruzi, che provvedono ad alimentare Roma
di maiali e di manzi, viene ridotto da 1.200 a 1.000 solidi249 :
comunque si voglia interpretare questo dato, esso sembra rivelare
che, ormai, la popolazione della città è scesa, al più, a qualche
decina di migliaia di persone250.

Elio Lo Cascio

250 Nelle
249 Var. XI
more
39; cfr.
dellainpubblicazione
part. Ruggini, del
Economia
presentee società,
saggio ècit.,
apparso
p. 315 ilsg.
monumentale libro di F. Kolb, Rom. Die Geschichte der Stadt in der Antike, Monaco di
Β., 1995, che tratta della popolazione cittadina nei vari momenti della sua storia
alle p. 448 sg. Non ho potuto tener conto del contributo di Kolb. Segnalo solo
come per alcuni aspetti essenziali il Kolb avanzi tesi non molto distanti da quelle
qui prospettate (per esempio a proposito dei dati che è possibile trarre dal
capitolo 15 delle Res gestae ο a proposito dei Regionali, intesi come testi che comunque
si basano su documenti di natura catastale).

Potrebbero piacerti anche