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Essi sono il Decreto generale sul matrimonio canonico; il Decreto generale circa l’ammissione in se-
minario di candidati provenienti da altri seminari o famiglie religiose; le Disposizioni per la tutela del
diritto alla buona fama e alla riservatezza; le Norme circa il regime amministrativo dei Tribunali ec-
clesiastici regionali italiani e l’attività di patrocinio svolta presso di essi.
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Si deve anche tener presente che in senso proprio si parla di diritto particolare in relazione a
quell’insieme dileggi date a una portio populi Dei, individuata secondo il criterio della terri-
12 Presentazione del Codice di diritto canonico commentato (Roma, 19 novembre 2001)
torialità. Si distingue così dal diritto speciale o proprio, come insieme dileggi che riguardano un
gruppo di fedeli individuato a partire da altri criteri, come nel caso degli Ordinariati militari
o degli Istituti di vita consacrata o di strutture simili. Parlare di diritto particolare in questi
casi è farlo impropriamente o comunque in modo analogico.
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Sappiamo che a livello di singoli fedeli o di piccoli gruppi suppliscono a questa frammen-
tarietà vari istituti propri dell’ordinamento ecclesiale, quali l’epikeia, l’aequitas, la dispensa, le
cause scusanti, le cause esimenti, la dissimulazione, la tolleranza.
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Cf P. AMENTA, Partecipazione alla potestà legislativa del Vescovo. Indagine teologico-giuridica su
Chiesa particolare e sinodo diocesano, Roma 1996, pp. 118-123.
L’intervento di padre Gianfranco Ghirlanda 13
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AAS 85 (1993) 838-850.
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Ciò è in stretta relazione con la dimensione universale che è riscontrabile in tutti gli ele-
menti costitutivi la Chiesa particolare: cf G. GHIRLANDA, La dimensione universale della Chiesa
particolare, in «Quaderni di diritto ecclesiale» 9 (1996) 6-22.
L’intervento di padre Gianfranco Ghirlanda 15
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Il quarto dei principi di revisione del Codice prevedeva che fosse rivisto il sistema della
concessione delle facoltà ai vescovi (cf «Communicationes» 1 [1969] 80). Tale sistema,
infatti, nel CIC risulta abolito, in quanto viene riconosciuto che per diritto divino il vescovo
gode nella sua diocesi di tutta la potestà ordinaria, propria e immediata che è richiesta per
l’esercizio del suo ufficio pastorale. Le riserve sono un limite che riguarda l’esercizio di tale
potestà e non la potestà come tale (cf G.P. MONTINI, Alcune riflessioni sull’omnis potestas del
vescovo diocesano, in «Quaderni di diritto ecclesiale» 9 [1996] 29).
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Cf J.A. KOMONCHAK, La sussidiarietà nella chiesa: stato della questione, in Natura e futuro delle
Conferenze episcopali. Atti del Colloquio internazionale di Salamanca, 3-8 gennaio 1988, a cura di
H. Legrand - J. Manzanares - A. GarcIa y GarcIa, Bologna 1988, pp. 321-369.
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Cf GIOVANNI PAOLO II, costituzione apostolica Sacrae disciplinae leges, in AAS 75 (1983) II,
VIII-X.
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Ciò non esclude la possibilità dell’introdursi di una consuetudine contra legein, a norma
dei cann. 24-26.
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La maggioranza dei due terzi richiesta per i decreti generali e l’unanimità o la maggioranza
dei due terzi per le dichiarazioni dottrinali, come indice dell’alto consensus raggiunto, e la re-
cognitio della Sede Apostolica, che esprime la comunione gerarchica col Romano Pontefice,
sono una garanzia per quei vescovi che nell’assemblea avessero votato contro la decisione
presa e quindi una tutela della minoranza (cf can. 455 § 2; GIOVANNI PAOLO II, motu proprio
Apostolos suos, 1° settembre 1998, n. 22, art. 1).
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Riguardo alle Conferenze episcopali, il can. 455 § 2, affermando che i decreti generali di
esse «vim obligandi non obtinent, nisi ab Apostolica Sede recognita», espressamente stabi-
lisce l’invalidità di tali decreti se vengono promulgati senza essere occorsa la recognitio della
Santa Sede, mentre riguardo ai decreti dei Concili particolari, in base al can. 10 si deve affer-
mare che il can. 446 non prevede l’invalidità se manca la recognitio della Santa Sede, in quan-
to stabilisce «decreta a concilio edicta ne promulgentur, nisi postquam ab Apostolica Sede
recognita». Né, come opina J. Manzanares (cf Sulla «reservatio papalis» e la «recognitio»..., cit., p.
269), può indurre a dire che anche la recognitio dei Concili particolari è richiesta per la validità
il cambiamento di formulazione del can. 446 rispetto al can. 291 CIC 1917, che così suonava:
«nec eadem [decretai antea promulgentur, quam a Sacra Congregatione Concilii expensa et
recognita fuerint». Infatti, secondo il can. 39, il nisi indica l’invalidità solo quando per mezzo
di esso è espressa una condizione apposta a un atto amministrativo, non a un atto legislativo.
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Riguardo al can. 446, allora, si applicano solo i cann. 10 e 124 § 1. D’altra parte, la diversa
disciplina riguardo alle Conferenze episcopali e ai Concili particolari è giustificata dalla
diversa natura giuridica dei due istituti e dal diverso modo di esercizio della potestà: le prime
sono organismi di governo ordinario permanente, l’efficacia dei cui atti deriva dal fatto che
sono costituiti dalla stessa Santa Sede con competenza legislativa limitata, determinata dal
diritto universale o data di volta in volta dalla Santa Sede stessa (cf motu proprio Apostolos suos,
n. 13); mentre i secondi sono organi di governo straordinario con competenza generale non
istituiti dalla Santa Sede, ma espressione diretta non solo della communio episcoporum, come
nel caso delle Conferenze episcopali, ma anche della communio Ecclesiarum a livello locale. Si
può arguire che la potestà delle prime sia delegata a iure nelle materie stabilite dal diritto
universale o delegata ah homine nel caso di mandato esplicito della Santa Sede; mentre si ri-
tiene con certezza che quella dei secondi è potestà ordinaria propria (cf G. GHIRLANDA, Il
M.p. Apostolos suos sulle Conferenze dei vescovi, in «Periodica de re canonica» 88 [19991 636-
640). Sulla differenza tra Concili particolari e Conferenze episcopali, cf ID., «Munus regendi et
munus docendi» dei concili particolari e delle conferenze dei vescovi, in La Synodalité - La participation
au gouvernement dans l’Eglise. Actes du VIIe Congrès international de Droit canonique, Paris, Unesco,
21-28 septembre 1990, in «L’Année Canonique», 1992 (hors de série) I, 349-388.
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Così si vanno progressivamente formando collezioni regionali delle norme emanate dai
Concili particolari. «Tuttavia, le norme in esse raccolte e tramandate in canoni e norme di-
sciplinari dimostrano una cattolicità, cioè una sensibilità alla genuinità sostanziale della tra-
dizione rafforzata dai rapporti tangibili tra le singole regioni. Le varie riunioni di vescovi –
ecumeniche, regionali, particolari – comunicano le loro deliberazioni e norme, anche se in
parte, ad altre regioni. Perciò si verifica il fatto che il diritto raccolto nelle collezioni partico-
lari, in certe situazioni, si poneva in realtà come un diritto comune della Chiesa cattolica.
Nelle raccolte di questo periodo, si nota un comune sostrato di norme prese dai concili,
specialmente ecumenici, altre norme tratte dai sinodi considerati importanti e dalle decre-
tali, norme che almeno dal punto di vista pratico sono considerate antiche norme univer-
sali. In altre parole, i canoni dei concili ecumenici e di alcuni concili particolari dell’Oriente
e dell’Africa sono recepiti in Italia, in Spagna, in Gallia e aggiunti alle proprie norme parti-
colari» (B.E. FERME, Introduzione alla storia delle fonti del Diritto Canonico (I). Il Diritto antico fino
al Decretum di Graziano, Roma 1998, pp. 58-59).
L’intervento di padre Gianfranco Ghirlanda 19
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Cf Accordo tra la S. Sede e la Repubblica Italiana e Protocollo addizionale, 18 febbraio 1984; Proto-
collo e Allegato, 15 novembre 1984; Decreto del Card. Agostino Casaroli, 3 giugno 1985 (in
AAS 72 [1985] 521-578).
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Cf G. FELICIANI, Risposta alla relazione di J. Manzanares, in Chiese locali e cattolicità..., cit., pp.
279-282.
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G. GHIRLANDA, Aspetti teologici e canonici del Sinodo diocesano, in «La Civiltà Cattolica» 149
(1998) 111, 480-493.
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GIANFRANCO GHIRLANDA
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Cf P. AMENTA, Partecipazione alla potestà legislativa del Vescovo, cit., pp. 126-127.
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Il can. 439 § 1 prevede come Concilio plenario quello comprendente tutte le Chiese par-
ticolari della medesima Conferenza episcopale. Attualmente non ci sono Conferenze epi-
scopali continentali che comprendano più nazioni.
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Cf J. MANZANARES, Sulla «reservatio papalis» e la «recognitio»..., cit., p. 272.