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potenziamento umano.
2.1 Argomenti a favore del potenziamento umano: individualismo e utilitarismo alla base del
transumanesimo
2.2 Argomenti contrari: diritti violati, minacce all’ambiente e la perdita antropologica dietro il potenziamento
2.3 Il personalismo ontologico per comprendere l’errore del sogno biotech e l’autoreferenzialità del
progresso tecno scientifico insito nel bisogno/dovere di potenziarsi.
1. Lo Human Enhancement
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Rielaborazione dell’autore da Barocci, Sergio 2015 I percorsi storici che partono dalla scoperta del DNA e che
arrivano alle nuove tecniche di sequenziamento o NGS (parte I) “, in Chimicare Associazione Culturale, marzo,
<http://www.chimicare.org/blog/metodi-e-approcci/dna-ricombinante-ed-enzimi-di-restrizione/ >, accesso 17
novembre 2018.
continuo che va dal ‘praticamente morto’ al ‘perfettamente in salute’ e sostengono che non esista
in maniera univoca e stabilita per sempre una linea netta di confine in grado di determinare con
esattezza l’assenza o la presenza di malattia. Pertanto, dimostrando che non esiste condivisione
sullo stato precedente di un intervento alterativo, considerano migliorativi tutti gli interventi (sia
quelli terapeutici che i non). Proprio in ciò risiede “l’ambiguità semantica” (Palazzani 2015:44) della
definizione di potenziamento e della nuova medicina dei desideri, contrapposta alla visione
oggettiva e votata all’essenza della medicina classica, che riesce ad individuare, invece, nel normale
svolgersi delle funzioni biologiche il criterio per la designazione della presenza/assenza di malattia.
Le critiche all’enhancement arrivano dai fronti della filosofia morale, dell’antropologia, del diritto,
della sociologia e dell’economia. Tutte hanno però in comune il ripristino di una condizione
normativa della natura umana. L’attacco più pesante proviene infatti dal non cognitivismo etico che
tende a sfumare i confini, soggettivizzando il reale, mescolando naturale e artificiale e
depotenziando assiologicamente le categorie di uomo, natura e ambiente, calpestando diritti e, suo
malgrado, ponendo limitazioni alla libertà.
La prima considerazione che numerosi membri della comunità scientifica hanno sottolineato
(Rodotà 1995, Chieffi 2000, Palazzani 2015, Pessina 2006 , Casonato 2004, Postigo Solana 2009, solo
per citarne alcuni) è che ciò che rende l’umano tale non è il possesso di determinate qualità o
capacità o il compimento di azioni specifiche, che sono del soggetto, ma il fatto che abbia le
condizioni necessarie a vivere, ovvero un corpo, inteso olisticamente nelle sue dimensioni
organiche, genetiche e neurologiche che precedono il linguaggio, l’apprendimento e che prendono
forma fin dal concepimento e che, pertanto, conferiscono dignità alla persona. L’intensità della
manifestazione di un carattere, come ad esempio l’intelligenza, non dovrebbe essere il criterio per
l’attribuzione di un diverso statuto della dignità (come invece sostiene Bostrom) tra “superuomini”
(Harris 1991:7) di serie A e uomini di serie B, proprio per il fatto che l’intelligenza presuppone
l’esistenza di un soggetto. Teorizzando la posizione di Bostrom si arriverebbe al paradosso della
tutela di una caratteristica e non dell’essere umano.
Un’altra critica al potenziamento umano è quella per cui nell’affidarsi a tecnologie esterne
per raggiungere l’obiettivo x, perseguibile anche con metodi tradizionali come l’allenamento, la
meditazione (per ridurre l’ansia ad esempio), l’educazione, si radichi una perdita antropologica.
Questa si manifesta, nel caso di assunzione delle smart drugs, nella generazione di dipendenza, nella
non comprensione del meccanismo tramite il quale ci si appropria di nuove conquiste, nella
mancanza di elaborazione del processo, e, in ultima analisi, nella gioia derivante dell’aver ottenuto
io, e non io più i farmaci l’obiettivo. Inoltre, sempre in relazione al fenomeno della diffusione dei
nootropi, che nel 1995 generavano un fatturato globale di 400 miliardi (Mooney 2002) (giusto per
comprendere la portata economica e sociale del fenomeno), questi potrebbero creare dei vantaggi
concorrenziali, dei positional goods (discorso che vale anche per gli interventi genetici futuri possibili
su adulti, o per i bambini nati potenziati rispetto ai bambini normali) e indurre i datori di lavoro a
discriminazioni o le compagnie assicurative ad assicurare la persona più sana o longeva. Una volta
liberalizzato e accettato il commercio genetico e neurologico, caratteristica propria del secolo
Biotech (Rifkin 2003), sarebbe arduo limitare le forti pressioni a non esercitare tali tipi di
discriminazione. Discriminazione che avverrebbe anche su un piano economico, dal momento che
l’alto costo d’accesso ai nootropi e agli interventi genetici aumenterebbe le disuguaglianze tra post-
uomini potenziati sempre più ricchi e esseri umani normali sempre più poveri (Casonato 2004,
Richard 2002). Accettare il potenziamento potrebbe poi portare ad una diminuzione dei sentimenti
di solidarietà e cooperazione, dal momento che gli enhanced children potrebbero non capire il
perché della condizione di superiorità e pensare di meritarla, così come potrebbero soffrire del fatto
di essere esperimenti sociali viventi. È chiaro che qui entra in gioco il dovere di preservare il diritto
delle future generazioni a vite scelte interamente da loro (pur nei limiti dei condizionamenti
psicologici o di altra natura generazionali). A monte sussiste poi la questione bioetica della
discriminazione embrionale (che è già in atto, ad esempio, nella FIVET) e che porta alla dissoluzione
degli esseri umani imperfetti.
Altra critica viene dagli attivisti per i diritti umani che mettono in allarme l’opinione pubblica
da una corsa degli Stati agli armamenti genetici (praticamente alla produzione di esseri umani
potenziati) che potrebbe condurre a nuovi conflitti di natura razziale ed etnica, dalle discriminazioni
palesi nei confronti dei disabili; mentre gli ambientalisti ci avvisano che l’ambiente avrebbe più
possibilità di venire danneggiato e non preservato alterato da esseri umani che modificano
tecnologicamente se stessi (Halweil e Bell 2002, R. Billings 2002).
Dalle osservazioni fin qui riportate, emerge chiaramente la perdita antropologica: in dignità,
in diritti, in libertà, in pericolo di conflitti e distruzione dell’ambiente, in solidarietà, nella dimensione
dell’identità, nell’incapacità di stupirsi di fronte alla natura, nel non accettare con umiltà la vita come
un dono. Il Transumanesimo è, infatti, un’ideologia biopolitica pericolosa, radicata nel darwinismo
sociale, che ripugna l’uguaglianza e che minaccia la stessa esistenza umana.
2.3 Il personalismo ontologico per comprendere l’errore del sogno biotech e
l’autoreferenzialità del progresso tecno scientifico insito nel bisogno/dovere di
potenziarsi.
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Tutto il paragrafo 2.3 si basa su considerazioni dell’autore a partire dal concetto di autoreferenzialità tecnologico
espresso nel libro “Bioetica. L’uomo sperimentale” di Pessina
nella sua affermazione del “valore oggettivo di ogni persona umana, quale unità di corpo e spirito,
unica e indisponibile, dotata di una dignità intrinseca, propria della natura umana” (Enciclopedia
Treccani online) appare costituirsi come l’unica prospettiva in grado di fermare logicamente il sogno
Biotech della vita perfetta.
Bibliografia
Barocci, Sergio
2015 I percorsi storici che partono dalla scoperta del DNA e che arrivano alle nuove tecniche di
sequenziamento o NGS (parte I) “, in Chimicare Associazione Culturale, marzo,
<http://www.chimicare.org/blog/metodi-e-approcci/dna-ricombinante-ed-enzimi-di-
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