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BIONDO ERA E BELLO

I
Dante nasce a Firenze nel 1265, da una famiglia di piccola nobiltà; il padre era usuraio e del figlio
non aveva cura. Al fiore dei suoi anni si innamora di una fanciulla della sua stessa età: Beatrice.
Poco più giovane di lui girava per le vie di Firenze un certo Guido Cavalcanti, giovane poeta di
nobile famiglia e Dante, spinto dal desiderio di conoscere questo giovane poeta e decise di
scrivergli una lettera in versi per fargli vedere la sua validità. Frequenta una valida università a
Bologna, dove arricchisce molto le sue conoscenze sulla retorica, il diritto, l’arte del dire…ma non
compie un corso regolare di studi e torna a Firenze. Nel marzo 1294 arrivò il principe Carlo
Martello d’Angiò a Firenze che incontrò Dante; i due simpatizzarono subito e nello stesso periodo
Dante apprende l’esistenza di una nuova lingua oltre al latino: il volgare, la lingua del popolo, così
decide di smettere di scrivere in latino e di iniziare a scrivere in volgare, in modo che anche il
popolo sia in grado di comprendere il senso delle sue poesie.
II
Avendo scoperto l’uso del volgare Dante inizia a farsi conoscere pubblicando il primo libretto: La
Vita Nova, un racconto scritto in prose e poesie la maggior parte dedicate alla grazia della sua
donna, Beatrice. Dante insieme ai suoi amici inizia a girare per le taverne facendo “baldoria” e tra i
suoi compagni vi era anche Forese Donati, giovane appartenente a un’importante famiglia di
Firenze e famoso per la sua lingua serpentina. Una sera infatti, ubriachi, Dante e Forese iniziano
una specie di duello, inizialmente a voce in seguito poi iniziarono a scriversi sonetti offensivi.
III
Dante considerava le donne delle dee, la bellezza femminile un gaudioso mistero e per nominare le
donne belle di una città ci vuole uno che se ne intenda, un vero amatore. Infatti Dante, da giovane,
scrisse un sirventese dove elencava sessanta donne, delle quali Beatrice era la nona. Dante non
giudicava le donne solo dalla loro bellezza fisica, ma in questo elenco le aveva scritte pensando a
quello che gli trasmettono osservandole.
IV
Per fare un esempio di come si viveva a Firenze vengono citati dei fatti: a Firenze quando moriva
una persona avveniva una cerimonia chiamata mortorio. Era morta una signora, la Frescobaldi, e al
rito del mortorio parteciparono anche i Manieri e i Gherardini, due nobili famiglie molto in
contrasto tra loro poiché i Manieri avevano ucciso uno della famiglia rivale. Il rito era piuttosto
lungo e, poiché uno dei Gherardini si alzò e i Maneri pensarono che quello fosse un segnale per un
aggressione, si sguainarono le spade facendo così scoppiare un tumulto.
Pazzino Pazzini era ormai anziano e decise di andare a caccia sull’Arno con uno dei suoi fedeli
servi. Giunto alla meta fu scoperto da un fedele della famiglia Cavalcanti, che, sapendo che
quest’uomo era odiato da questa famiglia si precipitò al loro palazzo e diede loro la notizia; così
colsero l’occasione per ucciderlo.
A Firenze nasce il capitalismo, ma i Manieri continuavano a essere convinti che la città era un loro
feudo e così il ceto medio, ossia artigiani, mercanti…, salirono al comune e aiutati dalla Chiesa, che
era in antagonismo con l’Imperatore, si presentò davanti a Comune e adesso sedeva al governo.
Quando i Manieri iniziavano delle risse tutte le attività venivano sospese e, poiché tutti si erano
stufati di questo fatto, decisero di assumere qualcuno che rappresentasse la loro forza e questo
qualcuno fu Giano Della Bella. Dopo che dettò gli Ordinamenti di giustizia scappò e Dante entrò in
politica e apprese le varie realtà:i Ghibellini odiavano i Guelfi, i Bianchi odiavano i Neri e il popolo
odiava la prepotenza dei Manieri.
V
Nella seconda metà del 1300 si iscrive all’Arte degli speziali, per entrare in politica
occasionalmente, dove viene votato dalla maggior parte per il volgare, la lingua in cui scrive le sue
opere, perché in volgare scrive tutto ciò che i popolani sentono di avere nell’anima. Il papa chiede
armati e soldi, ma Dante decide di non concederglieli e anche questa fu una delle cause del suo
esilio oltre al fatto che faceva comizi per rappresentare la sua politica. Uno degli esiliati fu anche
Cavalcanti, che però si ammalò di malaria e morì giovane. Intanto Dante si sposa con Gemma
Donati, ma non è amore, i due dovevano sposarsi a causa di un accordo preso dai loro genitori.
VI
Ma a questo punto entra in gioco Corso Donati, un Guelfo Nero, l’artefice della vittoria fiorentina a
Campaldino del 1289. Egli, fonte di continui disordini, era stato esiliato da Firenze, ma, fuggito, si
reca dal pontefice, desideroso di impadronirsi della Toscana, suggerendogli di far entrare l’alleato
esercito francese in città.
VII
Vengono mandati a Roma tre ambasciatori, uno dei quali era Dante Alighieri, per rassicurare il
Papa sull’ardore religioso e per pregarlo di lasciare libera la città, lontana da invasioni straniere. Ma
nel frattempo Bonifacio aveva in mente un piano: conquistare il territorio di Firenze per allargare
così i possedimenti del papato e per farlo chiese l’aiuto di Carlo Di Valois, comandante dell’esercito
francese, in modo che questo occupasse Firenze e facesse salire i Neri al Comune, ma per far si che
questo piano funzionasse Bonifacio trattenne Dante a Roma, poiché con i suoi comizi sarebbe stato
in grado di convincere il popolo a ribellarsi all’invasione. Ormai Firenze è sotto il potere dei neri e
Dante, essendo un Bianco, non può più tornare nella sua città, così viene esiliato.
VIII
Gli esiliati si ritrovano in città nemiche di Firenze: Siena, Pisa, Arezzo. Il primo raduno è a
Gorgonia, tra Siena e Arezzo, ma è di poco conto, quello vero è a San Godenzo, dove parteciparono
in diciotto, nove guelfi bianchi e nove ghibellini e Dante fu uno di questi. Qui gli viene affidato il
compito di recarsi dagli Scala a Verona per chiedere loro fanti e cavalli.
IX
I Bianchi muniti di seicento cavalieri e quattromila fanti attaccarono i neri a Firenze che, guidati da
Folcieri, anche se in minor numero, riescono a far scappare i Bianchi e a prenderne alcuni che, una
volta portati al Palazzo venivano legati e in seguito, con il consenso dei maggiori, uccisi, come ad
esempio l’avvocato Donato Alberti.
X
Muore il papa Bonifacio VIII. Federico il Bello è irato con il Papa poiché durante la guerra delle
Fiandre si era schierato dalla parte nemica; chiamò il cancelliere Guglielmo di Nogaret per
mandarlo in Italia ad avvisare il Pontefice che era stato organizzato un Concilio sulle sue colpe e
che doveva parteciparvi per discolparsi. Bonifacio non voleva, così Nogaret dovette portarlo di
forza. L’ateismo durò tre giorni e quando il Papa tornò a Roma, vedendo il suo Palazzo
saccheggiato dal popolo, rimase esterrefatto, e morì dopo tre settimane di crepacuore. Con la morte
del loro più grande nemico, tutti gli esiliati, compreso Dante, possono tornare a sperare di rivedere
la loro patria.
XI
Nuovo papa Benedetto XI . Giunge a Firenze il cardinale paciere Niccolò da Prato, chiamato dal
papa per cercare di ristabilire la pace tra i Neri e i Bianchi. Inizialmente riesce a stabilire un primo
risultato, ossia ottiene che i rappresentati dei Bianchi ghibellini entrassero in Firenze per incontrare
i rappresentanti dei Neri. Avviene un incontro tra dodici rappresentanti Bianchi e Ghibellini. La
pace sembra ormai alle porte, ma i Neri non sembrano convinti sul fatto di cedere ai loro rivali la
città da loro conquistata con tanta forza e coraggio. Giunta la notizia che i Cavalcanti, ossia una
famiglia di ricchissimi commercianti, non si sarebbero alleati con loro, i Bianchi decisero di tornare
ad Arezzo, poiché senza il potere dei commercianti non avrebbero avuto la forza di contrastare i
Neri. Per paura di un nuovo complotto, i Neri decidono di incendiare tutti i tesori contenuti nei
magazzini dei Cavalcanti, in modo che questi perdessero tutto il loro potere, ma insieme a questi
tesori venne bruciata anche tutta la città. Benedetto XI chiama al suo cospetto i capi Neri per
scusarsi di ciò che avevano fatto e nel frattempo i Bianchi, sapendo dell’assenza dei capi Neri, si
organizzano per sfruttare la situazione e rientrare a Firenze ma qualcuno manda a monte il piano
dando la possibilità ai Neri di vincere di nuovo. Nel frattempo al papa viene fatto un agguato: con
un piatto di fichi freschi muore avvelenato.
XII
Dante, povero e solo, necessita di un posto dove andare a studiare, meditare e scrivere e la corte
degli Scaligeri di Verona gli offre ospitalità. Nella corte degli Scala si aggirano i più liberi talenti
d’Europa, si discute di tutto e si è anche pronti alla guerra come ad esempio il Cane che d’un tratto,
venendo a conoscenza che Vicenza era stata attaccata dai padovani, prese le armi e dopo aver
messo in piedi un esercito di cento soldati si avviò verso Vicenza per sconfiggere i padovani che
volevano impadronirsene.
XIII
Dante inizia a provare molta nostalgia per il popolo di Firenze; a Verona si è trovato molto bene, è
una città tranquilla, dove è stato accolto e trattato con molto riguardo, ma il suo cuore, la sua
famiglia è a Firenze. Un giorno gli giunge una lettera da parte di un suo amico Cino da Pistoia,
anch’esso esiliato dalla propria città e stabilitosi a Bologna per studiare legge, che lo accoglie nella
sua casa, così Dante chiede congedo e parte per l’Emilia.
XVI
I Malaspina, marchesi di Lunigiana, amici e ammiratori di Dante invitano quest’ultimo al castello di
Fosdinovo per chiedergli di risolvere una questione importante con il loro vicino, il vescovo di
Luni. Così Dante parte da Bologna per raggiungere la Val di Magra e, con le sue parole, affascina i
rappresentanti del vescovo, ottenendo così un accordo di pace realizzato completamente il 6 ottobre
1306.
XV
Dante soggiorna dai Guidi per parecchi anni ed ha il piacere di parlare intimamente con quattro
donne: la figlia del conte Ugolino che gli narra i particolari della sua vita intima con suo marito, la
figlia di Buonconte, la figlia di Malatesta e la figlia di Federico II.
XVI
Si inizia a leggere nelle bettole episodi dell’Inferno scritti nella Commedia di Dante e che
rappresentano persone di Firenze ben conosciute. In questo periodo Dante è nel Casentino e qui
esplode il suo genio e inizia a scrivere molte opere in versi e in prosa, in volgare e in latino. Si
innamora perdutamente e scrive di questo suo amore all’amico Morello.
XVII
Dante riesce a raggruppare una bella somma di denaro e con questa si reca a Parigi, dove completa
la Commedia scrivendo il terzo cantico, il Paradiso. Qui apprende che l’Imperatore Arrigo VII sta
per giungere in Italia, dove vuole stabilire finalmente la pace completa, senza più contrasti né
differenze tra Guelfi e Ghibellini, Bianchi e Neri. Dante rientra in patria e scrive una lettera a coloro
che conosce e lo stimano. Qui mette in stesura un’opera dal nome “la monarchia”.
XVIII
Arrigo giunge in tutte le città dell’Italia settentrionale e in ogni città finalmente si riesce a
raggiungere la pace. Ma a Firenze però i Neri non volevano ciò poiché avrebbero perso tutto il loro
controllo.
XIX
L’Imperatore arriva a Pisa, non passa per Firenze e va direttamente a Roma, dove però non riesce
ad arrivare poiché è occupata dal fratello del re di Napoli, così torna a Pisa. Il Re di Napoli dichiara
ufficialmente di essere contro l’Imperatore e Arrigo VII, saputa la notizia, decide di partire contro
di lui per punirlo. Oltrepassa Siena e si ferma a Buonconvento, dove muore di malaria. Con la sua
morte gli esiliati perdono anche l’ultima speranza e Tino da Caimano scolpisce la sua immagine
sopra la sua bara di marmo.
XX
Guido Novello, saputa la situazione di Dante, lo invita alla sua corte a Ravenna, dove passa gli
ultimi anni della sua vita.
XXI
Filippo Il Bello voleva trasferire la sede della Chiesa da Roma ad Avignone. Muore il papa
Clemente V. Muore anche Filippo Il Bello ucciso da un cinghiale. A Carpetras tutti i cardinali
scappano perché dei soldati, reputandoli falsi, volevano ucciderli; Dante scrisse a questi una lettera,
dicendo loro di tornare a Roma.
XXII
Il 29 agosto 1315 a Montecatini sono i guelfi ad essere sconfitti dai ghibellini. Firenze, a causa della
sconfitta, cerca di riportare in patria le persone esiliate, tra i quali Dante, ricordato e molto
conosciuto dai fiorentini, dei quali alcuni conoscevano a memoria i canti della Commedia. Per
rientrare in patria però gli esiliati dovevano andare dalla prigione a San Giovanni con un candelotto
in mano, ma Dante, poiché riteneva ciò troppo umiliante, rifiutò e così fu condannato per la
seconda volta. Intanto a Ravenna Dante si stava dedicando alla sua opera: il Paradiso.
XXIII
A Ravenna, con l’aiuto di Guido Novello riesce a ritrovare la sua famiglia, la moglie e i figli e in
questa occasione la figlia Antonia gli confessa di voler diventare suora.. Dante riceve un invito a
Verona da parte del Cane; tra i due nacque una grande amicizia, tanto che Dante decise di dedicare
una strofa del cantico del Paradiso al Cane. Quest’ultimo prega Dante di rimanere a Verona, ma
esso gli rispose che aveva bisogno di silenzio per meditare sulla sua opera.
XXIV
Tornato a Ravenna Dante parla con Guido Novello della sua vita, in particolare dei suoi affetti:
Beatrice, la donna tanto amata, Corso, uno spavaldo personaggio di Firenze che favorì il suo esilio,
Forese, il suo grande compagno di avventure, la sorella Piccarda, che si avviò al monastero solo per
virtù e Franceschina.
XXV
A Bologna i cantici di Dante vengono narrati perfino nelle taverne, dove è già conosciuto anche il
libro “De Monarchia”. Qui il professore di un’università di Bologna, Giovanni del Virgilio, scrive a
Dante una lettera dicendogli che se avrebbe scritto le sue opere in latino sarebbe certo stato più
apprezzato, ma Dante non accetta consigli, poiché lui scrive per il popolo.
XXVI
Il Consiglio di Venezia dichiara guerra a Ravenna e Guido Novello chiede aiuto a Dante, in modo
che questo avrebbe negoziato un nuovo accordo di pace. A Venezia Dante si ammala di malaria, e
qui tutti si accorgono della sua malattia e lo rimandano in patria(Ravenna). Riesce ad arrivare a casa
tra i suoi famigliari, i quali si sono accorti che sta per morire. La notte tra il 14 e il 15 settembre
1321 cessa di respirare alla presenza della figlia suor Beatrice.

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