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Ciao Kaa,

Si! Kaa. Vorrei che tu pensassi a questa lettere come se a scriverla fosse “limoncino” e non l’aiuto capo
reparto con cui hai condiviso quest’anno. Ti scrivo perché mi trovo meglio, perché a breve partirò e non ci
sarà occasione e perché penso che e lettere, rimangano per più tempo. Sia sulla carta che nella mente.

Ci siamo ritrovati molto “incompatibili” nell’ultimo periodo, molte incomprensioni e non ti nego che ho
visto molta influenza su di te…non nostra ma di persone che non fanno bene.

Ti starai chiedendo chi sono io per affermare questa cosa. In realtà nessuno e probabilmente pecco un po'
di presunzione e talvolta mi avvicino e assomiglio a chi non vorrei assomigliare…ma lo so, ne prendo atto.
Però sono consapevole di una cosa, il motivo per cui dico questo.

Il mio “non fanno bene” è ovviamente riferito ai confronti dei ragazzi che Dio ci ha affidato. Sia chiaro, non
sto facendo un processo ne un’opera di convincimento. Quello che ti dico te lo dico perché, e sei libero di
non crederci, ti voglio bene.

Da quando ero lupetto si ripete la solita frase:”L’amico è colui con cui non necessariamente vai sempre
d’accordo, ma l’amico è quello che fraternamente cerca di correggerti”.

Ci pensi? Quante volte noi capi rappresentiamo essenzialmente quello che le nostre bocche dicono? Noi
crediamo tante, e invece…è totalmente il contrario. A dirlo non sono io, perché nessuno di noi se ne rende
conto. A dirlo sono i ragazzi. Quei ragazzi che tanto dovremmo amare, guidare, educare, ascoltare,
consolare. Sai, mi piace molto la frase del patto associativo che ci dice di far sentire i ragazzi come individui
unici e felici.

Il metro di giudizio è semplice, guardarli. Ognuno di loro, come me all’epoca, ha qualche problema.

Ricordi quando mi feci tutto il campo a piangere? Quello era il mio problema più serio dell’epoca. Erano
altri tempi, non lo nego. Al campo ho scoperto di una ragazza del nostro reparto che è stata vittima di
bullismo femminile a scuola. O di un’altra che ha seri problemi in famiglia. E posso continuare..

40 ragazzi con tante storie di dolore….dolore serio, alle spalle.

Non fraintendere questa lettere. Non è un elogio a me. Non sono il tipo, altrimenti non starei nemmeno
scrivendo questa lettera. Il mio obiettivo è un altro.

Tornando al discorso. Ricordo la Coca prima del campo. Ho sempre voluto chiederti scusa per quello che ti
dissi e onestamente non ne ho mai trovato il coraggio. Scusami per quello che ti dissi.

Non ho mai voluto il tuo posto, ne nessun altro posto in Agesci. Sono chiamato ad un servizio che è quello
ai ragazzi, qualunque sia il mio ruolo…e sai perché ti dico questo? Semplice. Se mai stato un mio capo
unità? MAI. Eppure all’epoca i pianti che mi feci quando te ne andasti a Firenze non furono pochi. Come
altrettanti furono i momenti belli e i cazziatoni fatti come si deve. Pensaci. Sei rimasto in me, cosi come in
cosimo e sicuramente qualche altro lupetto con cui ti sei rapportato in quegli anni. Pur non essendo Akela…

Sai perché? Anche questa è una domanda facile. Perché ci volevi bene. Non fraintendere nemmeno questo.
Voler bene non significa solo essere belli, bravi e buoni. Voler bene significa sapersi rapportare, abbassare
le difese, essere gentili, cortesi, onesti e in stile(anche con i cazziatoni). C’è una foto che mi fa pensare. Ed è
quella in cui le gemelle mi danno un bacio insieme(l’avrai vista tante volte). Per me è l’emblema della
riuscita del mio/nostro ruolo quest’anno. L’aria che respiravi alla giornata dei genitori è l’emblema della
riuscita. Parliamoci chiaro: lo sappiamo tutti com’è stato il ritorno delle gemelle. La mamma era disperata.
Loro piangevano, ricevevano insulti, urla, e atteggiamenti a dir poco di merda. A fine anno e riguardando
quella foto mi chiedo: “Ma chi? Le gemelle? Maleducate? Ma stiamo parlando delle stesse persone?”
Gli vedi. Gli vedi i sorrisi sui volti dei ragazzi, gli vedi gli occhi di felicità e le lacrime di tristezza quando ti
raccontano in privato quello che sentono dentro. Gli vedi, ti ci immedesimi e fai forza sia a te stesso che a
loro.

Testimoni di scelte di vita solide. Recita l’articolo del regolamento dell’associazione. Ci penso spesso e sai
perché? Perché l’Agesci sta diventando una passerella. Tutti che puntano ad avere successo, a realizzarsi, a
distruggersi o a denigrarsi per cosa?? Visibilità?

Lo sai cosa penso?…frustrazione. Molte delle persone che puntano a questo sono persone frustrate dalla
loro vita. Purtroppo più passa il tempo e più diventa cosi. E i ragazzi? Qualcuno se ne ricorda? O siamo
troppo presi dall’essere scout tecnici, metodologici, a puntare ad incarichi regionali, nazionali, a diventare
capo reparto, Iabz. E i ragazzi diventano un contorno, non lo scopo unico e principale per cui siamo qui.

Tu non lo eri. Probabilmente non lo sei tutt’ora.

Ci sono due vie. Quella buona e quella cattiva.

Quella buona è quella del limoncino(e ci siamo capiti). Per rimanere per sempre nei ragazzi, per essere
d’esempio e d’ispirazione. Per aiutarli.

Quella cattiva è quella di farsi disprezzare. Questa è più facile. Basta essere delle merde e vedi come i
ragazzi crollano.

Si. Merde. Non ho altro termine per definire questo genere di persone. Tu come definiresti una persona che
ti usa? Una persona che vuole aizzarti i ragazzi contro? Che vuole far crollare il gruppo(più che i capi, ne
risentirebbero 100 ragazzi)? Una persona adulta, moralista, che non ha le palle di presentarsi di persona e
di dire:”me ne vado perché mi state sul cazzo”? Oppure chi racconta balle per passare da vittima? La
disonestà, l’arroganza, la falsa amicizia, l’ipocrisia…e tutto a discapito solo ed esclusivamente dei ragazzi. Io
persone di merda. Le lacrime versate quando ti hanno rivisto prendere il posto di capo reparto,
probabilmente le ho viste solo io. Ed è per questo che ti sto scrivendo.

Fermati. Rifletti. Capisci. Prima di sprofondare totalmente. Ci vuole tanto per conquistare i ragazzi e un
millesimo per perderli. E tu gli hai persi, perché fondamentalemente non ti riconosco più nemmeno io.
Tutto è recuperabile. Ma bisogna fare delle scelte. Dolorose, rigide e difficili. Ma la domanda è una: per chi
lo fai?

Se la tua risposta è: Per me. Lascia. Te lo dico col cuore. Chi rispondeva cosi a questa domanda ora sta in un
altro gruppo ed è disprezzato dai nostri ragazzi. Gode delle nostre disavventure, rispondeva male, aveva dei
modi di merda e lasciamelo dire….ti stava anche mettendo nella merda in situazioni ben più gravi. Per cosa?
Vendetta. Visibilità. Boh, queste sono tutte cose egoistiche.

Se la tua risposta è: Per loro. Beh allora torna il Donato che è Donato e tira dritte le vele che i ragazzi si
innamoreranno di te. Come hanno fatto con noi. E ti daranno tanto. Fidati di noi. Di me. Di cosimo. Di
mamma. Non significa che ti dobbiamo stare simpatici. Se stiamo facendo tutto questo è per te. Te lo
assicuro.

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