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ABRAMO LOT E L'AMORE DEL PADRE

Raccolta di meditazioni Padre Andrea D'Ascanio


ABRAMO E LA "GIUSTIZIA" DI DIO
SODOMA E GOMORRA
Tra le pagine più terribili che la Scrittura ci presenta come esempio della giustizia
punitrice di Dio, merita uno dei primi posti la distruzione di Sodoma e Gomorra con la
tremenda pioggia di fuoco. Ma è il caso di parlare di "giustizia punitrice"?
In realtà, se sapremo leggerle con cuore limpido, queste pagine racchiudono il vero volto
della Misericordia, tutta la tenerezza vigile e premurosa del Padre del cielo che "scende"
tra i figli depravati nel tentativo di salvarli.
Leggiamole insieme, inquadrando la realtà del male in quelle città, il "grido" che da esse si
eleva, l'azione di Dio, la risposta degli uomini.

La realtà del male in Sodoma


I due angeli arrivarono a Sodoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di
Sodoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia
a terra: "Miei signori, venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte... ". Insistette
tanto che vennero nella sua casa: (...) Non si erano ancora coricati, quand'ecco gli uomini
della città, cioè gli abitanti di Sodoma, si affollarono intorno alla casa, giovani e vecchi,
tutto il popolo al completo. Chiamarono Lot e gli dissero: "Dove sono quegli uomini che
sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!"». (Gen 19,
1-5)
Il male in Sodoma c'è ed è grande. Quello che la Scrittura ci presenta è un eccezionale
caso di depravazione collettiva che coinvolge tutta una città, "giovani e vecchi". Siamo al
parossismo di una situazione immorale che diventa pericolosa anche per gli altri.
Il male in Sodoma c'è ed è grande, m a non è il caso di scandalizzarsi e di fare dei
commenti pesanti sui nostri fratelli vissuti in quel periodo: l'AIDS che sta umiliando oggi
l'umanità intera, l'organizzato spaccio di droga, le troppe ingiustizie sociali, le volgarità
degli spettacoli e della stampa, e tante altre cose brutte ci suggeriscono di non fare giudizi.
Ci ricordano piuttosto che l'uomo, il povero uomo, ieri come oggi è infedele a se stesso ed
alla propria dignità, così come Dio è fedele al Suo Amore ed alla Sua Misericordia.
Il male in Sodoma c'è: è un tumore che ormai, se non verrà asportato o guarito, si
estenderà inesorabilmente; già ha contaminato Gomorra e le altre cittadine vicine. Il Padre
che ha cura di tutti gli uomini deve intervenire quando sono stati superati i livelli di
guardia, proprio per l'Amore che Lui ha per i figli. Il tumore che ha penetrato a fondo
Sodoma può essere asportato chirurgicamente, in modo radicale; ma il Padre, che è
dolcezza infinita, cerca sempre di evitare le cure traumatiche: se dovrà ricorrere ai sistemi
drastici sarà perché i figli non Gli hanno dato la possibilità di adottare altra soluzione,
come vedremo.

Il "grido" contro Sodoma


"Il grido contro Sodoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave" (Gen
18, 20)
Di che grido si tratta? E chi lo eleva?
Non è certo un grido che implori perdono o che chieda l'intervento di Dio nelle necessità,
come altre volte è avvenuto nella Scrittura. Non è un grido che parte dal cuore contrito di
chi ha riconosciuto il suo peccato: gli uomini di Sodoma sono in profonda nebbia di spirito
e sono ben lontani dal riconoscere il proprio peccato. Basta notare come rispondono al
povero Lot che esce loro incontro nel tentativo di farli desistere dal proposito di male
offrendo le due figlie alle loro brame balorde pur di salvare gli ospiti, che erano
considerati sacri e inviolabili più di qualunque altro valore:
"No, fratelli miei, non fate del male!" disse loro Lot. Tirati via! - risposero i concittadini -
Ora faremo a te peggio che a loro!" (Gen 19, 7 ss.)
Il "grido" che costringe Dio ad intervenire è purtroppo un grido contro Sodoma, è un grido
di condanna lanciato dall'accusatore che attende il nulla osta di Dio per colpire quei figli
che precedentemente ha sedotto e indotto al male.
"Poi mi fece vedere il sommo sacerdote Giosuè ritto davanti all'angelo del Signore, e
Satana alla sua destra per accusarlo". (Zac 3,1)
"... è stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli, colui che giorno e notte li accusava
davanti al nostro Dio". (Ap 12, 10)
Satana sa di aver diritto a distruggere le prede che incautamente - ma liberamente - si sono
lasciate irretire da lui.
Il Padre non può non tener conto di questa accusa che sa vera e decide di scendere in
mezzo ai suoi figli per tentare un estremo salvataggio.

L'azione di Dio
"Voglio scendere e vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a
me: lo voglio sapere». (Gen 18, 21)
Fa tenerezza questo Padre che finge di non sapere ciò che sta accadendo nella sua famiglia
della terra, e che "scende" - come già fece nel paradiso terrestre dopo il peccato di Adamo
ed Eva (Gen 3,8) - non per sapere se i figli hanno veramente commesso il male (lo sa
benissimo!) ma per cercare di salvarli dalle conseguenze pesanti dei loro peccati. Egli deve
intervenire perché "il grido è troppo grande" e non può continuare a pazientare come fa
sempre dinanzi ai nostri sbagli.
E Suo intervento vuole essere di misericordia, perché Egli è Padre di misericordia, ma per
poter realizzare il Suo progetto di salvezza nei confronti di questi figli affogati nel male il
Padre ha bisogno di qualcuno che - sulla terra - Gli dia l'aggancio giuridico, facendosi
intermediario e intercedendo per tutti.
Non può cercare tale alleato tra i sodomiti, ormai sordi e ciechi ad ogni richiamo di spirito,
e allora va a trovare Abramo - l'unico giusto sulla terra con il quale possa iniziare un
dialogo - e gli prospetta la situazione, comunicandogli insieme tutta la Sua compassione
per quei figli depravati. Abramo percepisce i battiti del cuore del Padre e si sente spinto ad
intervenire. Mentre i due angeli in veste umana vanno verso Sodoma per eseguire la
sentenza, inizia il dialogo tra Dio ed Abramo, un capolavoro dello Spirito che vuole farci
capire quale sia il vero volto di Dio: Padre che non si compiace della morte del peccatore,
ma che vuole che si converta e viva; Padre che ci ama oltre il nostro non amore; Padre che
ci ama anche se non abbiamo più il Suo Spirito e se abbiamo deformato in noi la Sua
impronta divina; Padre che non vuole lasciare affogare l'uomo nel pantano del suo peccato,
ma che vuole scioglierlo nell'oceano del suo Amore che è più potente del male e del
peccato, che è Misericordia: un Amore cioè che si dona ai figli anche quando questi sono
divenuti miseria morale e fisica.
Leggiamo insieme questo dialogo che dovrebbe essere la base di ogni nostra preghiera:
«Quegli uomini partirono di lì e andarono verso Sodoma, mentre Abramo stava ancora
davanti al Signore. Allora Abramo gli si avvicinò e gli disse: "Davvero sterminerai il
giusto con l'empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere?
E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lungi da
te il far morire il giusto con l'empio; lungi da te! Forse il giudice di tutta la terra non
praticherà la giustizia?". Rispose il Signore: "Se a Sodoma troverò cinquanta giusti
nell'ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutta la città".
Abramo ha tastato il terreno, ha visto che il suo Signore è disponibile ad una trattativa, e
riprende il dialogo con una carica nuova: «Abramo riprese e disse: "Vedi come ardisco
parlare al mio Signore io che sono polvere e cenere... Forse ai cinquanta giusti ne
mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?» Rispose: "Non la
distruggerò, se ve ne trovo quarantacinque".
Abramo riprese ancora a parlargli e disse: "Forse là se ne troveranno quaranta". Rispose:
"Non lo farò, per riguardo a quei quaranta". (Gen 18, 27-29)
Abramo esulta: il suo Signore è più conciliante di quanto sperasse; ma egli non ha capito
che è proprio il suo Signore che gli suggerisce di non interrompere le trattative, perché è
proprio Lui che gli ha suscitato il desiderio di salvare Sodoma.
Abramo inizia l'ultimo assalto: «Riprese: "Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora:
forse là se ne troveranno trenta": Rispose: "Non lo farò se ve ne troverò trenta". Riprese:
"Vedi come ardisco parlare al mio Signore: forse là se ne troveranno venti". Rispose: "Non
la distruggerò per riguardo a quei venti". Riprese: "Non si adiri il mio Signore se parlo
ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci". Rispose: "Non la distruggerò per
riguardo a quei dieci"». (Gen 18, 30-32)
Mercanteggiando la misericordia, Abramo non osa discendere al di sotto di dieci giusti.
Egli non ha conosciuto fino in fondo il Cuore del suo Signore ed ha posto un limite alla
Sua azione salvifica. Non conosceva quello che il Signore dirà a Geremia: "Percorrete le
vie di Gerusalemme, osservate bene e informatevi, cercate nelle sue piazze se trovate un
uomo, uno solo che agisca giustamente e cerchi di mantenersi fedele, ed io le perdonerò,
dice il Signore". (Ger 5, 1)
Ma non possiamo rimproverare ad Abramo questa mancanza di fiducia nell'Amore di Dio,
quando Pietro - che vedeva continuamente in azione la Misericordia incarnata - riteneva
quasi un assurdo il perdonare più di sette volte (Mt 18, 22); e Giacomo e Giovanni
invocavano "fuoco dal cielo" (Lc 9,54) per distruggere i samaritani che non avevano
accolto Gesù.
E' difficile, per noi uomini, immedesimarci in Dio che è Amore puro: è più facile farci un
Dio a nostra immagine e somiglianza ed arrogarci il potere di vendetta e di distruzione che
lui non conosce e non vuole conoscere.
Sta di fatto che Abramo tronca il dialogo con il suo Signore che - non più sollecitato dalla
creatura - non può far scattare in extremis la Misericordia: "Poi il Signore, come ebbe
finito di parlare con Abramo, se ne andò e Abramo ritornò alla sua abitazione". (Gen 18,
33)
I dieci giusti non c'erano, Abramo smise di intercedere presso il suo Signore e Questi "se
ne andò".
Si allontana la Misericordia che l'uomo non ha saputo invocare, avanza la Giustizia che
l'uomo ha meritato con il suo peccato: "Il Signore fece piovere dal cielo sopra Sodoma e
sopra Gomorra zolfo e fuoco": (Gen 19,24)

Riassumendo e concludendo
L'intervento straordinario di Dio ("voglio scendere e vedere...") scatta quando il male è
ormai giunto al culmine ed è umanamente irreversibile. Tale volontà di "scendere e
vedere" non è motivata dalla Giustizia che vuole emettere una sentenza di condanna, ma
dall'Amore che cerca di salvare i figli con il perdono, con un atto di Misericordia totale
che superi il male da essi commesso. Per far entrare in azione la Misericordia, il Padre ha
però bisogno di qualcuno che, sulla terra, interceda per i fratelli abbrutiti giustificando così
il Suo intervento d'Amore. Dio dunque viene sulla terra per ingaggiare con Abramo un
"combattimento faccia a faccia" (Gen 32); un combattimento che Egli vuole perdere per
far trionfare la Misericordia, ma che purtroppo perde Abramo perché ha posto un limite
all'Amore del Padre. Se Abramo avesse tirato ancora di più sul "prezzo" - che lui aveva
stabilito! - e avesse detto: "Per me, per amore di me che ti amo, salva Sodoma e
Gomorra!", Dio avrebbe avuto il supporto giuridico che era venuto a cercare sulla terra per
bloccare l'intervento di giustizia richiesto dall''accusatore', dal pubblico ministero di questo
perenne giudizio a cui siamo sottoposti dinanzi al trono di Dio.
"Per amore di Abramo che lo amava" Egli avrebbe fatto entrare in azione la sua
Misericordia: non ci sarebbe stata la sentenza di morte con "zolfo e fuoco", ma una
sentenza di Vita con una pioggia di Spirito Santo - il Fuoco di Dio! - che avrebbe penetrato
gli spiriti dei sodomiti facendo prendere loro coscienza del male commesso ed operando in
essi una radicale conversione. Il tumore c'era, e bisognava eliminarlo, ma sarebbe stato
curato alla radice e non estirpato violentemente.

IL MALE OGGI
Oggi il male nel mondo è di gran lunga superiore a quello del tempo di Sodoma e
Gomorra. Oggi, ancora una volta, Dio sta scendendo sulla terra "con potenza» (Mt 24,30).
La potenza è l'attributo del Padre che viene a portare a termine la redenzione: il "male"
deve scomparire dalla faccia della terra (Ap 12, 10; 20,3). Il male" scomparirà. Ma come?
Con una tremenda purificazione distruttiva in nome della Giustizia punitrice o con un atto
di Misericordia che abbraccia e scioglie tutto e tutti? Dio è sempre fedele al Suo Amore e
perciò desidera il trionfo della Misericordia, come tanti segni dimostrano: basta pensare al
Messaggio di Misericordia che hanno passato alla Chiesa di oggi Suor Faustina Kowalska
e Madre Speranza; basta meditare sulla Dives in Misericordia che Giovanni Paolo II ci ha
donato.
Sta a noi aprire o chiudere il cuore della Misericordia che ci viene offerta. Ricordando
sempre che il nostro Dio è un Papà che "fa sovrabbondare la Grazia laddove sovrabbonda
il peccato" (Rom 5, 20) e che "non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e
viva" (Ez 33,11).
Cerchiamo di non ripetere l'errore - se errore si può chiamare - di Abramo, e, oggi più che
mai, rispondiamo al "grido" dell' "accusatore" unendo la nostra voce a quella del Santo
Padre Giovanni Paolo II: "... in un grido che implori la misericordia secondo la necessità
dell'uomo nel mondo contemporaneo. Questo grido sia denso di tutta quella verità sulla
misericordia che ha trovato così ricca espressione nella sacra Scrittura e nella Tradizione,
come anche nell'autentica fede di tante generazioni del Popolo di Dio. Con tale grido ci
richiamiamo, come gli scrittori sacri, al Dio che non può disprezzare nulla di ciò che ha
creato, al Dio che è fedele a se stesso, alla sua paternità e al suo amore". (Dives in
Misericordia", VIII, 1)

LOT E L'AMORE DEL PADRE


Dio è Padre. Dio è mio Padre. Dio è nostro Padre. Dio non vuole la morte del peccatore,
ma che si converta e viva. Dio mi ama più di quanto io mi ami. Dio vuole salvarmi più di
quanto io desideri essere salvato. Dio non è il mio giudice, ma il mio avvocato difensore.
Dio opera sempre, in ogni modo, per la mia salvezza. Dio è sempre dalla mia parte. Dio è
stanco di vederci soffrire e viene a liberarci. Perché Dio è il mio Papà.
Quando Madre Eugenia mi disse di rileggere con occhio nuovo tutta la Scrittura, per
scoprirvi l'infinita tenerezza del Padre, rimasi sconvolto. Mi aveva fatto comprendere che
dovevo soffermarmi soprattutto sulla Genesi e sull'Apocalisse, il primo e l'ultimo dei Libri
Sacri.
Ho obbedito ed ho iniziato così a leggere la Bibbia con spirito nuovo, partendo da un
principio di base: "Dio è Amore. Se questo Libro lo ha scritto Lui, deve racchiudere il
mistero del Suo Amore, contro tutte le apparenze!". Ed ho fatto così la più entusiasmante
scoperta che si possa fare nel mondo dello spirito: episodio su episodio, mi sono convinto
e mi vado sempre più convincendo che Dio è il mio Papà, "ricco di misericordia". Tutti gli
altri attributi non mi dicono nulla. Mi basta sapere che è "Papà" e che è "mio". Ma è una
scoperta troppo bella perché possa tenerla solo per me, perché è Papà di tutti gli uomini,
anche di quelli che neanche sanno della Sua esistenza. Ed a tutti ed a ciascuno vorrei
gridare: "Sta nella gioia! Dio è tuo Papà! Può risolvere tutti i tuoi problemi. Vuole aiutarti,
vuole salvarti! Vada Lui, non aver paura!".
Mi sforzo di farlo con questo giornalino, ma mi accorgo che viene fuori solo un balbettio;
non è facile tradurre in parole una certezza interiore.
Mi sono soffermato sulle pagine più "catastrofiche": cacciata dal Paradiso, diluvio
universale, Sodoma e Gomorra... Soprattutto in queste ultime pagine, che vengono
presentate come l'esempio più terribile della "giustizia di Dio, ho trovato invece la chiave
della Sua tenerezza e della Sua misericordia che va oltre il male, coinvolgendo anche Lot,
il nipote di Abramo, nel tentativo estremo di salvare quel mondo depravato.
Ricolleghiamoci a quanto già scritto su Abramo, per fare poi alcune riflessioni su suo
nipote Lot, che al momento della divisione con lo zio si era stabilito a Sodoma: "Allora
Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì anche Lot.... Il territorio
non consentiva che abitassero insieme, perché avevano beni troppo grandi e non potevano
abitare insieme. Per questo sorse una lite tra i mandriani di Abram e i mandriani di Lot...
Abram disse a Lot: «Non vi sia discordia tra me e te... separati da me... Se tu vai a sinistra
io andrò a destra...». Lot alzò gli occhi e vide che tutta la valle del Giordano era un luogo
irrigato da ogni parte - prima che il Signore distruggesse Sòdoma e Gomorra -; era come il
giardino del Signore, come il paese d'Egitto, fino ai pressi di Zoar... Lot scelse per sé tutta
la valle del Giordano ... Abram si stabilì nel paese di Canaan e Lot si stabilì nelle città
della valle e piantò le tende vicino a Sòdoma. Ora gli uomini di Sòdoma erano perversi e
peccavano molto contro il Signore». (Gen 12-13)
Abram inizia la sua grande avventura di spirito, in un travagliato peregrinare durante il
quale si dimostrerà valoroso combattente; diverrà padre di Ismaele; stabilirà la grande
alleanza con Dio e avrà la promessa del figlio Isacco...; Lot, attratto dall'immediato e
facile benessere, passerà dalla vita nomade a quella più comoda e sedentaria, stabilendosi
entro le mura di Sòdoma.
Ritroviamo Abram e Lot nel momento della grande purificazione, accomunati nel grande
progetto di Misericordia del Padre che cerca il loro appoggio per salvare il salvabile:
"(Abramo) alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui... quegli
uomini si alzarono e andarono a contemplare Sodoma dall'alto, mentre Abramo li accom-
pagnava per congedarli. Il Signore diceva: "Devo io tener nascosto ad Abramo quello che
sto per fare... Disse allora il Signore: «Il grido contro Sòdoma e Gomorra è troppo grande
e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere e vedere se proprio hanno fatto tutto il
male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!». Quegli uomini partirono di lì e
andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora davanti al Signore". (Gen18,2;16-
22)
In questi tre uomini ai quali Abramo si rivolge al singolare molti Padri hanno visto
l'annunzio del mistero della Trinità, la cui rivelazione piena era riservata al Nuovo
Testamento.
E' da notare che, parlando delle tre Persone divine, la Scrittura usa in questo caso
indifferentemente i termini "Signore", "uomini", "angeli"; la sostanza non muta: è sempre
lo stesso Amore Trinitario che si china con infinita premura su di noi per tirarci fuori dai
guai nei quali ci siamo cacciati.
Le tre Persone divine vengono dunque sulla terra in uno dei momenti più drammatici della
sua storia. Loro intento è salvare gli uomini in extremis, e le tre Persone si dividono il
compito: l'una inizia il sofferto e fallito patteggiamento con Abramo per salvare tutto e
tutti; le altre due si recano a Sòdoma e Gomorra con la motivazione ufficiale di "scendere
a vedere" come stanno le cose, ma in realtà per giocare un'ultima carta di salvezza con Lot.
Sappiamo come finì l'azione del Padre con Abramo che, "mercanteggiando la
misericordia", non osò scendere al disotto di dieci giusti, che purtroppo non c'erano.
Vediamo come si sviluppa l'azione delle altre due Persone con Lot: "I due angeli
arrivarono a Sodoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sodoma. Non
appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra. E
disse: «Miei signori, venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte, vi laverete i piedi
e poi, domattina, per tempo, ve ne andrete perla vostra. Quelli risposero: «No, passeremo
la notte sulla piazza». Ma egli insistette tanto che vennero da lui ed entrarono nella sua
casa. Egli preparò loro un banchetto, fece cuocere gli azzimi e così mangiarono». (Gen.
19,1-3)
E' interessante sottolineare che tanto Abramo (Gen 18,2 53) che Lot, perché possa scattare
l'azione di Dio, devono superare la stessa prova di un amore vissuto nella sua forma più
elementare: l'ospitalità.
Solo con l'amore si può entrare in comunione con l'Amore. Se il cuore dell'uomo non si
apre all'Amore che bussa, naufraga tutto il progetto di salvezza di Dio.
Sorvoliamo sul pesante episodio del dopo-cena e sul mancato tentativo di coinvolgere
nella salvezza i generi e tutto il clan di Lot, ed entriamo nel vivo della fuga di questi e
della sua famiglia: "Quando apparve l'alba, gli angeli fecero premura a Lot, dicendo: «Su,
prendi tua moglie e le tue figlie che hai qui ed esci per non essere travolto nel castigo della
città». Lot indugiava, ma quegli uomini presero per mano lui, sua moglie e le sue due
figlie, per un grande atto di misericordia del Signore verso di lui; lo fecero uscire e lo
condussero fuori della città.
Dopo averli condotti fuori, uno di loro disse: «Non guardarti indietro e non fermarti dentro
la valle: fuggi sulle montagne, per non essere travolto!». Ma Lot disse: «No, mio Signore!
Vedi, il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi e tu hai usato una grande misericordia
verso di me salvandomi la vita, ma io non riuscirò a fuggire sul monte, senza che la
sciagura mi raggiunga e io muoia. Vedi questa città: è abbastanza vicina perché mi possa
rifugiare là ed è piccola cosa! Lascia che io fugga lassù - non è una piccola cosa? - e così
la mia vita sarà salva». Gli rispose: «Ecco, ti ho favorito anche in questo, di non distrug-
gere la città di cui hai parlato. Presto, fuggi là perché io non posso far nulla, finché tu non
vi sia arrivato». Perciò quella città si chiamò Zoar.
Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Zoar, quand'ecco il Signore fece piovere dal
cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco proveniente dal Signore".(Gen 19, 15-
24)
Lot ha superato la prova d'Amore insistendo per avere ospiti i due viandanti e difendendoli
dalla furia dei sodomiti. Permette così all'Amore di prendere per mano lui, sua moglie e le
sue figlie e di farli uscire dalla città. C'è quasi una "violenza" d'Amore che Dio usa per
salvare chi Gli è rimasto fedele.
Lot comincia a correre, ma è vecchio, e presto è costretto ad arrendersi: "No, mio
Signore... io non riuscirò a fuggire sul monte! ...fammi rifugiare in questa piccola città!" -
"Ecco ti ho favorito anche in questo, di non distruggere la città di cui hai parlato". Lot
entra in Zoar ed inizia la pioggia di zolfo e di fuoco.
Lot, chiedendo di rifugiarsi in Zoar, desidera mettere al sicuro solo se stesso. Il Signore
però è ben contento di avere l'appiglio giuridico per salvare tutti gli abitanti di Zoar: la
Misericordia del Padre è pronta a salvare il salvabile anche in extremis, purché qualcuno le
dia la possibilità di entrare in azione.
Dobbiamo riflettere su questa continua e totale disponibilità di Dio a qualunque richiesta
gli venga presentata da un Suo figlio; su questa volontà dell'Amore di Dio che cerca
sempre un motivo per assolverci. E dobbiamo meditare sulle parole: "Presto, fuggi là
perché io non posso far nulla, finché tu non vi sia arrivato".
Perché non riusciamo a leggere, in questi strani dialoghi, la volontà che Dio ha di salvare
l'uomo? Ha provato con Abramo, ora prova con Lot. Abramo ha bloccato l'azione della
misericordia: lui ha stabilito il prezzo, lui è sceso sul prezzo, lui si è fermato. Dio non si è
mai fermato nel dire sì, sì, sì perché, lo ripetiamo, non chiude mai il Suo cuore all'Amore.
Ora gioca l'ultima carta con Lot.
Cosa sarebbe accaduto se Lot avesse cominciato a gridare: "Signore, ho un crampo ad una
gamba... ho un attacco di sciatica.... proprio non posso più muovere un passo... proprio non
posso..." e si fosse seduto per terra?
Se Lot, in altre parole, avesse fatto un sit-in, rifiutando di alzarsi, che fine avrebbe fatto la
pioggia di fuoco e di zolfo? Non sarebbe potuta scendere, perché lui, Lot, non poteva
essere coinvolto: "Fuggi là, perché (= altrimenti) io non posso far nulla..."
Noi oggi siamo in attesa delle catastrofi cosmiche: due terzi dell'umanità dovrebbero
perire, e poi guerre, terremoti... Tutte cose che ormai stiamo attendendo di giorno in
giorno, come ineluttabili. Ma perché non prendiamo coscienza della nostra potente dignità
di figli di Dio? Noi siamo ben più di Abramo e di Lot, noi siamo figli di Dio perché nel
Battesimo siamo stati inseriti nella famiglia divina.
Perché non crediamo nella nostra potenza d'intercessione? Noi abbiamo il potere di far
scattare la Misericordia di Dio che è ben più potente di tutti i mali e di tutti i peccati del
mondo. Dobbiamo solo convincerci che, per realizzare questo piano di salvezza, il Padre
nostro ha bisogno di qualcuno che provochi il Suo intervento salvifico.

Percorrete le vie di Gerusalemme...


Altrove abbiamo rivolto un appello per cercare qualcuno che si unisse a noi nel chiedere al
Padre la nostra liberazione. Dicemmo che siamo sufficienti in due, come minimo proposto
da Gesù, per avere la certezza di essere esauditi. Ma, al limite, ne basterebbe anche uno
solo: "Percorrete le vie di Gerusalemme, osservate bene e informatevi, cercate nelle sue
piazze se trovate un uomo, uno solo che agisca giustamente e cerchi di mantenersi fedele,
e io le perdonerò, dice il Signore». (Ger 5,1)
Per dare il giusto peso a queste espressioni del profeta Geremia - nato verso il 650 a.C. - è
bene rifarci alla sua epoca di tragica decadenza spirituale che preparerà la rovina del regno
di Giuda con la distruzione del tempio e ben due deportazioni per opera di
Nabucodonosor. Geremia vive la drammatica storia della sua patria, predicando,
minacciando, predicendo la rovina, avvertendo invano i re incapaci, accusato di
disfattismo dai militari, perseguitato, incarcerato.
Viene inviato «per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere» (Ger 1,10). Deve
sempre lottare contro i suoi, contro i re, i sacerdoti, i falsi profeti, tutto il popolo; diviene
«oggetto di litigio e di contrasto per tutto il paese» (Gr 15,10) dovendo predire soprattutto
sventure.
Viene inviato da Dio in uno dei momenti di maggiore degrado spirituale di Israele, come
risulta da quanto egli denuncia proprio nel capitolo 5°: al male essenziale che è la
contaminazione idolatrica del culto di Jahve, Geremia evidenzia l'ateismo pratico e
l'indocilità (Ger 3.12-13); la lussuria più sfrenata (Ger 3, 7-8); l'oppressione sociale (Ger 5,
2s-2s); la depravazione dei ceti bassi e delle classi dirigenti (Ger 4, 4-5), dei sacerdoti e dei
profeti (Ger 5, 31). Tutto è sintetizzato nel versetto 30, cap. 5: "Cose spaventose e orribili
avvengono nel paese".
In questo contesto di degrado totale non meraviglia che il povero Geremia sia stato
costretto ad usare parole pesanti e terribili, che lo hanno fatto passare alla storia come il
profeta "catastrofico" per eccellenza.
Eppure è proprio attraverso Geremia - e proprio in questo capitolo 5° in cui sono riassunti
gli "spaventosi e orribili" crimini della nazione - che il Padre ci dona lo squarcio più ampio
della sua Misericordia di tutto il Vecchio Testamento: "Percorrete le vie di Gerusalemme...
se trovate un uomo, uno solo che agisca giustamente e che cerchi di mantenersi fedele, e io
le perdonerò, dice il Signore".
Se tornasse oggi, Geremia troverebbe una situazione morale molto peggiorata rispetto a
quella del suo tempo e ampliata su scala mondiale, e la sua predicazione avrebbe toni
ancora più accesi, se fosse possibile: "Niente di nuovo sotto il sole", dice il Qoelet.
Ma di pari passo con la malizia dell'uomo avanza la Potenza della Misericordia del Padre:
"Più voi vi ostinerete ad offendermi, più io mi ostinerò a perdonarvi.... se troverò tra voi
un uomo, uno solo che agisca giustamente e che cerchi di mantenersi fedele, io perdonerò
questa umanità ingrata!».
«Io perdonerò all'umanità ingrata!»
C'è oggi sulla terra questo giusto? Sì, c'è GESU.
C'è Gesù che si è fatto "figlio dell'uomo", che riassume tutti gli uomini e che in ogni uomo
continua la redenzione. Ci sono milioni e milioni di uomini nei quali Gesù - l'unico Giusto
- vive, ama, soffre continuando la redenzione. Ci sono cioè milioni e milioni di "giusti"
che noi, come sacerdoti, in ogni Messa abbiamo il potere di presentare ogni giorno al
Padre.
In ogni Messa presentiamo al Padre della Misericordia le centinaia di migliaia di bambini
che a Lui si sono consacrati in questi ultimi anni "per la pace nel mondo e per la
conversione dei peccatori", in Maria, con Maria, per Maria, e nei quali Gesù continua a
dire: "Padre, nelle tue mani affido il mio spirito... il mio corpo, la mia volontà, per tutti,
per l'umanità";
in ogni Messa presentiamo al Padre della Misericordia il miliardo e più dei bimbi uccisi
dall'aborto, nei quali Gesù continua ad immolarsi dicendo "Padre, perdona loro, perché
non sanno quello che fanno";
in ogni Messa presentiamo al Padre le centinaia di milioni di bimbi costretti a lavori
disumani sin dai primissimi anni e violentati in mille modi, nei quali Gesù continua a
vivere la sua passione più terribile;
in ogni Messa presentiamo al Padre tutti i milioni di poveri disperati e sofferenti del
mondo - in pratica tutti gli uomini! - che sono costante oggetto della Sua infinita tenerezza.
Fratelli miei, state tranquilli, state nella gioia. Siamo tutti salvi, perché noi oggi così
possiamo rispondere alla richiesta che il Padre fa per mezzo di Geremia:
"Padre di Gesù e Padre mio, Padre nostro, abbiamo fatto quanto ci hai chiesto, abbiamo
percorso le vie di Gerusalemme e le piazze di ogni altra città del mondo, abbiamo
osservato bene e ci siamo informati: abbiamo trovato l'uomo di cui parli, il solo che
agisce giustamente e che si mantiene a Te fedele: il suo nome è GESU.
Tu lo conosci bene, perché è tuo Figlio e Tu hai voluto che si facesse "figlio dell'uomo»,
uno di noi, nostro fratello.
Per lui perdona Gerusalemme, perdona il mondo: perché Tu lo hai promesso, perché Tu
vuoi perdonarci più di quanto noi vogliamo essere perdonati. Amen."
Fratelli miei amati, non lasciamoci turbare da niente e da nessuno. Gli uomini si agitano,
ma Dio li conduce per un bene più grande. Quando udremo suonare i tamburi di guerra,
guardiamo al suono delle campane che gli Angeli a frotte suoneranno e non turbiamoci
per nulla; guardiamo avanti e inneggiamo alla Vittoria di Dio.
Non lasciamoci inquietare da niente e da nessuno: saltiamo già nel mondo nuovo, viviamo
in noi il mondo nuovo: gioia, pace, certezza, Potenza di preghiera.

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