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Waitin' on a sunny day


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PRIMA PARTE ..............................................................................................................................................3


Lavorare insieme, lavorare con i cittadini. ...................................................................................................3
Collaborare, collaborare, collaborare ......................................................................................................... 4
La novità ......................................................................................................................................................5
Una seconda fase ....................................................................................................................................... 6
Cooprogettare ............................................................................................................................................ 6
La “partecipazione popolare” .....................................................................................................................7
Un divario da colmare ................................................................................................................................. 9
Un volo radente, con regole. ..................................................................................................................... 10
Avviare un ciclo ........................................................................................................................................... 11
Attivare i processi partecipativi ................................................................................................................. 13
Distinguere i livelli di partecipazione ......................................................................................................... 14
Le condizioni per la partecipazione ........................................................................................................... 15
Le regole di lavoro ..................................................................................................................................... 18
SECONDA PARTE ....................................................................................................................................... 19
Chi coinvolgere .......................................................................................................................................... 19
Proviamo a orientarci ................................................................................................................................ 21
Gli strumenti di comunicazione ................................................................................................................. 23
Strumenti di incontro che possono realizzarsi nei percorsi di partecipazione .......................................... 23
Le sedi in cui svolgere la partecipazione.................................................................................................... 23
L’uso dei materiali..................................................................................................................................... 24
I materiali multimediali ............................................................................................................................. 24
La facilitazione .......................................................................................................................................... 24
Le competenze di questa figura ................................................................................................................ 25
Quali aspetti considerare per individuare il responsabile del percorso .................................................... 26
TERZA PARTE ............................................................................................................................................. 27
La fase iniziale o fase di impostazione ...................................................................................................... 27
La preparazione o definizione vera e propria ........................................................................................... 28
La gestione della consultazione e progettazione partecipata...................................................................30
Come si decide questo percorso ............................................................................................................... 31
Lo svolgimento del processo partecipativo............................................................................................... 32
Come valutare gli effetti per le considerazioni finali................................................................................. 32
La storia del processo e non le narrazioni di comodo ............................................................................... 32
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It's rainin' but there ain't a cloud in the sky


Must of been a tear from your eye
Everything'll be okay
Funny, thought I felt a sweet summer breeze
Must of been you sighin' so deep
Don't worry we're gonna find a way

I'm waitin', waitin' on a sunny day


Gonna chase the clouds away
Waitin' on a sunny day

PRIMA PARTE

Lavorare insieme, lavorare con i cittadini.

Ad un mese dalle elezioni amministrative, per il movimento 5 stelle, le premesse per ricorrere ad azioni qualificanti e
finalmente estranee alle metodologie del passato, ci sono tutte. Richiedono passi decisi per sviluppare metodi nuovi con
cui amministrare le comunità.
Per le nuove esperienze, si affacciano le possibilità, per coinvolgere come non mai i cittadini. La gestione dell’interesse
pubblico, adesso si può considerare, una opportunità per promuovere la loro partecipazione.
Spero siano tanti i percorsi che si annunciano anche per le piccole comunità. Sono sicuro nasceranno dall’impegno che gli
attivisti vanno riversando sulle tante azioni in corso. Dai nuovi servizi web, in cui i cittadini possono partecipare e possono
contribuire. Da quelle variate modalità semplici fino agli Open Data (diffusione conoscenza e analisi dei dati amministrativi
di ogni singolo centro). Ricorreranno pure alla creazione di spazi e tempi concentrati sulla partecipazione, per giungere
persino alle App che permettono di far partecipare anche su specifiche questioni amministrative. Si porteranno verso le
tante ottimizzazioni informatiche ed organizzative come le piattaforme WEB. Saranno tanti gli strumenti che corrono
lungo lo spazio che va dalla progettazione di start up di partecipazione, fino ai nuovi modelli di democrazia diretta , etc.
Si tratta è evidente di un universo nuovo. Corredato da modalità con cui si veicolano informazioni e servizi, necessari alla
partecipazione. Nel moltiplicarsi giungeranno fino all’accendersi sempre più, di gruppi di discussione e di tavoli di lavoro
spontanei. Sono logistiche che generano e redigono proposte, testi e documenti. I contributi saranno frutto di una
cooperazione informale, ovvero di quelle espansive e differenziate. Raccoglieranno le idee provenienti dai manifesti di
principio. Attraverso gli estratti dai testi di coordinamento, si tracceranno le numerose novità. Via via con segnalazioni e
semplici suggerimenti, come da adesioni a petizioni, azioni di pressione verso coloro i quali devono scegliere etc. si potra
decidere.
Ma se si potranno raccogliere gli esiti del lavoro di gruppo, quelli coordinati, ristretti, ed anche auto-selezionati. Se si
suggeriranno dicevo, entro processi decisionali trasparenti. Si coglierà nel segno perchè si passerà da forme deliberative
deboli a decisioni condivise, tracciate e soprattutto argomentate.
Sarà proprio il co-drafting (scrittura condivisa), ma ancor più la loro applicazione pratica, con cui si può rivolgere e
consolidare queste aspirazioni. Il nuovo modo e la tecnica di redazione dei provvedimenti diverranno nuovi regolamenti,
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delibere di consiglio o di giunta. Cresceranno ulteriormente il nuovo procedimento amministrativo, per mezzo del quali si
abbozzano, si scrivono e poi si attuano, le proposte gestionali presso le tante amministrazioni locali.
I cittadini elettori ed eletti, possono far vivere queste dinamiche nei vari settori, da quello sociale, all’economia, alla
cultura e in tutte le occasioni di cui si deve occupare un’amministrazione pubblica.
Consideriamo queste novità. Si tratta di innovazioni in grado di dare la cifra del cambiamento. Soprattutto la reazione ai
ritardi ormai gravissimi, con cui le istituzioni sono state allontanate dai problemi e soprattutto dalla vita di famiglie,
imprese e cittadini. Ora abbiamo forze e competenze per adottare dei metodi in grado di restituire il potere ai cittadini.
La progressiva crescita delle liste e soprattutto i brillanti risultati dei ballottaggi. Insieme ai mutamenti quotidiani e di vita,
degli attivisti. Di coloro che si apprestano a governare e di coloro che ci rappresenterà le criticità dall’opposizione. Tutti
questi impegni impongono una trasformazione ed una innovazione di categorie analitiche. Visioni organizzative e
procedurali che richiederanno fatiche e sforzi. Si rinnoveranno gli strumenti strettamente personali cosi come quelli
interpretativi, relazionali, analitici. La sfera individuale verrà messa alla prova.
La partecipazione dei cittadini, il loro mettersi in gioco con delle liste, fino alla assunzione diretta della responsabilità da
parte dei portavoce, preoccupa ma incoraggia decisamente l’affacciarsi di nuovi stili di gestione amministrativa.
Si è capovolto l’approccio teorico, degli “specialisti” e dei cosiddetti “esperti” o “preparati”. La politica, quella di queste
rappresentazioni nelle amministrazioni degli ultimi venti anni, ha scavato un vuoto é la voragine con cui si sono governati
gli interessi collettivi.
Non si tratta soltanto di rilevare la necessità di contribuire disinteressatamente. C’è nell’aria una varietà di forme di
partecipazione e di coinvolgimento. Cimentarsi con esse diverrà affascinante, cosi come con i processi che queste
produrranno.
Affinché si abbia davvero il senso della novità e della forza del movimento 5 stelle. Ci basta guardare alla dimostrazione
con cui la cittadinanza digitale tracima. La sua estensione contagiosa, arricchisce l’approfondirsi del concetto stesso.
Trasformato, ricco di flussi è divenuto il letto del fiume dentro cui scorrono molte novità.
Comprendere che l’innovazione tecnologica e politica, comporta e fa rimbalzare un’analoga evoluzione delle competenze
digitali. Il modo in cui qualificano e allargano il loro carattere decisivo. Configura la richiamata rivoluzione in atto. Oltre ad
indurre a calarsi nel nuovo contesto, il suo corredo ravviva il mare in cui tutti possiamo nuotare.
Dal web 1.0: della comunicazione asincrona (qualcuno produce i contenuti e qualcun altro li usa). Passiamo anche senza i
requisiti della alta specializzazione, ad essere tutti coinvolti nella produzione di nuovi contenuti. Partecipare alla
produzione delle applicazioni che si trasmettono in modo virale. Fino al web 3.0 e oltre, rende comprensibile la direzione
del flusso.
Queste applicazioni possono chiamarsi novità culturali ma anche novità amministrative che ci danno questi eventi.
L’emergenza sociale per quanto incomba, con i suoi caratteri drammatici dell’urgenza e dell’efficacia, della crisi socio
economica che si sta vivendo. Chiede tempestività in tutto, domanda anche strutture intellettuali dinamiche. Per
accrescecere la vicinanza, le nuove proiezioni della complicità, della condivisione e dell’impegno con i cittadini.
Improvvisamente gli elementi della partecipazione: come la discussione e co-progettazione, divengono piattaforme di
incontro.
Si considerino allora gli strumenti con cui si motivano e si dà entusiasmo ai cittadini. Con queste applicazioni e
metodologie si qualificano i contributi dei semplici appassionati, cosi come si bilancia il potere delle lobby, anche di quelle
intelligenti. Spezzando ogni meccanismo della manipolazione, si esplicitano meglio le posizioni, ma soprattutto si
bypassano i silenzi e l’autocensura.
In questo momento pensare, quindi di riflettere insieme, alle nuove amministrazioni 5 stelle, non potrà che portare scelte
e strumenti decisivi per l’adozione delle decisioni. Quelle che le amministrazioni faranno proprie nei prossimi mesi e nei
prossimi giorni.
Dovremmo maturarlo davvero quando si rivolgeranno ai cittadini amministratori: associazioni, portatori diretti degli
interessi che vorranno esser coinvolti. Nel partecipare, concorreranno ad affermare ed al generare la nuova gestione della
cosa pubblica, finalmente si apriranno sentieri straordinari.

Collaborare, collaborare, collaborare

Credere in una collaborazione per canalizzare, collaudare, capire e certificare processi in cui i cittadini sono i protagonisti.
Così come non farci prendere dalla distinzione dei ranghi, ma dalla precisazione degli obiettivi, dai ruoli, dalle competenze,
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dalle idee e non dalle persone. Soprattutto saranno gli strumenti a decidere le sorti di queste esperienze. Ad essi occorre
ricorrere per l’affermazione delle esigenze fondamentali del vivere assieme. Siamo sicuri che prima lentamente ma
sempre più, diverranno decisivi del cambiamento in atto, e di tutto quel che presto crescerà.
Occorre rendersi conto di ciò che abbiamo tra le mani. C’è con noi un carico innovativo che segna con questi nuovi
requisiti la democrazia. Significa mettere a coerenza tutto ciò che ci siamo detti in questi anni. In diversi contesti e in
diverse realtà, sapere dover risiedono le ragioni del convincimento. Ricordarci che non decide un metodo, ma una
pluralità di modi differenziati, con cui si possono svolgere tante azioni amministrative senza scendere dalla linea
partecipativa.
Lavorare con celerità e senza contrasti, senza duplicazione e senza sovrapposizioni, diverrà decisivo. Per questo nessuno
deve sottrarsene, tanto meno alcuno si deve sentire escluso, tutti possiamo e dobbiamo contribuire.
I primi 100 giorni saranno cruciali per dare l’idea di amministrazione, che si vorrà condurre. Il tempo necessario per
precisare quel che possono i cittadini e quel che fanno le amministrazioni del movimento.
Costruire consapevolezze che potrebbero tracciare i nuovi scenari con cui si amministrano i comuni a cinque stelle deve
rinvigorire il coraggio. Fare emergere esperienze locali, con il contributo degli attivisti, con il coinvolgimento dei cittadini,
sapendo che possono divenire delle migliori pratiche. Ci daranno indicazioni e finalmente diverranno proposte concrete
che potranno sciogliere la tensione e soprattutto le attese cumulatesi. Saranno il carburante delle politiche. Per produrre
un all’allestimento di decisioni cariche di straordinario entusiasmo.
Il coinvolgimento di cittadini e degli operatori, delle associazioni nella definizione dei progetti. Non potranno che
accrescere le responsabilità che il movimento riuscirà ad attivare. Nel determinare nuovi indici positivi per la democrazia
essi segneranno un nuovo stile, sottolineato dalla nuova concezione della politica, e dai modi cortesi.
Non basta il dato coreografico, tutti potranno vedere crescere come maturano le decisioni, il processo di trasparenza
chiarirà le tipologie di azioni che ci conducono alle svolte. Potenzierà la fiducia. Seminando i cosiddetti feedback concreti,
presso le comunità, presto assisteremo a processi partecipativi e al monitoraggio delle scelte compiute, che rifletteranno
sui territori nuove mode come l’onestà..
Di fronte ai fenomeni di auto-organizzazione, con cui si copre l’intero ciclo della creazione delle politiche, la scelta delle
azioni, la dimostrazione dei risultati (out come), potranno fornirci lo scenario dove restituire il primato della dimensione
collettiva, anima del movimento in Sardegna.
La sostenibilità non diverrà soltanto ambientale ma economica e soprattutto sociale e finalmente politica. Attraverso un
nuovo passo che impronta la presenza dei cittadini, nella gestione dell’interesse pubblico, segnerà decisamente il
cambiamento.

La novità

I singoli percorsi di partecipazione, che ogni nuova amministrazione potrà attivare saranno oggetto di interesse del
movimento. Alle amministrazioni ai quali faccio tutti i miei auguri, non si potrà negare la fiducia, perché essi potranno
conferire maggiore legittimità e una maggiore integrazione con l’azione politica di tutto il movimento. Di fronte alla
complessità dei sistemi di gestione amministrativa; il rispetto dei tempi, la misura delle decisioni, la quantità delle risorse,
la risolutiva azione a disegnare e articolare le nuove gestioni, qualificherà la cifra politica del governo a 5 stelle. Il rumore
di fondo, sarà nutrire il coinvolgimento dei cittadini che finalmente potranno esprimersi e metabolizzare nuovi equilibri di
condivisione.
Gli approcci integrati e intensamente disciplinati, diventeranno consapevolezza. Il valore dei modelli partecipativi si
scandaglieranno come pane quotidiano. Vedremo come divengano plurali e soprattutto adatti al contesto che si va
amministrando. Aldilà delle teorie e delle pratiche deve risaltare il nuovo stile in cui la sintesi deve innalzarsi oltre gli
interessi specifici.
Per questo e per altro, vorrei contribuire, da qui. Direte alla distanza giusta per non sporcarsi le mani, ma anche alla
distanza giusta con cui si possono leggere e soprattutto rilanciare indicazioni di fondo. In libertà, ma con il rispetto per gli
amministratori parecchio indaffarati. A parte l’ironia, ai nuovi amministratori, ai giovanissimi cittadini amministratori
faccio gli auguri più concreti, a Paola, Maria Itria, Giuseppe, Maria Teresa, Roberto, e tutti gli altri chiamati alla
responsabilità. Mi rivolgo con questi contenuti che pure possono apparire scontati. Ma che credo potrebbero essere utili
prima ancora di polarizzare le proprie posizioni, prima ancora di armare gli scontri con gli avversari, spero sempre meno
dentro il movimento. Serviranno corredare oltre che lo stile in cui tutte le sedi anche dai ruoli dell’opposizione; la creatività
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in progetti, percorsi e soprattutto spazi di discussione per i cittadini, sarà la scelta del Movimento che ci darà una varietà di
metodologie.

Una seconda fase

Quella delle amministrazioni a 5 stelle in Sardegna (altrettanto che a Roma e Torino e nelle altre città, come nelle nostre
comunità di Dorgali e Carbonia e nei numerosi altri comuni dove stiamo all’opposizione) lo ricordo a tutti, è una seconda
fase troppo importante, non possiamo fallire. Non mi appassionano le sfide personali, quando non hanno un’accezione
morale, non è una distinzione fra buoni e cattivi, ma tra chi agisce per legittimi interessi privati e chi per l’interesse
generale. E’ il momento in cui si deve dare connotazione ad una pratica non ad uno status. Una pratica bella ha il
perseguimento dell’interesse generale, sapendo quanto per il movimento ha importanza, quando ha che fare con il
governo della società ogni relazione. Lo avrà anche con il più minuto dei provvedimento.
Penso che le polemiche abbiano ormai riscosso e assorbito fin troppe tensioni e fatiche (alle prime esperienze). Si tratta di
dare equilibrio ai processi partecipativi ed una metodologia come la cooprogettazione diviene strategica. Per il modo in
cui si può svolgere la matassa. In generale occorre essere consapevoli che si agisce in un contesto di ruoli differenziati, in
cui la realtà cammina. Per animare il contesto nel quale il movimento deve crescere in tutte le direzioni servono impegni
concreti.
Credo dopo una lettura approfondita, saranno maggiormente consapevoli tutti coloro i quali hanno sentito e sentono la
curiosità per la bontà del metodo, magari da alcuni già conosciuto. Chi lavora o vive nel terzo settore (volontariato), da
tempo persegue e utilizza queste metodologie di progettazione. Sa quel che esse esplicano: sul piano dello sviluppo di
abilità, l’accrescimento del capitale sociale complessivo, l’estendersi delle economie sociali.
Il metodo o i metodi richiamati guardano a quelli seguiti nella redazione della proposte di legge dei nostri portavoce. Sul
piano locale modalità simili si troveranno in numerose altre modalità, con cui assumere le decisioni amministrative. Con la
differenza che sul piano locale, si riveleranno voci e opinioni di una sfera ridotta. Ma che saranno davvero centrali per la
messa alla prova dell’ascolto: una funzione politica a cui va rivolta, una enorme attenzione. Dietro a questa sta e riveste
una funzione e per coloro amministrano, certo più attiva per consolidare la conoscenza più vicina e più diretta verso gli
amministrati.
Dunque secondo uno schema molto semplice vediamo i passi decisivi per questa modalità partecipativa.

Cooprogettare

Innanzitutto come primo punto occorre dire che deve essere garantito l’accesso dei cittadini alle info amministrative. Lo
si deve compiere con la trasparenza. Le vie e i canali aperti alla partecipazione devono essere molteplici. Ad una
amministrazione a 5 stelle si richiede che essa abbia una capacita di disegnare un quadro nuovo, da informazioni condivise,
da partecipazione garantite. Dialogare, far sapere e spartire la conoscenza. Per facilitare la distinzione e la riflessione.
Oltre che adeguare stili comunicativi in tutte le situazioni.
Secondariamente sarà utile avere chiaro il quadro o il ventaglio dei programmi entro i quali far ricadere le azioni
partecipative. Qualificare le diverse politiche settoriali siano esse quelle sociali culturali ed economiche etc..
Come terzo obiettivo invece saranno le abilità tecniche di raccolta delle sollecitazioni in particolare quelle attraversate
dal primato della sintesi. Schematizzare queste ci permetterà di svolgere esperienze capaci di consolidare cornici
analitiche e funzionali. Attivare processi, gestire il loro impatto con i cittadini e superare le difficolta che si possono
sviluppare.
Servono per questo le interazioni costruttive, metodi che aiutano i partecipanti a interloquire tra di loro e a ricercare
conclusioni interessanti per tutti. Organizzare e gestire una processo decisionale inclusivo, non sarà semplice. Per questo
sarà figlio di tecniche della risoluzione dei conflitti, ovvero dei metodi pratici che con lucidità affronteranno le questioni
controverse.
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Queste esperienze di grande consapevolezza, racconteranno la bontà di questi percorsi di ascolto, che vanno differenziati
attraverso figure e competenze, assegnando ruoli capaci di restituire metodi decisionali.
Solo in questo modo possiamo entrare nella concretezza del processo, cioè grazie a chiari ed iniziali obbiettivi politici. Si
avvierà una pratica capace di farci conquistare delle decisioni assieme ai cittadini.
I percorsi di consultazione e soprattutto di coo-progettazione veri e propri, non dovrebbero mai vanificare la delicatezza
del momento. Fin dall’inizio la partecipazione dei cittadini più comuni che hanno ruolo e peso in tutte le fasi nei processi
decisionale, deve essere rispettata. Il tragitto verso le decisioni con i nostri portavoce locali, è bene che avvenga in un
clima di grande consapevolezza.
La metafora di un asse che riflette anche azioni globali in cui non si dimentica mai che in esse si trova il retroterra di
esigenze, che si calano dentro gli scenari regionali e internazionali. Non può dimenticare che si tratta di andare a
consultare i cittadini e gli stakeholder piuttosto che aspettare che essi vengano da noi. Si inverte la direzione politica. I
cittadini datori di lavoro, costringono. Noi non possiamo ignorare questo grand’angolo, li cerchiamo perché essi sono
capaci di tenere dentro i particolari, dentro le ristrette situazioni periferiche anche le categorie globali.
Nella gestione dei fenomeni amministrativi, è bene sapere che sul piano normativo un oggetto decisionale è partecipato
da più istituzioni, che non rendono solo più articolato il ragionamento. Talvolta evidenziano i vincoli ma potrebbero anche
esaltare le soluzioni. Cosi come sul piano sociale tutto serve a comprendere i livelli di responsabilità. Quanto ci forniscono
indicazioni per gestire i servizi inscenati dai macrofenomeni o dai micro fenomeni, essi si riflettono nella quotidianità. Per
questo dobbiamo sapere che si dovrà tenere in questa lettura una conduzione equilibrata verso i bisogni, anche per quelli
non semplici da intercettare, anche per quelli non espliciti da far emergere.
Non occorre meravigliarsi, noi ascoltiamo i cittadini, noi troviamo il modo di far ricadere nelle decisioni amministrative i
concetti tratti dalle loro indicazioni. Esse proverranno dalle carte dei diritti, dai manifesti in cui sono presenti i principi
nuovi sulla materia, dalle strutture di ascolto, dall’attività di consulenza e di assistenza.
Dalle numerose opzioni su cui spesso attivisti ed esperti si sono esercitati, ne potranno trarre ispirazione. Buone
considerazioni date dal monitoraggio e dalla produzione di dati e informazioni. Dalle azioni simboliche degli attivisti, dalle
numerose azioni di sensibilizzazione e informazione. Fino alle info di prossimità, non saranno considdrate dalle stesse
dialettiche e dalle stesse abilità nella gestione dei conflitti. Dalle criticità emergenti dall’apprezzamento della creazione di
nuovi servizi. Dai tavoli informali e non da quelli “personali” o da quelli “pseudo politici”. Mai, neanche da quelli rituali
sempre governati da decisione occulte. Bensì da una attività di partecipazione nuova.

La “partecipazione popolare”

Nel recente passato, aver comminato riti e liturgie ormai tanto vecchie e inutili, quanto desuete. Anche nelle periferie ci ha
reso evidente quanto accade al centro. Rivelate queste scelte, dimostrato di aver incancrenito situazioni alle quali i
cittadini si sono ribellati. Per tutti si è qualificato il distacco. Per il quale non si tratta soltanto di respingere i tentativi, di
farli rientrare dalla finestra. Al fine di produrre ancora una volta la solita cornice o l’approccio tecnico o burocratico.
Crediamo che la pubblica amministrazione con grande consapevolezza di tutto ciò, se non sorvegliata, cerchi ancora di
farle discendere sulle comunità. Naturalmente in barba alle emergenze diffuse.
Quello che non è più considerabile di questo agire, è che non ha dato risposte e soprattutto non ha messo in gioco i
cittadini. Più di tutto, noi qui lo intendiamo evidenziare non ha fornito itinerari con cui andare verso decisioni utili.
Non è più così da quando ci siamo mobilitati e da quando si è dato origine alle stesse reazioni con cui è nato il movimento.
Rispetto a queste modalità dunque abbiamo un campionario di approvazioni e di pratiche dalle quali allontanarci.
Tra le tante derive del sistema dei partiti politici con cui oggi si declinano ancora le ultime forme organizzate della politica:
da gruppi “politici” a quelli “familiari” e “personali”.
Forme con le quali i partiti hanno cercato di recuperare un modulo decisionale che ricorre alle assemblee consultive. Si
tratta di esempi che hanno dato sempre poco spazio e hanno avuto oggetti fuorvianti. Anzi utili ad ogni approccio di
prevaricazione, occasionali quanto avezzi alle decisioni interessate per i gruppi di potere.
Mentre numerose valutazioni sui percorsi decisionali, che ricorrono invece a metodologie diverse e spesso intersecano
anche i livelli istituzionali. Per le quali il sistema dei partiti non si è reso estraneo, anzi con loro ne ha accentuato la
pesantezza e i vizi.
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Pur di ottenere delle scelte conclusive, spesso ha imposto lungo i percorsi, ogni genere di atti che avessero condotto verso
quanto venisse prefissato. Ignorando i bisogni e soprattutto sottraendosi alle urgenze e alle programmazioni: a quanto
prescritto, cioè a scelte non interessate.
Con loro l’informazione è stata puntuale, giocando un ruolo non criticamente avvertito. Parteggiando e svolgendo la sua
parte in sicure direzioni. Spesso esercitandosi verso obbiettivi faziosi e strumentali.
La stessa comunicazione istituzionale nella sua letteratura, ha concorso, talvolta orientato, con criteri estranei ai diretti
interessati. Altalenando tra tecnica e genericità, creando contesti nei quali la corruzione e il malgoverno ha piantato radici
non facili da scardinare.
Aiuti in questo marasma di percorsi decisionali, si sono avuti anche da parte dei cittadini. spesso nel parlarsi addosso.
Anche nel movimento qualche volta prevalgono, non sempre per fortuna, fughe in avanti o ritiri nel privato come spesso
accade dopo che si è ricorso alla polemica. Le elaborazioni decisionali invece richiedono l’apporto di tutti.
Le liste 5 stelle finalmente nascono e si relazionano, in reazione a queste pratiche, segnalandosi per delle occasioni
concrete. Prima di questi incubatori di partecipazione, e prima che i cittadini avessero deciso di mobilitarsi. Si sono scontati
processi frustranti e penalizzanti. Fino a quando nel passato recente affacciati come comitati, gruppi di amici, Liste civiche,
meet up, ed ora esperienze certificate per amministrare, solo allora è cresciuta la critica di quelle forme, sperimentando
percorsi numerosi con cui cercare i miglior modo di produrre le decisioni.
Così rispetto alle mobilitazioni sugli inceneritori, sui termovalorizzatori a difesa dei monumenti ambientali, territori
agricoli etc. gli attivisti divenuti pubblici amministratori, non nasconderanno le problematicità che complicano le scelte.
Soprattutto quelle connesse alle difficolta con cui associarsi, nell’opporsi e nel proporre soluzioni. Finita l’azione dei
partiti, per queste forme nuove di partecipazione si è accresciuta l’azione mobilitante. Quella che non dobbiamo deludere.
Talvolta i vicoli ciechi è bene illuminarli e dare loro sbocco, oppure avere l’umiltà di ripercorrerli da capo per capire gli
errori.
Nella ricerca della condivisione, si rinvengono numerose modalità di vicinanza con i cittadini. Dalla raccolta fondi, alla
mobilitazione di risorse tecniche, la raccolta delle firme e la ricerca delle adesioni, entro sfere legali le numerose azioni di
critica e di boicottaggio,. La certosina raccolta e la diffusione di buone pratiche, più di tutto la conoscenza e la formazione
dei livelli nuovi di innovazione della pubblica amministrazione, la creazione di associazioni e network, assieme ad un uso
oculato del web e alla conoscenza delle dinamiche dei media.
Sono queste attività che ci hanno fornito principi nuovi come una nuova sussidiarietà del decisore rispetto all’oggetto che
esso amministra. Facendo discendere quale esito di una pluralità di contributi, questa nuova progettualità. La scelta della
inclusione e del potenziamento dell’intelligenza, trasformerà secondo noi quel che potrà ancor di più capovolgere il ruolo
attuale della politica, fuggendo ancor di più le vecchie forme.
Internet e i social hanno moltiplicato le intersezioni, le mobilitazioni, le tante azioni legali, ridefinito i protagonismi oltre
che accresciuto le modalità che attraversano gli spazi e i luoghi per accelerare e per migliorare i tempi del passato. Ogni
frustrante mobilitazione sperimentata diverrà lievito e potrà elevarsi a decisione.
Le assemblee pubbliche quale massimo strumento democratico, sono state in questo senso la cartina di tornasole con cui i
partiti hanno tentato un recupero rispetto alle pressioni dei cittadini.
Esse rappresentano il naufragio del modello dal quale dobbiamo allontanarci. Spesso lo abbiamo sentito: nessuno
partecipa. Quando partecipi ti senti inutile. Non solo c’è l’abitudinarietà. Anche alla mobilitazione massiva, si associano
delle giustificazioni, utili per deformare il ventaglio di una partecipazione numerosa. Le sintesi non davano mai conto, delle
conflittualità. Invece in esse si generavano e talvolta si negavano persino i dissensi Gli esiti di tutto questo spesso erano
lunghi interventi organizzati, grande ascolto passivo, poco confronto e niente dialogo.
Risultato: una confusione dettata da opinioni disparate. Sintesi interessate. Polarizzazione delle posizioni, fino alla
frustrazione complessiva. Dalla quali si usciva sempre più depressi. Tanti i cittadini che lasciavano. Abbandonando il loro
protagonismo prosperava e prosperano la corruzione e le clientele.
Ridotte le sane motivazioni come anche spazi partecipati affatto agevoli, per approfondire per spiegare progetti e
strategie etc. L’assenza di una agenda precisa, talvolta non ci ha regalato neanche dentro i meet up, dispositivi
indispensabili a perseguire obbiettivi chiari. Tempi circostanziati e riscontri del lavoro svolto, oggi assicurano nuove
pratiche che invece possono fare il resto.
La definizione organizzativa sempre in affanno, non ha previsto nemmeno l’approfondimento e la condivisione di molti
momenti di crescita. L’assenza di visualizzazioni schematiche o scritte, finisce per impedire una discussione trasparente e
diversificata, priva di storicizzazione. Mai adeguata alla crescita delle relazioni e degli approfondimenti.
Così come altre dinamiche conosciute come quelle del dad cioè Decido, Annuncio, Difendo. La famosa vecchia logica del
centralismo democratico transitato o meglio sempre attivo nel PD. Ha rappresentato le modalità con cui si sono creati
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gravissimi vizi e suscitate aspre polemiche. Discendono da tutto ciò, scelte inconsulte. Difese poi a oltranza, ora si aprono a
scopiazzature, per non riconoscere gli errori sul reddito di cittadinanza. Più di tutto accrescono l’allontanarsi delle persone
dalla gestione democratica delle amministrazioni, lasciando maturare autoritarismi e unilateralità. Se non veri e propri
gestioni privatistiche della cosa pubblica.
La vecchia modalità con cui il solito qualcuno consulta i suoi, si impadronisce fin dall’origine del ciclo di vita decisionale.
Sulla base del mandato (auto attribuitosi) ostentando deleghe da fantomatici elettori. Rifiatavano dalla pressione solo nel
decidere, elaborare e conseguire un dato progetto. Spesso concordato solo con pochi amici fidati e magari con tecnici
“personali”. Si conoscevano e ancora si conoscono ad impianto finito. Di questi loro progetti e delle loro decisioni si trova
traccia solo all’annuncio alla cittadinanza, che veniva e viene edotta sempre a cose fatte. Mai considerato il merito e le
competenze, mai verificati gli effetti che ci hanno condotto fin quà.
E’ il metodo delle oligarchie e delle segreterie dei partiti. Alle obiezioni, si chiudevano a riccio a difendere spesso
l’indifendibile. Convinti e determinati che la decisione originaria potesse superare senza battere ciglio le obiezioni dei
cittadini. I quali pur renitenti e resilienti venivano ritenuti sempre più volgarmente classificati dei rompicoglioni.
Coscienze infelici da fregare, necessarie solo a fornire alibi. Si tratta delle tante modalità con cui le decisioni cercate dai
partiti. Illustrano i metodi con cui aprivano la voragine con la società.
Anche altre modalità hanno reso estranei i cittadini dalle decisioni che li riguardavano. Lo stesso modello Not in my office
non è di mia competenza e un'altra via con cui si sono rese indifferenti le decisioni ad ogni partecipazione, ogni difesa dei
deboli. Sono state via via gli atteggiamenti diffusi e noti come il Non in my back yard, senza recare danni a me. Questa è
un'altra modalità decisionale innalzata, per esse non sono mai state considerati i danni comuni e collaterali.
Questi sono solo alcuni esempi, con cui sono cresciute e crescono i metodi e soprattutto timori che le partecipazioni, i
tavoli di lavoro possono mettere in discussione i pareri. Spesso non assumono tutta la responsabilità del decidere.
Direzioni e orientamenti decisionali resi collegiali, non hanno indirizzato la responsabilità degli errori. Ne suffragato le
decisioni da argomenti o da scelte dottrinarie. Facevano giungere al pettine i nodi mai verificati. Fugavano il timore di
trovarsi di fronte a richieste o ad attenzioni dei cittadini, magari negando l’evidenza di fronte a sistemi più innovativi e più
economici. Opponendo reazioni e alterazioni, si allontanavano dall’impegno che costringeva al distrarsi e ritenere “perdite
di tempo” gli interrogativi dei cittadini.
Per ridefinire invece proprio il ruolo della politica, non pensando hanno continuato ad ignorare i nuovi approcci indotti da
simili pratiche. Non hanno saputo vedere, ne pensare che venissero a generarsi nuovi strumenti. Sono questi strumenti da
noi molto conosciuti che dettano le condizioni di base per le buone decisioni e soprattutto perché provengono dalla
partecipazione dei cittadini. Riassumendo le numerose ragioni fondanti con cui il movimento ha cominciato a chiedere e a
promuovere diritti per tutti.
Per questo è bene essere consapevoli che la trasparenza, la partecipazione, in definitiva il coinvolgimento e la
cooprogettazione sono la risposta implicita a quelle degenerazioni. Costituiscono anzi una risposta integrata con cui si
possono raggiungere appropriate decisioni. Hanno nel loro DNA come occorre considerare quanto i problemi siano
politici, socioeconomici, ambientali, culturali e oggi amministrativi.
Per le sagome dei partiti in agonia ormai piccoli comitati d’affari, che tengono lontano l’impegno disinteressato. Si tratta
opporre loro metodologie che richiedono e non possono che essere visti come risposte nuove a deliberazioni che in se
continuano ad essere amministrative, tecniche, economico sociali, culturali, gestionali innovative….

Un divario da colmare

Il divario tra società e politica, richiede la ripresa faticosa della canalizzazione dell’ascolto e del nuovo protagonismo
individuale e di gruppo da parte dei cittadini. Se di quelle forme decisionali dei partiti che abbiamo evidenziato, I loro i
limiti intrinseci, non contemplavano il saper ascoltare e poi il coinvolgere e rispettare le decisioni della comunità.
Oggi ascoltare i cittadini, i gruppi ed i comitati dei cittadini che si mobilitano, sarà la base dell’etica del comportamento dei
portavoce cittadini. Forme di collaborazione o di resistenza alle speculazioni, devono essere chiare. Dato che alle decisioni
ci si arriva, dietro percorsi talmente preziosi che ogni contrasto, non vale il rischio di compromettere l’esito conclusivo.
Maturiamolo, esso deve guardare alla generalità dei problemi, rilanciare ciò che c’è dietro la pronuncia dei cittadini.
Le nostre amministrazioni non possono permettersi costi sociali ed economici, soprattutto culturali provenienti da cattive
modalità decisorie. Quelle che hanno portato sprechi e clientele.
Dobbiamo accrescere i processi inclusivi e partecipativi, quale stile nuovo con cui precisare gli sforzi che le liste certificate
5 stelle vorranno compiere. Comprese le richiesta di impegno diretto e il coinvolgimento autorganizzato dei cittadini.
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Tanto più dobbiamo rifuggire il pericolo opposto quello di generalizzare i processi partecipativi o le forme di tavoli di
lavoro infiniti, che possono portare verso rischi opposti.
C’è bisogno di chiarezza per gestire l’esistenza di più tavoli di lavoro, c’è ed è vitale l’esigenza che ognuno di questi abbia
una delega precisa. Inutile perdere energie e rischiare la confusione. Non distrarsi nel fare tardi anche quando arriva
qualcuno e magari pretende di ricominciare da capo.
Per questo il livello di partecipazione deve avere continuità e stadi di maturazione per il percorso che condurrà al
traguardo delle deliberazioni. Creare aspettative eccessive potrà essere altrettanto rischioso. Processi decisionali senza
risorse, accresceranno le frustrazioni. Serve lucidità sugli interventi scelti: per i percorsi e per gli esiti e soprattutto per le
dinamiche decisionali. La parte più onesta sta sempre nel far credere ciò che i progetti e le politiche non siano state già
decise. Che si dia per assodata ogni scelta e non si dimostri scarsa disponibilità a modificare o a rivedere certe decisioni. Al
contrario serve la massima attenzione ne vedere da dove giungono le critiche.

Un volo radente, con regole.

Non farsi irretire, né innamorarsi delle cariche, non esibirle ma con decisione interpretarle. Svolgere un vero
protagonismo comunitario, senza ostentare coi pretesti della prassi e delle burocrazie gli annunci. Non innamorarsi delle
soddisfazione estetiche. Vi è il pericolo di adempiere a liturgie senza anima.

Un pò come molte messe nelle nostre chiese. Seguite come una routine ripetitiva, non apportano nessuna credibilità al
messaggio. Non accrescono la stima dei partecipanti, figuriamoci la coesione e la condivisione dei fedeli.
Ciò che vorremmo mettere in evidenza e che ci sono percorsi semplici, per es. un piano di riattazione delle sorgenti locali,
oppure quello dell’assegnazione degli orti pubblici. Altri più complessi come il piano urbanistico o della mobilità urbana,
con cui sperimentarsi.
Individuare tra questi degli itinerari, allontanerà la scelta di esibirsi o tentare vie di fuga dalla responsabilità. Come anche il
rinvio alle assemblee, ai referendum equivoci, alle consultazione riservate a banali scorciatoie partecipative, come limite
delle proprie incapacità, sono modi con cui si può rendere “finto” il processo partecipativo.
Una eccessiva concertazione, che pur essendo nuova e fondante per il movimento, condotta senza regole precise può
dilatare i tempi. Per questo è bene evitare ogni altra comunicazione priva di informazione. Può accentuare la
inadeguatezza delle figure chiamate a discutere. Queste sono solo alcune delle inflessioni critiche nelle quali può finire
ogni processo partecipativo, è bene considerarlo. Prima di ogni naufragio, tenere a mente i tempi di ogni percorso sarà
necessario, questa è una prima regola.
Tutte le politiche, in questi anni sono state oggetto di interesse metodologico e di sviluppo integrato per la ricerca e la
definizione delle priorità, per gli itinerari scelti con cui giungere alla decisione che nelle amministrazioni locali significano:
deliberazioni. Sia che esse fossero quelle rivolte al welfare, alla urbanistica, alle scelte ambientali o per le infrastrutture,
hanno visto provvedimenti ricchi di errori.
Tanti gli approcci e numerose le diverse tecniche, di condivisione dei processi partecipativi. Tutte impongono collegialità.
Tra quelli sperimentati in questi anni, i tavoli di lavoro, il coinvolgimento degli interessi le partecipazioni strutturate, semi
strutturate etc. Insomma dietro tante terminologie, ci sono modalità differenti con giungere ad una decisione. Tutte le
azioni possono corredarsi di possibilità. Le azioni fatte di occasioni diverse, possono esemplificarsi invece concretamente:
con questionari, interviste qualitative, mostre sulle soluzioni cercate, focus di giornate partecipative, laboratori di co-
progettazione, laboratori didattici, ed eventi pubblici, come sovra luoghi sul posto, e passeggiata condivisa con abitanti di
quartiere e cittadini. Deve essere chiaro che si tratta di attività finalizzate ad una decisione condivisa.
Come spesso accade si propongono linguaggi differenziati per obbiettivi identici. Si possono pure associare confusioni se
si trascurano modalità inclusive. Invece con una partecipazione diretta, tutta la democrazia diretta, le consultazioni etc.
non sono altro che vie differenziate ed interessate che il movimento sta conoscendo e consolidando. Con le quali si
possono davvero coinvolgere i cittadini.
Su queste occorre distinguere fasi e livelli di coinvolgimento. Non più di informazione e consultazione formale ma
cooperazione per la individuazione delle soluzioni soprattutto con la creazione di partnership con i cittadini lungo le varie
fasi di lavoro che richiede una deliberazione. C’è un termine per la raccolta dei contributi, un termine per la elaborazione
delle prime bozze, infine il passaggio cruciale per la prima proposta frutto di questo lavoro.
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La casella che noi dovremmo riempire, quella con cui dedicare attenzione alle competenze specifiche ma anche quella
dell’esercizio di capacità integrative, possono rivelarsi di grande impatto per il cambiamento.
Essere consapevoli che il cambiamento è complesso e che si vive a tutti i livelli, designa spazi e soprattutto tempi di coloro
i quali perseguono la volontà di apprestare sempre un lavoro condiviso.
La distinzione teorica, di approccio metodologico di ricerca della migliore risoluzione dei problemi. Oltre che libero,
dobbiamo assumerlo come un dato di certezza, impone tempi e spazi. Sapendo che i problemi non potranno risolversi solo
nei tavoli di lavoro. Bensì considerano le varie modalità che devono caratterizzare la conduzione amministrativa.
Separare da subito le differenziazioni teoriche, mode o elucubrazioni mentali, che pure dovranno avere sedi specifiche.
Potranno aver luogo cioè presso le sedi di ricerca e presso gli spazi appositi che il movimento potrà suscitare sia sede di
consigli comunali, o nei dibattiti, in apposite pubblicazioni e ricerche.
Ciò deve essere chiaro a tutti che ci interessa il processo, i percorsi collettivi, ma anche le decisioni pratiche. Le risposte
alle urgenze dei nostri territori. Quale esito non di minoranze ma di una accorta partecipazione comunitaria. Fondamentale
segnalare con la terminologia e le modalità di azione, con cui le tecniche e gli approcci tempestivi potranno fornire scelte
appropriate. Frutto di pratiche dirette e franche, caratterizzate per chiarezza e soprattutto informazioni critiche adeguate,
potranno far risaltare il confronto svolto.
Sarà soprattutto la certezza con cui il provvedimento decisorio si rivolge alla scelta maggiormente coinvolgente e più
responsabile. A rilanciare le pratiche con cui conquistare migliori decisioni. Efficaci azioni operative per ridare
responsabilità e concretezza alla politica chiuderanno il cerchio.
È vero che il rispetto dei tempi, diviene, il limite più pericoloso. A questo punto il potente strumento di ricerca del migliore
dei processi decisionale implica il raggiungimento degli obbiettivi, in tempi appositi.. Rischiare la perdita dei finanziamenti,
o l’allocazione di nuove risorse potrebbe alterare la coerenza non solo di ogni singolo itinerario ma anche quello del
percorso amministrativo. Così come l’impossibilità del dare ordine alle priorità, costringere al rinvio senza progettare e
sviluppare ulteriori iniziative.
Costi politici enormi, contrasti legati al nervosismo ed alla frustrazione, allo scoramento tra i sognatori e di coloro che
sono più pratici. Potrebbero rapidamente aprire delle voragini. La perdita dell’identità e del senso di unità tra amici,
attivisti e simpatizzanti, è sempre dietro l’angolo.
Il mancato decollo dello stile amministrativo, uno stile nuovo, che lentamente prende una direzione e soprattutto profila
un modo nuovo di amministrare l’ente locale. Richiederà di aggiornare e soprattutto, svolgere, squadernare e qualificare
la capacità istituzionale con saperi e competenze- Stimolando l’innovazione, l’informatizzazione. Anche nelle periferie
questo significa reingegnerizzare i procedimenti amministrativi. Nella processualità politica anche il merito e i risultati
presso i dipendenti delle amministrazioni, come verso la comunità. Potrà garantire il superamento dei conflitti.
La crescita della partecipazione occorre saperlo aumenta la domanda di presenza dei cittadini, nei provvedimenti noti ma
anche in tutti quei procedimenti nei quali ognuno ha una sua modalità e naturalmente una forza normativa diversa, ci
sono le ordinanze e ci sono le delibere, come per es la valutazione di impatto ambientale o la Vas. Gli strumenti di
riqualificazione urbana, i patti per lo sviluppo locale, le politiche sociali. Ognuna di queste decisioni, ha modalità ed
occasioni, situazioni, in cui la partecipazione può essere esemplare. Attenzione perché non si tratta di quanto, ma di come
e di quando portarla a regola.
Come si vede esistono livelli di partecipazione, con cui una maggioranza amministrativa elabora orientamenti e poi avvia il
percorso di coinvolgimento, in cui i cittadini potranno fornire commenti osservazioni critiche a progetti piani e proposte.
Quelli previsti dalla normativa e sia quelli elaborati nelle situazioni critiche che riguardano procedure di mediazione, frutto
di concordie e di accordi locali.
Il quando che si può decidere e questo naturalmente non può essere scelto a caso, ne tantomeno potrà essere banalizzato.
Non necessariamente si svolgerà alla fine. Conoscendo gli interlocutori può avvenire in ogni fase di elaborazione del
processo partecipativo etc.

Avviare un ciclo

C’è un ciclo nel quale prende avvio l’itinerario per una decisione amministrativa su un certo tema. Esso può essere allestito
fin dall’inizio e va corredato anche durante e dopo la presentazione della proposta.
Mai prima e cioè nella fase di elaborazione, pur avendoli presenti si può partire anche con un taglio tipico della genericità.
Ovvero può apparire gratificante se vi è il richiamo formale ai fondamenti del movimento, il non statuto, la carta di
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Firenze, i doc sugli enti locali, le proposte di legge dei portavoce etc. da cui traiamo i principi, ma nel caso concreto sarà
bene richiamare l’oggetto con una introduzione normativa specifica, non lasciando sullo sfondo questi doc citati.
Cioè lungo la linea che corre dalla fase di progettazione all’attuazione del percorso, i portavoce si troveranno nell’accordo
generale, per individuare le loro sedi e le occasioni comunitarie per attivare davanti a tutti il coinvolgimento necessario dei
cittadini.
Con una iniziale informativa generale di introduzione al tema, parte il coinvolgimento, l’ascolto le iniziative dirette, sù su
fino alle iniziative di terzi.
Saranno i cittadini che dietro la informazione e con eventuali doc appositi possono essere impegnati e coinvolti. Si tratta di
una comunicazione che deve essere chiara. Così come questo metodo può e deve superare le note criticità. Anche quelli
che insorgono dalla scarsa collaborazione e coordinamento fra enti; in attuazione di modelli organizzativi verticistici. Oltre
la scarsa abitudine al ciclo di vita delle deliberazioni; che nascono e crescono, si rinnovano. Scetticismo diffuso non solo dei
cittadini ma dei tecnici e dei professionisti, con la delegittimazione dei ruoli, spesso riducono in niente decisioni
coraggiose.
Assenze di risultati tangibili, con atteggiamenti poco costruttivi e poco propositivi, ricreano la mancanza di condizioni
favorevoli. Non sono affatto la premessa a decisioni a più livelli e con il coinvolgimento dei cittadini. La consultazione dei
progetti con gli operatori. Implica la rendicontazione di fase. Cioè durante le fasi, possibilmente si fa il punto attraverso
relazioni scritte, dando conto della evoluzione. Ma accompagnando il processo partecipativo con una trasparenza molto
efficace, raccontano tutte le difficolta presenti.
Questo modo di procedere se migliorato costantemente può davvero rappresentare l’amministrazione a 5 stelle giorno
per giorno. Che non vede più la delega tra elettore ed eletto. Non attende la scadenza elettorale per la valutazione.
Si tratta di una modalità nuova di amministrare in cui circolano le informazioni, si coinvolgono i cittadini si coinvolgono gli
operatori si considerano le varie fasi decisionali del procedimento amministrativo.
Attivare la cooprogettazione, la partecipazione determina per tutti l’apprendimento di nuove modalità di confronto tra
cittadini e le dinamiche che creano la integrazione operativa dei diversi soggetti. All’insegna del percorso decisivo per
l’azione e soprattutto per una maggiore inclusione sociale e culturale dei cittadini.
La convenzione di Aarhus che delineava la chiave dei nuovi processi di cooprogettazione. Richiama come si possa insieme:
garantire la trasparenza e le informazioni necessarie alla partecipazione. Estendere le condizioni per l’accesso, alla
giustizia e in ogni materia, nell’ambiente, nei servizi sociali etc..
Dobbiamo ribadire che tutto ciò non avviene per definizione bensì per i tanti aspetti positivi con cui avvengono questi
processi. Cioè per ciò che riversano i vantaggi: sul piano culturale, relazionale, organizzativo gestionale, del risparmio, sul
piano professionale e comunitario.
Gli svantaggi e le criticità in cui i partiti cercheranno di risucchiarci presso i loro vicoli ciechi, si produrranno da azioni
trasversali e speculative a cui tutti i processi di partecipazione sono legate. Stanno qui tutta una serie di ostacoli con i quali
si appressano ai percorsi le difficolta che si connettono alle modalità decisionali.
La perdita di tempo, tempi istituzionali troppo lunghi, incideranno nel far accrescere i problemi di comunicazione. La
scarsa fiducia e gli scetticismi. Una scarsa collaborazione, scarso dialogo ed uno scarso confronto
Peseranno sulla mancata abitudine al lavoro di gruppo. Incideranno sulla scarsa esperienza nel gestire le criticità. La
resistenza al cambiamento impone e richiede pazienza e lucidità.
Processi decisionali diffusi ed una comprensione delle modalità di lavoro, accresce la responsabilità della pubblica
amministrazione occorrerà lucidità costante presso i cittadini. Serve da subito una organizzazione adeguata a superare
conflitti pregressi, a coprire lo scarto tra risultati attesi e ricadute concrete.
La mancanza di risorse umane ed economiche adeguate per tutto il processo di coinvolgimento dei cittadini, porterà a
scaricare i limiti partecipativi sugli strumenti amministrativi, per l’assenza di competenze professionali presso la pubblica
amministrazione e presso la stessa maggioranza amministrativa.
Potremmo respingere tutto ciò se acquisiremo un estremo pragmatismo, capacità ed elasticità mentale per superare ogni
difficoltà.
Allo stesso modo, proprio per superare le tecniche pregiudiziali o quelle economiche, le richieste generiche o le
aspettative di tutto subito. Sarà indispensabile una consapevolezza sulle risorse degli strumenti e delle opportunità di
cambiamento. La prevalenza di scorciatoie, sarà l’esito della scarsa consapevolezza sul risultato. La inadeguata valutazione
dei vantaggi che emergono, dal coinvolgimento.
Sono solo alcune comprensibili dinamiche, con cui è bene che il movimento rilanci quanta attenzione sia necessaria per
condurre o per far giungere a decisione un processo partecipativo. Gli è necessario però apprendere e accrescere lo
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scambio delle informazioni. Noi siamo fiduciosi se si crea quel coinvolgimento empatico, capace di conoscere e riconoscere
ogni gratificazione ed ogni mancata elaborazione dei propri progetti. In cui però vale molto il rispetto delle evoluzioni in
cui sono definiti ruoli ed organizzazione.
Per tutti spero prevalga la bontà e la capacità di dare risposte ai cittadini, solo in questo modo con le amministrazioni a 5
stelle si consoliderà un idea. Aver dato inizio ad una rivoluzione, quella di una cittadinanza attiva.

Attivare i processi partecipativi

Di fronte alle prime vicende amministrative del Movimento cinque stelle in Sardegna, l’allargarsi della sua presenza. Con
consiglieri eletti presso molte amministrazioni, l’elezione dei nuovi sindaci chiamati a responsabilità enormi. Credo spinga
tutti coloro che possono concorrere a contribuire alla gestione complicatissima degli apparati amministrativi. Questi
possono rifarsi ad uno strumento di ricerca delle soluzioni di vicende semplici quanto complicate. Non siamo più e soltanto
alle pioneristiche quanto accesissime prime amministrazioni, le modalità partecipative potranno dirlo. Serve a tutto il
movimento rilanciare ciò che si apre con le nuove vie e possibilità per i cittadini.
Se la mancanza di elaborazioni teoriche e soprattutto l’assenza di dialettiche esperienziali, tra amministrazioni stesse. Non
ha permesso l’accendersi di alcun dibattito sulle pratiche di coinvolgimento dei cittadini. Soprattutto per quel tasso di
passione e di contagio necessario a stabilire e fondare una discontinuità con il passato.
La comparsa di decisivi eventi amministrativi che non possono dare risposte soltanto alle tante emergenze, ma potrebbero
allargare l’impatto con i bisogni e soprattutto apprestare le decisioni frutto delle riflessioni di un processo. Come
abbiamo visto ciò deriva fondamentalmente dall’attivazione di dinamiche condivise con cui questo processo porta alle
deliberazioni.
Insieme a queste esigenze pratiche c’è la domanda dei cittadini che accresce l’estendersi dell’influenza e della messa alla
prova concreta del movimento. In questo mondo nuovo, modalità come la Coo-progettazione, ma anche molteplici altre
forme partecipative, il rimbalzo dei social, etc. potranno dare la cifra della concretezza del governo di citta e di metropoli
che il movimento ormai sventaglia con una premura e una ricerca di soluzioni e occasioni per discutere. Adesso assieme ai
cittadini si può trovare la soluzione a qualsiasi scelta amministrativa, oltre che un programma di opzioni innovative e
avvincenti troviamo costitutiva la nuova stagione affascinante che il movimento sta vivendo.
Credo sia utile allora proporre questo modestissimo itinerario riflessivo, che ponga attenzione ad una preoccupazione
nuova e diffusa. Convinti che il momento sia delicatissimo, per quel che passa nel bailame amministrativo, nelle sue
urgenze ed emergenze per tutti gli imprevisti che possono ingenerare confusioni e criticità. Accrescere persino false
aspettative rispetto alle attività, ai ruoli ed ai risultati che si vogliono raggiungere. Io sono convinto si possano prevenire
se tutti insieme invece possiamo corredare di curiosità e di ricerca questo dibattito.
Così ho scommesso che riusciremo anche con poche pagine ma soprattutto con l’attenzione necessaria a impedire che il
percorso amministrativo sia fitto di insidie.
Per questo da subito occorre essere consapevoli: quanto ogni progetto di partecipazione e coo-progettazione vive diversi
momenti. Come nelle stagioni, è un organismo che ha in sé un ciclo biologico. Convinti che la sua vita porti ad una
decisione rivelatrice di più attività.
L’attenzione verso le opinioni i pareri e le collaborazioni dei cittadini induce a un metodo amministrativo che non
sopravaluta soltanto gli obiettivi ma considera fondamentali anche i processi necessari a raggiungerli. Far conoscere,
ascoltare e poi a far risaltare, le scelte, in un momento come questo svela tutta l’azzardo che si accompagna all’impegno
profuso. Segnala quanto non sia scontato che le prime impressioni siano affatto sottovalutabili.
Occorre essere consapevoli che tutto potrà accadere se si assumono, di volta in volta, significati distinti. Nel registrare i
processi di partecipazione se, si è attenti al riverbero sulla comunità e i suoi cittadini, si potranno consolidare gli effetti.
La diversità dei livelli partecipativi per rendere chiaro in ogni situazione, il ciclo di vita dei progetti. Deve indurre a istruire
assieme ai partecipanti un modo originale e trasparente, in ogni aspetto e fin dalla prima fase di promozione, l’iter
decisionale anche per questo occorre considerarlo come esito di più contributi.
In questo senso è fondamentale affinché i cittadini siano informati. Che da quel momento in poi potranno essere
consapevoli delle opportunità del processo a cui sono invitati a dare il loro contributo. Devono rendersi conto tutti, di
quanto sia utile. Quale accadimento proviene dalla misura e dal parere di ciascuno, quanto diverrà determinante nella
forma e sul merito delle decisioni finali questa partecipazione. Gli amministratori dovrebbero avere ben chiaro ciò che con
franchezza sta nel ruolo rivestito dai cittadini, le associazioni etc..
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Così come occorre considerare quali invece sono le opportunità, con convinzione ci dobbiamo battere per ricercare gli
effetti che pervengono dalle offerte dei singoli alla partecipazione e alla cooprogettazione. Saranno queste attività che ci
porteranno ai risultati che indicheranno quale sia il gioco e quali responsabilità risalteranno dagli apporti evidenziati.

Distinguere i livelli di partecipazione

Occorre essere consapevoli che la cooprogettazione può svilupparsi con modalità differenti, fin dalla progettazione.
E’ un processo che si articola nel quale il movimento che finalmente guarda al fatto che non è più il cittadino a dover
dimostrare la propria legittimazione a conoscere, ma che c’è una dinamica nuova con cui si attribuisce valore alla
informazione. Il diritto di conoscere deve essere motivo per rilanciare una azione trasparente globale, che afferma il
diritto di conoscere come si adotta una decisione e soprattutto quali siano le priorità in esse indicate.
Ad esse si affida la pubblica amministrazione spesso con la dimostrazione e l’esistenza di ragioni che ostano e che
impediscono di accogliere l’istanza del cittadino. Possiamo invece invertire il percorso cioè è la pubblica amministrazione
ad aver l’onere della prova che non sia una buona soluzione quella suggerita. Le tante azioni di Open government parlano
della famosa relazione con cui occorre ricostruire e un nuovo rapporto fra cittadini e istituzioni. Questo naturalmente può
essere realizzato solo se è garantito il diritto a conoscere, se la conoscenza diviene lo strumento per allargare la
democrazia e la libertà. Per accrescere la partecipazione e la legittimazione dell’operato delle amministrazione servono
dunque azioni di informazione decisive.
Capaci di assicurare la presenza dei cittadini. Entro una processualità che nasce con un documento proposta, cresce e si
sviluppa durante e dopo l’approvazione del provvedimenti.
Proprio da questa semplice informazione iniziale essa può dar luogo ad un vero e proprio empowerment (presa di
coscienza) degli attori locali. Per questo, questa modalità decide della novità delle amministrazioni a 5 stelle. Le info per
questo è bene farle partire da subito con un grande momento di spiegazione !
Questo significa che l’amministrazione, intende produrre un processo partecipativo su una o più scelte. Quando deve
fornire indicazioni e raccogliere opinioni su una politica e su di un progetto che intende realizzare. Così deve mettere a
punto l’analisi, le valutazioni così come può indicare le decisioni seppure generiche verso cui si potrà giungere.
Lo può fare sulla base di un documento o di una riflessione introduttiva o proposta. Per mezzo di un intervento corretto e
illustrativo della questioni che si dovranno toccare, tale quale quelle che si è avuto modo di leggere e partecipare alle
proposte di legge in Parlamento.
Dietro un impianto normativo ma anche dei bisogni deve emergere il dibattito. Ci si rende conto subito dell’impatto che
viene a generarsi con gli attori coinvolti e che intendono coinvolgersi. Cosa essa rappresenti e quanto possa costituire una
opportunità positiva, per le novità e per la globalità della decisione. Soprattutto per la varietà di opzioni che potranno
confluire in essa, grazie al contributo di tanti che allegano testi o interventi sul tema.
Non si tratta, dunque, di una decisione, cioè di una delle tante deliberazioni su oggetti banalissimi. Ma di un avvicinamento
ed una iniziale condivisione dell’idea oggettuale importante e significativa, con cui tutti gli attori si esprimono e tutti si
ascoltano. Tutti devono sentire la bontà di questo processo. Quanto stia tra le opinioni e i pareri dei cittadini l’opportunità
di influenzare le decisioni, quanto essa transiti attraverso le informazioni e le opinioni che ognuno fornisce. Per questo la
partecipazione, contempla un’analisi dei problemi.
Dietro di essa prende corpo e ci sta ma in embrione l’elaborazione delle soluzioni amministrative. Quanto si definisce
assieme e la cooprogettazione avverrà grazie alla partecipazione farà emergere una scelta congiunta tra i diversi cittadini e
l’ente pubblico.
Ovviamente il tutto si coglie immediatamente dall’intensità e dall’equilibrio, dal modo in cui si promuove il
processo/progetto. Si tratta quindi di saper gestire una canalizzazione dei pareri, proposte, suggerimenti. Grazie al
Movimento ed ora alle amministrazioni che dirige finalmente i processi amministrativi convergono verso impegni
decisionali che per la loro maturazione a più voci saranno realizzazioni di tipo multidisciplinare.
Cioè dovute in base a conoscenze, in base a competenze, in base alle risorse e soprattutto in base alla responsabilità dei
singoli. Ora sono le voci dei cittadini che si vedranno coinvolti, quelle con cui gli amministratori verranno chiamati a
gestire, oltre che ad esprimere le loro opinioni.
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Mentre la fase di empowerment, prende corpo i cittadini portavoce potranno e dovranno dimostrare capacità e abilità
diverse per gestire autonomamente progetti a cui hanno concorso, spesso in collaborazione con la cittadinanza, ma senza
alcun dubbio con tutta la lealtà del movimento.
Nel momento di analisi e ascolto si potrà finalmente vedere con quanto impegno il movimento stia svolgendo in ogni
esperienza amministrativa l’attivazione di questi percorsi.
In generale si può comprendere proprio in questo frangente quel che sta nel primo livello di partecipazione, cioè che non
è la solita seppur diffusa azione consultiva. In fase di pre-avvio di ogni singolo intervento del piano di settore o messa
insieme di strategie da elaborare. Si darà luogo proprio a processi democratici e di accrescimento di responsabilità. Non si
va facendo un esercizio retorico con cui si chiede parere a chiunque, ma sulla base di una proposta si attiva tutta la capacità
di ascolto.
Dislocare i vantaggi che essa genera con la destrutturazione e l’assenza di verticismo, l’allargarsi della multidisciplinarietà
e la necessità di integrare le competenze nelle decisioni, produrrà una tempestività nell’azione. Sarà questo l’eco e
soprattutto la discontinuità che verrà riconosciuta alle nostre amministrazioni che lavorano.
La coo-progettazione fin dalle fasi iniziali (per esempio quelle rivolte ad una urbanistica partecipata, ai progetti di sviluppo
comunale, ad iniziative rassegne artigianali etc. al piano energetico o dei rifiuti ), darà indicazioni concrete su errori
aggiustamenti e soprattutto fornirà una entusiasmante spinta verso la nuova politica.

Le condizioni per la partecipazione

Naturale che il successo di ogni processo partecipato dipende quindi da numerosi fattori di carattere organizzativo,
politico, tecnico, culturale e relazionale etc.. Per questo non occorre disperare di fronte alla miriade di pareri ed opinioni
che confluiranno verso la proposta dei cittadini amministratori. Essi non potranno che rivelare la ricchezza di queste
diverse categorie di contributi entro i quali saranno raccolte e organizzate le scelte amministrative. Sono, pertanto diversi,
gli aspetti da considerare e le premesse da creare. Occorre saperlo. Non dimentichiamolo mai, noi partiamo dalla necessità
e dal forte desiderio di cambiamento rispetto a situazioni problematiche esistenti.
Pensare che servono degli aggiustamenti per comprendere quanto sono maggiori gli svantaggi rispetto ad una situazione
conosciuta dai più. Cosi come i possibili vantaggi di una situazione nuova, seppure non conosciuta perfettamente.
Aggiustare il tiro, senza irrigidimenti potrà dire meglio quale sia l’obbiettivo. Anche la necessità di richiedere contributi
esterni all’Ente, cioè richiesti ai diversi portatori di interesse possono dare valore aggiunto e dunque chiarezza rispetto agli
esiti decisivi.
Per questo nella fase di avvio è evidente che c’è un dato formale, molto importante. La condivisione delle regole di lavoro.
È essenziale che vengano definite e consolidate le poche regole necessarie per garantire il campo ove si deve svolgere un
processo di partecipazione valido per tutti.
Le finalità chiare, mai decise prima, saranno la condizione essenziale per conseguire più di tutte una cooprogettazone
efficace. Questo è fondamentale per poter conservare nel tempo la credibilità con cui una amministrazione opera, per
questo è bene partire senza commettere degli errori. Essa consiste proprio nel rendere chiari, fin dall’inizio del processo,
gli obiettivi da intraprendere, le modalità di lavoro, i compiti e i limiti della scelta decisionale.

La determinazione a conformarsi ai risultati, significherà entrare in un processo che ha per scopo il raggiungimento di
soluzioni condivise. Se tutto ciò non si svolge in un percorso di chiarezza può portare ad un risultato deludente. Ancor più
se una o più parti pongono e mantengono veti sui risultati. Ovviamente devono essere posti limiti ad ogni parere
assertorio proposto da gruppi. Allo stesso tempo, per quanto possibile, dovrebbe essere vietato porre delle precondizioni,
a chiunque. Se ciò non è possibile occorre almeno che queste vengano esplicitate sin dall’inizio. In questo senso dovranno
essere rispettati e calendarizzati i tempi necessari per far confluire i pareri, i tempi necessari per una prima elaborazione
del tutto. I tempi necessari per giungere ad una proposta decisiva faranno intendere che non vi sia nulla di vincolato.
Onestà, credibilità, è bene siano richiamati costantemente.

Nell’ambito delle esperienze amministrative comunali, la convinzione di poter conseguire l’obiettivo deve divenire un
chiaro e determinato messaggio per coloro che sono coinvolti nel processo. Ciò può essere assicurato, solo se tutte le parti
in causa si comportano lealmente e se il processo della costruzione del consenso si basa contemporaneamente sulle due
modalità di ascolto ed attraverso l’esplorazione delle necessità, piuttosto che sulla difesa o insistenza delle posizioni
acquisite.

Per questo un piccolo schema, normativo che fornisca la proiezione delle informazioni di base, assolutamente condiviso,
riduce i conflitti e gli scontri che sui social talvolta dilagano. Spesso si sviluppano solo perché gruppi differenti si
confrontano partendo da informazioni pur importanti ma fondate su basi e problematiche differenti. Talvolta solo perché
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si adotta un linguaggio e parole fraintendibili, nascono incresciose divisioni. Non sottovalutiamo le dialettiche politiche e
lealtà più o meno sentite Che davvero mettono a rischio la bontà di ogni esperienza amministrativa
Mente occorre aver chiaro più di tutto che Il processo consensuale dà importanza alla diffusione delle informazioni, il
lavoro sottostante deve guardare alla ricerca di minimi comuni denominatori. Quelle capacità di determinazione per
portare avanti il processo. Per questo le comunicazioni iniziali, necessitano di un linguaggio semplice. Devono cioè essere
accessibili, verificabili e aggiornate con linguaggio semplificato e senza il solito gergo tecnico amministrativo finanziario,
peggio che mai in un inglese d’accatto.
Fondamentale appare anche lo scambio reciproco delle esperienze, che ora stiamo cercando. Tutti i processi
amministrativi urbani e rurali potranno essere corredati di più momenti, ma di fronte alle migliori pratiche, occorre
fermarsi e capire. Se in queste dinamiche di coo-progettazione le informazioni, i comportamenti ed i valori vengono alla
luce con maggior precisione è bene considerarle. Se sono condivisi da tutti a ogni passaggio, nel processo ci sarà,
inevitabilmente, un cambiamento graduale ma decisivo nelle percezioni dei singoli e anche della comunità. Per questo
possono diventare esperienze esemplari.
Saranno una guida verso una nuova consapevolezza che condurrà verso un percorso di sviluppo delle conoscenze
individuali e di gruppo che il Movimento saprà far incontrare.
Tutto questo rappresenta la nostra possibilità, la possibilità che il movimento deve nutrire per le esperienze
amministrative, per il salto di qualità necessario, per la capacità di prevenire i conflitti e mettere ciascuno nelle condizioni
di salire sul gradino successivo del processo.

L’identificazione in questi contributi delle molteplici variabili, fornite da tante voci. Sulla base delle proprie provenienze
settoriali, esperienze e competenze. Potranno davvero assicurare che ogni problematica complessa non abbia una singola
e netta soluzione. Sebbene insorgano ostacoli, cioè quando i cittadini pervengono ai punti in questione da direzioni
differenti, è bene sforzarsi di tenere dentro il processo tutte le opinioni. Il fatto che le soluzioni e le variabili siano diverse
ed innovative crea la premessa fondamentale non per dividersi. Ma per cercare di individuare soluzioni condivise e
creative (implica l’attestarsi di tutti su di una nuova tappa) verso la quale stavolta si può giungere l’esito di un percorso
animato dalla collettività.

La ricerca del terreno comune, non sia solo un esercizio di pazienza, ma anche di saggezza. Sebbene i problemi complessi
richiedano maggiore impegno e sollecitino la considerazione di diversi fattori, rimane fondamentale se non indispensabile
la ricerca e la costruzione di elementi di condivisione, laddove si segnalano le criticità.
Tutti questi aspetti e tutte queste dinamiche, occorre sfruttarle soprattutto evidenziarle fin dall’inizio del processo. Essi
possono davvero essere individuati in tempi brevi. Nel caso in cui gli obiettivi siano piccoli la pratica di accrescimento di
rilievo in funzione della soluzione diverrò cruciale. Ciò non può che spingere ad una maggior fiducia verso il rispetto
reciproco. Verso la creazione di tutti quegli elementi basilari capaci di costruire piattaforme in grado di raggiungere
obiettivi più difficili.

In queste dinamiche possono tanto, le figure apicali (come il sindaco o l’assessore, il coordinatore di progetto) figure di
garanzia che possono, far capire come le decisioni sono il frutto dei processi consultivi. In molti casi, ma solo come ultima
ratio, si potrebbe fare ricorso al faticoso sistema del voto di maggioranza, che non deve lasciare strascichi. Anzi può e deve
semplicemente dare direzione agli sviluppi successivi, nessuno ne deve uscire frustrato. Spesso ciò avviene in situazioni in
cui un altro approccio avrebbe garantito una decisione differente e magari più largamente condivisa.
La cosa più importante è che si comprenda che si sta lavorando a una decisione. Quando si ricorre ai voti, circa la direzione
del processo è bene attenersi alla direzione indicata. Qualora insorgano dialettiche paralizzanti, è bene vi si giunga
soprattutto come maturazione degli orientamenti e non di confronti sleali. Si produca pure la scelta che si proietta nella
direzione di decisioni che sono sostenute da tutti. Questo non potrà che aumentare considerevolmente la possibilità che i
soggetti coinvolti rafforzino, invece di affossare, lo sviluppo del processo.

Responsabilità condivise dei risultati e del processo, potranno rendere tutti partecipi della decisione finale. Una volta che il
processo è avviato, coloro che ne sono coinvolti non sono più attori passivi che aspettano il deus ex machina. Qui sia chiaro
tutti gli attori recitano l’esito del film e non il protagonismo individuale. Altri non possono chiamare anche quelli che si
appellano sempre a qualcuno che gli risolva tutti i problemi. Occorre essere prudenti. Ma ognuno deve assumere un ruolo
attivo nella ricerca di soluzioni migliorative. Assumersi le responsabilità per sostenere decisioni e sottoporre a verifica
puntuale i miglioramenti raggiunti.

I cittadini portavoce o amministratori a cinque stelle, devono fare sempre esercizio di umiltà. Sono loro che sono stati
chiamati ad essere fondamentali nel dimostrare l’impegno dell’ente pubblico che promuove il progetto/processo come
una delle priorità di programmi di mandato.
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Parallelamente alla consapevolezza dei pro e dei contro, alla coerenza nel garantire ricadute operative. Si potranno
recepire con continuità le indicazioni degli attori coinvolti nei processi decisionali, dal momento che essi divengono i
garanti e non gli affossatori.

A questo percorso è bene affiancare una relazione con la pubblica amministrazione e quando c’è il suo impegno tecnico, il
coinvolgimento specialistico, deve ispirarsi agli strumenti possibili. Quello portato da Dirigenti e funzionari pubblici, che
non divengano soltanto i fiduciari. In questo momento diviene cruciale. Il loro l’impegno, il supporto tecnico, ma anche la
motivazione al cambiamento, la convinzione e la disponibilità al lavoro intersettoriale e partecipato, alla flessibilità, alla
capacità di recepire indicazioni non tecniche e metodologie di lavoro nuove. Ci porterebbero ad approfondire sul ruolo
della pubblica amministrazione ma è bene focalizzarlo in altra sede.
Ora si tratta di portare le pubblica amministrazione verso innovazioni che vanno dagli strumenti gestionali consolidati, fino
alle pratiche più minute, frutto del buon rapporto costruito con loro, ma che costituisce davvero l’occasione e soprattutto
la determinazione a cercare una alleanza complessiva di progetto, con i cittadini e con i tecnici sulla base di queste nuove
modalità partecipative.

Così come servono competenze metodologiche, più che delle sentinelle. Occorre invece ricorrere a facilitatori e animatori.
Necessari quanto strategici. E’ il ruolo dei facilitatori-animatori dei processi (magari attraverso dei turni), che devono
possedere appropriate competenze politico relazionali, organizzative e gestionali nel sapere motivare i partecipanti,
sintetizzare e negoziare i diversi punti di vista e valorizzare le conoscenze e le capacità (building capacity - capacità
istituzionale) dei diversi attori. Saranno loro a permettere di procedere, stemperare le polarizzazioni, formalizzare
l’indeterminato, delineare punti proposta. Quelli comprensivi delle divaricazioni spesso non così marcate, raggiungere
assieme le soluzioni, senza rotture diviene fondamentale.

La disponibilità alla partecipazione dei diversi portatori di interessi, farà il resto. Sono loro che portano chiarezza, che da
tempo stanno sul pezzo: hanno già in mente delle idee, caldeggiano processi, hanno prefigurato scenari. Anche se il
movimento non si affida soltanto ad essi, tuttavia ascoltarli è necessario. Dobbiamo saperlo in ogni amministrazione vi è
una relazione con loro. Sarà quella che ci fornirà elementi importanti per la decisione più opportuna. Sono loro i
partecipanti, in termini di comprensione del processo partecipato, delle regole del gioco, dei limiti e delle opportunità
della partecipazione; sono loro i possessori di motivazione al cambiamento, nella reciproca legittimazione tra attori, c’è
una disponibilità ad assumersi responsabilità dirette e a negoziare posizioni diverse, a rilanciare le virtù di questo percorso.

Una organizzazione e uno stile conduttivo discreto, parla di facilitazione ma anche di organizzazione e di determinazione
nel perseguire i risultati. Tutti i principi e le regole del mondo possono essere completamente ribaltati per motivi
puramente organizzativi o operativi: solo perché si è convocato un incontro in un luogo infelice.
Allo stesso modo, pochi inviti e mancate spiegazioni pregresse; situazioni non recuperate. Anche quelle date per
individuate senza tenere conto di sovrapposizioni di eventi e degli impegni dei partecipanti; la stessa mancanza di materiali
di lavoro, d’informazione o di generi di conforto. Il vuoto per gli ausili didattici/informatici fuori uso. La scarsa puntualità,
una mancanza di chiarezza e di diffusione delle notizie. Sono apparentemente aspetti marginali, ma spesso la dicono lunga
sugli effetti della mancanza di organizzazione, divengono come facilmente si comprende, decisivi dell’esito di incontri e dei
processi. così come certi comportamenti, leggere il cellulare mentre altri svolgono un intervento importantissimo etc..

Tutto questo processo non può che essere opportunamente comunicato. La componente essenziale a qualsiasi percorso di
partecipazione, è la comunicazione. Canali specifici, consultabili e consultati frequentemente debbono dare il là ai processi.
Deve essere attivata una continuità sostenuta prima, durante, e dopo il progetto tra promotori e i vari interlocutori si deve
dare una informazione piana ed efficace. Raccogliere indirizzi mail, cellulari o gruppi facebook WatsApp etc. devono
permettere l’invio di richieste mirate per singoli attori, adottando linguaggi diversificati, e integrandoli attraverso
l’impiego di strumenti consolidati e multi-mediali per comunicare, spiegare, motivare e rendicontare. Le informazioni
devono essere veicolate trasversalmente e verticalmente alle organizzazioni, devono essere accessibili, verificabili e
aggiornate.

Non si tratta di volontariato e basta, servono risorse culturali, professionali e talvolta tecniche. Per la realizzazione di un
percorso di partecipazione sono ovviamente necessarie adeguate risorse umane e finanziarie, se si guarda al risparmio
occorre fare una ricognizione strumentale. Quelle umane devono avere questa capacità di schematizzare e di cogliere
immediatamente il clima, in tutte le fasi del processo, devono imparare senza faticare, possono servire i social, le mail etc
per le quali occorrerebbe da subito affidare un compito ad una segreteria, ad una coordinazione, così come servono
risorse finanziarie per sopperire ad ogni costo.
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Le regole di lavoro

Diamo qui un elenco sintetico per riassumere l’approccio, di consigli che potrebbe anche allungarsi a seconda delle
situazioni.

Deve essere chiaro l’orientamento al risultato ed agli obiettivi, nelle informazioni iniziali deve comprendersi la volontà.
Così come deve essere chiara la disponibilità al confronto e alla negoziazione. Tutti i partecipanti sono “esperti” di
qualcosa e non dobbiamo dimenticarlo, che “tutti” hanno qualcosa da apprendere. L’accettazione delle diverse percezioni
e delle diverse motivazioni dei partecipanti rispetto al processo partecipato è fondamentale.
La scelta coraggiosa di un approccio costruttivo sui contenuti, sulla capacità di impatto positiva anche sui pareri più
semplici, diviene fondamentale. Impone di accogliere le proposte positivamente: Dare attenzione alle modalità di lavoro
suggerite o concordate con il facilitatore e soprattutto accrescere la condivisione. Potrà consolidare come riconoscere una
legittimazione reciproca tra i diversi attori partecipanti, tra i partecipanti e il facilitatore, cosi come tra i partecipanti e
l’organizzazione promotrice del processo partecipato.
La diversità di punti di vista deve essere visto come arricchimento e non come conflitto. Disporre di pazienza e di un
rispetto nuovo del confronto sui contenuti. Sapere che la concisione, assume rilevanza negli interventi.
La trasparenza fra promotori e partecipanti sulle opportunità e le criticità del processo deve essere custodita come un
piccolo patrimonio.
La difesa e soprattutto il consolidarsi di questi processi partecipativi quale rilevanza locale (partire dall’esistente, dal
contesto e dai problemi locali).
Il rispetto degli orari e delle fasi del programma di lavoro previsti, la continuità dell’impegno nei vari incontri.
Essere consapevoli della accettazione dei tempi della partecipazione, ossia equilibrio fra il “tutto subito” e “vedremo con
calma, forse, ecc.”.
Guardare con equilibrio tra eccessi di scetticismo e ottimismo.
Cruciale è la disponibilità al cambiamento e all’innovazione insieme agli altri attori e all’interno della propria
organizzazione.
Introdurre una nuova flessibilità sui metodi di lavoro e sui tempi.
Gestire e soprattutto curare un clima accogliente (entusiasmo, disponibilità alla partnership).
Contare e soprattutto dare valore alle risorse umane, logistiche ed economiche appropriate.
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I'm waitin', waitin' on a sunny day


Gonna chase the clouds away
Waitin' on a sunny day

Without you, I'm workin' with the rain fallin'


down
I'm half a party in a one dog town
I need you to chase these blues away
Without you, I'm a drummer girl that can't
keep a beat
An ice cream truck on a deserted street
SECONDA PARTE I hope that you're coming to stay

Chi coinvolgere

L’efficacia di un progetto partecipato anche soltanto a guardare gli scarsi suggerimenti, dipende da molti fattori e
condizioni. Dipende dal livello di partecipazione dei vari attori, dalla interdisciplinarietà degli apporti, dalla tenuta della
struttura, dalla chiarezza con cui si interpretano le varie fasi. Dai metodi, ma anche dal rispetto dei tempi, e soprattutto
dalla rappresentatività e integralità degli interventi. Sono tutti elementi che divengono significativi nel momento in cui si
ricercano soluzioni che vanno dai problemi complessi come quelli legati alla sostenibilità ambientale, sociale ed economica
di ogni decisione amministrativa, fino alla più semplice delle deliberazioni.
La gamma dei soggetti chiamati a fare parte del processo dovrebbe, pertanto, essere la più ampia e inclusiva possibile. In
quanto ogni attore sia esso singolo cittadino o dal carattere sociale, economico e istituzionale e, è direttamente e
indirettamente destinatario di scelte pubbliche. Inoltre ogni attore e la sua categoria è fonte di possibili problemi ma
anche di possibili soluzioni. Siano esse fatte di apporti utili, che vanno da singoli progetti di quartieri a progetti strategici di
area vasta.

Di solito la domanda di partenza è… come far si che siano coinvolti questi attori ? In termini generali, per non sbagliarsi, si
potrebbe pensare che tutti lo debbano essere indistintamente. Tuttavia è formalmente difficile oltre che impossibile.
Talvolta materialmente complicato, se non velleitario. Riuscire a coinvolgere tutti indistintamente, su ogni singola
decisione di carattere pubblico.
Potenzialmente, saranno coinvolte un lungo elenco di persone. Un’ampia gamma di attori e di appartenenze che
rappresentano sia interessi di settore che quelli più generali. Così come i singoli cittadini che si troveranno davanti le
decisioni.
Nella gran parte delle politiche pubbliche e delle normative solitamente vengono usati in modo generico diversi termini.
Riferentisi agli attori sociali , ai soggetti economici e sociali, alle parti sociali ed a quelle economiche. Nel linguaggio del
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movimento si indicano spesso i cittadini, ma sapere che tra questi ci sono delle diversità, non fosse altro per questioni
pratiche, mai politiche è bene considerarlo.
I documenti progettuali, mutuati dal marketing usano da una ventina di anni, e in particolare da quando si sono diffuse
sempre più le politiche di sostenibilità, usano il termine “stakeholder”, spesso usato anche in italiano con pronuncia
anglosassone. Con il termine Stake-Holder (trad. letteralmente “possessore di una parte, di un interesse, essere parte in
causa” o portatore di interesse) si intendono tutti gli attori, organizzati e non. Quindi anche i cittadini, che hanno un
interesse diretto o indiretto rispetto alle questioni che nei processi partecipativi sono stati esclusi, mentre sono oggetto di
decisioni pubbliche che riguardano tutti, le deliberazioni adottate dalle amministrazioni.
In senso plurale e ampio del concetto e quindi anche del vocabolo si devono individuare per ogni progetto o decisione
partecipata, quindi, intesi come portatori di interessi: i singoli cittadini, in quanto rappresentano interessi indistinti e
diversi che possono condizionare o incidere sulle scelte pubbliche significative. In merito esiste un ampio dibattito, per
sintesi pratica ne elenchiamo solo alcuni
i cittadini e le organizzazioni interessate al processo decisionale
i cittadini e le organizzazioni che godranno degli effetti della decisione
i cittadini e le organizzazioni contro le quali si riflette gli effetti della decisione
i cittadini e le organizzazioni che significativamente coinvolte per i beni e servizi che assicurano all’oggetto della
discussione.

Ecco che i portatori di interessi occorre inquadrali in maniera precisa sul piano locale. Si tratta di singoli cittadini, gruppi
associati, comitati, associazioni etc. che vanno da organizzazioni formalmente riconosciute e a gruppi informali; fino a
realtà variegate. In passato venivano coinvolte con modalità riservate, che secondo me noi dobbiamo rifuggire. Della
tradizionale concertazione, noi dobbiamo fugare le zone grigie, gettare luce, credo che oggi il movimento invece sia
conscio dell’utilità delle politiche della trasparenza con cui non si rivolge genericamente a portatori di interesse
riconosciuti in relazione ai bisogni ma che l’attuale contesto socio-economico e ambientale ha fatto riemergere;
Oltre ai cittadini interessati, considerati come soggetti trasversali alle varie categorie di seguito si indicano dunque una
lunga lista: autorità locali (Comuni, Regioni) Enti pubblici (Enti parco, Consorzi) Organizzazioni non governative (Ong),
gruppi di volontariato, Imprese , Associazioni di categoria e di settore Scuole di ogni ordine e grado (insegnanti, studenti)
Istituti di ricerca, Gruppi studenteschi, Gruppi parrocchiali Gruppi rappresentativi delle donne, Disoccupati, Gruppi
giovanili, Associazioni sportive, Organizzazioni sindacali, Associazioni agricole, Ordini professionali, Associazioni della
terza età e anziani, Associazioni di disabili, Media locali (Tv, radio e quotidiani locali), Enti di controllo e prevenzione,
Università, Agenzie di sviluppo, Forze di sicurezza, Vigili urbani.

Al di là di coloro che vogliamo effettivamente coinvolgere nei processi partecipati. E’ bene considerare che in generale
accade un’autonoma selezione da parte sia dei cittadini che delle associazioni di interesse settoriale o generale. Per vari
motivi, si auto-coinvolge chi è motivato semplicemente al tema trattato, al di là degli esiti (motivi valoriali, professionali,
intellettuali). Questo anche al di là delle lobby più o meno piccole. Ben aldilà dei ruoli ufficiali o politici ricoperti. Ci sarà chi
vuole contribuire alla realizzazione di un progetto, chi vuole difendere un interesse rispetto ad una scelta, chi vuole
contrastare un’ipotesi di scelta, chi invece vi trova una convenienza personale o di gruppo. Chiunque vuole esserci
comunque al di là degli esiti e dell’interesse in gioco spenderà il proprio ruolo.
Tutte queste potenziali criticità date dall’auto-selezione dei portatori di interessi possono essere ovviamente dare risultati
differenti. Dal momento che partecipano persone solo impegnate e provenienti da una certa area politica, reti di amici,
rappresentanti di partiti o associazioni affini, o i cosiddetti protagonisti della partecipazione. Per questo vanno accolte
tutte le opinioni al fine di evitare di non avere sufficiente rappresentatività delle varie componenti sociali di un territorio.
Insomma dovremmo guardarli come interessati a un progetto o piano da approvare o migliorare.
È altrettanto vero che la partecipazione quella più protagonista, è anche sinonimo di volontarietà e responsabilizzazione,
motivo di impegno, disponibilità di tempo, di idee, di proposte e di contributi. Che faranno partire azioni di negoziazione,
con le quali fisiologicamente si innesca una chiara dialettica .
Non tutti gli attori, cittadini o organizzati, hanno sempre un interesse e contributo o disponibilità da dare.
Nei fatti, però le più o meno articolate e contrapposte queste partecipazioni, portano aspettative diverse. Soprattutto non
sempre riescono a recepire, nonostante le buone intenzioni, i principi e precetti teorici che il movimento va qualificando.
Ma quel che nel frattempo nel bene e nel male invece decolla per gli amministratori. Per questo pur nella chiarezza di una
sana conoscenza delle dialettiche locali, nelle quali la partecipazione oltre ad innovare il modo di fare politica, può
stemperare gli scontri e si spera non instauri da subito o per lo meno fronti organizzati.
Per questo servono anche alcune indicazioni per la loro mappa, le matrici potranno orientare meglio per ogni singolo
soggetto eventuali strategia ma che imporranno una composizione analitica della presenza dei diversi attori.
Da un punto di vista più operativo, e a dar retta al semplice buon senso, l’azione necessaria da avviare è quella di
avvicinarsi il più possibile alla soluzione senza contrasti o senza conflitti. Mettere in pratica il principio di inclusività, cosi
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come sollecitato da tutte le iniziative del movimento e dall’approccio nuovo alla cooprogettazione ed ad una governance
dal basso.

Ma vi sono anche altri approcci di democrazia deliberativa diretta, sono quelli che possono generarsi dalla integrazione di
soluzioni socio tecniche o genericamente informatiche. Proprio quelle provenienti dalle opportunità di base informano
sulle scelte della più ampia gamma di attori e cittadini. Grazie ai vari canali informativi, potrà dall’altro, emergerà la più
ampia partecipazione. Data dal grado di coinvolgimento della più ricca rappresentatività di interessi e dei possibili
contributi esistenti sul territorio.

Così attraverso, la combinazione di diversi approcci e metodi. Lungo le varie fasi un processo partecipato, secondo i vari
livelli di partecipazione: informazione, consultazione, progettazione partecipata, le partnership vengono pian piano
definendosi.
Occorre sapere quanto attraverso questi processi si sviluppa anche un minimo di regolarità delle forme da rispettare (la
partecipazione pur volontaria, è libera ma con regole uguali per tutti.
Crescendo questa modalità ricreano, in modo gestibile, nuovi e diversi mondi che il movimento sta svelando, scoprendo
per i cittadini, le imprese, istituzioni, associazioni, ordini professionali nuove modalità e nuovi approcci per rapportarsi alla
cultura ed alle prassi del movimento. Questo genere di emersione può generare prospettive e contributi di settore,
persino pareri di singoli cittadini interpellati a campione in modo casuale.
Quanto sarà aperto il percorso, tanto sarà paziente, il lavoro di coordinamento. Allo stesso modo si riuscirà a ridare fiducia
ad un tessuto di relazioni che eviteranno il ritorno delle camarille organizzate. Soprattutto ricomporrà il processo di
estraneità dei cittadini dagli eccessi di tecnicismi e dalle autoreferenzialità politiche. Non manca il rischio anche di
partecipazione generica e comunque poco rappresentativa. Dobbiamo essere consapevoli che anche un gruppo numeroso
di cittadini non può rappresentare le idee di un intera cittadinanza. Così come gli interpellati potrebbero essere comunque
un campione molto discutibile.

Anche quando si vuole ricorrere ad approcci statistici di campioni mirati.


La domanda cruciale quindi non dovrebbe essere tanto chi esattamente partecipa, e tantomeno quanti hanno partecipato?
Ma valutare attraverso un indicatore qualitativo della partecipazione. Cioè cosa si rappresentava e soprattutto chi
rappresentava quegli argomenti? Chi davvero crede di fare ? Soprattutto con chi lo vuole fare? Insomma di fronte a quale
volontà ci si trova ? Quali bisogni vanno soddisfatti ? Quali interessi legittimi dei vari settori della comunità sono
rappresentati nel processo e quali competenze e responsabilità sono richieste?
Nel caso di organizzazioni formalmente costituite e pubblicamente riconosciute, tradizionalmente coinvolte e consultate,
esistono elaborazioni e contatti consolidati nelle prassi di concertazione. Più complessa ma certamente più innovativa ed
entusiasmante è, invece, l’individuazione di soggetti informali o di singoli cittadini. In questo senso serve davvero una
grande energia e curiosità. Non trascurando che potrebbe essere la parte più affascinante.

Proviamo a orientarci

Al fine di impostare un percorso adeguato, diventa quindi necessario analizzare preventivamente chi c’è, perché
coinvolgere i diversi portatori di interessi. Suscitare la domanda successiva effettivamente coloro che davvero hanno
mostrato volontà e contribuiscono ? Risulta dunque utile svolgere una mappatura ed una analisi degli attori locali-
rappresentanti di interessi più generici, o quelli di gender o quelli professionale, sindacali etc. Servono abilità analitiche e
accortezza nel coinvolgere particolari figure. C’è un mondo composto da coloro che direttamente o indirettamente sono
interessati dalla questione, e magari maturi e grandemente organizzati.
Ma può essere che non ci si capaciti immediatamente e si debba ricorrere al supporto dei contatti e dalle relazioni già
esistenti tra ente pubblico e i vari attori della comunità. Utilizzare gli indirizzari - generalmente disponibili in ogni
assessorato e relativi uffici - degli interlocutori/attori/associazioni/esperti di quello specifico settore.

Il lavoro di individuazione di queste figure e a quale geografia di contenuti ci si può rivolgere anche analizzando delle
logiche funzionali, per ogni attore potenzialmente da individuare e quali fattori, possono descriversi ricorrendo ad una
matrice:
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La collocazione dei pallini naturalmente ci dirà dove si trovino le eccellenze. Allo stesso modo possiamo organizzare anche
una mappa dei temi sensibili. Quelli capaci di involgere un potenziale ruolo dei singoli attori locali nelle fasi del ciclo di vita
del progetto (impostazione, analisi, definizione di progetti, attuazione, monitoraggio e verifica).
Domandandoci in che misura sono coinvolti i bisogni informativi, quanto sono significative le aspettative iniziali e i
possibili contributi dei vari attori.

Questo potrebbe facilitare la individuazione delle condizioni necessarie ad un migliore coinvolgimento.


Successivamente, sarà la capacità di farne una buona pratica, verificando lungo il percorso in cosa consiste se stà
semplicemente nel chiedersi: quali sono le persone che si sentono davvero coinvolte? e chiedere a tutti se ci sono degli
assenti e se nel processo è mancato qualcosa per non averli saputi coinvolgere e ritenerli inclusi? Dove stanno coloro che
potrebbero contribuire al miglioramento del processo, chi potrebbe chiarire la cornice decisiva del processo?

Definiti questi orientamenti, dobbiamo via via domandarci su quali modalità ci siamo trovati meglio per corredare il
percorso per cooprogettare e far partecipare i cittadini?
Facciamo un passo indietro, fino alla comunicazione delle fasi dei processi decisionali. Occorre sapere che nell’impostare
un processo partecipato è importante definire e attuare un piano di comunicazione dedicato. Accompagnare i vari
momenti di informazione, consultazione, progettazione partecipata, quella riconoscibile in tutte le fasi. Ovviamente ha un
timing che scandisce le occasioni dall’avvio alla promozione, dall’analisi alla definizione di piani e progetti, dalla
realizzazione alla valutazione finale.

In questo senso le azioni da prevedere sono diverse.


Con l’ausilio di vari strumenti di comunicazione, già esistenti nella gran parte dei casi nei vari enti locali. Sono diverse le
attività da prevedere ed altre mirate per gestire e attivare. Una periodica analisi dei bisogni informativi emergenti lo
chiarirà. Far fuoriuscire un costante e preventivo monitoraggio delle percezioni, dei comportamenti e delle motivazioni.
Assicurando una verifica periodica dell’efficacia delle azioni intraprese e degli strumenti utilizzati quali presupposti
metodologici di base per strategie e piani di comunicazione dell’ente pubblico.
Promuovere il passaggio da un’informazione unidirezionale (“a una via”) alla comunicazione “a più vie”, articolata in un
processo dinamico di ascolto , comunicazione, interazione davvero interattivo.
Persino andare a cercare i partecipanti” in modo attivo, cercando di coinvolgerli nei loro ambiti di lavoro e professionali.
Promuovere il passaggio dalla comunicazione episodica e dall’emergenza a una comunicazione continua, preventiva e
integrata lungo tutte le fasi dei processi decisionali (prima, durante, dopo).
Come anche favorire un’informazione orientata al cambiamento degli atteggiamenti, al coinvolgimento diretto, alla
motivazione e co-responsabilizzazione, rispetto ai problemi, alle opportunità, ai rischi, ed alle responsabilità di ogni attore
rispetto a progetti di pubblico interesse sul territorio. Ci darà la cifra delle nostre abilità.
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Offrire una comunicazione credibile e attendibile per quanto riguarda le fonti e la disponibilità di dati; informazioni che
siano comprensibili a tutti, aggiornate, confrontabili (nello spazio e nel tempo), verificabili e rilevanti, secondo standard
riconosciuti a livello regionale, nazionale e internazionale.
superare una comunicazione monotematica per portarci verso una comunicazione integrata e trasversale. Orientata a
descrivere la complessità dei temi interdisciplinari e a evidenziare le implicazioni di tutti gli aspetti sociali, economici, i loro
relativi costi-benefici, le loro implicazioni ambientali. Tutte quelle a breve, medio e lungo termine, le possibili soluzioni
tecnologiche, economiche, normative, gestionali, sociali, culturali.
Prevedere il passaggio da comunicazioni ad attori ristretti e consolidati, a comunicazioni ad attori diversificati e nuovi, al
fine di promuovere sempre una più ampia partecipazione nelle fasi di progettualità e attuazione. Anche a settori sociali
ritenuti di scarso incidenza sulle decisioni. Rivolgendosi ai soggetti marginali, deboli, anziani e nuove generazioni (bambini,
giovani, disabili etc.).
Facilitare la semplificazione con l’adozione di una pluralità di linguaggi da utilizzare in modo appropriato a seconda dei
contesti e degli attori coinvolti. Una combinazione di stili (tecnico-statistico, divulgativo-informativo, emozionale, estetico-
artistico, di rendicontazione), improntati a conciliare rigore scientifico e immaginazione.
Combinare l’utilizzo dei tradizionali strumenti di comunicazione informativi/monodirezionali (lettere, opuscoli, rapporti)
con strumenti interattivi multimediali (networking sociale, forum on line, video conferenze, blog di discussione) e
partecipativi (forum, workshop, focus group, momenti informali e conviviali). Tutte conducono verso pratiche
comunicative necessarie.

Gli strumenti di comunicazione

Sono costituiti da un mix di canali unidirezionali e bi-direzionali: e vanno dalle le lettere, alle schede sintetiche, alle
monografie, i dépliant, alle brochures, cataloghi, opuscoli etc., alle bacheche Riviste, reports, libri, Facebook e gli altri
social, instagramm, linkedin, you tube etc, comunicati stampa, annunci sui quotidiani locali, convegni, relazioni, mostre,
Urp. Campagne televisive, campagne di sensibilizzazione con spot radio etc. fino alle visite guidate, forum, workshop,
dibattiti. Feste, mostre, fiere. Siti Web internet, e-mail, social networking, forum on line, reti civiche. O i contatti personali
e i testimonials

Strumenti di incontro che possono realizzarsi nei percorsi di partecipazione

Tra le condizioni di supporto a percorsi partecipati oltre a quelli strettamente strumentali, si possono realizzare incontri e
procedere con lavori di gruppo e sessioni plenarie davvero ricercare sedi interattive ed efficaci. Una, spesso sottovalutata,
è legata alla logistica e ai materiali performativi in cui si svolgono i lavori. Nel contesto più diffuso, in un’assemblea
plenaria, la disposizione può incidere sugli effetti e sulle condizioni generali in cui di solito le persone sono sedute lontano
dai tavoli dei relatori, sedute in file di sedie fisse, di spalla. Così chi è in fondo alla sala non vede bene sia i relatori, che gli
altri partecipanti. Assecondando una comunicazione non verbale segnala, criticità verso i partecipanti, così spesso non
sente bene, non si riesce a vedere bene eventuali materiali mostrati. Impone attenzioni specifiche.
Questi vari impedimenti non facilitano sia l’ascolto che un’effettiva partecipazione, al di là dei temi dibattuti. Al contrario
contribuiscono a impedire una base di lavoro adeguata “di gruppo” e “nel gruppo”.
In alternativa, occorre mettere a proprio agio e i partecipanti. Rendere più piacevoli i lavori di consultazione o
progettazione, a partire dalla sede alla logistica ai materiali, implica dunque n lavoro organizzativo preventivo e che
distingue la partecipazione-consultazione sporadica dalla partecipazione-consultazione cosi detta strutturata.
L’ausilio di diversi strumenti di comunicazione (foto, disegni, video) contribuiscono a rendere più efficace, coinvolgente, e
divertente, la comunicazione e la discussione, sia per il soggetto proponente che per i partecipanti.

Le sedi in cui svolgere la partecipazione

Occorre avere sedi pubbliche facilmente accessibili da vari mezzi (piedi, bici, mezzi pubblici, auto) e assenza di barriere
architettoniche (le sale storiche, ad alto valore architettonico o scenografico di rappresentanza, spesso non si rivelano
adeguate soprattutto alla interazione dei lavori. Niente scale labirinti ma con gli spazi aerati e luminosi;
Persino la disposizione delle sedie (mobili) a semicerchio, “a parlamentino” o a “cerchio” o a “ferro di cavallo”, in base al
numero dei presenti, al fine di permettere che tutti i partecipanti siano fisicamente visibili e più facilmente ascoltabili, può
rendere più interattive le relazioni tra i partecipanti;
Servono anche pareti vuote. Appendere cartelloni, foto, disegni, schemi, mappe, o pannelli e lavagne a fogli mobili;
eventuali bevande.
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L’uso dei materiali


Nel corso delle attività è importante prevedere l’utilizzo di materiali e strumenti di supporto: che vanno dai cartelloni da
appendere con agenda dei lavori. Dai temi, fino alle domande di lavoro, fino ai cartelloni per visualizzare la discussione,
trascrivere sinteticamente gli interventi per parole chiave. I pannelli per appendere foto, disegni, schemi, mappe,
fondamentali nei percorsi di “urbanistica partecipata”, i post-it (diversi formati e colori); hanno il pregio-funzione di
costringere ad essere sintetici, se-movibili e ben visibili. Le schede colorate (usate in alcune tecniche per evidenziare
meglio i problemi individuati dalle idee alle azioni, ecc.) . Il nastro adesivo (per attaccare i cartelloni alle pareti), le penne
colorate (per evidenziare le idee o le proposte dei partecipanti su schede o post-it). Scendendo nel dettaglio i bollini
adesivi colorati (usati per “votare” o dare priorità rispetto a un ventaglio di idee, di proposte o scenari preferiti).
Di solito questi sono materiali poco significativi ma se portati dai facilitatori al livello di chiarezza, come materiali di lavoro
“routinario” nella gestione di incontri strutturati o nell’applicazione di particolari tecniche di facilitazione possono
davvero essere rivoluzionari.

I materiali multimediali

Prodotti da computer portatile, per trascrivere in diretta i vari interventi, ai file trasferibili per presentare slides, immagini
e video;
Quelli rimbalzati dall’uso del videoproiettore. Dalle stampanti, per stampare sul momento o a fine incontro materiali di
rendicontazione dei lavori (sono armamentari delle tecniche di facilitazione. Così come le copie fotocopiate (idem).

La facilitazione

Sulla base delle criticità descritte in precedenza sui diversi limiti delle modalità consolidate di partecipazione, e sulla
necessità di situazioni di maggiore discussione-confronto. L’inclusione in un percorso di partecipazione strutturata,
sollecitate dai nuovi approcci di governance e democrazia deliberativa. Ci permetterà di constatare quanto questi non
siano sufficienti. Non bastano più, o sempre meno, le singole figure “politiche” (del sindaco o dell’assessore) o anche altre
ma tecniche (avvocato, funzionario, intellettuale etc. ) o carismatiche, per guidare la discussione e il confronto per diversi
incontri e in varie fasi di lavoro. Aumenta la complessità e interrelazione dei temi da affrontare. Per questo la diversità di
attori coinvolti nello stesso evento, accresce la necessità di mescolare vari momenti di informazione generica a momenti di
approfondimento, tra momenti informali a momenti più strutturati e tecnici e momenti di sintesi indicherà il suo compito.
Per rendere evidente quanto diventa sempre di più necessaria e crescente una domanda di “facilitazione” della
partecipazione. Non solo di supporto alla Pubblica amministrazione ma anche per gli stessi partecipanti, per arricchire il
confronto di idee e trovare soluzioni a problemi in contesti di interessi diversificati.
Fermo restando che gli amministratori pubblici siano comunque legittimati a prendere in mano la loro funzione ed anche
l’ultima parola e la decisione finale nei consessi pubblici istituzionali, in quanto eletti democraticamente. Tanto. Possono
tanto, anche le altre figure terze, che aiutano la partecipazione nel senso di una discussione pubblica maggiormente
inclusiva, rappresentativa, orientata a obiettivi chiari, trasparenti ed efficaci, tutti possono essere utili.
Sia che si generi da diversi contesti partecipativi, sia che essa sia limitata a una singola assemblea pubblica o a una serie di
workshop tematici e forum plenari, a focus group o altri momenti interattivi di discussione e confronto e negoziazione
creativa di conflitti. Dobbiamo dare consapevolezza ai cittadini.
Queste figure, esistenti da anni in molti contesti a livello locale o ultra locali sia nel mondo istituzionali, pubblico, che nelle
imprese, e spesso anche nelle piccole comunità, sono chiamate a volte animatori, moderatori, coordinatori o più
frequentemente facilitatori.
Se si carica il compito di accompagnare le attività, senza intervenire nel merito delle questioni affrontate, ma scandendo i
ritmi e i tempi di lavoro. Facendo rispettare l’agenda dei lavori, proponendo modalità e domande di lavoro, visualizzando
in diretta gli interventi, predisponendo report con i contributi di tutti i partecipanti e garantendo a ogni persona di
esprimere le proprie opinioni e di confrontarsi alla pari con gli altri partecipanti. Dobbiamo a vere rispetto per loro
In particolari processi, queste figure assumono una funzione di mediatori e negoziatori. Il fine è di garantire una maggiore
qualità e dinamicità della partecipazione e della discussione con alcune “regole” uguali per tutti, e a garanzia di tutti, con
apposite tecniche di lavoro, affinché ognuno dei partecipanti sia davvero coinvolto.
Ai vari partecipanti siano date le stesse opportunità di intervenire, a prescindere dal “peso” e settore rappresentato, che
gli interventi siano effettivamente registrati e visualizzati. Affinché vengano rispettati i tempi dei singoli interventi e
dell’intero incontro. Sono persone che conoscono vari approcci teorici alla consultazione e partecipazione, su come
impostare e condurre una discussione e possono gestire incontri con poche o moltissime persone, sia in plenaria che in
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sotto-gruppi di lavoro, applicando diverse tecniche di facilitazione, in funzione dei bisogni, del tema trattato, delle persone
da coinvolgere, del livello di partecipazione previsto.

Può essere sia una persona impiegata all’interno di un ente pubblico proponente l’evento o il percorso di partecipazione,
ovvero uno che ha dimestichezza ed esperienza di facilitazioni. Un professionista esterno che a diverso titolo. Deve
svolgere diverse attività prima, durante e dopo ogni incontro e lungo il processo partecipato, e deve possedere diverse
conoscenze e competenze.

Vediamo alcune caratteristiche e compiti: deve chiarire con il l’amministrazione o con il consiglio comunale o con la giunta.
L’obiettivo del processo di partecipazione (es. quale livello previsto e in che fasi?) fin dall’inizio. Pianifica la realizzazione
della deliberazione e intende rispettare i tempi stabiliti. Non deforma né domina la discussione, ma la attiva, ne orienta il
senso. Cerca di mantenerla, nella normale e dovuta dialettica e ne tempera la eventuale conflittualità. Governa le
dialettiche del confronto, nell’ambito dei temi oggetto di incontro (es. trovare soluzione a problemi, commentare
proposte di partenza, raccogliere proposte alternative, ecc). Formula domande per stimolare il dibattito. Controlla che
tutti i presenti partecipino con interventi concisi e rilevanti rispetto al tema. Segnala la loro coerenza con l’agenda della
discussione e cerca di valorizzare il contributo di ognuno. Anche quando ci sono posizioni di minoranza. Insomma
sottolinea e sintetizza periodicamente durante l’incontro i punti chiave emersi nella discussione. Ne cura l’approdo e come
i responsabili si assicura che obiettivi e modalità di lavoro siano chiari e condivisi.
Concorre e coordina il clima di lavoro confortevole, accogliente e aperto. Incoraggia i partecipanti a essere spontanei;
elabora un rapporto finale. A seguito degli incontri al fine di restituire un riscontro ai presenti e non presenti.
Cerca tra i partecipanti i punti di consenso e di condivisione. Prepara la logistica e l’organizzazione degli incontri.
Il suo compito è delicato. Il rischio che egli possa svolgere un ruolo “manipolatorio” o “condizionante” è comunque
evitabile per vari motivi tecnici e procedurali. Deve essere chiaro fin dall’esplicitazione del ruolo e delle attività. Che
devono restare trasparenti e fin dalla fase iniziale, sapendo che esse debbono rivolgersi verso obiettivi e regole del
processo decisionale. Personalizzando un ruolo specifico, quello di assistere, ad aiutare e garantire che avvenga una
partecipazione inclusiva.
Se il facilitatore a questo punto è un impiegato dell’ente pubblico, o se interessato da qualche conflitto di interesse, per
evitare sia accusato di partigianeria e di difendere il proprio ente, o peggio propri interessi.
Soprattutto per questioni di esperienze, di conoscenze e competenze dedicate nella facilitazione di processi partecipati, è
bene riconsiderarne la funzione. Se incompatibile ci si rivolge spesso a figure di facilitatori esterni, anche se questo implica
costi diversi. Ad una normale verifica si capirà se ha tutto l’interesse a far sì che la propria immagine ed etica professionale
non venga intaccata da sospetti di faziosità e di essere quindi al di sopra delle parti. Nella specifica situazione in cui
gestisce gli incontri e nella pratica corrente, se questa attitudine non viene applicata, avviene immediatamente la
delegittimazione.
Inoltre, benché una completa neutralità sia in pratica impossibile, questo cittadino deve tuttavia compiere ogni sforzo per
Essere riconosciuto in tale posizione da tutti i partecipanti e lungo tutto il percorso. Se nel corso del processo desidera
esprimere il proprio punto di vista, deve dichiararlo esplicitamente. Denotandone l’elemento di trasparenza e la
distinzione di ruoli. Altrettanto correttamente, se dovessero cambiare le condizioni di base e quelle minime per una
corretta partecipazione. Da parte sua e dei partecipanti, dovrebbe valutare anche la soluzione di interrompere la
collaborazione.

Le competenze di questa figura

Naturalmente crediamo che aiuti, possedere una buona capacità di sintesi. Appropriato ascolto attivo verso i vari
partecipanti, qualunque sia l’interesse rappresentato. Custodire l’empatia, la pazienza e una forte capacità di problem
solving, il famoso auto-controllo in situazioni di difficoltà e di fronte a provocazioni e critiche. Mostrare e possedere anche
una buona conoscenza generale dei temi trattati
Curare la capacità di motivare, e di usare linguaggi differenziati in base a diversi attori
Sia riconosciuto per il continuo aggiornamento su tecniche di facilitazione. Abbia la capacità di distinguere i bisogni e di
selezionare le tecniche più adatte.
Molte di queste competenze vengono tuttavia apprese e sviluppate con momenti di formazione mirata ma soprattutto con
l’esperienza sul campo, nei processi reali. Usando e adattando a ogni contesto un mix di approcci e tecniche appropriate. Il
suo lavoro dovrà essere oggetto di valutazione
In fase iniziale è fondamentale che l’amministrazione predisponga condizioni di impegno e coinvolgimento per ogni
cittadino. In particolare riguardo la condivisione di un piano di lavoro e regolari incontri di monitoraggio. Non si può
chiedere a questo cittadino di rappresentare la posizione dell’ente, compromettendo la sua neutralità.
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Non serve limitare la capacità di questa figura, cioè di comunicare in modo indiretto con tutti gli attori coinvolti, ma
precisare il quadro trasparente ove questo facilitatore interpreta, conosce e condivide le posizioni e gli obiettivi dell’ente.
Garantire gli spazi necessari per poter gestire, dal punto di vista organizzativo e procedurale, tutte le attività, è un’altra
condizione di base
Un confronto costante tra amministrazione e responsabile del processo partecipativo dovrebbe consentire di ridefinire la
situazione, nel momento in cui dovessero emergere problemi o le circostanze mutassero rispetto all’impostazione iniziale.

Quali aspetti considerare per individuare il responsabile del percorso

Al fine di verificare ciò che sta nella bontà di queste figure, potremmo guardare se abbiano esperienze o sappiano
coordinare vari ambiti documentabili.
Siano in grado di garantire uno stile, ogni approccio e inquadrare modalità di lavoro
Abbia contezza e possesso di strumenti e tecniche usate in questi processi. Il tracciato compiuto attraverso fasi e obiettivi
del processo specifico, non sia viziato da possibili conflitti di interesse. Dovrebbe ricorrere ad aiuti adeguati al processo da
gestire. Se si serve della logistica e abbia ben definita la completezza del servizio nelle varie fasi di lavoro.
Osservi ogni tempistica nella realizzazione, ricorra ai costi in rapporto a servizi e competenze offerte
Abbia maturato o maturi rapidamente conoscenze del contesto, sia in grado di cogliere ogni novità e adeguamenti da
pubblicazioni del metodo come aggiornamento.

Per questo devono essere chiari a tutti, le fasi di un processo di partecipazione strutturato
La gestione delle fasi dei processi di cooprogettazione o partecipati-deliberativi

Un processo di partecipazione deliberativo e “semi strutturato”, è da intendersi come tale in quanto articolato pur da una
minima struttura. Dato da una serie di momenti e incontri con varie attività e tecniche di discussione e confronto tra i
partecipanti. Si sviluppa, generalmente, attraverso diverse fasi chiave. Queste ovviamente possono variare in funzione
dell’ambito dei temi, dei tempi e delle risorse disponibili della urgenza del provvedimento.
Lo schema che segue illustra diverse fasi tipiche di attività di gestione nelle varie fasi di partecipazione, che sono previste
nei percorsi strutturati di tipo volontario, ma che possono essere previsti anche di supporto all’elaborazione di piani e
progetti di settore da parte di un ente pubblico.
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Hard times, baby well they come to us all


TERZA PARTE Sure as the tickin' of the clock on the wall
Sure as the turnin' of the night into day
Your smile girl, brings the mornin' light
to my eyes
Lifts away the bleus when I rise
I hope that you're coming to stay

I'm waitin', waitin' on a sunny day


Gonna chase the clouds away
Waitin' on a sunny day (B. Springsteen)

La fase iniziale o fase di impostazione

Spingere verso modelli formali riconosciuti sarà decisivo, tante le modalità adottabili ognuna è più o meno adatta alla
decisione cercata. Non intendiamo qui fornire una rassegna già incanalata da obbiettivi di studio in giro per l’Italia e per
l’Europa, presso le università etc. Saranno pane per i facilitatori o animatori dei processi partecipativi. Però diviene
decisivo assumere capacità e competenza su queste tecniche al fine di far rendere meglio l’idea dei percorsi deliberativi.
Tra questi naturalmente è fondamentale fare mente locale su :
L’ ACTION PLANNING un metodo di progettazione partecipata che serve a individuare i bisogni, definire i problemi in un
determinato contesto territoriale, attraverso il contributo della comunità locale, per giungere alla formulazione di linee
guida di intervento amministrativo .
L’EASW (European Awareness Scenario Workshop): utilissimo per il disegno di scenari futuri e per l’approfondimento
delle idee.
IL BILANCIO PARTECIPATIVO il processo che ha per obiettivo di individuare le priorità di spesa per una parte del bilancio
comunale grazie al coinvolgimento dei cittadini.
Il METAPLAN impostato su di una raccolta di opinioni dei partecipanti attraverso l'uso di tecniche di visualizzazione e la
loro successiva organizzazione in blocchi logici per far giungere i partecipanti alla formulazione di piani .
PLANNING FOR REAL anch’esso praticato più sul web in forma anonima o con pseudonimi per facilitare il contributo di
idee. Utilizzato nella discussione pubblica, per esprimere le proprie idee e le proprie opinioni liberamente in forma
anonima.
L’OPEN SPACE TECHNOLOGY si entra nella comprensione della funzione logistica in praticata con cui potremmo chiamare
così anche i nostri tavoli di lavoro. Quelli allestiti su temi specifici di solito è priva di relatori e programmi e non ha
espedienti organizzativi. Con grande improvvisazione i partecipanti, seduti in cerchio, rilevano come creare la propria
conferenza su di un tema, alla fine si confronteranno le relazioni dei tavoli.
LA CHARRETTE o DESIGN CHARRETTE, chiamato così questo processo (letteralmente una carriola) di progettazione
urbana partecipata, nell’ambito della quale un team interdisciplinare di cittadini, stake holders, amministratori e tecnici
qualificati nel merito, individuano una formula oltre che trasparente condivisa indirizzata alla ricerca di soluzione per la
pianificazione urbanistica e territoriale.
LA PLNUNGSZELLE è formata da circa 25 partecipanti scelti casualmente, naturalmente occorre dire che sono persone
direttamente coinvolte dalla problematica oggetto del processo. Per i quali non essendo appartenenti a gruppi di interesse
organizzati. Si dispone un’indennità di partecipazione. Si tratta di un processo che parte grazie ad una grande quantità di
materiale informativo utile al tema in oggetto.
LA CITIZEN’S JURY o giuria di cittadini consiste in un gruppo di 12-16 cittadini, selezionati casualmente, che si incontra per
alcuni giorni a discutere su una tematica prefissata, e ad ascoltare i pareri espressi da esperte ed esperti indicati come
testimoni, capace di proiettarli verso un verdetto come per una corte d’assise americana.
IL DELIBERATIVE POLL un metodo che dura 2 o 3 giorni che ricerca la raccolta delle opinioni dei partecipanti attraverso un
questionario somministrata in due-tre momenti distinti. Nell’intervallo, ha luogo un’intensa fase informativa e
deliberativa. Che serve a far maturare convinzioni con cui la decisione figlia del processi partecipativi è una maturazione di
conoscenze per tutti.
IL DEBAT PUBBLIC una procedura di democrazia partecipativa, molto utile per le decisioni relative a opere infrastrutturali
come tratti ferroviari o stradali, linee alta tensione, costruzione di porti e aeroporti, la gestione dei rifiuti…. Si tratta di un
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metodo con cui i cittadini possono esprimere dopo essere informati. Facendo divenire decisive le loro opinioni sui
progetti, i loro interessi e soprattutto le conseguenze di queste opere.

Ma se noi riprendiamo la fase iniziale, nel cominciare a coinvolgere i cittadini, è importante fare il punto. Cioè compiere ed
una valutazione preventiva circa la metodologia scelta sulle questioni da discutere. Sia esso un piano o progetto pubblico
da approvare. Serve contestualizzare come questa fase si inserisce nella più ampia programmazione dell’ente. Che ruolo
occupa nel resto degli obiettivi da perseguire. Considerare i fattori che possono favorire o limitare il percorso della
partecipazione. L’adeguata valutazione di ciò che si vuole ottenere come risultato finale, contribuisce a disegnare, nel
modo più appropriato, il processo tra quelli indicati o tra altri che si potrà scegliere con i cittadini.
È evidente che la prima e fondamentale scelta sta nel tipo di impostazione del percorso partecipato, l’esito dell’effettivo
impegno svolto dagli amministratori.
In termini di convinzione e consapevolezza, da parte del Sindaco o Presidente, Giunta e dei diversi assessori.
Valutare i rischi e le opportunità della partecipazione da attivare, sia che si tratti dell’elaborazione decisioni di settore
previste dalle normative, o di semplici processi partecipati come la realizzazione di una strada rurale, o di una iniziativa
mostra mercato artigianale, devono prevedersi come abbiamo visto i percorsi di consultazione di tipo volontario.
Proprio per evitare malintesi e mantenere chiarezza e trasparenza, è fondamentale dichiarare, in fase di impostazione del
progetto, il livello di co-progettazione, in quali fasi del processo attivare la partecipazione (analisi, definizione di soluzioni,
progettazione, attuazione, valutazione), nonché di condividere le condizioni e naturalmente le regole minime di lavoro da
gestire con stakeholder e cittadini.

Secondariamente, è fondamentale attivare fin dall’inizio una condivisione metodologica con l’amministrazione una
collaborazione dello staff di tipo tecnico, ossia i dirigenti e i responsabili di servizio e i vari funzionari trasversalmente fino
ai vari assessorati. Riguardo le finalità del percorso e dei possibili livelli di contributo e collaborazione. È infatti rilevante
condividere che cosa ci si aspetta dai portatori di interessi da invitare.
Il valore aggiunto per la decisione e la qualità di un percorso di partecipazione è legato alle conoscenze tecniche e
normative, alla disponibilità nel gruppo delle informazioni messe a disposizione rispetto al tema in oggetto, alle risorse
economiche e al tempo da dedicare durante il percorso. Soprattutto al grado di recepimento delle proposte finali negli
strumenti ordinari di gestione di una Pubblica amministrazione.
Il coinvolgimento dei funzionari e degli amministratori dell’ente dovrebbe avvenire fin dalle prime fasi di definizione del
processo, prevedendo poi costanti confronti e aggiornamenti in corso d’opera. La responsabilità del processo, infatti, non
dovrebbe mai essere attribuita a un solo settore, ma condivisa in modo trasversale e interdisciplinare. In sostanza,
operativamente il processo può essere gestito da pochi funzionari, come segreteria operativa di un processo partecipato,
ma la buona riuscita delle attività dipende dalla collaborazione interna di più competenze e dalla possibilità di raccogliere
informazioni presso altri settori e dalla disponibilità, da parte degli organi di governo di accogliere, o quanto meno
prendere in considerazione, i suggerimenti e i contributi assunti nell’ambito del processo partecipato, dipenderà la
robustezza della decisione.
Una volta attivato lo staff interno, può essere utile confrontarsi anche con diversi stakeholder esterni in modo da
verificare il potenziale interesse a partecipare, cogliere le aspettative di un processo partecipato da parte dei cittadini
Si tratta, nello specifico, di informare i partecipanti, gruppi o singoli, potenzialmente interessati rispetto alle intenzioni
dell’ente di coinvolgerli in un processo decisionale pubblico. Verificando la loro disponibilità a partecipare. In questa fase è
importante definir le modalità di coinvolgimento degli stakeholder esterni quanto più adeguate e rivolte a ricevere i
contributi specifici che ognuno può portare al processo.
Dal punto di vista tecnico operativo, occorre quindi svolgere una mappatura degli stakeholder, anche in una breve
schematica mappatura di sintesi, dei progetti e piani simili o collegati rispetto al tema del percorso di partecipazione che
si intende avviare.

La preparazione o definizione vera e propria

Sulla base delle informazioni raccolte nel corso della mappatura interna ed esterna, si prosegue con la strutturazione del
percorso definendo gli obiettivi, i risultati attesi, il numero di incontri, le modalità di lavoro, i tempi a disposizione,
l’opportunità di coinvolgere uno o più facilitatori esterni e i facilitatori interni da coinvolgere. È fondamentale fare
chiarezza fin dall’inizio rispetto a questi aspetti e condividerli. Le persone coinvolte, anche se, nell’ambito di un processo
partecipato, debbono mostrare una certa flessibilità e eventuali modifiche in corso d’opera devono essere sempre
previste.
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Una volta realizzata la mappatura dei portatori di interessi, si deve procede con la promozione e comunicazione relativa al
processo e con l’invio di materiali e documenti informativi per convincere i potenziali partecipanti ad aderire al percorso
previsto.
È opportuno predisporre un indirizzario dedicato rispetto alle varie categorie di portatori di interessi da coinvolgere per
avere la più ampia gamma di prospettive e contributi, partendo da indirizzari spesso già esistenti e integrandoli con
verifiche mirate presso le varie organizzazioni in modo da avere una banca dati aggiornata con referenti e contatti
puntuali, sulla base di curriculum, etc.
Parallelamente agli inviti di tipo classico cioè quelli ad invito-lettera per fare venire i partecipanti è opportuno anche
letteralmente incontrare direttamente i singoli stakeholder o cittadini per coinvolgerli e promuovere il significato e la
valenza del percorso da avviare.
Gli strumenti da utilizzare sono anche in questo caso diversificati:
dalla classica brochure che illustri le finalità del processo, i destinatari, le modalità di lavoro e il numero di incontri (in
modo da quantificare l’impegno per chi accetta di partecipare);
Fino alla lettera di invito formale, in cui prevedere: un modulo di adesione (se opportuno rispetto all’impostazione
metodologica delle attività). La locandina da distribuire nei principali luoghi pubblici, una sezione informativa dedicata sul
sito web dell’ente o in un sito web dedicato. Le informazioni presso l’Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP) e negli
espositori e bacheche, quali referenti delle principali sedi dei vari uffici pubblici.
Se il percorso lo richiede, è importante anticipare ai partecipanti materiali e documenti di base sui quali documentarsi
preventivamente in merito alla discussione prevista. Servirà ad orientare i loro interventi ed a risparmiare tempo.
Utile ed opportuno è: preparare cartelle da distribuire ai partecipanti nel corso dei vari incontri, con i documenti di lavoro,
il badge identificativo (con nome ed ente di appartenenza). Lo storico del processo come ricordare anche le regole e le
condizioni o memorandum di lavoro del percorso partecipato. Da distribuire in fase di promozione in modo che siano
trasparenti le modalità di lavoro.
In questa fase di promozione devono essere già definite le risorse necessarie, sia umane che economiche, per la gestione
dell’intero percorso rispetto a varie voci:
Un piccolo elenco può dettare le priorità per risparmiare tempo. Per i materiali da stampare (internamente o
esternamente all’ente). La grafica della comunicazione (interna o esterna). La logistica delle sedi. I dati di cancelleria varia.
Così come le attività di promozione e distribuzione dei materiali. Ovvero gli
eventuali siti web dedicati in cui è presente il day by day. Gli eventuali articoli o richiami presso i giornali locali e più diffusi.
Le persone da coinvolgere e relativi tempi per la segreteria operativa e coordinamento.
L’eventuale figura esterna da coinvolgere durante il percorso.
In questa fase il facilitatore (interno o esterno) definirà e condividerà con il settore competente il programma di lavoro, i
materiali da produrre, la tempistica e le questioni da affrontare in ogni incontro.
In un’ottica di partecipazione strutturata, cioè articolata in vari incontri, in sessioni plenarie e di approfondimento e di co-
progettazione. Dove è necessario avere la più ampia ed inclusiva partecipazione, per una maggiore qualità della
discussione, è inevitabile chiedere un’adesione formale ai partecipanti, dal singolo cittadino alla grande organizzazione.

Si tratta di modalità pratiche con cui organizziamo una logistica adeguata, allestiamo materiali informativi.
Qualifichiamo la conduzione con personale competente. Aggiorniamo e comunichiamo in modo puntuale ai vari
partecipanti chi sarà presente il prosieguo dei lavori;
Correggeremo in corso d’opera l’eventuale inadeguata rappresentatività della partecipazione;
per rendicontare trasparentemente ogni incontro ai singoli partecipanti i risultati emersi, potrà aprire la fase successiva.

Questo punto non si tratta di schedare i partecipanti, ma al contrario, di avere condizioni concrete per una partecipazione
più organizzata, efficace e completa.
È importante svolgere una verifica della rappresentatività rispetto alle adesioni, nella fase iniziale del percorso al fine di
stabilire una relazione con tutte le persone coinvolte.
Nel caso in cui non venga richiesta un’adesione preventiva. Se è invitata la cittadinanza in termini generali Dove non è
prevedibile il numero esatto di partecipanti, è comunque opportuno considerare diverse soluzioni logistiche e materiali
informativi di base all’arrivo e un registro dei presenti al fine di dare un riscontro e informare su eventuali altre assemblee
del tema.
Fondamentalmente, anche in un evento tipicamente informativo di tipo unidirezionale nei casi in cui l’ente informa di piani
o progetti. Si deve consentire l’ascolto e il riscontro alla fine dell’incontro con pochi interventi da parte dei presenti. Ma a
seconda dei partecipanti comunque possibile introdurre qualche piccolo accorgimento per migliorare la qualità
dell’incontro quali ad esempio:
Pannelli informativi all’entrata, alcune schede informative sintetiche su specifici temi, la possibilità di compilare o un
raccoglitore dei fogli che indicano commenti e valutazioni.
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infine una bacheca per suggerimenti e idee, la stessa visualizzazione durante la discussione delle parole chiave su
cartelloni.

Sapere costantemente che la logistica svolge un ruolo importante nei processi di deliberazione pubblica. Ci serve per
individuare in modo preventivo gli spazi necessari, ampie sessioni plenarie e più ristretti sotto-gruppi di lavoro. Sarà
compito della segreteria operativa e dei facilitatori di effettuare un sopralluogo nei locali che ospiteranno gli incontri
prima degli incontri per verificare le condizioni necessarie.
Garantire l’accesso ai locali da parte dei partecipanti, oltre a scegliere spazi che non presentino barriere architettoniche.
Servono informazioni adatte, posizionando ogni informativa con cartelli lungo il percorso e all’entrata delle sale,
canalizziamo ogni criticità.

La gestione della consultazione e progettazione partecipata

La gestione o svolgimento costruttivo di un processo partecipato è la parte più importante e cruciale. Il percorso può
essere strutturato in modi diversi in base agli obiettivi di fondo come abbiamo visto dati dalla informazione, consultazione,
co-progettazione, partnership gestionali. Per giungere fino alle fasi in cui si vuole attivare la partecipazione (analisi
problemi, raccolta idee, progettazione, realizzazione progetti o piani, valutazione), ai tempi, ai portatori di interessi e
cittadini coinvolti, sui temi trattati.
Ne consegue la necessità di organizzare come una struttura fatta di tempi e di spazi in cui il percorso di partecipazione ha
con sé momenti diversi, affrontati con vari strumenti.
Fatti di momenti di sessione plenaria, a anche di forum, per l’avvio di percorsi con obiettivi di informazione, consultazione
e raccolta di idee proposte. Così come i rendiconti di chiusura di percorsi partecipati, per presentare i risultati finali esiti
della discussione, in sintesi si evoca lo spirito della deliberazione pubblica.
Anche i momenti di approfondimento su vari temi con varie attività dall’analisi, alla comparazione, alla cooprogettazione,
così come la selezione interventi, le priorità infine i ruoli, proprio attraverso laboratori.
Per entrambi questi momenti servono diversi approcci e strumenti di lavoro, e soprattutto alcune condizioni di base:
chiarire bene gli obiettivi e le domande di lavoro della partecipazione per ogni incontro, visualizzare i vari interventi,
programmare un numero di incontri adeguati a svolgere le attività di approfondimento (analisi e progettazione), così
come i tempi adeguati per informare gli esiti.
Inoltre possono essere utilizzate tecniche specifiche dedicate. Attività di lavoro utili nelle varie fasi di un processo
partecipato. Procedure codificate, usate in tante esperienze a livello internazionale che abbiamo brevemente elencato.

Per questo, le modalità informative possono assumere la forma di report, crono storie, incontri pubblici, vere e proprie
campagne di informazione. Un poster programma, o delle mostre, l’aggiornamento della pagina facebook o addirittura il
sito Web. Se invece si predilige modalità di consultazione si può ricorrere a dei veri tavoli di lavoro, indagini, interviste o
Focus group. Consultazione elettronica, Forum etc. ma anche la gestazione della progettazione può benissimo nascere da
questo genere di iniziative.
Indipendentemente dal numero di incontri che si succedono e dalle tecniche utilizzate, più concretamente una prima parte
del percorso dovrebbe essere dedicata all’analisi del problema o dei problemi da affrontare, agli effetti e cause che lo
generano e agli scenari futuri desiderati. Le criticità presenti e soprattutto le origini di queste.
A seguire, si dovrebbe passare ai possibili scenari e alle potenziali azioni strategiche da verificare con le azioni in corso e
quelle previste, per evitare di duplicare iniziative simili.
In questa fase si provvede all’illustrazione delle attività possibili che si svolgeranno, degli obiettivi che si intendono
perseguire, dei tempi, dei ruoli e delle risorse a disposizione per la realizzazione.
Un ulteriore passaggio, in qualsiasi piano di settore o progetto, dovrebbe essere dedicato alla costruzione di un piano di
azione che consenta, concretamente, di individuare obiettivi specifici di miglioramento. Finalmente selezionare le priorità
di intervento su cui concentrare le risorse in funzione dei tempi. Domanda immediatamente cosa fare? Quando agire e
soprattutto a quali priorità e tempi di realizzazione si deve dare precedenza.
Inoltre è cruciale definire i costi di realizzazione, anche una valutazione ipotetica, orientate sui possibili impegni dell’ente
pubblico proponente e dei diversi portatori di interessi coinvolti nel processo partecipato potranno rendere davvero
sostanziale e responsabilizzante la deliberazione pubblica, attribuendo compiti a chi deve agire e i tempi a chi deve
attuarla.
Non ultimo, per importanza, occorre prevedere modalità di monitoraggio periodico sull’andamento dei lavori e di
valutazione a fine lavori con appositi tempi e modalità di verifica e diffusione dei risultati.
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Sul piano del processo (tecniche utilizzate, dinamiche relazionali attivate), è importante che si possa assicurare un costante
monitoraggio delle attività, da parte della amministrazione del responsabile del processo. Adattando eventualmente
l’impostazione iniziale al momento in cui è evidente che non è possibile raggiungere gli obiettivi e i risultati ricercati o
perché sono emerse nuove opportunità inaspettate.
Nel caso in cui vengano attivati parallelamente diversi gruppi di lavoro, è opportuno prevedere momenti in plenaria in cui
viene fatto il punto rispetto allo stato dell’arte dei progetti in via di elaborazione. Segnalando le difficoltà incontrate e i
risultati ottenuti da parte di portavoce dei vari gruppi di lavoro, indicati dagli stessi partecipanti.
Sul piano dei contenuti, invece, le proposte emerse nel corso di un percorso di partecipazione devono essere sottoposte a
una verifica di fattibilità da parte degli amministratori e dei tecnici proprio durante il percorso stesso. Prevedendo delle
simulazioni con cui dimostrare ai partecipanti negli incontri seguenti, nei quali gli esiti della valutazione vengono condivisi
e motivati.
Nell’urbanistica partecipata, ad esempio, è fondamentale restituire immagini, rappresentazioni visive rispetto alle possibili
soluzioni, recepimenti e anche difficoltà a recepire, spiegandone i motivi. Spesso si possono fornire sul campo con un
sovra luogo.

Come si decide questo percorso

Giungere alla formalizzazione di una decisione è ovviamente altrettanto importante e qualificante nel processo
partecipato. Per quanto concerne l’emersione della decisione finale rispetto all’attuazione di un piano o progetto è
evidente che l’iter decisionale sia previsto dalle stesse normative e nelle sedi di democrazia rappresentativa previste come
i consigli comunali, regionali o in Parlamento. Ma può essere dal contributo dato a monte dati dai cittadini.
È altrettanto evidente, che il buon senso. Meno scontato nella realtà concreta. Se proviene per un ente pubblico, di
qualsiasi livello di governo, dalla consultazione della cittadinanza e dei portatori di interessi. Dentro i processi strutturati
con impegni, tempi e risorse dedicate, dovrebbe prevedersi una qualche forma di recepimento concreto di suggestioni,
indicazioni e proposte emerse dal dibattito-confronto. Nella decisione finale rispetto ad un piano di settore o un progetto.
Questo può essere più o meno marcato.
Ancora di più se si tratta di processi partecipati di tipo volontario e cercati su specifici progetti se non sono previste
normative o iter obbligati nel processo decisionale. Al momento dell’impostazione del processo diviene fondamentale
verificare la disponibilità di risorse da dedicare non solo alla partecipazione: Prevedere anche una quota di risorse o avere
un quadro probabile abbastanza realistico di fonti di risorse a cui attingere, per la realizzazione delle proposte che
vengono elaborate, discusse, selezionate dai partecipanti.
Troppo spesso il grado di recepimento nel processo decisionale viene trascurato, e l’effetto conseguente accreditarsi nel
merito ma c’è una gamma di criticità che sempre più delegittimano e rendono critici i contesti di democrazia
rappresentativa descritti nella parte iniziale.
Non tenere conto delle indicazioni di un processo partecipato, almeno nelle note condivise, e richieste dall’ente pubblico
promotore di quel processo, rischia di vanificare l’esperienza, perdendo credibilità tra i partecipanti che hanno dedicato
tempo e impegno agli incontri. Creando un precedente negativo che genera sfiducia nei confronti di qualsiasi iniziativa di
partecipazione futura, con generalizzazioni e pregiudiziali.
Sul fronte invece dei partecipanti, si rileva spesso un’altra ambiguità che spesso emerge nell’ambito dei processi
partecipati e che riguarda la convinzione spesso diffusa che se si attiva la partecipazione anche con forme nuove, il potere
decisionale finale viene trasferito interamente ai partecipanti. Questo è vero se si assume la consapevolezza dei bisogni a
cui deve rispondere il provvedimento.
Molti degli stakeholder che decidono di dare il proprio contributo intervengono convinti che qualsiasi proposta venga
fatta, sarà necessariamente accolta e fattibile, a prescindere dai costi, dalle normative esistenti, dai tempi, da limiti tecnici.
Per evitare ogni ambiguità sia sul fronte del promotore pubblico che dei partecipanti, è quindi utile sgombrare il campo da
aspettative mal riposte. Con chiarezza esplicita fin dall’inizio del percorso, e “nero su bianco” con apposito documento su
ruoli decisionali finali, ambiti, possibili risorse in campo e ambiti di recepimento dell’esito del percorso di partecipazione.
E’ bene chiarire che è un processo in cui entrano in gioco diverse variabili.
Nel caso non sia possibile realizzare le proposte dei partecipanti, tuttavia, l’ente deve motivare trasparentemente la scelta,
con il supporto di dati e informazioni esaustivi, un compito sicuramente più impegnativo ma fondamentale per rendere
credibili i processi partecipati e superare tante criticità esistenti tra Pubblica amministrazione e cittadini.
Se l’amministrazione ha, in realtà, già deciso quale sarà la decisione finale e non intende rivederla o recepire
sostanzialmente nessuna delle proposte che emergeranno da un processo partecipato, allora molto probabilmente non ci
sono le condizioni per attivare un percorso di partecipazione e si può evitare lo spreco di risorse pubbliche. Soprattutto il
tempo perso e le illusioni verso tutti.
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Lo svolgimento del processo partecipativo

Un ente che decide di attivare esperienze di partecipazione deve essere consapevole che, così come può trarre enorme
beneficio dal coinvolgimento dei diversi cittadini e dei portatori di interesse, che rappresentano punti di vista,
competenze, sensibilità differenti etc. Una amministrazione 5 stelle deve sapere che al tempo stesso si mette in gioco e
rischia di perdere legittimazione e credibilità se non traduce concretamente gli esiti del processo partecipato.
Sono spesso i tempi di realizzazione degli interventi quelli fin troppo dilatati e talvolta protratti per indebolire i risultati
visibili: troppo tardi. Generando delusione e demotivazione tra i partecipanti.
Per evitare tempi lunghi e vaghi, è quindi importante prevedere, già nelle fasi di consultazione e co-progettazione, e nei
piani di lavoro le tappe e i tempi specifici di realizzazione di breve, medio e lungo. Oltre al termine, per le singole iniziative
e progetti condivisi. Quelli proposti e possibilmente con una stima delle voci amministrative e di spendita concreta dei
soldi.
Di supporto a questo fase di definizione puntuale può servire una specifica tecnica di progettazione come il Logical frame
work, spesso adattata anche in contesti di processi partecipati in piccole realtà.
Inoltre, un’altra modalità per permettere tempi di realizzazione più brevi e con risorse e responsabilità più certe all’interno
della Pubblica amministrazione, è quella di recepire i progetti condivisi sia dai partecipanti che dall’amministratore
pubblico proponente . In questo modo il processo partecipativo, all’interno degli strumenti di gestione si può ordinare con
routinaria scadenza lo specifico il Piano Economico di Gestione (Pieno economico di gestione). Appositi centri di costo,
risorse dedicate, tempi di realizzazione, indicatori di verifica e Uffici e persone responsabili, potrebbe divenire la mappa
politica delle realizzazioni.

Come valutare gli effetti per le considerazioni finali

La valutazione rappresenta la fase finale nel ciclo di biologico e di vita di un progetto o di una politica pubblica. E’
fondamentale rilevare quanto, quale e come l’obiettivo o gli obiettivi prefissati siano stati raggiunti. Quali ricadute
quantitative e qualitative. Come misurare l’efficacia della gestione del processo partecipativo o del progetto
amministrativo così come ogni politica pubblica avviata dal movimento 5 stelle.
Nell’impostare un processo partecipato strutturato è opportuno prevedere e discutere fin dall’inizio le modalità e i tempi
per la valutazione ex post, in modo da verificare l’efficacia (realizzazione di interventi) e l’efficienza (risultati a parità di
risorse impiegate). Nel percorso amministrativo scelto, se un piano globale o segmentato.
Nonostante molti dei risultati di un processo partecipato siano intangibili e difficili da misurare. Quando si tratta di
misurare il capitale sociale-umano in partenza, durante e alla fine del percorso, in termini di conoscenze e competenze, è
importante evidenziare ogni aspetto, condividendo le informazioni e l’analisi con il consiglio comunale. La giunta etc.
interessata dalle attività e con gli i portatori di interessi coinvolti.
Sul piano del processo, a conclusione del percorso andrebbe distribuito tra i partecipanti un questionario di valutazione.
Rispetto ai contenuti della discussione, alla possibilità di esprimere la propria opinione, alle dinamiche relazionali, alla
struttura delle attività, e i contenuti emersi, all’utilità nel frattempo raggiunta. La rielaborazione di tutte queste
informazioni raccolte può essere inserita nel report finale conclusivo.
Possono utilizzarsi anche altri strumenti, come un Focus group di approfondimento. Tutte le verifiche presso gli
interessati e naturalmente presso i cittadini che godono delle ricadute del processo daranno certezza o meno.
Riguardo, invece, una valutazione degli interventi decisi in un piano o in un progetto, possono essere utilizzati specifici
indici strumentali che un Gruppo di monitoraggio ristretto composto da rappresentanti dell’ente e da alcuni portatori di
interessi possono testare. Anche la verifica periodica o un monitoraggio impietoso aperto a tutti i cittadini partecipanti
coinvolti nei gruppi di lavoro sarebbe salutare.

La storia del processo e non le narrazioni di comodo

La rendicontazione, in un’ottica di governance, di una deliberazione pubblica dovrebbe come si è visto quella che il
movimento chiama normale trasparenza. Si tratta di una attività che dovrebbe accompagnare i percorsi di partecipazione e
le attività connesse oltre che la vita amministrativa dell’ente. Durante l’intero ciclo di vita del processo partecipato nelle
sue varie fasi, dall’analisi; la valutazione ex post, o nel momento dei bilanci riveste una importanza specifica. Non si tratta
solo di informare, ma di rendicontare. Ovvero di raccontare a se stessi e agli altri le attività svolte, dei partecipanti
coinvolti, dei risultati in corso o raggiunti, delle attività future. Soprattutto non è un’attività sporadica, ma continua e
costante.
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Mentre sul piano degli strumenti concreti cioè degli strumenti di rendicontazione che possono essere diversi, in funzione
anche delle varie fasi di avanzamento di un processo partecipato: i verbali o i report dopo ogni incontro con informazioni
di base sull’agenda dei lavori, i partecipanti, i contenuti della discussione, i contributi, le note varie, prossimi
appuntamenti. Dovrebbe essere raccolti e riassunti
Tutti i documenti di approfondimento (es. normative, ricerche, rapporti tematici, siti web dedicati), possono essere
affiancati da bilanci di rendicontazione con cadenza periodica più lunga. Una descrizione qualitativa e quantitativa. Ovvero
tramite appositi indicatori, dei risultati raggiunti, potrebbe illuminare la cittadinanza sulla bontà del lavoro svolto.
I documenti possono essere diffusi via e-mail ai partecipanti e inseriti su un sito web dedicato al processo o sul sito
dell’ente pubblico coinvolto.
In caso si tratti di processi di urbanistica partecipata o di altre iniziative simili è utile predisporre a ogni incontro degli
indici rappresentati graficamente. Al fine di illustrare le proposte emerse nel corso degli appuntamenti precedenti e
rispetto all’esito conclusivo del processo. La predisposti di pannelli e totem per esporre in una mostra i contributi e i
risultati, può dar luogo ad una rappresentazione efficace e comunicativa. È evidente che le attività di rendicontazione
richiedono un minimo di attività, organizzazione e le risorse da dedicare all’interno dell’ente pubblico, rappresentano
invece un elemento di base nell’ambito di nuovi approcci di governance. Essi sono di grande vantaggio e utilità per i
processi partecipativi e anche per valorizzare meglio all’interno e all’esterno della Pubblica amministrazione le attività
svolte.
L’applicazione di princìpi di rendicontazione ovvero l’accountability periodica. Quella qualitativa e quantitativa su cosa e
quanto fatto e raggiunto, e di creazione di valore aggiunto per i vari portatori di interessi del territorio. Oltre che per
mantenere credibilità e legittimazione. Dovrebbe esserci un bilancio che non va relegato o sollecitato solo agli enti
pubblici ma anche, per reciprocità, ai vari portatori di interessi, come le imprese, le associazioni imprenditoriali, i soggetti
culturali e sociali, il mondo no-profit, le scuole, i comitati di cittadini organizzati, sindacati, ordini professionali, il mondo
della scuola, le università, gli enti di controllo e di prevenzione di vario livello, fino agli attivisti del movimento 5 stelle
locale, come prassi corrente e di maggiore innovazione trasversale gestionale e relazionale.

POST SCRIPTUM n. 1 Questo documento è un lavoro di riflessione e di rilancio della riflessione. Non ha pretese teoriche. La
sua funzione più esplicita è quella della natura discorsiva di metodologie che si possono calare nell’attualità del
MoVimento 5 stelle non solo Sardo. Sebbene molti degli spunti nascono in Sardegna, cioè nelle situazioni che in questi anni
il movimento ha vissuto e vive drammaticamente. Le sue fonti sono tante e rinvenibili su internet, presso siti universitari, i
blog della nuova pubblica amministrazione, report vari. La sua veste, non si ferma e gli eventuali sviluppi e chiavi di lettura,
in esso possono crescere e ulteriormente svolgersi. Non me ne assumo la completa paternità. Molti sono i debiti e tante le
aggiunte verso materiali sparsi, che preferisco non citare.

P.S. N.2 Assume una formulazione scritta soltanto per ragioni strettamente personali. Dietro le necessità che mi tengono
lontano dalle molte attività del movimento, ho avuto il desiderio di contribuire alla riuscita dellle nuove amministrazioni 5
stelle.
Si è vero, forse l’unica pretesa: sta nel fare gli auguri concretamente, e affettuosamente ai nuovi amministratori, di più alle
sindache e ai nuovi consiglieri comunali, a tutte le persone con le quali ho interloquito. Le tante fortemente impegnate su
questi temi. Ogni refuso ed ogni limite del quì presente scritto è soltanto mio. (S.)

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