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Molto chiaramente e sinteticamente in : Stefano Lisi, Informatica per le scienze della formazione, McGraw – Hill,
Milano, 2007, pag.10.
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Capitolo 1 Analogici e digitali: noi e loro
colonna di mercurio rappresentano e indicano in modo continuo il trascorrere dei
minuti o l’aumentare di una temperatura.
minuto dopo le 11.31, ma non rappresenta il fluire del tempo attraverso il movimento
continuo delle lancette.
Ecco dunque che testo, immagini statiche o in movimento e suoni, per poter essere
elaborati da un computer, debbono essere digitalizzati2 cioè trasformati in lunghe
sequenze di 0 e di 1. La portata innovativa sta soprattutto nel fatto che oggi tutti, o
quasi, possono a livelli diversi elaborare, produrre, modificare, scambiare
informazioni in formato digitale pur senza possedere particolari conoscenze
matematiche, grazie a interfacce3 “amiche” che rendono agevole e intuitivo il
dialogo con la macchina. La carica innovatrice sta soprattutto però nelle
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http://it.wikipedia.org/wiki/Digitalizzazione
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“Un’interfaccia è una superficie di contatto, di traduzione di articolazione tra due sistemi; è il luogo in cui due
mondi, due ordini di realtà differenti riescono a comunicare” (in Calvani, Educazione, comunicazione e nuovi media,
UTET Università, Torino, 2001, pag.9)
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Capitolo 1 Analogici e digitali: noi e loro
caratteristiche stesse della codifica digitale, prima fra tutte l’interattività4 : possiamo
intervenire su un prodotto digitale per modificarne il risultato in tempi successivi e
diversi, per tutte le volte che vogliamo e con rapidità, possiamo condividerlo e
scambiarlo con immediatezza attraverso la Rete, possiamo moltiplicarlo nel numero
voluto di copie con un clic e senza spese.
Tali potenzialità non possono non avere implicazioni importanti nella didattica e
nell’attuazione di processi di insegnamento/apprendimento, implicazioni che saranno
almeno in parte oggetto di analisi nel presente lavoro.
Queste sono le espressioni utilizzate da alcuni alunni ed alunne di una classe quinta
di una scuola primaria della provincia di Viterbo5 per parlare del digitale all’interno
di un brevissimo questionario volto a stimolare alcune riflessioni in classe sugli
strumenti digitali e il loro uso. Anche se la definizione corretta del termine appare
lontana, sono significativi i concetti spontaneamente associati alle caratteristiche del
digitale, per essi rappresentato soprattutto da telefonini, lettori .mp3, iPod ,consolle di
gioco, macchine fotografiche . Concetti che rimandano a qualcosa che, sebbene poco
chiaramente definito, fa stare bene, diverte, dà una sensazione di comfort e
modernità. Concetti espressi da nativi digitali , secondo la fortunata espressione
introdotta nel 2001 da Marc Prensky6 e utilizzata da numerosi autori7 per indicare la
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Stefano Lisi, op.citata.
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Anno scolastico 2009-2010 – Scuola primaria di Tre Croci, Direzione Didattica di Vetralla (Viterbo)
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Marc Prensky è scrittore, consulente e progettista di giochi,si occupa di istruzione e apprendimento; fu il primo ad
usare in un articolo del 2001 le espressioni “digital natives” e “digital immigrants”
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Tra gli altri, Michel Wesch docente di Antropologia culturale alla Kansas State University e animatore del “Digital
Ethnography Working Group”.
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Capitolo 1 Analogici e digitali: noi e loro
generazione di coloro che sono nati e cresciuti con le nuove tecnologie digitali e
spesso descritti come una nuova umanità figlia di cellulari e videogiochi8.
Alcuni degli studi condotti in merito hanno trovato diffusione attraverso opere di
carattere divulgativo, accessibili a un vasto pubblico anche di non specialisti.10
Tonino Cantelmi, docente di psichiatria dell'Università Gregoriana di Roma e
presidente dell'Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici, ha esaminato un
vasto campione di bambini nati a partire dal 2002 concentrandosi sulle caratteristiche
dei nativi digitali. Il loro apprendimento sembra essere più percettivo e meno
simbolico, sono dotati di abilità visuo-motorie eccezionali e di altrettanto eccezionali
abilità multitasking nell’uso contemporaneo di diversi strumenti e funzionalità.
Proprio questo uso precoce di strumenti digitali favorisce lo sviluppo di aree cerebrali
differenti rispetto alla generazione precedente11.
Ma l’universo digitale di cui sono abitanti non è stato creato da loro: è ancora opera
di una generazione di passaggio, di quei migranti digitali adulti che avvertono il
bisogno di definirlo, di analizzarlo per astrazione. Essi, invece, no: sono i bambini e
i ragazzi delle nostre scuole e dunque lo vivono per immersione, frequentano la
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Alcuni identificano in questa nuova generazione i nati a partire dal 1990, altri dal 2000; si tratta infatti di una
definizione che fa riferimento più che a un vincolante dato cronologico a un diverso modo di costruire conoscenza e
usare l’intelligenza influenzato da un’immersione nelle ITC. Interessante sul tema, anche per lo stile, il filmato in rete
di una delle trasmissioni di Current TV http://www.garamond.it/index.php?pagina=653 visitato in aprile 2010 con
interventi di
Dr. Gary Small (Neuroscienziato, UCLA)
Howard Rheingold (Insegnante e saggista, Stanford University)
Giovanni Boccia Artieri (Prof. Nuovi Media, Università di Urbino “Carlo Bo”)
Paolo Ferri (Prof. Tecnologie dell’Insegnamento, Università di Milano “Bicocca”)
Antonio Fini (Insegnante, collaboratore del Laboratorio di Tecnologie dell’Educazione, Università di Firenze)
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Un esempio in http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/09_maggio_26/generazione_nativi_digitali_782e5b90-
49e9-11de-8785-00144f02aabc.shtml visitato in aprile 2010
10
Un esempio: M.R.Parsi, T.Cantelmi, F.Orlando, L’immaginario prigioniero, Mondadori, Milano 2009
11
Parsi, Cantelmi, Orlando, op.citata
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Capitolo 1 Analogici e digitali: noi e loro
multimedialità digitale non come un veicolo o uno strumento per conoscere o
trasmettere elementi di conoscenza già dati, ma come un ambiente in cui abitare e
crescere costruendo nuove capacità e sensibilità personali, culturali e sociali.
E’ importante allora riflettere sul ruolo , sullo spazio di azione e sulle responsabilità
che spettano agli insegnanti, ai genitori e agli educatori in genere, in questo nuovo
habitat.
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R. Maragliano, op.citata, pag.21
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R.Maragliano, ibidem
16
R.Maragliano, op.citata, pp.61 62.
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Capitolo 1 Analogici e digitali: noi e loro
nuovo in ciò che già esiste, dunque introdurre elementi di novità in contesti
preesistenti, garantire passaggi, modificazioni , cambiamenti.17
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InnovaScuola è il nome di una iniziativa supportata dal Ministero per l’Innovazione Tecnologica volta a estendere
l’utilizzo delle ITC nella didattica in un numero crescente di scuole su tutto il territorio nazionale; si avvale di un
portale per docenti, studenti e famiglie che integra diversi ambienti: libreria digitale, community, canali tematici di
approfondimento: http://www.innovascuola.gov.it/
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Antonio Calvani, Educazione, comunicazione e nuovi media, UTET Università, Torino 2008, pag.21
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Pier Cesare Rivoltella, Teoria della comunicazione, La Scuola, Brescia, 1998, citato in Calvani, op.citata, pag.21
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Capitolo 1 Analogici e digitali: noi e loro
costruzione dei significati propria del soggetto e che favoriscono la negoziazione e la
condivisione dei significati stessi.20
Lo sviluppo della rete, e oggi per rete si intende Internet 21, e delle applicazioni ad
essa collegate ha amplificato le potenzialità dei media. Nella lunga storia dell’uomo
in società, la spazialità che consente le interazioni è stata condizionata per centinaia
di anni dal limite fisico della vista e dell’udito, della vicinanza nel tempo e nello
spazio; l’avvento dei media ha espanso le possibilità di relazione, sin dall’invenzione
della scrittura che ha consentito di distaccare la comunicazione dalla contiguità
spazio-temporale. Oggi all’interno del cyberspazio22si producono eventi diversi:
divertimento, transazioni economiche, espressioni artistiche e, per quello che più
direttamente ci riguarda, apprendimento, costruzione e condivisione di conoscenza,
studio. Il miglior uso che si possa fare del cyberspazio, secondo Pierre Lévy23,
consiste nel mettere in connessione saperi, conoscenze, idee: la rete offre un
potenziamento e un incremento della conoscenza e dell’apprendimento che il nostro
autore chiama intelligenza collettiva.
20
Antonio Calvani (2001), op.citata, pag.24
21
Intenet – la rete delle reti – ha il suo progenitore in Arpanet, un progetto degli anni ’60 della difesa militare
americana che aveva e che successivamente, a partire dagli anni ’90, aprendosi ad un uso commerciale e pubblico ,
venne liberalizzata e divulgata.
22
Il termine cyberspazio è stato coniato dallo scrittore William F. Gibson, considerato il padre del filone cyberpunk,
che lo usò nel romanzo Neuromancer del 1984.
23
Pierre Lévy, filosofo di cultura virtuale contemporanea, vive a Parigi e insegna al Dipartimento di Hypermedia .E' un
ricercatore che si è formato con Michel Serres e Cornelius Castoriadis, e si è specializzato a Montreal, approfondendo le
modalità di approccio ipertestuale. Ha sviluppato, assieme a Michel Authier, un concetto di rete conosciuto come
"Alberi della conoscenza". Lévy è anche interessato alla intelligenza collettiva studiata in un contesto antropologico. E'
uno dei più brillanti "media philosopher" del momento ed è seguito in Italia nel mondo cyber e multimediale fin dalla
pubblicazione del suo libro Le tecnologie dell'intelligenza. L'avvenire del pensiero nell'era informatica, Synergon, 1992
In italiano è stato pubblicato anche il suo libro L'intelligenza collettiva. Per un'antropologia del cyberspazio, Feltrinelli,
1996 . In particolare a quest’ultima opera si fa riferimento nel presente lavoro.
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Capitolo 1 Analogici e digitali: noi e loro
l'altra, scambiare il loro sapere, cooperare. Detto in modo assai generale,
per grandi linee, è questa in fondo l'intelligenza collettiva.”24
24
Pierre Lévy – Parigi European Forum intervista del 4 Settembre 1995
25
Calvani, Educazione, comunicazione e nuovi media, UTET Università, Torino 2001, pp.43e seguenti.
26
Derrick de Kerchove è un sociologo di origine belga, naturalizzato canadese, a lungo collaboratore di M. Mac Luhan.
stato membro del McLuhan Program in Culture and Technology di Toronto dal 1972 al 1980, di cui è l’attuale direttore.
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Intervista del 11/02/1997, “Verso la conoscenza connettiva”, Cannes.
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Capitolo 1 Analogici e digitali: noi e loro
La connettività in rete ,come in classe, nel lavoro di gruppo e attraverso modalità di
apprendimento cooperativo, può diventare dunque una scelta pedagogica fondata
sul paradigma costruttivista28: la conoscenza come prodotto di una costruzione attiva
del soggetto con un carattere “situato”, ancorato nel contesto concreto e che si svolge
attraverso forme di collaborazione e continua negoziazione sociale dei significati.29
David Jonassen30 , uno dei maggiori esponenti dei nostri tempi del costruttivismo,
sostiene che tale concezione dal punto di vista pedagogico conduce non ad una
progettazione didattica predefinita, ma piuttosto alla creazione di ambienti di
apprendimento. Per la loro strutturazione non esistono però modelli di riferimento in
quanto i processi di negoziazione dei significati e di costruzione della conoscenza
sono sempre inseriti in contesti relazionali specifici e dunque diversi e difficilmente
generalizzabili ed esportabili. Egli stesso delinea solo una serie di raccomandazioni
utili rispetto alle caratteristiche che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere e che possono essere così sintetizzate:
28
Impossibile sintetizzare qui la complessità e la molteplicità di approcci del pensiero costruttivista che è una teoria
della conoscenza e una teoria dell’apprendimento che affonda le sue radici nel pensiero di Piaget e vede tra coloro che
hanno contribuito alla sua nascita studiosi diversi quali Ernst Von Glasersfeld, George Kelly, Gregory Bateson,
29
D.Jonassen citato in G. Marconato, Apprendimento significativo con le tecnologie, in A. Andronico, T. Rosselli, V.
Rossano, Didamatica 2008, Edizioni Laterza, Bari 2008.
30
David Jonassen è Distinguished Professor presso l’Università del Missouri, Scuola di Scienze dell’Informazione e
delle Tecnologie per l’Apprendimento. Dirige il Centre for the Study of Problem Solving .I capisaldi della sua attività
di ricerca didattica sono:
• L’orientamento costruttivista
• L’apprendimento con le tecnologie
• La necessità di definire e implementare ambienti di apprendimento costruttivisti
• La necessità di pensare le tecnologie come strumenti cognitivi
• La necessità di sviluppare tecniche di Problem solving
• L’utilità di apprendere dalle tecnologie
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Capitolo 1 Analogici e digitali: noi e loro
Le tecnologie in tali contesti non sono “nastri trasportatori di conoscenze e
informazioni”, ma piuttosto “cognitive tools”: strumenti che aiutano le persone a
trascendere i limiti della propria mente, come ad esempio la memoria, e che
consentono di applicarsi in modo più profondo ai contenuti creando e condividendo
una conoscenza che non è semplice riproduzione di quella trasmessa da altri.31
31
D.Jonassen citato in G. Marconato, Apprendimento significativo con le tecnologie, in A. Andronico, T. Rosselli, V.
Rossano, Didamatica 2008, Edizioni Laterza, Bari 2008.
32
H.Gardner, psicologo statunitense, docente presso l’Università di Harvard;tra le sue opere in traduzione italiana sono
disponibili:
Formae mentis, Feltrinelli, Milano, 1987
La nuova scienza della mente, Feltrinelli, Milano, 1988
Aprire le menti, Feltrinelli, Milano, 1991
Educare al comprendere, Feltrinelli, Milano, 1993
Intelligenze creative. Fisiologia della creatività attraverso le vite di Freud, Einstein, Picasso, Eliot, Gandhi e Martha
Graham, Feltrinelli, Milano, 1994
Intelligenze multiple, Anabasi, 1994
L'educazione delle intelligenze multiple, Anabasi, 1994
Personalità egemoni. Anatomia dell'attitudine al comando, Feltrinelli, Milano, 1995
Sapere per comprendere. Discipline di studio e discipline della mente, Feltrinelli, Milano, 1999
Cinque chiavi per il futuro, Feltrinelli, Milano, 2007
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Capitolo 1 Analogici e digitali: noi e loro
costruzione di nuova conoscenza nella condivisione di risorse e stimoli aperta
all’esterno33. In tale ambiente, l'insegnante riveste il ruolo di organizzatore e
"facilitatore" dei processi d'apprendimento e, liberato dal ruolo di solitario
dispensatore di conoscenza e informazioni, si può quindi dedicare in modo più
proficuo alla personalizzazione delle strategie didattiche e all’accompagnamento
pedagogico di ciascuno dei suoi allievi.
35
A.Calvani, op.citata, pag.88
36
La figura è tratta da. A.Calvani, Tecnologia, scuola e processi cognitivi. Per una ecologia dell’apprendere, Franco
Angeli , Milano 2007
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Capitolo 1 Analogici e digitali: noi e loro
della più sofisticata tecnologia disancorata da finalità conoscitive e non ben
contestualizzata in un ambiente di apprendimento.
Calvani40 fornisce inoltre interessanti criteri di riferimento per una ecologia dei
media41 che non assuma forme di ispirazione censoria o di vacuo moralismo, ma
sia propositiva nel contribuire a fare in modo che i media, e a maggior ragione i
39
A.Calvani, Educazione, comunicazione e nuovi media. Sfide pedagogiche e cyberspazio, UTET Università, Torino,
2001, pp.88 89 90.
40
A.Calvani, op.citata, pag.69 e seguenti.
41
L’espressione “ecologia dei media” si è diffusa dal 1979 a partire da Neil Postman, sociologo statunitense fondatore
del programma ecologia dei media presso l’Università di New York. Il concetto appare nell’opera: N.Postman,
Ecologia dei media. L’insegnamento come attività conservatrice, Armando editore, Roma 1981, in cui si attribuisce
alla scuola una funzione termostatica, essa deve cioè fare da contrappeso ad una società caratterizzata dalla presenza dei
media, creando uno spazio incontaminato, libero dai media stessi. Attualmente l’espressione ripresa da Calvani, va ben
oltre il concetto di regolazione che appare decisamente riduttivo.
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Capitolo 1 Analogici e digitali: noi e loro
nuovi pervasivi media digitali, concorrano efficacemente ad accrescere le
competenze, le conoscenze e gli spazi di autonomia e di libertà dei soggetti in età
evolutiva. L’autore propone una serie di principi regolativi specifici per un’
ecologia mediale42:
⋅ controllare che l’uso dei media non sia intrusivo rispetto ad istanze diverse del
soggetto relative a bisogni fisici, di autonomia, di identità e sicurezza,
prestando attenzione a un bilanciamento formativo tra esperienze mediate e la
valorizzazione della corporeità, della valorizzazione della comunicazione
diretta, del dialogo (senza trascurare di riflettere sull’intrusività del medium-
libro ormai quasi inavvertita eppure onnipresente nelle nostre aule)
42
A.Calvani, op.citata, pp.74 e 75.
43
“Didattica digitale” è anche il nome di un portale che fornisce risorse ai docenti per una didattica costruttivistica
supportata dalle tecnologie di rete , all’indirizzo http://www.didatticadigitale.com/didatticadigitale/index.php?
option=com_content&view=article&id=25&Itemid=28
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Capitolo 1 Analogici e digitali: noi e loro
Nella scuola italiana la formazione dei docenti all’uso didattico delle ITC ha avuto un
impulso “dall’alto” con i progetti ministeriali denominati ForTic 1 e ForTic2. In
ForTIC 1 i percorsi formativi erano di quattro tipi, corrispondenti a quattro livelli di
competenza, mentre nel successivo ForTIC 2 ne sono stati previsti soltanto due: il
primo per acquisire competenze finalizzate all’applicazione nella didattica delle
tecnologie informatiche e il secondo per imparare a gestire le strumentazioni e le reti.
Le scuole hanno partecipato organizzando autonomamente corsi e laboratori,
utilizzando docenti tutor ed operando attraverso l’ambiente di formazione offerto
dall’Indire44 , l’Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia scolastica45. Tali
corsi di formazione hanno contribuito ad accostare i docenti meno esperti all’uso del
computer e della rete, ma si muovevano ancora nell’ottica di una alfabetizzazione
informatica caratterizzata da un addestramento all’uso degli applicativi del desktop
con particolare riferimento al sistema operativo Microsoft e ad alcune esperienze di
navigazione in rete46. L’approccio dei docenti era poi parallelo nelle classi, con gli
allievi: l’ora di “informatica” nel laboratorio con l’insegnante identificato come
specialista. Più difficili e rari i tentativi di una integrazione delle ITC nella didattica.
In una diversa direzione sembrano andare in questi ultimi anni gli interventi
formativi come pure le iniziative autonome delle scuole. A titolo di esempio si può
considerare il progetto Cl@ssi 2.047 del Miur , per ora rivolto alle scuole secondarie
superiori ma del quale è prevista un’estensione anche alle scuole primarie, che è
finalizzato a realizzare ambienti di apprendimento adatti ad un utilizzo costante e
diffuso delle tecnologie nella quotidianità scolastica. Significativo anche
l’ampliamento alle scuola primarie dell’iniziativa per la diffusione delle LIM48 ,
nonostante l’esiguità del numero di lavagne assegnato alle scuole renda ancora solo
44
La nuova edizione raggiungibile all’indirizzo http://puntoedu.indire.it/corsi/content/index.php?
action=docenti&id_cnt=2945
45
http://www.indire.it/index.php
46
La scrivente è stata tutor d’aula durante il corso fortic2 nell’anno scolastico 2006-2007 presso la Direzione Didattica
di Vetralla (Viterbo)
47
http://www.istruzione.it/getOM?idfileentry=84334
48
Il progetto è raggiungibile all’indirizzo:
http://www.indire.it/scuoladigitale/lavagna/content/index.php?action=read_pag2&id_cnt=5874
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Capitolo 1 Analogici e digitali: noi e loro
ipotetica la possibilità di integrare in tutte le classi le ITC nell’attività quotidiana in
aula. Numerosi inoltre gli ambienti in rete destinati alla condivisione di esperienze e
conoscenze realizzate dalle scuole49.
Nonostante quella che pare ormai un’ endemica e spesso disarmante povertà e
carenza di strutture non solo tecnologiche della scuola italiana, queste esperienze
citate ad esempio fanno ben sperare. La gratuità di molte opportunità offerte dalla
Rete (forum, blog, podcast, wiki…) unita all’accoglimento della sfida pedagogica
lanciata ai docenti dalle potenzialità didattiche delle nuove tecnologie, possono
condurre la scuola verso una significativa innovazione, scevra da pericolose
infatuazioni tecnicistiche ma aperta alla sperimentazione e alla ricerca di come i
media digitali possano contribuire alla creazione di efficaci e piacevoli ambienti di
apprendimento, di conoscenza e di crescita.
49
A titolo di esempio l’ambiente offerto da Edidablog all’indirizzo http://www.edidablog.it/
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