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Non è necessario lottare contro la sofferenza, perché la sofferenza è una parte di noi,
occorre trattare la sofferenza con molta dolcezza, non bisogna fare la guerra alla
sofferenza, perché la sofferenza fa parte della vita e possiamo imparare molto dalla
sofferenza. È come per un giardiniere, nel suo giardino ci sono fiori, ma c’è anche
immondizia. Ma un buon giardiniere può trasformare l’immondizia in compost con cui
nutrire fiori e verdura. Allora la pratica è accettare la sofferenza, abbracciare la
sofferenza e trasformare la sofferenza in qualcosa che nutre. È una cosa
possibile. Non bisogna avere paura della sofferenza, bisogna guardarla in faccia con
molta comprensione:
Nel buddismo la sofferenza viene chiamata malessere. Occorre riconoscere che è una
cosa che esiste, è una verità riconosciuta da tutti, compreso il Buddha. Se non
accettate questa verità, non siete un amico del Buddha.
E se si accetta che esiste la prima nobile verità, allora si deve accettare che esista la
seconda, perché il malessere ha le sue radici, le sue cause. Ecco perché si deve
accettare anche la seconda nobile verità, la natura del malessere. Abbiamo vissuto in
una certa maniera, abbiamo organizzato la società, la famiglia in maniera tale, che il
malessere è diventato una realtà. Allora, quando si guarda in profondità il malessere,
si vedono tutte le cause che hanno portato il malessere, cioè la natura del malessere,
in termini di cultura, di società, di cibo, di educazione, di famiglia, di relazioni. Allora,
quando si guarda, si comincia a vedere nella profondità le cause, le radici di questo
malessere.
Per esempio, quando si beve una razza di tè, se mi stabilisco nel momento presente,
avrò la consapevolezza, avrò la capacità di riconoscere che sono lì, sono lì
perfettamente presente e sto per bere il tè. Quando si beve il tè e si sa che si sta per
bere il tè, allora c’è la presenza mentale. Ma se si è assorbiti nei pensieri, se si pensa
al passato o al futuro, non c’è presenza mentale. Ecco perché si può dire che la
presenza mentale è l’energia che ci aiuta, ci permette di riconoscere ciò che accade
nell’istante presente. Ciò che accade nell’istante presente è che sto per bere una tazza
di tè, sto per fare un’inspirazione, la respirazione consapevole, la respirazione in
presenza mentale. Quando cammino, se mi concentro sui passi, allora c’è la
consapevolezza del camminare, di camminare in presenza mentale. Tutti possono
generare l’energia della presenza mentale e quando c’è quella energia, siete davvero
presenti, siete davvero vivi, siete nella condizione di toccare la vita in profondità. Ecco
perché l’energia della presenza mentale è considerata “il ponte” per poter entrare in
contatto con le meraviglie della vita che sono disponibili nel momento presente.
Guardo il cielo azzurro e faccio un’inspirazione consapevole. Dico: “Inspiro e vedo il
cielo azzurro”. In quel momento avete l’energia della presenza mentale che vi
permette di esserci e di entrare in profondo contatto col cielo azzurro. E solo in quel
momento esiste la vita. E la vera vita è possibile solo quando c’è l’energia della
presenza mentale. Ad ogni respiro, ad ogni passo, potete generare l’energia della
presenza mentale ed è con questa energia che potete anche guardare in profondità il
vostro malessere. La presenza mentale porta anche la concentrazione e con la
concentrazione potete scoprire ciò che è nella natura del malessere. Perciò guardate il
malessere con l’energia della presenza mentale e potrete scoprire la natura del
malessere, comprenderete la seconda nobile verità. E quando è compresa la seconda
nobile verità, si rivelerà la quarta nobile verità, il cammino, cioè il modo di vivere che
conduce alla cessazione del malessere.
E cos’è la terza verità? La terza verità è appunto la cessazione del malessere, cioè il
benessere.
Allora secondo il Buddha, la gioia, la felicità, il benessere sono cose possibili, possibili
in quanto c’è la quarta nobile verità. La quarta nobile verità è il Nobile Sentiero, il
sentiero che conduce alla cessazione del malessere. La seconda verità può essere
definita come il sentiero ignobile che conduce alla sofferenza, al malessere. Le quattro
nobili verità costituiscono l’argomento del primo insegnamento offerto dal Buddha,
molto semplice e allo stesso tempo molto scientifico. Perciò è possibile guardare la
sofferenza come comunità. Perché quando c’è la comunità, si può praticare insieme e
si può generare l’energia collettiva della presenza mentale e questa energia collettiva
è molto potente. Ciascuno di noi può trarre profitto da questa energia collettiva. Ecco
perché la presenza del sangha è una cosa formidabile. Ci sono cose che non possiamo
fare quando siamo soli, ma con il sangha diventa facile: la meditazione seduta, la
meditazione camminata, la respirazione consapevole, il pasto in silenzio e in presenza
mentale, si fanno molto facilmente con il sangha. Se siete soli, sarà molto più difficile.
Col sangha è facile perché c’è un’energia collettiva generata dal sangha nella pratica e
ciascuno di noi può contribuire a generare questa energia collettiva, che penetrerà in
ogni persona, per poter riconoscere, abbracciare e trasformare il dolore, il
malessere. Perciò il consiglio dato dal Buddha è di non sfuggire al malessere, bisogna
imparare a guardare in faccia il malessere, bisogna riconoscerlo, bisogna abbracciarlo,
bisogna guardare profondamente nella sua natura, come il vostro neonato. Il
malessere è una verità santa, è una verità nobile. Perché? Cosa c’è di nobile nella
sofferenza? Perché a causa della sofferenza, a causa della comprensione della
sofferenza, si potrà vedere il nobile sentiero che conduce alla trasformazione e alla
guarigione. Ecco perché si ha bisogno del malessere, si ha bisogno della sofferenza:
per poter vedere, per poter identificare la via.
Inspiro, espiro
Anche quando siete nella posizione potete praticare seguendo questa piccola
poesia. La meditazione seduta in presenza mentale è una gioia. Con un cuscino,
potete rimanere venti, trenta minuti in questa posizione. Non è una faticaccia, si può
trovare una gioia profonda nella posizione seduta in presenza mentale. Nella posizione
seduta potete essere completamente rilassati, potete sedervi come un buddha. È
facile, e dà molta gioia questa posizione. La posizione del loto è molto stabile,
mantenete la colonna vertebrale diritta, ma non rigida, permettete al corpo di
rilassarsi. In questa posizione si può realizzare la stabilità e il rilassamento nello
stesso tempo. Non dovete fare niente, non c’è niente da fare, c’è solo qualcosa da cui
trarre gioia. Nelson Mandela è venuto in Francia per la prima volta, per fare visita a
Mitterand. I giornalisti gli hanno domandato cosa desidererebbe fare di più e lui ha
risposto: “Quello che desidererei fare soprattutto è sedermi e non fare niente, perché
da quando mi hanno rilasciato dalla prigione sono troppo occupato e non ho più avuto
il tempo di sedermi a fare niente”. Perciò Mandela ha sentito il bisogno di sedersi e di
non fare niente, ecco la meditazione seduta. Questo dovrebbe procurare felicità,
benessere, stabilita. Non si deve lottare durante la meditazione seduta, bisogna
lasciarsi essere rilassati e cominciare la respirazione consapevole. Sull’inspirazione
dite sono a casa e sull’espirazione sono arrivato, e dovete seguire il respiro fino in
fondo, e potete sentire la gioia mentre respirate. Non avete bisogno di riflettere, di
pensare. Non ci sono pensieri o riflessioni da fare. Ci si lascia liberi, si segue il
respiro. Inspiro, è un’inspirazione. Espiro, è un’espirazione. Inspiro, sono davvero a
casa, non voglio più correre. Espiro, sono già arrivato, niente da fare, nessun luogo
dove andare. Non so se a Mandela danno la possibilità di sedersi, se può davvero
sedersi così. Ne dubito. Autorizzatevi a rilassarvi, stabilitevi nel momento presente e
traete gioia da momento presente. Nella vita moderna è un lusso potersi sedere e non
fare niente e questa è la meditazione seduta. Per me è autentica civiltà. Bisogna farlo
per Mandela e per le altre persone che sono troppo occupate nella loro vita quotidiana
e che non hanno la possibilità di vivere la loro vita in profondità. Sostenuti dagli amici
del sangha, potete rimanere nella posizione seduta e praticare il respiro consapevole.
Mi sento stabile, perché il passato non può più trascinare e neanche la paura per il
futuro mi può trascinare: sono libero, mi sono stabilito fermamente nel momento
presente ed entrerò in contatto profondo con le meraviglie della vita in me e intorno a
me. Non è una lotta, è un regalo. E siete sostenuti dagli altri membri del sangha per
poter godere della meditazione tranquilla. Ancora una volta, questa meditazione
seduta è un lusso, è un favore accordato al praticante della meditazione. Vi sentite
vivi, liberi.
Sono a casa, sono arrivato.
Non corro più, mi sento bene, sono una meraviglia della vita e sono attorniato da
meraviglie della vita. C’è il regno di Dio che è disponibile per me, perché devo
correre? Mi stabilisco fermamente nel qui e ora, mi sento solido, mi sento libero, sono
davvero nella Terra Pura del Buddha.
E la meditazione seduta vi guarirà, vi trasformerà, trasformerà il dolore e la
sofferenza in voi e nel mondo. Non c’è lotta, c’è soltanto un permesso accordato al
corpo e alla mente, perché corpo e mente abbiamo una possibilità di rinnovarsi, di
guarire di trasformarsi. E questo può essere fatto con l’aiuto dell’energia collettiva
della presenza mentale del sangha.
Quando fate colazione, fate la stessa cosa. Agite come donna libera, come uomo
libero. Guardate tutto in presenza mentale, guardate il cibo, il pane, il tè, il caffè in
presenza mentale, sorridete e masticate ogni boccone in presenza mentale,
concentrandovi sul cibo. Non c’è bisogno di pensare. Se pensate, non siete veramente
presenti. Non c’è bisogno di pensare, c’è bisogno di essere presenti, corpo e mente
uniti. Durante tutto il tempo della colazione si può praticare la presenza mentale e ci
si sente davvero presenti, davvero vivi. Si sente la presenza del sangha intorno e
questo può portare molta gioia, molta solidità e molta libertà che ci nutrono.
Quando siete in cucina per aiutare a preparare il pranzo, potete praticare anche lì,
potete tagliare le carote in presenza mentale, potete provare gioia dell’inspirazione e
dell’espirazione e del fatto che state tagliando le verdure per il sangha. Anche questo
vi dà molta gioia. È il piacere della pratica.
Il buddha ha descritto la pratica come nutrimento quotidiano, pratica della gioia e
gioia della pratica, considerata come il nutrimento quotidiano per il praticante.
Abbiamo l’abitudine di lottare. Allora ogni volta che questa abitudine si manifesta,
possiamo riconoscerla con la presenza mentale. Occorre sorridere a quell’abitudine:
Se siete capaci di riconoscere la vostra abitudine, allora restate una persona libera. E
ogni volta che praticate in questo modo, l’energia dell’abitudine perderà un po’ del suo
potere e a poco a poco si trasformerà.
Mentre camminate, se perdete la presenza mentale, il fratello o la sorella che
cammina davanti a voi, vi servirà come campana di consapevolezza. Guardando la
persona che cammina in presenza mentale, tornerete al momento presente e a vostra
volta toccherete la terra con i piedi in presenza mentale e genererete l’energia della
gioia, della stabilità e della libertà.
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