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Sono entrambi al the hive, precisamente nel boschetto privato.

Una
merenda a base di pizza tra amici, hanno già passato un po’ di
tempo quindi insieme a chiacchierare e a raccontarsi qualche
storiella divertente. Jasper appare molto rilassato è seduto sul prato
rischiarato dallea luce del sole che filtra tra le fronde degli alberi. La
stoffa dei jeans struscia contro l’erba umida mentre spinge le
converse nere a terra per rialzarsi a fatica, rallentato dal solito passo
sghembo, la maglia a mezze maniche blu è un po’ sgualcita dalla
sosta nella natura selvaggia. Abbozza un sorriso neutrale, i due
staranno parlando dell’organizzazione di cui entrambi fanno parte,
della storia delle essenze che inquinano forse. Ai polsi sono stretti i
soliti tanti braccialetti, tra questi si confonde quello a
rappresentanza del Sielun, ce n’è anche uno di perline rosse e nere
che cingono il polso in una processione, a segnare il legame che lo
collega a Papa Legba. E’ il Loa che mormora una nenia sempiterna
nella sua mente. La pelle in qualche punto è colorata di lividi e
questo insieme alle pupille dilatate va a sottolineare la sua natura.
Intorno a lui l’aria si fa più gelida a causa degli skulls che vedono in
lui una piccola calamita intorno a cui vorticano. In mano ha
recuperato una pemba bianca, tipico gessetto rituale della
ritualistica esoterica voduista, lo rigira tra le mani assorto, a terra
c’è anche il pugnale rituale. E’ all’improvviso che solleva o sguardo
sulla mannara, la scruta per qualche istante in silenzio, poi
mormora. <allora, hai scelto?> per quanto non specifichi è piuttosto
chiaro che stia parlando del vincolo. Un legame che li porterebbe a
cercarsi, pur mantenendo l’indipendenza, anche aldilà della morte,
oltre quella linea di demarcazione netta che tanto spaventa gli
uomini.

Il nervosismo di Nad lo coglie, sembra raggiungerlo avvolgerlo, di


contro le spinge uno sguardo attento abbinato ad un’espressione
impassibile. Jasper R. Barbey sorride, è un sorriso intenerito e un po’
inafferrabile, uno di quelli labili che di tanto in tanto a seconda delle
ombre che il sole gli getta sul volto può sembrare quasi una smorfia.
E’ la domanda della mannara che raggiungendolo lo porta ad
aggrottare le sopracciglia, per un po’ resta a fissarlo con incastrato
nello sguardo un dubbio netto che stempera sotto l’ennesimo sorriso
neutrale prima di annuire debolmente. <io e Aurore ci stiamo
frequentando> lo dice a voce bassa, ma con la solita leggerezza che
le spinge contro come un’occhiata assorta che china ad inquadrarne
le gambe quando lei riprende a parlare. Qui abbozza un sorriso più
morbido e si muove, si fa avanti strusciando sull’erba e accostandosi
alla donna mentre scuote la testa, un cenno di diniego lento <no>
mormora a voce bassa risalendone piano il viso, guadagna
centimetro dopo centimetro dei lineamenti di lei passandoli in
rassegna con lentezza. Sta giusto dondolando l’attenzione sulle sue
labbra quando lei torna a domandare, ne afferra le parole prima di
sentirle, le frega cogliendole una ad una direttamente sulla sua
bocca, così quando risponde lo fa ancora con lo sguardo basso <è
solo una scarificazione> le specifica continuando a rigirarsi in una
mano la pemba. <e se mai tu dovessi morire, io ti riuscirò a trovare,
mi resteresti accanto e quel periodo risulterebbe per te meno
difficile, se poi vorrai passare oltre potrai farlo, ma se vorrai tornare
mi occuperò io della tua resurgo> e solleva con decisione lo
sguardo, cercandone gli occhi <e quando tornerai riuscirai a
ricordare quello che ti è successo oltre il velo> una spiegazione
spicciola, replica di quella che già le aveva dato dopotutto, eppure
stavolta sembra più accorto così come appare più abbronzato, come
se l’ultimo periodo l’avesse un po’ cambiato, fisicamente e non, in
modi tutti strani. <lo facciamo? Se poi non ti va più si può rompere>
lo dice mentre si rialza, lentamente e a fatica e piano si appresta a
disegnare un cerchio bianco sull’erba tutto attorno a lui e alla
mannara. <non uscire dal cerchio Nad questa è la nostra aria
protetta in cui potremo operare, ora mi appresto a purificarla> gli
spiega quanto deve fare onde evitare che l’essenza si senta parte di
un film su una setta. A questo punto si appresta a prendere un
piccolo incensiere di ghisa, iniziando a trafficare, chinato, con un
carboncino che accende e su cui lascia bruciare il composto di sale
e zolfo. <mi hanno offerto un posto come direttore alla nbc> lo dice
improvvisamente, forse per distrarla da quanto inizia a fare <ho
accettato> occhieggiando verso di lei mentre fa per muoversi sulla
circonferenza del cerchio tracciato per completare la purificazione.
Sono gesti accorti e cauti quelli che compie. [Vincolo 1/3]

Lei dice che non sono fatti suoi. Lui di contro aggrotta le
sopracciglia, lo fa per un istante quello tra l’altro in cui si ferma ad
osservarla, ha ancora l’incensiere in mano e ha appena terminato il
giro così che si trova esattamente al punto di partenza, la
maledizione dei cerchi, e la fissa con la solita insistenza lieve. Poi,
all’improvviso mormora <se ti vedessi limonare con uno che non è
Sam anche io domanderei> lo dice abbozzando un sorriso divertito e
finendo per annuire si china, lascia andare l’incensiere borbottando
<Dragos, si chiama così> fa le presentazioni senza che il vodun sia
presenta, nel mentre torna a guardarla <è il proprietario del Coffin,
forse ne hai sentito parlare, è un vodun> un paio di informazioni che
le fornisce con la solita leggerezza <è tipo> qui aggrotta le
sopracciglia, è chiaro stia pescando il termine giusto tra quelli
possibili perchè resta per un po’ in sospeso, accigliato <un fratello>
quanto mormora lo fa mangiucchiando parte della parola, si capisce
che non è proprio sicuro <una cosa del genere> s’affretta a dire pur
mantenendo la solita calma placida che si sconta e si mescola una
meraviglia con il nervosismo imperituro della mannara. Si
compensano. Si bilanciano. Così ogni sguardo della donna di contro
trova lo sguardo di Jasper, fermo, deciso. Pure quando lei gli è
vicinissimo, si lascia osservare, contare le pulsazioni della giugulare
senza mostrare paura alcuna, tanto vicino che potrebbe sfiorarla
eppure resta immobile piegando le labbra in un sorriso neutrale,
incassando l’invadenza con un’occhiata complice, divertita. <scegli
tu> assicura. <dove?> questo lo chiede indicandosi la maglia, il
lembo. Deve spogliarsi? <perchè devo farlo a me nello stesso
punto> lo spiega indicando con un cenno del mento il pugnale, a
terra. Sono entrambi al centro del cerchio ma Jasper è in piedi. Se ne
sta a mento chino a fissarla, così che quando lei domanda lui
annuisce prima lentamente e poi sbuffa un sorriso, è divertito
<proprio quella> il tono basso e profondo <sono un po’ nervoso in
effetti, spero di essere all’altezza> qui aggrotta le sopracciglia,
appena più pensoso. Dunque, signorina stasera dove scarifichiamo?

Soffia una risata bassa e breve quando Nad accenna a Sam <già,
forse si> mormora lui, tornando davanti a lei, lascia che si avvicini
mentre scivola giù, lasciando impattare le ginocchia contro l’erba,
puntellandole sul terreno, mettendosi in ginocchio davanti alla
mannara che continua a sbirciare sotto la luce del sole che dalle
fronde filtra e getta ombre scomposte sull’erba tutt’intorno. <già,
resurgo, gris gris, cose spaventose> sull’ultima parte aggrotta le
sopracciglia, gonfia un po’ la voce, scherza c’è da capirlo, il tono è
piuttosto ironico, ricalca la paura della mannara, la pungola un po’
screziando infine lo scherzo con un sorriso più morbido che le spinge
contro piano. Le parole sono importanti? Lui annuisce piano <sono
d’accordo> poco più che un sussurro prima di sospirare. E’ un
sospiro minuto quello che sfiora le labbra quando china il mento e
spinge lo sguardo sull’erba, così che capita di non guardarla quando
va a porgergli quella domanda che appena monumentale lo
costringe a tremare brevemente. Trema nell’anima, e appena i polsi
che poi si fermano, quando torna a scalare la figura della donna
appare nuovamente fermo, deciso. E’ un baro. <è> ma si ferma,
aggrotta le sopracciglia. <a volte lo amo a volte lo odio> e qui affila
lo sguardo mentre increspa le labbra in un sorriso svelto <quindi mi
sa che è importante> lo dice mentre sospira, come se queste due
paroline messe in croce fossero una liberazione, un cristo che
scende dalla croce. Il punto è che lei china giù il pantaloncino e lui
sulle prime non capisce, si limita ad aggrottare le sopracciglia e a
darle una controllanta, ne scruta il gesto e alle sue parole annuisce
<molto intelligente> un complimento che le allunga come
un’occhiata divertita. <va bene> lo borbotta prima di iniziare a
sbottonare il jeans, fa saltare il bottone che è una bellezza, è svelto
lui, sono svelte le dita che trafficano con la cerniera, fino a che il
tessuto ruvido scivola lungo i fianchi scoprendolo e lasciandolo
sostanzialmente in bozer, neri ed elasticizzati, con il nome di un
noto stilista tutto scritto sull’elastico intorno alla vita, lo china
appena, solo da un lato senza mostrare imbarazzo alcuno. Qualcosa
si vede, qualcosa no, non ci fa caso ma afferra il pugnale. <ora
distraiti> le sussurra cercandola un’ultima volta prima di
socchiudere gli occhi. Le labbra si schiudono in un mormorio che
sciorina una preghiera in una lingua antica, è lentamente che inizia
a muovere il busto, lo lascia oscillare al ritmo della nenia che
sembra coinvolgerlo totalmente. E’ un’invocazione antica, tribale,
che affonda le sue radici nell’Africa più oscura, è un’invocazione a
Legba signore dei crocicchi unico guardiano dei mondi, protettore
delle acque rituali, il messaggero, colui che viene per primo, l’unico
a sopportare il peso delle preghiere degli uomini, il grande vecchio,
è a lui a cui Jasper R. Berbay si affida e affida questa unione carnale
e temporale. E’ impossibile per la donna capire cosa effettivamente
Jasper stia dicendo, eppure il vento leggero che s’alza, i dolci rumori
e fruscii del bosco sembrano unirsi al mormorare del Vodun, come se
l’intero creato si unisse a lui nella preghiera. Man mano che il
dondolio di Jasper aumenta, così l’invocazione si fa più veloce,
secca, affilata, è un ritmo quasi marziale quello che sembra
sconvolgergli la voce, sembra quasi che questa stia mutando, si
abbassa innanzitutto e poi si fa più corposa, più baritonale, come se
non fosse più soltanto la sua voce, come se dentro ci fossero mille
voci provenienti da mondi antichi che ci sono preclusi, eppure dentro
vi è una qualche dolcezza carezzevole che va a ricordare il suono
della risata di un bambino. Jasper tiene gli occhi chiusi s’è detto
eppure improvvisamente li apre, spalancandoli su Nad. E non sono i
suoi occhi in realtà. Questi sono mutati, sono molto più grandi di due
occhi umani e sono interamente rossi fatta eccezione per una pupilla
nera e allungata simile a quelle dei rettili, le iridi si muovono in un
movimento circolare a simulare un oroboro. E in silenzio con una
certa solennità solleva la lama fino a spingerla nel suo inguine
sinistro a disegnare meccanicamente quella che assomiglia ad una
piccola ape stilizzata, la incide nella carne che inizia a sgorgare
sangue senza accennare al dolore continuando a fissare la mannara
che ha davanti a se. Quando la scarificazione è completata si
avvicina spingendo appena il busto al corpo della leoparda è inizia a
compiere i medesimi gesti, qualora Nad non dovesse scostarsi
Jasper farebbe per incidere la piccola ape anche sul suo inguine
sinistro. [Manifestazione Parziale][Vincolo 2/3]
Quando anche la scarificazione sull’inguine di Nad è completata
Jasper ripone sull’erba distrattamente il pugnale, così che passa una
mano sulla sua ferita a raccoglierne il sangue, quando la donna avrà
fatto lo stesso gesto, farà per allungare la mano per stringere quella
di lei e sancire quindi il legame con quell’unione. Solo quando la
mano stringerà quella di Nad Jasper, con una voce particolare che è
quella di Legba, dirà <Papa Legba, che il vincolo sia operato perchè
col nostro sangue abbiamo pagato> detto questo mentre le due
scarificazioni si cicatrizzano all’istante Jasper si avvicina lentamente
alla donna e fissandola intensamente negli occhi fa per chinare il
viso fino ad ad osservarne la scarificazione. Lo fa per qualche
istante, assorto. Solo dopo qualche istante ammesso che la
mannara non si sia scansata e non tenti di allontanarlo, farà per
sollevare il busto e tentare con delicatezza di baciarla sulle labbra,
qualora dovesse riuscire risulterà un bacio basso, denso e
passionale che consumerà guardandola negli occhi, tanto diversi,
tutto ammesso che lei non si scansi. E’ Legba a baciarla, c’è da
capirlo, è un bacio rituale non c’è un coinvolgimento sentimentale,
tant’è che quando poi è chiaro gli occhi torneranno i soliti di Jasper,
lui farà per soffiare un sorriso <ti è piaciuto?> con un tono
decisamente ironico, una domanda che bacio o non bacio andrà a
porle, segno che si riferisce al vincolo. Farà per restare ancora un po’
con lei, prima di accompagnarla al limitare del bosco e lasciarla
andare incontro alla giornata. /Exit [Manifestazione Parziale][Vincolo
3/3]

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