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La salute dello straniero tra culture, disuguaglianze e linee d’intervento

INTRODUZIONE: Il mondo globale incide sulla qualità della vita delle nostre società. La
testimonianza più diretta di un’immagine unificata del mondo è data dalla figura dello
straniero: la condizione che egli vive, le relazioni intrattenute con lui dai nativi esprimono le
difficoltà di una tensione fra il recupero delle proprie tradizioni e l’apertura alle novità che
dal contesto provengono. Secondo Simmel è colui che oggi viene e domani rimane .
Rispetto ai nativi, lo straniero non appartiene alla loro comunità specifica, egli è parte della
società in cui immigra, di cui acquisisce con il tempo regole e costumi, ma allo stesso
tempo è anche parte di quel vissuto che si è lasciato alle spalle della società dalla quale
proviene. L’ambivalenza del pensiero dello straniero si riflette sulle questioni inerenti alla
salute. Nell’esperienza della migrazione, la salute è intesa come una condizione che non si
limita solo ed esclusivamente agli aspetti terapeutici e di carattere sanitario, ma prendono
in considerazione anche le idee intorno a essa le persone si costruiscono. L’idea di salute
non è intesa solo come assenza di uno stato di malessere, fisico o psicologico, ma
soprattutto come esito di un complesso di relazioni sociali che s’instaurano a livelli
differenti.
La letteratura recente ha cercato di liberarsi di alcuni stereotipi diffusi sulla condizione
migratoria: il primo è quello che intende lo straniero come un “povero” che giunge sulle
nostre sponde spinto dalla fame, dalla miseria, dalle guerre; il secondo fa riferimento ad
un’immagine etnica. Si dimentica, come nota Di Nicola, che molti lasciano il Paese d’origine
spinti soprattutto da fattori di attrazione : infatti molti giovani e scolarizzati, non sempre
praticanti di una religione. L’immigrazione dello straniero va dal soggetto che subisce
passivamente il processo di migrazione ad un’immagine dove lo straniero assume la veste
di un attore che prende su di sé sia i rischi e sia i vantaggi legati al suo progetto migratorio.
Si parla di costruzionismo umano, dove l’immigrato- concepito come persona e non come
individuo, entrando a far parte delle strutture della società d’approdo, sarà da esse
condizionato ma concorrerà con la sua originalità e alimentare queste stesse strutture. Lo
straniero fa riferimento a un processo di responsabilizzazione rispetto alla propria salute
relativo a quelli che più avanti saranno indicati come fattori di rischio potenziando nello
straniero capacità relative alla cultura della prevenzione, a un utilizzo adeguato dei servizi
alla regolarità dei controlli ecc.. La salute deve essere intesa come un completo stato di
benessere fisico, mentale e sociale dove un individuo o un gruppo deve essere capace di
identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni, di cambiare
l’ambiente circostante o di farvi fronte. La legge n.40 ha esteso il diritto alla salute e
all’assistenza anche a quei cittadini stranieri che dal punto di vista giuridico non sono in
regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno. Occorre prendere in esame le
azioni che la società di accoglienza prevede per favorire i processi di integrazione sociale
dello straniero, le risorse che concede allo straniero per ampliare il più possibile un capitale
sociale, concetto proposto da Putnam, dove la società di accoglienza dovrebbe favorire per
gli stranieri: la fiducia, delle norme reciproche, le possibilità di partecipare attraverso le reti
di impegno civico. La Fiducia si può realizzare solo a patto che la società di accoglienza non
metta ai margini o faccia sentire lo straniero in condizioni di “subalternità” . Per Ambrosini,
l’immigrato non è tanto quello diventato simile alla popolazione autoctona, per
competenze linguistiche, aspirazioni, codici normativi, concezione del lavoro e del
benessere, quanto piuttosto quello che rinuncia a competere con i nativi, non pone in
discussione il trattamento che la società ricevente gli riserva e si ritiene pago della
posizione che gli vien assegnata. Inoltre nessuna salute dello straniero può essere tutelata
se non passa per prima attraverso il rispetto, i diritti di cittadinanza, la non corrispondenza
fra diritto alla salute e all’assistenza e i diritti sociali più ampi rappresenta spesso un
ostacolo alla piena integrazione sanitaria dello straniero. Guardare alla dimensione locale
significa analizzare i processi d’integrazione, chiamando in causa le relazioni che si
stabiliscono fra stranieri e autoctoni per facilitare o ostacolare il processo di integrazione
sociale dello straniero. Nel contesto campano il territorio vede un’assenza di benessere per
stranieri su molteplici fronti: emergono pure segnali positivi della società civile che si batte
per promuovere e tutelare i diritti dello straniero.

1.Capitolo: La salute è il principale patrimonio che possiedono gli individui e rappresenta la


condizione fondamentale affinché una società umana possa esistere. La salvaguardia è
l’obbiettivo primario che si pongono tutti gli stati. L’organizzazione mondiale della Sanità
sostiene che tutte le dimensioni sociali, politiche e culturali sono i mezzi necessari per
raggiungere un completo stato di benessere fisico. Il perseguimento della salute è
un’azione politica, che di fronte ai processi della globalizzazione deve acquisire una valenza
transnazionale. La globalizzazione che avrebbe dovuto portare alla riduzione delle
differenze tra tutti gli stati e i popoli ha avuto l’effetto contrario, ovvero forti disuguaglianze
fra aree povere e ricche del mondo, soprattutto a sud del mondo prevalgono differenze
interne tra cittadini ricchi e poveri. Se è irraggiungibile ridurre all’interno degli stati le
disuguaglianze di salute, ancora più difficile risulta la tutela della salute per quei cittadini
che temporaneamente attraversano quegli stati o vi si stabiliscono. L’emigrazione è essa
stesso una condizione che si origina in un’assenza di salute. Se l’assenza rappresenta per il
migrante lo stimolo per abbandonare il proprio paese, la migrazione rappresenta la sua
completa riuscita. La salute è per gli immigrati un capitale, un patrimonio, la cui assenza
determina un ostacolo al proprio progetto migratorio. L’effetto migrante non è stata un’idea
facile da acquisire perché la paura del diverso è stata coniugata all’idea che costui potesse
compromettere la sicurezza e la salute dei paesi di accoglienza. Si possono classificare 3 tipi
di problemi che riguardano la salute degli immigrati:
-Patologie o problemi di importazione: fa riferimento alle patologie che gli immigrati
portano con se dal proprio Paese d’origine; infatti nel nostro Paese nell’ultimo decennio si
sono susseguiti fenomeni di allarmismo che hanno portato spesso a vedere l’immigrato
come responsabile della trasmissione di malattie.
-Patologie di adattamento: sono connesse a problemi di inserimento socio-culturale nel
territorio d’immigrazione, fanno riferimento a forme di malessere dovute allo
sradicamento dalle proprie origini e richiamano i fattori che contribuiscono a garantire e a
facilitare i processi di integrazione sociale degli immigrati: l’assenza di supporto, la
mancanza di occasione di consolidare un capitale sociale nuovo, ma anche la persistenza di
fattori di rischio a cui l’immigrato viene esposto nel paese ospite.
-Patologie di acquisizione: connesse alle condizioni strutturali della società ospite,
condizioni igieniche e di vita, i rischi sempre più frequenti connessi alla mancanza di tutela
e di sicurezza nel lavoro e le difficoltà all’accesso ai servizi socio-sanitari (che rappresentano
una questione cruciale per lo stato di salute degli immigranti che è rappresentata dal grado
di accessibilità e fruibilità degli stessi). La tendenza di alcuni gruppi etnici a chiudersi rende
problematico aprirsi alle diversità e a relazionarsi con gli autoctoni.
Le differenze nelle condizioni di salute della popolazione hanno accompagnato da sempre
la storia di ogni società ; Ma il tema è stato riconosciuto solo in epoca moderna. Il dibattito
non ha riguardato solo i fattori di rischio (condizioni socio-economiche e stili di vita) ma se
ne sono aggiunti di nuovi. Tognetti evidenzia scarsi studi che hanno riguardato il tema della
diseguaglianza di salute in riferimento alla popolazione immigrata. Alcuni statunitensi
mettono in evidenza come gli individui di colore presentino tassi di moralità e morbilità
superiori per quasi tutte le malattie rispetto ai bianchi, oltre a presentare uno scarso
utilizzo dei servizi, e in generale aspettative di vita più brevi. Relative caratteristiche socio
demografiche confermano differenze rispetto al genere, infatti la donna ricorre più
frequentemente dell’uomo ai servizi sanitari ed essa vive un doppio svantaggio : essere
straniera e donna. Diversi studi mettono in evidenza l’incremento di sofferenze e patologie
neonatali per i bambini stranieri. La ricerca collega tale dato alle condizioni economiche e
sociali vissute dalle madri straniere. I giovani stranieri presentano uno stato di salute
migliore rispetto agli anziani. La differenza fra i generi circa il modo di accedere e utilizzare i
servizi sanitari è confermata dalle donne straniere che accedono ai servizi della medicina
territoriale mentre gli uomini ai servizi d’urgenza. Altro aspetto da evidenziare è la scarsità
di ricerche che analizzano le diseguaglianze di salute dei cittadini stranieri Lgbt, dopo aver
considerato il numero sempre maggiore di chi richiede asilo perché perseguitato nel paese
di origine per il proprio orientamento sessuale.
Studi epidemiologici hanno confermato come alcuni comportamenti possono incidere sullo
stato di salute, origine e sviluppo della malattia. Tra questi: consumo del tabacco, abuso di
alcool e droghe, sovrappeso.. Un’attività specifica è rivolta ai fattori di rischio concernenti
alle malattie sessualmente trasmesse (es HIV). Gli immigrati sono molto vulnerabili a
questa infezione che porta ad un emarginazione sociale e produce difficoltà nell’accesso ai
servizi sanitari , ritardando la diagnosi e il trattamento della malattia.
Maggiori studi sono dedicati alla dimensione del “capitale sociale” come condizione
facilitante il percorso di inserimento dei cittadini stranieri nel paese di immigrazione. Le
reti sociali etniche sono centrali per lo straniero poiché gli assicurano una serie di risorse
che facilitano il processo di integrazione. Ma a lungo andare potrebbe esercitare un
ostacolo al suo processo di inserimento. Pertanto occorre tener presente alcuni fattori: il
possedimento o meno di soggiorno; il tempo di permanenza sul territorio; il tipo di
progetto migratorio seguito; le difficoltà pratiche di vissuto. Per meglio comprendere come
il capitale sociale possa riverberarsi positivamente sulla salute e il benessere dello straniero
può tornare utile la distinzione sul capitale sociale suddiviso in bonding, bridging, linking.
- Il capitale sociale primario/informale, comunitario (bonding) produce beni e risorse
relazionali utili e aperte ai soli membri di un gruppo. è un capitale sociale etnico e assicura
protezione e sostegno, ma occorre considerare anche gli aspetti negativi perché può
accadere che la rete si fa portatrice di un modello di spiegazione incompatibile con quello
della medicina ufficiale.
-Il capitale sociale secondario e/o formale, associativo (bridging) sperimenta dove è più
facile che si costruiscano associazioni di stranieri dove possono essere coinvolte in progetti
istituzionali che promuovono l’integrazione sociale.
-Il capitale sociale generalizzato (linking) è dato da relazioni di fiducia nell’altro
generalizzato e nelle istituzioni.
Le condizioni di vita e di lavoro rappresenta il principale motivo che li porta nel nostro
paese in cui sono sottoposti a condizioni di lavoro faticose. Molto importanti si rivelano le
condizioni abitative infatti l’acquisto di una casa diventa una scelta obbligata in alcuni casi,
considerate le difficoltà legate al mercato degli affitti quindi l’acquisto dell’abitazione non
corrisponde a una condizione di benessere economico e spesso proprio agli stranieri sono
riservate proprietà non strutturate. In merito ai determinati strutturali di salute rientrano
le politiche sanitarie che disciplinano l’ingresso e la permanenza dello straniero nel paese
di immigrazione oltre che le politiche di integrazione che fanno riferimento non solo alla
situazione economica e politica generale del Paese di immigrazione, ma riflettono sul
carattere globale che assume il fenomeno immigratorio. Data la crisi economica attuale, gli
stranieri sono la componente più colpita e incrementano lavoro nero e forme di falso part-
time e lavoro autonomo. Infatti 4 immigrati su 10 oggi pensano di ritornare nel Paese di
origine. Nonostante la crisi economica abbia causato una consistente riduzione dei flussi
migratori, l’Europa continua a essere un’area del mondo particolarmente attrattiva per gli
immigrati e le donne sono sempre le principali protagoniste del flusso migratorio
(fenomeno “rosa”). Dato il gran numero di stranieri aumenta anche la quota di disoccupati
e inattivi soprattutto nel Mezzogiorno (definita come regione di transito). Solo
recentemente si assiste a un processo di stabilizzazione dei migranti anche nelle regioni
meridionali, inconseguenza anche dell’aumento di matrimoni e unioni tra immigrati e
autoctoni. Gli immigrati in Campania sono distribuiti per tutte le 5 provincie: Napoli (oltre
50%) Salerno e Caserta sono maggiormente piene di stranieri, in prevalenza di donne.
Possiamo evidenziare alcune caratteristiche che il fenomeno riscontra nel territorio:
-La popolazione straniera è di prevalenza di donne e giovani in tutto il Meridione.
-In merito ai settori occupazionali abbiamo la figura del bracciante e della badante
considerando che gli stranieri occupano posizioni lavorative più basse rispetto agli
autoctoni.
Il lavoro rappresenta il principale requisito per l’ottenimento del permesso di soggiorno e
dei diritti sociali annessi. Nel sud gli stranieri trovano lavoro in settore turistico e agricolo
(rappresenta uno spazio per il 1° inserimento, transito e rifugio per chi si trova in condizioni
di irregolarità amministrativa infatti si configura come rete di Salvataggio). L’agricoltura è
adibita alle diverse fasi della semina e della raccolta o della sorveglianza del bestiame nelle
stalle e nei pascoli. Difficilmente essi occupano posizioni come quelle di potatori, intestatori
e addetti agli impianti delle serre. I nord-africani vengono utilizzati solo in casi eccezionali o
con avverse condizioni climatiche residenti in dei veri e propri “ghetti”. Le istituzioni
nazionali e locali si tappano le orecchie dinanzi al massiccio sfruttamento di stranieri nelle
produzioni agricole del meridione perché necessari al sostentamento dell'economia locali. I
cittadini stranieri che lavorano nelle aziende agricole attuano diverse soluzioni per risolvere
il problema alloggiativo: alcuni continuano a vivere in ruderi abbandonati nelle campagne,
altri subito dopo lo sgombero che hanno trovato o stanze affittate. Grazie alle associazioni
di volontariato pro-straniero presenti sul territorio i dati di accesso alle strutture sanitarie
sono migliori nonostante risulti ancora largamente diffuso l’utilizzo dei servizi solo in caso
di urgenza estrema. In merito alle patologie riscontrate sui braccianti agricoli di evidenza la
Tbc legata a condizioni estreme di povertà. Frequenti sono anche gli incidenti sul lavoro
dovuti all’assenza di condizioni minime di sicurezza ma anche avvelenamenti e
intossicazioni dovuti a pesticidi. Per i migranti non esiste alcuna possibilità di separazione
fra tempo per sé e tempo del lavoro, poiché l’attività produttiva ingloba gran parte del
quotidiano di queste persone, che sperimentano così un gran senso di alienazione. Nella
Piana Del Sele si riscontrano le condizioni migliori per un rapido inserimento di
cittadinanza grazie all’abbondanza di offerta di lavoro e dei pochi controlli; conquistati
questi, gli stranieri migrano altrove alla ricerca di migliori condizioni di inserimento. Dal lato
del datore di lavoro, la condizione di irregolarità dello straniero diventa conveniente e
l’immigrato è assoggettato alle sue decisioni e difficilmente denuncerà una condizione di
sfruttamento , trattandosi di lavoro dequalificato, egli potrebbe essere facilmente
rimpiazzato. Per la donna straniera stare in salute è un aspetto fondamentale alla buona
riuscita del progetto migratorio, ma si registra un utilizzo dei servizi regalato solo ai
momenti di urgenza. La scelta di avere un figlio, nonostante le difficoltà economiche, può
essere connaturata al bisogno di conferma e sicurezza che nel contesto della migrazione
spesso manca, ovvero come modo per rispondere alla solitudine, ma una gravidanza si
rivela in generale per le donne straniere un problema e pertanto il ricorso dell’interruzione
volontaria di gravidanza è una soluzione molto praticata. Persistono diseguaglianze e
differenze con quelle autoctone infatti il tasso di fecondità delle donne immigrate in
Campania nel 2011 è del 1,7 contro l’1,41 delle donne campane; ci sono differenze anche
sul modo di gestire una gravidanza infatti la donna straniera la vive in modo meno
apprensivo e medicalizzato e minore ricorso ai controlli neonatali perciò può partorire
neonati pre-termine e con un peso basso. Sul ricorso alla pratica abortiva incide una
condizione migratoria che non consente di poter affrontare serenamente una gravidanza le
donne straniere presentano un atteggiamento di attrazione e al contempo di rinuncia: di
attrazione poiché in quasi tutte le culture la maternità costituisce un momento significativo
per la donna; di rinuncia considerato il rischio di perdere il lavoro, l’assenza di qualsiasi tipo
di tutela, le difficoltà economiche e abitative rappresentano un ostacolo alla possibilità di
concepire un figlio. La concentrazione dell’occupazione straniera femminile nel comparto
dei servizi domestici assume una rilevanza nelle regioni nord-orientali del 24% mentre nel
mezzogiorno sono occupate nel lavoro domestico poiché le donne italiane non sono
disposte a svolgere quest’attività. Per l’assistito la badante è spesso una forzatura e per un
fattore economico i familiari preferiscono le straniere. In genere, le condizioni di lavoro
sono davvero gravose e precarie: orari lunghissimi, assenza di vita privata, rischio di rottura
improvvisa se l’assistito si ammala o muore. L’attività lavorativa, soprattutto se svolta a
nero, è soggetta a un’elevata “ricattabilità” da parte dei datori di lavoro. La segregazione
compromette la possibilità di poter apprendere la lingua e le regole. Il perso di migrazione
è il risultato di una riflessione per il migrante , esso è un confronto fra : fattori spinta (es.
assenza di condizioni lavorative, esclusione politica) fattori di richiamo (garanzia di uno
status sociale dignitoso e di fruire servizi migliori). I servizi sociali e sanitari non sono
istituzioni di cui i migranti non comprendono il senso e sono incomprensibili le modalità
per accedervi. Il gap non risiederebbe nell’incapacità culturale dei migranti di adeguarsi o
di adattarsi ai sistemi.

Con il crescere del titolo di studio, si riscontrano anche minori problemi nell’utilizzo dei
servizi. Gli immigrati fanno riferimento a un’idea di salute e di malattia che in alcuni casi è
differente o comunque meno medicalizzati infatti preferiscono l’automedicazione, spesso
a danno della salute stessa e con la sottovalutazione dei sintomi e patologie serie. A
incidere sull’utilizzo di servizi degli stranieri, sono ovviamente le culture organizzative e
l’insieme di azioni previste dalle aziende sanitarie volte a favorire l’accesso ai servizi dei
cittadini stranieri. I modelli che influenzano l’accesso ai servizi sono:”modello economico”
che mette in connessione l’utilizzo dei servizi sanitari con le disponibilità finanziarie che il
soggetto ha a disposizione, per poter accedere ai servizi. Un ultimo modello è costruito su
un blocco di variabili che predispongono o ostacolano l’utilizzo del servizio sanitario:
-variabili che predispongo all’uso: età, sesso, istruzione, stato civile.. L’informazione che
l’individuo possiede dell’organizzazione sanitaria, le condizioni di stress..
-variabili che abilitano all’uso: caratteristiche individuali, reddito, luogo di residenza..
-variabili che rendono necessario all’uso: riguardano lo stato di salute delle persone, la
percezione della salute e la valutazione dei sintomi. Ma con il crescere e la durata di
insediamento degli immigrati sui territori e con la maturazione del progetto migratorio, si
assiste anche a una maggiore integrazione sanitaria.
Si può trasformare un “bisogno di salute” in “domanda di salute”; tale passaggio non è
scontato poiché accade spesso che non tutto è considerato “bisogno di salute” trovi una
risposta adeguata nell’ambito del sistema sanitario. Un elemento che rende possibile o
ostacola la possibilità di far corrispondere bisogni e domanda di salute è dovuto all’offerta
di salute che consiste nell’insieme dei servizi sanitari offerti all’utente, affinché sia data
risposta alle sue richieste di salute. Se l’offerta è scarsa forse lo sarà anche la domanda, e
viceversa. Secondo Castiglioni una serie di fattori predispongono e/o facilitano il percorso
che permette di trasformare i bisogni di salute in domanda di salute. Primo fra tutti lo
status sociale definito attraverso :
-La situazione giuridica ( con o senza permesso di soggiorno, Permesso scaduto,
clandestino)
-La residenza –il Lavoro –La conoscenza della lingua italiana o di un’altra.
In funzione a queste variabili Castiglione distingue 3 livelli sociali fra gli immigrati: medio,
basso, underclass. Nel primo gruppo sono presenti tutte le variabili per rivolgersi al medico
e a tutti i servizi offerti dal Servizio Sanitario Nazionale; nel secondo, una di queste variabili
è mancante o pur avendo permesso di soggiorno, non può avere l’iscrizione al Servizio
Sanitario Nazionale; nel terzo non è presente nessuna variabile.
2 CAPITOLO: Discutere della salute degli immigrati implica confrontarsi con la sfera dei
diritti di cittadinanza o diritti civili. Il termine cittadinanza in relazione ai fenomeni migratori
è un concetto complesso e si riferisce: all’appartenenza a uno stato, che comporta il diritto
di risiedere liberamente sul territorio e a uscire ed entrare dai suoi confini;
all’emancipazione, ossia alla possibilità di contribuire alle decisioni pubbliche per
l’immigrazione è la questione relativa al voto; alla dotazione comune, cioè alla possibilità di
godere dei diritti sociali; alla standardizzazione, ossia alla condizione di uguaglianza dei
cittadini, superando differenze.
L’ingresso del servizio sanitario , e quindi l’accesso al diritto di salute e al diritto di
assistenza, rappresentano il primo traguardo da raggiungere per gli immigrati sia residenti
sia in attesa di regolamentazione. Come notano gran parte degli studiosi delle migrazioni,
la piena cittadinanza ha riflessi sulla capacità del migrante di integrarsi a pieno nella società
in cui intende vivere ed è un fattore che garantisce e sostiene i percorsi di integrazione nei
suoi molteplici aspetti. -barriere giuridico-legali, che fanno riferimento al tipo di permesso
di soggiorno
-barriere economiche che fanno riferimento alla natura dell’onere economico che gli
immigrati versano al Servizio Sanitario Nazionale in termini di compartecipazione alla spesa
-barriere burocratiche-amministrative e organizzative: possono disincentivare l’utilizzo di
un servizio da parte degli immigrati
-barriere organizzative: possono limitare l’accesso ai servizi da parte degli immigrati e
minare il sentimento di fiducia fra utente e operatore
-barriere linguistiche, comunicative e interpretative: incidono maggiormente sulla fruibilità
dei servizi. L’introduzione della figura de mediatore culturale non elimina i problemi di
comunicazione. Gli immigrati accedono ai servizi sanitari secondo diverse modalità che
rende più problematica la cura di sé. Limitandosi agli aspetti organizzativi dei servizi
sanitari, si punta a creare forme di risposta che recuperano la distanza culturale, che
inevitabilmente viene a crearsi per il fatto che lo straniero proviene da contesti dove i
sistemi di cura si reggono su regole e modalità di accesso differenti. Quindi è importante
dotarsi di percorsi che favoriscano la mediazione per la realizzazione di un buon utilizzo di
servizi. Un cambiamento comporterebbe per l’utenza straniera una riduzione dei tempi
d’attesa, orari flessibili, riduzione o eliminazione delle lungaggini burocratiche, ma ciò
avviene all’interno di un’organizzazione che prevede:
- spazi relazionali dove assumono importanza l’ascolto del paziente e della sua narrazione.
L’obbiettivo è di evitare diagnosi errate
-figure di accompagnamento
-un sistema coordinato di servizi ed interventi che consentano dal lato del migrante di
costruire un capitale sociale utile a rafforzare le sue potenzialità, dal lato dell’operatore di
uscire dal suo isolamento.
Assume particolare importanza la cura degli aspetti relazionali, poiché l’operatore agevola i
percorsi di accesso ai servizi sanitari dello straniero. Non è raro, che si saldi un rapporto
fiduciario personalistico fra medico e straniero; è questo l’ambito in cui si realizza la
possibilità di percepire le modalità di funzionamento del servizio e delle sue regole.
Attraverso una buona relazione si palesa la possibilità di rilevare i reali bisogni sanitari e
sociali dell’immigrato. Tuttavia esistono complessità di attuazione e sono l’assenza di
formazione specifica rispetto all’utenza straniera e quindi al persistere di condizioni
sbagliate. Occorre chiedersi quali aspetti rendano più o meno problematica la relazione fra
operatore e paziente straniero. Fa riferimento alle debolezze conoscitive degli operatori
sanitari rispetto all’utenza straniera. Tale debolezza si esprimerebbe in una
“sopravvalutazione o sottovalutazione” del lato culturale. L’esito indurrebbe il primo a
disinteressarsi dell’utenza e a limitarsi al solo rapporto clinico-terapeutico e il secondo a un
utilizzo improprio del servizio. A questa difficoltà vanno incluse anche quelle che gli
operatori hanno nel rapportarsi alla richiesta di soggettività posta dai pazienti
contemporanei e alle loro difficoltà relazionali con altre professioni del sanitario. Il primo
contatto tra l’operatore sanitario e l’utente straniero costituisce un primo momento
essenziale che può segnare l’esito della relazione, mentre per lo straniero la buona riuscita
dell’incontro si riverbera positivamente sul piano terapeutico e riesce a comprendere come
funzionano i servizi del Paese d’immigrazione. L’operatore ha già costruito un’immagine del
migrante, sia perché ha fatto esperienza diretta con lui, magari incontrandolo in contesti
diversi da quello dei servizi, sia perché se ne è fatto un’idea attraverso gli altri. Dal lato del
migrante anche costui ha elaborato un immagine precedente dell’operatore. Queste
“rappresentazioni sociali” si riverberano sugli atteggiamenti messi in atto dagli operatori e
dagli stranieri, poiché se l’operatore può decidere di non entrare necessariamente in
contatto con lo straniero e limitarsi alle sole funzioni previste dal suo mandato
professionale, dal lato del migrante connesse al bisogno di curarsi, di farsi comprendere, gli
impongono di assumere un atteggiamento più aperto possibile. Le aspettative relative
all’incontro, sono l’esito di un processo cognitivo che va dal versante della
“categorizzazione” (operazione che conduce a identificare e classificare le cose) a quello
“dell’individuazione” (meccanismo che nel prendere in considerazione l’interlocutore con
cui si sta entrando in relazione, fa riferimento a specifiche sue caratteristiche).Le
rappresentazioni si articolano su 4 procedimenti cognitivi-descrittivi: Inversione:consiste
nell’attribuire allo straniero il contrario delle nostre caratteristiche socioculturali;
Mancanza: allo straniero manca qualcosa (che noi possediamo); Eccesso: si considerano
esagerati alcuni tratti degli stranieri rispetto a noi; Combinazione: tutto ciò che è diverso, è
visto come una combinazione di animalità.Si possono individuare alcuni elementi ‘fondanti’
le visioni più comuni dello straniero, e sono relativi al fatto di considerarlo come:

-opportunità: in Simmel lo straniero che vive nel gruppo potrà più facilmente assumere un
atteggiamento neutro. Secondo Cotesta si traduce nel desiderio di condividere con lui la
propria tradizione e viene invitato a far parte della comunità
-pericolo:lo straniero e la sua diversità destabilizza; si ha la sensazione che egli e i suoi
costumi possano alterare la purezza della tradizione della società di accoglienza.
-Come individuo: lo straniero non è un problema.
E’ possibile sollecitare a una sensibilità interculturale agli operatori sanitari. Si potrebbe
pensare che riguardi solo specifiche professioni; alcuni corsi di formazione e promozione
alla comunicazione interculturale sono puntualmente disertati da una buona parte dei
medici. Un altro aspetto da contestare è relativo al significato che assume il concetto di
intercultura in base all’opportunità o meno di garantire un’integrazione sociale che rispetti,
oltre che i valori della società di accoglienza anche la diversità culturale dei migranti. La
questione della formazione all’intercultura e sul miglior modo di garantirla riguarda i criteri
utilizzati per stabilire buona integrazione, tra questi criteri: il rispetto delle diversità etno-
culturali ma soprattutto l’idea che “l’integrazione consiste sempre in un processo, una meta
che non si acquisisce una volta per tutte ma che viene costantemente perseguita. Alcune
soluzioni praticabili per riflessioni sul senso della formazione all’intercultura sono:stimolare
una sensibilità alla diversità; una formazione alla comunicazione interculturale per tutti; il
mediatore è visto come un operatore sul quale si scaricano tutti i problemi connessi alla
relazione con l’utente straniero; una formazione che promuova più occasioni di incontro
con lo straniero; infine una formazione ispirata all’ottica della ricerca-azione.
3 Capitolo: il migrante è dotato di una cultura sanitaria opposta a quella vigente nella
società di accoglienza. L’immigrato, pur portatore di un modello di salute e di malattia
differente è pur sempre disposto all’apertura dei suoi significati e spesso egli già conosce il
modello Medicale dei Paesi in cui migra e già lo usa, si parla di “pluralismo medico”. Si può
definire la cultura come:”l’insieme delle qualità che l’uomo sviluppa nei rapporti sociali, al
fine di dominare la propria condizione esistenziale” Essa precede l’agire sociale e orienta le
relazioni tra persona e ambiente semplificando e riducendo le complessità che si
instaurano costantemente tra questi. Tre sono le funzioni principali della cultura: di
mediazione, di produzione di significati e di creazione di una nuova cornice morale. La
prima ha lo scopo di mediare fra noi e i contesti, seleziona alcune conoscenze che aiutano e
permettono all’uomo di orientarsi nel suo ambiente senza sforzo. Ma la cultura non serve
solo in quanto produzione di senso ma collega domini differenti della realtà, fornendo ai
suoi membri un repertorio di credenze condivise. Infine, la terza è la creazione di una
cornice morale, cioè essa dovunque si articola in valori e norme rapprenda il codice
attraverso il quale giudicare buone o cattive le proprie o altri azioni. La cultura modifica
nell’agire stesso. Concepire la cultura come processo e non come sistemi chiusi, bensì
sistemi aperti e in continua trasformazione per effetto dei contatti con altri sistemi o
sottosistemi. I soggetti sono agenti si trasformazione. L'assimilazione nasce su un idea di
cultura piuttosto statica, di cui è possibile con il tempo liberarsi, apprendendo nuovi retaggi
culturali o tradizionali. Tale logica conduce ai migranti ad integrarsi; la logica
assimiliazionista non considera la capacità del migrante di rielaborare i significati delle
proprie conoscenze ma riadattandole alle nuove apprese nel contesto di immigrazione. Il
pericolo è quello di far ricadere nella responsabilità scelte che hanno natura strutturale ma
oltre a richiamare la necessità del migrante di adattarsi alla società di accoglienza, fanno
anche richiamo alla stessa nel garantire alcune premesse strutturali che di fatto speso la
impediscono. Questo chiama non solo il dovere dell’immigrato di assimilarsi, ma anche il
dovere di aprirsi alle esigenze dei nuovi venuti: si parla dunque di incorporazione, di
inclusione. L'assimilazione è rapida per alcuni aspetti mentre in altre aree, soprattutto
quello della sfera privata. Bisogna perciò considerare la cultura come un aspetto dinamico.
Secondo Augè la malattia è un evento biologico individuale e sociale, non solo perché a
farsene carico sono le istituzioni, ma anche gli schemi di pensiero che permettono di
individuarla, di darle un nome e di curarla, sono sociali. Da qui si comprende che il corpo, e
le conoscenze di esso sono il frutto di significati che gli individui costruiscono. Tali significati
costituiscono l’identità degli individui, in cui essi vi si riconoscono e da cui derivano i loro
orientamenti all’agire. Questi significati sono connessi alla medicina contemporanea o
biomedica. Eliot Freidson dimostra come l’adesione alla cultura biomedica avvenga in
realtà per gradi e sia dipendente dalla vicinanza\lontananza dei modelli di salute e di
malattia elaborati dalla medicina scientifica. Il paziente si rivolge al professionista solo dopo
aver letto, discusso e definito i propri sintomi. Si evidenziano 3 aspetti notevoli: 1. sono
compresenti diverse culture; 2. la relazione fra medico e paziente può assumere; 3.
capacità di adeguamento del paziente al modello medicale.

Accanto ai sistemi di Kleinman vanno incluse anche le terapie non convenzionali, un


insieme di pratiche e metodologie di cura. Bisogna aggiungere alcune considerazioni:
- la presenza di un sistema etno-sanitario già nella società di origine e la compresente
pluralità di risorse, che inducono a pensare che il migrante sia in grado di utilizzare. - la
presenza della malattia è vissuta nel campo biomedico. -per molte culture vi è una
percezione del Sé strettamente connessa al gruppo di cui si è parte “io non sono io, se non
in rapporto al mio ruolo nella mia famiglia”.
L’identità dell’immigrato si costituirebbe attraverso un processo che è possibile distinguere
in 3 fasi:
-con l’Arrocamento si evidenzia una sorta di crisi etica rispetto ai comportamenti e ai valori
oppositivi ai propri nelle società di accoglienza, implica un atteggiamento di chiusura verso
la società ospite.
-L’Iperadattamento: tentativo di modellare la propria identità comprendendo che l’unico
modo per inserirsi, soprattutto in assenza di opportunità di integrazione culturale, è quello
di somigliare nei modi di fare e di essere agli autoctoni della società in cui si è immigrati.
-col Criticismo si elabora la possibilità di un arricchimento e di una crescita identitaria. Per
comprendere il rapporto tra esperienza vissuta e la realtà è necessario la distinzione fra
senso e significato. Il concetto di senso rinvia infatti alla dimensione indeterminata della
complessità della vita. Il concetto di significato riguarda invece le forme determinate di
mediazione fornite.
Questi 3 passaggi si riflettono per l’immigrato anche nel modo nel modo di leggere,
rappresentarsi i contesti sanitari e gli operatori che vi lavorano, allorquando egli passi da
una rappresentazione dei servizi sanitari e della medicina legata alle aspettative che egli si
è fatto nei Paesi d’origine attraverso i media e le disillusioni che egli sperimenta una volta
entrato e riscontrandovi difficoltà. Questa fase di scetticismo è quella di cui i pazienti
sperimentano una diffidenza verso i medici, poiché non riescono a comprendere le loro
scelte, né il loro modo di rappresentarsi ai problemi. Segue l’ultima fase, che è la capacità
di definire realisticamente quali vantaggi comporterà l’utilizzo dei servizi sanitari della
società d’accoglienza e quali aspetti invece dei propri modelli di riferimento non
professionali dovranno essere tutelati e preservati. La letteratura sulla medicina delle
migrazioni individua 5 livelli che fanno riferimento al rapporto medico-paziente:
-livello prelinguistico: fa riferimento all’incapacità dello straniero a comunicare i propri
vissuti interiori, i medici si interessano della manifestazione oggettiva della malattia
riducendo l’attenzione ai sintomi. Le difficoltà nel comunicare la propria interiorità
aumentano perché non riesce ad esprimere i propri vissuti; il medico è come il lettore di un
testo che deve interpretare le intenzioni dell’autore e quelle dell’opera, capita spesso che il
paziente autocensuri le proprie opinioni sulla malattia per evitare di apparire selvaggio o
rozzo.
-livello linguistico: uso di un termine che fa riferimento a un universo semantico che rimane
intraducibile per il medico, poiché riferibile alla cultura di appartenenza dello straniero. Il
livello di incomprensione linguistica appare risolvibile, secondo Mazzetti attraverso 2
modalità: o per mano di interpreti occasionali, grazie all’intervento di parenti e amici, o
attraverso un intervento svolto dai mediatori culturali.
-livello metalinguistica: fa riferimento agli aspetti più profondi del linguaggio e ala fatto che
un medesimo termine può riferirsi a un diverso contenuto simbolico.
-livello culturale: fa riferimento alle abitudini, conoscenze, malattie.. che il migrante porta
con Sé dal paese d’origine, a questo livello si collocano tra medico e paziente diverse
incomprensioni.
-livello metaculturale: si riferisce alle differenze ideologiche, filosofiche e religiose che
possono farsi sentire all’interno della relazione.
La cultura influenza il comportamento sanitario dello straniero e nel momento in cui lo
straniero utilizza un servizio egli ha già aderito all’approccio di diagnosi. I GAP di natura
culturale con lo straniero non sono tanto riferibili alle concezioni di salute e di malattia :
visione stereotipata della medicina dei Paesi di origine, misto tra medicina popolare, magia
e stregoneria che fanno riferimento principalmente: all’espressione del dolore e dei
sentimenti in generale; alla presenza dell’entourage più prossimo al paziente (utente)
straniero; alle differenti abitudini alimentari; alle differenze rispetto alle concezioni e
norme igienico-sanitarie.
Fanno sfondo alcune preoccupazioni e perplessità con l’utente straniero: i comportamenti
relativi alla sessualità del migrante e alla salute riproduttiva della donna straniera; i riti di
passaggio.
La ricerca di Mark Zoborowski: analizzò le componenti culturali di risposta al dolore. Furono
intervistati 87 pazienti di sesso maschile appartenenti a 3 gruppi etnici degli stati uniti:
gli americani di origine italiana, gli americani di origine ebrea, gli americani originari di
famiglie protestanti insediate da molto tempo negli stati uniti. Italiani ed ebrei molto simili
nel dimostrare la sensibilità al dolore e una maggiore propensione ad esagerare i sintomi
rispetto agli americani e alle persone di origine nordeuropea e accettavano
l’ospedalizzazione meglio degli altri. Ma esiste un modo diverso di esprimere il dolore nei
servizi a seconda del gruppo etnico di riferimento. Ad esempio il modello giudaico-cristiano
valorizza il controllo del corpo e la capacità di gestire le proprie emozioni, considerato che il
dolore è la strada attraverso la quale i malati-peccatori possono riscattarsi agli occhi di Dio.
Al contrario in altre culture Paesi del Nord Africa il malessere venga espresso in ragione
anche della necessità di condividere il proprio stato con i familiari più prossimi. Per gli
operatori, gli stranieri oltre a non rispettare le regole di utilizzo di un servizio spesso sono
anche “irrispettosi” nei loro confronti. Tra i malintesi nell’interpretazione del
comportamento dello straniero, rientrano le diversità relative alle manifestazioni corporee
degli stati d’animo, o comunicazione non verbale, vanno ad aggiungersi la questione degli
“odori corporali” e del “tono di voce” che da luogo a grossi malintesi. Una riflessione va al
“tempo” fra le culture , nelle nostre società è lineare, e suddivide le diverse attività di vita
nelle quali le persone sono impegnate e nello straniero permane difficoltà a seguire una
scansione temporale che alcune volte mal si adatta al suo stile di vita e alle sue abitudini.
Le abitudini alimentari degli stranieri sono oggetto di numerosi pregiudizi da parte degli
autoctoni e rappresentano il ponte di collegamento tra lo straniero e il Paese d’origine e la
società di accoglienza.
Tra i temi più cari agli antropologici, le differenti concezioni dello pulito e dello sporco.
Per gli stranieri la famiglia esercita una forte influenza. La famiglia di oggi ha perso quel
carattere di istruzione che regolava le condotte dei membri al suo interno e sempre più è
divenuta una “comunità” di affetto. Esistono divergenze culturali relative all’organizzazione
familiare: tutte le famiglie si strutturano a partire da 3 relazioni: “filiazione”
(genitore\figlio); “fratellanza” (fratelli\sorelle); “alleanza” (partendo più ampio per effetto
di un matrimonio e\o in rapporto a un territorio). La famiglia è lontana dal modello
occidentale di famiglia nucleare composta da padre, madre e figli. Un aspetto
fondamentale è l’educazione dei bambini. La procreazione occupa un ruolo essenziale e
obbiettivo per le donne di quasi tutte le culture. Le interruzioni volontarie di gravidanza
sono viste come assenza di una cultura della prevenzione e una scarsa conoscenza delle
misure contraccettive. Un ultimo aspetto è quello relativo alla divisione sessuale dei
compiti: alle donne sono affidati quelli meno prestigiosi, spesso relegate a sfera privata e
alla cura dei figli, mentre agli uomini sono associati generalmente a ruoli di potere e
prestigio.
CONCLUSIONE: E’ necessario predisporre una serie di modifiche all’interno delle
organizzazioni sanitarie in materia di medicina transculturale e determina la buona e
cattiva salute e percorsi di promozione e azioni volte a mantenerla. La “promozione della
salute” viene intesa come un intervento multiforme teso ad affrontare problemi connessi
con la riduzione delle disuguaglianze sociali nelle opportunità di raggiungere e mantenere
la salute. Si sviluppa su 3 fronti:politico, sociale ed educativo.
1. coinvolge agenzie pubbliche e volontarie che lavorano insieme per modificare le
condizioni di vita, esaminando le implicazioni che possono avere sulla salute le politiche
degli alloggi, dell’impiego, degli ingressi migratori; 2.cerca di coinvolgere queste in prima
persona nell’identificazione dei problemi di salute e nell’individuazione di possibili
soluzioni; 3.si focalizza su i fattori di rischio individuale connessi alle rappr sociali, alle
credenze, ovvero alle conoscenze di senso comune relative a tutto ciò che concerne la
salute.
Esistono 5 tipologie di servizio: 1. servizi di prima accoglienza: che rispondono a bisogni
urgenti, relativi alle prime fasi di insediamento degli stranieri nel Paese; 2. servizi di
accoglienza residenziale: corrisposti a coloro che versano in condizioni di precarietà e
disagio temporaneo o continuativo; 3. servizi di accoglienza semiresidenziale: luoghi di
ritrovo dove gli immigrati trascorrono parte della giornata svolgendo delle attività; 4.
servizi per l’integrazione: relativi a percorsi di inclusione in diversi ambiti della società di
accoglienza: il lavoro, la scuola..; 5. servizi di rappresentanza: iniziative capaci di dare voce
agli immigrati. Ma esistono anche servizi che offrono assistenza agli stranieri. Molto
sviluppate in campania le associazioni di Terzo Settore rivolte allo straniero in cui
sopperiscono un sistema welfare locale carente di mirate politiche per gli immigrati. Altre
debolezze emerse sono:reperimento di risorse economiche, aspetto che mette a rischio
molte attività. Molto delicata, la questione dell’educazione che è il punto di partenza della
promozione della salute e deve rendere le persone consapevoli delle conseguenze delle
proprie azioni e accrescere anche la preoccupazione nei riguardi dei fattori che la mettono
a rischio. Differenti modelli nell’ambito dell’educazione alla salute.
Il primo modello parte dal presupposto che il comportamento dannoso deriva dalla
mancanza di conoscenze e l’educazione alla salute consiste così nell’inculare le abitudini
appropriate, spiegandone l’efficacia, ammonendo al tempo stesso sui rischi e i pericoli di
comportamenti dannosi.
Fornite delle informazioni, ciò determina un aumento\miglioramento delle conoscenze , ne
consegue una modificazione del comportamento, da cui deriva un miglioramento della
salute. Questo modello per gli immigrati si rivela inadeguato per due principali motivi:
1. il migrante deve decidere per la sua salute o per la cura della malattia. Occorrerebbe un
approccio più paritetico, all’interno del quale le conoscenze pregresse vengano ricollocate
entro schemi di corretto utilizzo e non di opposizione a quelle ufficiali.
2. affinché l’informazione rappresenti una premessa per una modificazione dei
comportamenti occorre confrontarsi anche con la reale volontà del ricevente, di
conseguenza non occorre solo riflettere sull’informazione ma anche sugli effetti prodotti da
essa. Questo fa si che l’informazione debba inevitabilmente confrontarsi con gli effetti che
essa ha realmente prodotto sugli atteggiamenti e reindirizzarsi modificandola nel caso in
cui essa non abbia prodotto risultati sperati.
Il secondo modello “riconosce che le credenze e le esperienze individuali hanno un ruolo
importante nel modo in cui le persone concepiscono e danno senso ai processi di salute”.
il terzo modello si muove sulla scorta del self-empowerment e cerca di coinvolgere nella
progettazione e nella strutturazione dell’autoeducazione.
I due ultimi modelli concepiscono la persona come : “un sistema composto da un’unità
biopsichica che interagisce con i sistemi esterni che compongono l’ambiente nel quale la
persona trascorre proporzioni della sua vita”. “salute è quella condizione di un soggetto
umano di prevenire le malattie fisiche, le patologie psichiche e le deprivazioni sociali che
danneggiano la sua personalità e gli individui che frequenta nella vita quotidiana.
Promozione della salute significa:
-rimuovere i fattori di rischio
-promuovere azioni educative che facilitano azioni di presa in carico della propria salute
-attivare azioni di prossimità e vicinanza con lo straniero
-rimuovere gli ostacoli o le barriere organizzative che non consentono agli immigrati un
accesso e una fruibilità del servizio
-rinforzare o creare un supporto tecnico, organizzativo e professionale.

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