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INTRODUZIONE: Il mondo globale incide sulla qualità della vita delle nostre società. La
testimonianza più diretta di un’immagine unificata del mondo è data dalla figura dello
straniero: la condizione che egli vive, le relazioni intrattenute con lui dai nativi esprimono le
difficoltà di una tensione fra il recupero delle proprie tradizioni e l’apertura alle novità che
dal contesto provengono. Secondo Simmel è colui che oggi viene e domani rimane .
Rispetto ai nativi, lo straniero non appartiene alla loro comunità specifica, egli è parte della
società in cui immigra, di cui acquisisce con il tempo regole e costumi, ma allo stesso
tempo è anche parte di quel vissuto che si è lasciato alle spalle della società dalla quale
proviene. L’ambivalenza del pensiero dello straniero si riflette sulle questioni inerenti alla
salute. Nell’esperienza della migrazione, la salute è intesa come una condizione che non si
limita solo ed esclusivamente agli aspetti terapeutici e di carattere sanitario, ma prendono
in considerazione anche le idee intorno a essa le persone si costruiscono. L’idea di salute
non è intesa solo come assenza di uno stato di malessere, fisico o psicologico, ma
soprattutto come esito di un complesso di relazioni sociali che s’instaurano a livelli
differenti.
La letteratura recente ha cercato di liberarsi di alcuni stereotipi diffusi sulla condizione
migratoria: il primo è quello che intende lo straniero come un “povero” che giunge sulle
nostre sponde spinto dalla fame, dalla miseria, dalle guerre; il secondo fa riferimento ad
un’immagine etnica. Si dimentica, come nota Di Nicola, che molti lasciano il Paese d’origine
spinti soprattutto da fattori di attrazione : infatti molti giovani e scolarizzati, non sempre
praticanti di una religione. L’immigrazione dello straniero va dal soggetto che subisce
passivamente il processo di migrazione ad un’immagine dove lo straniero assume la veste
di un attore che prende su di sé sia i rischi e sia i vantaggi legati al suo progetto migratorio.
Si parla di costruzionismo umano, dove l’immigrato- concepito come persona e non come
individuo, entrando a far parte delle strutture della società d’approdo, sarà da esse
condizionato ma concorrerà con la sua originalità e alimentare queste stesse strutture. Lo
straniero fa riferimento a un processo di responsabilizzazione rispetto alla propria salute
relativo a quelli che più avanti saranno indicati come fattori di rischio potenziando nello
straniero capacità relative alla cultura della prevenzione, a un utilizzo adeguato dei servizi
alla regolarità dei controlli ecc.. La salute deve essere intesa come un completo stato di
benessere fisico, mentale e sociale dove un individuo o un gruppo deve essere capace di
identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni, di cambiare
l’ambiente circostante o di farvi fronte. La legge n.40 ha esteso il diritto alla salute e
all’assistenza anche a quei cittadini stranieri che dal punto di vista giuridico non sono in
regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno. Occorre prendere in esame le
azioni che la società di accoglienza prevede per favorire i processi di integrazione sociale
dello straniero, le risorse che concede allo straniero per ampliare il più possibile un capitale
sociale, concetto proposto da Putnam, dove la società di accoglienza dovrebbe favorire per
gli stranieri: la fiducia, delle norme reciproche, le possibilità di partecipare attraverso le reti
di impegno civico. La Fiducia si può realizzare solo a patto che la società di accoglienza non
metta ai margini o faccia sentire lo straniero in condizioni di “subalternità” . Per Ambrosini,
l’immigrato non è tanto quello diventato simile alla popolazione autoctona, per
competenze linguistiche, aspirazioni, codici normativi, concezione del lavoro e del
benessere, quanto piuttosto quello che rinuncia a competere con i nativi, non pone in
discussione il trattamento che la società ricevente gli riserva e si ritiene pago della
posizione che gli vien assegnata. Inoltre nessuna salute dello straniero può essere tutelata
se non passa per prima attraverso il rispetto, i diritti di cittadinanza, la non corrispondenza
fra diritto alla salute e all’assistenza e i diritti sociali più ampi rappresenta spesso un
ostacolo alla piena integrazione sanitaria dello straniero. Guardare alla dimensione locale
significa analizzare i processi d’integrazione, chiamando in causa le relazioni che si
stabiliscono fra stranieri e autoctoni per facilitare o ostacolare il processo di integrazione
sociale dello straniero. Nel contesto campano il territorio vede un’assenza di benessere per
stranieri su molteplici fronti: emergono pure segnali positivi della società civile che si batte
per promuovere e tutelare i diritti dello straniero.
Con il crescere del titolo di studio, si riscontrano anche minori problemi nell’utilizzo dei
servizi. Gli immigrati fanno riferimento a un’idea di salute e di malattia che in alcuni casi è
differente o comunque meno medicalizzati infatti preferiscono l’automedicazione, spesso
a danno della salute stessa e con la sottovalutazione dei sintomi e patologie serie. A
incidere sull’utilizzo di servizi degli stranieri, sono ovviamente le culture organizzative e
l’insieme di azioni previste dalle aziende sanitarie volte a favorire l’accesso ai servizi dei
cittadini stranieri. I modelli che influenzano l’accesso ai servizi sono:”modello economico”
che mette in connessione l’utilizzo dei servizi sanitari con le disponibilità finanziarie che il
soggetto ha a disposizione, per poter accedere ai servizi. Un ultimo modello è costruito su
un blocco di variabili che predispongono o ostacolano l’utilizzo del servizio sanitario:
-variabili che predispongo all’uso: età, sesso, istruzione, stato civile.. L’informazione che
l’individuo possiede dell’organizzazione sanitaria, le condizioni di stress..
-variabili che abilitano all’uso: caratteristiche individuali, reddito, luogo di residenza..
-variabili che rendono necessario all’uso: riguardano lo stato di salute delle persone, la
percezione della salute e la valutazione dei sintomi. Ma con il crescere e la durata di
insediamento degli immigrati sui territori e con la maturazione del progetto migratorio, si
assiste anche a una maggiore integrazione sanitaria.
Si può trasformare un “bisogno di salute” in “domanda di salute”; tale passaggio non è
scontato poiché accade spesso che non tutto è considerato “bisogno di salute” trovi una
risposta adeguata nell’ambito del sistema sanitario. Un elemento che rende possibile o
ostacola la possibilità di far corrispondere bisogni e domanda di salute è dovuto all’offerta
di salute che consiste nell’insieme dei servizi sanitari offerti all’utente, affinché sia data
risposta alle sue richieste di salute. Se l’offerta è scarsa forse lo sarà anche la domanda, e
viceversa. Secondo Castiglioni una serie di fattori predispongono e/o facilitano il percorso
che permette di trasformare i bisogni di salute in domanda di salute. Primo fra tutti lo
status sociale definito attraverso :
-La situazione giuridica ( con o senza permesso di soggiorno, Permesso scaduto,
clandestino)
-La residenza –il Lavoro –La conoscenza della lingua italiana o di un’altra.
In funzione a queste variabili Castiglione distingue 3 livelli sociali fra gli immigrati: medio,
basso, underclass. Nel primo gruppo sono presenti tutte le variabili per rivolgersi al medico
e a tutti i servizi offerti dal Servizio Sanitario Nazionale; nel secondo, una di queste variabili
è mancante o pur avendo permesso di soggiorno, non può avere l’iscrizione al Servizio
Sanitario Nazionale; nel terzo non è presente nessuna variabile.
2 CAPITOLO: Discutere della salute degli immigrati implica confrontarsi con la sfera dei
diritti di cittadinanza o diritti civili. Il termine cittadinanza in relazione ai fenomeni migratori
è un concetto complesso e si riferisce: all’appartenenza a uno stato, che comporta il diritto
di risiedere liberamente sul territorio e a uscire ed entrare dai suoi confini;
all’emancipazione, ossia alla possibilità di contribuire alle decisioni pubbliche per
l’immigrazione è la questione relativa al voto; alla dotazione comune, cioè alla possibilità di
godere dei diritti sociali; alla standardizzazione, ossia alla condizione di uguaglianza dei
cittadini, superando differenze.
L’ingresso del servizio sanitario , e quindi l’accesso al diritto di salute e al diritto di
assistenza, rappresentano il primo traguardo da raggiungere per gli immigrati sia residenti
sia in attesa di regolamentazione. Come notano gran parte degli studiosi delle migrazioni,
la piena cittadinanza ha riflessi sulla capacità del migrante di integrarsi a pieno nella società
in cui intende vivere ed è un fattore che garantisce e sostiene i percorsi di integrazione nei
suoi molteplici aspetti. -barriere giuridico-legali, che fanno riferimento al tipo di permesso
di soggiorno
-barriere economiche che fanno riferimento alla natura dell’onere economico che gli
immigrati versano al Servizio Sanitario Nazionale in termini di compartecipazione alla spesa
-barriere burocratiche-amministrative e organizzative: possono disincentivare l’utilizzo di
un servizio da parte degli immigrati
-barriere organizzative: possono limitare l’accesso ai servizi da parte degli immigrati e
minare il sentimento di fiducia fra utente e operatore
-barriere linguistiche, comunicative e interpretative: incidono maggiormente sulla fruibilità
dei servizi. L’introduzione della figura de mediatore culturale non elimina i problemi di
comunicazione. Gli immigrati accedono ai servizi sanitari secondo diverse modalità che
rende più problematica la cura di sé. Limitandosi agli aspetti organizzativi dei servizi
sanitari, si punta a creare forme di risposta che recuperano la distanza culturale, che
inevitabilmente viene a crearsi per il fatto che lo straniero proviene da contesti dove i
sistemi di cura si reggono su regole e modalità di accesso differenti. Quindi è importante
dotarsi di percorsi che favoriscano la mediazione per la realizzazione di un buon utilizzo di
servizi. Un cambiamento comporterebbe per l’utenza straniera una riduzione dei tempi
d’attesa, orari flessibili, riduzione o eliminazione delle lungaggini burocratiche, ma ciò
avviene all’interno di un’organizzazione che prevede:
- spazi relazionali dove assumono importanza l’ascolto del paziente e della sua narrazione.
L’obbiettivo è di evitare diagnosi errate
-figure di accompagnamento
-un sistema coordinato di servizi ed interventi che consentano dal lato del migrante di
costruire un capitale sociale utile a rafforzare le sue potenzialità, dal lato dell’operatore di
uscire dal suo isolamento.
Assume particolare importanza la cura degli aspetti relazionali, poiché l’operatore agevola i
percorsi di accesso ai servizi sanitari dello straniero. Non è raro, che si saldi un rapporto
fiduciario personalistico fra medico e straniero; è questo l’ambito in cui si realizza la
possibilità di percepire le modalità di funzionamento del servizio e delle sue regole.
Attraverso una buona relazione si palesa la possibilità di rilevare i reali bisogni sanitari e
sociali dell’immigrato. Tuttavia esistono complessità di attuazione e sono l’assenza di
formazione specifica rispetto all’utenza straniera e quindi al persistere di condizioni
sbagliate. Occorre chiedersi quali aspetti rendano più o meno problematica la relazione fra
operatore e paziente straniero. Fa riferimento alle debolezze conoscitive degli operatori
sanitari rispetto all’utenza straniera. Tale debolezza si esprimerebbe in una
“sopravvalutazione o sottovalutazione” del lato culturale. L’esito indurrebbe il primo a
disinteressarsi dell’utenza e a limitarsi al solo rapporto clinico-terapeutico e il secondo a un
utilizzo improprio del servizio. A questa difficoltà vanno incluse anche quelle che gli
operatori hanno nel rapportarsi alla richiesta di soggettività posta dai pazienti
contemporanei e alle loro difficoltà relazionali con altre professioni del sanitario. Il primo
contatto tra l’operatore sanitario e l’utente straniero costituisce un primo momento
essenziale che può segnare l’esito della relazione, mentre per lo straniero la buona riuscita
dell’incontro si riverbera positivamente sul piano terapeutico e riesce a comprendere come
funzionano i servizi del Paese d’immigrazione. L’operatore ha già costruito un’immagine del
migrante, sia perché ha fatto esperienza diretta con lui, magari incontrandolo in contesti
diversi da quello dei servizi, sia perché se ne è fatto un’idea attraverso gli altri. Dal lato del
migrante anche costui ha elaborato un immagine precedente dell’operatore. Queste
“rappresentazioni sociali” si riverberano sugli atteggiamenti messi in atto dagli operatori e
dagli stranieri, poiché se l’operatore può decidere di non entrare necessariamente in
contatto con lo straniero e limitarsi alle sole funzioni previste dal suo mandato
professionale, dal lato del migrante connesse al bisogno di curarsi, di farsi comprendere, gli
impongono di assumere un atteggiamento più aperto possibile. Le aspettative relative
all’incontro, sono l’esito di un processo cognitivo che va dal versante della
“categorizzazione” (operazione che conduce a identificare e classificare le cose) a quello
“dell’individuazione” (meccanismo che nel prendere in considerazione l’interlocutore con
cui si sta entrando in relazione, fa riferimento a specifiche sue caratteristiche).Le
rappresentazioni si articolano su 4 procedimenti cognitivi-descrittivi: Inversione:consiste
nell’attribuire allo straniero il contrario delle nostre caratteristiche socioculturali;
Mancanza: allo straniero manca qualcosa (che noi possediamo); Eccesso: si considerano
esagerati alcuni tratti degli stranieri rispetto a noi; Combinazione: tutto ciò che è diverso, è
visto come una combinazione di animalità.Si possono individuare alcuni elementi ‘fondanti’
le visioni più comuni dello straniero, e sono relativi al fatto di considerarlo come:
-opportunità: in Simmel lo straniero che vive nel gruppo potrà più facilmente assumere un
atteggiamento neutro. Secondo Cotesta si traduce nel desiderio di condividere con lui la
propria tradizione e viene invitato a far parte della comunità
-pericolo:lo straniero e la sua diversità destabilizza; si ha la sensazione che egli e i suoi
costumi possano alterare la purezza della tradizione della società di accoglienza.
-Come individuo: lo straniero non è un problema.
E’ possibile sollecitare a una sensibilità interculturale agli operatori sanitari. Si potrebbe
pensare che riguardi solo specifiche professioni; alcuni corsi di formazione e promozione
alla comunicazione interculturale sono puntualmente disertati da una buona parte dei
medici. Un altro aspetto da contestare è relativo al significato che assume il concetto di
intercultura in base all’opportunità o meno di garantire un’integrazione sociale che rispetti,
oltre che i valori della società di accoglienza anche la diversità culturale dei migranti. La
questione della formazione all’intercultura e sul miglior modo di garantirla riguarda i criteri
utilizzati per stabilire buona integrazione, tra questi criteri: il rispetto delle diversità etno-
culturali ma soprattutto l’idea che “l’integrazione consiste sempre in un processo, una meta
che non si acquisisce una volta per tutte ma che viene costantemente perseguita. Alcune
soluzioni praticabili per riflessioni sul senso della formazione all’intercultura sono:stimolare
una sensibilità alla diversità; una formazione alla comunicazione interculturale per tutti; il
mediatore è visto come un operatore sul quale si scaricano tutti i problemi connessi alla
relazione con l’utente straniero; una formazione che promuova più occasioni di incontro
con lo straniero; infine una formazione ispirata all’ottica della ricerca-azione.
3 Capitolo: il migrante è dotato di una cultura sanitaria opposta a quella vigente nella
società di accoglienza. L’immigrato, pur portatore di un modello di salute e di malattia
differente è pur sempre disposto all’apertura dei suoi significati e spesso egli già conosce il
modello Medicale dei Paesi in cui migra e già lo usa, si parla di “pluralismo medico”. Si può
definire la cultura come:”l’insieme delle qualità che l’uomo sviluppa nei rapporti sociali, al
fine di dominare la propria condizione esistenziale” Essa precede l’agire sociale e orienta le
relazioni tra persona e ambiente semplificando e riducendo le complessità che si
instaurano costantemente tra questi. Tre sono le funzioni principali della cultura: di
mediazione, di produzione di significati e di creazione di una nuova cornice morale. La
prima ha lo scopo di mediare fra noi e i contesti, seleziona alcune conoscenze che aiutano e
permettono all’uomo di orientarsi nel suo ambiente senza sforzo. Ma la cultura non serve
solo in quanto produzione di senso ma collega domini differenti della realtà, fornendo ai
suoi membri un repertorio di credenze condivise. Infine, la terza è la creazione di una
cornice morale, cioè essa dovunque si articola in valori e norme rapprenda il codice
attraverso il quale giudicare buone o cattive le proprie o altri azioni. La cultura modifica
nell’agire stesso. Concepire la cultura come processo e non come sistemi chiusi, bensì
sistemi aperti e in continua trasformazione per effetto dei contatti con altri sistemi o
sottosistemi. I soggetti sono agenti si trasformazione. L'assimilazione nasce su un idea di
cultura piuttosto statica, di cui è possibile con il tempo liberarsi, apprendendo nuovi retaggi
culturali o tradizionali. Tale logica conduce ai migranti ad integrarsi; la logica
assimiliazionista non considera la capacità del migrante di rielaborare i significati delle
proprie conoscenze ma riadattandole alle nuove apprese nel contesto di immigrazione. Il
pericolo è quello di far ricadere nella responsabilità scelte che hanno natura strutturale ma
oltre a richiamare la necessità del migrante di adattarsi alla società di accoglienza, fanno
anche richiamo alla stessa nel garantire alcune premesse strutturali che di fatto speso la
impediscono. Questo chiama non solo il dovere dell’immigrato di assimilarsi, ma anche il
dovere di aprirsi alle esigenze dei nuovi venuti: si parla dunque di incorporazione, di
inclusione. L'assimilazione è rapida per alcuni aspetti mentre in altre aree, soprattutto
quello della sfera privata. Bisogna perciò considerare la cultura come un aspetto dinamico.
Secondo Augè la malattia è un evento biologico individuale e sociale, non solo perché a
farsene carico sono le istituzioni, ma anche gli schemi di pensiero che permettono di
individuarla, di darle un nome e di curarla, sono sociali. Da qui si comprende che il corpo, e
le conoscenze di esso sono il frutto di significati che gli individui costruiscono. Tali significati
costituiscono l’identità degli individui, in cui essi vi si riconoscono e da cui derivano i loro
orientamenti all’agire. Questi significati sono connessi alla medicina contemporanea o
biomedica. Eliot Freidson dimostra come l’adesione alla cultura biomedica avvenga in
realtà per gradi e sia dipendente dalla vicinanza\lontananza dei modelli di salute e di
malattia elaborati dalla medicina scientifica. Il paziente si rivolge al professionista solo dopo
aver letto, discusso e definito i propri sintomi. Si evidenziano 3 aspetti notevoli: 1. sono
compresenti diverse culture; 2. la relazione fra medico e paziente può assumere; 3.
capacità di adeguamento del paziente al modello medicale.