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STUDI

Collana a cura di

Angelo Salento
Anna Grazia D’Oria, Giovanni Invitto, Marcello Strazzeri

61

Il campo e il gioco
Appunti su Bourdieu
5

© 2004 Piero Manni s.r.l.


Via Umberto I, 51 - San Cesario di Lecce
Indice
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www.mannieditori.it
7 Introduzione

CAPITOLO 1
15 La formazione di uno spirito sociologico:
le esperienze giovanili e la ricerca etnologica
in Algeria

CAPITOLO 2
31 Oltre la fenomenologia e l’oggettivismo,
per una teoria della pratica:
lo strutturalismo genetico

CAPITOLO 3
45 Elementi di una teoria del mondo sociale:
habitus, campo e capitale

CAPITOLO 4
73 Spazio sociale e spazio simbolico:
ideologia e violenza simbolica

CAPITOLO 5
91 Un progetto spinozista:
ragione ed etica politica

CAPITOLO 6
103 Incertezze, paradossi, vie d’uscita

131 Nota bibliografica

135 Bibliografia
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Introduzione

Il tempo che viviamo sembra segnato da singolari


inversioni. La politica e l’economia, i due domini es-
senziali del mondo sociale, hanno cambiato segno. La
prima alimenta insicurezza, violenza, razzismo, guer-
ra; la seconda genera miseria, marginalità, esclusione.
Idee date per scontate –elevate cioè al rango di princì-
pi– subiscono, nei fatti, dinieghi profondi: più che
quotidiane violazioni, vere e proprie smentite.
Di questo scenario, la produzione culturale non è
soltanto un ambito condizionato, ma un ambito costi-
tutivo. La “ribellione delle élite”, lo sviluppo della
«segreta convinzione che questi problemi siano inso-
lubili» (Lasch 2001, p. 11), è la fonte di nuove super-
stizioni, ossia della percezione di un divario incolma-
bile, oggettivato, fra l’agire individuale e collettivo del-
le persone in carne e ossa e il dispiegamento di un dise-
gno ineluttabile. La sociologia non sembra sottratta a
questa tendenza; per certi versi, ne sembra più parteci-
pe che vittima. Le argomentazioni postmoderniste,
che hanno ceduto alla complessità del mondo sociale
semplicemente celebrandola, si sono sovrapposte a
una frammentazione disciplinare spesso fine a se stes-
sa. È il rischio della rappresentazione ideologica, quel-
lo in cui si imbatte la sociologia del presente; rischio
che si realizza, per esempio, tutte le volte in cui termi-
ni lasciati nel vago –come complessità, o globalizzazio-
ne– vengono assunti come chiavi universali dell’inter-
pretazione, scambiando per spiegazione del mutamen-
to alcune percezioni che ne sono, semmai, effetti,
proiezioni simboliche. L’ideologia della fine delle i-
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deologie ha screditato i tentativi di costruire una teoria radicale possa essere non il segno di una “falsificazio-
della società epistemologicamente “forti”; e le forme ne inflitta dal corso degli eventi”, ma il riflesso di un
più diffuse di “multiculturalismo” sono –come scrive mutamento culturale che ha investito anche la produ-
Bauman– il prodotto di una strategia retorica che, una zione sociologica: il riflesso di una temperie ideologica
volta smarrito il coraggio della radicalità, fa appello al- che disabilita la discussione radicale.
la riconciliazione: un «prodotto della parodia del Resta oggi da comprendere, in effetti, se il pensiero
mondo caratterizzato dal disimpegno» (Bauman 2001, sociologico critico –che la figura di Bourdieu incarna
p. 129), nel tentativo di rendere sopportabili le realtà in maniera esemplare– possa avere un senso e una con-
senza dover immaginare alternative possibili. tinuazione. Il modo più efficace per questa verifica
Forse bastano queste considerazioni a giustificare –Bourdieu lo ripeteva insistentemente– è certamente
un lavoro di ricognizione dei capisaldi concettuali del- una produzione di ricerca, che metta in opera la teoria
la teoria sociale di Pierre Bourdieu: probabilmente, e le indicazioni metodologiche, senza esitare –ove oc-
uno dei sociologi che più drammaticamente hanno vis- corra– ad aggiustarne il tiro. Nondimeno, è bene an-
suto e interpretato la “crisi” del metodo sociologico. che soffermarsi su alcuni snodi essenziali e particolar-
Rifiutandosi di comprenderla nell’ottica stessa del po- mente complessi della costruzione teorica, sui quali i
stmodernismo, Bourdieu ha invece sottoposto il post- critici di Bourdieu hanno tenacemente e spesso acre-
modernismo a una critica radicale. Si è trattato, per il mente insistito. In definitiva, studiare Bourdieu non
sociologo francese, di una sfida, nella quale, talvolta, la sembra uno sforzo conservativo.
sua argomentazione ha assunto tonalità che egli stesso Nel dibattito sociologico contemporaneo, non so-
avrebbe potuto definire “da dominati”. In effetti, no molti gli studiosi che si sono sottratti, nella ricer-
Bourdieu percepiva non solo la necessità della critica ca del metodo, a una logica oppositoria. Per un verso
sociale, ma una condizione oggettivamente infelice, l’organizzazione accademica della sociologia (dove la
una collocazione sfavorevole che la sociologia critica concorrenza è sovente interpretata come opposizione
ha assunto nell’arena delle interpretazioni del mondo incondizionata), per altro verso la pressione delle
sociale: «la sociologia –avvertiva– è uno sport da com- committenze (che il più delle volte induce a espunge-
battimento»1. E la postura “rivendicativa” con cui e- re la contraddizione, e a confondere la specializza-
sprimeva le sue tesi radicali ha fatto il più delle volte zione con la parzialità del metodo), hanno contribui-
leggere nei suoi scritti un’impronta fortemente deter- to all’enfatizzazione delle divergenze, più che alla ri-
ministica, o un materialismo di basso profilo. cerca di una composizione.
Si può provare allora a rileggere –fuori da qualsiasi Nel magro novero delle eccezioni, Pierre Bourdieu
intento polemico o agiografico– i concetti essenziali si iscrive a pieno titolo. Si potrebbe ripetere di lui
della teoria bourdieuiana, anche per potersi domanda- quanto Wright Mills scrisse a proposito di Veblen: egli
re se l’apparente anacronismo di una sociologia così «era assolutamente incapace di essere uno specialista.
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[…] Mentre gli specialisti costruivano un mondo a lo- strutturalista a connotare la forma del discorso socio-
ro immagine e somiglianza, [egli] era un antispecialista logico.
di professione» (Wright Mills 1999, XLV). È opportuno, tuttavia, non arrestarsi di fronte a
La trasversalità dei suoi studi è totale. È una tra - queste evidenze, e provare invece a cogliere le vie d’u-
sversalità disciplinare, innanzitutto, che rimanda a un scita che il discorso di Bourdieu offre rispetto alle op-
percorso biografico e scientifico complesso: laureato- posizioni metodologiche. Questa lettura richiede uno
si in filosofia all’École Normale parigina, Bourdieu sforzo particolare, si ripete. Il nuovo che offre la teoria
ha svolto poi l’attività di etnologo, per transitare infi- bourdieuiana non salta agli occhi: Bourdieu è stato un
ne –senza abbandonare l’attitudine alla riflessione fi- autore del suo tempo, e –a differenza di teorici strut-
losofica e il rigore della ricerca etnologica– sotto l’e- tural-funzionalisti suoi contemporanei– non ha elabo-
tichetta della sociologia. Ed è poi –anche per conse- rato un idioletto, ma ha fatto uso di un lessico e di uno
guenza– una trasversalità teorica. Il lavoro di Bour- stile argomentativo tradizionale, sebbene stilistica-
dieu è stato sempre orientato alla ricerca di una solu- mente ricco (talora ridondante) e originale.
zione delle opposizioni teoriche più resistenti, radi- Se si vuole, l’opera di Bourdieu si può leggere co-
cate nell’opposizione delle concezioni fondamentali me una grande sintesi, che recupera tutta una serie di
dei “padri fondatori” e di volta in volta rinvigorite filoni e di tradizioni disciplinari ricomponendo un
dal particolarismo metodologico dei contemporanei. quadro teorico in grado (almeno nel programma) di
In questo sforzo, la ricerca della sintesi e la radicalità superare le insufficienze e le aporie di ciascuna. Va
delle scelte non sono termini contraddittori: la revi- aggiunto che questa operazione intellettuale è stata
sione epistemologica di opposizioni divenute, col assai consapevole e dichiarata, al punto che lo stesso
tempo, “gabbie d’acciaio” della ricerca, ha assunto, Bourdieu, nelle sue analisi del campo accademico, ha
per Bourdieu, i caratteri di una sfida. mostrato come –lungi dal fondarsi su necessità epi-
La pluralità delle prospettive inscritte nell’opera di stemologiche– le divisioni e gli steccati disciplinari
Bourdieu non ha impedito che fosse prevalentemente sono radicati in divisioni e antagonismi sociali. Ne è
rubricata sotto l’insegna dello strutturalismo. Ma que- sortito un repertorio di concetti che si propongono
sta qualificazione, pure non priva di giustificazioni, in- per superare le distinzioni tradizionali, non solo tra
siste su aspetti parziali della teoria bourdieuiana. È da oggettivismo e soggettivismo, ma anche tra microso-
dire che lo stesso Bourdieu ha fatto ampio uso di un ciologia e macrosociologia e tra sociologia quantitati-
lessico di derivazione strutturalista e che egli stesso ha va e sociologia qualitativa; come pure, naturalmente,
riconosciuto, nello strutturalismo, una sorta di prio- tra sociologia teorica e sociologia empirica. Sono tut-
rità epistemologica per la genesi della sua teoria socia- te dicotomie che Bourdieu si è prefisso di demolire
le. Del resto, anche nella tradizione marxista, della operativamente (cioè superandole di fatto, con la sua
quale Bourdieu è certamente partecipe, è un lessico stessa ricerca), ma anche con espressa consapevolez-
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za. considerarne alcuni profili particolarmente problema-


Se la teoria bourdieuiana è leggibile come una sin- tici.
tesi, dunque, questo nulla toglie alla sua importanza; Secondo un impianto ricostruttivo si articola,
anche perché Bourdieu è riuscito sempre a sfuggire ai quindi, questo libro. Nel primo capitolo, si dà conto
compromessi eclettici e al sincretismo. Va aggiunto, degli “esperimenti epistemologici” che Bourdieu ha
peraltro, che quest’atteggiamento di sfida ai confini iniziato durante la sua attività di etnologo, in Algeria,
accademico-disciplinari è costato, a lui e ai suoi allievi nei primi anni Sessanta. Nel secondo, si osserva la
(almeno, a coloro che non se ne sono allontanati), un definizione della scelta epistemologica –lo struttura-
continuo ostracismo dalle zone alte dell’accademia lismo genetico– intorno alla quale il sociologo ha
francese ed europea. Bourdieu è diventato una sorta di sempre continuato a lavorare. Il terzo capitolo illu-
mito, ma sostanzialmente al di fuori delle università. stra gli elementi fondamentali della teoria sociale
Nei capitoli che seguono si proverà quindi a inda- bourdieuiana: concetti come habitus, campo, capitale,
gare, a partire dalla prima formulazione della teoria illusio, strategia. Nel quarto capitolo si ricostruisce il
bourdieuiana, gli sforzi di soluzione di quelle opposi- rapporto che lega, nella teoria, lo spazio sociale e lo
zioni binarie nelle quali spesso si è spesso arenato il spazio simbolico, ricostruendo la transizione di
dibattito sociologico. La trattazione si articolerà come Bourdieu dall’idea tramandata di ideologia, al concet-
ricostruzione dei cardini epistemologici e dei principa- to di violenza simbolica. Il quinto capitolo è dedicato
li concetti della teoria sociale di Bourdieu. Se le idee e all’analisi dello stretto legame che Bourdieu istituisce
fondamentali –come si vedrà– sono maturati già a par- fra scienza, morale e politica. Nel sesto capitolo, infi-
tire dalla stagione della ricerca etnologica in Algeria, le ne, sono discusse le principali questioni che la teoria
ricerche empiriche successive, e i conseguenti aggiu- bourdieuiana ha sollevato e continua a sollevare: il ri-
stamenti teorici, non hanno segnato soltanto un mo- schio del determinismo (che molti critici vedono rea-
mento di operazionalizzazione di quegli strumenti, ma lizzato nell’opera di Bourdieu), la questione dell’eco-
hanno di volta in volta sortito, a beneficio della teoria, nomicismo e dell’autonomia del simbolico, e infine
precisazioni, arricchimenti, revisioni. l’inflessione scientista di alcuni assunti del sociologo
Non si potrebbe introdurre all’opera di Pierre francese.
Bourdieu se non si precisasse che la sua bibliografia
conta centinaia di titoli, fra saggi e monografie (David
Swartz ha censito, al 1995, almeno trenta libri e tre-
centoquaranta saggi in riviste e volumi collettanei:
Swartz 1998). La mole impressionante di questa pro-
duzione è forse un motivo in più per rintracciare gli
assunti fondamentali della costruzione teorica, e per
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CAPITOLO 1

La formazione di uno spirito sociologico:


le esperienze giovanili e la ricerca etnologica
in Algeria

1.1. Dalla Scuola Normale alla ricerca sul campo

Sotto il profilo della ricchezza teorica, la formazio-


ne filosofica di Bourdieu non avrebbe potuto essere
più ampia. Gli anni Cinquanta, in Francia, sono stati
gli anni del dominio intellettuale dell’esistenzialismo.
Ma sono stati anche gli anni in cui una generazione di
allievi della Scuola Normale si è inoltrata su strade di-
verse, con l’intenzione di superare quello che conside-
rava il carattere approssimativo della filosofia di Sar-
tre. Fra questi promettenti studiosi c’erano personaggi
del calibro di Althusser, Foucault, Derrida. Tutti co-
storo, più che a Sartre, si rivolgevano ai suoi maestri
tedeschi, Husserl e Heidegger, e a Merleau-Ponty: a
una tradizione più attenta di Sartre allo sviluppo delle
scienze umane.
In questo milieu particolarmente fecondo, Pierre
Bourdieu si è procurato una competenza eccezional-
mente ampia, e trasversale rispetto alle partizioni disci-
plinari accademiche. Ha acquisito familiarità con l’ana-
lisi fenomenologica, con l’epistemologia storica delle
scienze (ha poi sempre continuato a citare Bachelard e
Koyré, dai quali ha appreso l’idea che l’oggetto di ricer-
ca non è mai dato, ma costruito; ma per motivi analoghi
ha studiato Cassirer, anch’egli occupatosi di storicizzare
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le categorie della ragione); con la filosofia analitica (so- suto una condizione di marginalità sociale, né in giovi-
prattutto con Wittgenstein, che fa luce sui presupposti nezza né in seguito. Ma è probabile che, nella sua espe-
“impensati” dell’analisi filosofica, e del quale Bourdieu rienza di studente appartenente a ceti popolari della
ammirava particolarmente la critica alla “ragione astrat- provincia pirenaica, che accedeva alle scuole delle élites
ta dei filosofi”); con l’antropologia strutturale, che ha guadagnandosi borse di studio, abbia potuto cogliere
aggiornato la linguistica saussuriana e l’etnologia chiaramente la distanza fra le proprie attitudini e quelle
durkheimiana e maussiana. dei rampolli della borghesia della capitale. Certamente
Probabilmente, la “conversione sociologica” di in questa stagione ha maturato –attraverso l’esercizio
Bourdieu non sarebbe comprensibile senza considera- di una spigliata immaginazione sociologica– la perce-
re l’immediatezza, forse violenta, di alcune percezioni zione che le posture e le disposizioni fondamentali di
giovanili; senza considerare, cioè, l’emergere di quella ciascuno non sono né innate, né guadagnate attraverso
che si può definire una coscienza di classe sofisticata, l’istruzione, ma si presentano come “iscritte” nelle per-
particolarmente lucida, che del resto egli stesso non ha sone in virtù del carattere ordinario che assumono nei
mancato di sottolineare a più riprese, soprattutto di percorsi socio-biografici.
recente: come quando ha provato a chiarire quello che Al giovane della provincia saltava agli occhi come
gli è parso il dato essenziale per la spiegazione della singolare quel mondo esteticamente sublimato che alla
sua inquieta postura intellettuale, ossia borghesia parigina, cui appartenevano molti suoi col-
leghi, appariva naturale (il pianoforte in casa, per il fi-
[…] il fatto che la coincidenza contraddittoria dell’e- glio di madre pianista, è familiare quanto il barattolo
lezione nell’aristocrazia scolastica e dell’origine po- della marmellata in una casa popolare; ma per il qui-
polare e provinciale (mi verrebbe da dire: particolar- dam de populo è un oggetto esotico, una presenza ar-
mente provinciale) è stata alla radice del costituirsi di rogante). Proprio nelle sue esperienze relazionali di
un habitus sfalsato, generatore di contraddizioni e di
tensioni d’ogni genere. (2003f, p. 136)
studente miracolato dalla meritocrazia, Bourdieu deve
aver compreso ciò che avrebbe poi voluto comprovare
La convinzione che il mondo sociale non è un gioco empiricamente: «la cultura borghese ed il rapporto del
del caso, attorno alla quale Bourdieu ha sviluppato la borghese con la cultura sono debitori del loro caratte-
sua teoria è, probabilmente, una percezione maturata re inimitabile al fatto che […] si tratta di cose che si
fin dalla giovane età, e progressivamente divenuta con- acquisiscono prima del discorso, attraverso l’inseri-
sapevole, fino a generare un atteggiamento di rivolta mento precoce in un mondo di persone, di pratiche e
intellettuale nei confronti del clima culturale nel quale di oggetti colti» (1983, p. 73). È la consapevolezza
aveva affrontato gli studi di filosofia, nella École Nor- –spontanea e amara quanto basta per ispirare talvolta
male Supérieure parigina. un tono risentito:
Non si può certo affermare che Bourdieu abbia vis-
si può identificare la filosofia con Saint-Exupéry […],
18 19

e rivelarsi all’altezza dei mercati più quotati al giorno donato: la priorità accordata alla prospettiva struttura-
d’oggi: ricevimenti, colloqui, interviste, dibattiti, se- lista nella ricerca di un suo superamento.
minari, commissioni, comitati, ecc. Purché, però, si La “fuga” dalla filosofia è iniziata dal 1955. Il servi-
posseggano tutti i tratti della distinzione: portamen- zio militare in Algeria è stata l’occasione, per Bourdieu,
to, prestanza, aspetto, dizione e pronuncia, buone di iniziare là –rimanendovi fino al 1960– una stagione di
maniere e buone abitudini; senza di cui, per lo meno
su questi mercati, tutte le conoscenze scolastiche val-
ricerca etnologica molto feconda, nella quale ha matu-
gono poco o niente, mentre, proprio per il fatto che rato le linee fondamentali della teoria dell’azione che ha
la scuola non le insegna mai, o mai in modo comple- continuato a sviluppare successivamente.
to, essi definiscono di per sé la distinzione borghese.
(1983, p. 91)
Senza dubbio, è stata la scelta di un’interpretazione
materialista delle relazioni sociali quella che ha segnato,
come atteggiamento di fondo, la ricerca di Pierre Bour-
dieu. Ed è questa la chiave essenziale per comprendere il
rigetto delle componenti più idealiste e “spiritualiste”
delle dottrine filosofiche con cui si è misurato negli anni
della formazione presso la Scuola Normale. Da qui è de-
rivato, in particolare, il rifiuto della filosofia di Sartre, e-
spresso con veemenza già in Per una teoria della pratica,
quando si rilevava che, di fronte alla questione del duali-
smo oggettivo/soggettivo, Sartre aveva ridotto il senso
dell’esistente a una pura attribuzione di senso, una sorta
di “decreto della coscienza” capace addirittura, in quan-
to tale, di fondare un processo rivoluzionario:

[…] Sartre propone una risposta ultra-soggettivista:


rendendo la presa di coscienza rivoluzionaria il pro-
dotto di una sorta di variazione immaginaria, egli le
conferisce il potere di creare il senso del presente
creando il futuro rivoluzionario che lo nega. (2003d,
p. 215)

Ed è stata la propensione materialista alla base della


scelta epistemologica che Bourdieu non ha mai abban-
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1.2. L’analisi della “modernizzazione” in Algeria potessero essere immediatamente comprese come una
“risposta all’ambiente”. Presso ogni popolazione, si
La prima opera di un certo rilievo, pubblicata in sviluppava, invece, un’organizzazione sociale relativa-
questa stagione, è Sociologie de l’Algerie (1958), solita- mente autonoma, che contiene diverse “funzioni se-
mente ritenuta non fondamentale. Si tratta, per molti condarie” le quali, spesso inconsapevolmente, rinfor-
versi, di un repertorio descrittivo delle popolazioni in- zavano la funzione primaria di conservazione della so-
digene dell’Algeria. Ma si pone già in quella sede una lidarietà sociale. Così, sebbene fosse forte la base strut-
questione metodologica molto rilevante, inerente la turalista (e il riferimento alle “strutture nascoste” di
definizione dell’oggetto di ricerca: sebbene fosse chia- Lévi-Strauss), ciò su cui Bourdieu insiste di più è che le
ro che l’Algeria, considerata indipendentemente dal strutture sociali sono sofisticate creazioni umane. La
resto del Maghreb, non era un contesto culturalmente “coscienza collettiva” durkheimiana, pur presente in
unitario, Bourdieu riteneva che la definizione del cam- questa ricostruzione, si presenta come coscienza co-
po d’indagine –lungi dall’essere arbitraria– si giustifi- struita collettivamente. Così anche, sebbene in quest’o-
casse in relazione all’interesse della ricerca, ossia la pera sia molto presente la traccia del Weber dell’Etica
transizione di un contesto sociale dalla tradizione alla protestante, Bourdieu precisa con insistenza che il cre-
modernità e lo scontro fra gli indigeni e la moderniz- do religioso ha uno statuto secondario, dipendendo
zazione europea. L’unità dell’oggetto, dunque, si co- dalla volontà degli individui di accettare la sua con-
struisce in funzione della problematica indagata. gruenza con comportamenti che soddisfano la funzio-
In Sociologie de l’Algérie emerge poi un’altra que- ne primaria della loro organizzazione sociale. Infine,
stione di fondamentale interesse, quella delle strutture anche l’insegnamento di Marx è accettato relativamen-
temporali dell’esperienza affettiva. Il problema intrin- te: anche la condotta economica ha uno statuto secon-
seco alla fenomenologia della vita affettiva era, in pri- dario, poiché gli scambi economici sono azioni simbo-
mo luogo, quello di distinguere fra “leggi manifeste” di liche subordinate agli scopi primari delle società nelle
comportamento, da un lato, e causazione dei compor- quali sono intraprese.
tamenti, dall’altro; in secondo luogo, quello di deter-
minare lo status di ciascuna di queste “leggi” identifica-
bili. Cercando di descrivere le tribù tradizionali del- 1.3. Gli studi di etnologia cabila
l’Algeria, Bourdieu ha messo alla prova una serie di
cornici metodologiche. La sua posizione essenziale è In alcuni saggi successivi, queste prime intenzioni
che il primo problema delle tribù fosse di salvaguarda- metodologiche vengono approfondite con decisione, e
re la loro stabilità sociale, per compensare la povertà diventano i capisaldi di una scelta epistemologica com-
dell’ambiente fisico e delle risorse tecniche. E tuttavia, posita, di uno strutturalismo genetico che cerca di con-
a Bourdieu pareva chiaro che le strutture sociali non ciliare la percezione oggettivista delle strutture e la fe-
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nomenologia costruttivista delle forme cognitive. mente comprensibile ex post e, per converso, sia so-
In Il senso dell’onore (2003a), saggio scritto nel stanzialmente imprevedibile in itinere? A questo sco-
1960, i comportamenti di sfida e di risposta alla sfida po, Bourdieu propone già qui –sia pure in modo em-
diventano oggetto di una ricostruzione che segna già i brionale– il concetto di habitus. La spiegazione che dà
punti di riferimento essenziali per l’elaborazione di conto di questa duplice dimensione delle pratiche, in-
una teoria della pratica. La chiave interpretativa che fatti, è nel ruolo di mediazione fra regole e atti giocato
viene mantenuta ferma è che le pratiche rituali, la loro dal senso dell’onore. «Ciò che viene chiamato il senso
regolazione e le loro tassonomie siano la trasfigurazio- dell’onore non è altro che la disposizione coltivata,
ne ideologica delle strutture economiche, e che contri- l’habitus, che permette a ogni agente di generare, a
buiscano alla loro riproduzione: partire da un piccolo numero di principi impliciti, tutti
i comportamenti conformi alle regole della logica della
i rapporti economici non sono concepiti e costituiti sfida e della risposta» (2003a, p. 33). Nonostante tutte
in quanto tali, vale a dire in quanto regolati dalla leg- le precisazioni, il concetto si manterrà centrale in tutta
ge dell’interesse, e restano sempre dissimulati sotto il la produzione bourdieuiana, per indicare –come Bour-
velo delle relazioni di prestigio e d’onore. Tutto av- dieu ha affermato di recente– «[…] un senso del gioco,
viene come se questa società rifiutasse di guardare in
faccia la realtà economica, di concepirla come retta da
un senso pratico, e non una coscienza intenzionale
leggi diverse rispetto a quelle che regolano le relazio- […]» (2003e, p. 148).
ni familiari. Da qui l’ambiguità strutturale di ogni È l’habitus, dunque, il principio che governa la
scambio: si gioca sempre allo stesso tempo nel regi- produzione degli atti all’interno di una sequenza non
stro dell’interesse che non viene confessato e dell’o- arbitraria. Riconoscere l’azione dell’habitus permette
nore che viene proclamato. [2003a, p. 48] all’osservatore di mediare fra la ricostruzione oggetti-
vista delle regole e delle strutture) e una fenomenolo-
Ma quella che Bourdieu propone, qui, è soprattutto gia costruttivista delle pratiche. È l’habitus ciò che
un’interpretazione del rapporto fra la molteplicità e la rende possibile agire “all’interno” di una logica senza
relativa imprevedibilità degli atti di sfida e di risposta, bisogno di meditare consapevolmente ogni atto in re-
da un lato, e, dall’altro, il loro prodursi all’interno di lazione alle regole di quella logica. Così, «il sistema dei
una «sequenza regolata e rigorosamente necessaria di valori dell’onore è praticato più che pensato e la gram-
atti obbligati che può […] essere descritta come un ri- matica dell’onore può informare gli atti senza bisogno
tuale» (p. 33). Proprio lo scarto fra l’assoluta ritualiz- di essere formulata» (2003a, p. 46).
zazione e la relativa imprevedibilità costituisce lo spa- Complessivamente, il saggio sul senso dell’onore
zio che resta agli agenti («gli agenti restano padroni pone già un’interpretazione piena e pienamente espli-
dell’intervallo tra i momenti obbligati» [p. 34]), e nel citata del rapporto fra regole dell’onore e pratiche di
quale si possono porre in opera le loro strategie. sfida e di risposta, sottraendo alle seconde l’apparente
Come spiegare, dunque, che ogni atto sia perfetta-
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carattere puntiforme e inscrivendole in una relazione gli uomini, tra la vita privata e la vita pubblica, o se si
con le prime mediata dall’habitus. Quello che rimane vuole tra la piena luce del giorno e il segreto della
enunciato solo genericamente, invece, è «il registro notte, ricalca in modo esatto la contrapposizione tra
dell’interesse che non viene confessato» (2003a, p. 48), la parte bassa, oscura e notturna della casae la parte
ossia il rapporto fra le regole dell’onore e i rapporti e- alta, nobile e luminosa. La contrapposizione che si
stabilisce tra il mondo esteriore e la casa assume un
conomici, «la realtà economica» (2003a, p. 48). senso compiuto solo se ci si accorge che uno dei ter-
In “La casa o il mondo rovesciato” (2003b), saggio mini di tale relazione, cioè la casa, è esso stesso diviso
scritto fra il 1963 e il ’64, è pienamente evidente il de- secondo i medesimi principi che lo contrappongono
bito di Bourdieu con lo strutturalismo e con l’etnolo- all’altro termine. È perciò vero e falso nello stesso
gia: c’è qui «un impressionante tour de force dell’anali- tempo dire che il mondo esterno si contrappone alla
si strutturalista» (Jenkins 2002, p. 32). Ma è altrettanto casa come il maschile al femminile, il giorno alla not-
evidente la disinvoltura argomentativa di cui Bourdieu te, il fuoco all’acqua ecc., perché il secondo termine
fa mostra rispetto ai canoni tramandati, e che sembra di tali opposizioni si divide ogni volta nel sé e nel suo
maturare, in questo saggio brillante, proprio nello svi- opposto. (2003b, pp. 61 s.)
luppo della lettura etnologica. Ma ancor più rilevante, anche per le sue implicazio-
Quel che Bourdieu nota anzitutto è che la disposi- ni metodologiche, è l’osservazione che la ripetizione
zione degli spazi e degli oggetti, all’interno della casa della logica oppositoria fra interno ed esterno avviene,
berbera, ripete la logica della contrapposizione fra all’interno della casa, in maniera simmetrica e inversa,
l’interno della casa e lo spazio esterno: speculare: ad esempio, il muro di facciata, che all’ester-
no della casa rappresenta l’oriente, la luce del giorno,
all’interno rappresenta l’ovest della casa, «luogo del
La casa è organizzata secondo un insieme di contrap-
sonno, che si lascia alle proprie spalle quando si avan-
posizioni omologhe:
fuoco:acqua::cotto:crudo::alto:basso::luce:ombra::gior za dalla porta verso il kanun, dove la porta corrispon-
no:notte::maschile:femminile::nif:hurma::fecondante:f de simbolicamente alla “porta dell’anno”, inizio della
econdabile::cultura:natura. Ma di fatto le medesime stagione umida e dell’anno agricolo» (2003b, p. 71).
contrapposizioni esistono tra la casa nel suo insieme e
il resto dell’universo. Considerata nel suo rapporto Insomma, a ogni lato esterno del muro (essur) corri-
con il mondo esterno, mondo propriamente maschile sponde una regione dello spazio interno […] che de-
della vita pubblica e del lavoro agricolo, la casa, uni- tiene un significato simmetrico e inverso nel sistema
verso delle donne, mondo dell’intimità e del segreto, è delle opposizioni interne; ognuno dei due spazi può
haram, cioè nel medesimo tempo sacra e illecita per essere definito come la classe dei movimenti che ef-
tutti gli uomini che non ne facciano parte […]. fettuano lo stesso spostamento, cioè una mezza rota-
(2003b, p. 60) zione rispetto all’altro dove la soglia costituisce l’asse
[…] La contrapposizione tra la casa e l’assemblea de- di rotazione. (Bordieu 2003b, p. 71)
26 27

È evidente, sebbene nient’affatto scontato, che la punto di vista oggettivista» (2003d, p. 266). Simboli-
comprensione degli spazi e della loro distribuzione av- smi e schemi classificatori, strumenti tradizionali della
viene assumendo non un orientamento alla formaliz- ricerca etnologica strutturalista, non vengono abban-
zazione schematica, ma la logica del corpo in movi- donati, ma restituiti ad una dimensione inerente ai
mento che –con l’atto dell’entrare nella casa e dell’u- corpi dei loro produttori, uomini e donne in carne e
scirne– compie una mezza rotazione che inverte la ossa:
prospettiva. Solo assumendo il punto di vista del cor-
po in movimento si avverte che la relazione fra gli spa- se tale “geometria nel mondo sensibile”, come dice
zi interni della casa riproduce in maniera simmetrica e Jean Nicod […], geometrica pratica o meglio pratica
inversa la relazione fra spazio interno e spazio esterno. geometrica, fa un tale uso dell’inversione, è senza
Ora, non è dubbio che Bourdieu interpreti gli spa- dubbio perché, a guisa di uno specchio che porta alla
luce del giorno i paradossi della simmetria bilaterale,
zi, gli oggetti e le relazioni all’interno della casa cabila il corpo umano funzione come un operatore pratico
secondo uno schema. E tuttavia, la costruzione dello che cerca a sinistra la mano destra che bisogna strin-
schema avviene al di fuori del formalismo logico e gere, infila il braccio sinistro nella manica del vestito
geometrico, e adottando invece la prospettiva della che era a destra quando era appoggiato o inverte la
pratica, del corpo in movimento in qualità di operato- destra e la sinistra, l’est e l’ovest, per il solo fatto di
re pratico e non di operatore logico. Solo adottando la effettuare mezzo giro, di “stare di fronte” o di “vol-
logica della pratica in quanto pratica è possibile com- gere le spalle” o ancora “mettere a rovescio” ciò che
prendere la costruzione dell’universo mitico-rituale era “al dritto” o al dritto ciò che era a rovescio, mo-
della casa: vimenti che la visione mitica del mondo carica di si-
gnificati sociali e di cui il rito fa un uso intensivo.
«[…] non si agisce in uno spazio geometrico e […] (2003d, p. 269)
non si può considerare lo spazio continuo e omoge-
neo della geometria come lo spazio pratico, con le Prendendo a prestito un’espressione molto cara al-
sue asimmetrie, le sue discontinuità e le sue direzioni, lo stesso Bourdieu, si trascorre così dall’analisi dell’o-
concepite come delle proprietà sostanziali, destra e pus operatum all’analisi del modus operandi.
sinistra, est e ovest. “Denken ist Handwerk”, dice È questo il punto di partenza, forse, per vagliare il
Heidegger» (2003d, p. 267). rapporto di Bourdieu con lo strutturalismo e la fonda-
zione dello strutturalismo genetico: una prospettiva
Nel saggio sulla casa berbera, l’interpretazione che, muovendo dallo strutturalismo (e senza mai met-
strutturalista è, quindi, il punto di partenza per un’a- terlo in discussione come scelta epistemologica priori-
nalisi che, in realtà, si dipana evidenziandone i limiti: taria: il debito con lo strutturalismo resta ovvio), ne
non c’è comprensione possibile dell’universo domesti- produce una critica intensa, orientata a risolvere la di-
co se si resta legati al «formalismo logico inerente al cotomia oggettivo/soggettivo.
28 29

In un terzo saggio del periodo algerino, “La paren- pratiche matrimoniali «sono il frutto di strategie (co-
tela come rappresentazione e come volontà” (2003c), scienti o inconsce) orientate in vista della soddisfazio-
frutto di una ricerca durata dal 1960 al 1970, l’inge- ne di interessi materiali e simbolici e organizzate in ri-
nuità epistemologica dell’etnologia viene messa in luce ferimento a un tipo determinato di condizioni econo-
attraverso un’analisi delle pratiche matrimoniali. Le miche e sociali» (2003c, p. 92).
tassonomie della parentela formulate dagli etnologi Secondo Bourdieu, l’orientamento di senso secon-
fanno riferimento a una parentela ufficiale, a una pa- do cui si strutturano le relazioni di parentela può esse-
rentela “di rappresentanza”; essa si esprime nelle testi- re compreso soltanto a condizione di non considerarle
monianze degli informatori indigeni, sulla base delle –come avrebbe detto Marx– “sotto forma di oggetto o
quali si costruisce un modello. Bourdieu osserva che le di intuizione”, ossia come opus operatum; ma osser-
pratiche che appaiono derogatorie o addirittura im- vandole, piuttosto, «sotto forma delle pratiche che le
pensabili nell’ottica del modello etnologico non pos- producono, le riproducono o le utilizzano in riferi-
sono essere semplicemente sistemate come eccezioni mento a funzioni necessariamente pratiche» (2003c, p.
che confermano la regola, ma richiedono un ripensa- 92), ossia dando rilievo al modus operandi degli agenti
mento delle categorie di pensiero che producono la lo- che ne sono coinvolti. Gli scambi matrimoniali, dun-
ro incomprensibilità. Se c’è un’apparente plausibilità que, si possono spiegare soltanto se si stabiliscono, al
del modello è soltanto perché esso «è stato costruito di là della relazione puramente genealogica fra i con-
per successivi “adeguamenti”, cioè inventato ad hoc giunti (costruzione formalistica), la relazione tra le po-
per rendere conto di un artefatto statistico» (2003c, p. sizioni dei gruppi coinvolti nel matrimonio nell’ambi-
83). to della struttura sociale, la storia degli scambi econo-
Quello che appare inaccettabile a Bourdieu, dun- mici e simbolici avvenuti tra loro e lo stato delle tran-
que, è che le pratiche matrimoniali e le relazioni di pa- sazioni al momento dell’inizio della negoziazione ma-
rentela debbano essere spiegate ricorrendo al linguag- trimoniale.
gio della regola, piuttosto che al linguaggio –certa- Sul piano epistemologico, questo saggio ribadisce
mente meno “decoroso”– dell’interesse. Rispetto alla le conclusioni raggiunte nell’analisi della casa berbera:
tradizione etnologica, Bourdieu propone un atteggia- l’inadeguatezza epistemologica dell’etnologia richiama
mento, per così dire, antinormativista: le parentele al superamento del formalismo e del normativismo, e
paiono realizzarsi secondo regole soltanto perché le alla costruzione di una teoria della pratica in quanto
regole stesse sono costruite «quando si registrano tali pratica:
relazioni come fatto compiuto, post festum, almodo
dell’etnologo che registra una genealogia» (2003c, p. il matrimonio fornisce una buona occasione di osser-
92). In realtà, questo metodo di ricerca non coglie vare tutto ciò che nella pratica separa la parentela uf-
quello che a Bourdieu pare invece il dato essenziale: le ficiale, unica e immutabile, definita una volta per tut-
te dalle norme protocollari della genealogia, e la pa-
30 31

rentela usuale, le cui frontiere e la cui definizione so- mento ufficiale, formale e normativo significa impe-
no tanto numerose e varie quanto gli utilizzatori e le dirsi di comprendere una fondamentale condizione di
occasioni di utilizzarle. È la parentela usuale che fa i possibilità delle strategie di costruzione della parente-
matrimoni; è la parentela ufficiale che li celebra. la.
(2003c, p. 89) L’antinormativismo di Bourdieu, dunque, non è un
Ma si aggiunge qui un elemento ulteriore, di grande antinormativismo ingenuo, ma un antinormativismo,
importanza: superare il linguaggio della regola, nella per così dire, ben temperato, che supera il momento
spiegazione delle pratiche, non deve far trascurare della regola (cioè l’analisi della conformità delle prati-
l’importanza che lo stesso linguaggio della regola ha che rispetto alle norme) in favore della strategia (cioè
nella produzione delle strategie. C’è un rapporto di l’analisi dell’utilità delle pratiche rispetto agli interes-
solidarietà, tutt’altro che casuale, fra la costruzione di si), ma in pari tempo riconosce l’importanza fonda-
un modello normativo delle relazioni di parentela e mentale della regola –«menzogna socialmente struttu-
l’“ideologia indigena”, ossia la rappresentazione misti- rata e incoraggiata»– all’interno della strategia o, me-
ficata delle relazioni stesse orientata al misconosci- glio, come strategia di secondo ordine: l’utilizzo del
mento della logica dell’interesse; misconoscimento ne- linguaggio della regola costituisce –secondo un princi-
cessario affinché le strategie possano prodursi. È la pa- pio di utilità della conformità– ciò che Bourdieu chia-
rentela ufficiale, appunto, che celebra il matrimonio, ma una «strategia di secondo ordine», ossia una strate-
legittimandolo: gia di “copertura”, orientata alla massimizzazione dei
benefici di una strategia “sottostante” attraverso la
Gli agenti organizzano le loro pratiche in relazione dissimulazione della distanza fra la pratica e il princi-
alla conoscenza pratica delle divisioni utili e utilizza- pio della regola:
no come strumento di legittimazione dell’ordine so-
ciale la rappresentazione genealogica che l’analista Parlare il linguaggio della regola significa credere o
tratta come un modello teorico della realtà sociale, far credere che non si conosce una legge diversa da
non possedendo la conoscenza dei principi di unifi- quella che ci si è attribuita; significa dare e darsi la
cazione e di divisione non genealogici che solo la sto- rappresentazione più onorevole delle proprie moti-
ria economica e sociale del gruppo può fornire. vazioni in quanto più conforme alla definizione che il
(2003c, pp. 103 s.) gruppo dà delle motivazioni onorevoli, cioè suscetti-
bili di essere presentate ufficialmente e pubblicamen-
Costruire una modellistica formale e normativa te rappresentate. (2003c, p.109)
delle parentele, quindi, impedisce di comprendere il
modus operandi degli agenti sociali, ossia la logica pra- Questo è quanto si realizza, in maniera esemplare,
tica che orienta le transazioni matrimoniali. E tuttavia, nel caso del matrimonio con la cugina parallela, ogget-
per converso, lasciarsi sfuggire l’importanza dell’ele- to centrale del saggio: esso è «un oggetto privilegiato
32 33

di manipolazione» (2003c, p. 115), poiché può essere CAPITOLO 2


interpretato sia come l’ideale di matrimonio perfetto
quasi mai realizzato nella pratica, sia come regola etica Oltre la fenomenologia e l’oggettivismo,
(d’onore) che si impone a ogni individuo che possa per una teoria della pratica:
sposarsi (ma di cui è concepibile la trasgressione per
cause di forza maggiore), sia come norma inderogabile lo strutturalismo genetico
qualora sussistano determinate condizioni, sia infine
come una semplice “mossa” raccomandata in alcune
situazioni. Non è certamente azzardato affermare che i tre saggi
L’importanza essenziale di questa constatazione è di etnologia cabila consegnano già un repertorio quasi e-
evidente. Ed è lo stesso Bourdieu che la segnala –già saustivo dei concetti e delle idee fondamentali della so-
nel saggio sulle parentele– quando scrive che questa ciologia di Pierre Bourdieu, a partire dall’obiettivo me-
complessa dialettica dell’usuale e dell’ufficiale «è senza tateorico di superare l’epistemologia strutturalista. Pro-
dubbio il principio ultimo di tutte le interazioni socia- prio questo è l’obiettivo essenziale di un altro lungo sag-
li» (2003c, p. 107). Come si vedrà, nella teoria sociale gio di fondamentale rilevanza “sistematica”, pubblicato
bourdieuiana, effettivamente, questa considerazione per la prima volta nel 1972 –Per una teoria della pratica
non è iperbolica, ma riassume un punto di vista teori- (2003d)– con il quale Bourdieu, per così dire, mette al la-
camente fondante, attraverso il quale il sociologo fran- voro le idee sin lì maturate, e segna definitivamente la
cese ha perseguito uno scopo che ha costantemente di- propria transizione intellettuale nel campo della sociolo-
chiarato: quello di indagare, e neutralizzare, i miti che gia.
rivestono l’esercizio del potere e che rafforzano il do- Non si può sostenere che Per una teoria della prati-
minio. ca sia un saggio compiutamente sistematico. Esso resta
un lavoro “di transizione”, una sorta di quaderno di
appunti teorici raccolti durante la pratica di ricerca; un
saggio, quindi, di lettura difficile e talora persino irri-
tante proprio perché, piuttosto che a un’opera di sot-
trazione ed esplicitazione, l’autore si dedica a rinvigo-
rire i propri assunti in maniera ricorsiva e cumulativa,
con una trattazione sostanzialmente circolare e talvol-
ta, almeno nella forma, apparentemente tautologica. A
questa considerazione si potrebbe aggiungere –sempre
sul piano formale– il costo dell’innegabile vezzosità sti-
listica di Bourdieu; la quale –se non giustifica la malce-
34 35

lata acrimonia di commentatori come Jenkins– certa- –che naturalmente non conosce l’attività reale, sensi-
mente costringe il lettore a decifrare ridondanze e so- bile in quanto tale. (2003d, p. 173)
verchie enfatizzazioni2.
Per una teoria della pratica può essere letto, insom- Qui c’è, innanzitutto, un rigetto radicale del sog-
ma, come un “serbatoio” di concetti che si vengono gettivismo idealista, delle filosofie della coscienza: un
progressivamente chiarendo e affinando, attraverso i rigetto ovvio, scontato e quasi implicito. E c’è inol-
quali si delinea un percorso teorico che guida, via via tre, su un versante opposto, una insoddisfazione
precisandosi e arricchendosi, tutta la produzione suc- profonda non per il materialismo in quanto tale –ché
cessiva. Di questi concetti –nella formulazione in cui si anzi esso appare come l’unica chiave di lettura soddi-
presentano in Per una teoria della pratica– si può pro- sfacente delle relazioni sociali– ma per l’oggettivismo
vare a ricostruire una successione logica che ne inda- in cui si è prevalentemente incarnato. Quello delle
ghi la genesi e i precedenti teorici, senza alcuna inten- Tesi su Feuerbach è il Marx che meno autorizza a un
zione di ridurne la complessità. atteggiamento epistemologico dualista, ma cerca –nel
segno del materialismo– il superamento della fallacia
oggettivista in cui esso si è arenato3.
2.1. Dall’operari, all’opus operatum, al modus operan- Pur evidenziando –come si dirà in seguito– alcuni
di: la conoscenza prassiologica limiti essenziali del pensiero marxiano, è con il Marx
più “umanista” (poco apprezzato dagli stessi marxisti
Si è detto, ma non si ripeterà mai abbastanza, che francesi contemporanei di Bourdieu) che Bourdieu in-
tutta la ricerca di Bourdieu è connotata, in maniera tende cercare una via per salvare il l’interpretazione
fondamentale, dalla tensione a un’interpretazione ma- materialista del mondo sociale.
terialistica del mondo sociale. E non c’è, forse, un mo- Molto esplicitamente Bourdieu dichiara di voler
do migliore per riassumere il campo di ricerca meto- precisare una terza via fra la conoscenza fenomenolo-
dologico di Bourdieu, che evocare il passo delle Tesi su gica (soggettivista) e quella oggettivista (e in particola-
Feuerbach di Marx, che –del tutto opportunamente– re strutturalista); e questa terza epistemologia chiama
compare in epigrafe a “Per una teoria della pratica”: prassiologica:

il difetto principale di ogni materialismo, fino a oggi il mondo sociale può essere oggetto di tre modi di
(compreso quello di Feuerbach) è che l’oggetto, la conoscenza teorica, che implicano in ognuno dei casi
realtà, la sensibilità, vengano concepiti solo come la un insieme di tesi antropologiche, il più delle volte
forma dell’obietto o dell’intuizione; ma non come at- implicite […] La conoscenza che chiameremo feno-
tività sensibile umana, prassi; non soggettivamente. menologica (o, se si preferisce parlare secondo i ter-
Di conseguenza il lato attivo fu sviluppato astratta- mini delle scuole attualmente esistenti, “interazioni-
mente, in opposizione al materialismo, dall’idealismo sta” o “etnometodologica”) esplicita la verità dell’e-
36 37

sperienza primaria del mondo sociale, vale a dire la non dedica ampio spazio argomentativo al supera-
relazione di familiarità con l’ambiente familiare, ap- mento della prospettiva fenomenologica; un supera-
prensione del mondo sociale che si presenta come mento che –come si è detto– resta largamente impli-
ovvio, che per definizione non riflette su di sé ed e- cito nella sua ricostruzione. Bourdieu lavora soprat-
sclude la questione delle proprie condizioni di possi- tutto a un superamento dello strutturalismo, muo-
bilità. La conoscenza che potremmo chiamare ogget-
tivista (di cui l’ermeneutica strutturalista è un caso
vendo dal presupposto che lo strutturalismo stesso
particolare) costruisce le relazioni oggettive (per e- abbia già portato a compimento il superamento delle
sempio, economiche o linguistiche) che strutturano le concezioni soggettivistiche4. Già in Per una teoria
pratiche e le rappresentazioni delle pratiche, cioè, in della pratica, effettivamente, si preoccupa di menzio-
particolare, la conoscenza, primaria e tacita, del mon- nare criticamente alcuni sociologi di orientamento fe-
do familiare, al prezzo di una rottura con questa co- nomenologico; ma lo fa con una certa disinvoltura,
noscenza primaria, quindi con i presupposti tacita- persuaso che altri siano i bersagli essenziali della sua
mente assunti che conferiscono al mondo sociale il ricostruzione critica. È quel che si nota, ad esempio,
suo contenuto di ovvietà e naturalezza […]. Infine, la quando afferma il proprio rifiuto della
conoscenza che potremmo chiamare prassiologica ha
come oggetto non solo il sistema delle relazioni og-
gettive che costruisce il modo della conoscenza og- […] teoria della teoria che conduce a ridurre le co-
gettivista, ma anche le relazioni dialettiche tra tali struzioni della scienza sociale a dei “constructs of the
strutture oggettive e le disposizioni strutturate all’in- second degree, that is constructs of the constructs
terno delle quali esse si attualizzano e che tendono a made by the actors on the social scene”, come fa
riprodurle, cioè il duplice processo di interiorizza- Schutz, o, come fa Garfinkel, a degli accounts degli
zione dell’’esteriorità e di esteriorizzazione dell’inte- “accounts” che gli agenti producono e attraverso i
riorità. (2003d, pp. 185 s.) quali producono il senso del loro mondo. Ci si può
prefiggere l’obiettivo di fare un account degli ac-
counts a condizione di non prendere ciò che è un
In seguito, si cercherà di comprendere se, al di là contributo alla scienza della rappresentazione pre-
delle intenzioni dichiarate, Bourdieu concepisca vera- scientifica del mondo sociale per la scienza del mon-
mente la conoscenza prassiologica come una “terza do sociale. […] L’approccio interazionista riduce le
via” rispetto alle prospettive tradizionali. Egli stesso relazioni tra diverse posizioni all’interno delle strut-
precisa, del resto, che «la conoscenza prassiologica ture oggettive a relazioni intersoggettive tra gli agenti
non annulla le acquisizioni della conoscenza oggettiva, che occupano tali posizioni. In tal modo escludendo
ma le conserva e le sorpassa integrando ciò che tale co- tacitamente ciò che le rappresentazioni che gli agenti
possono avere devono a tali strutture, questo approc-
noscenza aveva dovuto escludere per ottenerle»
cio assume implicitamente la teoria spontanea dell’a-
(2003d, pp. 186 s.). zione che fa dell’agente o delle sue rappresentazioni
Per il momento, si può osservare che Bourdieu il principio ultimo delle strategie capaci di produrre e
38 39

di trasformare il mondo sociale (ciò equivale a ripor- ro che è ben poco lo spazio che dedica alla discussione
tare all’ordine di una teoria del mondo sociale la vi- di autori come Schutz e Garfinkel (dei quali, peraltro,
sione piccolo borghese delle relazioni sociali come è un debitore poco riconoscente7). Ben altro sforzo
qualcosa che si fa e che ci si fa). Ritenere che la scien- profonde per mostrare –superando l’ermeneutica
za possa essere solo una concettualizzazione dell’e- strutturalista– che non è appagante neanche ricostruire
sperienza comune, essa stessa costituita attraverso
l’enunciazione, cioè attraverso il linguaggio comune
la logica del mondo sociale a partire dall’analisi dell’o-
come fa l’etnometodologia, significa inoltre identifi- pus operatum, dall’analisi esterna delle pratiche come
care la scienza della società con una registrazione di fatti compiuti.
quanto è dato così come si dà, cioè dell’ordine stabili-
to. (2003d, pp. 187-189)5
2.2. Regolarità e regola:
Bourdieu esclude in maniera radicale che un’inter- un antinormativismo ben temperato
pretazione in senso lato materialista del mondo sociale
possa fare affidamento su una prospettiva puramente Se la critica alla sociologia fenomenologica è snella
fenomenologica, poiché e forse finanche sbrigativa, la preoccupazione essen-
ziale di Bourdieu è quella di trovare spazi concettuali
[…] ciò che risulta fondamentalmente escluso da per la conoscenza prassiologica rispetto agli approcci
qualunque analisi fenomenologica della “tesi generale oggettivisti. Soprattutto a questi è riservata la sua at-
dell’atteggiamento naturale” che è costitutiva dell’“e- tenzione critica, poiché sono questi approcci –nell’ot-
sperienza originaria” del mondo sociale, è la questio- tica di Bourdieu– che occupano lo spazio concettuale
ne delle condizioni economiche e sociali di quella nel quale egli intende collocare la propria visione: lo
credenza che consiste nell’«assumere la ‘realtà’ spazio dell’interpretazione materialistica del mondo
(Wirklichkeit) così come essa mi si offre» e che la “ri- sociale. In definitiva, Bourdieu sembra consapevole di
duzione” fa apparire ancor più come una “tesi” o più
rivolgere agli approcci oggettivisti una critica sostan-
precisamente come un’epoché dell’epoché, vale a dire
come una sospensione del dubbio sulla possibilità
zialmente interna, che necessita come tale di un più
che il mondo dell’atteggiamento naturale sia diverso robusto sforzo argomentativo. Se un approccio mate-
da quello che è. (2003d, p. 189)6 rialista vuole sottrarsi al rischio del determinismo, ciò
presuppone
Quel che Bourdieu oppone alla fenomenologia è
che non c’è comprensione del mondo sociale che pos- una rottura con il modo di conoscenza oggettivista,
vale a dire un’interrogazione sulle condizioni di pos-
sa limitarsi all’analisi del puro e semplice operari degli
sibilità e quindi sui limiti del punto di vista oggettivo
agenti. Questa considerazione non sembra destargli e oggettivante che coglie le pratiche dall’esterno, co-
troppa preoccupazione; semmai, troppo poca, se è ve- me un fatto compiuto, al posto di costruirne il prin-
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cipio generatore collocandosi nel movimento stesso sono oggettivamente d’accordo di associare allo stes-
della loro effettuazione. (2003d, p. 186) so segno (parola, pratica o opera) il medesimo senso
e al medesimo senso lo stesso segno o, in altre parole,
La ricerca del superamento dell’oggettivismo inizia, di riferirsi nelle proprie operazioni di codificazione e
per Bourdieu, da un confronto con la sua variante lin- di decifrazione, cioè nelle proprie pratiche e interpre-
guistica ed etnologica, ossia con lo strutturalismo. Il tazioni, a un unico sistema di relazioni costanti, indi-
punto di aggancio della ricerca critica bourdieuiana, pendenti dalle coscienze e dalle volontà individuali e
dunque, è il concetto di regola, che ha un ruolo cen- irriducibili alla loro esecuzione in determinate prati-
trale nel discorso etnologico. Riprendendo le conclu- che e opere […} (2003d, p. 193)
sioni delle ricerche del periodo algerino, Bourdieu ri-
leva che il vizio essenziale in cui incorrono gli etnologi Lo strutturalismo, oggettivando le pratiche (o le lo-
strutturalisti è la propensione a elevare a regola –cioè a ro regolarità) costruisce un sistema regolativo che de-
principio di spiegazione delle pratiche– ciò di cui os- finisce un insieme di condizioni di validità degli atti
servano la regolarità. Si tratta di una tendenza sostan- –un insieme di regole, appunto– ma non si pone alcun
zialmente mutuata dalla linguistica strutturalista saus- interrogativo sulle sue condizioni reali di possibilità.
suriana: un vizio di oggettivazione delle pratiche, in- Esso, reificando le regolarità, costruisce un’“astrazio-
nanzitutto delle pratiche linguistiche, in base al quale ne reale”, una formalizzazione che prescinde, di volta
si costituisce «un sistema di relazioni oggettive irridu- in volta, dalla realtà delle relazioni sociali (o linguisti-
cibili tanto alle pratiche in cui si compie e si manifesta che) cui dovrebbe essere sottesa.
quanto alle intenzioni dei soggetti e alla coscienza che Il vizio di fondo della prospettiva oggettivista, allo-
essi possono avere dei suoi vincoli e della sua logica» ra, è quello di fondarsi sulla presupposizione fittizia di
(2003d, p. 192). soggetti astratti (tutt’altro che agenti sociali) che ope-
L’analisi oggettivista (sia essa linguistica o etnologi- rano (e comunicano) al di fuori delle loro condizioni
ca), insomma, costruisce –a partire dall’osservazione reali (materiali) di esistenza: «la costruzione saussuria-
delle regolarità nella loro dimensione esptrinseca– un na –scrive Bourdieu– permette di costruire le pro-
sistema oggettivo, ossia un complesso ordinato di re- prietà strutturali del messaggio in quanto tali, vale a
gole –a cui gli agenti farebbero comune riferimento dire come sistema, solo supponendo un emittente e un
nell’interpretare tanto le loro parole (nel caso dell’ana- ricevente impersonali e interscambiabili, vale a dire
lisi linguistica) quanto le loro pratiche (nel caso dell’a- quasiasi, e non considerando le proprietà funzionali
nalisi etnologica)8. Gli agenti si comprenderebbero re- che ogni messaggio deve alla propria utilizzazione in
ciprocamente, da questo punto di vista, quando comu- una determinata interazione socialmente strutturata»
nicano o agiscono “all’interno” di questo sistema re- (2003d, p. 195). In quest’ottica, le pratiche non sono
golativo, ossia se e soltanto se gli agenti stessi più un prodotto degli agenti sociali, ma sono un pro-
dotto delle regole; così come le parole sono prodotti
42 43

della lingua. Il soggetto astratto dal mondo sociale è la Bourdieu –lo si è accennato a proposito delle ricerche
finzione costitutiva del punto di vista strutturalista; del periodo algerino– è la scelta di prendere molto sul
così come è la finzione costitutiva della teoria generale serio l’esistenza sociale delle regole. La regola –«men-
del diritto (in qualità di soggetto giuridico), o della zogna socialmente strutturata e incoraggiata»– esiste,
teoria economica (in qualità di homo œconomicus) e nella realtà delle relazioni sociali, in quanto strumento
così via, e di ogni formalismo oggettivista: essenziale nella costruzione delle strategie, principio di
occultamento dei moventi della pratica: l’uso della re-
la teoria dell’azione come semplice esecuzione del gola è una strategia di secondo ordine, che rafforza la
modello (nel duplice senso di norma e di costruzione strategia primaria. L’oggettivismo strutturalista non è
scientifica) è solo un esempio tra gli altri dell’antro- in grado di percepire il rilievo strategico delle regole:
pologia immaginaria che genera l’oggettivismo quan- esso anzi –soprattutto quando concepisce come regole
do, come dice Marx, considerando “le cose della logi-
ca come la logica delle cose”, fa del senso oggettivo
non i dati desunti dall’osservazione delle regolarità,
delle pratiche o delle opere il fine soggettivo dell’a- ma le informazioni fornite dagli indigeni– contribuisce
zione dei produttori di tali pratiche o di tali opere, all’occultamento delle strategie, a quell’«amnesia della
con il suo impossibile homo economicus che sotto- genesi» delle pratiche:
pone le proprie decisioni al calcolo razionale, con i
suoi attori che eseguono dei ruoli o agiscono in ac- l’amnesia della genesi, che è uno degli effetti parados-
cordo con dei modelli o i suoi parlanti che scelgono sali della storia, è anche incoraggiata (se non implica-
tra fonemi. ta) dalla percezione oggettivista che, concependo il
prodotto della storia come opus operatum e collo-
Le regole formali costruite così, sulla base dell’os- candosi in qualche modo davanti al fatto compiuto,
servazione delle pratiche in quanto opus operatum, non può che invocare i misteri dell’armonia prestabi-
non solo non spiegano le pratiche, ma ne occultano la lita o i prodigi della concertazione cosciente per giu-
stificare ciò che, percepito nella pura sincronia, appa-
genesi reale: proponendosi come spiegazioni, impedi- re come senso oggettivo, che si tratti della coerenza
scono una spiegazione diversa. «Fare della regolarità interna di opere o di istituzioni quali miti, riti o cor-
[…] il prodotto del regolamento coscientemente isti- pus giuridici o della concertazione oggettiva che ma-
tuito e coscientemente rispettato […] o della regola- nifestano e insieme presuppongono […] le pratiche,
zione inconscia di una misteriosa meccanica cerebrale concordanti o anche conflittuali, dei membri dello
e/o sociale, significa scivolare dal modello della realtà stesso gruppo o della stessa classe. (2003d, p. 213)
alla realtà del modello» (2003d, p. 203).
Il formalismo oggettivista, dunque, è complice del- Alla ricostruzione strutturalista Bourdieu non in-
la “ipocrisia collettiva”, che utilizza le regole come cri- tende contrapporre l’analisi fenomenologica dell’inte-
teri di legittimazione delle pratiche. Evidentemente, razione (la quale, come si è già detto, gli pare del tutto
un carattere essenziale dell’“antinormativismo” di inadeguata a qualsiasi spiegazione). Non gli interessa
44 45

affatto abbandonare l’idea di struttura. La sua propo- di una struttura sociale oggettiva, poiché esattamente
sta, invece, è quella di rifiutare un concetto di struttura questo Bourdieu considera il principio di spiegazione
come sistema di regole costruito dall’osservatore attra- delle pratiche, delle loro regolarità, e finanche –come
verso un procedimento di astrazione dalle regolarità; e in seguito si dirà– delle regole, in quanto princìpi con
di considerare piuttosto –come chiave di spiegazione cui gli agenti legittimano la loro condotta.
delle relazioni sociali– la struttura oggettiva della “col- Come si vedrà, le strutture cui Bourdieu fa riferi-
locazione sociale” degli agenti, ossia una ricostruzione mento hanno una duplice dimensione. Da un lato, esse
(anch’essa astratta) delle loro condizioni reali (materia- sono mappe della distribuzione delle risorse materiali
li) di esistenza. Così, alla linguistica strutturalista si de- e dei mezzi di appropriazione di beni socialmente
ve opporre che scarsi (ossia, mappe della distribuzione di varie specie
di capitale); mappe che definiscono quel che Bourdieu
la ricezione (e senza alcun dubbio anche l’emissione) chiamerà campo sociale (con i suoi vari sottocampi).
dipende in gran parte dalla struttura oggettiva delle Dall’altro, sono –come sintetizza efficacemente Wac-
relazioni tra le posizioni oggettive nella struttura so- quant– «schemi mentali e corporei che funzionano co-
ciale degli agenti che interagiscono (per esempio, re- me matrice simbolica delle attività pratiche, dei com-
lazioni di concorrenza o antagonismo oggettivo o re- portamenti, modi di pensare, sentimenti e giudizi degli
lazioni di potere e autorità ecc.), struttura che regola
la forma delle interazioni osservate in una congiuntu-
agenti sociali» (Wacquant 1992, p. 16): sono, cioè, gli
ra specifica[…]». (2003d, p. 196) habitus che si generano in base alla specifica colloca-
zione di ciascun agente sociale nelle mappe di distri-
Secondo Bourdieu, insomma, l’interazione sociale è buzione dei capitali.
tutt’altro che libera: è un’interazione regolata (o, piut- Lo sforzo ricostruttivo di Bourdieu, dunque, non
tosto, condizionata). Tuttavia, ciò che regola (o condi- capovolge l’ottica costruttivista, ma per così dire ne
ziona) l’interazione non è un sistema astratto di regole aggiusta il tiro. Come giustamente rileva Boschetti,
formali che l’osservatore possa ricostruire a partire «alla tradizione strutturalista Bourdieu riconosce il
dalle regolarità estrinseche delle pratiche, ma una merito di avere introdotto nelle scienze sociali e nella
struttura (oggettiva anch’essa, poiché prescinde dalla filosofia il modo di pensare “relazionale” che, secondo
“soggettività” degli agenti) di relazioni sociali. Bour- Cassirer (in Sostanza e finzione), caratterizza la mate-
dieu non intende né oggettivare le regolarità delle pra- matica e la fisica moderne» (Boschetti, p. 29). Di quel-
tiche, né –all’opposto– osservare l’interazione nella la tradizione, Bourdieu respinge la tendenza a conce-
sua dimensione puramente fenomenologica e indivi- pire le relazioni come relazioni puramente formali co-
duale: quello che gli interessa è oggettivare le condi- struite dall’osservatore sulla base delle pratiche realiz-
zioni reali di esistenza degli individui considerandole zate, ossia delle pratiche in quanto opus operatum.
come posizioni oggettive di agenti sociali nell’ambito Quest’operazione, in definitiva, imputa agli agenti so-
46 47

ciali un principio di ordine che altro non sono se non In altri termini, il punto di vista della tradizione
una costruzione degli osservatori, e riduce la pratica strutturalista imputa agli agenti un copione (una
degli agenti a un’esecuzione della partitura definita da- «struttura strutturata senza principio strutturante»
gli analisti. [2003d, p. 200]) che l’osservatore ricostruisce dalla
Nelle parole di Bourdieu: pratica degli agenti stessi, espungendone la percezione
che essi ne hanno. In questo modo, paradossalmente,
non sarebbe difficile mostrare che la costruzione del «questo punto di vista distrugge parte della realtà che
concetto di cultura (nel senso dell’antropologia cul- pretende di cogliere col movimento stesso che fa per
turale) o di struttura sociale (nel senso di Radcliffe- coglierla» (Wacquant 1992, p. 17). Questo –scrive
Brown e dell’antropologia sociale) implica anche la Bourdieu– è il «[…] feticismo delle leggi sociali cui è
costruzione di una nozione di condotta come esecu- destinato l’oggettivismo quando, stabilendo tra la
zione che si sovrappone alla nozione primaria di con- struttura e la pratica il rapporto dal virtuale all’attuale,
dotta come semplice comportamento preso nel suo dalla partitura all’esecuzione, dall’essenza all’esistenza,
valore esteriore. L’estrema confusione dei dibattiti
esso sostituisce semplicemente all’uomo creatore del
sui rapporti tra la “cultura” (o le “strutture sociali”) e
la condotta nella maggior parte dei casi trae la sua o-
soggetto un uomo soggiogato alle leggi morte di una
rigine dal fatto che il senso costruito della condotta e storia della natura» (2003d, p. 227).
la teoria della pratica che esso implica conducono A spiegare il mondo sociale non valgono né la fe-
una sorta di esistenza clandestina nel discorso dei di- nomenologia delle pratiche (come vuole il pensiero
fensori così come degli avversari dell’antropologia soggettivista), né la fenomenologia oggettivata delle
culturale. (2003d, p. 198) regolarità delle pratiche (come nella tradizione strut-
[…] Non potendo costruire la pratica se non in modo turalista); ma il modo in cui gli agenti sociali, nelle lo-
negativo, vale a dire in quanto esecuzione, l’oggettivi- ro condizioni reali di esistenza, le pongono in essere: il
smo è condannato sia a lasciare intatta la questione modus operandi.
del principio di produzione delle regolarità, che si ac- È così che si spiega il mondo sociale: osservando la
contenta quindi solo di registrare, sia a reificare delle
dialettica fra pratiche e strutture: la genesi delle prati-
astrazioni attraverso un paralogismo che consiste nel
trattare gli oggetti costruiti dalla scienza, che si tratti
che sulla base delle strutture e la genesi delle strutture
della “cultura”, delle “strutture”, delle “classi socia- attraverso le pratiche. E così si transita da uno struttu-
li”, dei “modi di produzione” ecc., come realtà auto- ralismo fondato sull’opus operatum a uno strutturali-
nome dotate di un’efficacia sociale, capaci di agire in smo fondato sul modus operandi (ovvero –come si
quanto soggetti responsabili di azioni storiche o in dirà– sull’habitus): uno strutturalismo genetico o, con
quanto potere capace di determinare le pratiche un ossimoro, uno strutturalismo costruttivista.
(2003d, p. 200)
48 49

CAPITOLO 3 rezza la connessione genetica che spiega la corrispon-


denza fra strutture sociali e schemi mentali, e chiarire
Elementi di una teoria del mondo sociale: l’importanza politica della formazione, della selezione
habitus, campo e capitale e della imposizione dei sistemi di classificazione. Co-
gliere questo rapporto di corrispondenza e di connes-
sione genetica significa, per Bourdieu, riuscire a supe-
Se esistono regolarità, nelle pratiche degli agenti, rare le antinomie tradizionali della sociologia (sogget-
non è dunque perché le pratiche sono “governate” da tivismo/oggettivismo; strutturalismo/costruttivismo;
regole o modelli cui gli agenti ispirano la loro condot- fisica sociale/fenomenologia sociale; sistema/attore;
ta. Quel che spiega le pratiche, le loro regolarità e per- collettivo/individuale ecc.) in favore di una concezione
sino il loro apparente ispirarsi a regole (cioè le strete- relazionale e ricorsiva.
gie di secondo ordine con cui gli agenti legittimano le Questa tenace determinazione metodologica indu-
pratiche mimetizzandone i moventi strategici) non va ce Bourdieu a formulare una trattazione essa stessa
cercato nelle regole e nei modelli formali costruiti, fortemente ricorsiva, che riprende continuamente pro-
scolasticamente, mediante l’oggettivazione delle rego- fili d’analisi tradizionalmente disgiunti od opposti nel-
larità e l’astrazione dalle condizioni sociali di possibi- lo sforzo, appunto, di farne scaturire una sorta di o-
lità delle pratiche stesse. mogeneizzato teorico. Ma nella sua ricostruzione sono
Se esistono delle regolarità, dunque, è perché c’è relativamente “isolabili” alcuni concetti fondamentali,
corrispondenza tra gli schemi mentali e le strutture so- per così dire gli elementi costitutivi della teoria.
ciali: i primi si definiscono negli individui a seguito
della esposizione continuata a determinate condizioni
sociali. Fra le strutture sociali (campi, oggettività del 3.1. L’habitus, struttura strutturata e strutturante
primo ordine) e gli schemi mentali (habitus, oggetti-
vità del secondo ordine), c’è un rapporto di connessio- Il rapporto di omologia o di corrispondenza che le-
ne genetica. ga tra loro lo spazio delle posizioni e quello degli
Come ha notato Wacquant (Wacquant 1992, p. 20), schemi mentali è espresso soprattutto dal concetto di
Bourdieu sembra riprendere, sotto questo profilo, la habitus. È l’habitus, nella teoria di Bourdieu, il princi-
tesi avanzata nel 1903 da Durkheim e Mauss in De pio attraverso cui si generano (e quindi si spiegano) le
quelques formes primitives de classification, in base alla regolarità delle pratiche.
quale i sistemi cognitivi in vigore nells società primiti- Il repertorio di definizioni dell’habitus, che si può
ve derivano dai loro sistemi sociali. Quello che soprat- rinvenire negli scritti di Bourdieu, è veramente proflu-
tutto gli interessa, però, è –oltreché estendere questa viale. Già in Per una teoria della pratica, l’autore torna
lettura alle società contemporanee– rivelare con chia- più volte alla ricerca di una definizione adeguata:
50 51

le strutture che sono costitutive di un tipo specifico genti con le loro regolarità, dall’altro:
di ambiente (per esempio, le condizioni materiali di
esistenza caratteristiche di una condizione di classe) L’habitus è un sistema di disposizioni durevoli e tra-
e che possono essere colte empiricamente sotto for- sferibili, di strutture strutturate predisposte a funzio-
ma delle regolarità associate a un ambiente social- nare come strutture strutturanti, in altre parole come
mente strutturato producono degli habitus, sistemi principi generatori e organizzatori di pratiche e rap-
di disposizioni durature, strutture strutturate predi- presentazioni che possono essere oggettivamente a-
sposte a funzionare come strutture strutturanti, vale dattate al loro scopo senza supporre la visione co-
a dire in quanto principio di generazione e di strut- sciente dei fini e il dominio esplicito delle operazioni
turazione di pratiche e di rappresentazioni che pos- necessarie per ottenerli (1980, p. 88)
sono essere oggettivamente “regolate” e “regolari” sono le strutture caratteristiche di un tipo determina-
senza essera affatto il prodotto dell’obbedienza a to di condizioni di esistenza che, attraverso la neces-
delle regole, oggettivamente adattate al loro scopo, sità economica e sociale che esse fanno pesare sull’u-
senza presupporre l’ntenzione cosciente dei fini e il niverso relativamente autonomo delle relazioni fami-
dominio intenzionale delle operazioni necessarie per liari o per meglio dire attraverso delle manifestazioni
raggiungerli e, dato tutto questo, collettivamente or- propriamente familiari di tale necessità esterna (per
chestrate senza essere il prodotto dellazione orga- esempio, divieti, preoccupazioni, leggi di morale,
nizzatrice di un direttore d’orchestra. (2003d, pp. conflitti, gusti ecc.), producono le strutture dell’habi-
206 s.) tus che sono a loro volta all’origine della percezione
La pratica è al contempo necessaria e relativamente au- e della valutazione di qualsiasi ulteriore esperienza.
tonoma rispetto alla situazione concreta nella sua im- (2003d, p. 210)
mediatezza puntuale perché è il prodotto della relazio- L’habitus è la mediazione universalizzante che fa sì
ne dialettica tra una situazione e un habitus, inteso co- che le pratiche senza ragione esplicita e senza inten-
me un sistema di disposizioni durature e trasferibili zione significante di un singolo agente siano comun-
che, integrando tuttel le esperienze passate, funziona que “sensate”, “ragionevoli”, e oggettivamente or-
in ogni momento come matrice delle percezioni, delle chestrate: la parte delle pratiche che resta oscura agli
valutazioni e delle azioni, e rende possibile il compi- occhi dei loro stessi produttori è l’aspetto attraverso
mento di compiti infinitamente differenziati, grazie al cui esse sono aggettivamente adattate alle altre prati-
trasferimento analogico di schemi che permettono di che e alle strutture del cui principio di produzione
risolvere i problemi aventi la stessa forma e grazie alle sono esse stesse il prodotto. (2003d, pp. 222 s.)
correzioni incessanti dei risultati ottenuti, che sono es- È perché sono ilprodotto delle disposizioni che, co-
se stesse prodotte in modo dialettico da quei risultati. stituendo l’interiorizzazione delle stesse strutture og-
(2003d, p. 211) gettive, sono oggettivamente concertate, che le prati-
che dei membri di un gruppo o, in una società strati-
Il concetto di habitus, quindi, si pone all’incrocio ficata, di una stessa classe, sono dotate di un senso
fra la struttura sociale, da un lato, e le prassi degli a- oggettivo al contempo unitario e sistematico, tra-
52 53

scendente le intenzioni soggettive e i progetti consci, zioni degli agenti, si struttura conformemente alle
individuali o collettivi (2003d, p. 223). strutture oggettive che hanno prodotto quelle disposi-
zioni. Il sistema di disposizioni, l’habitus, è pertanto il
È evidente che il rapporto di corrispondenza geneti- punto di sutura fra le strutture sociali e le pratiche, che
ca –che è concepito come rapporto di causazione– in rimangono fra loro, in maniera del tutto reciproca, in
Per una teoria della pratica resta, se non un’intuizione, posizione dialettica:
un’idea ancora precisabile; essa sarà pienamente svilup-
pata soltanto attraverso la ricerca empirica (soprattutto non esiste un confronto singolo tra due agenti speci-
con La distinzione). Per il momento, il rapporto fra fici che non affronti di fatto all’interno di un’intera-
strutture sociali e habitus è concepito essenzialmente zione definita dalla struttura oggettiva della relazione
come una limitazione degli orizzonti delle possibilità, tra i gruppi corrispondenti (per esempio, colonizza-
tore/colonizzato), e qualunque possa essere la strut-
riprendendo il discorso humiano e marxiano sulla rela- tura congiunturale della relazione di interazione (per
zione fra genesi del desiderio e possibilità di realizzar- esempio, un padrone che dà degli ordini al proprio
lo: le pratiche, cioè, subordinato, colleghi che parlano dei propri studenti,
possono risultare oggettivamente aggiustate alle pos- intellettuali che partecipano a un convegno ecc.), de-
sibilità oggettive –poiché tutto avviene come se la gli habitus generici (portati da “persone fisiche”), va-
probabilità a posteriori o ex post di un avvenimento, le a dire dei sistemi di disposizioni quali ina compe-
che è conosciuta a partire dall’esperienza passata, co- tenza linguistica e una competenza culturale, e, tra-
mandasse la probabilità a priori o ex ante che le è mite questi habitus, tutte le strutture oggettive di cui
soggettivamente attribuita– senza che gli agenti pro- sono il prodotto e in particolare le strutture di siste-
cedano al minimo calcolo e persino a una stima più o mi di relazioni simboliche quali la lingua. (2003d, p.
meno cosciente delle possibilità di riuscita 224)

Alle condizioni di esistenza corrispondono deter-


Il concetto di habitus dovrebbe rendere conto della
minati modi di generazione degli habitus, con i quali
relazione fra struttura sociale oggettiva e congiuntura
vengono imposte differenti definizioni dell’impossibi-
in cui la prassi è posta in essere, e quindi, in metodolo-
le, del possibile, del probabile e del certo, che «fanno
gia, fra oggettivismo e fenomenologia; dovrebbe anzi
percepire agli uni come naturali o come ragionevoli
risolvere questa relazione oppositoria, all’interno di
delle pratiche o delle aspirazioni che gli altri avvertono
una relazione dialettica.
come impensabili o scandalose o viceversa» (2003d, p.
Sorta di operatore della dialettica fra la struttura e
210).
le pratiche, garante della irriducibile biunivocità di
A Bourdieu interessa prendere le distanze da una
questa relazione, il concetto di habitus si avvicina mol-
ricostruzione interazionistica di questo processo: la
to all’idea di processo, e manifesta il debito dell’episte-
stessa interazione, essendo un prodotto delle disposi-
mologia di Bourdieu all’epistemologia weberiana.
54 55

Qui si apre, in verità, una questione più ontologica un’inclinazione. (2003d, p. 206, nota 39).
che epistemologica: se si accosta all’idea di processo,
l’habitus resta comunque, per Bourdieu, incardinato (e Il termine disposizione, cioè, rimanda sì ad attributi
anzi incarnato, incorporato) nell’agente (in definitiva, dell’agente, ma in quanto esiti di un’azione organizza-
nell’individuo). L’habitus è «storia fatta natura, cioè trice, di una strutturazione come processo senza inizio
negata in quanto tale perché realizzata in una seconda né fine.
natura: “l’inconscio” infatti è solo l’oblio della storia In Per una teoria della pratica, il discorso sull’habi-
che la storia stessa produce incorporando le strutture tus si arricchisce di considerazioni, di attributi, di rico-
oggettive che essa produce in queste quasi-nature og- struzioni, che segnano le tracce per le ricerche succes-
gettive che sono gli habitus» (2003d, p. 213). La “natu- sive, si costruisce la trama fondamentale di una teoria
ra” di questo “sistema di disposizioni” è definita pro- materialista dell’azione e della trasformazione sociale:
prio dal suo essere una “quasi-natura”, una sorta di
costituzione, di modo di essere o –come scrive spesso considerando l’habitus come un sistema soggettivo
Bourdieu– di hexis corporea; e tuttavia, ciò che prima- ma non individuale di strutture interiorizzate, schemi
di percezione, di concezione e di azione, che sono
riamente la definisce è l’intrinseca, continua determi- comuni a tutti i membri dello stesso gruppo o della
nazione storica. stessa classe e che costituiscono la condizione di qul-
L’habitus, quindi, ha uno statuto ontologico piut- siasi oggettivazione e percezione, si fonda la concer-
tosto imbarazzante, che Bourdieu non riesce a risolve- tazione oggettiva delle pratiche e l’unicità della visio-
re (e non soltanto in Per una teoria della pratica), in ne del mondo sull’impersonalità e la sostituibilità
base al quale esso si colloca fra natura individuale e perfette delle pratiche e delle visioni individuali.
processo. La dicotomia, in effetti, non viene mai del
tutto risolta, se non –sul piano puramente nominalisti- Eppure resta evidente, in definizioni come questa,
co– con l’adozione dei termini disposizione e sistema l’incertezza ontologica del concetto, che qui si propo-
di disposizioni: ne come «sistema soggettivo ma non individuale di
strutture interiorizzate», proprio a voler incrociare la
la parola “disposizione” sembra particolarmente ap- doppiezza epistemologica connessa al patrimonio con-
propriata per esprimere ciò che designa il campo del- cettuale ricevuto dalla tradizione, e a volerlo risolvere
l’habitus (definito come sistema delle disposizioni). nell’idea –anch’essa fortemente processuale– di inte-
Infatti, esso esprime in primo luogo il risultato di riorizzazione.
un’azione organizzatrice presentando quindi un sen- In Per una teoria della pratica –come si diceva– si
so delle parole molto vicino a quello di struttura; per
altro, designa anche un modo di essere, uno stato abi-
incardina nel concetto di habitus una teoria della gene-
tuale (in particolare del corpo) e nello specifico, una si del mondo sociale, articolata su un sistema ricorsivo
predisposizione, una tendenza, una propensione o di strutturazioni. Per ora, si tratta di un’idea che resta
non completamente precisata (si noterà, tuttavia, che
56 57

la dimensione pedagogica ha già un certo approfondi- della pratica –e che si manterrà centrale nella produ-
mento9); ma l’impianto essenziale per le ricerche suc- zione successiva– è quella dell’incorporazione dell’ha-
cessive può dirsi sostanzialmente delineato. E quello bitus come principio di generazione delle pratiche, po-
che ne emerge –ancora una volta– è il carattere forte- sto al di qua della consapevolezza:
mente processuale di tutta la costruzione:
se gli agenti più che possedere l’habitus ne sono pos-
la logica stessa della sua genesi fa dell’habitus una se- seduti, è in primo luogo perché lo possiedono solo in
rie cronologicamente ordinata di strutture, una strut- quanto agisce in essi come principio di organizzazio-
tura di un determinato rango che specifica le struttu- ne delle loro azioni, cioè secondo una modalità tale
re di rango inferiore (quindi geneticamente anteriori) per cui essi ne sono al contempo spossessati sul piano
e che struttura le strutture di rango superiore tramite simbolico. (2003d, p. 253)
l’azione strutturante che essa esercita sulle esperienze
strutturate generatrici di tali strutture. Così, per e-
sempio, l’habitus acquisito nella famiglia è all’origine Rimandando al seguito (cap. 6) la discussione delle
della strutturazione delle esperienze scolastiche (e in difficoltà di natura ontologica e delle loro implicazioni
particolare della ricezione e dell’assimilazione del (e quindi della questione di cosa davvero sia l’habitus),
messaggio propriamente pedagogico), l’habitus tra- qui si può osservare –da un punto di vista operativo,
sformato dall’azione scolastica, essa stessa diversifi- per le finalità dell’analista sociale– che la ricostruzione
cata, poiché è a sua volta all’origine della struttura- empirica degli habitus avviene, certamente, sulla base
zione di tutte le esperienze successive (per esempio delle regolarità osservate nelle pratiche. Ma –rispetto
della ricezione e dell’assimilazione dei messaggi pro- all’idea di regola o di modello dello strutturalismo– il
dotti e diffusi dall’industria culturale o delle espe- concetto di habitus è uno strumento di ricerca che da
rienze professionali) e così via di strutturazione in
un lato lascia spazio all’improvvisazione soggettiva;
strutturazione. Le esperienze […] si integrano nell’u-
nità di una biografia sistematica che si organizza a
dall’altro, fa riferimento a una mappa della distribu-
partire dalla situazione originaria di classe, sperimen- zione delle varie specie di capitale, ossia all’idea di
tata in un tipo determinato di struttura familiare. campo.
(2003d, pp. 232 s.)

Si può forse affermare che tutta la ricerca di Bourdieu 3.2. Mappe del mondo sociale: campo e capitale
si svolge intorno a una questione –quella della genesi de-
gli habitus– che conduce sempre a un passo dalla defini- L’idea di una corrispondenza tra habitus e posizio-
zione del concetto, ma non riesce a conseguirla piena- ne nella struttura sociale –come si è visto– è già ampia-
mente. mente sviluppata in Per una teoria della pratica. Ma è
L’idea fondamentale che sortisce da Per una teoria un’idea che diventa compiuta teoria soltanto con il
procedere delle ricerche empiriche. Il concetto di cam-
58 59

po nasce proprio come strumento analitico per defini- Wacquant 1992, pp. 67 s.)
re l’ambito della ricerca dei rapporti di corrispondenza In tutti i casi, un campo si istituisce attorno a una
fra habitus e posizioni nella struttura sociale. intesa, tanto lontana dalla logica contrattuale quanto
Frazione analitica della struttura sociale, in termini prossima alla complicità ludica; intorno a «un ricono-
puramente analitici «un campo può essere definito co- scimento che sfugge alla messa in discussione» (Bour-
me una rete o una configurazione di relazioni oggettive dieu e Wacquant 1992, p. 68). I confini di questa intesa
tra posizioni» (Bourdieu e Wacquant 1992, p. 67). Ma la sono i confini stessi del campo. Attorno a quest’intesa,
costruzione analitica è governata da una scelta teorica a questa logica, si “aggregano” agenti accomunati da
fondamentale: Pierre Bourdieu, infatti, porta alle estre- un interesse specifico.
me conseguenze quella sorta di “esplosione cognitiva” La sociologia, come le altre scienze storiche, pro-
della società inaugurata dalla distinzione weberiana dei duce una anamnesi dell’origine, restituisce la memoria
diversi Lebensordnungen, i diversi “ordini di vita” che dell’arbitrio rivelando i procedimenti del suo discono-
acquistano una relativa autonomia reciproca: politico, scimento operati all’interno del campo:
economico, religioso ecc., e quindi ritiene che nella mo-
dernità capitalista, ciò che può essere osservato non è la essa analizza la logica specifica dei diversi spazi so-
società, ma una pluralità di campi sociali, distinti da pro- ciali in cui si producono sistemi simbolici che preten-
pri valori e principi regolativi. Questo è un punto di dono di essere validi universalmente insieme alle
strutture cognitive corrispondenti, e riporta le leggi,
partenza fondamentale della sociologia di Pierre Bour- considerate assolute, della logica ai vincoli immanenti
dieu, per il quale essa si connota immediatamente come di un campo (o di una “forma di vita”) e in particola-
sociologia storica: re all’attività socialmente regolata di discussione e di
giustificazione degli enunciati. (1998, p. 122)
Nelle società fortemente differenziate, il cosmo so-
ciale è costituito dall’insieme di questi microcosmi I procedimenti del disconoscimento si rivelano nel-
sociali relativamente autonomi, spazi di relazioni og- la ricostruzione della genesi del campo. Così, ad esem-
gettive in cui funzionano una logica e una necessità
specifiche, non riconducibili a quelle che regolano al-
pio,
tri campi. Per esempio, il campo artistico, il campo
per comprendere la dimensione simbolica dell’effetto
religioso e il campo economico obbediscono a logi-
dello Stato, e in particolare quello che potremmo
che diverse: il campo economico è emerso, storica-
chiamare effetto di universalità, bisogna capire il fun-
mente, come universo nel quale, come si dice, “gli af-
zionamento specifico del microcosmo burocratico, a-
fari sono affari”, business is business, e dal quale i bei
nalizzare la genesi e la struttura di quell’universo di
rapporti di parentela, di amicizia e di amore sono per
agenti dello Stato, specialmente i giuristi, che si sono
principio esclusi: il campo artistico, al contrario, si è
costituiti in nobiltà di Stato istituendo lo Stato, e in
costituito con e attraverso il rifiuto, o il rovesciamen-
particolare producendo il discorso performativo sul-
to, della legge del profitto materiale. (Bourdieu e
60 61

lo Stato che, con l’aria di dire ciò che è lo Stato, lo fa pio di generazione degli habitus. Dall’altro, è un con-
esistere dicendo ciò che dovrebbe essere, e dunque cetto relazionale, che fa riferimento a uno spazio so-
quella che doveva essere la posizione dei produttori ciale nel quale, sulla base degli habitus stessi, gli agenti
di quel discorso nella divisione dell’opera di domi- mettono in atto pratiche e strategie.
nio. Bisogna prendere in particolare considerazione Fra queste due dimensioni c’è una relazione dialetti-
la struttura del campo giuridico, fare luce sugli inte-
ressi generici del corpo dei detentori di quella forma
ca di importanza centrale, che restituisce il senso com-
particolare di capitale culturale, predisposto a funzio- plessivo della teoria dell’azione di Pierre Bourdieu: le
nare come capitale simbolico, che è la competenza disposizioni degli agenti (habitus) si generano a partire
giuridica, e sugli interessi specifici che si imponevano dalla collocazione degli agenti stessi nello spazio socia-
a ognuno di loro in funzione della sua posizione in le; a loro volta, gli habitus sono la matrice delle prese di
un campo giuridico ancora scarsamente autonomo, posizione, ossia delle scelte con le quali gli agenti parte-
ossia, in sostanza, rispetto al potere regio. Si capisce cipano al gioco relazionale: gli habitus generano «prati-
allora che quegli agenti avevano interesse a dare una che distinte e distintive» (1995, p. 21), che ritraducono
forma universale all’espressione dei loro interessi «[…] le caratteristiche intrinseche e relazionali di una
particolari, a creare una teoria del servizio pubblico, posizione in uno stile di uno stile di vita unitario, ossia
dell’ordine pubblico, adoperandosi così a rendere la
in un insieme unitario di scelte di persone, pratiche e
ragione di Stato autonoma dalla ragione dinastica,
dalla “casa del re”, a inventare la “Res publica” e poi
beni» (1995, p. 20).
la repubblica come istanza che trascende gli agenti –e Anche l’idea di campo, come quella di habitus, vie-
lo stesso re– cui spetta il compito di incarnarla prov- ne formulata come crocevia concettuale fra condizio-
visoriamente: in virtù e a causa del loro capitale spe- namento strutturale e azione del soggetto, come ele-
cifico e dei loro interessi particolari, essi sono arrivati mento di mediazione epistemologica fra strutturali-
a produrre un discorso di Stato che, giustificando la smo e fenomenologia. La collocazione nel campo è la
loro posizione, costituiva e istituiva lo Stato, fictio ju- matrice dell’habitus, ma al tempo stesso è una colloca-
ris che gradualmente cessava di essere una semplice zione relativamente variabile: come scrive Wacquant,
finzione di giuristi per trasformarsi in un ordine au-
tonomo, capace di imporre largamente la sottomis- innanzi tutto un campo è, come un campo magnetico,
sione alle sue funzioni e al suo funzionamento e il ri- un sistema strutturato di forze oggettive, una configu-
conoscimento dei suoi principi. (1995, pp. 116 s.) razione relazionale dotata di una razionalità specifica,
che il campo è in grado di imporre a tutti gli oggetti e
Come nel concetto di habitus, anche nell’idea di gli agenti che vi penetrano», ma è al tempo stesso
campo si riproduce l’intento di trovare una soluzione «[…] anche uno spazio di conflitti e di concorrenza, e
alle opposizioni epistemologiche: da un lato, il campo qui l’analogia è piuttosto con un campo di battaglia
–sorta di mappa che si articola secondo la distribuzio- sul quale i partecipanti si scontrano al fine di stabilire
ne di quote di differenti specie di capitale– è il princi- un monopolio sulla particolare specie di capitale che
62 63

vi risulta efficiente (l’autorità culturale in campo arti-


stico, l’autorità scientifica nel campo scientifico, l’au- il campo è luogo di rapporti di forza, e non solo di
torità sacerdotale nel campo religioso ecc. […]. (Wac- senso, e di lotte mirate a trasformarlo, e di conse-
quant 1992, p. 23) guenza è luogo di un cambiamento costante. La coe-
renza che si può osservare in un determinato stato
Lo spazio sociale, dunque, si articola in campi del campo, il suo apparente orientamento verso una
strutturati in modo non immutabile, ma solo relativa- funzione unica (per esempio, nel caso delle Grandes
mente rigido: le lotte interne al campo, modificando la Écoles in Francia, la riproduzione della struttura del
distribuzione e il peso reativo delle forme di capitale, campo del potere) sono il prodotto del conflitto e
modificano la struttura del campo: della concorrenza e non di una sorta di autosviluppo
immanente della struttura. (Bourdieu e Wacquant
Quella struttura non è immutabile; la topologia che
1992, pp. 73 s.)
descrive uno stato delle posizioni sociali permette di
fondare un’analisi dinamica della conservazione e
della trasformazione della struttura della distribuzio- Il compito dell’analisi sociologica si articola, allo-
ne delle proprietà attive, e quindi dello spazio sociale. ra, in relazione alla duplice dimensione che connota il
È ciò che intendo quando descrivo lo spazio sociale concetto di campo: da un lato, si tratta di osservare,
globale come un campo: campo di forze che si impo- diacronicamente, la genesi delle rappresentazioni e
ne con la sua necessità agli agenti che vi operano, e degli schemi classificatori e interpretativi degli agenti
insieme campo di lotte al cui interno gli agenti si af- del campo in relazione ai rapporti di forza che si dan-
frontano, con mezzi e fini differenziati a seconda del- no nello spazio sociale; dall’altro, si tratta di conside-
la loro posizione nella struttura del campo di forze, rare la valenza politica delle categorie di percezione e
contribuendo così a conservarne o a trasformarne la di interpretazione che gli agenti del campo creano, a-
struttura. (1995, pp. 46 s.) dottano, trasformano; e, quindi, di sviluppare una so-
ciologia del potere simbolico nella dimensione del
È soprattutto questo aspetto della concezione dello
campo, che dia conto delle pratiche e delle strategie
spazio sociale che allontana Bourdieu da una prospetti-
che si svolgono nel campo, e che continuamente ne ri-
va di tipo struttural-funzionalista (alla quel potrebbero
disegnano i confini e la struttura.
sembrare concedere qualcosa alcune argomentazioni e
Un aspetto essenziale che distingue il concetto di
alcuni termini del suo lessico). Lo stesso Bourdieu rico-
campo da altri strumenti analitici come il concetto
nosce che, nella sua teoria dei campi come in quella fun-
marxiano di classe si coglie nella particolare importan-
zionalista dei sistemi, «il processo di autonomizzazione
za accordata alla distribuzione dei beni simbolici10. Le
e differenziazione svolge un ruolo centrale»; ma respin-
posizioni (e le prese di posizione), all’interno del cam-
gendo l’idea di una coesione interna e di una autorego-
po, si definiscono infatti sulla base della distribuzione
lazione, e sostenendo fermamente una prospettiva con-
di «proprietà attive» che Bourdieu indica, complessi-
flittualista:
vamente, come capitale, ma che consistono, oltreché in
64 65

capitale economico, in qualsiasi proprietà che sia per- Quando si tratta di analisi che riguardano il conte-
cepita come “legittima” all’interno del campo. Il “pe- sto generale dello spazio sociale –quantomeno per il
so” di ciascun tipo di proprietà –cioè di ciascuna spe- caso dei paesi cosiddetti sviluppati– Bourdieu assume
cie di capitale– varia a seconda del contesto sociale, che possano essere individuate alcune forme di capita-
cioè anzitutto del campo di riferimento. Anzi, l’acces- le –quello economico e quello culturale– che ricevono
so a ciascun campo avviene proprio in ragione della un particolare e pressoché generale riconoscimento:
disponibilità di una quota (sufficiente) della specie ca-
pitale specificamente apprezzata nel campo stesso: Lo spazio sociale è costruito in modo che gli agenti o
i gruppi vi si distribuiscono in funzione della loro
Il diritto di entrare in un campo è legittimato dal fat- posizione nelle distribuzioni statistiche secondo i
to di possedere una particolare configurazione di principi di differenziazione incontestabilmente più
proprietà. Uno degli scopi della ricerca consiste nel- efficienti nelle società avanzate, come gli Stati Uniti,
l’identificare queste proprietà attive, queste caratteri- il Giappone o la Francia: il capitale economico e il
stiche efficienti, che sono forme di capitale specifico. capitale culturale. (1995, p. 19)
(Bourdieu e Wacquant 1992, p. 77)
Nell’analisi dei rapporti fra agenti, dunque, il con-
In definitiva, la costruzione analitica del campo av- cetto di capitale ha un rilievo centrale. Anche nella no-
viene proprio sulla base della individuazione di un ca- zione di capitale si intrecciano indissolubilmente –co-
pitale specifico posto in gioco: me in quelle di campo e di habitus– la prospettiva og-
gettivista e quella soggettivista. In via generale, secon-
Ci si ritrova così davanti a una sorta di circolo vizio- do Bourdieu l’analisi sociologica può e dovrebbe pro-
so ermeneutico: per costruire il campo si devono i- durre una rappresentazione dello spazio sociale con i
dentificare le forme di capitale specifico che vi risul- canoni di una “analysis situs”, di una “topologia socia-
tano efficienti, e per costruire queste forme di capita- le” che sia in grado di dar conto della posizione relati-
le specifico si deve conoscere la logica specifica del va degli agenti. Lo spazio sociale, secondo Bourdieu,
campo. C’è un incessante va e vieni, lungo e difficile,
nel processo della ricerca.
non si riduce […] a un semplice awareness context
Dire che la struttura del campo […] è definita dalla
(contesto di coscienza), nel senso dell’interazioni-
struttura della distribuzione delle specie particolari di
smo, cioè a un universo di punti di vista riflettentisi
capitale che vi sono attive, è come dire che quando
gli uni negli altri all’infinito. Lo spazio sociale è il
ho raggiunto una conoscenza adeguata delle forme di
luogo, relativamente stabile, della coesistenza dei
capitale, sono in grado di differenziare tutto quello
punti di vista, nel doppio senso di posizioni nella
che vi è da differenziare. (Bourdieu e Wacquant 1992,
struttura della distribuzione del capitale (economico,
p. 77)
informazionale, sociale) e dei poteri corrispondenti
ma anche di reazioni pratiche a questo spazio o di
66 67

rappresentazioni di esso, prodotte a partire da quei tale e delle opportunità di profitto correlative.
punti attraverso habitus strutturati e doppiamente
informate, dalla struttura dello spazio e dalla struttu- La condizione del singolo agente nello spazio so-
ra degli schemi di percezione che vengono applicati a ciale non è quella della pedina libera di muoversi se-
esso. (1998, p. 192) condo qualunque traiettoria, ma rimane in qualche
misura ancorata a condizioni oggettive che variamente
Il capitale, dunque, è il carico di predeterminazione
ne influenzano le trasformazioni. E tuttavia, ciò non
che la condizione individuale di ogni agente riceve dal
significa che ci sia un rapporto di immediata determi-
campo sociale e che ogni agente “si porta appresso”,
nazione fra condizioni oggettive e condizioni soggetti-
purtuttavia cercando di ottenerne aggiustamenti. È il
ve: si tratta, piuttosto, di un rapporto mediato dalle di-
capitale il “segno” della collocazione sociale dell’indi-
sposizioni soggettive, dagli habitus nei quali quelle
viduo.
condizioni oggettive si inscrivono:
Il mondo sociale –scrive Bourdieu– non è un gioco
del caso […]. Quanti parlano di pari opportunità di- Così il potere (cioè il capitale, l’energia sociale) con-
menticano che i giochi sociali, il gioco economico, trolla le potenzialità oggettivamente offerte a ogni
ma anche i giochi culturali (campo religioso, campo giocatore, le sue possibilità e impossibilità, i suoi gra-
giuridico, campo filosofico ecc.) non sono fair games: di d’essere in potenza, di potenza a essere e, contem-
senza essere veramente truccata, la competizione so- poraneamente, il suo desiderio di potenza che, fon-
miglia a una corsa a handicap protraentesi per più ge- datamente realistico, è grossomodo adeguato alle sue
nerazioni o a giochi in cui ogni giocatore possa di- “potenze”. L’inserimento precoce e durevole in una
sporre dei guadagni positivi o negativi di tutti coloro condizione definita da un grado determinato di pote-
che l’hanno preceduto, vale a dire degli scores accu- re tende, attraverso l’esperienza delle possibilità of-
mulati da tutti i suoi antenati. E occorrerebbe con- ferte o negate da tale condizione, a istituire durevol-
frontarli piuttosto a giochi in cui i giocatori accumu- mente nei corpi disposizioni a essere (tendenzialmen-
lino progressivamente profitti positivi o negativi, te) commisurate a queste potenzialità. L’habitus è
quindi un capitale più o meno importante che, con le quel “poter-essere” che tende a produrre pratiche
tendenze (alla prudenza, all’audacia ecc.) inerenti ai oggettivamente adeguate alle possibilità, in particola-
loro habitus e legate, in parte, al volume del loro ca- re orientando la percezione e la valutazione delle
pitale, orientano le loro strategie di gioco. possibilità inscritte nella situazione presente. (1998,
Il gioco sociale ha una storia e, perciò, è il luogo di p. 228)
una dinamica interna, indipendente dalle coscienze e
dalle volontà dei giocatori, di una sorta di conatus le- Nel mondo sociale, le opportunità sono distribuite
gato all’esistenza di meccanismi che tendono a ripro- in maniera diseguale e «questa distribuzione corri-
durre la struttura delle probabilità oggettive o, più sponde alla distribuzione ineguale del capitale nelle
precisamente, la struttura della distribuzione di capi- sue differenti specie» (1998, p. 230).
68 69

Quando si prende in considerazione uno spazio so- che primariamente interessa Bourdieu sono le regole
ciale allargato, trascendente i confini di un solo cam- del gioco. Al contrario di Huizinga, Bourdieu distin-
po, si pone la questione di definire quale sia la colloca- gue bene, nel gioco, il play dal game11; non si accon-
zione reciproca dei vari campi. tenta di una pura e semplice morfologia del gioco, non
privilegia affatto il comportamento nel gioco rispetto
Il campo del potere (da non confondere con il campo alla regola del gioco, non riconosce nella regola è qual-
politico) non è un campo come gli altri: è lo spazio cosa di diverso dal gioco, un suo semplice pre-testo o
dei rapporti di forza fra diverse specie di capitale, o, presupposto.
più esattamente, fra agenti abbastanza provvisti di Quella pura e semplice morfologia del gioco, che
una delle diverse specie di capitale da essere in grado impediva a Huizinga di riconoscere una dimensione
di dominare il campo corrispondente, agenti le cui
lotte si intensificano ogni volta che è messo in discus-
ludica al di fuori della «sublimazione elegante e genti-
sione il valore relativo delle diverse specie di capitale le» (Eco 1973, p. XXVI) –quindi laddove la realtà pre-
(per esempio, il «tasso di cambio» fra capitale cultu- sentasse le forme del serio e del tragico– diventa in
rale e capitale economico), ossia soprattutto quando Bourdieu una prospettiva portata alle sue conseguenze
qualcosa minaccia gli equilibri consolidati in seno al ultime: spinta fino a riconoscere che il gioco è condi-
campo delle istanze specificamente deputate alla ri- zione della vita sociale, di tutta la vita sociale. Quello
produzione del campo del potere (nel caso della che interessa il sociologo francese non è soltanto l’ap-
Francia, il campo delle grandes écoles). (1995, p. 48) parenza ludica della produzione simbolica, ma è pro-
prio la struttura, e la strutturazione, del gioco: la ma-
trice delle possibilità che si offre a chi entra nel campo
3.3. Dinamiche del mondo sociale: il campo e il gioco e, prima ancora, l’insieme delle condizioni di accesso
al campo medesimo.
Bourdieu ricorre spesso all’immagine del gioco per È chiaro, allora, quanto e perché Bourdieu prenda
illustrare il concetto di campo. Quella del gioco, del re- le distanze dalla sociologia schiettamente fenomenolo-
sto, è più che una metafora consolidata. Per primo gica, per farsi anzitutto strutturalista. Nel gioco esiste,
Johan Huizinga, nel clima dello storicismo tedesco ineluttabilmente, una doppia dimensione: quella del
contemporaneo, aveva proposto il concetto di gioco dispiegarsi dell’iniziativa degli agenti e, a monte di
come invariante culturale (Huizinga 1973). Tuttavia, il questa, la dimensione della “coercizione strutturale”,
concetto di gioco che Bourdieu impiega nell’analisi del della strutturazione dei comportamenti all’interno del
campo è molto più complesso, e riflette la sedimenta- campo. A cominciare dall’imposizione di condizioni
zione di diverse prospettive filosofiche e sociologiche di accesso al gioco, il campo condiziona la situazione e
maturate nel corso del secondo dopoguerra. Se a un i comportamenti degli agenti, impone l’accettazione
autore come Huizinga interessava il gioco come com- delle sue proprietà specifiche: «Il diritto di entrare in
portamento ludico, come pura fenomenologia, quello
70 71

un campo è legittimato dal fatto di possedere una par- uno spazio di gioco nel quale valgono regole che cia-
ticolare configurazione di proprietà. Uno degli scopi scun agente, pur potendo contribuire a modificare, in
della ricerca [sociologica] consiste nell’identificare principio trova, e dalle quali resta vincolato. Come
queste proprietà attive, queste caratteristiche efficienti, scrive Wacquant, «innanzi tutto un campo è, come un
che sono forme di capitale specifico» (Bourdieu e Wac- campo magnetico, un sistema strutturato di forze og-
quant 1992, p. 77). Per ciò che concerne qualsiasi “u- gettive, una configurazione relazionale dotata di una
niverso dotto”, il “capitale specifico” richiesto per ac- gravità specifica, che il campo è in grado di imporre a
cedervi è senz’altro, anzitutto, una particolare disposi- tutti gli oggetti e gli agenti che vi penetrano» (Wac-
zione cognitiva, una doxa: quant 1992, p. 23). Gli effetti che si producono all’in-
terno del campo non scaturiscono da azioni anarchi-
Come il campo artistico, ogni universo dotto ha la che, né tuttavia da una previa concertazione; sono ef-
sua doxa specifica, insieme di presupposti indissolu- fetti di azioni individuali, ma di individui che non ne
bilmente cognitivi e valutativi la cui accettazione è sono propriamente “autori”. Il che comporta senz’al-
connaturata all’appartenenza stessa. Sono le grandi tro, per il sociologo, la determinazione di alcune prio-
opposizioni obbligate che, paradossalmente, unisco-
no coloro che oppongono, giacché occorre essere
rità epistemologiche:
d’accordo nell’accettarle per essere in grado di op- La nozione di campo ci deve ricordare che il vero og-
porsi a proposito di esse, o per il loro tramite, e di getto di una scienza sociale non è l’individuo, l’“auto-
produrre così prese di posizione immediatamente ri- re”, anche se non è possibile costruire un campo se non
conosciute come pertinenti e sensate da quegli stessi a a partire dagli individui, perché l’informazione neces-
cui esse si oppongono e che si oppongono a esse. saria per l’analisi statistica è generalmente legata a pre-
Queste coppie di opposizioni specifiche (epistemolo- cisi individui o istituzioni. Ma è il campo che deve esse-
giche, artistiche ecc.), che sono anche coppie di op- re al centro delle operazioni di ricerca. Il che non vuol
posizioni sociali tra avversari complici all’interno di dire affatto che gli individui siano delle pure “illusio-
un campo, delimitano, fin nella politica, lo spazio di ni”, che non esistano. La scienza, però, li costruisce co-
discussione legittimo, escludendo come assurdo, e- me agenti, e non come individui biologici, come attori
clettico o semplicemente impensabile ogni tentativo o soggetti; tali agenti sono socialmente costituiti come
di produrre una opposizione non prevista (che si attivi e sono in grado di agire sul campo in quanto pos-
tratti dell’intrusione assurda o fuori luogo del “naïf”, siedono le proprietà necessarie per esservi efficienti, per
dell’“amatore” o dell’autodidatta, o della grande in- produrvi degli effetti. (Bourdieu e Wacquant 1992, p.
novazione sovversiva dell’eresiarca, religioso, artisti- 76)
co o addirittura scientifico). (1998, pp. 106 s.)
Condizione necessaria per l’esistenza di una com-
Il campo è sì, senz’altro, luogo di competizione fra petizione è la condivisione di un punto di vista, di una
agenti; ma non è il luogo di una competizione libera: è matrice di giudizio che disegna l’orizzonte delle possi-
72 73

bilità. Così, per esempio, nel campo giuridico vale l’a- discussione: a titolo di credenza fondamentale nel va-
desione “dossica” alla credenza dell’infondatezza della lore delle poste in gioco nella discussione e nei pre-
norma giuridica e la correlativa rinuncia alla ricerca supposti inscritti nel fatto stesso di discutere, l’illusio
dell’origine (arbitraria) della legge; la disponibilità a è anzi la condizione indiscussa della discussione. […]
dare per scontata la norma fondamentale, e perciò a L’illusio non appartiene all’ordine dei principi espli-
citi, delle tesi che si pongono e si difendono, ma a
non nominarla. Attorno a questa doxa si costituisce il quello dell’azione, della routine, delle cose che si fan-
campo giuridico, e ne impone l’accettazione a chiun- no, e che si fanno perché si fanno e si sono sempre
que voglia accedere alla competizione. Condizione ne- fatte. (1998, p. 108)
cessaria per competere è quella di rimuovere dalla di- Ancora una volta, non può sfuggire che Bourdieu
scussione la questione del fondamento, di misconosce- segue tracce weberiane: dove è evidente la contiguità
re l’arbitrio: di abbracciare attivamente e quindi con- fra il concetto di illusio e quello weberiano di
tribuire a riprodurre –più che di accettare– l’illusion credenza. Ciò diventa particolarmente evidente nell’a-
juridiste (1986b, p. 44). nalisi della produzione giuridica, dove maggiormente
La dialettica fra agente e campo, fra azione libera e Weber aveva sviluppato il suo concetto di credenza. In
condizionamento sociale, fra giocare e essere giocato effetti, Weber aveva segnalato lucidamente l’effetto di
si riassume bene nel concetto di illusio, che nella pro- apriorizzazione prodotto dalla forma-diritto nello sta-
duzione di Pierre Bourdieu si è fatto sempre più ricor- to moderno. Ma lo aveva espresso con la definizione
rente. Qui questa doppia dimensione, questa apparen- tautologica, evidentemente irrisolta, del concetto di
te opposizione fra libertà e costrizione, propria di stato: nella quale l’introduzione dell’elemento della
qualsiasi coinvolgimento in un qualsiasi campo, trova coercizione non riesce a spezzare la circolarità del
con una pseudo-etimologia che Bourdieu riprende da concetto di legittimità. La ricerca teorica di Bourdieu
Huizinga (in base alla quale si finge che illusio risulti riesce a risolvere questa tautologia, indagando con i
da in-ludus) la possibilità di risolversi semanticamente. soli strumenti della sociologia (e con il rifiuto netto di
Illusio, così, designa un atteggiamento contrario all’a- qualsiasi concessione al normativismo) i fondamenti
tarassia, designa l’atteggiamento di chi si sente coin- sociali della legittimità; esplorando –sulla scorta di
volto dal gioco e lo prende sul serio, lo riconosce e ne quanto Weber aveva soltanto e pur magistralmente
riconosce le poste. Illusio, per Bourdieu, non è soltan- suggerito– la produzione sociale della credenza nella
to la partecipazione fascinata e divertita, ma è l’essere legittimità. Tradotta da Bourdieu nel concetto di illu-
giocato dal gioco: è competizione nel gioco, sottomessa sio, la credenza mostra più apertamente la sua dimen-
al gioco. sione relazionale, il suo legame genetico con quel “si-
stema strutturato di forze oggettive” che è il campo
L’illusio come adesione immediata alla necessità di un giuridico e, attraverso questo, con la sfera del potere
campo ha tanto minori possibilità di apparire alla co-
scienza quanto più è in qualche modo protetta dalla
sovrano. Il sociologo può produrre così l’“anamnesi
74 75

dell’origine” costituzionalmente esclusa dai giochi del sione individuale e quella sociale, fra l’agente e il cam-
campo giuridico. E l’essere giocato dal gioco appare po. L’habitus è una vera e propria proiezione della
chiaramente come il prezzo ineluttabile che l’indivi- struttura del campo nella personalità individuale: una
duo paga per l’ingresso nel campo: “incorporazione” soggettiva della struttura oggettiva
del campo. È, dunque, un concetto senz’altro vicino a
Partecipare all’illusio, scientifica, letteraria, filosofica quello di socializzazione secondaria proposto da Ber-
o d’altro genere, significa prendere sul serio (a volte ger e Luckmann –«interiorizzazione di “sottomondi”
sino al punto di farne […] questioni di vita e di mor- istituzionali o fondati su istituzioni», «interiorizzazio-
te) poste che, nate dalla logica del gioco stesso, ne ne di campi semantici che strutturano le interpretazio-
fondano la serietà, anche se possono sfuggire o sem-
brare “disinteressate” e “gratuite” a coloro che a vol-
ni e la condotta di routine all’interno di un’area istitu-
te si dicono “profani”, o a quanti sono impegnati in zionale» (Berger e Luckmann 1999, p. 191)– ma pro-
altri campi (giacché l’indipendenza dei diversi campi babilmente orientato a enfatizzare la collusione dell’in-
si accompagna a una forma di incomunicabilità reci- dividuo nei giochi semantici (e nella loro trasforma-
proca). (1998, p. 19, corsivo aggiunto) zione) rispetto alla ricezione passiva di schemi di com-
portamento “imposti” dai ruoli. Quel che il concetto
In questo ingresso nel gioco con connotazioni fata- di habitus vuole sottolineare è la propria distanza dal
li, l’elemento della scelta individuale consapevole è ri- concetto di abitudine: il quale ultimo è connesso a una
dotto ai minimi termini, al punto che non solo l’indi- interpretazione meccanicistica che ignora «la capacità
viduo non è consapevole di voler operare la scelta di generatrice, per non dire creatrice, inscritta nel sistema
includersi in un campo, ma rimane perlopiù inconsa- delle disposizioni come arte –nel senso forte di padro-
pevole di averla esercitata anche dopo essersi incluso: nanza pratica– e in particolare come ars inveniendi”
(Bourdieu e Wacquant 1992, p. 90).
Se le implicazioni dell’inclusione in un campo sono Il bersaglio critico principale della nozione di ha-
destinate a rimanere implicite, ciò dipende dal fatto bitus, tuttavia, è senz’altro la teoria della scelta razio-
che tale inclusione non ha nulla in comune con un im- nale, «antropologia immaginaria [che] cerca di fonda-
pegno cosciente e deliberato, con un contratto volon-
re l’azione, economica o no, sulla scelta intenzionale
tario. L’investimento originario non ha origine, per-
ché precede sempre se stesso e perché, quando delibe-
di un attore libero da ogni condizionamento econo-
riamo sull’ingresso nel gioco, i giochi sono già più o mico e sociale» (Bourdieu e Wacquant 1992, p. 91)12.
meno fatti. “Siamo embarqués”, come dice Pascal. Senza sacrificare il contributo individuale, senza
(1998, p. 19) mortificare l’ars inveniendi che l’agente possiede ed
esercita, il concetto di habitus sottolinea il rapporto
Diventa più chiaro, a questo punto, anche il con- dialettico fra individuo e strutture oggettive nel quale
cetto di habitus, il suo porsi all’incrocio fra la dimen- si costruiscono le “strutture di preferenze”. «Strut-
76 77

tur[e] strutturant[i] e strutturat[e]» (Bourdieu e Wac- L’analogia fra dinamiche del campo e dinamiche di
quant 1992, p. 104), gli habitus sono gioco si rivela fin dal momento iniziale, fin dall’ingres-
so nel campo:
sistemi di schemi di percezione, di valutazione e di a-
zione [che] permettono di operare atti di conoscenza Accordo immediato nei modi di giudicare e di agire
pratica, fondata sull’individuazione e il riconosci- che non presuppone né la comunicazione delle co-
mento degli stimoli condizionali e convenzionali cui scienze né, tanto meno, una decisione contrattuale,
sono predisposti a reagire, e di generare, senza pre- questa collusio fonda un’inter-comprensione pratica,
supporre esplicitamente dei fini o un calcolo raziona- il cui paradigma potrebbe essere quello che si stabili-
le dei mezzi, strategie coerenti e continuamente rin- sce fra membri di una stessa squadra, ma anche, no-
novate, ma nei limiti dei vincoli strutturali di cui gli nostante l’antagonismo, tra l’insieme dei giocatori
habitus stessi sono il prodotto e che li definiscono. impegnati in una partita. (1998, p. 152)
(1998, pp. 145 s.)
Affermare che il gioco è anzitutto regola non signi-
Habitus, così, non è soltanto improvvisazione (o fica negare la possibilità del piacere o dell’interesse.
capacità di improvvisazione), ma improvvisazione re- Ciò che lega i giocatori al gioco è anzi una libido spe-
golata da matrici combinatorie, improvvisazione in cifica, di campo in campo (di gioco in gioco) diversa.
qualche misura “prevedibile”. Ferma restando la già Ma proprio la specificità delle libidines rivela che an-
segnalata priorità epistemologica che Bourdieu attri- che le regole del piacere sono inscritte nelle regole del
buisce alla prospettiva strutturalista, attraverso la no- gioco, sebbene la libido si presenti immotivata e auto-
zione di habitus il sociologo rappresenta il rapporto sufficiente; così come è inscritto nelle regole del gioco
fra agente e campo come un rapporto dialettico, mai anche il misconoscimento di questa iscrizione, condi-
univoco: zione necessaria della sussistenza del gioco, insieme
misconoscimento e riconoscimento delle regole: «il
La relazione tra habitus e campo è innanzi tutto una gioco porta l’agente a fare quello che deve fare senza
relazione di condizionamento: il campo struttura che se lo ponga esplicitamente come scopo, al di qua
l’habitus che è il prodotto dell’incorporazione della
necessità immanente di quel campo o di un insieme
di ogni calcolo e persino coscienza, al di qua del di-
di campi più o meno concordanti […]. Ma è anche scorso e della rappresentazione» (Bourdieu e Wac-
una relazione di conoscenza o costruzione cognitiva: quant 1992, p. 95).
l’habitus contribuisce a costituire il campo come
mondo significante, dotato di senso e di valore, nel
quale vale la pena di investire la propria energia.
(Bourdieu e Wacquant 1992, p. 94)
78 79

CAPITOLO 4 ha sempre mantenuto un posto centrale (se non altro,


sulla base della tradizione delle scienze sociali fran-
Spazio sociale e spazio simbolico: cofone). Come si è già ricordato, Durkheim aveva già
ideologia e violenza simbolica considerato, insieme a Mauss, la questione della genesi
sociale dei sistemi cognitivi. Bourdieu, tuttavia, dà a
questa ricostruzione, innanzitutto, un orientamento
“materialista”: si tratta, per lui, di «prolungare l’analisi
4.1. Spazi sociali e produzione simbolica durkheimiana della genesi sociale delle “forme di pen-
siero” attraverso un’analisi delle variazioni delle di-
Con l’armamentario concettuale che sinora si è sposizioni cognitive nei confronti del mondo secondo
provato a illustrare, Pierre Bourdieu ha affrontato la le condizioni sociali e le situazioni storiche» (1998, p.
sfida di cui si era incaricato a partire dalla reazione 25). E in secondo luogo, sulla scorta di Weber, attri-
giovanile nei confronti delle scuole filosofiche domi- buisce un’importanza fondante alla dimensione sim-
nanti nella Francia degli anni Cinquanta: quella «criti- bolica dello spazio sociale e non esita –come già si è ri-
ca della ragion scolastica» (1998, pag. 17) che, attraver- levato– a concepire lo spazio sociale come insieme di
so una mole impressionante di ricerche empiriche, si è Lebensordnungen differenziati proprio sul piano della
venuta poi progressivamente articolando in relazione produzione simbolica. Del resto, è weberiana anche
agli ambiti sociali più disparati. Quello che Bourdieu l’idea che permette (o dovrebbe permettere: questione
si è proposto di superare è la concezione “immacola- che si discuterà oltre, nel cap. 6) a Bourdieu di svilup-
ta” del sapere, che si genera soprattutto in quegli spazi pare una teoria materialista senza accedere a un’inter-
sociali della produzione culturale solitamente rappre- pretazione economicistica: l’idea, cioè, che il sociologo
sentati come immuni da qualsiasi condizionamento debba considerare non soltanto l’orientamento all’ac-
sociale: cumulazione di beni suscettibili di valutazione econo-
mica, ma debba saper leggere anche l’economia degli
Coloro che sono immersi, in qualche caso sin dalla scambi simbolici, che sfugge a uno sguardo economici-
nascita, in universi scolastici risultanti da un lungo
processo di autonomizzazione, sono portati a dimen-
sta poiché, come lo scambio di doni, «poggia sulla ne-
ticare le condizioni storiche e sociali d’eccezione che gazione obbligata dell’interesse» (2003f, p. 71). Questa
hanno reso possibile una visione del mondo e delle o- consapevolezza consente all’analista di osservare la
pere culturali posta sotto il segno dell’evidenza e del- corrispondenza genetica fra collocazione nello spazio
la naturalezza. (1998, p. 34) sociale e collocazione nello spazio delle prese di posi-
zione anche nei contesti in cui la ricerca del riconosci-
Il punto di partenza –lo si è ampiamente sottolinea- mento viene sempre fortemente (e per principio) nega-
to– è la prospettiva strutturalista, alla quale Bourdieu ta, in nome dell’ideale del disinteresse.
80 81

Lo spazio delle posizioni sociali (disegnato come il quale i diversi campi di produzione simbolica si so-
campo relazionale), attraverso lo spazio delle disposi- no autonomizzati e costituiti in quanto tali, distin-
zioni (cioè attraverso gli habitus che si generano in guendosi così dall’universo economico, a sua volta in
corrispondenza delle collocazioni nel campo), si ritra- via di costituzione. (1998, p. 26).
duce in uno spazio delle prese di posizione. Lo spazio
sociale, dunque, è al tempo stesso spazio simbolico, A titolo di esempio, si può considerare la dinamica
poiché la produzione dei discorsi sociali, della doxa, è di costituzione del campo artistico, al quale Bourdieu
geneticamente connessa alla collocazione e alle traiet- ha dedicato un’attenzione peculiare (si veda in partico-
torie sociali degli agenti. In ciascun campo si produco- lare Bourdieu 1992):
La rimozione delle determinazioni materiali delle prati-
no continuamente prese di posizione, si genera una che simboliche è particolarmente visibile nei primi mo-
continua attività di «world making» (1998, p. 25), di menti del processo di autonomizzazione del campo ar-
produzione di rappresentazioni. Si spiega, così, come tistico: attraverso il confronto permanente tra artisti e
si produca una sorta di autonomia simbolica dei campi committenti, l’attività pittorica si afferma a poco a poco
sociali: in ciascuno di questi spazi sociali si produce un come attività specifica, irriducibile a un semplice lavoro
corpo di discorsi e di conoscenze che si rappresenta di produzione materiale suscettibile di essere valutato
come indipendente dai vincoli e dalle pressioni sociali, secondo il semplice valore del tempo impiegato e dei
e che trova in se stesso il proprio fondamento. colori utilizzati, e pronta a rivendicare, in quanto tale,
Nei campi, insomma, si producono effetti simbolici lo statuto attribuito alle attività intellettuali più nobili.
di misconoscimento, si realizza la rimozione dell’ori- Il lento e doloroso processo di sublimazione, attraverso
il quale la pratica pittorica si afferma come un’attività
gine e del fondamento della concorrenza. Quello che
puramente simbolica pronta a denegare le sue condi-
Bourdieu chiama la «disposizione scolastica» (ripren- zioni materiali di possibilità, si caratterizza per un’affi-
dendo il concetto di scholastic view di Austin) consiste nità evidente con il processo di differenziazione del la-
proprio nell’attitudine –il cui apprendimento è condi- voro produttivo e del lavoro simbolico che si compie
zione necessaria di appartenenza campo, della illusio– parallelamente. (1998, p. 29)
a rimuovere la genesi dell’ordine simbolico al quale si
fa riferimento; a rimuovere, cioè, ogni riferimento di- È la disposizione scolastica che governa la forma-
retto a un effetto utile delle azioni e delle prese di po- zione delle “teorie pure” nei vari settori della produ-
sizione, la connessione genetica fra lo spazio delle pre- zione culturale: di quelle teorie, cioè, che si costruisco-
se di posizione e lo spazio sociale, il rapporto fra il no come indipendenti dai vincoli e dalle pressioni so-
campo di produzione simbolica e distribuzione delle ciali. Soltanto l’adesione (essa stessa oggetto di rimo-
utilità economiche. zione) di tutti gli agenti del campo alla regola dell’in-
discutibilità del punto di vista fondante può fondare
[…] La disposizione scolastica deve i suoi tratti più l’“autonomia” e la “purezza” della teoria. La normati-
significativi al processo di differenziazione attraverso
82 83

vità della teoria pura deriva dal processo di autono-


mizzazione simbolica del campo, garantita dalla di- L’aver accettato –anzi, l’aver incorporato– il punto
sposizione scolastica degli agenti, ossia dall’acquisizio- di vista fondante è condizione necessaria per poter ac-
ne dell’habitus dell’artista, dello scienziato, dell’acca- cedere a una collocazione interna al campo, è un ele-
demico, del giurista e così via. mento costitutivo del «diritto d’ingresso»: occorre, cioè
In Il mestiere di scienziato (2003f), Bourdieu ha di- «l’illusio, la credenza nel gioco, che implica, tra l’altro,
scusso in modo particolarmente chiaro l’idea di auto- la sottomissione assoluta all’imperativo del disinteres-
nomia dei campi di produzione simbolica: se» (2003f, p. 69).
L’autonomia simbolica che si produce in ogni cam-
Dire che il campo è relativamente autonomo rispetto po è, comunque, un’autonomia relativa: il processo di
all’universo sociale circostante equivale a dire che il autonomizzazione, di costruzione di una «ipocrisia
sistema delle forze costitutive della struttura del cam- collettiva» (2003f, p. 98; v. anche Bourdieu 1991), si
po (tensione) è relativamente indipendente dalle for- può ricostruire retrospettivamente, e così si può resti-
ze che si esercitano sul campo (pressione). Il campo tuire visibilità alle dinamiche di produzione delle cate-
insomma disporrebbe in qualche modo della “li- gorie di percezione, che costituiscono ciò che fanno
bertà” necessaria per sviluppare la propria necessità,
percepire come i “fattori determinanti”. La radicalità
la propria logica, il proprio nomos. (2003f, p. 64)
epistemologica di Bourdieu, il suo assumere sempre
Il punto d’arrivo del processo di autonomizzazione un punto di vista decisamente esterno rispetto agli a-
è la compiuta definizione di un “punto di vista” in- genti del campo osservato, deriva proprio da questa
trinsecamente arbitrario (poiché socialmente definito e solida convinzione: non c’è processo di autonomizza-
quindi nient’affatto trascendentale), e tuttavia assolu- zione simbolica che possa sfuggire all’effetto “disvela-
tamente sottratto a qualsivoglia conato di dubbio: tore” della sociologia, la quale fa presto a restituire vi-
sibilità all’altra faccia delle discipline: all’arbitrio fon-
Ogni disciplina (come campo) è definita da un nomos dativo ben conosciuto e ben dissimulato –come un
particolare, da un principio di visione e di divisione, da «segreto di Pulcinella gelosamente custodito» (2003f,
un principio di costruzione della realtà oggettiva irri- p. 34)– da tutti i partecipanti al gioco.
ducibile a quello di un’altra disciplina –secondo la for- La sociologia, in altri termini, nega il carattere tra-
mula di Saussure: “il punto di vista crea l’oggetto” (il scendentale dei principi di visione e di divisione costi-
carattere arbitrario di questo principio di costituzione tutivi dell’ordine sociale dei campi di produzione sim-
che è costitutivo dell’“occhio disciplinare” si rivela nel
bolica (come l’idea neo-kantiana di norma fondamen-
fatto che esso viene per lo più enunciato in forma di
tautologie, come per esempio, per la sociologia, quella
tale presupposta, dalla quale la “teoria pura” di Hans
espressa nella formula “spiegare il sociale attraverso il Kelsen fa discendere la validità dell’ordinamento giuri-
sociale”, cioè spiegare sociologicamente le cose socia- dico, e su cui dovrebbe quindi riposare l’assunto indi-
li). (2003f, p. 69) scutibile per cui “la legge è legge”). Il lavoro del socio-
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logo consiste proprio nel mettere in luce il carattere dieu è che, contraddetta questa ideologia professionale,
«socio-trascendentale» dei principi di visione e di divi- si scorge nella produzione culturale l’evidenza dei suoi
sione13, ossia nel mostrare le condizioni (e le conse- condizionamenti sociali: riprendendo per esempio il
guenze) sociali della produzione (sociale) dell’effetto di caso della produzione giuridica, si ritrova «nel diritto e
indiscutibilità dei principi di visione e di divisione. nella giurisprudenza un riflesso diretto dei rapporti di
Bourdieu –occorre ricordare– lo aveva intuito già dal forza esistenti, in cui si esprimono le determinazioni e-
periodo algerino: la dialettica dell’usuale e dell’ufficiale conomiche, e in particolare gli interessi dei dominanti,
«è senza dubbio il principio ultimo di tutte le intera- o anche, come chiaramente si esprime il linguaggio del-
zioni sociali» (2003c, p. 107). l’Apparato, riattivato da Althusser, uno strumento di
dominio» (1986a, p. 3).
Il richiamo a temi marxisti è esplicito. Tuttavia, l’a-
4.2. Ideologia desione di Bourdieu agli argomenti marxiani e marxisti
non si risolve nella replica del già noto, ma propone iti-
La necessità di una prospettiva estrinseca è espressa nerari concettuali originali. Bourdieu, marxista non in-
compiutamente in una direttiva di metodo che Bourdieu genuo, raccoglie a piene mani l’insegnamento weberia-
formula a proposito del campo dello Stato, ma che ben no e si guarda bene dall’istituire relazioni esplicative di-
può essere estesa alla sociologia di altri campi: «per darsi i rette fra la formalizzazione di un “sistema simbolico” e
mezzi di pensare uno Stato che continua a pensarsi perfi- le dinamiche della trasformazione economica. Soltanto
no in quelli che si sforzano di pensarlo (per esempio He- se si colgono le specificità dello spazio della produzione
gel o Durkheim), bisogna tentare di mettere in discussio- simbolica si può rendere una spiegazione dell’“autono-
ne tutte le precostruzioni, tutti i presupposti inscritti nel- mia relativa” del sistema simbolico e dell’effetto pro-
la realtà da analizzare e nel pensiero stesso degli analisti» priamente simbolico di misconoscimento, che risulta
(1995, p. 90). dall’illusione della sua autonomia assoluta rispetto alle
Una “scienza sociale rigorosa”, in definitiva, è quel- richieste esterne.
la che, prendendo le distanze dal campo che osserva e È nel campo, dunque, che si produce l’effetto ideo-
dalle sue costruzioni concettuali, riesce a osservare la logico del misconoscimento dei rapporti di forza sot-
“scienza pura” tradizionale come il prodotto di una i- tostanti alla produzione simbolica.
deologia professionale degli agenti del campo, ossia È evidente, allora, che un fondamentale profilo di
–come Bourdieu scrive a proposito del campo giuridi- divergenza rispetto alla tradizione marxista riguarda
co– la costruzione di «un corpo di dottrine e di regole proprio il tema dell’ideologia, che Bourdieu non tratta
totalmente indipendenti dai vincoli e dalle pressioni so- nei termini “classici” tramandati a partire da L’ideolo-
ciali, che trova in se stesso il proprio fondamento» gia tedesca, ma con una portata epistemologica assente
(1986a, p. 3). La tesi fondamentale proposta da Bour- dalla prospettiva marxiana: ideologia non è più la falsa
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coscienza, la rappresentazione deformata e parziale Ideologia, già per Althusser, non è il prodotto di
della realtà concepita dai produttori delle idee, da sog- una osservazione falsificante di un soggetto, ma l’ef-
getti liberi dalla coercizione del lavoro materiale. Per fetto di dissimulazione che il processo sociale di pro-
comprendere il significato che assume l’ideologia in duzione e riproduzione del capitale mette in atto nei
Bourdieu –fino a quando il termine scompare per la- confronti di se stesso, attraverso gli apparati ideologici
sciare il posto al concetto di violenza simbolica– oc- di Stato: l’effetto di fare intendere come processo di
corre leggere le pagine che a questo tema dedica un soggetto quello che è in realtà un processo senza
Althusser: soggetto, essendo il soggetto stesso non realtà ma ef-
fetto ideologico.
È […] proprio dell’ideologia di imporre (senza averne Sul tema dell’ideologia, i marxisti strutturalisti so-
affatto l’aria, poiché sono delle “evidenze”) le eviden- no probabilmente il “precedente” immediato cui Pier-
ze in quanto evidenze, che non possiamo non ricono- re Bourdieu si riferisce. Tuttavia, questi obbietta loro
scere e dinanzi alle quali abbiamo inevitabilmente la di avere affermato l’autonomia relativa delle ideologie
reazione di esclamare (ad alta voce, o nel “silenzio
della coscienza”): “è evidente! è proprio così! è pro-
in modo pressoché rituale, senza avere esplorato quali
prio vero!”. siano i fondamenti sociali dell’autonomia stessa. In re-
In questa reazione si esercita la funzione di riconosci- lazione al diritto, ad esempio, quel che il marxismo
mento ideologico che è una delle due funzioni dell’i- strutturalista ignora è «più precisamente, la questione
deologia in quanto tale (l’altra è la funzione del mi- delle condizioni storiche che devono essere soddisfatte
sconoscimento). (Althusser 1997, p.192) perché possa emergere, col favore delle lotte all’inter-
[…] Uno degli effetti dell’ideologia è la negazione no del campo del potere, un universo sociale autono-
pratica del carattere ideologico dell’ideologia me- mo, capace di produrre e riprodurre, con la logica del
diante l’ideologia: l’ideologia non dice mai “sono i- suo funzionamento specifico, un corpo giuridico rela-
deologica”, bisogna essere fuori dell’ideologia, cioè tivamente indipendente dai vincoli esterni» (1986a, p.
nella conoscenza scientifica, per poter dire: sono nel-
3). Nessun dubbio che nel diritto si osservi un “rifles-
l’ideologia (caso del tutto eccezionale) o (caso gene-
rale): ero nell’ideologia. (Althusser 1997, p. 194)
so diretto” dei rapporti di forza esistenti; ma la vieta
[…] Ideologie come l’ideologia religiosa, l’ideologia metafora dell’infrastruttura e della sovrastruttura, in
morale, l’ideologia giuridica e anche l’ideologia poli- definitiva, non riesce a cogliere, nella specificità del di-
tica […] assicurano la riproduzione dei rapporti di ritto, «l’universo sociale specifico nel quale esso si
produzione (dunque a titolo di apparati ideologici di produce e si esercita» (1986a, p. 3). È in questo modo
Stato dipendenti dalla sovrastruttura) nel seno stesso che si costruisce, nel campo giuridico, quella “teodicea
del funzionamento dei rapporti di produzione che del proprio privilegio”, quella “ideologia professiona-
essi contribuiscono a “far funzionare da soli”. le” dei giuristi, “collante” degli agenti rispetto al cam-
(Althusser 1997, p. 204) po e condizione della riproduzione del campo stesso.
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Ma le disposizioni, i «principi di visione e di divisio- nel concetto di “falsa coscienza” a cui si appella per
ne» (1998, p. 146) che connotano l’impegno nel gioco, dare conto degli effetti di dominio simbolico, la “co-
nella competizione giuridica sono condizioni e, al scienza” è di troppo, e parlare di “ideologia” equivale
tempo stesso, prodotti dell’ingresso nel campo: essi a situare nell’ordine delle rappresentazioni, suscetti-
non sono “ideologie” intese come prodotti di falsa co- bili di essere trasformate da quella conversione intel-
lettuale che si chiama “presa di coscienza”, ciò che si
scienza, ma strumenti di misconoscimento dell’origi- situa nell’ordine delle credenze, vale a dire nel fondo
ne, che fondano il campo e ne disegnano i confini: delle disposizioni corporali. (1995, p. 113)
Lungi dall’essere una semplice maschera ideologica, Nella sociologia di Bourdieu, dunque, la tematica
[la] retorica dell’autonomia, della neutralità e dell’u- dell’ideologia si è progressivamente allontanata dalle
niversalità, che può essere il principio di un’autono- sue matrici originarie. L’attenzione si è spostata dal
mia reale dei pensieri e delle pratiche, è l’espressione
soggetto “titolare” della falsa coscienza ai luoghi della
stessa di tutto il funzionamento del campo giuridico
e, in particolare, del lavoro di razionalizzazione, nel
produzione del misconoscimento.
duplice senso di Freud e di Weber, al quale il sistema
di norme giuridiche è continuamente sottomesso
[…]: in effetti, quel che si chiama lo “spirito giuridi- 4.3. Violenza simbolica
co” o “il senso giuridico”, e che costituisce il vero di-
ritto di ingresso nel campo (evidentemente, insieme a Non è sufficiente, secondo Bourdieu, affermare che
una padronanza minima delle risorse giuridiche accu- le opinioni e le interpretazioni dominanti sono quelle
mulate dalle generazioni susseguitesi, cioè del corpo prodotte dalla classe o dal gruppo dominante. Compi-
di testi canonici e del modo di pensiero, di espressio- to della sociologia è quello di portare alla luce le strut-
ne e di azione, nel quale si riproduce e che lo ripro- ture “nascoste” dei vari campi sociali, che generano le
duce) consiste esattamente in questa postura univer-
condizioni della riproduzione e della trasformazione
salizzante. (1986a, p. 5)
dell’universo sociale. Conseguentemente, compito
della sociologia è quello di osservare le strutture di
Sulla questione dell’ideologia, la critica al marxismo produzione degli effetti simbolici di misconoscimento.
si situa, del resto, nella più generale avversione di È per questo che il concetto di ideologia, che recava
Bourdieu alla concezione neo-kantiana della coscienza: con sé indelebilmente un ancoraggio genetico alle filo-
sofie della coscienza, è stato infine abbandonato dal
ciò che il marxismo si vieta di comprendere confi-
nandosi nella tradizione intellettualistica delle filoso-
sociologo francese, che gli ha progressivamente prefe-
fie della coscienza è proprio questa sottomissione rito il concetto di violenza simbolica, come elemento
“doxica” dei dominati alle strutture di un ordine so- costitutivo e irrinunciabile di una sociologia del potere
ciale di cui le loro strutture mentali sono il prodotto: che attribuisce al potere simbolico, e ai luoghi in cui
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viene esercitato, un ruolo centrale. stione dell’ordine sociale sostanzialmente coincide con
Violenza simbolica è la violenza «che viene eserci- quella del potere simbolico, poiché ogni forma di do-
tata su un agente sociale con la sua complicità» (1995, minio e in qualsiasi ambito sociale (da quello familiare
p. 129), attraverso quel fenomeno di misconoscimen- a quello dell’organizzazione politica statale) riposa il
to-riconoscimento che costituisce la più efficace ga- più delle volte su una dimensione simbolica, sulla qua-
ranzia per l’esercizio del potere, poiché assicura al do- le si “innestano” ulteriori elementi di dominio. In casi
minante il consenso del dominato: “estremi” gli elementi simbolici possono avere un’im-
portanza secondaria, ma restano comunque impre-
Chiamo misconoscimento –scrive Bourdieu– il fatto scindibili:
di riconoscere una violenza che viene esercitata pro-
prio nella misura in cui non la si riconosce come vio- Il dominio, anche quando si fonda sulla pura forza,
lenza; è il fatto di accettare quell’insieme di presup- quella delle armi o quella del danaro, ha sempre una
posti fondamentali, preriflessivi, che gli agenti sociali dimensione simbolica e gli atti di sottomissione, di
fanno entrare in gioco per il semplice fatto di prende- obbedienza, sono atti di conoscenza e di riconosci-
re il mondo come ovvio, e di trovarlo naturale così mento che, in quanto tali, mettono in gioco struttu-
com’è perché vi applicano strutture cognitive deriva- re cognitive suscettibili di essere applicate a tutte le
te dalle strutture di quello stesso mondo. (1995, p. cose del mondo, e in particolare alle strutture socia-
29) li. (1998, pp. 180 s.)

Il vincolo, il rapporto di dipendenza simbolica ri-


La produzione sociale delle strutture cognitive di- siede, ancora una volta, nei processi socialmente
viene così il tema centrale di una sociologia del potere strutturati di generazione degli habitus: l’atto di vio-
che si propone di trascendere le apparenze della scelta lenza simbolica è un atto che mobilita un habitus, os-
razionale dell’agente sociale per indagare il processo di sia la disposizione ad accettare la validità di valori e
determinazione di ciò che viene ordinariamente perce- disvalori simbolici: gloria, onore, credito, reputazio-
pito come “fattore determinante”. Rimossa l’alternati- ne, approvazione; o, all’opposto, riprovazione, biasi-
va fra libertà e determinismo, il sociologo si deve inte- mo, discredito. Si spiega così la dinamica del domi-
ressare della genesi delle categorie di percezione che nio, in ogni ambito dello spazio sociale:
costituiscono ciò che fanno percepire come i “fattori
determinanti”; della genesi di quell’ordine delle cose La forza simbolica, quella di un discorso performati-
che può dirsi «di tutte le forme di “persuasione occul- vo e, in particolare, di un ordine, è una forma di po-
ta” la più implacabile» (1995, p. 130)14. tere che si esercita sui corpi, direttamente, e come per
Il tema della violenza simbolica ha, evidentemente, magia, al di fuori di ogni costrizione fisica; ma la ma-
un’importanza cruciale: è un tema centrale nell’inter- gia opera solo poggiandosi su disposizioni prelimi-
pretazione dell’ordine sociale. Per Bourdieu la que- narmente costruite, che essa “fa scattare” come mol-
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le. Ciò significa che la forza simbolica è solo un’ecce- coercizione e credenza nella legittimità del potere. La
zione apparente alla legge della conservazione dell’e- violenza simbolica è un atto che produce una sotto-
nergia (o del capitale): essa trova le sue condizioni di missione cui il dominato consente. Ma si tratta di un
possibilità, e la sua contropartita economica (in senso consenso che si è inscritto durevolmente –attraverso
generico) [cioè nel senso dell’economia dei beni sim- processi di sottomissione ad ordini simbolici social-
bolici] nell’immenso lavoro preliminare che è neces-
sario per operare una trasformazione durevole dei
mente strutturati– nel corpo del dominato stesso, sot-
corpi e produrre le disposizioni permanenti che l’a- to forma di schemi di percezione, di disposizioni, di
zione simbolica risveglia e riattiva. (1998, p. 177) principi di visione e di divisione.
L’efficacia dell’atto di potere simbolico, insomma, Piaccia o non piaccia, allora, le questioni più fonda-
deriva dalla interiorizzazione del riconoscimento di mentali delle filosofie del diritto e della politica posso-
validità a un sistema simbolico: interiorizzazione che no essere poste e risolte «[…] solo attraverso un ritor-
si produce attraverso la socializzazione nello spazio no alle osservazioni triviali della sociologia dell’ap-
sociale e nei suoi vari campi: prendimento e dell’educazione» (1998, pp. 176 s.).
La ricerca delle matrici sociali delle disposizioni è
La violenza simbolica è quella coercizione che si isti- una operazione di anamnesi dei rapporti reali, che offre
tuisce solo per il tramite dell’adesione che il domina- alla sociologia la capacità di passare –come Gaston Ba-
to non può mancare di concedere al dominante chelard aveva affermato per la fisica– dallo stato della
(quindi al dominio) quando dispone, per pensarlo e conoscenza comune a quello della conoscenza scienti-
per pensarsi, o meglio, per pensare il suo rapporto fica.
con lui, solo di strumenti di conoscenza che ha in co-
mune con lui e che, essendo semplicemente la forma
incorporata della struttura del rapporto di dominio, 4.4. Sociologia riflessiva
fanno apparire tale rapporto come naturale; o, in altri
termini, quando gli schemi impiegati per percepirsi e
valutarsi, o per percepire e valutare i dominanti (al-
Da Bachelard, Bourdieu (come già Althusser) ri-
to/basso, maschile/femminile, bianco/nero ecc.) sono prende non soltanto la consapevolezza del carattere
il prodotto dell’incorporazione delle classificazioni, congiunturale di ogni conoscenza e di ogni epistemo-
così naturalizzate, di cui il suo essere sociale è il pro- logia15, ma anche la fede in un materialismo scientifico,
dotto. (1998, pp. 178 s.) in un metodo di ricerca che non concede nulla alle
convinzioni precostituite del ricercatore, e sottopone
Evidentemente, il concetto di violenza simbolica ri- anche queste a continui tentativi di smentita, come
solve la tradizionale dicotomia tra coercizione mecca- «una psicologia assai finemente strutturata che richie-
nica e sottomissione deliberata, ma anche –per ripren- de innumerevoli ribaltamenti di prospettiva» (Bache-
dere un dilemma che Weber lasciava irrisolto– fra lard 1975, p. 8). Le categorie di auto-rappresentazione
94 95

di un contesto sociale studiato devono divenire ogget- alla base del suo “interesse” per l’oggetto. Bisogna a-
to dello studio stesso, affinché si possano cogliere “al ver in qualche modo rinunciato alla tentazione di ser-
di sotto” dei discorsi –e delle stesse analisi dei discor- virsi della scienza per intervenire nell’oggetto, per es-
si– le relazioni oggettive e i rapporti di forza fra colo- sere in grado di operare un’oggettivazione che non
ro che li producono. sia la semplice visione riduttiva e parziale che si può
avere, dall’interno del gioco, su un altro giocatore,
La ricerca di queste relazioni “sottostanti” ai discorsi ma sia invece la visione globale che si ha su un gioco
è iniziata probabilmente, per Bourdieu, da quando egli che si può cogliere come tale, perché ci si è ritirati.
stesso frequentava le prestigiose aule della École Nor- […] L’oggettivazione partecipe, che è senza dubbio
male; ed era, dunque, una ricerca che muoveva proprio l’apice dell’arte sociologica, si può realizzare più o
dal contesto in cui era coinvolto, provando a ricostruire meno soltanto se si fonda sull’oggettivazione più
il “senso sociologico” delle prese di posizione nell’acca- completa possibile dell’interesse a oggettivare inscrit-
demica francese. Richiamando la biografia intellettuale to nel fatto della partecipazione; e sulla sospensione
di Bourdieu, sembra tutt’altro che ipocrita l’asserzione di tale interesse e delle rappresentazioni che suscita.
su cui ha recentemente insistito: «ponendo il problema (Bourdieu e Wacquant 1992, p. 209)
della conoscenza come l’ho posto io […], non ho cessa-
to di tenere presenti le scienze sociali […]» (2003f, p. Peraltro, la riflessività non è in grado di dispiegare
107). È certamente per questa propensione, del resto, in effetti tutte le sue potenzialità se non diventa una
che la sociologia di Bourdieu esercita sui suoi interlocu- pratica costitutiva dell’habitus del ricercatore, e quindi
tori un effetto di “provocazione”, dal quale si è spesso se non diventa uno strumento di controllo costante e
generato un eccesso di asprezza delle critiche. La teoria preventivo sulle proprie scelte e sulle proprie azioni:
sociale di Bourdieu, infatti, non solo si sviluppa in un Per essere in grado di applicare alla loro stessa pratica
confronto continuo e serrato con altri approcci teorici, le tecniche di oggettivazione che essi applicano alle
ma fa di essi –e dei loro produttori– altrettanti oggetti altre scienze, i sociologi devono convertire la riflessi-
di analisi. vità in una disposizione costitutiva del loro habitus
Questo modus operandi del sociologo, nell’ottica di scientifico, cioè in una riflessività riflessa, capace di a-
Bourdieu, dev’essere talmente pervasivo da riguardare gire non ex post, sull’opus operatum, ma a priori, sul
l’attività di colui medesimo che svolge la ricerca. Ne modus operandi –disposizione che vieterà per esem-
sortisce, così, una sociologia riflessiva, il cui elemento pio di analizzare le differenze apparenti nei dati stati-
qualificante è l’esercizio intellettuale che Bourdieu stici a proposito di diverse nazioni senza interrogare
le differenze nascoste tra le categorie di analisi o le
chiama oggettivazione partecipe: condizioni della raccolta dei dati legati alle diverse
l’oggettivazione del rapporto del sociologo con il suo tradizioni nazionali, che possono essere responsabili
oggetto è […] la condizione della rottura con la pro- di quelle differenze o della loro assenza. (2003f, p.
pensione a investire nell’oggetto che è senza dubbio 111)
96 97

re) può trarre dalla teoria di Bourdieu –dai connotati


Bourdieu distingue, così, fra una riflessività mera- di sociologia riflessiva di cui essa fa mostra e profes-
mente narcisistica –che «[…] si limita assai spesso a un sione– lo stimolo a una socioanalisi che lo renda avver-
ritorno compiacente del ricercatore sulle proprie espe- tito dei vincoli inconsci nei quali la sua ricerca si muo-
rienze, […] si dà come fine a se stessa e non produce ve: «come dicono gli stoici a proposito della saggezza,
alcun effetto pratico» (2003f, p. 111)– e una riflessività la sociologia della sociologia non può nulla sul primo
riformista, la quale sola riesce a diventare strumento di gesto, ma permette di controllare il secondo…»
«prudenza epistemologica che [permette] di anticipare (Bourdieu e Wacquant 1992, p. 202).
le probabilità di errore o, più largamente, le tendenze e Si trova qui uno dei segni inconfondibili del pensie-
le tentazioni inerenti a un sistema di disposizioni, a ro di Bourdieu, ossia la persuasione che la consapevo-
una posizione o al rapporto tra l’una e l’altro» (2003f, lezza dei condizionamenti sociali della produzione
p. 114)16. Se la riflessività non diviene critica sociale culturale non è un atteggiamento determinista o anti-
della conoscenza, soddisfa una finalità meramente nar- intellettuale, ma è la condizione essenziale per la libe-
cisistica. Quel che davvero occorre, in altri termini, razione del pensiero dai condizionamenti meno con-
non è tanto l’oggettivazione dell’esperienza vissuta del trollabili: in quanto pratica di disvelamento, la socioa-
soggetto conoscente, ma soprattutto l’oggettivazione nalisi dello spirito scientifico è «principio di libertà,
delle le condizioni sociali di possibilità di questa espe- quindi di intelligenza» (2003f, p. 115).
rienza.
Per sfuggire ulteriormente alla tentazione di una
mera celebrazione compiaciuta, occorre peraltro che la
riflessività sia praticata come abitudine collettiva del
gruppo di ricerca:
La vigilanza epistemologica sociologicamente armata
che ogni ricercatore ha facoltà di esercitare per pro-
prio conto può essere solo rafforzata dalla generaliz-
zazione dell’imperativo di riflessività e dalla divulga-
zione degli strumenti indispensabili per obbedergli,
che sola può erigere la riflessività a legge comune del
campo, il quale verrebbe così votato a una critica so-
ciologica da parte di tutti. (2003f, p. 114)

Il beneficio che qualunque sociologo (soprattutto il


sociologo “specializzato”, più esposto alle pressioni di
agenti dei campi che la sua ricerca dovrebbe oggettiva-
98 99

CAPITOLO 5 dalla tradizione kantiana –continuata da Habermas–


che intende fondare la possibilità della conoscenza ra-
Un progetto spinozista: zionale su strutture meta-storiche o trans-storiche del-
ragione ed etica politica la coscienza e del linguaggio. Per altro verso, concorda
con Foucault e Derrida sulla necessità di una deco-
struzione del pensiero, sul presupposto che le catego-
rie sono derivazioni sociali contingenti e strumenti di
5.1. Salvare quel che resta della ragione
potere simbolico che precostruiscono le rappresenta-
zioni del mondo sociale. E tuttavia, rifiuta la prospet-
Proprio le considerazioni sulla pratica della riflessi-
tiva post-strutturalista, che finisce per distruggere o
vità –strumento di liberazione della conoscenza dal
screditare la conoscenza assolutizzando il carattere
condizionamento sociale, in quanto tale ostacolata da
storicamente congiunturale del sapere. Bourdieu, piut-
resistenze sociali (ossia dall’interesse alla riproduzione
tosto, prova a sostituire alle condizioni universali e a-
della disposizione scolastica)– si prestano a illustrare
gli a priori di Kant condizioni e a priori socialmente
l’orientamento morale e lato sensu politico della socio-
costituiti (progetto, del resto, già inaugurato da
logia di Bourdieu.
Durkheim): non si tratta, cioè, di negare la possibilità
C’è innanzitutto, in Bourdieu, una tensione di a-
della conoscenza razionale (inoltrandosi così sulla
scendenza illuministica, che gli fa rifiutare l’atteggia-
strada di un relativismo nichilista), ma di sottolineare e
mento postmodernista di rinuncia radicale alla cono-
indagare la costituzione sociale degli strumenti della
scenza razionale. Come ha scritto recentemente, non
conoscenza razionale; si tratta, in altre parole, di rico-
ha senso assegnare limiti a priori alle scienze sociali:
noscere, al tempo stesso, che nel soggetto conoscente
perché porre che certe cose siano inconoscibili, e opera un inconscio (socio-)trascendentale, e che que-
questo a priori, prima di qualsiasi esperienza? Quanti sto inconscio, in grado di strutturare la conoscenza, è
sono ostili alla scienza hanno riportato e concentrato a sua volta strutturato socialmente: è habitus.
il loro furore sulle scienze sociali, e, più precisamen- Si può restituire così, alle scienze e in particolare al-
te, sulla sociologia –contribuendo così probabilmente la sociologia, la pretesa legittima a una conoscenza ra-
a frenarne il progresso– forse perché la scienza della zionale; a condizione, tuttavia, che non si abbandoni
natura non offre più loro molta presa. Costoro de- mai la consapevolezza della genesi sociale degli schemi
cretano inconoscibili un certo numero di cose, come mentali che organizzano la conoscenza, e che le pres-
la sfera religiosa e tutti i suoi sostituti, l’arte, la scien- sioni sociali siano tenute costantemente sotto controllo
za, di cui si dovrebbe rinunciare a render ragione. attraverso la disposizione dei collettivi di ricerca all’a-
(1998, p. 107)
nalisi riflessiva. Come scrive Bourdieu a proposito
Bourdieu, tuttavia, prende nettamente le distanze delle sue ricerche sul campo scientifico:
100 101

È […] in una prospettiva kantiana, ma totalmente e- stante «vigilanza epistemologica» (Bourdieu, Cham-
sclusa da Kant, in nome della separazione tra il tra- boredon e Passeron 1983, p. 15) è una alternativa pos-
scendentale e l’empirico, che mi sono posto io, dan- sibile alla sociologia-spettacolo dei fast-thinkers, «gli
domi per oggetto la ricerca delle condizioni socio-tra- specialisti del pensiero usa-e-getta», che «vengono
scendentali della conoscenza, cioè della struttura so- detti dai professionisti della televisione “buoni clien-
ciale o socio-cognitiva (e non soltanto cognitiva) em-
piricamente osservabile (il campo ecc.) che rende
ti”» (1997, p. 141), e alla sociologia narcisista di intel-
possibili i fenomeni reali quali li colgono le differenti lettuali postmodernisti che consapevolmente propon-
scienze, o, più precisamente, la costruzione dell’og- gono come spiegazione nient’altro che il problema
getto scientifico e del fatto scientifico. (2003f, p. 100) stesso dell’argomentazione, e –a caccia di capitale sim-
bolico– ripiegano spesso nel «dispiegamento ostenta-
In quanto strumento in grado di porre e risolvere la torio di effetti teorici gratuiti» (2003f, p. 42).
questione delle condizioni sociali di possibilità della
conoscenza razionale (ossia, ancora, delle condizioni
socio-trascendentali della conoscenza), l’analisi socio- 5.2. La sociologia come scienza critica
logica (purché renda anche se stessa oggetto d’indagi-
ne) può ambire allo statuto di scienza della scienza. Questa particolare tenacia di Bourdieu nella difesa
Rinviando al capitolo successivo alcune considera- –si potrebbe dire– di un pensiero forte quanto possibi-
zioni critiche sul carattere scientistico (una sorta di le va di conserva con l’aspirazione mai sopita a un o-
“assolutismo sociologico”) a cui questa presa di posi- rientamento materialista dell’analisi sociologica. Si
zione sembra inclinare, non può sfuggire che –dell’a- può forse affermare che, per Bourdieu, la sfida alla di-
spirazione alla conoscenza razionale– Bourdieu riesce fesa della conoscenza sociologica trova motivo in una
a salvare il salvabile. Come scrive Wacquant, molto ef- tensione morale e politica decisamente irriducibile, che
ficacemente, «se il lavoro di Bourdieu condivide con rinvia certamente –Bourdieu stesso l’ha sottolineato
tutti i post-strutturalisti un rigetto del cogito cartesia- più volte– a una traiettoria socio-biografica peculiare.
no, si separa poi da quelli in quanto cerca di rendere Già nel periodo algerino, quest’orientamento etico-
possibile l’emergenza storica di qualcosa come un sog- politico si esprimeva in maniera decisa, al di qua di
getto razionale, attraverso l’applicazione riflessiva del qualsiasi adesione compiaciuta a un clima culturale «in
sapere delle scienze sociali» (Wacquant 1992, p. 37). cui era buona norma essere marxisti» (2003f, p. 136):
In definitiva, la socio-analisi riflessivamente orien-
Le classi dominate hanno interesse a far arretrare i li-
tata resta l’ultimo baluardo a difesa delle residue legit-
miti della doxa, a manifestare l’arbitrarietà del taken
time pretese di razionalità, a garantire il sapere dal ni- for granted; le classi dominanti hanno interessa a di-
chilismo postmodernista e dall’opportunismo dei co- fendere l’integrità della doxa o, in mancanza di me-
struttori dell’opinione pubblica. Solo il rigore e la co- glio, a ristabilire il suo sostituto necessariamente im-
102 103

perfetto costituito dall’ortodossia. In tal modo appa- dacia teorica di Bourdieu, come anche la sua straordi-
re ciò che l’analisi così compresa dell’esperienza inge- naria attitudine (pagata a caro prezzo) alla provocazio-
nua del mondo sociale può apportare a una sociolo- ne stilistica; come quando dichiara, in apertura, l’inten-
gia della conoscenza che è anche indissolubilmente to di voler portare la sociologia «sul terreno per eccel-
una sociologia della politica, manifestando i meccani- lenza dove il sociale viene disconosciuto» (1983, p. 11),
smi gnoseologici che contribuiscono al mantenimen-
to dell’ordine stabilito». (2003d, p. 190)
ossia alla ricerca delle matrici sociali del gusto, oggetto
Quello che Bourdieu sembra avere sempre tenace- che le letture scolastiche, facendone «uno degli indici
mente coltivato è la fede in un progetto che potrebbe più sicuri della vera nobiltà, non possono concepire
dirsi spinozista: il progetto di una demistificazione radi- che lo so metta in relazione con qualcosa di diverso dal
cale, di una distruzione dei miti di cui il potere si fa scu- gusto stesso» (1983, p. 11).
do, che mette in campo apertamente la questione «della La distinzione non è soltanto un grande tentativo di
funzione o dell’effetto della sociologia che, in molti casi, applicazione della teoria dell’azione di Bourdieu, ma è
rende pubbliche cose “denegate” che i gruppi sanno e una prosecuzione essenziale nello sviluppo della teoria
“non vogliono sapere”» (2003f, p. 38). Ma l’orientamen- stessa, con il quale si realizza lo sforzo più ampio, or-
to di fondo è quello che proviene da una lettura “umani- ganizzato e compiuto di chiarire il rapporto di corri-
stica” di Marx: quello di restituire dignità al soggetto spondenza genetica fra struttura sociale e habitus17: qui
reale, cioè alla prassi di agenti immanenti a un campo di c’è l’analisi del rapporto causale fra condizioni materia-
relazioni oggettive. li di esistenza (soprattutto con riferimento alla dimen-
La principale, costante preoccupazione di Bourdieu sione familiare) e genesi dei principi di visione e di di-
è quella di un’interpretazione materialista e non econo- visione, che in Per una teoria della pratica era soltanto
micista delle relazioni sociali, come strumento di e- abbozzato.
mancipazione cognitiva dagli strumenti simbolici del Sono dichiarati sin dal sottotitolo dell’edizione ori-
dominio. Di come il materialismo marxista trovi in ginale dell’opera –Critique sociale du jugement, che
Bourdieu una mediazione con altre fondamentali pro- parafrasa la Critica del gudizio (ma la parafrasi si per-
spettive teoriche (innanzitutto, con le eredità di Weber de nella traduzione italiana)– il fondamento kantiano e
e Durkheim), attraverso l’importanza attribuita all’eco- l’ispirazione materialista, la sfuggente collocazione
nomia dei beni simbolici, si è già detto (cfr. supra, cap. della ricerca fra la filosofia e la sociologia della cono-
4). Ma vale ancora la pena, a questo proposito, ricorda- scenza, e l’analisi materialista. Su questa straordinaria
re alcune conclusioni essenziali dell’imponente ricerca composizione di prospettive teoriche –che non sembra
pubblicata poi in La distinzione, probabilmente l’opera mai concedere nulla al sincretismo– può fondarsi l’am-
più citata e meno letta di Bourdieu. Qui, veramente, bizione di quella ricerca: quella di dimostrare che
l’interpretazione materialista sfida costantemente il ri- […] attraverso la mediazione di condizionamenti dif-
schio del determinismo, rivelando tutto il piglio e l’au- ferenziati e differenzianti, legati alle diverse condizioni
104 105

di esistenza; attraverso la mediazione delle esclusioni e simulazione dei meccanismi più efficaci della sua ri-
delle inclusioni, delle unioni (matrimoni, alleanze, pat- produzione e serve così gli interessi di coloro che
ti, ecc.) e delle divisioni (incompatibilità, rotture, lotte, hanno interesse alla conservazione di quest’ordine.
ecc,), che stanno alla radice della struttura sociale e (Bourdieu e Passeron 1972, p. 289, n. 35)
della sua operatività; attraverso, anche, la mediazione
di tutte le gerarchie e di tutte le classificazioni iscritte L’assunto della necessità della critica sociologica
negli oggetti (soprattutto nelle opere culturali), nelle i- non è, dunque, di ordine assiologico o ideologico, ma
stituzioni (per esempio, nel sistema scolastico) o, sem- di ordine teorico. Per la natura del suo oggetto e per la
plicemente, nel linguaggio; ed infine, attraverso la me- situazione di coloro che la praticano, è scienza emi-
diazione di tutti i giudizi, i verdetti, le classificazioni, i nentemente e necessariamente coinvolta nelle strategie
richiami all’ordine, imposti dalle istituzioni apposita-
mente preposte a questo scopo, come la famiglia od il
e nei meccanismi di dominio simbolico nei quali essa
sistema scolastico (o che emergono in continuazione stessa è inserita; ed è da escludersi, sempre sul piano
negli incontri e nelle interazioni dell’esistenza di tutti i teorico, che la scienza sociale possa essere neutrale e
giorni) l’ordine sociale si iscrive poco per volta dentro distaccata, aliena da una posizione intrinsecamente po-
i cervelli. Le divisioni sociali diventano principi di di- litica.
visione su cui si modella la visione del mondo sociale. Tutttavia, proprio perché non ha una natura mera-
(1983, p. 462) mente assiologica, la dimensione “morale” della socio-
logia riflessiva non può essere interpretata come indi-
Il materialismo di Bourdieu, lungi dall’essere una cazione di direzioni di senso o di moderne profezie,
presa di posizione assiologica sbandierata, viene elabo- come indicazione di percorsi risolutori. Essa può (e
rato in maniera molto fine sul piano teorico, al punto non può che) emancipare l’azione dai condizionamenti
da rendere plausibile –in quanto sostanzialmente coe- sociali, rivelandoli; ma non ha nulla da dire su quale
rente con tutti i fondamentali assunti della teoria possa o debba essere il corso dell’azione. Sulla base di
bourdieusiana– una conclusione decisamente radicale, questo presupposto, Bourdieu ha decisamente preso le
che potrebbe altrimenti apparire troppo categorica distanze dalla disposizione –condivisa da molti socio-
(conclusione che, peraltro, si può citare già da una del- logi– a esprimere linee-guida, eventualmente di caratte-
le prime opere di ampio respiro di Bourdieu): re valutativo, per il trattamento o la soluzione di feno-
meni percepiti come problemi sociali (il mestiere di so-
Se la scienza si esercita solo su ciò che è nascosto, la ciologo –afferma– «si differenzia totalmente dalle pra-
scienza della società è, in sé, critica, senza che lo
tiche dei doxosofi che non fanno altro che porre agli
scienziato che sceglie la scienza abbia mai da scegliere
la critica: il nascosto è, in questo caso, un segreto, e
interpellati le domande che il mondo politico si pone
un segreto ben difeso, quand’anche nessuno sia pre- sugli interpellati stessi» [2003g, p. 152]). Tutto ciò a cui
posto alla sua custodia, perché contribuisce alla ri- la sociologia può e deve accedere è lo svolgimento di
produzione di un “ordine sociale” fondato sulla dis- un’opera di disvelamento, di una sorta di «ruolo di di-
106 107

sturbo» (2003g, p. 153) che metta in luce le dinamiche valsa la fama (e le connesse, aspre critiche) di “intellet-
del dominio simbolico. Lungi dal configurare un decli- tuale militante”, impegnato –nel lessico dei suoi de-
no della “responsabilità sociale” della sociologia, que- trattori– a “spalleggiare” i nuovi movimenti sociali.
sta presa di posizione assume che l’attività del sociolo- Non è certamente una transizione imprevedibile, in-
go possa essere considerata come contributo alla libe- scritta com’è nel solco di una tradizione che –oltre a
razione del pensiero e dell’azione dai meccanismi del restituire alla prassi una centralità teorica ed epistemo-
dominio e, su questa base, come presupposto fondante logica– ne ha professato una centralità storico-filosofi-
di «un utopismo realistico distante tanto da un volon- ca. Né a Bourdieu mancavano –come ricorda Boschet-
tarismo irresponsabile quanto da una rassegnazione ti– la salda conoscenza di importanti precedenti (da
scientista all’ordine esistente» (2003g, p. 152): un con- Zola a Foucault) e la consapevolezza «dei rischi di a-
tributo che offre strumenti realistici (ossia orientati a buso e di errore impliciti nel ruolo di guida morale»
un’interpretazione materialistica dei rapporti sociali) (Boschetti 2003, p. 96).
per un’azione sociale libera e, eventualmente, per Il primo passo, quello teorico, costituisce già una
un’opposizione alle tendenze immanenti all’ordine so- “scelta di campo”: è un passo “dalla parte dei domina-
ciale. ti”, dalla parte di coloro che “subiscono” il dominio
Può sembrare che anche questa dimensione etica simbolico e quindi «hanno interesse a far arretrare i li-
della sociologia –limitata alla finalità di liberare l’azio- miti della doxa, a manifestare l’arbitrarietà del taken
ne dalla pressione dell’inconscio socialmente struttu- for granted» (2003d, p. 190). E quanto questo lavoro
rato– metta “in mano al sociologo” una inaccettabile diventi più difficile e moralmente impegnativo, in pre-
pretesa a dire la verità, cioè la sola verità, a proposito senza di strumenti di dominio estremamente raziona-
del senso dell’azione. È una questione rilevante, la cui lizzati e subdoli (come il sondaggio, o la produzione
discussione dev’essere rimandata al prossimo capitolo. mediatica dell’opinione), Bourdieu lo ha messo in luce
con grande determinazione, provando a elaborare una
lettura teoricamente elaborata del lavoro giornalistico
5.3. Interventi politici (Bourdieu 1997)18.
Il secondo passo, quello della apologia della lotta
Restituità dignità teorica al “soggetto reale”, all’a- politica, in qualche modo ne consegue se si accetta
gente sociale che opera in un campo di relazioni og- –come Bourdieu riteneva– che la stessa autonomia del-
gettive, si può pensare di restituirgli l’eventualità –o la scienza non può essere garantita se non è sostenuta
anche la possibilità, o persino l’opportunità– del pro- con una lotta politica per difenderla da pressioni ete-
tagonismo. È questo il passaggio di frontiera che si ronome:
legge nella produzione più recente di Pierre Bourdieu,
quella che –iniziata alla fine degli anni Ottanta– gli è […] Credo di poter affermare che gli intellettuali (in-
tendendo con ciò gli artisti, gli scrittori e gli scienzia-
108 109

ti che si impegnano in una azione politica) sono indi- essenziali, ossia la possibilità sociale di una scienza so-
spensabili alla lotta sociale, oggi in particolare, date le ciale libera. L’impegno “morale” del sociologo, in que-
forme del tutto nuove assunte dal dominio. Numero- ste condizioni, facilmente trascolora in impegno poli-
si lavori storici hanno mostrato il ruolo svolto dai tico.
think tanks nell’elaborazione e nell’imposizione del- Dalla pubblicazione di Pour un corporatisme de
l’ideologia neoliberale che oggi governa il mondo.
All’azione di questi think tanks conservatori, gruppi
l’Universel (conclusione di Les Régles de l’art [Bour-
di esperti al soldo dei potenti, dobbiamo opporre l’a- dieu 1992]), alla fondazione dell’ARESER, gruppo di ri-
zione delle reti critiche che raggruppano «intellettuali flessione sull’università e la ricerca19, alla creazione del
specifici» (nel senso di Foucault) in un vero e proprio CISIA, comitato di sostegno agli intellettuali algerini,
intellettuale collettivo, capace di definire oggetti e all’iniziativa per un Parlamento internazionale degli
scopi della sua propria riflessione e azione, di essere, scrittori, alla pubblicazione di La misère du monde
per dirla in breve, autonomo. Per cominciare, questo (Bourdieu 1993), un imponente volume collettivo che
intellettuale collettivo può e deve svolgere delle fun- mette al lavoro gli strumenti della sociologia empirica
zioni negative, critiche, lavorando all’elaborazione e per documentare le forme di sofferenza sociale e ri-
alla diffusione di strumenti di difesa contro la domi- condurle a una violenza strutturale che acquista nuove
nazione simbolica che si avvale oggi, il più delle vol-
dimensioni simboliche, Bourdieu muove alla ricerca di
te, dell’autorità della scienza. Con la forza della com-
petenza e dell’autorità di un collettivo unito, esso
una sorta di collettività intellettuale transnazionale che
può sottoporre il discorso dominante a una critica lo- promuova la difesa dell’autonomia della produzione
gica che affronti il lessico («mondializzazione», «fles- culturale come parte imprescindibile dell’azione poli-
sibilità», etc.), ma anche le argomentazioni e, in parti- tica.
colare, l’uso delle metafore. Questo intellettuale col- E poi si devono aggiungere –solo per citare esempi
lettivo può altresì sottoporre il discorso dominante a molto noti, almeno in Francia– gli interventi a soste-
una critica sociologica che estenda quella logica, met- gno dei ferrovieri in sciopero contro il governo Juppé
tendo in luce i condizionamenti che agiscono su co- nel 1995, le denuncie dell’operato delle agenzie della
loro che lo producono (a cominciare dai giornalisti, globalizzazione neo-liberista, la dedizione all’editoria
quelli economici in particolare). Può infine esercitare “militante” con la fondazione della casa editrice Rai-
una critica, propriamente scientifica, alla pretesa au-
sons d’agir (con la pubblicazione di volumi di riferi-
torità scientifica degli esperti, soprattutto quelli eco-
nomici. (2001, pp. 41-43)
mento dei “nuovi movimenti”, e di associazioni come
Attac): interventi, tutti, che gli sono valsi la stima dei
La forte percezione di una condizione di crisi, di e- militanti dei movimenti e le acrimoniose reazioni di
mergenza per le scienze sociali stimola ad assumere molti intellettuali e opinion makers 20.
una postura emergenziale, dove l’impegno politico Ci si può forse domandare se l’orientamento etico-
viene sollecitato a difendere uno dei suoi presupposti politico, che trovava nelle opere precedenti un fonda-
110 111

mento di tipo teorico, non acquisti qui una dimensio- CAPITOLO 6


ne prevalentemente assiologica o ideologica, radicata
in una filosofia della storia. In effetti, in nome di que- Incertezze, paradossi, vie d’uscita
sta condizione di crisi o emergenza per l’autonomia
della produzione culturale, Bourdieu è forse venuto
meno ad alcuni punti di vista assunti precedentemente. La “ricezione” di Bourdieu è segnata –oltreché
È, per esempio, quel che si può affermare a proposito dall’adesione entusiasta di molti (non moltissimi)
di quell’antigiuridismo che egli propugnava, negli cultori della “sociologia critica”– da un intreccio ine-
scritti sul diritto (pure non molto risalenti), come un stricabile di critica e polemica. Nessuno dei tanti ar-
punto di vista intrinseco all’epistemologia socio-giuri- gomenti spesi dallo stesso Bourdieu per spiagare l’a-
dica; e che lascia il posto, nella produzione più recen- crimonia dei suoi critici sembra infondato: dall’“ef-
te, al sostegno di una azione politica che –percepita la fetto di provocazione” che ha generato la sua oggetti-
necessità di un atteggiamento emergenziale– trova nel vazione del campo della produzione culturale (e del-
diritto positivo uno strumento di “resistenza” e di di- l’accademia in particolare), all’ostilità che incontra un
fesa di ogni margine di autonomia disponibile. pensiero che interseca disinvoltamente spazi discipli-
Non si potrebbe certo affermare che non sia emer- nari diversi e fra loro gerarchizzati, allo “sconcerto”
sa, nell’ultima produzione di Bourdieu, una presa di che può suscitare una proposta teorica che non accet-
posizione assiologica. Ma non si può neanche afferma- ta le dicotomie epistemologiche e quindi le opposi-
re che questa produzione abbia negato il senso di zioni fra tradizioni e scuole di pensiero, Pierre Bour-
quella precedente; semmai, ne ha meglio illuminato dieu non ha mancato di individuare una serie di pro-
–ammesso e non concesso che non fosse chiaro– l’o- babili moventi delle tante critiche che hanno ampia-
rientamento al valore. Quello che essa ha “aggiunto” mente trasceso la logica e i toni del dibattito scientifi-
al Bourdieu “politico”, sicuramente non ha sottratto al co. I capitoli che Bourdieu ha dedicato a questa sorta
grande teorico della società; e nessuna interpretazione di recensione critica dei suoi critici sono numerosi,
di buona fede potrebbe far carico a Pierre Bourdieu di ampi, e perlopiù connotati da una vena sarcastica raf-
esser venuto meno al principio di onestà intellettuale. finatissima, che potrebbe forse ricordare alcune pagi-
ne di Marx, se non fosse per molti versi erede dello
stile del pensiero critico francofono. Precisando che
non c’è forse un solo scritto di Bourdieu nel quale e-
gli non abbia brillantemente “segnato le distanze” da
critiche attuali o potenziali21, vale la pena di leggere
attentamente, ad esempio, la “Digressione. Critica
dei miei critici”, contenuta nelle Meditazioni pasca-
112 113

liane (1998, pp. 67-71), come anche la raffica di repli- gnificative della sua sociologia (un ampio repertorio si
che distribuita lungo tutta l’intervista resa a Wac- veda in Mounier 2001). Molti hanno giudicato proble-
quant (Bourdieu e Wacquant 1992). matico l’esito di questa integrazione: taluni hanno evi-
Peraltro, non sembra affatto improbabile che un denziato una continua oscillazione di Bourdieu tra
certo numero di critici sia stato mosso dall’intento di prese di posizione oggettivistivhe e prese di posizione
guadagnare –come scrive Boschetti– «il profitto sim- soggettivistiche (tra gli altri, Alexander 1995, Caillé
bolico che procura la critica di concorrenti autorevo- 1988, Elster 1983 e 1989, Joppke 1986, Mary 1988,
li: una tipica strategia di accesso alla visibilità» (Bo- Swartz 1997, Ravaioli 2002); altri –e sono la maggior
schetti 2003, p. 109). parte– ne hanno visto o la dimensione oggettivistica
Non è dubbio che l’intento metateorico di Pierre (nella forma di funzionalismo e determinismo, come
Bourdieu –quello di ricomporre i principali dualismi per esempio Boudon 1981 Collins 1981 e Jenkins 1989
delle scienze sociali– sia un’impresa talmente ambizio- e 2002), oppure la dimensione soggettivistica (nella
sa che ne vadano colti attentamente gli esiti, al di fuori forma di utilitarismo, come Honneth 1986).
di qualsiasi intento polemico. È una verifica necessa- Non c’è dubbio, e non sorprende, che il “punto di
ria, quantomeno, per chi veramente creda nell’oppor- frattura” sul quale insistono queste critiche coincida e-
tunità di quel progetto e voglia poter continuare a in- sattamente il “punto di sutura” che Bourdieu ha lun-
vestigarne le possibilità di riuscita. gamente provato a comporre fra le opposizioni episte-
In quest’ottica, alcune prospettive critiche, abba- mologiche: ossia, la teoria dell’azione sociale e quindi
stanza frequentate nella letteratura sul pensiero bour- il rapporto fra habitus e campo.
dieuiano, possono essere considerate –più che come o- La questione essenziale è efficacemente riassunta da
stacoli da demolire in un’improbabile agiografia del Ravaioli (2002): la tesi bourdieuiana del carattere mas-
sociologo francese– come opportunità di discussione simizzante e strategico della razionalità «non appare
costruttiva delle principali difficoltà che si pongono al conciliabile con l’assunto che gli agenti sperimentino
progetto di Bourdieu. la realtà sociale e il loro posto in essa secondo una mo-
dalità doxica, assunto che Bourdieu ricava dal concet-
to di habitus e del quale fa il perno della sua intera
5.1. La dialettica oggettivismo/soggettivismo teoria sociale» (Ravaioli 2002, p. 465).
e gli incerti confini del determinismo La questione, a ben vedere, riguarda propriamente
e soltanto il concetto di habitus, poiché in questo di-
Il tema della misura in cui Bourdieu sia riuscito a spositivo Bourdieu inscrive il rapporto fra azione e
integrare un punto di vista soggettivistico e uno ogget- spazio (o campo) sociale. Anche i fondamentali criteri
tivistico costituisce l’elemento essenziale al quale si di razionalità dell’azione (diversi da campo a campo)
possono ricondurre tutte le critiche più generali e si- sono sperimentati e appresi, in definitiva, secondo una
114 115

modalità doxica; anch’essi si inscrivono come principi È abbastanza chiara, da parte di Bourdieu, la perce-
di visione e di divisione, come habitus. zione che la ricerca epistemologica non sia sufficiente
Obiettivamente, la definizione dell’habitus come a risolvere il dualismo ontologico di soggetto e ogget-
«principio generatore» delle pratiche non rinvia ad al- to. Il concetto di habitus è una sorta di “paletto” posto
cunché di empiricamente osservabile, se non nei suoi laddove l’indagine epistemologica tocca i limiti segnati
ritenuti effetti. È impossibile sapere che genere di esi- da una ontologia che, fra soggetto e oggetto, non lascia
stenza abbia l’habitus. Probabilmente, non sbaglia spazio a terze voci. Ma non basta affinare l’epistemo-
Jenkins quando scrive che «ancora non sappiamo cosa logia per dare conto dell’esistenza dell’habitus: non c’è
sia l’habitus, o come operi per generare le pratiche» epistemologia adeguata, a questo scopo, se si resta in
(Jenkins 2002, p. 93). Tuttavia è probabile che ecceda, una cornice ontologica che istituisce l’opposizione fra
quando da ciò conclude che «Bourdieu si rivela lavo- soggetto e oggetto come opposizione essenziale, im-
rare con un modello bidimensionale impoverito, di in- pensata, precostituita. Questa ontologia dualista è alla
dividui e azione» (Jenkins 2002, p. 93). base di ogni dualismo scientifico e di ogni separatezza
In verità, non sembra affatto che Bourdieu non si disciplinare: l’opposizione psicologia/sociologia si ra-
sia reso conto delle difficoltà che incontra il tentativo dica sull’opposizione soggetto/struttura. Occorre, al-
di risolvere nel concetto di habitus l’opposizione fra lora, la costruzione di una nuova ontologia: un supe-
soggettivismo e oggettivismo. Nell’habitus c’è il sog- ramento della opposizione –essa stessa ontologica– fra
getto e c’è la struttura, senza che esso appartenga, pro- soggetto e oggetto.
priamente, all’uno o all’altro ordine. L’habitus genera È vero –come scrive Boschetti– che «l’antropologia
(è “principio generatore”), ma è generato. Se non ap- di Bourdieu si propone […] come un superamento del-
partiene a nessuno dei due ordini, esso non può essere le alternative che sono iscritte, intorno al 1960, nello
indagato compiutamente né dalla psicologia (che non spazio dei possibili teorici rispetto ai quali si definisce
ne percepisce la dimensione strutturale), né dalla socio- il suo pensiero» (Boschetti, p. 31). Ma questo proposi-
logia (che non ne percepisce la dimensione “soggetti- to si scontra –e Bourdieu ne prende atto con spirito di
va”, se non nelle sue plurali manifestazioni, nella sua sfida– contro i confini disegnati, a un livello analitico
fenomenologia, nelle pratiche generate). Bourdieu, an- superiore, più astratto e quindi fortemente condizio-
zi, ritiene che proprio il concetto di habitus sia in gra- nante, dall’ontologia cartesiana, ontologia nient’affatto
do di superare la «falsa antinomia» ordinariamente pre- relazionale.
sunta tra la sociologia e la psicologia sociale (Bourdieu Bourdieu è consapevole del fatto che le alternative
e de Saint Martin 1982, p. 47). Più che altro, esso sem- che egli stesso intende rigettare sono profondamente
bra un buon punto di partenza –una sorta di meta-ipo- radicate nella percezione della realtà sociale propria
tesi– per la ricerca di una feconda collaborazione, in vi- del senso comune, della quale la sociologia si dovrebbe
sta di questo superamento22. liberare. E questo è evidente nel linguaggio che utiliz-
116 117

ziamo comunemente, nel quale si esprimono degli sta- concetti il potere di agire nella storia come agiscono
ti, ma ben difficilmente si esprimono dei processi (cfr. nelle frasi del discorso storico le parole che li designa-
Bourdieu 1982, p. 35). La formulazione del concetto no. (2003d, p. 205)
di habitus è una sfida ai condizionamenti ontologici;
una sfida all’artificio cartesiano che istituisce «un pun- In definitiva, non si può affermare, col supporto
to di vista sul quale non si dà punto di vista; un punto dell’osservazione empirica, che cosa sia l’habitus; si
che, come la cornice del pittore albertiano, è ciò che può invece, bensì, affermare –parafrasando Bourdieu–
non si vede ma attraverso cui si vede (per-spicere). E che tutto avviene come se operasse un «principio ge-
non si può ottenere una visione di questo punto cieco neratore» delle pratiche.
se non mettendo la prospettiva in un contesto storico» Dunque, Bourdieu finisce per riprodurre l’“istinto
(1998, p. 31). strutturalista” alla reificazione. Nella teoria bour-
Ma, all’interno dell’ontologia ricevuta, il concetto dieuiana, il concetto di habitus reifica due assunti di
di habitus è un impensabile, destinato a rimanere –al fondo: da un lato, l’incorporazione individuale dello
pari delle regole formali dell’oggettivismo strutturali- spazio sociale e, dall’altro, il ruolo della visione e delle
sta– una costruzione prodotta mediante astrazione. interpretazioni degli agenti nella costruzione del mon-
Esso, dunque, può funzionare come dispositivo anali- do sociale. È evidente –come si è ripetuto più volte–
tico: può riassumere la necessità di una epistemologia che c’è una sostanziale differenza tra il concetto di ha-
duplice, un doppio movimento pendolare tra oggetti- bitus e i concetti dello strutturalismo: il primo iposta-
vismo e soggettivismo. Ma è una reductio ad unum tizza un modo di rendere conto delle pratiche sociali
che non accede a una sintesi ontologica. in base a un duplice assunto sul rapporto fra spazio e
Si potrebbe ripetere, a proposito del concetto di azione sociale, e quindi rinvia alla ricerca e la spiega-
habitus, quel che Bourdieu scriveva di tutti i concetti zione della genesi e dell’efficacia degli habitus, ossia di
che reificavano il senso delle pratiche percepito dagli ciascun habitus di volta in volta considerato (impone,
analisti, nelle ricostruzioni strutturaliste: quindi, l’analisi delle pratiche nel loro farsi, ossia l’a-
nalisi del modus operandi)23; l’analisi strutturalista, in-
Di fatto tutte le proposizioni del discorso sociologico vece, costruisce regole a partire dalle regolarità realiz-
dovrebbero essere precedute da un segno che dovreb- zate e osservate (ossia dalle pratiche in quanto opus o-
be essere letto “tutto avviene come se…” e che, fun- peratum).
zionando a guisa dei quantificatori della logica, richia- Il concetto di habitus reifica, insomma, un processo
masse contiuamente lo statuto epistemologico dei con- nel quale si dà una dialettica ricorsiva tra la struttura
cetti costruiti della scienza oggettiva. Tutto concorre delle posizioni oggettive e le pratiche degli agenti. Si
infatti a incoraggiare la reificazione dei concetti, a co- può discutere, poi, se –nonostante la sua natura dialet-
minciare dalla logica del discorso ordinario, che tende tica e processuale (e quindi cognitivamente “aperta”)–
a inferire la sostanza dal sostantivo o ad attribuire ai
il concetto di habitus, in quanto reificazione di rela-
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zioni, non generi effetti “metafisici”, proprio come


Bourdieu contestava ai concetti dello strutturalismo: Né del resto si può dimenticare (come si è eviden-
ziato supra, cap. 1), che –quantomeno nelle opere degli
Come notava Wittgenstein, è sufficiente passare dal- anni Settanta– Bourdieu stesso non ritenga di dover
l’avverbio “inconsciamente” (“ho inconsciamente superare la prospettiva oggettivista, ma di doverla in
mal di denti”) al sostantivo “inconscio” (o a determi- qualche modo “salvare”, “redimere” dalla fallacia de-
nati usi dell’aggettivo “inconscio”, come “ho un mal
terministica. Forse non crede davvero di dover cercare
di denti inconscio”) per produrre dei prodigi di
profondità metafisica. (2003d, p. 205)
una terza via della conoscenza teorica del mondo so-
ciale quando scrive che «la conoscenza prassiologica
Al di là del suo barcollante statuto ontologico, non restituisce validità alla conoscenza oggettivista ponen-
si può affermare che questo il concetto di habitus sia la do la questione delle condizioni di possibilità di tale
chiave di un nuovo determinismo. Nonostante tutte le questione (condizioni teoriche e anche sociali) e al
difficoltà che pone (anche attraverso il linguaggio co- contempo rende manifesto che la conoscenza oggetti-
mune) l’ontologia ricevuta, Bourdieu sottolinea molto vista si definisce fondamentalmente come incapace di
spesso e molto chiaramente che l’habitus è l’elemento includere questa questione» (2003d, p. 186, corsivo ag-
nel quale si realizza il carattere irriducibilmente biuni- giunto). Il punto su cui Bourdieu insiste è che, contro
voco, ricorsivo, della relazione fra struttura sociale e gli assunti della fenomenologia, non è possibile alcun
pratiche degli agenti. Non dovrebbero far pervenire a superamento dell’oggettivismo se non accettandone il
conclusioni diverse alcune formulazioni di Bourdieu punto di vista basilare:
che –insistendo sulla necessità di accordare una prio-
rità epistemologica alla prospettiva strutturalista– han- in sintesi [ma in verità sbrigativamente], si ha il dirit-
no un’intonazione apparentemente deterministica; co- to di rifiutare di ridurre la scienza sociale all’opera-
zione che mette in luce delle strutture oggettive solo
me, ad esempio, quella che segue:
a condizione di non perdere mai di vista il fatto che
la verità delle esperienze risiede in ogni caso nelle
non esistono forme di interazione, neppure tra quelle
strutture che le determinano. (2003d, p. 188)
in apparenza più adatte a essere descritte prendendo
a prestito il linguaggio del “trasferimento intenziona-
le nell’altro” quali la simpatia, l’amicizia, l’amore, Non si può affermare, in definitiva, che Bourdieu
che, come attesta l’omogamia di classe, non siano an- abbia risolto tutti i problemi definitori che egli stesso
cora dominate, tramite l’armonia degli habitus, cioè, ha implicato con il concetto di habitus; anzi, spesso si è
più precisamente, degli ethos e dei gusti –senza dub- espresso in termini che lasciano buon gioco ai critici
bio avvertita a partire da indizi impercettibili della che gli oppongono un orientamento determinista24.
hexis corporea– della struttura oggettiva delle rela- Persino uno dei suoi migliori e meno critici interpreti
zioni tra le condizioni e le posizioni. (2003d, p. 225) non nasconde qualche imbarazzo definitorio, quando
120 121

scrive che «l’habitus è un meccanismo strutturante che un dispositivo analitico, non si ripeterà mai abbastan-
opera dall’interno degli agenti, sebbene a voler essere za che del concetto di habitus non può sfuggire la di-
esatti, non sia né strettamente individuale, né in grado mensione processuale. E non si mancherà di notare che
di determinare da sé i comportamenti» (Wacquant le analisi di Bourdieu condividono con alcuni grandi
1992, p. 24). storici della società –come Elias, Hobsbawm, Tilly–
È certo, tuttavia, che Bourdieu avesse piena consa- l’attenzione rivolta ai processi di costituzione delle
pevolezza degli ostacoli ontologici che si oppongono al strutture mentali, culturali, sociopolitiche. Sotto que-
pieno conseguimento di una epistemologia né oggetti- st’aspetto soprattutto, Bourdieu è ampiamente debito-
vista né fenomenologica. Questa consapevolezza è il re dell’epistemologia weberiana.
motivo fondamentale che ispira le Meditazioni pasca-
liane, la sua più profonda incursione in questioni di or-
dine filosofico: «una ricerca che spera di consentire 5.2. Materialismo ed economicismo
l’accesso a verità che la filosofica contribuisce a dende-
re difficili da cogliere» (1998, p. 7). E anche qui, come Non c’è dubbio che l’interpretazione bourdieuia-
negli scritti sui campi della produzione culturale, na del mondo sociale ruoti tutta intorno all’idea di
Bourdieu non ha perso occasione di rilevare la valenza una economia degli scambi simbolici. Secondo una già
“politica” della perpetuazione delle grandi dicotomie citata definizione di Wacquant, «di fatto l’insieme
ontologiche ed epistemologiche (e delle conseguenti dell’opera di Bourdieu può essere interpretata come
separazioni disciplinari), e ne ha tratto un motivo di un’antropologia materialista del contributo specifico
pervicacia per la sua indagine. che diverse forme di violenza simbolica arrecano alla
Se infine il concetto di habitus non è riuscito a gua- riproduzione e alla trasformazione delle strutture do-
dagnarsi una definizione ontologica affidabile, non c’è minanti» (Wacquant 1992, p. 21). Lo sforzo essenzia-
dubbio che la teoria dell’habitus «è una matrice d’ipo- le di Bourdieu –lo si è già rilevato– è stato quello di
tesi scientifiche che hanno avuto diverse verifiche em- precisare il rapporto fra condizioni economiche e so-
piriche» (Bourdieu e Wacquant 1992, p. 98). Il concet- ciali, e pratiche degli agenti; e di precisarlo assumen-
to di habitus, perciò, può diventare un luogo d’incon- do che fra i due termini di questa dialettica materiali-
tro, ancora problematico, in cui sociologia e psicologia sta si debba ritenere operante la mediazione di campi
sociale possano cercare di superare la loro «falsa anti- sociali, connotati da logiche specifiche e peculiari a
nomia», senza escludere di poter guadagnare un’onto- misura del gradiente di autonomia di ciascun campo
logia capace di esprimere quella che Bourdieu chiama- e dal riconoscimento di forme di capitale simbolico
va la complicità ontologica, o l’omologia, tra gli schemi specifiche di ogni campo. In sintesi:
mentali e lo spazio sociale.
Al di là dei discutibili esiti del tentativo di reificare Gli agenti sociali non sono “particelle” trainate e
spinte meccanicamente da forze “esterne”. Sono piut-
122 123

tosto portatori di capitale e, a seconda della loro cato nella partecipazione al gioco si differenzia a se-
traiettoria e della posizione che occupano nel campo conda della posizione occupata nel gioco (dominante
in virtù della dotazione in capitale (volume e struttu- rispetto a dominato od ortodosso rispetto a eretico) e
ra) di cui dispongono, possono avere una propensione secondo il percorso che porta ogni partecipante a
a orientarsi attivamente, o verso la conservazione del- quella posizione. (Bourdieu e Wacquant 1992, pp. 85
la distribuzione del capitale, o verso la sovversione di s.)
quella distribuzione. Ovviamente le cose non sono
così semplici, ma io penso che si tratti di una proposta Vero è che la logica che anima ogni campo è una lo-
molto generale, valida per lo spazio sociale nel suo in- gica di competizione sulla base di un interesse; ed è
sieme, che tuttavia non presuppone che tutti i deten- per questo soprattutto che Bourdieu descrive il campo
tori di un capitale esiguo siano necessariamente rivo- come gioco. Ma è vero anche che, nella sociologia
luzionari e tutti i detentori di un capitale cospicuo sia- bourdieuiana, ogni campo è animato da un interesse
no automaticamente conservatori. (Bourdieu e Wac- peculiare, al punto che, come Bourdieu scriveva nel
quant 1992, pp. 77 s.)
1992, «oggi preferisco adottare il termine illusio poi-
ché parlo sempre d’interessi specifici, presupposti e
Il capitale simbolico –nelle sue varie forme specifi-
nello stesso tempo prodotti del funzionamento del
che– è il capitale che ha corso nelle economie simboli-
campo storicamente determinati» (Bourdieu e Wac-
che, ossia all’interno dei campi nei quali la legge fon-
quant 1992, p. 84).
damentale, la principale regola del gioco, è la denega-
È evidente che, alla base del pensiero di Bourdieu,
zione, o meglio il misconoscimento dell’interesse eco-
c’è l’adesione a un’antropologia materialista. A Bour-
nomico in senso stretto. Esso è, dunque, il capitale e-
dieu, del resto, piaceva citare –come una preziosa fon-
conomico, culturale e sociale posseduto dagli agenti
te d’ispirazione– un’osservazione di Weber sul diritto,
(che determina la loro posizione nella struttura socia-
secondo la quale «gli agenti sociali obbediscono alla
le) quando è percepito come un possesso fondato in
regola solo finché il loro interesse a rispettarla prevale
natura, anziché come il prodotto di condizioni stori-
sul loro interesse a infrangerla» (fra i vari luoghi,
che e sociali: un capitale riconosciuto (ossia identifica-
Bourdieu e Wacquant 1992, p. 84). E non va dimenti-
to e apprezzato) a partire da principi di valutazione ir-
cata l’ispirazione umanistico-marxista, sulla quale si è
riflessivamente condivisi, propri del campo, ma non
già ampiamente insistito.
immutabili:
Ora, questa interpretazione materialista del mondo
ogni campo richiama e mette in atto una forma speci- sociale è alla base delle critiche di economicismo che
fica d’interesse, una illusio specifica come tacito rico- sono state ripetutamente rivolte alla sociologia bour-
noscimento del valore delle poste in gioco implicate dieuiana. Si assume, cioè, che la teoria senza dubbio
nel gioco e come controllo pratico delle regole che lo materialista di Bourdieu non faccia altro che generaliz-
governano. Inoltre, questo interesse specifico impli- zare l’economicismo: come scrive Alain Caillé, secon-
124 125

do Bourdieu «l’economicismo peccherebbe per difet- dieu, dunque, è una questione puramente nominalisti-
to» (Caillé 1988, p. 132; la critica è ampiamente ripresa ca. In quanto tale, la si può “risolvere” come si crede.
da Ravaioli 2002). Tuttavia, si può ragionevolmente proporre –come op-
Se questo faccia di Bourdieu un sociologo econo- portuna scelta nomenclatoria– di riservare l’ambito
micista, in verità, dipende soltanto dall’ambito seman- dell’economicismo (e dell’utilitarismo) a quelle pro-
tico che si voglia attribuire al concetto di economici- spettive che concepiscono soltanto –come una costan-
smo. Invero, se può dirsi economicista chiunque man- te antropologica– l’interesse trans-storico e universale
tenga una centralità analitica al concetto di interesse, della teoria utilitarista, «universalizzazione inconscia
non si fa difficoltà a leggere Bourdieu come un pensa- della forma d’interesse generata e pretesa da un’econo-
tore “economicista”. Se si vuole restringere la defini- mia capitalista» (Bourdieu e Wacquant 1992, p. 85).
zione di economicismo alle ricostruzioni che elevano la Ancora una volta, è proprio la dimensione essenzial-
logica del calcolo razionale a principio di spiegazione mente storica delle categorie analitiche di Bourdieu a
universale (come le teorie dell’attore razionale, a cui sottrarre la sua teoria –così come alla metafisica deter-
Bourdieu ha mosso critiche esplicite e chiare), a Bour- minista– anche all’astrazione economicista.
dieu quell’etichetta non può essere applicata. Lungi dal farne un pensatore economicista (nel
A ben guardare, coloro che addebitano a Bourdieu senso della teoria dell’homo œconomicus come attore
una tendenza economicista –come appunto Caillé– lo razionale)26, l’adesione a un’antropologia materialista
fanno a partire da una definizione dell’economia in colloca Bourdieu in un filone in senso lato conflittua-
senso formale, che comprenderebbe l’intero ambito di lista, non soltanto e non necessariamente marxista.
ciò che ha a che vedere con l’idea di massimizzazione, Una questione essenzialmente connessa alla critica
e quindi di interesse; in quanto contrapposta a una e- di economicismo, poi, riguarda l’apparente contraddi-
conomia in senso sostanziale, che riguarda l’accumula- zione che la teoria sociale di Bourdieu manifesterebbe
zione del capitale economico materiale. Per dimostrare a proposito della razionalità dell’azione sociale: la teo-
il presunto economicismo di Bourdieu, dunque, viene ria attribuirebbe alla razionalità dell’azione ora una lo-
mobilitata (peraltro scorrettamente) la doppia defini- gica di massimizzazione, ora una logica di adattamen-
zione dovuta a Karl Polanyi, il quale l’aveva impiegata to alle condizioni di esistenza. Questa apparente du-
proprio contro l’economicismo (o quello che solita- plice interpretazione dell’azione, peraltro, si manife-
mente viene inteso come tale, ossia la tendenza alla na- sterebbe «soprattutto quando [Bourdieu] si occupa
turalizzazione della logica dello scambio di mercato), dell’agire aggregato di classe», poiché tenderebbe a
riservando il termine di economia formale a quella «suggerire che le due logiche di azione funzionino per
conforme alla logica del mercato, assiomaticamente membri di classi diverse. Segnatamente, egli tende a
ancorata a un concetto di razionalità assoluta25. suggerire che i membri delle classi dotate di capitale
La questione del presunto economicismo di Bour- –la borghesia e la piccola borghesia– agiscano guidati
126 127

da una forma di razionalità massimizzante, mentre la mon 1957)28 e l’epistemologia della sociologia econo-
razionalità dell’azione dei membri delle classi che ne mica (cfr., in sintesi, Trigilia 2003, vol. I), contribuen-
sono prive –il proletariato e il sottoproletariato– sia di do al definitivo superamento dell’economicismo mar-
tipo adattivo» (Ravaioli 2002, p. 466). In questa pre- ginalista e utilitarista.
sunta duplicità si intravede l’esito di un’epistemologia Il punto è che, sulla persistenza delle dicotomie
ancora duplice: la logica dell’adattamento scaturirebbe nella teoria sociale di Bourdieu, ci si può esercitare al-
da un punto di vista oggettivistico, la logica della mas- l’infinito. Non è dubbio che molte delle critiche a
simizzazione da un punto di vista soggettivistico sul- Bourdieu abbiano gioco facile nell’insistere a rilevarla,
l’azione (Ravaioli 2002, p. 471). E si ritiene di cogliere così com’è fuor di dubbio che molte di esse abbiano
così, nel seno della teoria della lotta simbolica, una in- una notevole “finezza analitica”. Il punto è che l’“o-
solubile contraddizione. mogeneizzato teorico” di Bourdieu non si può consi-
In realtà, queste critiche non rilevano nulla che a derare opera conclusa. Si tratta –se si crede davvero
Bourdieu fosse sfuggito di considerare; anzi, esse tor- nel progetto di superare le drastiche opposizioni della
nano a insistere, con il rischio (o forse l’obiettivo) di tradizione sociologica– di continuare a lavorare in
rinnovarle, sulle fratture epistemologiche che la teoria questa direzione, facendo tesoro dei risultati già otte-
bourdieuiana ha pervicacemente iniziato a ricucire. nuti, piuttosto che continuare a negarne la condivisibi-
Nuovamente, la questione che si propone è quella del- lità e a “smontarli” proprio attraverso punti di vista
la dicotomia fra soggettivismo e oggettivismo, che “sdoppiati”, che rinnovano le dicotomie. Per espri-
Bourdieu ha inteso risolvere mostrando che le pratiche mersi con un una metafora, il lavoro che sembrano fa-
sociali perseguono l’interesse specifico condiviso nel re molti critici di Bourdieu è quello di ritrarre in porto
campo sociale in cui si realizzano, nell’ambito di ciò il naviglio che cerca di salpare.
che gli agenti si rappresentano come possibile27. L’idea Questo atteggiamento critico rivela apertamente la
di massimizzazione (tipica del pensiero utilitarista e propria pretestuosità quando (come in Ravaioli 2002)
quindi del marginalismo) e l’idea di adattamento (tipi- rimprovera al modello riproduttivo di Bourdieu l’in-
ca delle socio-filosofie funzionaliste) sono presenti, capacità di pensare a una trasformazione sociale che
nella trattazione bourdieuiana, come oggetti della cri- scaturisca come esito immediato e diretto della lotta
tica epistemologica. La razionalità dell’azione sociale, simbolica: ossia, in sostanza, l’incapacità di rendere
nella teoria di Bourdieu, è piuttosto una razionalità li- conto di una improbabile, onnipotente e del tutto vo-
mitata, decisamente remota dal modello astratto del- lontaristica capacità d’azione degli agenti. È come rim-
l’homo œconomicus, e sicura debitrice della tradizione proverare alla teoria di non saper fondare sociologica-
teorica weberiana: quella razionalità che –nelle sue pur mente un programma, più che utopico, onirico.
svariate interpretazioni– ha fondato la principale cor- Se dunque Bourdieu è un sociologo materialista
rente di rinnovamento della teoria economica (cfr. Si- non economicista –come si può proporre di conside-
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rarlo– resta da domandarsi –e la questione, stavolta, simboliche.


non è nominalistica– se il principio materialista che e- Lungi dall’essere «una sorta di antropologia esote-
gli adotta sia triviale, oppure se sia sufficientemente e- rica» che emerge «da certe pagine» di Bourdieu –come
laborato da potersi assumere (a prescindere dalle incli- vuole ancora Caillé (Caillé 1988, p. 197)– questa co-
nazioni soggettive del lettore) come qualcosa di più struzione teorica è stata dunque concepita ed espressa
che «una forma distinta del materialismo volgare» almeno da quando, in tutte le pagine della teoria bour-
(Raynaud 1980, p. 93). Sotto questo profilo, infatti, i dieuiana, il concetto di campo ha sostituito (o precisa-
critici di Bourdieu affermano insistentemente che il to) quello di spazio sociale.
modello antropologico soggiacente alla teoria sarebbe L’importanza dei beni simbolici, in questa ricostru-
quello di un soggetto calcolatore, che mira all’accumu- zione, è tale da escludere qualsiasi possibile semplifica-
lazione di capitale. zione materialistica. Probabilmente, il “torto” di Bour-
A parte tutte le precisazioni appena svolte sulla di- dieu, agli occhi dei suoi critici, è stato di aver insistito
stanza fra la razionalità dell’azione nella teoria bour- più sulla produzione sociale delle gratificazioni e delle
dieuiana e la logica del calcolo razionale, in verità la mortificazioni simboliche, che sulla dimensione indivi-
questione non può essere affrontata senza prendere in duale-esistenziale dell’esperienza simbolica: quello di
considerazione il ruolo che svolge, nell’impianto teori- aver posto materialisticamente, con argomenti tutt’al-
co, il concetto di campo, che Bourdieu ha introdotto e tro che triviali e con una mole di ricerche empiriche in-
progressivamente elaborato a partire da Per una teoria vidiabile dai più, la questione di una economia dei beni
della pratica, con il consapevole intento di individuare simbolici.
i canoni di razionalità dell’azione nel corso della loro Ovviamente, le critiche parzialmente “rientrano”
produzione storica. quando Bourdieu sottolinea l’importanza della costru-
(Almeno) fin dall’introduzione del concetto di zione del senso dell’esistere, come nella (non recente)
campo, dunque, non viene affatto riconosciuto un Lezione sulla lezione tenuta nel 1982 al Collège de
principio di razionalità immanente al “soggetto”: al France, della quale vale certamente la pena riprendere
punto che la stessa idea di soggetto sfuma (Bourdieu qualche passo:
–infatti– si guarda bene dall’utilizzare quel termine, e
parla di agente). Le regole del gioco, e i principi di ra- Votato alla morte, questa fine che non può essere
zionalità, si definiscono storicamente all’interno di presa per fine, l’uomo è un essere senza ragione di es-
ciascun campo. Quello che resta, al fondo, è soltanto sere. È la società, e soltanto lei, che dispensa, a diversi
l’idea di gioco: l’idea dell’iscrizione degli agenti in una livelli, le giustificazioni e i motivi di esistere; è la so-
cietà che, producendo gli affari o le posizioni cosid-
rete di relazioni competitive nella quale viene definito dette «importanti», produce gli atti e gli agenti che
il “valore sociale” delle persone, attraverso il ricono- vengono giudicati «importanti», per se stessi e per gli
scimento di premi simbolici o l’erogazione di sanzioni altri, personaggi obiettivamente e soggettivamente
130 131

garantiti circa il proprio valore e strappati in tal mo- E lo rivendica proprio nei confronti dei suoi critici:
do all’indifferenza e all’insignificanza. (1991, pp. 39 quei sociologi che
s.)
certo perché hanno, come tutti, un bisogno troppo
Quando si è espresso così, concedendosi a un’ipo- profondo dell’illusione della missione sociale per
stasi (la società) che ha solitamente evitato e a una to- confessare a se stessi ciò che ne èil principio, […] fan-
nalità apparentemente estranea alla sua postura di so- no fatica a scoprire l’effettivo fondamento dell’esor-
ciologo “duro”, Bourdieu è finalmente riuscito a com- bitante potere che viene esercitato da tutte le sanzioni
piacere i suoi critici, o almeno qualcuno di loro. Eppu- sociali di ciò che fa sentire importanti, tutti i balocchi
re, non ha fatto altro che ripetere quanto ha sempre simbolici, le decorazioni, le croci, le medaglie, le pal-
sostenuto: me o i nastri, ma anche tutti i supporti sociali dell’il-
lusio vitale, missioni, funzioni e vocazioni, mandati,
ministeri e magisteri. (1991, p. 41)
In effetti, senza arrivare a dire, con Durkheim, che la
società è Dio, io direi: Dio, non è mai altro che la so-
cietà. Ciò che ci si aspetta da Dio, non lo si ottiene Il messaggio è chiaro: chi voglia insistere sull’im-
mai se non dalla società, che è l’unica che ha il potere portanza del simbolico, troverà nella teoria bour-
di consacrare, strappare alla fatticità, alla contingen- dieuiana un ancoraggio saldo. Chi ne pretenda l’auto-
za, all’assurdità; ma –ed è indubbiamente questa l’an- nomia, evidentemente, dovrà cercarla altrove.
tinomia fondamentale– essa può farlo soltanto in mo- In definitiva, la gratificazione prodotta dai premi
do differenziale, distintivo: ogni entità sacra ha il simbolici –come anche la dedizione sincera e appassio-
proprio complementare profano, ogni distinzione nata alla ricerca della verità– non è necessariamente
produce la propria volgarità, e la concorrenza per l’e- compromessa dalla consapevolezza laica della loro fal-
sistenza sociale conosciuta e riconosciuta, che strappa sa trascendenza. Ma questo sforzo di consapevolezza
all’insignificanza, è una lotta mortale per la vita e la sarebbe meno oneroso e più gratificante se la libertà
lotta simbolica. «Citare –dicono i Cabili– vuol dire
resuscitare». Il giudizio degli altri è quello finale; e
dalle credenze (cioè la presa d’atto della produzione
l’esclusione sociale è la forma concreta dell’inferno e sociale del simbolico) godesse di migliore apprezza-
della dannazione. Anche per il fatto di essere un Dio mento sociale: se potesse avere corso la Realpolitik
per l’uomo, l’uomo è per l’uomo un lupo. (1991, p. della ragione su cui Bourdieu amava insistere e per la
40) quale ha speso un impegno non soltanto intellettuale.

Lungi dall’introdurre qui una «antropologia infini-


tamente più sottile, una sorta di antropologia esoteri- 5.3. L’inflessione scientista: un assolutismo sociologico?
ca» (Caillé 1988, p. 197), Bourdieu rivendica di aver
spiegato ciò che la letteratura ha da tempo compreso. Uno dei principali bersagli critici (e persino pole-
132 133

mici) di Pierre Bourdieu sono state le produzioni so- scienza del diritto rigorosa si distingue da quella che
ciologiche ispirate al modello di Grand Theory. È il solitamente si chiama “scienza giuridica” in quanto
modello che permea, ad esempio e soprattutto, le rico- quella assume quest’ultima ad oggetto» (1986a, p. 1).
struzioni parsonsiane, la «teoria teoricista» che non Si può discutere se da questa presa di posizione
viene concepita come costrutto sottostante e sotto- non sortisca una forma di “assolutismo sociologico”,
messo alla ricerca empirica, ma come «discorso profe- che non lascia scampo ad altri punti di vista: una posi-
tico o programmatico» (Bourdieu e Wacquant 1992, p. zione di “privilegio cognitivo” in base al quale non si è
123 s.). In effetti –come si è visto anche qui, nei capi- disposti a riconoscere che la validità di ogni scienza è
toli 1 e 2– i concetti della teoria sociale bourdieuiana sempre limitata a un segmento analitico, ma non per
sono stati sviluppati «in maniera stenografica» (Bour- questo può essere negata29. In una recente intervista a
dieu e Wacquant 1992, p. 124) rispetto a difficoltà epi- Bourdieu, Pascal Casanova ha espresso il problema in
stemologiche che, prima all’etnologo e poi al sociolo- forma di paradosso:
go, si manifestavano nel corso della ricerca; e successi-
vamente “sistematizzati” in alcune opere di “riepilo- il paradosso sarebbe [passare] il tempo a spiegare che
gazione teorica” (prima fra tutte il lungo saggio Per siamo prigionieri di tutte le costrizioni integrate della
una teoria della pratica). società e contemporaneamente che il solo spazio di
Sebbene il profondo radicamento empirico della liberazione dell’individuo è proprio la sociologia, che
spiega perché siamo costretti, come siamo prigionie-
teoria di Bourdieu la tenga distante dalle teorie “pro- ri, perché non possiamo liberarci, e paradossalmente
fessorali” elaborate mediante giustapposizione di con- questo sarebbe lo spazio della libertà… (2004, p. 29)
cetti, proprio come una Grand Theory essa rivendica
–almeno all’apparenza– un ruolo di primazia nella Si pone, quindi, la questione della posizione di chi
comprensione del mondo, in quanto si assume il com- descrive il campo e rende conto dei diversi habitus: si
pito di spiegare la genesi delle forme di comprensione dà la possibilità di affermare qualcosa di non riducibile
del mondo. Affermare la genesi sociale degli schemi all’operazione del sociologo?
mentali che organizzano la conoscenza –e quindi la Sebbene Bourdieu tenesse a precisare che la socio-
produzione sociale della verità– pone il lavoro sociolo- logia non sia che uno degli spazi possibili della libertà,
gico in una posizione, necessariamente critica, destina- non c’è dubbio che questa inflessione scientista si sia
ta allo svelamento dei fondamenti sociali della cono- manifestata frequentemente nei suoi scritti, sia pure
scenza. La sociologia riflessiva, ed essa soltanto, può –più che altro– come una tonalità, un atteggiamento.
essere considerata –come si legge nel titolo originale di Del resto, anche nei confronti di altri orientamenti
Il mestiere di scienziato– scienza della scienza; così che teorici della sociologia Bourdieu manifestava la prete-
ad esempio –come proclama l’incipit del più impor- sa di stabilire se si trattasse di vera sociologia. Così, ad
tante scritto di Bourdieu sul campo giuridico– «una esempio, criticando un lavoro di Garfinkel e Sachs (la-
134 135

voro rispetto al quale pure dichiara ammirazione), non dieu non come dominio esclusivo delle professioni so-
esitava a scrivere che «un’interrogazione veramente ciologiche; al contrario, farsi carico di una socio-anali-
sociologica sulle operazioni di codifica avrebbe dovuto si del proprio campo dovrebbe essere un compito (e
sforzarsi di oggettivare le tassonomie messe in opera una chance di liberazione) per tutti gli agenti: «giorna-
dai classificatori […]» (2003f, p. 112). Ammesso che si listi a caccia di scandali, intellettuali pronti a fare pro-
tratti soltanto di una particolare enfasi orientata a ri- prie le cause universali, giuristi attenti a difendere e a
badire l’importanza della riflessività, è un’enfasi tal- estendere il rispetto del diritto, studiosi che si impe-
volta particolarmente irritante. gnano a svelare ciò che è nascosto, come il sociologo»
Quello che dovrebbe salvare il sociologo dalla pre- (1995, pp. 217 s.). Tutti costoro dovrebbero profonde-
tesa di un assolutismo epistemologico è, in definitiva, re un impegno costante per una Realpolitik della ra-
la necessità della riflessività come disposizione costan- gione, per lo sviluppo di un’etica laica e disincantata
te, che dovrebbe assicurare la sottomissione delle pul- della concorrenza e della scoperta scientifica.
sioni degli stessi analisti, attraverso la costante com- Se Bourdieu avesse saputo di volta in volta espri-
prensione delle motivazioni della ricerca e del discorso mere questa convinzione con toni e termini un po’
sociologico, al controllo riflessivo. In questo modo, il meno polemici –se si fosse impegnato un po’ meno a
sociologo (o il gruppo di ricerca) può sottoporre il negare alle altre scienze la dignità di scienze– proba-
proprio lavoro allo stesso inderogabile imperativo di bilmente la sua proposta avrebbe trovato maggiore di-
socioanalisi cui sottopone gli altri oggetti di ricerca. È sponibilità. L’occasione di professare apertamente
evidente tuttavia che, se il sociologo non accede alla l’opportunità di una ricerca interdisciplinare, del resto,
posizione “sovrana” di chi soltanto può affermare non gli è mai mancata, e non sempre l’ha lasciata sfug-
qualcosa che abbia a che vedere con la verità, alla so- gire.
ciologia riflessiva si attribuisce comunque una posi-
zione di “regina delle scienze”: il ruolo di esercitare le
residue pretese della ragione, restituendo ai vari campi
della produzione culturale la possibilità di diventare
–attraverso la pratica della socio-analisi riflessiva– «u-
niversi sociali in cui, come nella Repubblica ideale di
Machiavelli, gli agenti abbiano interesse alla virtù, al
disinteresse, alla dedizione verso il servizio pubblico e
il bene comune» (1995, p. 216).
Bisogna aggiungere che questo punto di vista “so-
vrano” –l’unico in grado di dar conto della verità so-
ciale di ogni trascendentale– viene proposto da Bour-
136 137

Note quivoci dello strutturalismo su questi due termini, cfr. anche


Bourdieu 1980, pp. 51-70.
9
Ciò è dovuto alla circostanza che, prima di redigere Per una
teoria della pratica, Bourdieu aveva già compiuto e pubblicato, in-
1
Quest’affermazione dà il titolo a un film documentario su sieme a Jean-Claude Passeron, le ricerche sul sistema scolastico e la
Bourdieu, girato da Pierre Carles, che ha riscosso in Francia un riproduzione sociale (Bourdieu e Passeron 1972).
notevole successo di pubblico (Carles, 2001). 10
Bisogna precisare che, oltre alla diversità dei tipi di capitale
2
A parere di Jenkins, la scrittura di Bourdieu è «inutilmente efficienti, il concetto di campo si allontana dalla costruzione
prolissa, oscura, complessa e intimidatoria» (Jenkins 2002, p. 9). marxiana perché Bourdieu rifiuta di “reificare” le classi “teoriche”
Replicando a un commento espresso da Jenkins in una recensione –ossia l’insieme degli agenti che hanno una posizione reciproca-
a Homo academicus (Jenkins 1989), Bourdieu ha apertamente so- mente prossima nello spazio sociale– come classi “storiche”, ossia
stenuto che «se, adottando il modo di pensare proposto da Homo come gruppo “reale” e consapevole della propria esistenza. «La
academicus, Jenkins avesse portato uno sguardo riflessivo sulla sua prossimità nello spazio sociale –scrive Bourdieu– […] predispone
critica, avrebbe senz’altro scoperto le disposizioni antintellettuali- all’avvicinamento: le persone inscritte in un settore ristretto dello
stiche dissimulate sotto quell’elogio della semplicità, e avrebbe e- spazio saranno più vicine (per proprietà, disposizioni, gusti) e più
spresso in maniera meno diretta (plain) i pregiudizi ingenuamente inclini ad avvicinarsi: più facili anche da far avvicinare, da mobili-
etnocentrici che sono all’origine della sua denuncia del mio parti- tare. Ma non per questo costituiscono una classe nel senso di
colarismo stilistico (del resto più tedesco che francese…). […] Si Marx, ossia un gruppo mobilitato in vista di obiettivi comuni e in
sarebbe per esempio chiesto se il culto delle plain words, del plain particolare contro un’altra classe» (Bourdieu 1995, p. 23).
style, del plain English, o dell’understatement (che può portare i 11
Al proposito, notava Umberto Eco nel saggio introduttivo
virtuosi dell’antiretorica, come Austin, a mimare nei titoli dei loro all’opera di Huizinga (Eco 1973): «Nell’inglese game viene eviden-
libri o articoli l’ingenua semplicità delle canzoncine infantili), se ziato l’aspetto di competence, di insieme di regole conosciute e ri-
questo culto non fosse associato a un’altra tradizione accademica, conosciute; per il Webster, il game è specificamente “an amuse-
la sua, promossa in tal modo misura assoluta di ogni possibile ment or sport involving competition under rules”; è il numero di
performance stilistica…» (Bourdieu e Wacquant 1992, pp. 130 s.). punti richiesto per vincere; ed è infine anche “schema o piano”. Da
3
Sull’importanza della lettura del giovane Marx, si veda anche cui, quando si vuole sottolineare l’intenzione di studiare le regole e
quanto dichiara lo stesso Bourdieu nell’intervista resa a A. Hon- la combinatoria che esse consentono, la Games Theory. Game so-
neth, H. Kocyba e B. Schwibs (Bourdieu 2000, p. 3). no il tennis, il poker, il golf: sistemi di regole, schemi di azione,
4
Bourdieu ritiene che la conoscenza prassiologica operi «un matrici combinatorie di mosse possibili. “Stare al gioco” e cioè
nuovo ribaltamento della problematica che la scienza oggettiva del “osservare le regole” si traduce “to play the game”. C’è un oggetto
mondo sociale […] ha costituito ponendo essa stessa le questioni astratto, il gioco come game, e c’è un comportamento concreto,
che l’esperienza primaria e l’analisi fenomenologica di tale espe- una performance, che è il play. To play è “to take part in a game”.
rienza tendono a escludere» (2003d, p. 186, corsivo aggiunto). In Comunemente il concetto di piacere è unito al play, mentre al ga-
definitiva, dà per assunto che il superamento sia opera già compiu- me è unito piuttosto quello di regola» (p. XVIII). «[…] Non aver
ta, alla quale non occorre dedicare sforzi ulteriori. capito che ci sono due significati coperti da uno stesso significante
5
Il riferimento del passo citato è a A. Schutz 1979, I, p. 59. [gioco], inficia tutto il discorso di Huizinga, continuamente turba-
6
Il riferimento del passo citato è a Husserl 1965, p. 62. to dal fantasma di un gioco-matrice che emerge ad ogni passo dalla
7
Basti pensare alla frequenza con cui Bourdieu esprime lo sta- sua analisi a turbare la ludicità del gioco-comportamento» (p.
tus dell’evidenza ricorrendo all’argomentazione del taken for XX).
granted. 12
«Postulando l’esistenza di un interesse universale, precosti-
8
A proposito della differenza tra regolarità e regola, e degli e-
138 139

tuito –aggiunge Bourdieu– la teoria dell’azione razionale ignora la «Una parte importante del discorso sociologico ortodosso deve il
questione della genesi sociale delle diverse forme d’interesse» suo successo sociale immediato al fatto che risponde alla domanda
(Bourdieu e Wacquant 1992, p. 92). dominante, la quale si riduce spesso a una domanda di strumenti
13
Come Bourdieu scriveva introducendo le ricerche sulla foto- razionali di gestione e di dominio o a una domanda di legittima-
grafia: «Dal momento che la fotografia si presta poco, almeno in zione “scientifica” della sociologia spontanea dei dominanti»
apparenza, a uno studio specificamente sociologico, essa fornisce (Bourdieu 1987, p. 65).
la sospirata occasione di sperimentare che il sociologo, dedito a de- 19
Una buona parte degli appelli pubblicati da Bourdieu posso-
cifrare ciò che è sempre soltanto senso comune, può occuparsi del- no essere letti dalle pagine del sito Internet http://www.pages-
l’immagine senza diventare visionario. Che cosa rispondere a quel- bourdieu.fr.st/.
li che si aspettano che la sociologia procuri loro delle “visioni”, se 20
Se ne ha un’idea molto chiara dalla gran parte degli interventi
non, con le parole di Weber, “che vadano al cinema”?» (1972, p. pubblicati nel numero monografico dedicato al tema «Pierre Bour-
46). dieu: l’intellectuel dominant?» dalla rivista Magazin Littéraire (n.
14
A questo proposito, cfr. ancora quanto scrive altrove Bour- 389 dell’ottobre 1998); nonché dagli interventi pubblicati da Le
dieu: «I processi che producono e riproducono l’ordine sociale, sia Monde nel corso del 1998, non pochi dei quali sono reperibili nelle
nelle cose, per esempio i musei, o nei meccanismi oggettivi come pagine del sito Internet http://www.pages-bourdieu.fr.st/.
quelli che tendono a riservarne l’accesso a quanti sono più forniti 21
Si veda, per esempio, il primo capitolo di Homo academicus
di capitale culturale ereditato, sia nei corpi, attraverso i meccanismi (Bourdieu 1984), interamente dedicato a respingere in via preven-
che garantiscono la trasmissione ereditaria delle disposizioni e l’o- tiva ogni potenziale interpretazione “erronea”.
blio di essa, forniscono in abbondanza alla percezione le evidenze 22
Questa tonalità per così dire meno “definitiva” emergeva
tangibili, a prima vista indiscutibili, che sembrano appunto fatte nelle considerazioni conclusive di La fotografia: «L’impresa sareb-
per dare a una rappresentazione illusoria tutte le apparenze di un be già giustificata se arrivasse a dimostrare, tanto o poco, a propo-
fondamento nel reale. Insomma, è l’ordine sociale stesso che, es- sito dello studio di un oggetto particolare, la complementarità del-
senzialmente, produce la propria sociodicea» (1998, p. 190). la sociologia e della psicanalisi, restituendo le ipotesi sulla logica
15
Com’è noto, Bachelard proponeva di rinunciare a una teleo- dell’intimità in una totalità comprensiva, di cui la sociologia deli-
logia della scienza e di preferirle una “epistemologia storica” che mita il campo. Sotto un certo aspetto, l’analisi psicologica è il pre-
consideri attentamente il rapporto fra le traiettorie della conoscen- liminare indispensabile di ogni investigazione; ma più profonda-
za scientifica e gli aspetti concreti –storici, tecnici, sociali, psicolo- mente –tale è almeno l’ipotesi– essa non prende tutto il suo signifi-
gici– che concorrono alla genesi della scoperta scientifica. cato se non quando la si confronta alle esigenze che si manifestano
16
Il rifiuto della riflessività come mera “confessione intimista” nelle regolarità dei comportamenti colte dalla sociologia. In effetti,
è già espresso in Bourdieu 1989b. Ulteriori precisazioni –sviluppa- se è importante descrivere e definire le funzioni e i significati psi-
te soprattutto per differenza rispetto a pratiche diffuse presso so- cologici che l’analogo fotografico del reale tende a svolgere o rive-
ciologi e antropologi– si vedano in Bourdieu e Wacquant 1992, pp. stire nella maggior parte dei suoi usi normali e patologici, la devia-
46-51. zione attraverso la psicologia implica l’esigenza del ritorno alla so-
17
Questa ricerca sull’omologia tra principi di visione e struttu- ciologia: lo studio delle condizioni psicologiche di possibilità delle
ra sociale ispirava già le ricerche sulla fotografia, pubblicate in condotte sociali rimanda allo studio degli usi sociali delle possibi-
Bourdieu 1972, dove l’estetica che opera nelle scelte relative alle at- lità psicologiche» (1972, p. 269).
tività fotografiche viene indagata come «una dimensione del siste- 23
Come scrive Wacquant, «ben lungi dall’essere una invariante
ma di valori impliciti, cioè dell’ethos, correlativo alla classe di ap- antropologica, questa struttura profonda è una matrice generativa
partenenza» (p. 44). storicamente costituita, istituzionalmente radicata e quindi social-
18
Ma si veda già quello che Bourdieu scriveva in Choses dites: mente variabile. […] Le strategie che “gestisce” sono sistematiche
140 141

e tuttavia ad hoc, dal momento che sono “innescate” dall’incontro sto ripetutamente nel rifiuto di quella sorta di “presunzione socio-
con un campo particolare» (Wacquant 1992, p. 24). logica” esercitata da coloro che riconoscono alla sociologia una
24
Va detto anche che lo stesso Bourdieu lo riconosce: «non mi è posizione di privilegio naturale: la credenza che si dia al sociologo
difficile ammettere che i miei scritti possano contenere formulazioni la possibilità di un «sapere immediato» è –secondo Bourdieu–
infelici che hanno potuto dar adito alle interpretazioni erronee di cui nient’altro che un’illusione controproducente. È un’“offesa” rivol-
sono stati oggetto. […] Credo anche che alcune definizioni un po’ ta al sociologo, quindi, quella di chi gli riconosce un notevole in-
provocatorie, nate dalla volontà di rompere con l’ideologia della tuito; eppure, riposa sulla persuasione piuttosto diffusa che la co-
“scuola liberatrice” possanon sembrare ispirate a quello che io chia- noscenza sociologica possa procedere per azzardo: «In breve
mo “il funzionalismo del peggio”» (Bourdieu e Wacquant 1992, p. –scrive Bourdieu con Passeron e Chamboredon– la scoperta non
55). si riduce mai a auna semplice lettura del reale, anche la più scon-
25
Come scrive lo stesso Caillé, Polanyi «si ribella contro l’a- certante, poiché suppone sempre la rottura con il reale e le confi-
malgama tra questi due sensi [quello formale e quello sostanziale gurazioni che esso propone alla percezione. A insister troppo sul
di economia] che fa credere a torto che sempre e ovunque la li- ruolo dell’azzardo nella scoperta scientifica, come fa Robert K.
vehood sarebbe stata assicurata conformemente alla logica dell’e- Merton con la sua analisi della della serendipity, si rischia di riatti-
conomia formale, cioè la logica del mercato» (Caillè 1988, nota 10, vare le rappresentazioni più naïves della scoperta […] (Bourdieu,
p. 241). Chamboredon e Passeron 1983, p. 29).
26
Gli esiti paradossali dell’uso –o piuttosto dell’abuso– pro-
priamente economicistico dei concetti bourdieuiani potranno esse-
re colti nella tendenza, recentemente invalsa in una parte della let- Nota bibliografica
teratura strategico-organizzativa (la si veda ricostruita in Lipparini
2002, con ampia bibliografia), di rappresentare il sapere sociale e le
risorse relazionali degli operatori come forme di capitale sociale Pierre Bourdieu –lo si è notato già in introduzione– è
solo per tentare una riformulazione sociologizzante, sostanzial- stato un sociologo straordinariamente prolifico, avendo
mente nominalistica, di ricostruzioni di matrice marginalista, sem- pubblicato decine di libri e centinaia di articoli. Neanche
pre orientate agli obiettivi manageriali di valorizzazione.
una delle sue opere può essere compresa se letta en passant:
27
Bourdieu ha insistito molto spesso, e opportunamente, su
quest’aspetto della teoria dell’azione, precisando –ad esempio– che sebbene lo stile e il lessico di Bourdieu non siano affatto
«la dialettica delle speranze soggettive e delle possibilità oggettive contraddittori e indisponenti –come pretendono alcuni cri-
è attiva ovunque nel mondo sociale e, nella maggior parte dei casi, tici alcuni (si veda, per tutti, Jenkins 2002)– il lettore deve
tende a garantire un aggiustamento delle prime sulle seconde» impegnarsi per trovare una via d’accesso a un’argomenta-
(Bourdieu e Wacquant 1992, p. 97). zione ricorsivo-cumulativa. Lo sforzo, tuttavia, è ampia-
28
Naturalmente, la “razionalità limitata” simoniana è concetto mente ripagato, anche perché la prosa di Bourdieu, sebbene
alquanto distante dalla razionalità dell’azione sociale della teoria non di rado ridondante, è molto spesso esemplare per sinte-
bourdieuiana. Come scrive Bourdieu, «la razionalità è limitata non si ed efficacia stilistica; è una prosa il cui pregio poca lettera-
soltanto perché è limitata l’informazione disponibile, e perché la tura sociologica riesce a uguagliare.
mente umana è genericamente limitata, e non ha i mezzi per pensa-
I riferimenti bibliografici di questo libro annoverano
re completamente tutte le situazioni, soprattutto nell’urgenza del-
l’azione, ma anche perché la mente umana è socialmente limitata, una parte davvero minima della produzione del sociologo
socialmente strutturata» (Bourdieu e Wacquant 1992, p. 93). del Collège de France. La scelta –anche questo giova ripete-
29
È opportuno precisare che, per altro verso, Bourdieu ha insisti- re– ha privilegiato alcune opere essenziali per comprendere
142 143

la genesi e il senso dei concetti fondamentali della teoria so- duzione, appropriazione della cultura e del capitale cultura-
ciale bourdieuiana, ma non ha certo esaurito il novero delle le, come anche la genesi e l’uso sociale delle propensioni e-
opere utili per ricostruire la traiettoria della ricerca. stetiche è il vastissimo progamma che ispira una serie di ri-
Pare opportuno, quindi, offrire qui qualche indicazione cerche, più o meno celebri: I delfini. Gli studenti e la cultu-
per un percorso di lettura. ra (Bourdieu e Passeron 1971); La riproduzione. Elementi
Innanzitutto, pur ricordando che la teoria di Pierre per una teoria del sistema scolastico (Bourdieu e Passeron
Bourdieu è stata sviluppata sulla base di esigenze che emer- 1972); La fotografia. Usi e funzioni di un’arte media (1972);
gevano dalla ricerca empirica, si possono segnalare i volumi La distinzione. Critica sociale del gusto (1983); Homo aca-
che contengono principalmente una sistematizzazione dei demicus (1984); La Noblesse d’État. Grandes écoles et esprit
concetti: Per una teoria della pratica (2003d) segna la prima de corps (1989a) Les Règles de l’art. Genèse et structure du
elaborazione teorica, sulla base soprattutto degli studi del champ littéraire (1992); Il mestiere di scienziato (2003f). Sul
periodo trascorso in Algeria; la sua versione in lingua ingle- campo dell’economia, sono già ispirati a uno spirito “anti-
se, Outline of a Theory of Practice (1977), è in realtà ampia- neoliberista” gli scritti raccolti in Le strutture sociali dell’e-
mente riveduta dall’autore. Rispetto a questi due libri, Le conomia (2003h). Sul campo giuridico, un’ampia posizione
sens pratique (1980) è connotato da una minore preoccupa- di ipotesi è in La force du droit (1986a).
zione di segnare la “priorità epistemologica” dell’analisi Per approfondire il tema del dominio simbolico: La pa-
strutturalista. Ragioni pratiche (1995) fa il punto sulle idee rola e il potere (1988) indaga la forza rituale dei discorsi e le
fondamentali, ma –essendo una raccolta di testi di conferen- strategie dei parlanti; La Misère du monde (1993) è un’opera
ze su temi specifici– si presta all’approfondimento più che collettiva che, soprattutto attraverso un grande numero di
all’introduzione della teoria. Meditazioni pascaliane (1998) interviste e questionari, rileva le forme di sofferenza sociale
è, in tutti i sensi, il libro della maturità: quello in cui più più recenti e le addebita a una violenza strutturale che ac-
compiutamente Bourdieu misura i suoi assunti teorici con i quista nuove dimensioni simboliche; Il dominio maschile
loro presupposti filosofici, prendendo definitivamente le di- (1998b) sviluppa l’ipotesi che le donne abbiano integrato nel
stanze dalla “visione scolastica” e dall’onnipotenza dell’Io. proprio modo di pensare un ordine delle cose dominato
Un’opera molto chiara –forse la più chiara– per un’introdu- dalla figura maschile, accettando quindi inconsciamente un
zione alla teoria è comunque il libro-intervista Risposte. Per ruolo di inferiorità (una tipica dinamica di violenza simboli-
un’antropologia riflessiva (Bourdieu e Wacquant 1992), in- ca); Sulla televisione (1997) è un pamphlet assai irriverente e
trodotto peraltro da un saggio particolarmente brillante di di grande efficacia sulle logiche della produzione mediatica
Loïc Wacquant. e le strategie degli agenti del campo giornalistico.
Nel mare magnum delle ricerche empiriche e degli scritti Riassumono efficacemente il senso e i contenuti dell’im-
dedicati a campi specifici, ogni segnalazione rischia di essere pegno più strettamente politico di Bourdieu (e i suoi legami
casuale, e comunque legata a preferenze alquanto soggetti- con l’elaborazione sociologica) gli scritti raccolti in Contro-
ve. Tuttavia, Sociologie de l’Algerie (1958) e soprattutto i tre fuochi (1999) e Controfuochi 2 (2001).
Saggi di etnologia cabila (2003a, 2003b, 2003c) restituiscono Un’idea adeguata della mole e dei contenuti delle ricer-
il senso e il vigore degli “esperimenti epistemologici” nella che di Bourdieu e di suoi collaboratori, o comunque di ri-
fase che segna la transizione di Bourdieu dall’etnologia alla cerche ispirate dalla teoria sociale bourdieuiana, si può trar-
sociologia. L’analisi dei meccanismi di produzione, ripro- re dalla rivista fondata, nel 1975, dallo stesso Bourdieu: Ac-
144 145

tes de la recherche en sciences sociales.


Un prezioso lavoro di ricostruzione bibliografica (ric-
chissimo di titoli di e su Bourdieu), meticolosamente or-
dinato e costantemente aggiornato, è curato dagli austriaci
Ingo Mörth e Gerhard Frölich e pubblicato nel sito Inter-
n e t
http://www.iwp.uni-linz.ac.at/lxe/sektktf/bb/hyperbour-
dieustart.html.
146 147

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no; ed. or.: Effets pervers et ordre social, PUF, Paris
Avvertenza: nel testo sono indicate con il solo anno di pub- 1977
blicazione le opere di (o a cura di) Pierre Bourdieu. In tutti P. Bourdieu
gli altri casi, l’indicazione comprende il nome dell’autore (o 1958 Sociolologie de l’Algérie, PUF, Paris
degli autori) e l’anno di pubblicazione. L’anno di pubblica- 1972 (cur.) La fotografia. Usi e funzioni sociali di un’arte
zione indicato nel testo è quello dell’edizione effettivamente media, Guaraldi, Rimini; ed. or.: Un art moyen. Es-
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